Linear Scheduling Model - Percorso delle attività controllanti, tasso di variabilità e confronto con il CPM
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Università degli Studi di Trieste A.A.2001/2002 Linear Scheduling Model Percorso delle attività controllanti, tasso di variabilità e confronto con il CPM Corso di Studente: Ricerca Operativa Raffaele Carli Matr. 83100968
Indice INDICE.............................................................................................................................. 2 INTRODUZIONE ................................................................................................................. 3 Esempio....................................................................................................................... 3 PERCORSO DELLE ATTIVITÀ CONTROLLANTI .................................................................... 5 Tipo di attività............................................................................................................. 5 Sequenza delle attività................................................................................................ 6 Passaggio ascendente ................................................................................................. 7 Passaggio discendente.............................................................................................. 10 Altri tipi di attività .................................................................................................... 11 TASSO DI VARIABILITÀ ................................................................................................... 11 Segmento non controllante all’inizio ........................................................................ 12 Segmento non controllante alla fine ......................................................................... 14 Esempio..................................................................................................................... 16 CONFRONTO TRA LSM E CPM ...................................................................................... 17 Requisiti progettuali e di pianificazione ................................................................... 18 CONCLUSIONE................................................................................................................ 21 BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 21 2
Introduzione Le tecniche di pianificazione di un progetto rivestono sempre maggiore importanza in molti campi. Una accorta pianificazione deve individuare quali attività devono essere completate nei tempi stabiliti e quali possono essere più flessibili, affinché l’intero progetto non subisca ritardi. Le prime sono dette critiche e le seconde variabili (float). Uno dei metodi più usati è il Critical Path Method (CPM). Ci sono alcuni tipi di progetti nelle costruzioni civili in cui il CPM non è il migliore metodo di pianificazione. Nel caso dei progetti lineari infatti il CPM evidenzia gravi carenze. Un progetto può essere definito lineare quando la maggioranza delle attività è lineare, cioè possono essere eseguite lungo un percorso. La costruzione di un’autostrada è un progetto di questo tipo e la sua pavimentazione può essere considerata un’attività lineare. Si è introdotto così un modello di pianificazione lineare (Linear Scheduling Model LSM). Questo usa un diagramma XY per rappresentare le varie attività, sull’asse X è posta la durata del progetto e sull’asse Y la posizione. La pendenza delle linee che riproducono le attività rappresenta il loro tasso di sviluppo in ogni momento del progetto. Il diagramma confronta tempo e posizione. Anche nel caso del LSM si può determinare un insieme di attività controllanti (CAP) analoghe a quelle critiche del CPM (Rowings e Harmelink 1993, 1994) e un insieme di attività non controllanti aventi un tasso di variabilità (rate float) a differenza del CPM in cui si parla di intervallo di variabilità (Harmelink 2001). Esempio La pianificazione della ripavimentazione di una strada può essere un esempio istruttivo delle potenzialità dello scheduling lineare. L’intero progetto può essere diviso in tre attività base: 1. Rimozione della vecchia pavimentazione 2. Posizionamento e livellamento di uno strato di ghiaia 3. Pavimentazione 3
