IL NICHILISMO DELL'UNIONE EUROPEA - Diego Fusaro - Silvio Bolognini - Armando Editore

Pagina creata da Ilaria Mori
 
CONTINUA A LEGGERE
Diego Fusaro – Silvio Bolognini

                         IL NICHILISMO
                     DELL’UNIONE EUROPEA

                                                           ARMANDO
                                                            EDITORE

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 3       21/06/19 09:20
Sommario

                  Parte prima                                                             9
                  Diego Fusaro

                  L’ideologia europeista. O della normalizzazione                        11
                  dell’inimmaginabile
                      1. Il nichilismo dell’Unione Europea                               11
                      2. Una “rivoluzione passiva” gestita dall’alto                     13
                      3. Libera circolazione: l’Europa del capitale                      17
                      4. Post-democrazia e cesarismo finanziario                         23
                      5. Sempre a sud di qualcun altro. La “quistione meridionale”       27
                      6. Irriformabilità strutturale. Critica della ragione europeista   30
                      7. Inimicizia tra UE e carte costituzionali                        39
                      8. L’unione delle classi dominanti europee                         43
                      9. La profezia di Lenin                                            50
                      10. Una tecnocrazia efficiente, repressiva e post-democratica      54
                      11. La mondializzazione del Vecchio Continente                     59
                      12. Stato minimo e deregolamentazione                              62
                      13. L’euro, moneta privata e transnazionale                        66

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 5                              21/06/19 09:20
14. “Più Europa”: le mot d’ordre dei tecnocrati di Bruxelles            72
                      15. Il Manifesto di Ventotene e la metamorfosi globalista               77
                         delle sinistre
                      16. “Cedere la sovranità”: autocrazia dell’economico sovranazionale 85
                      17. Di male in peggio. L’Italia dopo il 1989                            91
                      18. Estremismo di centro e trionfo del modello liberal                  95
                      19. A destra come a sinistra. Il partito unico dell’eurocapitalismo 100
                      20. Il panfilo Britannia e la privatizzazione globalista dell’Italia   105
                      21. I colonnelli dell’economia: il colpo di Stato finanziario del 2011 109
                      22. Gli oratores e la “bestia selvatica” del mercato globale           114
                      23. Apologetica indiretta del globalismo europeista                    122
                      24. Uno sguardo all’area post-sovietica                                127
                      25. Sovranità e democrazia. Per invertire la rotta                     133

                  Parte seconda                                                              141
                  Silvio Bolognini

                  Capitolo primo
                  Il “nuovo” paradigma di sviluppo dominante,           143
                  la sua implementazione nel disegno europeista
                  e l’utilizzo strumentale del sub paradigma smart city

                  Capitolo secondo
                  Il processo di svuotamento di potere degli stati sovrani 155
                  e la governance multilivello; i meccanismi e l’apparato
                  strumentale del sistema

                  Capitolo terzo
                  L’evoluzione umanisticamente orientata                                     167
                  – o presuntivamente tale – della smart city

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 6                                   21/06/19 09:20
Capitolo quarto
                  Lo strumentario tecnico che disciplina                  188
                   il mainstreaming: il sistema autoreferenziale
                  e prescrittivo degli indicatori

                  Capitolo quinto
                  Le formule alternative, non istituzionalizzate,         201
                  di governance: riconducibilità al paradigma di sviluppo
                  dominante e potenziali valenze antisistemiche

                  Capitolo sesto
                  L’impatto “verticale” dello smart thinking sul policy 224
                  making e le implicazioni sulla vita individuale: scenari
                  attuali e scenari possibili

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 7                21/06/19 09:20
Parte prima
                  Diego Fusaro

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 9   21/06/19 09:20
L’ideologia europeista. O della normalizzazione
                  dell’inimmaginabile

                                             “Il più grande avvenimento recente – che Dio è morto, che
                                             la fede nel Dio cristiano è divenuta inaccettabile – comincia
                                             a gettare le sue prime ombre sull’Europa”.
                                             (F. Nietzsche, La gaia scienza)

                                             “Il mondo nuovo è un unico campo di concentramento che
                                             si crede un paradiso, non essendoci nulla da contrapporgli”.
                                             (T.W. Adorno, Prismi)

                                             “Apriti sesamo: vorrei uscire!”.
                                             (S. Jerzy Lec, Pensieri spettinati)

                  1. Il nichilismo dell’Unione Europea

                      Nel 1940, Martin Heidegger tenne un celebre ciclo di lezioni che,
                  destinate a sfociare nel monumentale studio su Nietzsche, vennero pub-
                  blicate con l’evocativo titolo di Der europäische Nihilismus, Il nichili-
                  smo europeo1.
                      Sulla scorta di un Nietzsche riletto in chiave ontologica come Vol-
                  lendung, come “compimento” tecnocapitalistico della metafisica e del
                      1 M. Heidegger, Der europäische Nihilismus, 1961; tr. it. a cura di F. Volpi, Il nichilismo

                  europeo, Adelphi, Milano 20103, pp. 167-242. Si veda la raccolta di W. Müller-Lauter pbbli-
                  cata in italiano con il titolo di Volontà di potenza e nichilismo: Nietzsche e Heidegger, a cura
                  di C. La Rocca, Parnaso, Trieste 1998.

                                                                                                              11

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 11                                                    21/06/19 09:20
suo “oblio dell’essere” (Seinsvergessenheit), Heidegger individuava
                  nel nichilismo l’ombra segreta dell’avventura storica dell’Europa, il
                  suo cuore di tenebra destinato a mostrarsi appieno solo nel momento
                  culminante di quella storia.
                      Con le profetiche parole di Nietzsche: “il più grande avvenimento
                  recente – che Dio è morto, che la fede nel Dio cristiano è divenuta inac-
                  cettabile – comincia a gettare le sue prime ombre sull’Europa”2.
                      Rispetto al tempo in cui scriveva Nietzsche, quelle ombre fanta-
                  smatiche si sono oggi tramutate in realtà concretissima, a tal punto che
                  il nichilismo, divenuto ubiquitario, ha informato di sé ogni atomo del
                  mondo sussunto sotto la globalizzazione dei mercati e sotto il nuovo
                  ordine post-nazionale europeo.
                      Più del comunismo di Marx, era il nichilismo di Nietzsche lo spet-
                  tro che si aggirava clandestinamente tra le regioni europee nel secolo
                  XIX: provenendo da distante, esso era prossimo a realizzarsi nel nuo-
                  vo quadro di un’Europa interamente tecnicizzata e affidata al calcolo
                  senza pensiero, svuotata dei suoi valori storici e ormai vocata in forma
                  esclusiva al valore di scambio, al mito della crescita quantitativa e alla
                  déraison de la raison économique3. È l’apoteosi del più macabro “pa-
                  neconomismo utilitarista”4, come l’ha etichettato Serge Latouche.
                      Né Heidegger, né Nietzsche, forse, avrebbero potuto immaginare
                  che il nichilismo europeo si istituzionalizzasse e assumesse la forma di
                  quella civilissima barbarie che si presenta oggi con il nome seducente
                  di Unione Europea5.
                      Per chi si sappia avventurare al di là del vitreo teatro delle grandi
                  narrazioni, essa sempre più si presenta come una tecnocrazia repressi-
                  va ed efficiente, costruita sul nulla e, per ciò stesso, figurante come la
                  negazione della storia della civiltà europea. È la Vollendung del nichili-
                  smo occidentale, elevato al nobilitante rango di istituzione a cui i popoli
                  d’Europa debbono tributare il loro culto ossequioso.

