Le convivenze non fondate sul matrimonio. Prospettive di riforma e confronto con la legislazione straniera1

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Gianluca Grasso

                       Le convivenze non fondate sul matrimonio.
                                 Prospettive di riforma
                        e confronto con la legislazione straniera1

Sommario: 1. Dalla convivenza alle convivenze. - 2. Profili comparati di legislazione europea. - 2.1. Il diritto
    europeo: il piano sovranazionale. - 2.1.1. La Convenzione Europea Diritti dell'Uomo. - 2.1.2. Gli
    interventi delle Istituzioni comunitarie. - 2.2. La legislazione degli Stati membri dell'Unione Europea. -
    2.2.1. La disciplina nei paesi nordici: Danimarca, Svezia e Finlandia. - 2.2.2. La legge olandese sulla
    registered partnership. - 2.2.3. La legislazione tedesca in tema di registrazione delle convivenze. - 2.2.5.
    Il pluralismo autonomistico dell’ordinamento spagnolo in tema di coppie di fatto. Cenni sul taluni profili
    delle diverse discipline regionali. - 2.2.6. La disciplina belga sulla cohabitation légale. - 2.2.7. Il pacte
    civil de solidarité: la via francese alla disciplina delle convivenze. - 2.2.8. La disciplina portoghese sui
    rapporti di convivenza: il regime differenziato dell’economia comune e delle unioni di fatto. – 3. Il
    fenomeno delle convivenze non fondate sul matrimonio nell'ordinamento giuridico italiano: quali
    prospettive di riforma?- 3.1. Le diverse proposte parlamentari. - 3.2. Il disegno di legge in tema di «Diritti
    e doveri delle persone stabilmente conviventi». - 3.2.1. La certificazione della situazione di convivenza. -
    3.2.2. Diritti e doveri dei conviventi. - 3.2.2.1. Diritti senza limiti di tempo. - 3.2.2.2. Diritti soggetti a
    limiti di tempo. - 3.2.2.3. Disposizioni transitorie e finali. - 3.3. Tiziano o Duchamp? Analisi delle criticità
    del progetto sui Di.co. – 3.4. È davvero necessaria la disciplina delle convivenze non fondate sul
    matrimonio?

      1. Dalla convivenza alle convivenze.

       Queste brevi riflessioni intendono appuntarsi sulla questione della possibile disciplina
del fenomeno delle convivenze poste al di fuori del matrimonio nell'ordinamento giuridico
italiano. Per fare questo appare opportuno analizzare il tema attraverso lo spettro della
legislazione straniera; ciò, almeno, per due ragioni. La prima è che la disciplina delle
convivenze non fondate sul matrimonio introdotta in altri sistemi giuridici ha inevitabilmente
influenzato il dibattito interno, favorendo l'idea della necessità di una sua regolamentazione
anche nell'ordinamento italiano. La seconda ragione è data dal fatto che guardare a modelli
già vigenti e alla loro applicazione nei rispettivi sistemi di riferimento offre un'importante
misura di valutazione della bontà del modello stesso al fine di una eventuale disciplina del
fenomeno nel nostro sistema, oltre a costituire un'interessante pietra di paragone per valutare
le proposte di disciplina attualmente in discussione.
       Il tema delle convivenze non fondate sul matrimonio, in particolare di quella situazione
che descrittivamente viene indicata come famiglia di fatto, e la loro possibile disciplina
giuridica non costituiscono una novità nel dibattito giuridico2. Se il fenomeno dei rapporti

      1
          Testo della relazione tenuta all’incontro di studi sul tema: I rapporti familiari non fondati sul
matrimonio - Messina 10 marzo 2007 – Aula Magna della Corte d’Appello di Messina, nell’ambito del
programma di formazione decentrata per la Magistratura ordinaria.
        2
          Molteplici sono i contributi dati dalla dottrina ai temi qui indicati; tra i diversi studi: AA.VV., La
famiglia di fatto, Atti del Convegno di Pontremoli 27-30 maggio, Montereggio 1977; G. FURGIUELE, Libertà e
famiglia, Milano, 1979, 281 ss.; F. PROSPERI, La famiglia non «fondata sul matrimonio», Camerino-Napoli,
1980; E. ROPPO, La famiglia senza matrimonio. Diritto e non diritto nella fenomenologia delle libere unioni, in
Riv. trim. dir. proc. civ., 1980, 697 ss.; F. GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia di fatto, Milano 1983;
AA.VV., Una legislazione per la famiglia di fatto?, Napoli 1988; A. FALZEA, Problemi attuali della famiglia di
fatto, in AA.VV., Una legislazione per la famiglia di fatto?, Napoli 1988, 52 ss.; A. MAZZOCCA, La famiglia di
fatto. Realtà attuale e prospettive, Roma 1989; F. D'ANGELI, La famiglia di fatto, Milano 1989; M. BERNARDINI,
La convivenza fuori dal matrimonio, Padova 1992; M. DOGLIOTTI, Famiglia di fatto, in Digesto disc. priv., sez.

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paraconiugali ha da sempre interessato il diritto3, sin dal diritto romano, nella seconda metà
del XX secolo, in ragione dei mutamenti sociali che hanno inciso sulla struttura della
famiglia4, esso ha dato luogo ad una serrata riflessione culminata nella disciplina normativa
rinvenibile in talune esperienze giuridiche. Sul piano delle idee, fra i diversi convegni e i
momenti collettivi di riflessione, va senz’altro ricordato, in questa sede, l'incontro di studio,
organizzato dal Consiglio d'Europa presso l'Università degli studi di Messina nel 1981 sul
tema «Les problèmes juridiques posés par les couples non mariés»5.
       Il nostro sistema giuridico non ha ancora una disciplina organica del fenomeno delle
convivenze, pur essendo ormai presenti nell'ordinamento italiano diverse disposizioni che
disciplinano singoli aspetti dei rapporti giuridici facenti capo ai conviventi e dovendosi
registrare numerosi arresti giurisprudenziali volti ad estendere garanzie previste per l'ambito
coniugale ai legami more uxorio. L’insieme di tali situazioni giuridiche hanno indotto la
dottrina ad una ricostruzione sistematica della materia, giungendo a riconoscere piena
rilevanza al fenomeno delle convivenze non fondate sul matrimonio.
       La questione del rilievo delle convivenze, tuttavia, si pone negli ultimi anni in termini in
parte nuovi rispetto a quanto sin qui emerso, in ragione della molteplicità dei significati che
assume il termine “convivenza” nella realtà sociale e, di riflesso, in quella giuridica6. Le
convivenze di cui si discorre non sono più soltanto quelle di un uomo ed una donna che
decidono di vivere come se fossero marito e moglie, ma di persone dello stesso sesso che
stabiliscono un progetto di vita in comune, di più persone che decidono di vivere insieme
perchè legate da un rapporto familiare “altro” rispetto a quello tipico delle forme di famiglia
occidentale, come nel caso della poligamia, di persone che non legate da vincoli di tipo
paraconiugale decidono di vivere insieme per superare o limitare le difficoltà della vita, come
nel caso di amici, di parenti non legati da vincoli coniugali, di un anziano e di una badante.
Bisogna allora chiedersi se la questione della disciplina delle convivenze non fondate sul
matrimonio debba necessariamente estendersi a quest'ambito più ampio appena delineato o se