40 Pavimentazione Tempo (giorni) Livellamento Rimozione 5 0 Posizione (metri) 100 Figura 1: Schedulazione lineare di una ripavimentazione La Figura 1 mostra lo scheduling lineare dell’intero progetto. Come prima cosa notiamo che la lunghezza della strada da ripavimentare è di 100 metri e l’ultima attività si conclude il 35-esmo giorno. La prima attività (“Rimozione”) comincia il giorno 0 e prosegue fino alla fine con un tasso di sviluppo di 10 metri al giorno per l’intero progetto. La seconda attività (“Livellamento”) comincia il giorno 5 e prosegue fino al giorno 20 con tasso di sviluppo di 4 metri al giorno e dal 20-esimo giorno in poi continua con tasso di sviluppo di 8 metri al giorno (questa differenza di velocità per una stessa attività può essere dovuta alle caratteristiche morfologiche del percorso su cui si snoda la strada), infine la terza attività (“Pavimentazione”) comincia il giorno 20 e continua con un tasso di sviluppo di 6.5 metri al giorno. Dalla Figura 1 si nota l’estrema semplicità di questo modello e la sua immediatezza. Queste sue caratteristiche rendono LSM facile da gestire e velocemente aggiornabile. Grazie agli algoritmi proposti in questo lavoro si potrà individuare un percorso delle attività controllanti e calcolare il tasso di variabilità per ogni attività. L’esempio sarà ripreso e sviluppato alla fine di questo documento. 4
Percorso delle attività controllanti Tipo di attività Per meglio determinare l’insieme delle attività controllanti nello scheduling lineare è necessario ripartirle in diversi gruppi. Gli studi in proposito hanno suggerito l’introduzione di tre tipi di attività: lineari, blocchi e barra. Le attività lineari si possono suddividere in: 1) lineari continui full-span (CFL): attività che si protraggono per l’intero percorso del progetto in maniera continua (e.g. pavimentazione di una strada). 2) lineari intermittenti full-span (IFL) attività che si protraggono per l’intero percorso del progetto in maniera intermittente (e.g. posizionamento tombini). 3) lineari continue partial-span (CPL): attività che si protraggono per parte del percorso del progetto in maniera continua (e.g. posizionamento tubature lungo un tratto della strada che si sta costruendo). 4) lineari intermittenti partial-span (IPL): attività che si protraggono per parte del percorso del progetto in maniera intermittente Le attività a blocchi si possono suddividere in: 1) blocco full-span (FB): attività che occupa per un determinato periodo di tempo l’intero percorso del progetto (e.g. posizionamento segnaletica “lavori in corso” lungo il cantiere). 2) blocco partial-span (PB): attività che occupa per un determinato periodo di tempo parte del percorso del progetto (e.g. posizionamento di un pilone nella costruzione di un ponte). IPL CPL Tempo (giorni) Barra PB IFL CFL FB Posizione (postazioni) Figura 2: Tipi di attività 5
La Figura 2 mostra i diversi tipi di attività come appaiono nel diagramma. L’algoritmo per determinare il percorso delle attività controllanti (CAP) si divide nei seguenti passi: 1) Determinare la sequenza delle attività. 2) Passaggio ascendente 3) Passaggio discendente Sequenza delle attività La lista della sequenza delle attività identifica tutte le possibili sequenze logiche del progetto. Si definisce il CAP come il percorso continuo di più lunga durata di tutto il progetto e stabilisce la sequenza di attività che deve essere eseguita come programmato per ultimare il progetto nel tempo stabilito. La sequenza con la durata maggiore contiene tutte le attività del CAP. Sebbene non sia un passo necessario nell’algoritmo questo permette di capire quali attività siano critiche e fornisce la base per un’implementazione su computer. La Figura 3 mostra un esempio di costruzione di un’autostrada, questo progetto ha tre attività CFL: A, D e G, due PB: B e E e due barre. 1 2 3 4 5 G Figura: 1 Tipi di attività F E Tempo (giorni) Barra D C B “0” A Posizione (postazioni) Figura 3: Possibili percorsi 6