                     2 F. Nietzsche, Die fröhliche Wissenschaft, 1882; tr. it. La gaia scienza, in Id., Opere, V, 3,

                  Adelphi, Milano 1965, § 343, p. 204.
                     3 S. Latouche, La Déraison de la raison économique, Albin, Paris 2001.
                     4 Id., L’invention de l’économie, 2005; tr. it. L’invenzione dell’economia, Bollati Boringhieri,

                  Torino 2010, p. 204.
                     5 Si veda l’interessante studio di R. Esposito, Da fuori. Una filosofia per l’Europa,

                  Einaudi, Torino 2016.

                  12

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 12                                                       21/06/19 09:20
La recente pubblicazione dei Quaderni neri di Heidegger ci ha re-
                  stituito, oltre alla tediosa quanto superficiale “chiacchiera” (Gerede)
                  giornalistica sulla vita del filosofo, una chiara idea di quanto il filoso-
                  fo di Meßkirch fosse consapevole del destino incombente sulla civiltà
                  europea: “l’Europa in quanto un unico ‘ufficio’”6, egli scrive icastica-
                  mente in un passaggio dei Quaderni neri, perfettamente adombrando
                  l’essenza grigia del tecnonichilismo oggi divenuto essenza ovunque
                  riscontrabile dell’Unione Europea.
                      In effetti, l’Unione Europea si presenta oggi come un “unico uffi-
                  cio” adibito al pensiero calcolante e dimentico del pensiero meditante:
                  un “unico ufficio” nel quale i mezzi hanno preso il sopravvento sui fini
                  e nei cui spazi può dirsi compiuto il Tod Gottes, la “morte di Dio” pre-
                  conizzata da Nietzsche.
                      Secondo il dettato della Gaia scienza (§ 125), l’annuncio dell’uo-
                  mo folle – Gott ist tot! – viene pronunziato in quel luogo tutto fuorché
                  neutro che è il mercato: Dio muore nella società di mercato, ove cioè
                  ogni valore sia ucciso in nome del valore di scambio. E che altro è, in
                  fondo, l’Unione Europea se non un “unico ufficio”, un’unica “banca” e
                  un unico sistema di dominio tecnico, che uccide la vita dei popoli eu-
                  ropei e che segna l’apoteosi del nudo calcolo e della volontà di potenza
                  infinitamente autopotenziantesi?

                  2. Una “rivoluzione passiva” gestita dall’alto

                      Come abbiamo cercato di chiarire in Europa e capitalismo, l’odierna
                  Unione Europea deve essere intesa come il compimento, nel vecchio con-
                  tinente, del “capitalismo assoluto”, l’epoca del fanatismo dell’economia,
                  del monoteismo del mercato e degli économistes contre la démocratie7.
                      Il capitale è oggi assoluto perché è “sciolto da” (ab-solutus) ogni
                  limite residuo, da ogni freno in grado di limitarne lo sviluppo. A partire
                  dal 1968 – mito fondativo di un capitalismo post-borghese –, si mette
                  in congedo la cultura borghese, la sua sfera valoriale (etica, culturale,
                  religiosa) incompatibile con l’estensione illimitata della forma merce.
                      6 M. Heidegger, Anmerkungen I-V (Schwarze Hefte 1942-1948); tr. it. Quaderni neri. Note

                  I-V, 1942-1948, Bompiani, Milano 2018, p. 11.
                      7 J. Sapir, Les économistes contre la démocratie. Les économistes et la politique économi-

                  que entre pouvoir, mondialisation et démocratie, Albin Michel, Paris, 2002.

                                                                                                            13

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 13                                                  21/06/19 09:20
Si è, così, imposta una spoliticizzazione dell’economia che è, poi,
                  l’altra faccia dell’economicizzazione della politica: la gelida gestione
                  tecnico-amministrativa del sociale e la governamentalizzazione biopo-
                  litica della nuda vita spodestano la decisione politica della comunità
                  sovrana. La ratio oeconomica della teologia mercatistica non accetta
                  altre ragioni, compresa quella del politico.
                       Disgiungere l’economia dalla politica – il sogno realizzato del neo-
                  liberismo oggi trionfante – significa sottrarre la prima agli interventi re-
                  golatori della seconda, neutralizzando quest’ultima e favorendo il pieno
                  dispiegamento dell’odierna situazione mondiale, in cui di sovrano vi è
                  solo il mercato.
                       Secondo quanto già teorizzato da Luigi Einaudi, “il frutto spirituale
                  immateriale più alto dell’economia di mercato è quello di sottrarre l’e-
                  conomia alla politica”8: habent sua fata verba. Per impiegare il lessico
                  di Ulrick Beck, gli “spazi d’azione cosmopolitizzati”9 sono intrinseca-
                  mente “spazi non istituzionalizzati in un quadro nazionale”10 e, dunque,
                  tali da sfuggire alla presa normante del politico.
                       Il costituirsi dell’odierna Unione Europea deve, in questa prospet-
                  tiva, essere inquadrato come un caso paradigmatico di “rivoluzione
                  passiva”11 nell’accezione gramsciana.
                       Sulla scia dei Quaderni del carcere, si può con diritto parlare di “ri-
                  voluzione passiva”, allorché si produce, tra le trame dell’accadere sto-
                  rico, un assestamento e un potenziamento del dominio dei dominanti:
                  ossia, allorché il pur tellurico mutamento, lungi dal “fare epoca” e dal
                  segnare il transito a un diverso modo della produzione, figura come un
                  “durare” del medesimo, vuoi anche come un “prolungamento organico”
                  della stessa organizzazione del Produzieren.
                       Come è noto, il concetto di “rivoluzione passiva”12 svolge un ruolo
                  fondamentale nel “sistema in movimento”13 dei Quaderni del carcere.

                     8 L. Einaudi, Economia di concorrenza e capitalismo storico. La terza via fra i secoli XVIII

                  e XIX, in “Rivista di storia economica”, VII, n. 2 (1942), pp. 49-72.
                     9 U. Beck, The Metamorphosis of the World, 2016; tr. it. La metamorfosi del mondo,

                  Laterza, Roma 2017, p. 14.
                     10 Ivi, p. 15.
                     11 Ci permettiamo di rinviare al nostro Antonio Gramsci. La passione di essere nel mondo,

                  Feltrinelli, Milano 2015.
                     12 Si veda J. Mena, El concepto de Revolucíon Pasiva: una lectura a los “Cuadernos de la

                  Cárcel”, Universidad Autónoma de Puebla, Puebla 1984.
                     13 Cfr. A. Burgio, Gramsci. Il sistema in movimento, Deriveapprodi, Roma 2014.