civ., VIII, Torino, 1992, 196 ss.; F. D. BUSNELLI-M. SANTILLI, La famiglia di fatto, in Commentario al diritto
italiano della famiglia, diretto da G. Cian-G. Oppo-A. Trabucchi, VI, 1, Padova, 1993, 757 ss.; F. D'ANGELI, La
tutela della convivenza senza matrimonio, Torino 1995; F. BILE, La famiglia di fatto nella giurisprudenza della
Cassazione, in Riv. dir civ., 1996, I, 645 ss.; M. DE LUCA, La famiglia non coniugale, Padova 1996; G.
AUTORINO-STANZIONE, Diritto di famiglia, Torino, 1997, 18 ss.; M. FORTINO, Diritto di famiglia . I valori, i
principi, le regole, Milano, 1997, 60 ss.; M. FRANZONI, Le convenzioni patrimoniali tra i conviventi more
uxorio, in Il diritto di famiglia, in Trattato diretto da Bonilini e Cattaneo, II, Torino, 1997, 461 ss.; R.
TOMMASINI, La famiglia di fatto, in Trattato di diritto Privato diretto da M. Bessone, IV, t. I, Torino 1999, 499
ss.; G. FERRANDO, Gli accordi di convivenza: esperienze a confronto, in Riv. crit. dir. priv., 2000, 163 ss.; L.
BALESTRA, Gli effetti della dissoluzione della convivenza, in Riv. dir. priv., 2000, 488 ss.; G. OBERTO, I regimi
patrimoniali della famiglia di fatto, Milano 2001; F. GRILLINI-M. R. MARELLA (a cura di), Stare insieme. I
regimi giuridici della coppia tra status e contratto, Napoli 2001; V. FRANCESCHELLI, Famiglia di fatto, voce
dell’Enc. dir., aggiornamento VI, Milano 2002, 365 ss.; M. F. TOMMASINI. La rilevanza dei rapporti familiari
non istituzionalizzati, in Dir. form., 1, 2003, 69 ss.; C. MANASSERO, Nuovi spazi di tutela per i conviventi, in
Giur. merito, 2003, 6, 1327; S. ASPREA, La famiglia di fatto in Italia e in Europa, Milano 2003; A. PELLARINI,
La famiglia di fatto, Milano 2003; C. PETITTI, I diritti nelle famiglie di fatto: attualità e futuro, in Familia, 2003,
1021; L. BALESTRA, La famiglia di fatto, Padova 2004; M. BONINI BARALDI, Le nuove convivenze tra discipline
straniere e diritto interno, Milano 2005.
       3
         F. D. BUSNELLI-M. SANTILLI, La famiglia di fatto, in Commentario al diritto italiano della famiglia,
diretto da G. Cian-G. Oppo-A. Trabucchi, VI, 1, Padova, 1993, 760 ss.
       4
         F. D. BUSNELLI, La famiglia e l'arcipelago familiare, in Riv. dir. civ., 2002, 509 ss.; V. SCALISI, La
"famiglia" e le "famiglie", in AA.VV., La riforma del diritto di famiglia dieci anni dopo. Bilanci e prospettive,
Padova 1986, 280 ss.
       5
         I lavori sono stati pubblicati nel volume Actes du 11ème Colloque de Droit Européen du Conseil de
l’Europe. Les problèmes juridiques posés par les couples non mariés, Strasbourg, 1982. Sul convegno di studi
cfr. M. ASTONE, Ancora sulla famiglia di fatto: evoluzione e prospettive, in Dir. Famiglia, 1999, 1462 ss.
       6
         Per una recente analisi in chiave statistica e sociologica del fenomeno delle convivenze riferito alle
coppie di fatto, a livello europeo e nel contesto italiano, cfr. E. SCHNABL, Le coppie di fatto alla "conquista"
della carta dei diritti, in Il Sole 24 Ore - Famiglia e Minori, 1 marzo 2007, n. 3, 13.

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possa, invece, essere circoscritta a quel settore maggiormente definito delle convivenze
paraconiugali. Sulla strada da prima indicata si è incamminato il Governo italiano attraverso
la presentazione del disegno di legge in tema di “Diritti e doveri delle persone stabilmente
conviventi”. Nel corso della riflessione si avrà modo di analizzare il progetto e le sue finalità.
       Al di fuori del mio intervento verrà posta la questione dell'ammissibilità e del rilievo dei
c.d. contratti di convivenza, nonché la disciplina vigente delle convivenze paraconiugali. Non
si tratterà, inoltre, della specifica questione dell'ammissibilità del matrimonio tra persone
dello stesso sesso e delle discipline introdotte al riguardo in alcuni paesi europei. Oggetto
specifico di queste annotazioni è la prospettiva di disciplina nel nostro ordinamento del
fenomeno delle convivenze non fondate sul matrimonio alla luce delle esperienze straniere
più significative. Per fare questo intendo partire dall'analisi delle discipline vigenti in altri
sistemi giuridici, onde poter vagliare con maggiore cognizione di causa la necessità di una
regolamentazione del fenomeno e le possibili linee evolutive del nostro ordinamento.
       Sul piano metodologico intendo avvalermi dell'insegnamento di Francesco Santoro-
Passarelli, secondo cui il giurista può svolgere la sua opera in due modi; attraverso
l'interpretazione dell'ordinamento vigente o intervenendo sulle prospettive de jure condendo7.
Quando interpreta il diritto vigente, il giurista è esclusivamente interprete e non può adattare
la norma al proprio sentire. Viceversa, discutendo delle prospettive di riforma, il giurista può
farsi portatore delle proprie idee al fine di affermarle.

       2. Profili comparati di legislazione europea.

       L'introduzione di specifiche discipline dedicate alla regolamentazione del fenomeno
delle convivenze, specie paraconiugali, costituisce un fenomeno diffuso nell'esperienza
giuridica comparata. Ipotesi di regolamentazione si riscontrano, pressoché, in tutti i
continenti. L'analisi, in questa sede, si limiterà alle esperienze più significative presenti negli
Stati aderenti all'Unione Europea. Da un lato va evidenziata la progressiva affermazione
nell'ordinamento italiano di modelli giuridici sulle tematiche familiari che sono stati anticipati
da altre esperienze europee, dall'altro non può essere ignorata l'incidenza dell'ordinamento
comunitario sul diritto interno anche sul piano del diritto di famiglia8.

       2.1. Il diritto europeo: il piano sovranazionale.

       7
          Cfr. A. CATAUDELLA, Francesco Santoro-Passarelli: Giurista Cattolico, in Iustitia, 2006, 453 che
espressamente cita l'ultima lezione di diritto civile tenuta a Roma il 24 maggio 1972 e pubblicata con lo scritto
«Senso di un insegnamento», nonché l'intervento a chiusura del Convegno di Messina e Taormina su «Cinquanta
anni di esperienza giuridica in Italia» (3-8 novembre 1981), pubblicato col titolo «Quid iuris».
        8
          Se l’intento che si intende perseguire è quello di analizzare le legislazioni straniere nell’ottica di
individuare un possibile modello per la disciplina interna, presenta un'utilità limitata discorrere di comparazione
nella materia de qua con sistemi giuridici americani, africani, asiatici o dell’Oceania, stante la diversità culturale,
maggiormente accentuata in tema di questioni familiari, che intercorre tra il nostro sistema giuridico e quelli
presenti nei continenti segnalati. Diverso avrebbe potuto essere l’oggetto dell’analisi se altra fosse stata la
finalità prefissata, come nel caso in cui si fossero voluto perseguire intenti puramente scientifici e svincolati da
una finalità applicativa e pratica. Ma la comparazione non ha un unico fine, dovendosi preliminarmente chiarire
il fine che si intende raggiungere con lo studio e l’analisi della legislazione straniera, e il nostro intento è quello
di vagliare le discipline altrove esistenti per valutare l’utilizzo di tali modelli nel sistema giuridico italiano e
raffrontare le discipline straniere con i progetti attualmente sul tappeto. In tal senso si prediligeranno le
normative di civil law rientranti nell'area culturale europea, anche al di là dell'ambito strettamente comunitario. Il
rimando va all'insegnamento di R. SACCO, Introduzione al diritto comparato, 4 ed., Torino 1990.

