Nella storia nessuno come la Juventus: ottavo scudetto di fila

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Nella storia nessuno come la Juventus: ottavo scudetto di fila
Nella storia nessuno come la
Juventus: ottavo scudetto di fila
ROMA – La storia del campionato 2018/2019 può essere definito come un
riassunto scritto su poche righe. La Juventus è partita a testa bassa
con il piede premuto al massimo sull’acceleratore vincendo le prime
otto partite consecutive, e non a caso quindi il 29 settembre aveva
già 6 punti di vantaggio. Il 25 novembre cioè due mesi più tardi, i
punti in più erano diventati 8 e da quel giorno non sono mai
diminuiti. Questo ha tolto ogni speranza agli inseguitori confermando
una previsione molto facile: se senza Cristiano Ronaldo i bianconeri
avevano già vinto 7 scudetti consecutivi , con il “fenomeno”
portoghese in maglia bianconera non avrebbero neanche dovuto
cominciare a giocare l’ottavo campionato per vincerlo e così è stato.
Ha ragione chi scrive che forse valeva assegnarlo a tavolino,
assegnandolo come un “Oscar alla carriera”.

Se nel campionato precedente il Napoli di Maurizio Sarri aveva
sacrificato presto l’Europa all’Italia, restando ad inseguire lo
scudetto quasi fino alla fine, quello di quest’anno con Carlo
Ancelotti in panchina ha scelto saggiamente il realismo dei propri
limiti pensando soltanto (senza fortuna) all’Europa League. Il
risultato è un torneo noiosissimo, ma di questo naturalmente non ha
colpa la Juve.

L’impatto psicologico, agonistico, finanziario e mediatico di Ronaldo
sulla Juve e sull’intera serie A è stato enorme, ma questo lo si
poteva immaginare, ma sicuramente non fino a questo punto. Ronaldo ha
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scatenato la “caccia” al biglietto in ogni stadio in cui si giocava la
Juventus, in una squadra diventata una specie di “Harlem
Globetrotters” del calcio, e quando Ronaldo non è stato convocato da
Allegri nell’unica volta prima dell’infortunio muscolare, cioè in
occasione Genoa-Juventus, gara non a caso persa dai torinesi, il
pubblico è quasi insorto con proteste da consumatori buggerati più che
da spettatori delusi. Ormai una partita senza Ronaldo in campo, vale
meno della metà, ed è anche così che si spiega l’impennata del costo
degli abbonamenti della Juventus: se compro il secondo calciatore più
importante del mondo, il tifoso poi deve pagare il “giusto” il
biglietto per vederlo giocare. Questo l’inevitabile ragionamento del
club bianconero.

In questa serie cominciata da Antonio Conte e compiutamente realizzata
da Massimiliano Allegri, andata ben oltre la storia (non a caso il
precedente primato degli scudetti consecutivi già apparteneva alla
Juve, ma risaliva agli anni Trenta), l’ottavo scudetto di fila è
stato il più facile quanto il settimo era stato invece il più conteso
e difficile. I tifosi dell’ Italia avversaria dei bianconeri
probabilmente non si sono divertiti, ma i 14 milioni di tifosi della
Signora invece non volevano altro, ed adesso si sono già sono
concentrati sul numero 10 da conquistare di seguito, giusto per fare
cifra tonda…
Per certe cose Allegri non è cambiato di una virgola, in questi cinque
anni in cui ha fatto la storia della Juventus ma anche nel calcio
italiano senza mai atteggiarsi a guru, profeta, divo e nemmeno
professore (e come li mal sopporta, i guru, i professori eccetera).
Continua a vincere quasi facendo finta che non gli interessi, è la
stessa persona smagata che nel 2014 accetto di sedersi sulla panchina
di Antonio Conte quando tutti gli suggerivano di non farlo dicendogli
“Ma dove vai, hai solo da perderci” e che invece con soave leggerezza,
Nella storia nessuno come la Juventus: ottavo scudetto di fila
con quella nonchalance che è in definitiva la sua cifra stilistica,
che lo distingue dai più (anzi, da tutti) e che nel tempo ha persino
valorizzato ha tracciato la sua strada . Peccato soltanto che non
faccia scuola, che in questo periodo non si sia formata una categoria
di fedeli seguaci: uno come lui fa bene al calcio, lo rende migliore e
quindi sarebbe stato bello che altri cercassero di imitare il suo modo
di fare. Purtroppo non è successo.