La lista delle possibili sequenze deve descrivere la sequenza delle attività indipendentemente dalla loro posizione. La Figura 4 mostra le sequenze logiche delle attività, dove lo start indica l’attività al tempo zero e l’end l’ultimo giorno di lavoro. Si noti che per le attività CFL start, A, D, G, end non ci sono percorsi alternativi (tutti le sequenze passano da lì). Le sequenze sono determinate esaminando l’ordine delle attività in ogni possibile postazione, ogni linea verticale tratteggiata interseca una diversa B E Start A D G End C F Sequenza 1: Start-A-B-D-G-End Sequenza 2: Start-A-B-D-E-G-End Sequenza 3: Start-A-B-D-E-F-G-End Sequenza 4: Start-A-C-D-F-G-End Sequenza 5: Start-A-D-F-G-End Figura 4: Sequenze logiche di attività sequenza di attività. I cinque possibili percorsi sono rappresentati in Figura 4. Passaggio ascendente Il procedimento inizia dalla postazione “0” e continua verso l’alto identificando il percorso con il minor tempo libero fra due CFL contigui. L’attività “0” è detta attività origine ed è considerata CFL, l’attività successiva è detta attività bersaglio. Per descrivere la relazione tra le due si devono determinare i tre elementi seguenti. 1) Least-time (LT): è il più breve intervallo tra due attività consecutive. Due attività sono definite consecutive quando sono connesse da una linea verticale sul diagramma senza incrociare alcuna altra linea. LT si presenterà sempre nel vertice di una delle due. Gli angoli dei blocchi sono considerati vertici. 2) Durata coincidente: è un intervallo di tempo in cui due attività connesse da un LT sono entrambe in svolgimento. 3) Least distance (LD): è la più breve distanza tra due attività con durata coincidente che interseca LT. 7
La Figura 5 mostra un esempio di LT e LD. In questo primo passo l’origine è sempre vista come la prima attività, perciò il segmento dall’origine fino alla prima attività bersaglio sarà sempre un potenziale segmento controllante. Da qualche parte ci sarà un link che farà parte del percorso delle attività controllanti. L’intervallo LD individua il punto nello spazio in cui due attività consecutive sono più vicine. Attività bersaglio Tempo (giorni) LT Durata LD coincidente Attività origine Origine Posizione (postazioni) Figura 5: LT e LD Una volta determinato LD il punto di intersezione con l’attività origine è detto vertice critico come mostrato in Figura 6. Il segmento dell’attività origine tra l’origine e il vertice critico è un potenziale segmento controllante e LD diventa un potenziale link controllante tra l’origine e l’attività bersaglio. La determinazione (da segmento potenziale ad effettivo) si avrà con il passaggio discendente. L’attività bersaglio in questo passo diventerà l’attività origine del prossimo passo e così fino a che i potenziali segmenti controllati sono terminati. La Figura 7 indica tutti i potenziali segmenti controllanti in un esempio di pianificazione lineare. 8
Attività bersaglio Tempo (giorni) Attività origine Vertice Potenziale link critico Potenziale segmento controllante Posizione (postazioni) Figura 6: Potenziali segmenti controllanti F E Tempo (giorni) D C B A Posizione (postazioni) Figura 7: Passaggio ascendente 9
Passaggio discendente L’obiettivo di questo passaggio è di determinare quale parte dei potenziali segmenti controllanti sono effettivamente segmenti controllanti, questa parte dell’algoritmo può essere equiparata con il passaggio all’indietro nel CPM che identifica le attività che non hanno variabilità nel tempo. Nel LSM questo passaggio identifica quelle parti di segmenti, il cui tasso di sviluppo non può essere modificato senza modificare tutta l’evoluzione del progetto. Si assicura così che le attività che non stanno sul percorso controllante possono procedere più lentamente di come programmato, senza aumentare la durata dell’intero progetto. Questo passaggio inizia dalla fine dell’ultima attività del progetto, nel nostro esempio il punto 1 dell’attività F (Figura 8). 1 Segmenti controllanti 2 F Tempo (giorni) E Segmenti non controllanti D Links C controllanti B A 3 Posizione (postazioni) Figura 8: Passaggio discendente Si scende poi fino all’intersezione con il link dell’attività E indicato con 2 nella Figura 8. Il segmento in grassetto identifica la parte di attività F che è controllante ed il link con E che diventa a sua volta controllante. Il link controllante è un punto nel tempo in cui il CAP si sposta da un’attività ad un’altra. Il procedimento continua così anche per gli altri segmenti. Se procedendo in questo modo si incontra l’inizio di un’attività prima di incontrare un link potenziale li crea un link controllante all’inizio dell’attività. Questa eventualità è mostrata nel punto 3 della Figura 8. 10