                  14

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 14                                                   21/06/19 09:20
Gramsci mutua l’espressione “rivoluzione passiva” da Cuoco, che l’a-
                  veva impiegata in riferimento alla rivoluzione partenopea del 1799,
                  svoltasi sotto l’egida dei nobili e degli aristocratici, senza partecipazio-
                  ne contadina.
                       In riferimento alla vicenda partenopea delineata da Cuoco, Gramsci
                  allude, con la formula “rivoluzione passiva”, a quei fenomeni di profon-
                  do mutamento economico, sociale, politico e culturale diretto e gestito
                  dalle classi dominanti (ad esempio, l’aristocrazia nel Risorgimento),
                  subito passivamente da quelle dominate e determinante un adeguamen-
                  to passivo della mentalità e dei costumi delle masse.
                       In che senso si può, dunque, parlare – con Gramsci, oltre Gramsci –
                  di rivoluzione passiva in riferimento all’odierna Unione Europea? Lun-
                  gi dal realizzare il sogno husserliano del compimento del telos occiden-
                  tale o quello kantiano del foedus pacificum e dell’attuazione di rapporti
                  tra popoli liberi e uguali, la creazione dell’Unione Europea ha posto in
                  essere il più perverso rovesciamento di quel nobile ideale.
                       In estrema sintesi, l’Unione Europea corrisponde, appunto, a una
                  “rivoluzione passiva” con cui le classi dominanti, dopo il 1989, hanno
                  stabilizzato il nesso di forza capitalistico, rimuovendo la potenza che
                  ancora in parte, sia pure in forme non esenti da contraddizioni, lo con-
                  trastava (lo Stato sovrano, con primato del politico sull’economico, con
                  spazi di pur perfettibile democrazia e con compromesso keynesiano tra
                  Stato e mercato14). Proprio come il fascismo e l’americanismo studia-
                  ti dai Quaderni del carcere, anche la rivoluzione passiva dell’Unione
                  Europea “fa durare” il presente, impedendo al nuovo di sorgere e al
                  vecchio di tramontare15.
                       Si è trattato, gramscianamente, di una rivoluzione passiva anche per
                  il fatto che, al pari di quella risorgimentale, la nascita dell’Unione Euro-
                  pea non ha visto l’attiva partecipazione delle classi subalterne.
                       Di più, è stata attuata apertamente ai danni di queste ultime, non
                  più rappresentate politicamente e, di più, nemmeno interpellate circa la
                  possibilità di entrare nel “sistema Europa”. La creazione dell’Unione
                  Europea ha provveduto a esautorare l’egemonia del politico, aprendo
                  la strada all’irresistibile ciclo delle privatizzazioni e dei tagli alla spe-
                      14 Si veda G. Leghissa, Neoliberalismo. Un’introduzione critica, Mimesis, Milano 2012,

                  p. 117.
                      15 Cfr. A. Burgio, Gramsci storico. Una lettura dei “Quaderni del carcere”, Laterza,

                  Roma-Bari 2003.

                                                                                                        15

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 15                                              21/06/19 09:20
sa pubblica, della precarizzazione forzata del lavoro e della riduzione
                  sempre più netta dei diritti sociali, imponendo la violenza economica ai
                  danni dei subalterni e dei popoli economicamente più deboli16.
                      La neutralizzazione della volontà – direbbe Gramsci – “nazionale-
                  popolare” e di quel pur contraddittorio primato della politica sull’eco-
                  nomia tipico dello Stato sovrano e dello jus publicum europaeum ha
                  costituito un passaggio obbligato per la spoliticizzazione dell’economia
                  e per l’imporsi dell’odierna dittatura del “finanz-capitalismo”17, come
                  ebbe a qualificarlo Luciano Gallino.
                      Come è stato recentemente mostrato in La nouvelle raison du monde
                  da Pierre Dardot e Christian Laval18, la corsa alla competitività illimita-
                  ta e – foucaultianamente – la “governamentalizzazione” in senso neoli-
                  berale costituiscono, a tutti gli effetti, la cifra dell’epoca post-1989: ciò
                  trova la propria più lampante incarnazione nei princìpi della Costitu-
                  zione Europea, che è formalizzazione della “nuova ragione del mondo”
                  neoliberale19.
                      In particolare, come sappiamo, l’Unione Europea si fonda sulla
                  competizione tra le economie europee e, insieme, sulla moneta unica
                  gestita da una banca centrale che è garante della stabilità dei prezzi.
                  Questo permette a ogni Paese europeo di praticare il dumping fiscale
                  più spietato per attirare a sé le multinazionali e i contribuenti più fa-
                  coltosi, abbassando sempre di più i salari e il livello della previdenza
                  sociale, i costi della produzione e gli stessi diritti sociali20.
                      Ne seguono due conseguenze che sono ante oculos omnium e che,
                  lungi dall’essere patologie transeunti, discendono strutturalmente
                  dai fondamenti sui quali è stata edificata l’Unione Europea: la delo-
                  calizzazione e la riduzione della spesa pubblica (sanità e istruzione
                  in primis).

                      16 Cfr. A. Bagnai, Il tramonto dell’euro. Come e perché la fine della moneta unica salve-

                  rebbe democrazia e benessere in Europa, Imprimatur, Reggio Emilia 2012; M. Badiale e F.
                  Tringali, La trappola dell’euro. La crisi, le cause, le conseguenze, la via d’uscita, Asterios,
                  Trieste 2012.
                      17 Cfr. L. Gallino, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Einaudi, Torino 2011.
                      18 P. Dardot e C. Laval, La nouvelle raison du monde. Essai sur la société néolibérale,

                  2009; tr. it. a cura di P. Napoli, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoli-
                  berista, DeriveApprodi, Roma 2013.
                      19 Ivi, pp. 20-21.
                      20 A. Hinarejos Parga, The Euro Area Crisis in Constitutional Perspective, Oxford

                  University Press, Oxford 2015.

                  16

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 16                                                    21/06/19 09:20
In quest’ottica, acquista un senso specifico la frase pronunziata da uno
                  dei massimi fiduciari dei mercati apolidi, Mario Monti, in un’intervista
                  del 26 settembre 2011: “la Grecia è il più grande successo dell’euro”,
                  essendo quest’ultimo non una semplice moneta, ma un preciso metodo di
                  governo teso ad applicare le politiche neoliberiste21. Il nesso tra eurozona
                  e liberismo è a tal punto saldo ed evidente che si potrebbe, sulle orme di
                  Sapir, impiegare direttamente la formula eurolibéralisme22.
                      La competitività diventa il principio regolatore, quando non l’ideale
                  stesso dell’Unione Europea23: i valori della cultura europea, le sue radici
                  spirituali, finiscono per essere ridimensionate, quando non completamen-
                  te omesse, sostituite dagli ideali della competitività e del fiscal compact.
                      Per questa via, come ancora suggerito da Dardot e Laval24, la nor-
                  ma neoliberista si estende a tutti i paesi dell’Unione Europea e a tutte
                  le aree dell’esistenza, guadagnando territori che tradizionalmente era-
                  no sottratti alla sua presa. Si crea, in tal guisa, uno spietato calo della
                  domanda, nell’illusione di un’offerta più competitiva, e viene posta in
                  essere la concorrenza generalizzata tra i salariati europei e nel mondo,
                  con annesse deflazione salariale e accentuazione delle disuguaglianze.
                  In ciò risiede, appunto, “il miraggio di fondare l’Europa politica sul
                  successo economico e la prosperità materiale”25, su cui si fonda il tra-
                  gico errore di costituzionalizzare le norme della stabilità del bilancio e
                  della concorrenza.

                  3. Libera circolazione: l’Europa del capitale

                      Che l’Unione Europea, fin dal Trattato di Maastricht (1992), sorga
                  come “rivoluzione passiva” con cui il nesso di forza capitalistico rinsal-
                  da se stesso nell’epoca post-1989 affiora limpidamente se si considera-
                  no, sulla scia di Dardot e Laval26, quelli che, a ben vedere, sono i suoi
                  tre princìpi fondamentali: a) la costituzionalizzazione della concorrenza

                     21 Cfr. A.  Bagnai, Il tramonto dell’euro, cit., pp. 55-62.
                     22 Cfr. J. Sapir, La fin de l’eurolibéralisme, Seuil, Paris 2006.
                     23 Si veda A. Casiccia, I paradossi della società competitiva, Mimesis, Milano 2011.
                     24 Cfr. P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoli-

                  berista, cit., pp. 213 ss.
                     25 Ivi, p. 23.
                     26 Ibidem.