L’acume, la correttezza, la gentilezza e la pazienza con cui Allegri
gestisce tutto il contorno ed anche le persone alle sue dipendenze,
ovvero i giocatori , sono invece importantissimi valori di
riferimento, che però di rado vengono condivisi da altri. Può essere
che Allegri abbia un problema: la sua intelligenza è troppo raffinata,
troppo sottile, perché possa diventare un fenomeno di massa. È per
questo che il giorno in cui lascerà la Juve ed il calcio italiano,
probabilmente resterà un vuoto incolmabile.
Allegri è una persona seria che non si prende sul serio: è questo il
suo segreto e probabilmente la definizione che gradisce di più. Non ha
la presunzione di Arrigo Sacchi, o l’arroganza di Luciano Spalletti,
in compenso ama lavorare, è affidabile e pretende affidabilità, ha un
grande rispetto delle persone e notevole senso del dovere, ma al tempo
stesso non si ritiene una sorta di eroe nazionale solamente perché ha
vinto qualche scudetto. E’ consapevole di aver contribuito non poco a
far fare palate di soldi al club per cui lavora , ed un bel po’ ne ha
incassati da parte anche lui, anche se è ben lontano dall’ostentazione
del lusso,    ma sa anche che tutto quello che fa, nella vita, è
nient’altro che occuparsi di pallone: tutto sommato, una cosa futile.
Il calcio è un gioco, non un affare di stato: così lo vive lui, e
bisogna ammettere che si tratta di una posizione minoritaria, in un
mondo così carico di tensioni (per forza, con tutto il denaro che gira
e le posizioni di potere che garantisce).
La Juventus è una “tirannide” calcistica, ma anche societaria, di cui
non si intravede la fine: non a caso #finoallafine è il famoso hashtag
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di Andrea Agnelli , che ormai va inteso come la fine degli altri, la
fine di una concorrenza che in realtà non esiste più.

Juventus con 16 milioni in più
grazie alla qualificazione ai
quarti di Champions. Spinta al
piano di crescita
TORINO – La Juventus entra ancora una volta nel G8 della Champions
League e si assicura circa 16 milioni di introiti in più, tra premi
Uefa e botteghino, proseguendo la corsa europea che, se culminata con
la vittoria del trofeo, aggiungerebbe un’altra quarantina di milioni
al bottino sin qui incassato. Ma l’impresa di ieri contro l’Atletico
Madrid (titolo in Borsa sospeso per eccesso di rialzo, +23% in
apertura) offre al club bianconero una ricaduta economica e
commerciale ancor più importante della semplice quantificazione degli
introiti da Champions: essere rimasti in corsa nella fase calda della
competizione, con lo spot della tripletta dell’”icona” Cristiano
Ronaldo, dà una forza notevole al piano di crescita quinquennale
varato dalla società guidata da Andrea Agnelli.

Iniziamo prima dai freddi numeri. L’accesso ai quarti porta alla
Juventus 10,5 milioni di introiti come “bonus” qualificazione, oltre a
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un milione della quota del market pool dipendente dal numero di
partite giocate in Champions e a un altro incasso certo al botteghino
dopo il record di 4,9 milioni di ieri (5,5 includendo i servizi di
hospitality): in tutto circa 16 milioni. Finora i bianconeri hanno
incamerato dalla campagna di Champions 94 milioni come premi Uefa (80
nel 2017-18): 15,3 per la partecipazione ai gironi; 10,8 per i
risultati dei gironi; 9,5 per gli ottavi; 10,5 per i quarti; 30 per i
risultati sportivi e circa 18 di market pool.

Potrebbero arrivare a un massimo di quasi 130 milioni in caso di
vittoria, escluso il botteghino. Si tratta di introiti utili per
riequilibrare una gestione molto appesantita quest’anno dai costi
della campagna acquisti (nel primo semestre gli stipendi sono
aumentati del 35%, gli ammortamenti del 47%), in un esercizio che gli
amministratori prevedono in perdita al 30 giugno, ma molto influenzato
dall’andamento in Europa.