Una volta completato il passaggio discendente l’algoritmo è terminato e si è trovato il percorso controllante. Si noti che ogni attività ha solo una parte che diventa segmento controllante e i vertici critici individuano i luoghi e i tempi in cui l’attività diventa controllante. Altri tipi di attività Accanto a CFL vi sono diversi altri tipi di attività, ogni attività non CFL crea differenti percorsi tra due attività CFL contigue. Nel caso di un blocco per esempio questo sarà percorso in tutta la sua lunghezza a partire da i links controllanti che lo uniscono a due attività CFL (Figura 9). E F Tempo (giorni) D Blocco PB C B A Blocco FB Posizione (postazioni) Figura 9: esempio di blocco PB e FB Tasso di variabilità Come si è detto un segmento nello scheduling lineare rappresenta l’inizio si una attività e il suo tasso di sviluppo. La pendenza del segmento si definisce come (x 2 -x 1 )/(y2 - y1 ). Dove (x1,y1 ) e (x2 ,y2) sono rispettivamente i punti iniziale e finale del segmento. Questa è chiaramente una situazione ideale e se ne tiene conto introducendo degli spazi o buffers tra le attività. I buffers si introducono anche per questioni logistiche e di sicurezza del lavoro (certe lavorazioni devono comunque avvenire ad una certa distanza tra di loro). Come visto precedentemente nell’algoritmo per identificare il CAP un’attività può essere divisa in tre segmenti:noncontrollante-controllante-non-controllante, oppure una combinazione di questi tre. Per meglio rappresentare questi segmenti si è introdotta una 11
convenzione: un segmento che inizia come non controllante si indicherà con il nome della attività seguito da un meno mentre un segmento che termina con un’attività non controllante si indicherà con il nome di un’attività seguito da un più. Segmento non controllante all’inizio L’analisi di un LSM creerà un insieme di attività che avrà un certo tasso di variabilità a differenza del CPM in cui si hanno solo attività critiche o non critiche. Si noti che in Figura 10 che l’attività C non ha all’inizio un segmento non controllante, mentre l’attività D ne ha uno (D-). L’unico modo per un’attività inizialmente non controllante di procedere più lentamente è di iniziare prima del previsto. L’analisi dei segmenti non controllanti all’inizio determina di quanto prima un’attività può iniziare senza aumentare l’intera durata del progetto e inizia considerando il primo segmento in ordine di tempo (D- in Figura 10). F- Segmenti all’inizio D+ non controllanti C+ Tempo (giorni) E- D- 1 B+ A+ C B A Posizione (postazioni) Figura 10: Segmenti all’inizio non controllanti L’intervallo LT tra due attività fissa quanto possono essere vicine nello spazio, il punto 1 nella Figura 10 mostra a destra l’intervallo originario LT e a sinistra quanto prima l’attività D- può iniziare. Si assuma che il punto di inizio di D- sia (x 1D-,y1D-), il punto di fine (x2D-,y2D-) e il nuovo punto di inizio sarà (x’1D-,y’1D-). In questo caso il più basso tasso di produzione permesso sarà: 12
x 2D- − x'1 D − = tasso ⋅ di ⋅ produzione ⋅ piu ⋅ basso ⋅ possibile y 2D - − y'1D − Il tasso di variabilità per l’attività D- è la differenza tra il tasso pianificato all’inizio del progetto e il tasso di produzione più basso possibile. x 2D- − x1 D − x 2D - − x'1 D − − = tasso ⋅ di ⋅ var iabilità y 2D - − y1D − y 2D- − y '1 D − Si procede così anche per gli altri segmenti E- e F- (Figura 11). D+ F- C+ Tempo (giorni) E- D- B+ C A+ B A Posizione (postazioni) Figura 11: Tasso di variabilità in una serie di segmenti all’inizio non controllanti L’analisi del tasso di variabilità sui segmenti inizialmente non controllanti, determina di quanto prima un’attività può iniziare e quanto può essere inferiore il tasso di sviluppo della stessa attività in modo di raggiungere il punto (nel tempo e nello spazio) in cui l’attività diventa critica senza aumentare il tempo di esecuzione dell’intero progetto. Bisogna precisare però che i segmenti non controllanti all’inizio hanno tasso di variabilità solo se iniziano prima del tempo indicato dallo scheduling lineare. L’analisi dei segmenti controllanti identifica solo quelle attività che potrebbero potenzialmente partire prima e procedere ad una velocità minore del programmato. Chiaramente se si decide di seguire le soluzioni del LSM i segmenti non controllanti diventeranno controllanti e la situazione deve essere ben monitorata. 13
