LE RIPERCUSSIONI DELL'EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI
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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI ROBERTO PANIZZA * L’introduzione dell’euro darà sicuramente vita ad una profonda rivo- luzione nel sistema finanziario e nell’area valutaria in cui esso domi- nerà: quasi tutte le connotazioni di questo profondo mutamento sono state sviscerate nelle numerosissime pubblicazioni che hanno accom- pagnato la sua nascita 1. Esiste, tuttavia, un problema al quale nessu- no degli esperti dell’euro è ancora riuscito a dare una risposta sicura. Si tratta della posizione che l’euro assumerà sui mercati valutari mon- diali, in particolare nei confronti di dollaro e yen: la risposta a questo interrogativo presuppone, infatti, l’avere risolto un problema a monte, e cioè quello di sapere quale dovrebbe essere il ruolo della nuova moneta unica europea sui mercati finanziari. Soltanto quando avre- mo risposto a questa domanda e saremo riusciti a chiarire il rapporto reciproco delle attività espresse in dollari e di quelle espresse in euro, si avrà qualche elemento in più per definire anche il rapporto atteso tra le due valute. 1. Linee evolutive dei mercati in seguito all’adozione dell’euro È indubbio che l’introduzione dell’euro, a cavallo tra il secondo e il terzo millennio, è una rivoluzione molto vasta dai risvolti an- cora sconosciuti. Sono evidenti i vantaggi per i mercati finanziari di questo passaggio, che porterà a sostituire undici valute nazionali europee con un’unica moneta. Essi si possono sintetizzare nei seguen- ti punti 2: — condizioni di assoluta trasparenza dei mercati, sia reali che finan- ziari, al cui interno i prezzi dovranno essere tutti espressi in euro, ————————————— * Ordinario di Economia internazionale nell’Università di Torino. Questa ricerca ha usufruito di un contributo Murst, 1998. ¹ Tra le più recenti pubblicazioni, molto esaustive in proposito, che descrivono con dovizia di particolari tutte le tappe che hanno condotto al risultato finale, si vedano Griffiths R. T. (a cura di), The Economic Development of the EEC, Cheltenhan (UK), Edwar Elgar publisher, 1997; Rehman S. S., The Path to European Economic and Monetary Union, Dordrecht, Kluwer academic publishers, 1997. ² Cfr. European Commission, Euro 1999. Report on Progress towards Convergence. Part I: Recommendation, Luxembourg, 1998. 25
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 con un indubbio vantaggio per i consumatori e i risparmiatori in seguito all’accresciuta concorrenza; — stabilità valutaria e finanziaria, in seguito alla scomparsa della segmentazione dei relativi mercati e dei rischi legati ai cambi tra le valute europee che aderiscono all’euro; — basso livello d’inflazione, in seguito alla rigida politica monetaria comune; — basso livello dei tassi d’interesse, dato il venir meno dei rischi valutari e inflazionistici; — forza della moneta unica sui mercati valutari mondiali e, di conse- guenza, minori rischi di speculazione avversa; — abbattimento dei costi di transazione tra i paesi che aderiscono all’euro, in seguito alla scomparsa delle operazioni interne in cambi; — riduzione per i paesi ammessi all’Unione economica e monetaria del « rischio paese », data la gestione unitaria della politica mone- taria e valutaria; — integrazione sempre più completa dei mercati dell’Unione, dive- nuti più ampi e meno misteriosi per gli operatori europei. È fuori dubbio che questi vantaggi possono essere conseguiti tanto più facilmente quanto più sono tra loro omogenee le economie dei diversi paesi che aderiscono all’Unione: a questo scopo sono stati individuati sia i parametri di convergenza, sia il Patto di stabilità che impegnano i paesi a non allontanarsi da un modello di gestione fina- lizzato a mantenere l’equilibrio dei conti pubblici e la stabilità mone- taria di ogni singolo paese partecipante al progetto 3. D’altra parte è fuori dubbio che accanto ai grandi vantaggi legati alla moneta unica si evidenzieranno anche dei costi che, in taluni casi, si possono presentare anche molto elevati 4. Sempre sinteticamente essi sono rappresentati da: — perdita totale della sovranità monetaria e rinuncia parziale alla sovranità fiscale; — impossibilità di ricorrere a operazioni sui cambi, con il ricorso a svalutazioni competitive per accrescere artificiosamente la compe- titività; — forte concorrenza tra le legislazioni dei singoli Stati partecipanti, particolarmente penalizzanti per i paesi meno all’avanguardia; — rischio che la rigorosa politica monetaria, accompagnandosi alla ————————————— ³ Cfr. del sottoscritto, Euro 2002. Verso l’appuntamento con la moneta unica, Torino, Selcom editoria, 1998, cap. 2. ⁴ Si veda in proposito la monografia che ha raccolto l’opinione di diversi studiosi in merito all’adesione, sin dalla prima fase, della Svezia all’euro: gli elementi di critica sono prevalenti e sono stati elencati in maniera impietosa ed esaustiva in Calmfors L. e altri, Emu: A Swedish Perspective, Dordrecht, Kluwer academic publishers, 1997. 26