Poi ci sono conseguenze non quantificabili al momento, relative alla
riuscita del progetto di espansione globale della Juventus. che
avrebbe subito un inevitabile rallentamento, rispetto alla tabella di
marcia, in caso di precoce eliminazione. Ronaldo doveva servire alla
Juventus per migliorare la sua competitività in Champions, cioè
arrivare fino in fondo e possibilmente vincerla, e per far impennare
di conseguenza il fatturato del club, una volta che fosse stato
percepito davvero come una big del calcio mondiale. La tripletta di
ieri e la presenza nel G8 vogliono dire tanto, in termini di
esposizione del marchio, e sono linfa vitale per le ambizioni
industriali della Juventus.

Addio a Marella Agnelli vedova
dell’ "avvocato" Gianni
Nella storia nessuno come la Juventus: ottavo scudetto di fila
di Giovanna Rei

Marella Agnelli, vedova dell’Avvocato Gianni Agnelli e zia di Andrea,
attuale presidente della Juventus. Donna Marella, nata a Firenze il 4
maggio 1927, si è spenta ieri all’età di 91 anni. Da tempo era malata
e le sue condizioni negli ultimi giorni erano peggiorate . Dopo aver
seguito gli studi superiori e conseguito il diploma in Svizzera,
Marella Agnelli ha frequentato “l’Académie des Beaux-Arts” e quindi
“l’Académie Julian” di Parigi. Ha iniziato in seguito la sua attività
di fotografa a New York quale assistente di Erwin Blumenfeld.
Rientrata in Italia, ha collaborato come redattrice e fotografa per la
Condé Nast.
Marella designer e collezionista d’arte si era sposata con Gianni
Agnelli nel 1953 a Strasburgo. Due i figli della coppia: Edoardo e
Margherita, la madre di Lapo, John e Ginevra Elkann. Nel 1977 è stata
premiata negli Stati Uniti con l’Oscar del disegno con il premio
“Product Design Award of the Resources Council Inc.”. È stata membro
dell’International Board of Trustees del Salk Institute di San Diego e
dell’International Council del MOMA ( Museum of Modern Art) di New
York, oltre a essere vicepresidente del consiglio di amministrazione
di Palazzo Grassi a Venezia, nonché presidente de “I 200 del FAI” di
Milano e dell’Associazione degli Amici Torinesi dell’Arte
Contemporanea di Torino. E’ stata vicepresidente della Commissione
Nazionale dei Collegi del Mondo Unito. Nell’ottobre 2000 è stata
insignita del titolo di “Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della
Repubblica Italiana”.
Nel 1973, su richiesta della famosa fabbrica di tessuti svizzera
Abraham Zumsteg, ha realizzato una serie di disegni per tessuti
d’arredamento. Ad essa sono seguite le collezioni in Italia per la
Ditta Ratti di Como, in Francia per gli Stabilimenti Steiner, negli
Stati Uniti per la Martex e numerose collezioni per la Marshall
Field’s. Nel 1987 ha pubblicato il best-seller “Giardini italiani“,
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nel 1995 “Il Giardino di Ninfa”, nel 1998 “Giardino segreto“, nel 2007
“Ninfa ieri e oggi“. Successivamente nel 2014 “Ho coltivato il mio
giardino” e nel 2015 “La Signora Gocà“.