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Prima di procedere al vaglio della legislazione dei singoli Stati è, peraltro, necessario
fornire alcuni cenni degli interventi sul piano sovranazionale, nell'ambito della Convenzione
Europea Diritti dell'Uomo e dell'ordinamento comunitario.

       2.1.1. La Convenzione Europea Diritti dell'Uomo.

       In tema di famiglia, l'art. 12 della Convenzione Europea Diritti dell'Uomo (C.E.D.U.),
prevede il diritto per uomini e donne in età adulta di sposarsi e di fondare una famiglia
secondo le leggi nazionali e regolando l'esercizio di tale diritto. Nella Convenzione, dunque,
matrimonio e famiglia tendono a coincidere, esprimendo la Carta una concezione tradizionale
della famiglia. L'articolo in questione demanda alle discipline nazionali la scelta del contenuto
della regolamentazione dei rapporti di natura familiare.
       Il rilievo delle altre unioni passa attraverso disposizioni diverse, che danno rilievo alla
posizione del singolo e ai sui diritti. Emerge, in tal senso il rilievo dell’art. 8 che riconosce ad
ogni persona il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua
corrispondenza. Partendo da tale diversa prospettiva, il Consiglio d’Europa con la
raccomandazione n. 924 del 1° ottobre 1981 aveva affermato la necessità di garantire la
dignità delle persone omosessuali. Tuttavia, la lettura privilegiata dalla Corte europea dei
diritti dell'uomo sulla base dell'art. 12 dà rilievo ad una nozione tradizionale di famiglia, quale
relazione eterosessuale che nasce dal vincolo legale del matrimonio9.

       2.1.2. Gli interventi delle Istituzioni comunitarie.

      Le Istituzioni comunitarie non hanno una competenza diretta in tema di disciplina
sostanziale del matrimonio e dei rapporti di convivenza. La materia, infatti, è riservata alle
scelte di ciascuno Stato membro. La stessa Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea
approvata a Nizza il 7 dicembre 2000 prevede all’art. 9 che «Il diritto di sposarsi e il diritto di
costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano
l’esercizio». Tuttavia, frequenti sono stati gli interventi delle Istituzioni comunitarie riferibili
al tema in questione.
      Su di un piano squisitamente politico e non vincolante per gli Stati membri o per le
Istituzioni comunitarie si pongono diverse risoluzioni del Parlamento europeo10 con le quali si
è chiesta agli Stati membri l'eliminazione di ogni discriminazione e di ogni disparità di

       9
           Riguardo alla posizione delle coppie omosessuali, l'estensione di alcune tutele previste per la famiglia
tradizionale passa attraverso l'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che vieta discriminazioni
riguardanti il godimento dei diritti delle libertà riconosciuti dalla convenzione. Tra le varie fonti d'ingiustificata
discriminazione vi è quella del sesso. Cfr. M. CASTELLANETA, Lo Stato può prevedere benefit anche per coppie
omosessuali "lasciando fuori" i fratelli, in Famiglia e Minori, 1 marzo 2007, n. 3, 94 ss.
        10
           Risoluzione dell'8 febbraio 1994 sulla parità dei diritti per gli omosessuali e le lesbiche nella Comunità,
in Rass. dir. civ., 1996, 253 ss.; Risoluzione del 17 settembre 1996 sul rispetto dei diritti dell'uomo nell'UE nel
1994; Risoluzione dell'8 aprile 1997 sul rispetto dei diritti dell'uomo nell'UE nel 1995; Risoluzione del 17
febbraio 1998 sul rispetto dei diritti dell'uomo nell'UE nel 1996; Risoluzione del 16 marzo 2000; Risoluzione
sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2002) del 4 settembre 2003. Cfr. N. PIGNATELLI,
Nozione di matrimonio e disciplina delle coppie omosessuali in Europa, in Foro it., 2005, V, 260 ss. In termini
critici sulla Risoluzione dell'8 febbraio 1994 P. SCHLESINGER, La risoluzione del parlamento europeo sugli
omosessuali, in Corr. giur., 1994, 393 ss. Sul tema cfr. altresì S. BALLETTI, Le coppie omosessuali, le istituzioni
comunitarie e la Costituzione italiana, in Rass. dir. civ., 1996, 241 ss. La questione delle rilievo dei
pronunciamenti del Parlamento europeo è trattata incidentalmente anche da L. BALESTRA, Un recente convegno
francese sulle convivenze fuori dal matrimonio, in Familia, 2002, 439 ss.

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trattamento a danno degli omosessuali, invitando la Commissione a presentare una proposta
di raccomandazione sulla parità di diritti per gli omosessuali. In tal senso, la richiesta ha
riguardato, alternativamente, l'eliminazione degli ostacoli frapposti al matrimonio di coppie
omosessuali o l'introduzione di un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti
e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni.
       Contraria, tuttavia, ad un parallelismo tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali è la
giurisprudenza della Corte di Giustizia che sottolinea la specificità del concetto di
matrimonio, secondo la definizione comunemente accolta dagli Stati membri, inteso come
un'unione tra due persone di sesso biologico diverso11.
       Sul piano dell'armonizzazione va segnalato l'impegno concreto della Commissione ad
introdurre una disciplina comunitaria di tutto il diritto internazionale privato in materia di
famiglia. Tale posizione risulta chiaramente dall'esame del Libro Verde sul conflitto di leggi
in materia di regime patrimoniale dei coniugi, compreso il problema della competenza
giurisdizionale e del riconoscimento reciproco COM/2006/0400 def12. È importante notare
che con questo documento la Commissione non si riferisce ai regimi matrimoniali in senso
stretto, richiamandosi espressamente anche alle altre forme di unione al di fuori di un vincolo
matrimoniale. La Commissione osserva, infatti, che «l’aumento significativo del numero di
coppie non sposate negli Stati membri si risolve in un corrispondente aumento delle situazioni
giuridiche internazionali che le riguardano». In particolare, già ora applicabili con riferimento
alle coppie di fatto sono le norme comunitarie in tema di responsabilità genitoriale di cui al
regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, e le disposizioni adottate in materia di
obbligazioni alimentari ai sensi del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio. Sulla base del
libro verde pubblicato nel 2006 la Commissione ha dunque invitato a presentare commenti e
suggerimenti sia con riferimento alla giurisdizione e al riconoscimento delle decisioni che in
tema di legge applicabile, avendo riguardo sia al rapporto matrimoniale che alle altre unioni.
       Sul piano interpretativo va rilevato che la dottrina13, sulla base del dato testuale dell’art.
9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, ha evidenziato una chiara apertura
al riconoscimento di forme di convivenza diverse dal matrimonio. In realtà, se tale
interpretazione risulta corretta, prescindendosi in questo caso dall'esplicito riferimento alla
diversità del sesso presente nell'art. 12 della CEDU, è anche vero che spetta, comunque, a
ciascuno Stato membro, e alla sovranità che fino a ora viene ad essi riconosciuta,
l'introduzione di leggi nazionali volte a disciplinare il diritto di sposarsi e il diritto di costituire
una famiglia. Va inoltre osservato che la Carta dei diritti dell'Unione Europea di Nizza non
possiede, attualmente, un valore cogente per i singoli ordinamenti ma soltanto
programmatico, poiché non è stata approvata con le forme tipiche delle norme comunitarie
previste dai trattati ed essendo ancora sub judice la sua rilevanza generale all'interno del
Trattato costituzionale dell'Unione Europea, il cui progetto è stato momentaneamente
accantonato per le difficoltà di ratifica riscontrate in diversi Stati membri.