                                                                                                           17

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 17                                                 21/06/19 09:20
e del pareggio di bilancio; b) il federalismo esecutivo, che consacra il
                  primato dell’intergovernamentale; c) il passaggio in secondo piano dei
                  diritti sociali, ciò che invece era garantito dalla pur contraddittoria pre-
                  senza dello Stato nazionale dello jus publicum europaeum.
                      Al cospetto di questa evidente struttura neoliberale, l’ideologia eu-
                  ropea sempre di nuovo impiega l’ideale dell’Europa per occultare e le-
                  gittimare la realtà presente, che di quell’ideale è, appunto, la negazione.
                      L’odierna Unione Europea, da questo punto di vista, rappresenta il
                  paradosso di un’Europa che nega se stessa e la propria storia, neutraliz-
                  zando i propri valori e i propri ideali sull’altare della norma del pareg-
                  gio di bilancio e della competitività; norma che, lungi dal produrre una
                  confederazione tra Stati fratelli e democratici, genera nuove asimmetrie
                  che pongono in essere conflittualità di tipo economico analoghe, entro
                  certi limiti, a quelle politico-militari del Novecento.
                      Si pensi anche solo all’odierno rapporto asimmetrico e conflittuale
                  tra la Grecia di Tsipras e la Germania della Merkel27: senza esagerazio-
                  ni, è riuscito, in termini economici, al regime neoliberista ciò che non
                  era riuscito – in termini militari – al fascismo di Mussolini, “spezzare
                  le reni alla Grecia”.
                      Alla luce di queste considerazioni, si può sostenere, ancora con Dar-
                  dot e Laval, che “la crisi dell’Europa è una crisi dei suoi princìpi”28, non
                  certo di alcune sue specificità generali e, per così dire, secondarie. Sic-
                  ché, se si dessero possibilità concrete per riformare l’Europa in corso
                  d’opera, sarebbe opportuno adoperarsi per tradurle in atto. E, tuttavia,
                  tali possibilità non vi sono, giacché il problema è negli stessi princìpi
                  dell’Unione Europea.
                      Infatti, le oligarchie cosmomercatistiche che governano l’Unione
                  Europea hanno assunto come progetto di riferimento non certo il sogno
                  di Erasmo o di Spinelli, né il foedus pacificum kantiano e il telos hus-
                  serliano, bensì il processo di governamentalizzazione neoliberista, che
                  di quel nobile sogno è il pervertimento.
                      Storicamente – e vi torneremo – l’Europa esiste come arcipelago di
                  differenze29, e dunque in quella ricchezza irriducibile delle tradizioni,

                       27   Cfr. A. Bagnai, Il tramonto dell’euro, cit., pp. 32 ss.
                       28 P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoliberista,

                  cit., p. 23.
                       29 Questa tesi è ampiamente sviluppata, sia pure con esiti non sempre condivisibili, in M.

                  Cacciari, L’arcipelago, Adelphi, Milano 1997.

                  18

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 18                                                     21/06/19 09:20
delle lingue e delle culture in virtù della quale gli italiani e i francesi, i
                  tedeschi e gli spagnoli, i portoghesi e i greci sono europei senza dover
                  rinunciare alle proprie specificità.
                      È l’esatto contrario della tendenza oggi imperante nell’Unione Eu-
                  ropea, nella sua aspirazione all’annichilimento di ogni differenza e
                  nell’imposizione dell’unico modello della crescita, della competitività
                  e del libero mercato. L’ideale di un’Europa di Stati nazionali demo-
                  cratizzati, liberi e uguali, in cui siano rispettate le culture e le tradizio-
                  ni nazionali, le comunità etniche e religiose, è reso impossibile dalla
                  finanziarizzazione del vecchio continente, dall’imposizione della sola
                  cultura anglofona del mercato e dalla sottomissione dei popoli sovrani
                  al volere della “nuova ragione del mondo” neoliberista.
                      In questo senso, diventa possibile sostenere, una volta di più, che
                  “non è il tetto di ‘casa Europa’ che è troppo fragile, sono le fondamenta
                  che cadono a pezzi”30: di qui la necessità di rifondare l’Europa, dotan-
                  dola di nuove fondamenta rispetto a quelle odierne.
                      Si tratta, cioè, di rifare ex novo l’Europa, a partire dalla politica e
                  dalla cultura, e non dalla “cattiva unificazione” monetaria, con la quale
                  si sono poste sullo stesso livello, tramite l’eurozona, economie diffe-
                  renziate e impossibilitate a stare tra loro sullo stesso piano (da cui le già
                  evocate asimmetrie che pongono la Grecia e i Paesi dell’area mediterra-
                  nea in una posizione di completa subalternità rispetto alla Germania31).
                  L’errore capitale è stato quello – coerente con il programma neoliberista
                  – di fondare l’Unione Europea sull’economia: là dove l’unificazione
                  economica dovrebbe costituire il compimento della già avvenuta uni-
                  ficazione politica, in grado di garantire libertà e uguaglianza, diritti e
                  democrazia, cioè un’economia rispettosa dei popoli e dei diritti32.
                      Si può, davvero, sostenere che l’Unione Europea è sorta su queste
                  basi e costituisce, gramscianamente, una rivoluzione passiva? Ascol-
                  tiamo quanto sostenuto da Frits Bolkestein, responsabile del mercato
                  interno e della fiscalità della Commissione Europea33. Nella conferenza

                       30 P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoliberista,

                  cit., p. 23.
                       31 Cfr. A. Somma, Europa a due velocità, Imprimatur, Reggio Emilia 2017.
                       32 Si veda M. Badiale e F. Tringali, La trappola dell’euro. La crisi, le cause, le conseguen-

                  ze, la via d’uscita, cit., pp. 15-22.
                       33 P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoliberista,

                  cit., p. 344.

                                                                                                                19

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 19                                                      21/06/19 09:20
presso l’Istituto Walter-Eucken a Freiburg del 10 luglio del 2000, pro-
                  grammaticamente intitolata Costruire l’Europa liberale del XXI secolo,
                  egli ha sostenuto:

                        In una visione dell’Europa di domani, l’idea di libertà come la difende-
                        va Eucken deve occupare di certo una posizione centrale. Nella pratica
                        europea, l’idea è concretizzata dalle quattro libertà del mercato interno,
                        ovvero la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e del
                        capitale34.