                               Marella Agnelli è stata e rimarrà
un’icona di stile, uno dei “Cigni” di Truman Capote, tra le donne più
eleganti del mondo, capitata in una vita patinata che però non le ha
risparmiato dolore. Come la morte dell’amatissimo figlio Edoardo ma
anche le liti in famiglia dopo la morte di suo marito Gianni.
Un’unione forte la loro, resistente ai forti scossoni della vita,
sigillata il 19 novembre 1953 nel castello di Osthoffen a Strasburgo.
La riservatezza è stata una delle grandi forze di questa donna che ha
sempre cercato di fare della sua condizione,sicuramente straordinaria,
normalità. Il padre di Marella, Filippo Caracciolo Principe di
Castagneto, era uno scrittore saggista e diplomatico, è stato
Sottosegretario di Governo alla fine della seconda Guerra Mondiale e,
successivamente, Segretario Generale del Consiglio d’Europa.         La
madre, Margaret Clarke, era americana, nata a Peoria, nell’Illinois.
Aveva due fratelli amatissimi, Carlo Caracciolo, fondatore nel 1955
insieme a Eugenio Scalfari del gruppo editoriale L’Espresso-La
Repubblica e Nicola Caracciolo, storico giornalista, autore
televisivo.
Nella storia nessuno come la Juventus: ottavo scudetto di fila
Immenso anche il suo amore
per gli animali, per la natura e per i giardini di cui è diventata una
delle più importanti esperte del mondo. Negli ultimi anni ad avere le
sue cure à stato il giardino della sua casa di Aïn Kassimou, “l’occhio
della fonte” in dialetto berbero, a Marrakech, dove ha vissuto gran
parte del tempo. Una casa amatissima che ha segnato un cambiamento
radicale della sua vita, costruita insieme all’architetto Gae Aulenti
e all’arredatore e giardiniere Federico Forquet. Nel suo libro
biografico e fotografico “Ho curato il mio giardino” (Adelphi
editore) scritto insieme alla nipote Marella Caracciolo Chia. , Donna
Marella scriveva: “Sapevo che questo progetto mi avrebbe portato
conforto”.
Marella è stata la moglie ideale di Gianni Agnelli l’uomo considerato
il più “potente d’Italia”. Elegante, discreta., disposta ad accettare
la sua libertà, sapendo stargli vicina e lontana. Anche lei, come suo
marito, parlava inglese fin da bambina. Non rivendicava potere né
ruoli pubblici. Trovava pace e rifugio nell’oasi di Villar Perosa, e a
Villa Frescot sulla “discreta” collina torinese, amante della cura dei
giardini, tifoso della Juventus, sostenitrice dell’istituto oncologico
di Candiolo. Molto forte era il legame con sua cugina Allegra, la
seconda moglie di Umberto Agnelli. E il rifugio sulla collina
torinese, Villa Frescot.
Nella storia nessuno come la Juventus: ottavo scudetto di fila
Edoardo Agnelli e Donna Marella Agnelli

Donna e personaggio internazionale non soltanto per riflesso del
celebre marito, Marella Agnelli ha sempre condotto una vita che non ha
offerto spazio e spunti alle cronache mondane se non in qualche
occasione esclusiva. Era di casa a New York così come a Sankt Moritz,
ma amava molto trascorrere la maggior parte del suo tempo a Torino
dove, assieme al marito, frequentava Romilda Bollati di Saint Pierre,
Maria Cattaneo, Mariella e Antonio Marocco e pochissime altre persone
riservate come lei. Ma l’amica che vede più frequentemente è Evelina
Christillin, verso la quale ha un rapporto quasi materno , la moglie
di Gabriele Galateri di Genola, alla quale nelle loro passeggiate in
collina confessa sovente le pene per lo stato di salute che nel
novembre del 2000 portarono al suicidio del figlio Edoardo.
Passata la soglia dei settant’anni sono stati i nipoti, John futuro
presidente della Fiat, Lapo e Ginevra nati dal primo matrimonio della
figlia Margherita con Alain Elkann, a tenerle spesso compagnia . Ma
anche Pietro, Sofia, Maria, Anna e Tatiana nati dal secondo matrimonio
con Serge de Phalen. La morte del figlio prediletto Edoardo e la
malattia del marito che seguirà nel 2003 diradano la sue comparse in
pubblico con le tristi eccezioni dei lutti e di quella contesa con la
figlia Margherita per una di quelle vicende ereditarie purtroppo molto
spesso presenti alla scomparsa dei proprietari di grandi patrimoni.
Una m0ntagna di carta giudiziarie che si è andato esaurendo col
procedere della malattia accompagnato mano a mano dal giusto riservato
silenzio.
Nella storia nessuno come la Juventus: ottavo scudetto di fila
Marella Agnelli insieme ai suoi nipoti Elkann

Ma tutto ciò non è stato abbastanza per tenersi lontano dal dolore. Il
suicidio di suo figlio Edoardo. La rottura con la figlia Margherita
con cui era insieme ad assistere l’Avvocato sul letto di morte.
Successivamente sarebbe emersa la questione dell’eredità. Ma Marella
Caracciolo in Agnelli è sempre rimasta fedele alle indicazioni del
marito: la Fiat non era una villa plurifamiliare che potesse essere
divisa; bisognava individuare un capofamiglia, garantirne la
successione. Questo è stato il ruolo finale di Marella. Vissuto con
immensa dignità, eleganza e stile nel silenzio, sino all’ultimo
giorno. I funerali si svolgeranno in forma privata.