      11
          Secondo Corte giustizia CE, 31 maggio 2001, n. 122, Regno Svezia e altro c. Cons. Ue, in Riv.
notariato, 2002, 1263 con nota E. Calò, La Corte di giustizia accerchiata dalle convivenze, è legittimo il rifiuto
del Consiglio dell'Unione europea di concedere il beneficio dell'assegno di famiglia ad un dipendente facente
parte di un'unione stabile registrata con un altro uomo sia perché il termine "matrimonio", secondo la definizione
comunemente accolta dagli Stati membri, designa una unione tra due persone di sesso diverso, sia perché la
situazione esistente negli Stati membri della Comunità quanto al riconoscimento delle unioni stabili tra persone
dello stesso sesso o di sesso diverso è caratterizzata da una estrema eterogeneità normativa. Sul tema cfr. altresì
M. BONINI BARALDI, Società pluraliste e modelli familiari: il matrimonio di persone dello stesso sesso in
Olanda, in Familia, 2001, 419 ss.
       12
          http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2006/com2006_0400it01.doc.
       13
          Cfr. G. FERRANDO, Famiglia e matrimonio, in Familia, 2001, 939 ss.; P. ZATTI, Familia, familiae -
declinazioni di un'idea i. la privatizzazione del diritto di famiglia, in Familia, 2002, 9 ss.; G. COSCO, Convivenza
fuori dal matrimonio: profili di disciplina nel diritto europeo, in Dir. fam. pers., 2006, 357 ss.

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La strada per superare le differenze ancora esistenti tra le diverse forme di convivenza è
da qualcuno rintracciata nell'art. 13 del Trattato istitutivo della Comunità Europea che, a
seguito delle modifiche introdotte col Trattato di Amsterdam, prevede una disposizione di
carattere generale in tema di discriminazione14. A tal fine la norma stabilisce che «fatte salve
le altre disposizioni del presente trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferito alla
Comunità, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa
consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per
combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le
convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali». Si discute, peraltro, del
rilievo della disposizione, escludendosi da una parte della dottrina il rilievo sostanziale della
norma, per cui in base ad essa non potrebbero porsi degli obblighi agli Stati membri15. Può
comunque affermarsi che una cosa sono le discriminazioni perpetrate nei confronti di coloro
che manifestano un orientamento sessuale diverso dal comune16, che non risultano più
ammissibili, altra è l'equiparazione della coppia omosessuale alla famiglia e allo status,
nonché ai diritti che ne conseguono.

      2.2. La legislazione degli Stati membri dell'Unione Europea.

       Al di là di quanto comunemente si crede, la maggioranza degli Stati membri ancora non
ha una legislazione specifica in tema di convivenze non fondate sul matrimonio. Sono infatti
una decina gli Stati membri la legge prevede forme di contratti o di partenariati registrati da
un'autorità pubblica17. Il primo Stato che ha introdotto una specifica disciplina in materia è la
Danimarca (1989), seguita dalla Svezia (1994), dai Paesi Bassi (1997), dal Belgio (1998), da
alcune comunità autonome della Spagna, dalla Francia (1999), dalla Germania (2001), dalla
Finlandia (2001), dal Portogallo (2001), dal Lussemburgo (2004) e dal Regno Unito (2005).
       Tra gli ordinamenti che hanno introdotto una specifica regolamentazione delle
convivenze18 è possibile delineare, a grandi linee, due aree di riferimento in considerazione
del tipo di intervento realizzato19.
       Al primo ambito sono riconducibili quelle discipline che istituzionalizzano la
convivenza, introducendo un rito che sanziona il legame in termini ufficiali. Il sistema

      14
          E. CALÒ, Le convivenze registrate nelle legislazioni dei paesi dell'unione europea, in Riv. notariato,
2000, 1059 ss.
       15
          L. FLYNN, The implications of article 13 EC - after Amsterdam, will some forms of discrimination be
more equal than others?, in Common Market Law Review, 1999, 1127 cit. da E. CALÒ, Le convivenze registrate
nelle legislazioni dei paesi dell'unione europea, cit., 1059 ss. che, peraltro, ritiene che la disposizione
contribuisca «alla valutazione del contenuto dell'ordine pubblico internazionale».
       16
          E. BATTAGLIA, «Sesso» e «orientamento sessuale» nell'interpretazione dell'art. 141 CE alla luce della
sentenza K. B. c. Regno Unito, in Dir. un. eur., 2004, 599 ss.
       17
          Per un panorama delle diverse discipline europee, E. CALÒ, La Corte di giustizia accerchiata dalle
convivenze, in Riv. notariato, 2002, 1272 ss.; J. I. ALONSO PEREZ, "Unioni civili", "unioni di fatto" e altre
convivenze. Rassegna della legislazione europea, in Quad. dir. pol. eccles., 2003, I, 343 ss.; G. COSCO,
Convivenza fuori dal matrimonio: profili di disciplina nel diritto europeo, cit., 357 ss. E. CALÒ, Le convivenze
registrate in Europa. Verso un secondo regime patrimoniale della famiglia, Milano 2000, 83 ss.
       18
          I testi delle discipline europee sono disponibili in lingua originale o in traduzione sul sito web del
Laboratorio Europeo sul Matrimonio e le Unioni Registrate (L.E.M.U.R.) http://www.lemur.unisa.it.
       19
          Cfr. G. OBERTO, contratti di convivenza e diritti del minore, in Dir. fam. pers., 2006, 242 ss. In termini
parzialmente diversi, F. MACIOCE, PACS. Perché il diritto deve dire no, Alba 2006, 39 ss. che differenzia un
primo gruppo caratterizzato dalle ipotesi di estensione analogica dell'istituto matrimoniale alle convivenze
(Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Germania), un secondo ambito in cui la scelta del legislatore è stata
quella di introdurre il principio dell'irrilevanza del sesso degli sposi (Olanda, Belgio e Spagna), un terzo gruppo
in cui la disciplina è caratterizzata dalla possibilità di regolamentare gli aspetti patrimoniali personali della
convivenza attraverso un accordo (Francia e Belgio).

                                                         6
prevede, in questi casi, l'estensione quasi analogica alle convivenze delle norme previste in
tema di matrimonio. Il modello legislativo di specie è costituito da un insieme disposizioni, in
genere non derogabili, la cui applicazione discende dalla scelta delle parti di dar luogo ad una
convivenza registrata. In questo ambito vanno ricomprese le discipline dei paesi nordici in
genere, quali la Danimarca, la Svezia e la Finlandia oltre alla Germania. Il modello in
questione si caratterizza per il fatto che la disciplina è tendenzialmente destinata a
regolamentare, in via esclusiva, le unioni formate da persone dello stesso sesso.
       Alla seconda area vanno ricondotte quelle legislazioni che introducono una disciplina
del contratto e della sua rilevanza giuridica, attribuendo alle parti stipulanti maggiore libertà
nella determinazione degli effetti giuridici discendenti dalla loro unione. La sua disciplina si
riferisce sia alle coppie eterosessuali che a quelle dello stesso sesso. Esempi riconducibili a
tale ambito sono rappresenti nella legislazione belga e in quella francese.
       Particolare attenzione nella trattazione delle diverse discipline sarà dedicata proprio alla
legislazione francese, relativa ai patti civili di solidarietà (Pacs), che in un certo immaginario
giuridico sono considerati un buon modello di riferimento per la regolamentazione del
fenomeno delle convivenze nel nostro ordinamento.