R. PANIZZA, LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI scarsa flessibilità del mercato del lavoro e alla scarsa mobilità del- la manodopera, generi elevatissimi livelli di disoccupazione; — creazione di distorsioni che, in taluni casi, saranno molto gravi, dato che la gestione unitaria della politica monetaria inciderà su strutture locali molto disomogenee tra loro. Tirando, tuttavia, un bilancio tra costi e vantaggi non c’è dubbio che questi ultimi eccedano di gran lunga i primi. Si pensi, per esem- pio, al vantaggio incomparabile in campo finanziario, rappresentato dal fatto che, all’interno di un territorio di 372 milioni di persone, si consolidi un unico mercato interbancario dei pagamenti con opera- zioni molto rapide, garantite e sicure: in tale mercato, tutta una serie di operazioni con l’estero vengono aggregate, dopo l’introduzione dell’euro, a quelle tra «residenti» 5. Inoltre, il sistema Target, predisposto per i pagamenti all’ingrosso di una certa entità, mettendo in connessione con il meccanismo Interlink i singoli apparati nazionali di RTGS, cioè di compensazione al lordo e in tempo reale dei pagamenti 6, affida alla memoria storica sia i conti di compensazione tra banche corrispondenti, sia i primi tentativi di compensazioni multilaterali, affermatisi nella seconda metà degli anni Ottanta, con il sistema BiComp. Infine, la maggiore integrazione del mercato dovrebbe assicurare una riduzione dei tassi d’interesse al di sotto dei valori registrati nei singoli paesi prima del- l’adozione della moneta unica. Permarranno degli scarti di lieve entità dovuti al rischio specifico e alla liquidità disponibile in ogni singolo paese. Pertanto, il mercato dei capitali europeo, grazie alla moneta unica, assicurerà spessore, profondità, liquidità e concentrazione, oltre a favorire la delocalizzazione delle attività finanziarie in quelle aree del- l’euro la cui legislazione è più favorevole al risparmiatore. Mentre, infatti, l’offerta di servizi sarà globale, con una convergenza dei tassi e dei margini d’intermediazione verso i valori più bassi, sicuramente permarranno a livello locale delle differenziazioni nei costi, che si mostreranno vischiosi 7. La mancata eliminazione di queste vischio- sità favorirà le condizioni di offerta più convenienti, con la conse- guente delocalizzazione del servizio. Da notare che la clientela non sarà solo attenta al costo, ma anche alla qualità dei prodotti e al tipo di servizi garantiti. D’altra parte, l’adozione dell’euro e la scomparsa ————————————— ⁵ Cfr. Masera R., Single Market, Exchange Rates and Monetary Unification, in Steinherr A. (a cura di), 30 Years of European Monetary Integration, London, Longman, 1994. ⁶ Cfr. Istituto Monetario Europeo, La politica monetaria unica nella terza fase. Definizione dell’assetto operativo, Frankfurt am Mein, 1997; Rossi M., Payment Systems in the Financial Markets. Real-Time Gross Settlement Systems and the Provisions of Intraday Liquidity, London, MacMillan Press Ltd, 1998. ⁷ Cfr. Young M., The Euro and Equity Markets, in Temperton P. (a cura di), Euro, Chichester, J. Wiley & Sons, 1997. 27
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 della segmentazione valutaria dei mercati consentiranno di disporre in tutta Europa di prodotti omogenei e fungibili offerti dai più grandi operatori del settore. Anche il mercato obbligazionario dell’euro consentirà il supera- mento delle diverse specificità dei singoli mercati nazionali e dovrebbe espandersi oltre il valore rappresentato dalla somma delle attività dei mercati obbligazionari locali 8. Prova ne sono le crescenti emissioni obbligazionarie in ecu, con precise clausole di ridenominazione in euro, avvenute in questi ultimi anni. La dimensione di tale mercato dovrebbe addirittura superare quella del mercato statunitense 9, con un consistente miglioramento rispetto al passato, in termini di liqui- dità, profondità e capitalizzazione. Tuttavia, essendo questo mercato costituito essenzialmente da strumenti di finanziamento degli squili- bri di finanza pubblica, le differenze dei singoli casi nazionali giustifi- cheranno il permanere di scarti di modesta entità, che non consenti- ranno – tuttavia – di rendere i titoli perfettamente fungibili 10. Per- marrà, invece, una forte segmentazione tra i diversi mercati azionari dei singoli paesi, dato che abitudini, normative e peculiarità specifi- che renderanno molto difficile la totale omogeneizzazione delle quo- tazioni, e lasceranno sussistere andamenti divergenti degli indici azio- nari dei singoli mercati nazionali 11. 2. Linee evolutive degli intermediari in seguito all’adozione dell’euro Indipendentemente dall’evento eccezionale rappresentato dall’intro- duzione della moneta unica, intorno al ruolo degli intermediari si è aperto un acceso dibattito che vede affermarsi la tesi secondo cui la crescente securitization dei titoli di credito avrebbe finito per accen- tuare la funzione dei mercati dei capitali a scapito del ruolo delle isti- tuzioni creditizie. Tale tesi si fonderebbe sul fatto che la diffusione dell’accesso alle informazioni economiche favorirebbe la disinterme- diazione di quegli istituti (le banche) che un tempo sembravano dete- ————————————— ⁸ Cfr. McCauley R. N. - White W. R., The Euro and European Financial Markets, in Working Papers, Bank for International Settlements, n. 41, 1997. ⁹ Cfr. Thorpe J. e altri, Could Euro Bonds Rival the U.S. Market?, in Pitchford R. - Cox A. (a cura di), Emu Explained: Markets and Monetary Union, London, Reuters, 1997. ¹⁰ Si vedano le previsioni relative all’evolversi dei mercati dei titoli pubblici secondo i punti di vista, rispettivamente, della BIS e della FED: McCauley R. N., Prospects for an Integrated European Government Bond Market, in Bank for International Settlements, International Banking and Financial Market Developments, Basle, 1996; Ruocco J. J. - LeBlanc M. - Dignan P., Competitiveness in Government Bond Markets, in Federal Reserve Bank of New York (a cura di), International Competitiveness of US Financial Firms: Products, Markets, and Conventional Performance Measures, New York, Staff Studies, 1991. ¹¹ Cfr. Cesarini F., Unione Economica e Monetaria e moneta unica in Europa: ripercus- sioni sui mercati mobiliari e sulle Borse, in Banca, Impresa e Società, n. 3, 1996. 28