Segmento non controllante alla fine Nel segmento non controllante alla fine il punto iniziale è fissato da un vertice critico, mentre la conclusione è indicata dalla fine dello scheduling lineare. Il fatto che la fine dell’attività possa essere ritardata diminuisce il tasso di progresso del processo. Si noti che se si usa tutta la variabilità a disposizione, a cominciare dalle attività iniziali, di conseguenza le rimanenti avranno minor tasso di variabilità. L’unico modo per un’attività non controllante alla fine di procedere più lentamente del previsto è di poter terminare in ritardo. L’analisi dei segmenti non controllanti alla fine permette di determinare quanto dopo un’attività possa essere ritardato. Si inizia considerando l’ultimo segmento in ordine di tempo, nell’esempio D+. Come prima LT definisce quanto sono vicine nel tempo due attività. In Figura 12 il punto 1 mostra a sinistra LT originario e a destra quanto tardi possa finire D+. F- D+ Tempo (giorni) E- 1 D- B+ A+ C B A Posizione (postazioni) Figura 12: Segmenti alla fine non controllanti Si assuma che il punto di inizio di D+ sia (x 1D+,y1D+), il punto di fine (x2D+,y2D+) e il nuovo punto di inizio sarà (x’1D+,y’1D+). In questo caso il più basso tasso di produzione permesso sarà: x 2D+ − x'1 D + = tasso ⋅ di ⋅ produzione ⋅ piu ⋅ basso ⋅ possibile y 2D + − y '1 D + 14
Il tasso di variabilità per l’attività D+ è la differenza tra il tasso pianificato all’inizio del progetto e il tasso di produzione più basso possibile. x 2D+ − x1D + x 2D+ − x'1D + − = tasso ⋅ di ⋅ var iabilità y 2D + − y1 D + y 2D + − y '1 D + Si prosegue così anche per C+, B+ e A+ (Figura 12). F- D+ 1 Tempo (giorni) E- D- 2 3 B+ A+ C B A Posizione (postazioni) Figura 13: Tasso di variabilità in una serie di segmenti alla fine non controllanti Nel punto 1 in Figura 13 si ha LT che controlla il tasso di variabilità di C+. I punti 2 e 3 in Figura 13 indicano le posizioni dell’intervallo LT in modo che A+ e B+ possano terminare più tardi. Si può concludere quindi che quando i segmenti controllanti finiscono, i non controllanti cominciano e possono procedere con una pendenza minore senza rallentare l’intero progetto. Come prima se si usano i risultati del LSM i segmenti non controllanti diverranno controllanti. 15
Esempio Si riprende ora l’esempio iniziale della ripavimentazione di una strada. In Figura 14 è mostrato il percorso delle attività controllanti del progetto. 40 Pavimentazione LD Tempo (giorni) Livellamento LT LD 5 Rimozione LT 0 10 Posizione (metri) 100 Figura 14: CAP dello scheduling lineare di una ripavimentazione Si vede dal diagramma che solo la pavimentazione è interamente critica mentre la rimozione lo è dal giorno 0 al giorno 5, corrispondente a metà del percorso (50 metri) e il livellamento dal giorno 5 al giorno 20 (da 0 a 60 metri). In questo caso LT tra “Rimozione” e “Livellamento” vale 5 giorni e il corrispondente LD 50 metri, mentre LT tra “Livellamento” e “Pavimentazione” dura 15 giorni e il relativo LD 60 metri.Questo vuol dire che posso rallentare le parti non controllanti dei segmenti corrispondenti alle prime due attività. 16
40 C B+ B Tempo (giorni) A2 + A1 + A 5 0 10 Posizione (metri) 100 Figura 15: Possibili cambi di tasso della produttività nelle attività non controllanti Si assuma che il tasso di produttività possa cambiare, questo non influisce sull’intera durata del progetto. In questo caso LSM mostra quanto sia facile determinare quando e dove il tasso di produttività possa essere ridotto. In Figura 15 si è rinominato le attività A, B e C al posto di “Rimozione”, “Livellamento” e “Pavimentazione” rispettivamente. Fino al giorno 5 l’attività A è controllante poi il suo tasso di produttività può essere variato. Se non si varia B il tasso di A può essere ridotto a 5 metri al giorno (A1 +). Se invece si porta il tasso di B a 6.6 metri al giorno (B+) allora A si può ridurre di conseguenza a 3.125 metri al giorno (A2+). La scelta delle due possibilità spetta al direttore dei lavori a seconda di particolari esigenze e non influisce, se non come sopra esposto, su altre parti del progetto. Da questo semplice esempio si percepisce quanto immediato sia questo metodo per specifici campi di applicazione. Confronto tra LSM e CPM I vari tipi di scheduling presenti in letteratura rispondono alle diverse caratteristiche dei progetti che devono pianificare. Alcuni di essi derivano dal campo manifatturiero (LOB Line of Balance), altri dalla pianificazione degli arrivi e partenze dei treni (LS Linear Scheduling) altri ancora dall’organizzazione nel campo militare (CPM Critical Path Method) e tutti sono stati adattati per l’industria delle costruzioni. In Tabella 1 sono esposte alcune delle più note tecniche di scheduling e il loro impiego nei differenti campi dell’edilizia. 17