      2.2.1. La disciplina nei paesi nordici: Danimarca, Svezia e Finlandia.

       La prima disciplina organica in Europa in tema di rapporti di convivenza è stata
approvata dal Parlamento danese nel 198920. La legge 1 giugno 1989, n. 372 introduce la
«registeret partnerskab», la partnership registrata dinanzi ad un ufficiale di stato civile.
All’istituto possono accedere due persone dello stesso sesso (art. 1). Almeno un membro della
coppia deve essere di nazionalità danese e deve risiedere nel paese. Le cittadinanze norvegese,
svedese e islandese sono considerate come equipollenti a quella danese. Una persona che
abbia previamente contratto matrimonio o che sia partner di una convivenza registrata non
può contrarre matrimonio finché sussista il precedente matrimonio o la partnership. L'unione
registrata è assimilata al matrimonio e comporta gli stessi effetti legali (art. 3) ad eccezione di
talune norme specificamente indicate in tema di adozione, incapacità e tutela e di quelle
relative ai coniugi sulla base del loro sesso (art. 4). Per sciogliere l'unione registrata si
applicano le regole del divorzio consensuale che si svolge attraverso una procedura di
carattere amministrativo (art. 5).
       Il modello danese ha influenzato la disciplina degli altri paesi nordici.
       In Svezia una prima forma di registrazione è stata prevista nel 1988 al fine di garantire
alle unioni civili eterosessuali ed omosessuali taluni diritti in tema di proprietà sulla casa
comune e dei beni acquistati, per uso comune, nel corso della convivenza. In particolare la
legge disciplina le relazioni giuridiche della coppia (omosessuale o eterosessuale) riguardo la
casa comune e i beni acquistati, per uso comune, nel corso della convivenza.
       A tale disciplina ha fatto seguito la legge sulla partnership registrata, emanata il 23
giugno 1994, basata sul modello danese. La legge prevede che due persone dello stesso sesso
possono chiedere la registrazione della loro convivenza (Capitolo 1, Sezione 1). La
registrazione si potrà effettuare se almeno uno dei conviventi è cittadino svedese residente in
Svezia (Capitolo 1, Sezione 2). Requisito necessario è la maggiore età. Non possono
registrare la loro unione coloro che hanno legami di parentela in linea retta o i fratelli e sorelle
germani. In caso di fratelli o sorelle consanguinei o uterini, vi deve essere il permesso del
Governo o dell' autorità indicata dal Governo. Non si può effettuare la registrazione se la
persona è coniugata o già registrata come convivente. La registrazione può essere effettuata
      20
          F. FINOCCHIARO, La legge danese 7 giugno 1989 n. 372 sulla partnership omosessuale registrata, in
Dir. eccl., 1990, I, 319 ss.

                                                    7
da un Giudice legalmente qualificato presso la corte distrettuale o da una persona preposta dal
consiglio amministrativo della contea (Capitolo 1, Sezione 8). La procedura richiede la
presenza di testimoni (Capitolo 1, Sezione 6) ed entrambi i conviventi devono essere presenti
contemporaneamente al momento della registrazione. Ciascuno di loro separatamente, in
risposta a una domanda fattagli dalla persona preposta alla registrazione, dichiarerà di
acconsentire alla registrazione. La persona preposta alla registrazione dichiarerà in seguito
che loro sono conviventi registrati. La registrazione è nulla se non si è effettuata nei termini
descritti o se la persona preposta alla registrazione non era autorizzata a portarla a
compimento. La convivenza registrata si scioglie o per la morte di uno dei conviventi o per
decisione giudiziale (Capitolo 2, Sezione 1). Allo scioglimento si applicano le disposizioni del
capitolo 5 del Codice del matrimonio (Capitolo 2, Sezione 2). Gli effetti giuridici della
convivenza registrata sono gli stessi del matrimonio (Capitolo 3, Sezione 1), ad eccezione di
talune disposizioni in tema di inseminazione artificiale e di quelle la cui applicazione
comporti un trattamento speciale di un coniuge a ragione del suo sesso. La possibilità di
adottare minori, anche se figli dell'altro convivente, è stata introdotta con la legge del 5
giugno 2002.
       In Finlandia le convivenze registrate (Registered Partnership Act) sono disciplinate
dalla legge 9 novembre 2001, n. 25021. la normativa prevede che la registrazione è consentita
a due persone dello stesso sesso che devono aver compiuto 18 anni (Capitolo 1). Ai fini della
registrazione (Capitolo 4) almeno uno dei conviventi deve essere cittadino finlandese e
residente in Finlandia o entrambe le parti devono risiedere in Finlandia da almeno due anni.
Può altresì chiedere la registrazione i cittadini di uno Stato in cui sia prevista la registrazione
della convivenza. La convivenza registrata fra persone dello stesso sesso è valida in Finlandia
se lo è nello Stato in cui la registrazione ha avuto luogo. La registrazione è di competenza
della stessa autorità incaricata di celebrare i matrimoni civili. Su tale linea, la legge propone
una piena equiparazione dell'istituto della unione registrata al matrimonio salvo diversamente
stabilito. In tal senso, i limiti legali al matrimonio derivanti dai rapporti di sangue si applicano
anche alle unioni registrate. Ancora, lo scioglimento dell'unione registrata avviene sulla base
delle disposizioni previste dalla legge sul matrimonio (Capitolo 2, Sezione 7), così come la
disciplina degli effetti legali (Capitolo 3, Sezione 8). Non si estendono invece alle coppie
omosessuali la disciplina sulla paternità e le altre previsioni che si basano esclusivamente
sulla diversità di sesso degli sposi. Altresì escluse dall'ambito di applicazione sono le
disposizioni in tema di adozione e di assunzione di un nome familiare comune (Capitolo 3,
Sezione 9).

      2.2.2. La legge olandese sulla registered partnership.

      Nei Paesi Bassi22 la legge del 5 luglio 1997 sulla registered partnership (Geregistreerd
partnerschap), in vigore dal 1° gennaio 1998, attribuisce ad ogni coppia, indipendentemente
dal sesso dei conviventi, il diritto di registrare la loro unione alternativamente alla
celebrazione di un matrimonio23.
      La registrazione è consentita a quelle coppie di cui una almeno abbia la cittadinanza
olandese, ovvero la propria residenza o domicilio abituale nello Stato dei Paesi Bassi. Una
volta effettuata la registrazione, al rapporto di convivenza si applicano le stesse disposizioni
previste per il matrimonio in tema di diritti e doveri dei coniugi e di regime patrimoniale. In

      21
           M. SAVOLAINEN, Registered Partnership Act Adopted in Finland, in Familia, 2002, 775 ss.
      22
           La legge 21 dicembre 2000 ha introdotto nei Paesi Bassi il matrimonio fra persone dello stesso sesso.
        23
           E. CALÒ, Le convivenze registrate in Europa. Verso un secondo regime patrimoniale della famiglia,
cit., 99 ss.