R. PANIZZA, LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI nere un vantaggio esclusivo nel valutare il rischio di credito: d’altra parte la «titolarizzazione » del credito finirebbe per privilegiare quei processi che garantiscono un accesso diretto ai mercati. Questi ultimi, nel medio periodo, avrebbero la meglio nell’offerta di servizi finanzia- ri, rispetto agli intermediari bancari, che vedrebbero fortemente ridi- mensionate le loro funzioni 12. Su questo punto, propedeutico a qualsiasi discorso sul ruolo degli intermediari, concordiamo con quanti non condividono questa impo- stazione troppo radicale 13 e siamo convinti che l’attività degli inter- mediari e quella dei mercati siano ancora tra loro del tutto comple- mentari, nonostante le forti trasformazioni che hanno interessato entrambi 14: d’altra parte, l’andamento dei mercati nel corso del 1997 conferma che gli intermediari creditizi hanno continuato a ricoprire una posizione centrale nell’attività di finanziamento internazionale 15. Per quanto riguarda, invece, l’impatto più rilevante dell’introdu- zione dell’euro sugli intermediari finanziari, esso consiste nel fatto che si evidenzia sempre più una frattura tra il momento della defini- zione dei prezzi e quello della determinazione dei costi delle attività da loro offerte. Mentre, infatti, il prodotto può essere venduto su tut- to il territorio dove domina l’euro e comporta, quindi, la convergenza dei margini d’interesse rendendo omogenei i ricavi globali, la defini- zione dei costi avverrà ancora a livello locale, dato che permangono differenze su piano economico e normativo tra i vari Stati membri 16. Questa asimmetria nella velocità di convergenza, per lo meno nell’a- rea dell’euro, verso, da un lato, valori inferiori nei prezzi dei prodotti (che si conseguono sin dall’inizio, data la maggiore trasparenza dei mercati finanziari europei dopo l’adozione della moneta unica) e, dal- l’altro, verso valori meno omogenei nei costi (dato il permanere di dif- ferenze e rigidità a livello nazionale), creerà uno stimolo verso l’intro- duzione di radicali riforme che interesseranno gli intermediari finanzia- ri, finalizzate ad abbassare e omogeneizzare i costi dei servizi offerti. Il controllo capillare del territorio e la disponibilità d’ informazio- ————————————— ¹² Cfr., tra coloro che esaltano le prerogative dei mercati rispetto agli intermediari, Allen F., Stock Markets and Resource Allocation, in Mayer C. - Vives X. (a cura di), Capital Markets and Financial Intermediation, Cambridge (UK), Cambridge University Press, 1995. ¹³ Cfr. due testi, riferiti rispettivamente alla realtà statunitense e a quella europea, nei quali si sostiene la tesi del persistente ruolo degli intermediari criditizi: Corrigan E.G., Financial Market Structure: A Longer View, New York, Federal Reserve Bank of New York, 1997; Masera R., Intermediari e mercati finanziari in Europa: linee evolutive di una prospettiva internazionale, in Bancaria, n. 1, 1998. ¹⁴ Cfr., per un esame delle diverse connotazioni che hanno interessato i sistemi bank oriented e market oriented, Scholten B., Sistemi finanziari basati sulle banche e sul mer- cato: realtà o finzione?, in Moneta e Credito, n. 200, 1997. ¹⁵ Cfr. Banca dei regolamenti internazionali, 68° Relazione annuale, Basle, 1998. ¹⁶ Cfr. Zadra G., Operatori bancari e finanziari e nuovi mercati dell’Euro, in Bancaria, n. 1, 1998. 29
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 ni a un costo più basso dei concorrenti – che avevano consentito in passato anche a intermediari meno efficienti di mantenere una posi- zione localmente preminente – non possono più valere in un vasto mercato omogeneo dove finiranno per prevalere la qualità dei prodot- ti e dei servizi erogati, i loro costi e la capacità di esecuzione in termi- ni professionalmente eccellenti dei processi 17. Paradossalmente il passaggio al mercato unico e la scomparsa dei rischi di cambio hanno finito per vanificare la strategia considerata vincente fino a qualche mese fa, quella cioè centrata sulla figura di una banca di tipo universale, in grado di fornire alla clientela tutta la gamma di servizi richiesti. Oggi, con la moneta unica che assicura una grande trasparenza del mercato, e la scomparsa della volatilità dei cambi, si afferma, invece, un modello di offerta dei servizi, non più congiunta – com’era nel caso della banca di tipo universale – ma specialistica, da parte di intermediari in grado non solo di proporre nuovi prodotti, frutto dell’innovazione finanziaria e tecnologica, ma anche di modificarli e adattarli tempestivamente a seconda delle esi- genze della clientela 18. Questo presuppone una produzione accentra- ta, svolta tuttavia da operatori tutti altamente specializzati nel pro- prio settore operativo, i quali raramente hanno un contatto diretto con il cliente, ma il più delle volte dialogano con gli operatori specia- lizzati nella distribuzione del prodotto. Pertanto, accanto alla frantumazione di tipo orizzontale che ha reso obsoleto il tradizionale modello di offerta congiunta dei prodotti