La Città di Torino ha espresso la propria vicinanza alla famiglia
Agnelli per la scomparsa della signora Marella. “Nel ricordo di una
figura – dice la sindaca Chiara Appendino – che negli anni, per il
nostro Paese e non solo, ha rivestito un ruolo importante nel mondo
dell’arte e della cultura”. “Con Marella Agnelli – ha detto il
presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino – scompare una
figura illustre che ha accompagnato la storia torinese del 900 con
grandissimo garbo. La sua eleganza e la sua riservatezza colpivano,
erano impagabili ed ora non posso che fare le mie più sentite
condoglianze a John, Lapo, Ginevra e all’intera famiglia“.

Anche dalla squadra di famiglia arriva un ricordo: “La Juventus saluta
con commozione Donna Marella, che ci ha lasciato oggi. Nata a Firenze,
Marella Caracciolo di Castagneto nel 1953 sposò Gianni Agnelli, e
restò al suo fianco fino al 2003, anno della sua morte“. È il pensiero
della Juventus nel giorno della morte di Marella Agnelli, vedova
dell’Avvocato Gianni Agnelli e zia dell’attuale presidente bianconero
Andrea. “La Juventus, in questa triste giornata, è vicina a tutta la
famiglia Agnelli, alla quale porge le più sentite e affettuose
condoglianze“.

E’ maledizione Champions. Vince il
Real, la Juve scompare.
di Antonello de Gennaro

CARDIFF – La Juventus ha perso smarrendo nel secondo tempo la sua
migliore caratteristica : la compattezza tattica . Diciamolo con
chiarezza, nella finale di Cardiff sono venuti meno gli uomini più
importanti. Da Bonucci, a Pjanic ma soprattutto Higuain e Dybala. La
squadra bianconera si è disunita sotto gli attacchi di un Real Madrid
che voleva portare a casa la coppa e ci è riuscito grazie al solito
Cristiano Ronaldo che è stato lasciato un pò troppo solo dalla difesa
bianconera .

Alla Juventus non è bastato segnare il più bel gol della Champions
League, cosi come non è bastato aver condotto e dominato tutto il
primo tempo senza aver avuto paura. Tutto questo non è servito perché
alla Juventus è venuto meno qualcosa che era stata una costante per
tutta la stagione e che è scomparsa nella notte della finale: la
solidità tattica del gruppo, quel meccanismo perfetto di gioco che
rendeva in fase difensiva la squadra di Allegri un blocco unico. I
primi ad essere i fantasmi di sè stessi, sono stati Higuain e Dybala,
i peggiori della Juve in campo, non tanto per non aver concluso
nulla nella fase d’attacco, ma sopratutto per il mancato solito
contributo offerto alla difesa. Poi è svanito Pjanic, e con
lui Khedira, e quindi a quel punto per il Real Madrid infilzare la
Juventus è diventata gioco facile facile, trovando di fronte la difesa
bianconera che ha smarrito la sua forza ed esperienza.

Non era la vera Juventus, quella vista in campo nel secondo tempo
della finale contro il Real Madrid ieri sera . Non era mentalmente e
fisicamente la stessa squadra che aveva annientato il Barcellona e che
per tutta la Campions League ha sempre giocato e vinto in modo
esemplare arrivando fino alla finale di Cardiff. E’ stata una
brutta copia sbiadito nel momento più importante di tutti e che ha
regalato con un paio di sciocchezze il sogno di una stagione intera.

Una squadra con un obiettivo così importante e ambizioso non può
arrivare a questo appuntamento in simili condizioni psicofisiche .
Sopratutto stanca fin dal primo tempo . Non si contano i passaggi
sbagliati e le palle perse, soprattutto quelli di Dybala a centrocampo
da cui sono scaturiti gol e azioni pericolose del Real Madrid. Un ko
limpido a favore del Real e inaccettabile per la Juventus arrivata a
Cardiff su un’onda di consensi che probabilmente hanno scaricato
mentalmente la solita rabbia e grinta dei giocatori bianconeri.