                                                       8
particolare, se le parti non decidono diversamente, si applica loro il regime della comunione
legale dei beni. Fanno eccezione i beni acquisiti attraverso atto di donazione o per via
testamentaria, quando si preveda che l'attribuzione non è fatta alla comunione.
       Diversamente dal matrimonio, tuttavia, l'unione registrata può essere sciolta senza alcun
intervento del Giudice24. Lo scioglimento della convivenza, infatti, può avvenire per mutuo
consenso, attraverso un accordo delle parti che preveda la cessazione del rapporto, seguito da
una dichiarazione relativa al fatto della cessazione e al momento in cui è avvenuta, con la
certificazione di uno o più avvocati o notai. L'accordo può prevedere il pagamento di un
assegno di mantenimento, la regolamentazione del godimento dell'immobile di residenza
comune, la divisione della comunione. Lo scioglimento produce i suoi effetti dal momento
che la dichiarazione di scioglimento viene iscritta nel registro di stato civile. L'iscrizione, a
pena di inefficacia, deve avvenire entro tre mesi dalla conclusione dell'accordo. La legge 21
dicembre 2000 consente anche alle coppie registrate di adottare figli minori, purché vi sia
stata una convivenza di almeno tre anni (art. 227 BW).

      2.2.3. La legislazione tedesca in tema di registrazione delle convivenze.

      Nell'ordinamento tedesco, se la Legge Fondamentale tutela esplicitamente le famiglie
fondate sul matrimonio (art. 6), dottrina e giurisprudenza hanno individuato nella disposizione
che protegge i diritti del singolo aventi rilevanza sociale (art. 2) lo strumento per tutelare le
situazioni di convivenza more uxorio25.
      Per venire incontro alle richieste delle coppie dello stesso sesso che si sentivano
discriminate dalla mancanza di un riconoscimento formale del loro rapporto, il legislatore ha
approvato la legge sulla cessazione delle discriminazioni delle unioni omosessuali,
Lebenspartnerschaftsgesetz del 16 febbraio 2001, che contiene la disciplina della convivenza
registrata nell'ambito dell’art. 126. Tale normativa ha superato anche il vaglio della Corte
costituzionale tedesca, che ha respinto le questioni di costituzionalità sollevate da alcuni
Länder in riferimento al contrasto con l'articolo 6 della Legge Fondamentale e con il principio
di eguaglianza (art. 3, co. 1 e 3). Nella sentenza del 17 luglio 200227, la Corte ha specificato
che la tutela riservata al matrimonio non impedisce l'introduzione di una disciplina specifica
per altre forme di convivenza. In ragione proprio della diversità delle unioni considerate,
alcun pregiudizio potrebbe derivare per il rapporto coniugale. Sotto altro profilo, la Corte non
ha rilevato alcuna violazione del principio di uguaglianza, poiché solo persone di sesso
diverso possono contrarre un matrimonio mentre la convivenza registrata è riservata,
unicamente, alle coppie dello stesso sesso.
      Secondo la disciplina vigente possono accedere all'istituto della convivenza registrata
due persone dello stesso sesso che dichiariano, dinanzi all'Autorità competente28, di volere
condurre una convivenza a vita. Le dichiarazioni devono essere rese personalmente e alla

      24
          Cfr. M. BONINI BARALDI, Società pluraliste e modelli familiari: il matrimonio di persone dello stesso
sesso in olanda, cit., 419 ss.
       25
          F. FERRARI, La convivenza more uxorio nei paesi di lingua tedesca: una comparazione, in Dir. fam.
pers., 1992, 431 s.; G. COSCO, Convivenza fuori dal matrimonio: profili di disciplina nel diritto europeo, cit.,
370.
       26
          C. CARICATO, La legge tedesca sulle convivenze registrate, in Familia, 2002, 501 ss.
       27
               Il     testo     della      sentenza     può     essere       rinvenuto     sul       sito    web
http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/frames/ls20020717_1bvf000101. Critiche nei confronti
della pronuncia sono state sollevate da F. D. BUSNELLI, La famiglia e l'arcipelago familiare, cit., 524 ss.
       28
          L'individuazione dell'autorità competente e delle norme relative alla procedura di registrazione con la
precisazione dei documenti necessari è devoluta alla competenza dei singoli Länder, cfr. C. CARICATO, La legge
tedesca sulle convivenze registrate, cit., 501 ss.

                                                       9
contemporanea presenza dei due conviventi. Limiti per la costruzione di una convivenza sono
contenuti nel § 1, relativamente alla minore età, allo stato libero, ai rapporti di parentela o al
mancato impegno sull'obbligo di assistenza e di sostegno reciproco. È altresì richiesta una
dichiarazione sul regime patrimoniale prescelto. Non vi è l'obbligo per i conviventi di portare
un nome comune ma ciò è loro comunque consentito.
      Riguardo al regime patrimoniale, i conviventi possono dichiarare di scegliere il regime
di comunione degli incrementi (§ 1363 BGB) o la disciplina fissata in un contratto di
convivenza ai sensi del § 7. Con una disciplina che in qualche modo, ricorda la nostra
comunione de residuo, in caso di regime patrimoniale di comunione degli incrementi, non
diventano patrimonio comune i beni che i conviventi hanno all'inizio del rapporto o che
acquisiscono durante il suo svolgimento. In tale situazione ciascun convivente gestisce da sé
il proprio patrimonio. La compensazione degli incrementi ottenuti si ha soltanto al momento
della cessazione del rapporto patrimoniale. In alternativa, ai conviventi è data la possibilità di
costituire un contratto di convivenza. In caso di inefficacia della scelta operata, si applicherà il
regime della separazione dei beni.
      La disciplina introduce, altresì, il diritto al mantenimento in caso di scioglimento
dell'unione (§ 12).
      Sul piano successorio, il legislatore ha introdotto una disciplina affine a quella prevista
per il coniuge (§ 10). In tal senso, il convivente è considerato erede legittimo accanto ai
parenti di primo grado per un quarto dell'asse, mentre accanto ai parenti secondo grado o agli
ascendenti di secondo grado la quota spettante è pari alla metà. In assenza di tali successibili,
il convivente ha diritto all'intera eredità.

      2.2.5. Il pluralismo autonomistico dell’ordinamento spagnolo in tema di coppie di
fatto. Cenni sul taluni profili delle diverse discipline regionali.

      In materia di convivenze al di fuori del matrimonio29, nel sistema giuridico spagnolo
non vi è un'unica legge nazionale che regolamenta il fenomeno delle convivenze, essendo
stata la materia oggetto di interventi territorialmente circoscritti ad opera delle autonomie che
compongono lo Stato spagnolo30. Si assiste, così, in Spagna ad una legislazione a macchia di
leopardo, differenziata da regione a regione con sfumature diverse. Numerose sono le
Comunità autonome, con competenze nel diritto civile31, che hanno introdotto discipline
specifiche per le unioni di fatto, estendendo tale disciplina anche alle coppie omosessuali.