finanziari da parte di un unico intermediario, con la nuova realtà del- l’euro si deve registrare anche una frantumazione a livello verticale del sistema produzione-distribuzione, con l’individuazione di due distinti momenti, da un lato quello della produzione (affidato a pochi intermediari ultraspecializzati e in grado di recepire tempestivamente tutte le innovazioni proposte sul mercato) e dall’altro quello della distribuzione (delegato agli intermediari più tradizionali, che hanno come propria prerogativa la conoscenza capillare del territorio). Si tratta di una trasformazione epocale che si sarebbe probabil- mente realizzata indipendentemente dall’adozione o meno dell’euro, ma che sicuramente la maggiore integrazione dei mercati, conseguen- te al passaggio alla moneta unica, ha reso indilazionabile. Di fatto, oggi, gli intermediari non possono non confrontarsi con la dicotomia rappresentata da un accentramento del processo produttivo e da un decentramento di quello distributivo. È molto difficile per gli operatori specializzati nel momento distributivo potersi occupare ————————————— ¹⁷ Cfr. Bianchi T., La moneta unica europea e le banche italiane, in Banche e banchieri, 1996, nov.-dic. ¹⁸ Cfr. Kregel J. A., Universal Banking, US Banking Reform and Financial Competition in the EEC, in BNL Quarterly Review, n. 182, 1992. 30
R. PANIZZA, LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI anche del momento produttivo, data la elevatissima specializzazione che si richiede in questa fase. Così come è impossibile gestire il momen- to produttivo con una professionalità generica, data l’esigenza sempre più sentita di alta professionalità nei singoli comparti, come quelli del- l’investment banking, del corporate finance e dell’ asset management 19. Da una struttura verticalmente integrata tipica della banca univer- sale, con la stretta connessione tra momento produttivo e momento distributivo, si passa a una organizzazione a rete dove la produzione si articola in tanti settori altamente specialistici indipendenti l’uno dell’altro ed è nettamente separata dal momento distributivo, all’in- terno del quale la professionalità richiesta implica una forte cono- scenza del territorio e delle esigenze della specifica clientela. Il siste- ma finanziario sta vivendo con un certo ritardo l’esperienza che è sta- ta vissuta dal sistema industriale con la crisi del modello fordista di totale integrazione verticale e con il passaggio a un modello decentra- to e articolato su una struttura a rete. La fine dell’integrazione verticale nel ciclo del credito consente ai pochi produttori specializzati europei – ciascuno quasi sempre leader nel settore di un prodotto specifico – di offrire servizi omogenei e fun- gibili a livello di tutta l’area dell’euro 20, distribuiti a loro volta da altri operatori, ciascuno in grado di sfruttare sino in fondo i vantaggi di localizzazione territoriale della loro rete distributiva (nel caso dell’at- tività al dettaglio) o quelli di maggior capacità informativa (nel caso dell’attività corporate). Queste considerazioni consentono, altresì, di valutare i numerosi processi di fusione attualmente in atto in Europa tra banche diverse: vanno privilegiati quelli che consentono il tipo di integrazione sopra descritto, mentre non saranno forieri di sostanziali miglioramenti, quelli che si limitano ad aggregare istituti entrambi specializzati sul piano distributivo, ma che non hanno competenze specifiche a livello produttivo 21. Infatti, è poco costruttivo coordinare la rete di sportelli quando non c’è a monte una adeguata specializzazione nella fornitu- ra di prodotti innovativi alla clientela. 3. La convergenza dei tassi d’interesse e dei cambi L’introduzione dell’euro giunge al termine di un lungo e articolato processo di integrazione dei mercati 22, a seguito dell’adozione di legi- ————————————— ¹⁹ Cfr. Smith R. C. - Walter I., Global Banking, Oxford, Oxford University Press, 1997. ²⁰ Cfr. Molyneux P. - Altunbas Y. - Gardener E., Efficiency in European Banking, Chichester, J. Wiley & Sons, 1997. ²¹ Cfr. Profumo A., L’UEM e il sistema bancario italiano. Effetti sull’attività operativa, sulla redditività e sulle strutture. Strategie, dimensioni, riposizionamenti, alleanze, in Rivista bancaria, n. 6, 1997. ²² Cr. Kenen P. B., Economic and Monetary Union in Europe: Moving beyond Maastricht, Cambridge (UK), Cambridge University Press, 1995. 31
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 slazioni nazionali che hanno imposto la progressiva liberalizzazione dei movimenti di capitali 23. Questa ha anche consentito una crescente convergenza dei tassi d’interesse, a mano a mano che si riduceva il rischio valutario e permaneva unicamente il rischio paese. Quest’ul- timo scomparirà o si ridurrà a differenze minime soltanto il giorno in cui si sarà completato il processo di omogeneizzazione delle strutture reali, sia a livello nazionale, che regionale. Sempre al fine di favorire nel modo più completo la convergenza verso strutture economiche omogenee tra i paesi dell’area dell’euro, il Consiglio Ecofin di Dublino del 13 dicembre 1996 ha stabilito che tutti i paesi europei, sia che adottino l’euro sin dalla prima fase, sia che non lo adottino, hanno un comune interesse al corretto funziona- mento dell’Unione economica e monetaria: a questo fine, proprio per evitare che si accentuino le divergenze tra i paesi ammessi sin dall’ini- zio all’Unione (paesi in), paesi sotto osservazione (paesi pre-in) e pae- si