In ogni caso questa Juventus merita l’applauso ricevuto ieri fra le
lacrime nello stadio di Cardiff. Un applauso meritato per una stagione
che resta “storica” per il sesto scudetto consecutivo conquistato, per
la Coppa Italia vinta e sopratutto per il proprio strepitoso ruolo di
marcia in una Champions      League che avrebbe meritato un altro
risultato. La delusione spesso fa dimenticare i meriti ed i traguardi
conquistati, ma sarebbe ingiusto ed ingrato abbandonarsi allo
sconforto da parte del popolo bianconero e sopratutto da parte della
squadra .

Questa finale persa è diversa da quella di Berlino, perché il Real è
stato sicuramente più forte, ma non superiore in campo, perché la
“vera” Juventus, avrebbe perfino potuto batterlo. La Juventus, ma
quella “vera”, potrà riprovarci l’anno prossimo: questo è un “gruppo”
fortissimo ce la può fare e ieri sera ha preso un impegno morale con
la sua gente arrivata da ogni parte del mondo a sostenerla ed
incitarla fino al triplice fischio finale , che la società bianconera
dovrà saldare tra dodici mesi.
Onore a mister Allegri quando dice “Sono orgoglioso dei miei ragazzi.
L’anno prossimo sarò sulla panchina della Juve. Vogliamo ripartire per
fare una grande Champions, vincere lo scudetto ed essere competitivi
in Coppa Italia: questa seconda sconfitta in tre anni non ci deve
fermare“.

Alla fine della partita Andrea Agnelli ha abbracciato uno a uno i
giocatori, sul prato di Cardiff, mentre il Real si godeva la
Champions. La sconfitta è stata una brutta botta, pure nel punteggio
(4-1), soprattutto per chi già aveva perso la finale di Berlino, e
così il presidente della Juve ha voluto fare coraggio ai suoi, e
lanciare un messaggio: “C’è un sentimento d’orgoglio per aver
raggiunto in sette anni una dimensione europea totale – ha detto
dinnanzi alle telecamere – ed ho abbracciato tutti i ragazzi. L’anno
prossimo dovremo essere ancora più cattivi”. L’obiettivo è quello di
crescere ancora: “Dobbiamo farlo, anno dopo anno, giorno dopo giorno.
Dobbiamo crescere, perché se in questa competizione sbagli 10, 15 o 20
minuti, la Coppa non la vinci”.
Il presidente Agnelli ha sicuramente capito ieri sera che questa
Juventus con due-tre innesti di caratura internazionale può finalmente
salire sul gradino più alto nel mondo e conoscendone la sua ambizione
e lungimiranza siamo sicuri che la sconfitta di ieri sera porterà quel
contributo tecnico di cui la squadra di Allegri ha fortemente bisogno
per diventare imbattibile. Rimane indiscutibile sia chiaro, la grande
stagione ed una dimensione europea conquistata anno dopo anno dalla
squadra bianconera, sui campo di gioco di tutt’ Europa.

Tre trofei vinti in quattro anni sono la dimostrazione della dittatura
sportiva, tecnica e tattica del Real Madrid: nessuno, da quando la
Champions si chiama così era riuscito a portarla a casa due volte di
seguito. Ce l’ha fatta il Real di Zinedine Zidane, con la sua umiltà e
grazie alle capacità tecniche dei suoi giocatori. Si vince anche con
questi doti, e non solo sul campo, la 12ma Champions League.

Per la Juventus rimane l’amarissimo ricordo di un’altra sconfitta in
finale, che fa più male delle altre precedenti perché nessuno se
l’aspettava, sopratutto non così. Ma quando il tuo avversario è più
forte di te in tutto, ed ha giocatori in campo come Cristiano Ronaldo
che da solo è capace di cambiare una partita, allora c’è poco da dire
e ancora meno da fare.

Juventus-Real: il mondo si ferma
davanti alla tv. E’ la Champions,
bellezza.
CARDIFF – Si preannuncia una partita in cui si spezzerà un
incantesimo, occorre soltanto aspettare il triplo fischio finale. Per
i bianconeri è la nona finale giocata, della quale ne hanno vinto solo
due. Di fronte i “galacticos” madrileni che la giocano per la
quindicesima volta, inseguendo la vittoria numero 12. Se la Juventus
conquisterà la Champions League poterà a casa una coppa attesa da
ventuno anni, o se sarà il Real ad alzarla, sarà la prima squadra
nell’era della Champions a vincerla per due volte di di seguito.