Tipo di progetto Metodo di Principali caratteristiche scheduling Progetti lineari e continui (tunnel, LSM • Poche attività linee ferroviarie, strade, • Percorso di esecuzione oleodotti) lineare • Sequenza logica ben definita • Continuità di lavoro molto importante Progetti ripetitivi composti da più LOB • Stesse attività durante tutti i unità (schiera di case o edifici progetti uguali) • Attività di simile importanza durante tutto il progetto Edifici di notevole estensione LOB ,VPM • Attività ripetitive (grattacieli) • Sequenza logica non ben definita per tutte le attività • Numerose attività • Ogni piano è considerato un’unità a se stante Raffinerie e progetti complessi in PERT, CPM • Altissimo numero di attività genere • Attività di tipo discreto • Importanza di mantenere il progetto su un percorso critico Progetti semplici Bar, Gantt • Solo vincoli di tempo (inizio e fine) • Poche attività Tabella 1: Tipi di scheduling per diversi tipi di progetto LSM (Rowings Harmelink 1998) è particolarmente efficiente nei progetti di tipo lineare ma può essere catastrofico in progetti costituiti da molte attività discrete. In questo caso il miglior metodo di schedulazione risulta essere il CPM. A tutt’oggi però LSM è ancora poco usato a causa della difficoltà di implementazione su PC del suo algoritmo e per la larghissima diffusione di applicativi basati sul CPM. Di seguito si è analizzato i due differenti metodi utilizzando una serie di requisiti comuni a differenti tipi di progetto. Requisiti progettuali e di pianificazione I tre passi fondamentali per portare a termine un progetto sono: pianificazione, gestione delle risorse, esecuzione e controllo. La pianificazione come definita da Kerzner (1998a) è “la funzione di selezionare gli obiettivi del progetto e stabilire le politiche, le 18
procedure e i programmi necessari a raggiungerli”. Vi sono varie ragioni per pianificare un progetto (Kerzner 1998a, b): • Per eliminare o ridurre i rischi e i cambiamenti in corsa • Per migliorare efficientemente la produzione • Per ottenere una migliore comprensione degli obiettivi e focalizzare l’attenzione su i problemi reali • Per avere delle basi per controllare lo stato del lavoro Nel primo stadio della pianificazione di un progetto si deve: • Definire gli obiettivi del progetto • Descrivere il tipo di lavoro • Scegliere il tipo di modello per pianificare il progetto • Creare la sequenza della schedulazione • Creare lo scheduling • Determinare il budget • Selezionare gli applicativi per individuare i temi e costi realizzativi • Selezionare il sistema di controllo Durante questa fase il project manager (PM) deve selezionare l’applicativo per pianificare il progetto, che deve rispondere ad alcune domande: Qual è la probabile durata del progetto? Che relazioni vi sono tra le diverse attività? Qual è il loro tasso di crescita? di quante risorse ho bisogno? Quanto mi costano? Quale sono le attività critiche? Queste informazioni saranno usate di continuo per aggiornare la gestione delle risorse e l’esecuzione e controllo del progetto. Quindi le caratteristiche ideali di un buon tool di scheduling sono: • Chiara rappresentazione delle attività e delle loro relazioni • Abilità nel rappresentare e calcolare la produttività, il dispendio e l’utilizzazione delle risorse. • La determinazione di un percorso critico o di quelle attività che determinano la durata del progetto. La seconda fase (gestione delle risorse) è sicuramente la più difficoltosa per il PM poiché soldi e tempo sono al solito le risorse più scarse. Il PM deve integrarle con la pianificazione del progetto per ottenere un buon compromesso. Fondamentale in questa fase è capire quanto un cambiamento di alcune risorse influisce sull’intero progetto. Per questo l’applicativo che meglio si comporta in questo stadio deve essere: • Facile da usare • Capace di fornire risultati quantitativi e qualitativi • Permettere ai PM di capire l’impatto del cambiamento delle risorse durante un’attività e nell’intero progetto 19