temporaneamente esclusi (paesi out), si è deciso l’aggiornamento del Sistema monetario europeo con il varo dello SME2. Esso consen- tirà l’ancoraggio delle monete dei paesi pre-in all’euro, con una banda di oscillazione in alto e in basso del 15 per cento, che è decisamente più ampia rispetto a quella precedente 24. Tale nuovo meccanismo di cambi, anche definito ERM2 (dalle iniziali delle parole inglesi Exchange Rate Mechanism) dovrebbe accelerare il processo di conver- genza delle valute di quegli Stati già membri dell’Unione economica, ma non ancora aderenti alla moneta unica 25. Esso è orientato alla definizione di tassi centrali rispetto all’euro e di bande di fluttuazione relativamente ampie, con possibilità di inter- venti automatici illimitati e di finanziamenti a brevissimo termine, quando le quotazioni si avvicinano ai margini delle bande di oscilla- zione. Queste ultime, insieme ai tassi centrali, saranno definite di comune accordo tra la Banca centrale europea, i ministri degli Stati membri dell’area dell’euro e i ministri e i governatori delle singole Banche centrali nazionali dei paesi membri, non ancora aderenti all’area dell’euro. L’impegno al rispetto di queste regole è dettato dall’interesse di tutti i paesi comunitari, aderenti o meno all’ euro, all’instaurazione di un clima di stabilità all’interno del mercato unico. Già il Consiglio europeo di Firenze aveva evidenziato che il completamento del mer- ————————————— ²³ Cfr. Goldstein M. e altri, International Capital Markets. Part I: Exchange Rate Management and International Capital Flows, Washington (DC), International Monetary Fund, 1993. ²⁴ Cfr. Saccomanni F., Verso lo SME2: un meccanismo di cooperazione tra l’euro e le altre monete dell’Unione Europea, in Moneta e Credito, n. 197, 1997. ²⁵ Cfr. Lamfalussy A., A New Exchange Rate Mechanism (ERMII), in Auszuge aus Pressartikeln, Deutsche Bundesbank, 1996, settembre. 32
R. PANIZZA, LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI cato unico non avrebbe dovuto essere compromesso da eccessive flut- tuazioni dei cambi dei paesi che non aderiscono, sin dall’inizio, alla creazione della moneta unica 26. Naturalmente, propedeutico alla regolazione dei rapporti di cam- bio tra euro e valute dei paesi non aderenti esiste il problema di defi- nire in maniera assolutamente corretta la struttura definitiva dei cam- bi delle valute dei paesi che aderiscono all’euro 27: come giustamente è stato osservato 28, non ci si può limitare al cambio di un giorno, ma occorre riferirsi per lo meno a un dato che rappresenti una media di cambi, in modo che – una volta definiti – non si debbano registrare forti oscillazioni nella quotazione dell’euro, imputabili alla scorretta definizione dei cambi stessi. Tuttavia, quello dei tassi di cambio non è che uno degli strumenti utilizzati per assicurare la totale convergenza delle strutture economi- che reali. Un altro strumento irrinunciabile è rappresentato dal coor- dinamento delle politiche economiche dei singoli Stati, sulla base degli indirizzi definiti dal Consiglio dei ministri europeo, che predi- spone in proposito le modalità di sorveglianza multilaterali, sull’evo- luzione della situazione economica, sempre nell’ottica del persegui- mento prioritario della stabilità dei prezzi e del risanamento dei conti pubblici 29. In tal modo, la politica del cambio di ogni singolo paese, che temporaneamente non aderisca ancora all’euro, viene considerata un problema d’interesse non solo locale, ma dell’intera Unione eco- nomica e monetaria. Non rimane da affrontare che l’ultimo punto in merito a chi gesti- sca la politica valutaria dell’euro: a questo proposito il Trattato di Maastricht è contraddittorio perché prevede, in un primo tempo, che il livello del cambio sia deciso dal Consiglio europeo dei paesi mem- bri e, in un secondo tempo, attribuisce i poteri di intervento alla Banca centrale europea. Si noti che un analogo equivoco è già presen- te in molte legislazioni nazionali degli Stati membri dove, da un lato, è previsto un potere di decisione attribuito al governo, in merito alla definizione dei tassi di cambio e, successivamente, tale potere viene tacitamente delegato agli interventi della Banca centrale. Quale che sia l’organo preposto alla gestione dei cambi, il regime di fluttuazione sarà di tipo «sporco » (dirty floating), nel senso che ————————————— ²⁶ Cfr. Thygesen N., The Prospects for EMU by 1999 and Reflections on Arrangements for the Outsiders, Economic Policy Research Unit, Copenhagen, Business School, 1995. ²⁷ Cfr. De Grauwe P. - Spaventa L., La fissazione dei tassi di conversione per la terza fase dell’UME, in Moneta e Credito, n. 198, 1997. ²⁸ Cfr. Centre for Economic Policy Research (CEPR), Moneta unica europea, Bolo- gna, Il Mulino, 1997. ²⁹ Cfr. Padoa-Schioppa T., The Road to Monetary Union in Europe, Oxford, Clarendon Press, 1994; Maillet P., La politica economica in Europa dopo il 1993, Milano, Pirola editore, 1993. 33