       29
           In questa sede non si tratterà delle recenti innovazioni introdotte nell'ordinamento spagnolo in tema di
matrimonio, in base alle quali è stata superata la distinzione del sesso come elemento qualificante l'istituto del
matrimonio. Si tratta della l. 1° luglio 2005 n. 13, di modifica del codice civile in materia di diritto a contrarre
matrimonio che ha introdotto nell’ordinamento spagnolo il matrimonio tra persone dello sesso. Sul tema:
AA.VV., La legge spagnola sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e la tutela delle coppie omosessuali in
Italia, in Foro it., 2005, V, 256 ss. con saggi di: R. ROMBOLI, Note introduttive; N. PIGNATELLI, Nozione di
matrimonio e disciplina delle coppie omosessuali in Europa; M. CARRILLO, La legge spagnola sul matrimonio
tra omosessuali ed i principî costituzionali; E. EXPOSITO GOMEZ, La legge spagnola sul matrimonio tra
omosessuali e la Costituzione spagnola; V. E. LAUROBA, La legge spagnola sul matrimonio tra omosessuali ed i
principî del diritto civile spagnolo.
        30
           J. I. ALONSO PEREZ, La famiglia di fatto in spagna: legislazione regionale, in Giur. merito, 2006, 2052
ss.; E. ROCA TRIAS (a cura di), Estudio comparado de la regulación autonómica de las parejas de hecho:
soluciones armonizadoras, Madrid 2005.
        31
           Le competenze in materia di legislazione civile regionale sono riconosciute dalla carta costituzionale
all'art. 149.1.8. Tale disposizione, sebbene riservi allo Stato la legislazione civile, garantisce la conservazione, la
modificazione lo sviluppo del diritto civile statuario presente nelle singole comunità autonoma e di dove questo
già esistesse al momento dell'entrata in vigore della carta costituzionale cfr. J. I. ALONSO PEREZ, La famiglia di
fatto in Spagna: legislazione regionale, cit., 2054 ss. Tuttavia, non è così pacifica in dottrina la competenza in

                                                         10
Tra di esse vi sono: la Catalogna (l. 15 luglio 1998 n. 10, sulle unioni stabili), l’Aragona
(l. 26 marzo 1999 n. 6, relativa alle coppie stabili e non sposate), la Navarra (l. forale 3 luglio
2000 n 5, per l’eguaglianza giuridica delle coppie stabili), la Comunità Valenziana (l. 6 aprile
2001 n. 17, con cui si regolano le unioni di fatto), le Baleari (l. 19 dicembre 2001 n. 11, sulle
coppie stabili), Madrid (l. 19 dicembre 2001 n. 11, sulle unioni di fatto), l’Asturia (l. 23
maggio 2002 n. 4, sulle coppie stabili), l’Andalusia (l. 16 dicembre 2002 n. 5, sulle coppie di
fatto), le Canarie (l. 6 marzo 2003 n. 5, per la regolamentazione delle coppie di fatto),
l’Estremadura (l. 20 marzo 2003 n. 5, sulle coppie di fatto), il Paese Basco (l. 7 maggio 2003
n. 2, che disciplina le coppie di fatto) e la Cantabria (l. 16 maggio 2005 n. 1, che disciplina le
coppie di fatto).
       Le Comunità autonome in questione hanno deciso di introdurre una loro disciplina a
seguito del fallimento della proposta di introdurre una disciplina organica a livello statale32.
Le discipline si presentano alquanto eterogenee per contenuti33, ma tutte mirano al
riconoscimento formale della convivenza anche con riferimento alle coppie dello stesso sesso.
Nell'impossibilità, in questa sede, di analizzare compiutamente tutte le diverse discipline
verranno trattati alcuni aspetti specifici, come il riconoscimento delle unioni, i regimi
patrimoniali, i diritti successori e la facoltà di adottare34.
       Per quanto concerne il riconoscimento delle unioni, questo può avvenire attraverso
l'iscrizione nell'apposito registro o, in via automatica, attraverso la prosecuzione della
convivenza per un determinato periodo di tempo, generalmente indicato in uno o due anni,
fatta eccezione dei casi in cui sia nata della prole, per cui il riconoscimento prescinde da
vincoli temporali. Tale automatica istituzionalizzazione, anche prescindendo dal consenso
delle parti, è prevista, ad esempio, nella legislazione della Catalogna, della Navarra, delle
Canarie e dell’Asturia. Intento del legislatore, in questo caso, è di stabilire una
regolamentazione minima del fenomeno delle convivenze a tutela della parte debole,
soprattutto a seguito della cessazione del rapporto.
       In merito ai rapporti patrimoniali, le disposizioni regionali introducono per le
convenzioni tra conviventi i medesimi limiti previsti per il regime matrimoniale. Tali accordi,
pertanto, non possono essere contrari ai contenuti minimi fissati dalla legge, al buon costume,
né possono incidere sull'eguaglianza dei diritti spettanti ai conviventi. Tuttavia, differenziate
sono le singole discipline relative alle situazioni patrimoniali, non del tutto assimilabili ai
rapporti scaturenti dal matrimonio. Maggiore, infatti, è l'autonomia contrattuale riconosciuta
ai conviventi. In via di estrema approssimazione possono distinguersi discipline in cui è
presente l'affermazione del principio della libertà dei patti (Andalusia, Asturia), da quelle in
cui si introducono principi minimali utilizzabili in caso di mancata conclusione dell'accordo
(Catalogna, Aragona, Navarra, Paese Basco).
       Sul piano successorio riconoscono la posizione del convivente nella successione ab
intestato la Navarra e il Paese Basco, mentre alcuni effetti sono presenti nella legislazione

capo alle Comunità autonoma per disciplinare le unioni di fatto. In tal senso, si sostiene che la disciplina delle
convivenze non faceva parte di nessuno e di regionali preesistenti e che, comunque, la disciplina dei rapporti
giuridico civili riguardanti le forme di matrimonio gli obblighi contrattuali spettano alla competenza esclusiva
dello Stato. Le Comunità che non hanno una loro specifica competenza in tema di diritto civile si sono basate su
altri titoli competenziali, come la difesa della famiglia o l’art. 149.1.1, E. LAUROBA, La legge spagnola sul
matrimonio tra omosessuali ed i principî del diritto civile spagnolo, cit., 272 ss.
        32
            E. LAUROBA, La legge spagnola sul matrimonio tra omosessuali ed i principî del diritto civile
spagnolo, cit., 272 ss. Sono tuttavia presenti nell'ordinamento statale disposizioni sparse in discipline speciali
che estendono alle coppie non sposate a taluni diritti riconosciuti a coloro che contraggono matrimonio. Si pensi
alla disciplina in tema di adozione congiunta (l. 21/87), di riproduzione assistita (l. 35/88) e di successione nel
contratto di locazione del convivente del locatario defunto (l. 29/94).
        33
            La legge catalana, ad esempio, disciplina separatamente le convivenze eterosessuali da quelle
omosessuali, mentre gli altri sistemi in genere introducono una disciplina unica per le unioni civili.
        34
           Diffusamente, J. I. ALONSO PEREZ, La famiglia di fatto in Spagna: legislazione regionale, cit., 2052 ss.

                                                       11
della Catalogna e dell’Aragona, in quest'ultimo caso anche una possibilità di testare in
comune.
      Sotto il profilo dell'adozione, la stessa è attualmente consentita, a prescindere dal sesso
dei conviventi, in Aragona, Navarra, Paese Basco, Cantabria e Catalogna. Le disposizioni in
oggetto sono state approvate in attuazione del «diritto civile proprio» riconosciuto alle
Comunità in questione35.