                      A dire di Bolkestein, l’ideale dell’Europa unita coinciderebbe con la
                  libertà di spostamento delle persone e dei beni, del capitale e dei servi-
                  zi: ciò che, appunto, rispecchia il sogno della governamentalizzazione
                  neoliberale e del suo perseguimento dell’ideale della competitività sen-
                  za impedimenti, senza limiti e senza i “lacci e lacciuoli” dello Stato e
                  della politica35.
                      Non vi è riferimento allo spirito europeo e alla cultura, all’idea di
                  una costituzione europea. La libertà viene certamente evocata come va-
                  lore, ma nella forma specifica ed esclusiva della libertà di scambio e di
                  consumo, di acquisto e di circolazione36.
                      Richiamandosi a Eucken e all’ordoliberalismo, Bolkestein soste-
                  neva, poi, che erano quattro i punti da attuare nell’Unione Europea,
                  assumendoli, de facto, come ideali di riferimento37: a) flessibilizzare
                  i salari e i prezzi tramite riforme del lavoro; b) riformare le pensioni
                  con incentivazione del risparmio individuale; c) promuovere lo spirito
                  d’impresa; d) difendere la civiltà come libero consorzio umano retto sul
                  libero mercato.
                      Perché questa rivoluzione passiva potesse compiersi, era necessario
                  produrre un’integrale spoliticizzazione dell’economia38. Per questo, è
                  del tutto contraddittorio sostenere che l’odierna Unione Europea potrà
                  essere riformata e perfezionata tramite un surplus di politica: essa è nata
                       34   Ibidem.
                       35   Cfr. AA. VV., Quale Europa? Crisi economica e partecipazione democratica, Tau, Todi
                  2016.
                       36 Si veda il documentatissimo L. Barra-Caracciolo, Euro e (o?) democrazia costituziona-

                  le: la convivenza impossibile tra Costituzione e trattati europei, Dike, Roma 2013.
                       37 P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoliberista,

                  cit., p. 345.
                       38 Si veda G. Leghissa, Neoliberalismo. Un’introduzione critica, cit., pp. 101 ss.

                  20

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 20                                                     21/06/19 09:20
con l’obiettivo di mettere in congedo la politica, di modo che l’econo-
                  mia potesse imporsi senza più freni e limitazioni dell’ordine politico.
                      L’“anarchia commerciale” (Handelsanarchie) a suo tempo de-
                  nunciata da Fichte39 corrisponde all’odierna deregulation propria del
                  laissez faire globale del codice neoliberista quale si incarna nell’Unione
                  Europea come compimento della spoliticizzazione dell’economia tra-
                  mite il trasferimento del potere dagli Stati nazionali sovrani al mercato
                  sovrano transnazionale con sede presso la Banca Centrale. Più che di
                  epoca che viene “dopo il Leviatano”40, come pure si è sostenuto, oc-
                  correrebbe, allora, parlare di evo che ha segnato il trionfo di un nuovo
                  e ancor più potente Leviatano, quello dell’economia desovranizzata e
                  superiorem non recognoscens.
                      Come recentemente ricordato da Eve Chiapello e Luc Boltanski, il
                  capitalismo regolato non può esistere, poiché la sua essenza è la srego-
                  latezza, l’entropia efficiente che travolge ogni norma che aspiri a frena-
                  re e limitare la dinamica d’accumulation illimitée du capital41.
                      Ove ancora sopravviva, lo Stato è oggi ridotto, proprio come la
                  politica, a una funzione meramente ancillare rispetto all’economia.
                  Prova ne è che, in caso di crisi, banche e finanza tornano a rivolgersi
                  alla “mano visibile” dello Stato. Quest’ultimo, con veri e propri pia-
                  ni di salvataggio della finanza, interviene soccorrendo i responsabili
                  della crisi e iniettando liquidità, dunque socializzando le perdite e
                  privatizzando i profitti.
                      Il superamento della tradizionale Staatsform costituisce un passag-
                  gio obbligato per la spoliticizzazione, per l’annientamento della forza
                  di una politica ancora in grado di agire sull’economico42.
                      Rendere inefficienti le unità statali tramite l’instaurazione di un or-
                  dine impolitico è la condizione per imporre i due princìpi convergenti
                  dell’anarchia commerciale e – con la sintassi di Carl Schmitt43 – della

                      39 J.G. Fichte, Der geschlossene Handelsstaat, 1800; tr. it. Lo Stato commerciale chiuso,

                  Bocca, Milano 1909, p. 70.
                      40 G. Marramao, Dopo il Leviatano: individuo e comunità, Bollati Boringhieri, Torino

                  2013, seconda edizione accresciuta.
                      41 Cfr. L. Boltanski e È. Chiapello, Le nouvel esprit du capitalisme, Gallimard, Paris 1999,

                  pp. 52 ss.
                      42 Cfr. G. Leghissa, Neoliberalismo. Un’introduzione critica, cit., pp. 101 ss.
                      43 C. Schmitt, Das Zeitalter der Neutralisierung und Entpolitisierung, 1929; tr. it. L’epoca

                  delle neutralizzazioni e delle spoliticizzazioni, in Id., Le categorie del “politico”, Il Mulino,
                  Bologna 19842, pp. 167-183.

                                                                                                               21

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 21                                                     21/06/19 09:20
Entpolitisierung integrale della sfera economica, di modo che lo Stato
                  non possa più governare l’economia, ma sia al suo servizio.
                       In accordo con i trattati di Maastricht (art. 104) e di Lisbona (art.
                  123), gli Stati europei oggi non hanno più la possibilità di prendere a
                  prestito dalle loro banche centrali. Di più, lo Stato abbandona il diritto
                  di battere moneta e trasferisce questa facoltà sovrana al settore privato,
                  di cui diventa debitore44.
                       Che l’Unione Europea si regga strutturalmente sull’economia spo-
                  liticizzata emerge in maniera adamantina nell’articolo 30, comma 3 del
                  Trattato di Lisbona del 2007:

                        La Banca Centrale europea è un’istituzione. Essa ha personalità giuri-
                        dica. Ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro. Essa
                        è indipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue
                        finanze. Le istituzioni, organi e organismi dell’Unione e i governi degli
                        Stati membri rispettano tale indipendenza.

                           La Banca Centrale non dipende dalla potenza politica statale,
                  né può essere da essa limitata: la sua indipendenza assoluta è rispettata.
                  Non vi è politica che possa controllarla, finendo invece la politica per
                  essere essa stessa governata dall’economia.
                      Dal canto suo, l’articolo 86 del Trattato di Lisbona delinea un’e-
                  conomia di concorrenza totale, senza monopoli privati e pubblici, esi-
                  bendo visibilmente il vero volto neoliberista dell’Unione Europea, in
                  quella che è stata con diritto definita la “logica europea di costituziona-
                  lizzazione dell’ordine liberista”45:

                        È incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui
                        possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfrutta-
                        mento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominan-
                        te sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo.

                      Con questo principio, è definitivamente messa in congedo la pos-
                  sibilità, per lo Stato, di governare l’economia. Se la modernità si era

                       44   Cfr. A. Bagnai, Il tramonto dell’euro, cit., pp. 142 ss.
                       45 P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoliberista,

                  cit., p. 360.

                  22

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 22                                                     21/06/19 09:20
aperta con la figura dello Stato come Deus mortalis46, si può ben dire
                  che oggi il moderno sia stato ampiamente superato: l’economia ha rioc-
                  cupato essa stessa lo spazio della politica, ponendosi come superiorem
                  non recognoscens e come Deus mortalis.