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 sono previsti interventi correttivi degli andamenti spontanei del mer- cato dei cambi da parte delle autorità centrali europee, che utilizze- ranno a tal fine le riserve ufficiali che sono state loro trasferite dai sin- goli Stati nazionali membri. Tuttavia, per evitare equivoci la succitata contraddizione potrebbe essere risolta affidando al Consiglio dei capi di Stato esclusivamente la definizione del regime di cambio prescelto e delegando poi al Comitato esecutivo della Banca centrale europea piena autonomia nelle decisioni relative alla definizione delle manovre correttive delle quotazioni dell’euro. Il sistema mondiale dei cambi, in seguito all’accorpamento delle principali valute europee nell’euro, dovrebbe ridimensionarsi notevol- mente 30 e la speculazione si dovrebbe concentrare sulle valute europee che non hanno aderito alla moneta unica: a riprova di quanto detto, dopo la designazione dei paesi che aderiscono all’euro sin dalla prima fase, quelli tra loro che, per mancato adeguamento ai parametri di Maastricht o per scelta volontaria, non hanno aderito, sono poi stati costretti ad alzare i propri tassi d’interesse, per difendersi appunto dagli attacchi speculativi ostili. Per quanto riguarda, invece, l’esame di quelli che potranno essere i rapporti tra euro, dollaro e yen, esso sarà oggetto di studio nel para- grafo seguente. 4. I mercati valutari e l’euro La politica di cambio dell’euro, in particolare nei confronti del dolla- ro, ha un’estrema importanza non solo per la definizione del rapporto tra le valute delle due aree economiche mondiali più rilevanti, ma anche per la sua complementarità con la politica monetaria del- l’Unione economica e monetaria e, di conseguenza, con il rispetto del principio dell’assoluta stabilità monetaria che – come abbiamo già visto – la condiziona. Le possibili soluzioni sono soltanto tre 31: — perseguire una politica del cambio forte dell’euro, per facilitare il conseguimento della stabilità dei prezzi , ma a scapito della com- petitività delle esportazioni e conseguentemente della crescita eco- nomica dei paesi europei; — propendere per una politica del cambio debole, che finisca per sostenere le esportazioni europee, ma a costo di un’inflazione più elevata e conseguentemente di maggiori tassi d’interesse; — accettare un tasso di cambio stabile, che presuppone, tuttavia, un ————————————— ³⁰ Cfr. Kenen P. B. (a cura di), Making EMU Happen: Problems and Proposals. A Symposium, in Essays in International Finance, Princeton University, n. 199, 1996. ³¹ Cfr. Begg D. K. - Giavazzi F. - Wyplosz C., Options for the Future Exchange Rate Policy of the EMU, Bruxelles, CEPR e European Commission, 1997. 34
R. PANIZZA, LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI coordinamento tra la politica monetaria degli Stati Uniti e quella dell’Unione economica e monetaria europea. Su quella che sarà la soluzione da perseguire, si è sviluppato recen- temente un vivace dibattito, che ha visto di volta in volta esponenti di differenti scuole di pensiero sostenere una delle diverse ipotesi possi- bili, dietro le quali si nascondono interessi divergenti 32. Quello che gli operatori si chiedono è quale sarà il rapporto con il dollaro, e se convenga investire in quest’ultima moneta o nell’euro: è chiaro che, nessun esperto è in grado di dare oggi una risposta assolu- tamente certa, dato che questa implica la conoscenza di quelle che saranno le relazioni conflittuali o cooperative tra Stati Uniti e Unione economica e monetaria. L’unico dato certo è che il tasso di cambio dell’euro dovrebbe ricalcare l’attuale tasso tra dollaro ed ecu. Il partito dei sostenitori della debolezza dell’euro nei confronti del dollaro, guidato da Milton Friedman e dalla Scuola di Chicago 33, evi- denzia – a giustificazione della propria tesi – i seguenti tre motivi: — la politica della Banca centrale europea, per lo meno nella fase iniziale, sarà poco affidabile e, con tutta probabilità, poco indi- pendente dal condizionamento politico locale; — le previsioni per una politica accomodante sembrano le più reali- stiche e finiranno per prevalere; — sono troppo eterogenee le strutture europee, con paesi deboli – come l’Italia – poco dotati di risorse naturali, che finiranno per indebolire l’aggregato euro. Sempre per la Scuola di Chicago, in attesa che tutti questi dubbi vengano sciolti e che la Banca centrale europea conquisti, nel corso del tempo, i mercati con le proprie strategie, l’euro si dovrebbe mante- nere debole: gli Stati Uniti, inoltre, non avrebbero nessuna convenien- za a stare a guardare passivamente una eventuale rivalutazione del- l’euro, dato che una siffatta mossa potrebbe creare problemi molto seri al dollaro e soprattutto alle attività finanziarie espresse in questa valuta e detenute da investitori non statunitensi. A queste osservazioni critiche si aggiunge un altro rilievo eviden- ziato da altri studiosi che parlano di distacco dei cittadini dalla rivo- luzione in atto, che impedisce, per esempio, di dare una legittimazione popolare alla strategia della Banca centrale europea o alle decisioni della Commissione: questo, nel tempo, non può che condurre – sem- pre secondo questo orientamento di pensiero – all’indebolimento del- l’euro. Un secondo partito fonda, invece, le proprie attese di rivalutazione ————————————— ³² Cfr. Centro Europa Ricerche, Una politica monetaria per l’euro, Rapporto n. 6, Roma, 1997. ³³ Cfr. Friedman M., Ma all’Europa l’Ume non serve, in Il Sole-24 Ore, 2 settembre 1997. 35