      2.2.6. La disciplina belga sulla cohabitation légale.

      La legge del 23 novembre 1998 introduce nell’ordinamento belga la coabitazione legale
(cohabitation légale), apportando talune modifiche al codice civile36. Sono stati pertanto
inseriti gli artt. 1475-1479 nel libro III del Codice civile, sotto il Titolo V bis, intitolato
«Della coabitazione legale».
      Coabitazione legale, innanzitutto, è la situazione di vita comune di due persone che
abbiano prestato una dichiarazione mediante un documento scritto, ai sensi dell'art. 1476,
dinanzi all'ufficiale dello stato civile del domicilio comune. Per poter prestare una
dichiarazione di coabitazione legale, le due parti debbono non essere vincolate da matrimonio
o da altra coabitazione legale ed essere capaci di stipulare contratti ai sensi della disciplina
vigente. Il documento scritto deve contenere: 1) la data della dichiarazione; 2) i nomi,
cognomi, luogo e data di nascita e sottoscrizione delle due parti; 3) il domicilio comune; 4) la
menzione della volontà delle parti di coabitare legalmente; 5) la menzione che le due parti
sono già conoscenti del contenuto degli artt. 1475-1479, e relativi proprio alla disciplina della
coabitazione legale; 6) se del caso, la menzione della convenzione di cui all’art. 1478,
conclusa tra le parti. L’ufficiale di stato civile controlla che le due parti abbiano adempiuti i
requisiti di legge che disciplinano la coabitazione legale e, in caso affermativo, iscrive la
dichiarazione nel registro della popolazione (art. 1476 § 1).
      Riguardo ai diritti e ai doveri scaturenti dalla situazione di convivenza, la legge si limita
a disciplinare i profili patrimoniali (artt. 1477 e 1478). In particolare, si prevede l'estensione
delle previsioni dedicate al matrimonio in tema di immobile destinato ad abitazione comune,
tra cui il divieto di disporne senza il consenso dell'altro convivente e l'obbligo del locatore di
comunicare la disdetta ad entrambi i conviventi. I conviventi legali concorrono alle spese
della vita comune in proporzione delle loro risorse. In tal senso, ogni debito contratto dai
conviventi legali per i bisogni della vita comune e dei figli da loro allevati obbliga
solidalmente anche l'altro convivente. Tuttavia, costui non è obbligato per le spese che siano
eccessive rispetto alle risorse dei conviventi.
      La legge prevede un regime di comunione limitata a quei beni di cui nessuno dei
conviventi legali possa dimostrare la titolarità ed i redditi che da essi provengono (art. 1478).
In tal senso, ciascuno dei conviventi legali conserva i beni di cui possa dimostrare la
proprietà, i redditi provenienti da tali beni ed i redditi del suo lavoro. È peraltro data facoltà ai
conviventi di disciplinare le modalità della loro coabitazione legale mediante patto, che non
può contenere disposizioni contrarie all'art. 1477, all'ordine pubblico, al buon costume o alle
norme relative la potestà parentale, la tutela e alle norme che disciplinano l'ordine legale per
la successione. Questo patto è steso mediante atto pubblico davanti al notaio ed è oggetto di
menzione al registro della popolazione.

      35
           E. LAUROBA, La legge spagnola sul matrimonio tra omosessuali ed i principî del diritto civile
spagnolo, cit., 272 ss.
        36
           E. CALÒ, Le convivenze registrate in Europa. Verso un secondo regime patrimoniale della famiglia,
cit., 78 ss.

                                                    12
A tutela delle posizioni dei singoli conviventi, allorquando si verifichino situazioni atte
a turbare il rapporto di convivenza, è prevista la possibilità del ricorso al Giudice di pace che
disporrà, a domanda di una delle parti, i provvedimenti urgenti e provvisori relativi
all’occupazione della residenza comune, alla persona ed ai beni dei conviventi e dei figli ed
alle obbligazioni legali e contrattuali dei due conviventi (art. 1479). Il Giudice di pace
stabilisce la durata delle misure da lui disposte che cesseranno di produrre effetti dal giorno
della cessazione della convivenza legale, attuata secondo le forme previste dalla stessa
disciplina all'art. 1476. Dopo la cessazione della coabitazione legale, e purché la domanda sia
stata presentata entro i tre mesi da tale cessazione, il Giudice di pace emana i provvedimenti
urgenti e provvisori resi necessari da tale cessazione. Egli stabilisce la durata dei
provvedimenti emanati, che comunque non può andare oltre l’anno.
       Per quanto concerne lo scioglimento dello stato di coabitazione, questo si verifica
quando una delle parti contrae matrimonio, decede o quando vi è posta fine di comune
accordo o con atto unilaterale (art. 1476 § 2). In caso di cessazione volontaria, è necessaria
una dichiarazione scritta consegnata contro rilascio di una ricevuta all'ufficiale di stato civile
che contenga: 1) date della dichiarazione; 2) nomi, cognomi, luoghi e date di nascita delle due
parti e sottoscrizioni delle due parti o della parte che rende la dichiarazione; 3) domicilio delle
due parti; 4) la menzione della volontà di porre fine alla coabitazione legale. La legge
disciplina, altresì, le modalità con cui la dichiarazione di cessazione viene portata a
conoscenza dell'ufficiale di stato civile e dell'altra parte, nel caso in cui vi sia stata una
dichiarazione unilaterale37. L'ufficiale di stato civile iscrive la cessazione della coabitazione
legale nel registro della popolazione.

       2.2.7. Il pacte civil de solidarité: la via francese alla disciplina delle convivenze.

       L'istituto giuridico del patto civile di solidarietà (Pacs) è stato introdotto
nell'ordinamento transalpino dalla legge n. 99-944 del 15 novembre 199938. La legge è
composta da quindici articoli. Le disposizioni possono essere ripartite, sommariamente, in due
ambiti. Da un lato gli articoli da uno a tre, che inseriscono nel codice civile la disciplina
essenziale del patto civile di solidarietà e che definiscono il concubinato. Dall'altro le
disposizioni successive che estendono ai contraenti del Pacs alcune garanzie, in passato

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           La dichiarazione di cessazione di comune accordo è consegnata all'ufficiale di stato civile del comune
del domicilio delle due parti o, nel caso in cui le parti non siano domiciliate nello stesso comune, all'ufficiale di
stato civile del comune del domicilio di una di esse. In tal caso, l'ufficiale di stato civile notifica la cessazione,
entro otto giorni e per lettera raccomandata, all'ufficiale di stato civile del domicilio dell’altra parte. La
dichiarazione unilaterale di cessazione è consegnata all’ufficiale di stato civile del comune di domicilio delle due
parti o, quando le parti non sono domiciliate nello stesso comune, all’ufficiale di stato civile del comune del
domicilio della parte che emette la dichiarazione. L’ufficiale di stato civile notifica la cessazione all’altra parte
entro otto giorni e mediante ufficiale giudiziario e, se fosse conveniente, la notifica, entro lo stesso termine e con
lettera raccomandata, all’ufficiale di stato civile del comune del domicilio dell’altra parte.
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           Il testo è consultabile anche sul sito web del Governo francese: http://www.legifrance.gouv.fr. La
versione italiana è presente sulla Riv. crit. dir. priv., 2000, 152 ss. La produzione dottrinale sul PACS è ampia.
Tra i contributi apparsi nella dottrina italiana cfr. F. GRILLINI, Omosessuali e diritti. Il Pacs in Francia e il
confronto con la situazione italiana, in Riv. crit. dir. priv., 2000, 183 ss.; F. PICCALUGA, Famiglia di fatto e
concubinage: la recente disciplina del patto sociale di solidarietà (pacs), in Fam. dir., 2000, 417 ss.; P.
VITUCCI, «Dal dì che nozze ...» Contratto e diritto della famiglia nel pacte civil de solidarité, in Familia, 2001,
713 ss.; A. AMBANELLI, La disciplina del pacte civil de solidarité e del concubinage, in Nuova giur. civ. comm.,
2001, II, 75 ss.; G. GRASSO, La disciplina francese dei patti civili di solidarietà: cronaca di una legge superflua,
in Dir. e giur., 2001, 88 ss.; C. MINASSO, Il patto civile di solidarietà e la situazione italiana, in
http://www.diritto.it/articoli/civile/minasso.html, 2002, F. PICCALUGA, Famiglia di fatto e contratto: il pacte
civil de solidarité, in Contr. e impr., 2002, 115 ss. Per i riferimenti nella dottrina francese cfr. G. GRASSO, La
disciplina francese dei patti civili di solidarietà: cronaca di una legge superflua, cit., 88 ss.

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