Gli occhi e le parole dei giocatori e dei rispettivi tecnici
alla vigilia hanno detto molto. Sarà indimenticabile sa risata
irriverente di Dani Alves, collezionista di trofei vinti, il quale ha
ricordato al presidente Andrea Agnelli una Ferrari ricevuta in
promessa per la vittoria, ma anche le sue punzecchiature al Real
Madrid, suo avversario eterno negli anni delle sfide giocate con la
maglia del Barça, contrapposto alla freddezza di Sergio Ramos, l’uomo-
killer da finale, il quale gli ha replicato dandogli appuntamento alle
20.45 di questa sera.

Impossibile non vedere negli occhi di Gigi Buffon , che insegue
l’unico pezzo d’argento che gli manca sulle mensole di casa, dopo
oltre vent’anni di carriera, la sua voglia matta di vincere la finale,
con la quale potrebbe mettere un’ipoteca sul Pallone d’oro grazie al
quale Buffon, che potrebbe raggiungere Jascin, unico portiere premiato
dalla giuria, che dall’anno scorso è tornata finalmente ad essere
composta esclusivamente da giornalisti.

Apprezzabile la spiritualità “zen” di Zidane, equilibrato ed onesto al
punto di ammettere che ci potrebbe stare anche una sconfitta contro
questa Juventus.      Sulla squadra madrilena guidata dadi Zidane
incombono sei trappole sotto forma di maledizioni da sfatare. Questi:

1. Mai nessuno, nella storia della moderna Champions, è riuscito a
vincerla per due anni di fila. E Milan, Ajax, Juventus e Manchester ci
avevano sperato prima di essere bocciate in finale.

2. Dal 2000, nessuna squadra campione del mondo in carica ha poi vinto
la Champions.

3. Nella Juve giocano Khedira e soprattutto Higuain, due ex
pericolosi. E il Real ha già pagato caro i gol di altri due ex:
Morientes nella semifinale contro il Monaco del 2004, Morata nel 2015
quando vestiva proprio la maglia juventina.

4. Le sue ultime 7 Champions il Real le ha tutte vinte in anni pari.
L’ultimo dispari fu addirittura il 1959. E ora siamo nel 2017…

5. Sempre dando uno sguardo attento all’albo d’oro, emerge che ogni 7
anni c’è un club italiano che vince. Cominciò il Milan nel 1989 (poi a
segno anche nel 1990 e nel 1994), poi toccò alla Juve nel 1996, di
nuovo al Milan nel 2003 e all’Inter nel 2010.

6. Al Millennium il Real non vestirà il suo solito «blanco» ma, da
squadra sorteggiata in trasferta, vestirà la «camiseta morada», quella
violetta con cui non ha grandi precedenti. Per dire: nella Liga finita
da poco ci ha perso tre volte su sette.

“È stato un anno fantastico, sarebbe meraviglioso chiuderlo con un
triplete, se possibile. Incrociamo le dita. Il Real fa paura, ma noi
non abbiamo paura di nessuno e lotteremo per vincere”. Lapo Elkann,
presente Cardiff a poche ore dalla finale di Champions League tra
Juventus e Real Madrid. si è “attaccato ai numeri”: “Abbiamo avuto il
numero 2 e il numero 6, ora speriamo di chiudere con il numero 3 – ha
aggiunto riferendosi alla doppietta in Coppa Italia, al sesto scudetto
consecutivo e al possibile tris in Europa – È stato un anno
incredibile, speriamo di passare da due a tre. Il giocatore decisivo?
Nella Juventus fa la differenza la squadra, non il singolo“. Sono
“tutti decisivi”, ha confermato poco dopo suo fratello John Elkann,
presidente di Fca ed Exor.

Sarà uno spettacolo visto da 350 milioni di spettatori, 200 tv di 128
Paesi che hanno acquistato i diritti. Dall’Afghanistan allo Zimbabwe,
da Timor Est a Vanuatu, questa sera la coppa brillerà in diretta in
ogni angolo della terra.

E’ la Champions, bellezza.
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