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 dell’euro rispetto al dollaro, facendo leva sul fatto che i mercati regi- streranno un eccesso di domanda della nuova valuta 34 a scapito di quella americana, che si svaluterà di conseguenza: questa impostazio- ne fa fondamentalmente riferimento alla teoria della definizione del cambio in termini di scelte di portafoglio 35. Tra l’altro, tale imposta- zione si concilierebbe con l’interesse dell’Unione economica e mone- taria ad esordire con un euro forte, in grado di porsi quale unica alternativa al dollaro stesso, e con la volontà di una parte dell’ammi- nistrazione statunitense che vede positivamente la debolezza del dol- laro, come veicolo per accrescere la competitività delle loro esporta- zioni. Inoltre, se l’Europa dovesse cadere nella « trappola » rappresentata da un’aprioristica difesa del prestigio dell’euro sui mercati internazio- nali, la forza di quest’ultimo finirebbe per compromettere la competi- tività dei prodotti europei con il rischio di un grave indebolimento delle economie del vecchio continente, a tutto vantaggio degli Stati Uniti. Sempre per questo secondo orientamento di pensiero, l’euro avrebbe tutti i requisiti per essere una valuta protagonista sui mercati valutari mondiali e quindi per essere oggetto di una forte rivaluta- zione: — l’economia su cui domina è la più potente e stabile del mondo; — l’Unione economica e monetaria presenta conti con l’estero in attivo e non è condizionata, pertanto, dal cosiddetto vincolo este- ro, che condiziona invece l’economia statunitense 36; — i mercati finanziari dell’area dell’euro sono molto vasti, spessi, liquidi ed efficienti, e non esiste limitazione alcuna alla circolazio- ne dei capitali al loro interno. D’altra parte, il successo conseguito in termini di crescente stabi- lità già al solo annuncio del progetto di unificazione e i risultati ecce- zionali ottenuti dai diversi paesi europei nel processo di avvicinamen- to ai coefficienti imposti dal meccanismo di convergenza, hanno accresciuto la credibilità del progetto e offerto garanzie per il successo finale 37. In concreto, tuttavia, sono pochi gli operatori disposti – per lo ————————————— ³⁴ Cfr Masson P. R. - Turtelboom B. G., Characteristic of the Euro, the Demand for Reserves, and the Policy Coordination under EMU, in Masson P. R. - Krueger T. H. - Turtelboom B. G. (a cura di), EMU and the International Monetary System, Washington (DC), IMF, 1997. ³⁵ Cfr. McCauley R. N., The Euro and the Dollar, in Working Papers, Bank for International Settlements, n. 50, 1997. ³⁶ Cfr. Hung J. - Pigott C. - Rodrigues A., Financial Implication of the U.S. External Deficit, in Quarterly Review, Federal Reserve Bank of New York, v. 13-14, 1989. ³⁷ Cfr. alcuni degli interventi in Gedmin J. (a cura di), A Single European Currency?, Washington (DC), American Enterprise Institute, (DC) 1997. 36
R. PANIZZA, LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI meno nella fase iniziale – a scommettere su di un dollaro più debole dell’euro, anche se con quest’ultima valuta sarà finanziato oltre il 25 per cento degli scambi mondiali. Di fatto, come è stato detto più volte, il risultato finale di questo confronto dipende dal rapporto che finirà per instaurarsi tra l’econo- mia europea e quella statunitense 38, e dal grado di cooperazione tra le rispettive autorità monetarie 39. Attualmente l’economia degli Stati Uniti sta vivendo un lento ridimensionamento della vivace crescita che l’ha caratterizzata negli anni precedenti l’introduzione dell’euro, mentre quella europea sta faticosamente riprendendosi dalle conse- guenze negative degli interventi correttivi degli squilibri locali, che sono stati imposti dal Trattato di Maastricht. Questa partita, dunque, si giocherà tutta sul piano della politica monetaria, che presenta in questo periodo margini di elevata flessibi- lità negli Stati Uniti e di forte rigidità in Europa. Inoltre, prima che l’euro assuma definitivamente un ruolo di moneta internazionale, occorre che si confronti con il famoso « para- dosso» di Triffin, in base al quale solo se una moneta è forte, viene accettata sul piano mondiale, ma questo avviene a condizione che la moneta circoli diffusamente e ciò è possibile solo se esiste una forte disponibilità della valuta stessa fuori dal paese d’origine e, quindi, se si sono registrati nel passato forti disavanzi della sua bilancia dei pagamenti. Una moneta forte, ma che non abbia circolazione esterna rispetto all’area all’interno della quale è emessa, non può aspirare ad assurge- re al ruolo di moneta internazionale. E, per il momento, questo è il caso dell’euro. Rimane l’ultimo punto da affrontare, ed è quello relativo al rap- porto di cambio tra euro e yen. Anche in questo caso gli equilibri sono interagenti con quanto accade al cambio con il dollaro e con le vicende delle tre aree economiche più importanti del mondo: Europa, Stati Uniti e Giappone 40. Con tutta probabilità il Giappone e i paesi del Sud-est asiatico si riprenderanno dagli shock finanziari che hanno condizionato le loro economie tra il 1997 e il 1998 e – grazie alla debolezza delle loro valu- ————————————— ³⁸ Cfr. Masson P. R. - Krueger T. H. - Turtelboom B. G. (a cura di), Emu, and the International Monetary System, Washington (DC), International Monetary Fund, 1997. ³⁹ Cfr. Buiter W. H. - Corsetti G. M. - Pesenti P. A., Financial Markets and International Monetary Cooperation: The Lessons of the 92-93 ERM Crisis, Cambridge (UK), Cambridge University Press, 1998. ⁴⁰ Cfr. Hamada K., Comment on Yen Bloc or Dollar Bloc?, in Takatoshi I. - Krueger A. O. (a cura di), Macroeconomic Linkage: Savings, Exchange Rates, and Capital Flows, Chicago, University of Chicago Press, 1994; McKinnon R. I. - Ohno K. (a cura di), Dollar and Yen: Resolving Economic Conflict between the United States and Japan, Cambridge (Mass.), MIT press, 1997. 37