                  4. Post-democrazia e cesarismo finanziario

                      Ancora con la sintassi di Gramsci, si potrebbe con diritto parlare di
                  “cesarismo finanziario” in riferimento all’odierna situazione europea,
                  in cui le decisioni vengono stabilmente prese da quegli enti “sensibil-
                  mente sovrasensibili” di marxiana memoria47, che non sono stati demo-
                  craticamente eletti dal popolo e che quest’ultimo non può governare.
                      Nei Quaderni del carcere, la categoria di cesarismo svolge un ruolo
                  di primaria importanza, non secondario rispetto a quella di rivoluzione
                  passiva. Come sappiamo, in riferimento a Napoleone III, a Bismarck e,
                  ancora, a Mussolini, i Quaderni parlano di “cesarismo” nel senso di una
                  “soluzione arbitrale, affidata a una grande personalità, di una situazio-
                  ne storico-politica caratterizzata da un equilibrio di forze a prospettiva
                  catastrofica”48. Più che sull’aspetto della “grande personalità”, l’accen-
                  to cade su quello della “soluzione arbitraria” e strutturalmente sottratta
                  alla volontà democratica.
                      In questo senso, si può, con diritto, parlare di “cesarismo finan-
                  ziario” in riferimento all’odierna Unione Europea, alludendo al fatto
                  che il potere è affidato al mercato ipostatizzato in “grande personalità”
                  (secondo l’oggi in voga figura delle scelte anonime e impersonali del
                  Mercato49), che decide senza alcun mandato democratico sulla vita dei
                  popoli europei.
                      Tramite il cesarismo finanziario dell’Unione Europea, si sono tra-
                  sferiti i poteri dei governi democratici a istanze prive di rappresentati-
                  vità, non soggette ad alcun controllo da parte del popolo. Si è instaurata
                      46 T. Hobbes, Leviathan, 1651, II, cap. XVII, 13; tr. it. a cura di R. Santi, Leviatano,

                  Bompiani, Milano 2001, p. 283.
                      47 K. Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie, Band I, 1867; tr. it. a cura di

                  D. Cantimori, Il capitale. Critica dell’economia politica, Libro I, Editori Riuniti, Roma 1964,
                  p. 103.
                      48 Q, IX, 133.
                      49 Cfr. AA. VV., Il capitalismo divino. Colloquio su denaro, consumo, arte e distruzione,

                  Mimesis, Milano 2011.

                                                                                                             23

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 23                                                   21/06/19 09:20
la sovranità assoluta dei mercati finanziari e si è prodotta un’autentica
                  deriva oligarchica della democrazia.
                      La tesi che guida la nostra interpretazione, e che già avevamo ab-
                  bozzato in Europa e capitalismo (2015), può così essere condensata:
                  l’ordine del discorso sostiene astrattamente la necessità del superamen-
                  to delle sovranità nazionali, in quanto responsabili dei nazionalismi
                  belligeranti e delle conflittualità interstatali e persegue concretamente,
                  mediante la desovranizzazione, la contrazione degli spazi democratici
                  nazionali e delle conquiste welfaristiche nazionali50.
                      Per il tramite della sovranazionalizzazione, in altri termini, la ri-
                  voluzione passiva a beneficio dell’élite finanziaria cosmopolitica e a
                  nocumento delle classi lavoratrici nazionali-popolari può realizzarsi ap-
                  pieno51: il centro delle decisioni viene traslato dai parlamenti nazionali
                  agli enti post-democratici sovranazionali52; e, in maniera sinergica, i
                  diritti sociali e le conquiste welfaristiche, valide nel quadro dello spazio
                  nazionale con primato della Staatsform, vengono sbriciolati in nome
                  della competitività globale libera dai “lacci e lacciuoli” delle ingerenze
                  nazionali.
                      Secondo il più tipico dispositivo ideologico, che – Marx docet53
                  – universalizza falsamente l’interesse dei dominanti, viene presentato
                  come bene per l’Europa tutta quello che, a rigore, è tale solo per la clas-
                  se egemonica, per la global class turbocapitalistica.
                      Addirittura, v’è chi, come il giornalista Sergio Rizzo54, s’è avventu-
                  rato a tratteggiare una distopia neo-orwelliana (02.02.2020: la notte che
                  uscimmo dall’euro), ipotizzando le esiziali conseguenze che scaturireb-
                  bero qualora si uscisse dall’euro.
                       Tra le strategie narrative portanti della europäische Ideologie –
                  come potremmo appellarla, variando la formula marx-engelsiana – v’è
                  immancabilmente la legittimazione dello status quo, pur con le sue
                  macroscopiche contraddizioni, mediante la comparazione con l’abis-
                  so che seguirebbe da ogni possibile alternativa. L’obiettivo è sempre
                      50 Cfr. J.A. Camilleri e J. Falk, The End of Sovereignty? The Politics of a Shrinking and

                  Fragmenting World, Elgar, Aldershot 1992.
                      51 Si veda G. Caggiano (a cura di), Integrazione europea e sovranazionalità, Cacucci,

                  Bari 2018.
                      52 Cfr. S. Cesaratto, Sei lezioni di economia, Imprimatur, Reggio Emilia 2016.
                      53 Si veda l’eccellente studio di P. Vinci, La forma filosofia in Marx: commento al-

                  l’“Ideologia tedesca”, Cadmo, Roma 1981.
                      54 S. Rizzo, 02.02.2020: la notte che uscimmo dall’euro, Feltrinelli, Milano 2018.

                  24

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 24                                                 21/06/19 09:20
il medesimo, vertice insuperato dell’ideologia come pratica simbolica
                  orientata alla santificazione dell’ordine esistente: esso è teso a convin-
                  cere le menti del fatto che “non possiamo fare a meno dell’Europa”55,
                  che “uscire dall’euro sarebbe una follia”56 e che sono preponderanti le
                  “buone ragioni che rendono l’Unione Europea desiderabile”57.
                      La potenza dell’ideologia e del pensiero unico europeisticamente
                  corretto è, assai spesso, tale da riuscire a occultare il fatto che le trage-
                  die annunziate in relazione all’eventuale uscita dall’eurozona (disoccu-
                  pazione, miseria, crisi, ecc.) si stanno gia compiendo tutte nell’ordine
                  eurocratico di cui siamo prigionieri.
                        Lo scavalcamento degli Stati nazionali come impedimenti al pote-
                  re transnazionale dell’economia e delle oligarchie finanziarie a struttura
                  rizomatica si rivela, allora, pienamente funzionale all’instaurazione del
                  cesarismo finanziario, con il potere stabilmente concentrato in quell’en-
                  tità “sensibilmente sovrasensibile” e “piena di capricci teologici” che è la
                  Banca Centrale, cifra macabra di un’Europa finanziaria in cui – nel conflit-
                  to tra global capital e national governments58 – i popoli e le nazioni non
                  contano più nulla né come soggetto politico, né come soggetto sociale.
                      Se si volesse proseguire il progetto incompiuto dei Quaderni del
                  carcere, il suo ambizioso tentativo di pensare criticamente la storia
                  d’Italia considerata in se stessa e in relazione con le vicende europee,
                  si potrebbe ravvisare nell’odierna Unione Europea una fase di “rista-
                  gno della storia”, il compimento di quello che, in Minima mercatalia
                  (2012), abbiamo qualificato come capitalismo absolutus59 (sciolto da
                  limitazioni e non contrastato dal conflitto da parte degli offesi), vuoi
                  anche un momento decisivo della lotta di classe che il capitale – con il
                  suo esercizio di un’egemonia oggi assoluta – sta vincendo senza incon-
                  trare resistenze60.
                      55 A. Volpi, Perché non possiamo fare a meno dell’Europa. Contro la retorica anti-euro di

                  sovranisti e populisti, Altreconomia, Milano 2019.
                      56 L. Becchetti, Neuroscettici. Perché uscire dall’euro sarebbe una follia, Rizzoli, Milano

                  2019.
                      57 AA. VV., Pro Europa. Alcune buone ragioni che rendono l’Unione Europea desidera-

                  bile, Una Città, Forlì 2019.
                      58 Cfr. L. Mosley, Global Capital and National Governments, Cambridge University

                  Press, Cambridge 2003.
                      59 Su questo tema, ci permettiamo di rinviare al nostro Minima mercatalia. Filosofia e

                  capitalismo, Bompiani, Milano 2012.
                      60 Si veda D. Losurdo, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Laterza, Roma-

                  Bari 2013.