Durante l’ultimo stadio (esecuzione e controllo) il PM confronta lo sviluppo del progetto reale con quello pianificato sulla carta, raccogliendo i dati e aggiornando la pianificazione. In base a queste argomentazioni il tool migliore in questa fase sarà: • Facile da usare e da aggiornare • Immediatamente comprensibile e facilmente comunicabile. La Tabella 2 riporta il confronto tra LSM e CPM per le diverse caratteristiche sopra elencate. Caratteristiche CPM LSM Riduzione Sebbene il CPM usi una durata Non vi sono metodi che incertezze e rischi fissa per le attività può essere determino un grado di incertezza facilmente completato con il per la durata complessiva del PERT che ha caratteristiche progetto statistiche Miglioramento Con l’aggiunta delle tecniche di Limitate capacità di riduzione della produttività allocazione può limitare i costi costi cambiando le risorse rimovendo o aggiungendo attività Capacità di migliorare la Alcune limitazioni sono state coordinazione della forza lavoro riscontrate nei progetti di tipo lineare a mantenere la continuità della forza lavoro Miglioramento Nei progetti complessi può Molto facile da capire e può della diventare difficile da essere usato in ogni livello del comprensione comprendere e comunicare progetto degli obiettivi Accuratezza nei Permette al PM di calcolare i Nei progetti lineari è il più grosso calcoli tempi di completamento del pregio dell’LSM poiché dà un progetto e in aggiunta con il prospetto sia dello spazio sia del PERT fornisce una base statistica tempo utilizzato Non riesce a determinare e a rappresentare i vincoli di spazio Percorso critico Può essere rappresentato molto L’algoritmo LSM calcola il facilmente percorso delle attività controllanti che è equivalente al percorso critico nel CPM con in più informazioni sullo spazio utilizzato dall’attività Facilità d’uso Molto facile da usare anche Molto intuitivo e facile da usare grazie ai molti programmi per La mancanza di programmi computer, tuttavia è necessaria applicativi lo rende difficile da una lunga esperienza per essere usare in progetti complessi in grado di applicarlo al meglio 20
Facilità di Può essere difficile da aggiornare Facile da aggiornare può essere aggiornamento e una volta aggiornato è difficile usato come database del progetto da leggere Tabella 2: Confronto tra LSM e CPM Conclusione In questo lavoro si è voluto descrivere un metodo di pianificazione lineare porne in risalto i pregi e i difetti e confrontarlo con il metodo di gran lunga più usato e sviluppato: il CPM. Per entrambi vi sono degli algoritmi per raggiungere un percorso critico e stabilire una variabilità per l’esecuzione delle attività componenti il progetto. Dal loro confronto è emerso che non sono due metodi concorrenti, ma entrambi hanno specifici campi di utilizzo che ne esaltano le caratteristiche intrinseche. Bibliografia 1. Harmelink D. J. (2001), “Linear scheduling model: float characteristics” J. Constr Engrg and Mgmt, ASCE 127(4) 255-260. 2. Kerzner H. (1198a). “Project management: A system approach to planning, scheduling and controlling.” 6th Ed. Wiley, New York. 3. Kerzner H. (1198b). “In search of excellence in project management: Successful practice in high performance organization”. Wiley, New York 4. Rowings J. E. and Harmelink D. J. (1993), “A multi-project scheduling procedure for transportation projects – final report Part I” HR339, Iowa Department of Transportation, Ames, Iowa. 5. Rowings J. E. and Harmelink D. J. (1994 ), “A multi-project scheduling procedure for transportation projects – final report Part II” HR339, Iowa Department of Transportation, Ames, Iowa. 6. Rowings J. E. and Harmelink D. J (1998), “Linear scheduling model: development of controlling activity path” J. Constr Engrg and Mgmt, ASCE 124(4) 263-268. 7. Yamin R.A. and Harmelink D. J. (2001), “Comparison of linear scheduling model (LSM) and critical path method (CPM)” J. Constr Engrg and Mgmt, ASCE 127(5) 374-381. 21
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