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/98 te – la competitività delle loro esportazioni dovrebbe assicurare una solida ripresa. Nonostante i sistemi finanziari locali siano inefficienti, non tra- sparenti e non sottoposti ad una adeguata azione di vigilanza, e nonostante la vulnerabilità delle imprese in termini di reperimento di risorse finanziarie, la struttura produttiva è tecnologicamente adegua- ta, con una vocazione all’innovazione sia di prodotto sia di processo e con una organizzazione a rete che consente la rapida diffusione delle informazioni: c’è da augurarsi, per la stabilità dell’intera economia mondiale, che le prerogative reali finiscano per prevalere su quelle finanziarie. Di conseguenza, le quotazioni dello yen dovrebbero riprendersi, sia rispetto al dollaro, sia conseguentemente anche rispet- to all’euro. In conclusione, se dobbiamo pronosticare che cosa accadrà tra le due principali monete, e precisamente dollaro ed euro, è probabile che esse siano sottoposte, l’una nei confronti dell’altra, a processi alterna- tivi e ciclici di rafforzamento ed indebolimento, all’interno dei quali la speculazione avrà scarse possibilità di modificare gli andamenti di base, ma potrà conseguire ingenti guadagni attraverso operazioni di trading (acquisto quando i prezzi di una delle due valute sono bassi e vendita nel caso contrario), che dovrebbero contribuire – a differenza di quanto succede abitualmente – a stabilizzare i mercati stessi. 5. Conclusioni L’avvento dell’euro darà certamente vita ad un contesto inedito per l’Europa che dovrebbe contribuire, oltre ad intensificare le condizioni della concorrenza, ad accelerare quei radicali processi di cambiamen- to sui mercati finanziari già in atto – indipendentemente dalle decisio- ni europee – già da qualche tempo. Le tendenze più significative, che interessano il settore della finan- za, sono essenzialmente le seguenti: — una crescente competizione, da parte di mercati e intermediari, nell’offrire servizi finanziari, che ha finito per spiazzare soprattut- to quegli intermediari bancari che non hanno saputo adeguarsi in tempo alla nuova realtà e che, di conseguenza, sono stati espulsi dal mercato; — una incontrollabile instabilità nell’offerta internazionale di capita- li – soprattutto a breve termine – che affluendo o defluendo senza alcun controllo da paesi o aree, tendono a destabilizzare forte- mente l’economia mondiale; — una radicale sostituzione delle istituzioni delegate a gestire elevate quote di risparmio, soprattutto in seguito alle crisi dei sistemi pre- videnziali pubblici, con il progressivo prevalere dei cosiddetti inve- stitori istituzionali, come i fondi pensione: questi ultimi, se è vero che contribuiscono a stabilizzare le quotazioni nel caso di lievi oscillazioni, rischiano di destabilizzare totalmente il sistema in 38
R. PANIZZA, LE RIPERCUSSIONI DELL’EURO SUI MERCATI FINANZIARI E VALUTARI caso di crisi più gravi che coinvolgano i mercati mobiliari, avendo privilegiato l’investimento azionario, soprattutto per gli impieghi di lungo periodo; — una netta separazione tra momento produttivo e momento distri- butivo delle attività finanziarie, con il primo che impone una cre- scente specializzazione da parte di operatori, sempre più ridotti nel numero e che operano per l’intera area dell’euro, mentre il secondo – quello distributivo – viene delegato ad un altro tipo di operatori, più radicati nelle diverse realtà territoriali. Questi radicali cambiamenti, pur così diversi tra loro, contribui- scono tutti insieme, da un lato ad accrescere l’instabilità del sistema nel suo complesso e, dall’altro, a rendere sempre più difficile per le autorità definire il meccanismo di trasmissione della politica moneta- ria e – soprattutto per i paesi più piccoli – di fissare in modo indipen- dente ed autonomo le linee della politica economica nel suo com- plesso. Il ruolo crescente dei mercati finanziari, a seguito dell’introduzio- ne dell’euro, oltre ad insidiare le posizioni detenute dagli intermediari bancari fino ad ora – con la scomparsa di quelli che non sono stati in grado di adeguarsi a siffatti radicali cambiamenti – ha accresciuto la vulnerabilità del sistema. Proprio per queste ragioni, la Banca dei regolamenti internazionali, nella relazione presentata nella primavera del 1998, ha invitato a rifuggire da acritiche esaltazioni del crescente processo di affermazione dei mercati in alternativa alla tradizionale intermediazione bancaria. La Banca suggerisce un atteggiamento di umiltà a fronte degli eccessivi entusiasmi verso la deregolamentazione «selvaggia» dell’attività finanziaria, divenuta di moda a partire dalla fine degli anni Ottanta. Questi inviti alla prudenza, contro una aprioristica ed eccessiva fiducia nelle capacità autoregolanti del mercato, suona anche come monito alla nascente Banca centrale europea, contro un semplicistico atteggiamento che fondi le soluzioni di tutti i problemi in una totale deregolamentazione dei mercati. Occorre che la nuova istituzione sap- pia coniugare in modo adeguato l’esigenza di efficienza con quella di stabilità di lungo periodo del sistema finanziario europeo. Si tratta di una svolta epocale: questo monito alla prudenza è una assoluta novità in una realtà che si era sino ad ora abbandonata alla convin- zione dell’onnipotenza dei meccanismi autoregolatori dei mercati. Occorre, dunque, che la Banca centrale europea faccia tesoro di que- sti insegnamenti e non si abbandoni a facili entusiasmi di certe mode. 39
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