                                                                                                             25

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 25                                                   21/06/19 09:20
Fase suprema del neoliberismo61, l’Unione Europea segna il trionfo
                  del capitale nella tradizionale lotta di classe, in cui i diritti sociali e del
                  lavoro vengono sacrificati sull’altare dell’ideologia europea e del sacro
                  dogma della crescita e del pareggio di bilancio62.
                      Come si è estesamente mostrato in Europa e capitalismo e in Il fu-
                  turo è nostro (2014), con la data epochemachend del 1989 si apre un
                  nuovo fronte per il capitalismo vincente e per le sue dramatis personae,
                  ossia per gli agenti dell’aristocrazia finanziaria rappresentante il polo
                  dominante: crollato ingloriosamente il socialismo realizzato a est del
                  Muro di Berlino, è ora contro gli Stati sovrani nazionali che il turboca-
                  pitale high-tech può rivolgere la propria offensiva, con l’obiettivo della
                  spoliticizzazione dell’economico (in nome del mercato deregolamenta-
                  to e del disorganized capitalism teorizzato da Offe63) e, più in generale,
                  della dedemocratizzazione dello spazio europeo.
                      A proposito dell’impronta squisitamente liberista dell’ordo instau-
                  rato dall’Unione Europea, è sufficiente in questa sede rammemorare
                  quanto scritto da Gallino. Questi ha posto l’accento sui processi di pre-
                  carizzazione e di flessibilizzazione del lavoro come coessenziali all’or-
                  dine neoliberista dell’Unione Europea:

                       Le politiche del lavoro dell’Unione Europea sono concepite e diret-
                       te dalla Commissione europea, un organismo non eletto, soggetto alle
                       pressioni dei gruppi economici massicciamente presenti a Bruxelles,
                       che dopo la presidenza di Jacques Dolors (1985-1995) ha vistosamente
                       abbracciato la dottrina economica e politica neoliberale64.

                      Insomma, sulle orme di Gallino, si può senza ambagi sostenere che si
                  scrive Unione Europea e si legge trionfo della classe dominante europea e
                  sconfitta delle classi lavoratrici e dei ceti nazionali-popolari d’Europa, mas-
                  sacrati in nome del verbo concorrenziale liberista, apice dell’atomizzazione
                  deeticizzante del sociale e di quello che è stato definito “il crollo del noi”65.

                       61 P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo: critica della razionalità neoliberista,

                  cit., pp. 272 ss.
                       62 Cfr. M. Revelli, La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi (vero!), Laterza, Roma-

                  Bari 2014.
                       63 K. Offe, Disorganized Capitalism, Polity, Oxford 1985.
                       64 L. Gallino, Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, Laterza, Roma 2007, p. 162.
                       65 Cfr. V. Paglia, Il crollo del noi, Laterza, Roma 2017.

                  26

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 26                                                       21/06/19 09:20
5. Sempre a sud di qualcun altro. La “quistione meridionale”

                      Esiste un libro famosissimo. Il protagonista è un gigante serio, affi-
                  dabile, produttivo e industrioso. Esso si porta appresso un’enorme palla
                  al piede abitata da esseri microscopici, indolenti, pigri, inferiori, pelan-
                  droni, inaffidabili. Il libro lo conosciamo tutti, si chiama Storia, con la S
                  maiuscola. Il gigante è il Nord, la palla al piede il Sud. L’ambientazione
                  è l’Italia unita, che, per l’appunto, ha raccontato la Storia.
                      Basterebbe, tuttavia, avere il coraggio di “spazzolarla contropelo”,
                  come direbbe Walter Benjamin, per conoscere la verità. L’unificazione
                  dell’Italia è stato un gesto di inaudita violenza, una pagina scritta nel san-
                  gue: rapine, omicidi e sfruttamento ne furono i momenti fondamentali. Il
                  nord aggredì il sud e lo “piovrizzò”, per riprendere l’efficace formula di
                  Gramsci66: ne sfruttò le risorse come volano per lo sviluppo industriale a
                  Torino, Milano e Genova. E condannò il sud al ruolo di perenne subalterno.
                      A suffragarlo è, oltretutto, il mistero dell’oro di Napoli: la città più
                  ricca e fiorente della penisola sprofondò nella miseria, a unificazione
                  avvenuta, per via della vorace rapacità del nord.
                      La terra, però, è rotonda e si è sempre a sud di qualcun altro. Ora in-
                  fatti l’Italia tutta intera, il nord virtuoso e il sud “sprecone”, ha scoperto
                  di essere la questione meridionale dell’Unione Europea: che, come è
                  noto, ha per capitale Berlino e per moneta il Marco tedesco. Ma nessu-
                  no deve farlo emergere, perché la storia – oggi come ieri – è il racconto
                  del più forte, di colui che ha imposto a tutti, con il venerabile nome di
                  “giustizia”, la propria narrazione e la propria legge.
                      Anche in questo caso, alla storia reale sono interamente sconosciute
                  le retoriche apologetiche che magnificano l’ordine eurocratico: l’Europa
                  – ripete con cadenza regolare l’ordine del discorso – garantirebbe pace e
                  prosperità, benessere e integrazione67. E invece sta generando puntualmen-
                  te gli effetti opposti: miseria per i paesi mediterranei, disgregazione dei ceti
                  medi e delle classi lavoratrici, potenziamento delle élites turbofinanziarie,
                  e vere e proprie guerre economiche. La Germania ha invaso la Grecia: non
                  con mitra e carri armati, ma con troika e spread, pareggio di bilancio e
                  schiavitù del debito. I risultati sono, a tutti gli effetti, quelli della guerra.
                  Basti qui richiamare l’inaudita ammissione del vicedirettore del “Corriere

                     66Cfr. Q, XIX, 10, 1934-1935, 2021-2022.
                     67Si veda, ad esempio, P.S. Graglia, L’Unione Europea: perché stare ancora insieme, Il
                  Mulino, Bologna 2019.

                                                                                                        27

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 27                                             21/06/19 09:20
della Sera”, Federico Fubini, rilasciata nel maggio 2019: le politiche di au-
                  sterità depressiva imposte dalla UE alla Grecia hanno causato la morte di
                  circa 700 bambini. E, come se non bastasse, il circo mediatico e il clero
                  intellettuale hanno tenuto nascosta la notizia – per ammissione dello stesso
                  Fubini –, al fine di evitare la crescita del consenso dei movimenti sovranisti
                  e dell’opposizione al pensiero unico europeisticamente corretto.
                      Con un inaudito dispiegamento di violenza economica, la Germa-
                  nia sta letteralmente depredando le nazioni dell’area mediterranea. Alle
                  quali attribuisce, con palese razzismo, le colpe della miseria a cui li
                  condanna (i Greci “pelandroni”, gli Italiani “perdigiorno”, ecc.).
                      La storia si ripete e continua a impartirci insegnamenti: ma non ha
                  scolari e, così, siamo costretti a riviverla, con tutte le sue tragedie e le
                  sue contraddizioni. Basti, a tal riguardo, rammentare quanto evidenzia-
                  to da Vladimiro Giacché nel suo studio Anschluss (2013).
                      Egli ha sostenuto che, con l’Unione Europea e con il “sistema euro”, si
                  è verificata una situazione per molti versi analoga a quella della riunifica-
                  zione delle due Germanie dopo il 198968: si è trattato, cioè, di un processo
                  di annessione ad opera dell’Ovest ai danni dell’Est. Quest’ultimo si è visto
                  costretto a transitare a un’economia a capitalismo avanzato e ad abbando-
                  nare il sistema di diritti sociali per accedere al regime neoliberale69.
                      Situazione analoga si sarebbe verificata, ad avviso di Giacché, con
                  l’unificazione operata dall’Unione Europea tra il Nord a guida tedesca e
                  il Sud dei paesi mediterranei, oggi definiti ingenerosamente PIGS dalla
                  neolingua europeista: si sarebbe anche in questo caso trattato di una an-
                  nessione nel sistema neoliberista che in quei paesi, complice l’arretra-
                  tezza e la modernizzazione non ancora realizzata in forma pienamente
                  dispiegata, non era ancora del tutto presente.
                      Accanto all’analogia storica dell’Anschluss di Giacché, può euristi-
                  camente giovare l’analogia con la “quistione meridionale” di Gramsci.
                  Come sappiamo, nei Quaderni, ma già anche nel saggio su Alcuni temi
                  sulla quistione meridionale (1926), Gramsci tematizza l’unificazione
                  risorgimentale dell’Italia nei termini di un’opera di annessione brutale
                  del Sud ad opera del Nord, con annesso sfruttamento delle risorse del
                  primo da parte del secondo.

                     68 Cfr. V. Giacché, Anschluss: l’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa,

                  Imprimatur, Reggio Emilia 2013.
                     69 Cfr. AA. VV., L’Unione Europea in crisi, Giuffrè, Milano 2017.

                  28

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 28                                            21/06/19 09:20
Così nei Quaderni: “l’unità non era stata creata su una base di egua-
                  glianza, ma come egemonia del Nord sul Sud nel rapporto territoriale
                  città-campagna”70. E ancora:

                      Il Nord concretamente era una “piovra” che si arricchiva alle spalle del
                      Sud e che il suo incremento economico-industriale era in rapporto di-
                      retto con impoverimento dell’economia e dell’agricoltura meridionale.
                      Il popolano dell’Alta Italia pensava invece che se il Mezzogiorno non
                      progrediva dopo essere stato liberato dalle pastoie che allo sviluppo
                      moderno opponeva il regime borbonico, ciò significava che le cause
                      della miseria non erano esterne, da ricercarsi nelle condizioni econo-
                      mico-politiche obiettive, ma interne, innate nella popolazione meridio-
                      nale, tanto più che era radicata la persuasione della grande ricchezza
                      naturale del terreno: non rimaneva che una spiegazione, l’incapacità
                      organica degli uomini, la loro barbarie, la loro inferiorità biologica71.

                       Si potrebbe forse, allora, parlare a giusto titolo di un’europeizzazio-
                  ne della “quistione meridionale”, peraltro sviluppando un allargamento
                  del tema che era già stato avviato dallo stesso Gramsci. Sappiamo, infat-
                  ti, che nei Quaderni lo stesso tema dell’americanismo deve essere letto
                  in parallelo, oltre che con il fascismo, con la “quistione meridionale”72.
                       Il rapporto di egemonia del Nord sul Sud, in Italia, viene sempre più
                  determinandosi, a livello globale, come nesso egemonico del capitalismo
                  americano fordista su tutte le altre forme esistenti. Per questo, l’egemo-
                  nia americana – la vera novità strutturale del capitalismo quale si è venuto
                  sviluppando dopo Marx – costituisce, a giudizio di Gramsci, una sorta di
                  internazionalizzazione della “quistione meridionale”73, in cui il Nord ame-
                  ricano sfrutta e sottomette il Mezzogiorno del restante mondo capitalistico.
                       In che senso si può, allora, parlare gramscianamente di una euro-
                  peizzazione della questione meridionale? È evidente che le politiche
                  neoliberali hanno individuato nell’area mediterranea dell’Europa – i
                  Paesi infelicemente detti PIGS – quello che potremmo definire, con

                     70  Q, I, 44, 47.
                     71 Q,  XIX, 10, 1934-1935, 2021-2022.
                      72 Cfr. R. Mordenti, “Quaderni del carcere” di A. Gramsci, in A. Asor Rosa (a cura di),

                  Letteratura italiana, Le opere, vol. IV/2, Einaudi, Torino 1996, p. 67.
                      73 Si veda G. Baratta, voce Americanismo, in F. Frosini e G. Liguori (a cura di), Le parole

                  di Gramsci: per un lessico dei “Quaderni del carcere”, Carocci, Roma 2004, p. 17.

                                                                                                             29

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 29                                                   21/06/19 09:20
Lenin, l’“anello debole della catena” del capitalismo europeo, il punto
                  su cui fare leva per disarticolarlo e per introdurre il paradigma neoli-
                  berista a profitto dell’area nordica74. A tal punto che, forse, si potrebbe
                  con diritto parlare di germanizzazione dell’Europa.
                       È, pertanto, sull’area mediterranea che si sta abbattendo la “furia
                  del dileguare” propria della politica economica neoliberista europea,
                  diretta dalle logiche di riproduzione del capitale finanziario globale75:
                  non soltanto sulla Grecia, prima vittima sacrificale immolata al Moloch
                  capitalistico76, ma anche sulla Spagna degli Indignados77 e sull’Italia,
                  perennemente sotto ricatto del debito.
                      Il tema della “quistione meridionale” di Gramsci aiuta anche a get-
                  tare luce su quel particolare atteggiamento per cui le aree nordiche, e
                  in particolare l’area tedesca, ritengono sempre più con convinzione che
                  l’immiserimento dei popoli mediterranei non sia – citando Gramsci –
                  “da ricercarsi nelle condizioni economico-politiche obiettive, ma inter-
                  ne, innate nella popolazione meridionale”, strutturalmente pigra e non
                  propensa al lavoro. Si pensi, a questo proposito, alle litanie – ossessiva-
                  mente frequenti e animate da un razzismo niente affatto larvato – intor-
                  no alla presunta pigrizia atavica dei greci. Con le parole del Convivio
                  dantesco, la disgrazia dipendente dalla sorte o, più spesso, dalle scelte
                  altrui “suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata”78.

                  6. Irriformabilità strutturale. Critica della ragione europeista

                      Nel suo fondamento, l’Unione Europea è stata un processo di de-
                  strutturazione e di scavalcamento del primato del politico proprio degli
                  Stati sovrani nazionali democratici, volto a favorire, nel quadro del con-
                  creto conflitto di classe, l’offensiva del Signore global-elitario ai danni
                  del Servo nazionale-popolare79.
                      74 Cfr. C. Preve e L. Tedeschi, Lineamenti per una nuova filosofia della storia. La passione

                  dell’anticapitalismo, Il Prato, Padova 2013, pp. 145 ss.
                      75 D. Harvey, The Enigma of Capital and the Crises of Capitalism, 2010; tr. it. a cura di A.

                  Oliveri, L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza, Feltrinelli, Milano 2011.
                      76 Cfr. M. Benini, La guerra dell’Europa, Nexus, Battaglia Terme 2012.
                      77 Si veda, ad esempio, E. Dussel, Indignados, 2011; tr. it. a cura di A. Infranca, Indignados,

                  Mimesis, Milano 2012.
                      78 D. Alighieri, Convivio, I, 3, 4.
                      79 Ci permettiamo di rimandare al nostro studio Storia e coscienza del precariato. Servi e

                  signori della globalizzazione, Bompiani, Milano 2018.

                  30

FUSARO-BOLOGNINI-Il nichilismo dellUnione Europea 15 x 21.indd 30                                                       21/06/19 09:20
Puoi anche leggere