LA GENESI DI ENGELBERTA - Francesco Bellotto Home ...

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1. LA GENESI DI ENGELBERTA
L'Engelberta è un dramma per musica in un Prologo e cinque atti rappresentato
per la prima volta a Milano il 21 giugno 1708 su libretto di Apostolo Zeno
(1668-1750) e musica di Andrea Fiorè (1668-1732), maestro della Cappella Reale
dei Savoia. La nuova produzione era inserita nel denso carnet di eventi
organizzati in occasione della visita della duchessa Elisabetta Cristina di
Brunswick-Wolfenbüttel (1691-1750). La nobile sedicenne in quei mesi era
impegnata in un fastoso viaggio cerimoniale da Vienna verso la Spagna, dove
avrebbe raggiunto il promesso sposo Carlo d'Asburgo (1685-1740) alla corte di
Barcellona. Le nozze verranno celebrate il 1° agosto: Elisabetta Cristina
diventerà in quella data ufficialmente regina di Spagna e assumerà nel 1711 la
dignità di Imperatrice Romano-Germanica a seguito dell'elezione del marito al
soglio.

Per la tappa milanese del viaggio si organizzarono sontuosi festeggiamenti con
la collaborazione, fra l'altro, del più illustre architetto/scenografo italiano
del periodo, Ferdinando Galli Bibiena (1657-1743). Si mise in scena anche
L'Engelberta al «Teatro Regio» di Palazzo Ducale, nuova sala allestita in tutta
fretta dopo che un incendio aveva devastato il Salone Margherita all'inizio di
quello stesso 1708.1

In considerazione del prestigio della circostanza, la reputazione di Apostolo
Zeno in quel 1708 doveva essere necessariamente altissima, e la nuova Engelberta
soddisfece le attese, diventando -fra l'altro- un testo di riferimento nel
catalogo di Zeno: la sua fortuna fu tale da indurre gli impresari della penisola
ad almeno quindici riprese nella prima metà del Settecento. Gli autori delle
musiche e delle scene naturalmente cambiavano ad ogni piazza, come prassi di
quegli anni. Riveste particolare importanza la prima ripresa del testo a pochi
mesi di distanza dal debutto: il 26 dicembre 1708 Engelberta (questa volta senza
articolo determinativo) fu messa in scena al teatro San Cassiano, un po'
scorciata e priva del Prologo d'occasione, ma pur sempre in cinque atti. 2 Questa
è la versione che la Fondazione Teatro La Fenice riproporrà al pubblico in prima
mondiale in tempi moderni.

Se possibile, l'impegno produttivo della ripresa veneziana fu maggiore rispetto
a quello dell'esordio 'imperiale' a Milano. Nel teatro di Francesco Tron fu
radunata una compagnia di eccelsi virtuosi quali il Senesino, Santa Stella, la
Romanina e il Cortona, per limitarci solamente ai primi quattro ruoli. In molta
bibliografia e nelle cronologie viene indicato come autore delle musiche di
questa Engelberta Francesco Gasparini (1661-1727). Tuttavia, recentissimi studi
di Franco Rossi, condotti su fonti musicali e documentarie inedite, hanno
stabilito che la paternità integrale del titolo sarebbe invece di Tomaso
Albinoni, celeberrimo compositore veneziano che in quegli anni collaborava
stabilmente con i Tron assieme a Gasparini. Del resto, anche l'attribuzione del
libretto, storicamente considerata come collaborazione paritetica fra Pariati e
Zeno, andrà riconsiderata grazie alle nuove prospettive aperte in questa
occasione dalla ricerca.

1 Troviamo per la prima volta titolo e menzione dell'incendio in una bella lettera di
  Zeno allo storiografo senese Uberto Benvoglienti (1668-1733) inviata da Venezia il 23
  febbraio: «Il Carnovale è la stagione che per l'ordinario più di qualsivoglia altro
  tempo mi tiene occupato[...]. Nel passato principalmente mi si sono affacciati in
  folla gli obblighi de' Componimenti Drammatici, poiché mi è convenuto lavorarne tre
  per Venezia, ed uno per Milano[...]. Volentieri le avrei inviato [...] Engelberta, se
  l'incendio di quel teatro non ne avesse sospesa ad altro tempo e la comparsa e la
  stampa, la quale però seguirà dopo la prossima Pasqua [...], e forse che questo le
  parrà meno imperfetto degli altri tre, i quali però sono stati quì ricevuti con molto
  compatimento.»
2 La riduzione in tre atti prese a circolare dopo la produzione di Napoli del 1709.
COLLEGAMENTI
 Tomaso Albinoni              https://www.treccani.it/enciclopedia/tomaso-albinoni_(Dizionario-
                              Biografico)/
Apostolo Zeno                 https://www.treccani.it/enciclopedia/apostolo-zeno_%28Dizionario-
                              Biografico%29/
                              http://www.apostolozeno.it/public/

Cristina Elisabetta           https://it.wikipedia.org/wiki/Elisabetta_Cristina_di_Brunswick-Wolfenb
                              %C3%BCttel
Carlo d'Asburgo               https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_VI_d%27Asburgo

Luca Carlevaris               1708: il Re di Danimarca a Venezia.
                              https://arthive.com/it/artists/791~Luke_Carlevaris/works/485845~Regata
                              _sul_Canal_Grande_in_onore_di_Federico_IV_re_di_Danimarca
                              http://arte.cini.it/Opere/503758#gallery

Libretto di Milano            https://books.google.it/books?
                              id=H7_U2hr72DAC&pg=PA19&dq=Engelberta&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa
                              =X&ved=2ahUKEwje9-
                              XF_vXwAhXB4KQKHSnIAG0Q6wEwA3oECAUQAQ#v=onepage&q=Engelberta&f=false
Libretto di Venezia           https://books.google.it/books?
                              id=xZPPoZnGltgC&pg=PA3&dq=Engelberta&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=
                              X&ved=2ahUKEwje9-
                              XF_vXwAhXB4KQKHSnIAG0Q6AEwAnoECAcQAg#v=onepage&q=Engelberta&f=false
Confronto     fra     i   due http://www.francescobellotto.it/engelberta--materiali.html
libretti
Il libretto nella riduzione http://www.francescobellotto.it/engelberta--materiali.html
Malibran 2021
La particella (continuo e http://www.francescobellotto.it/engelberta--materiali.html
linee     vocali)      della
riduzione Malibran 2021
Il Senesino                   https://www.sienanews.it/cultura/francesco-bernardi-detto-il-senesino/
                              https://bibliolmc.ntv31.com/node/1402

2. LE FONTI NARRATIVE
La scelta dell'ambientazione della trama potrebbe essere preso come caso di
scuola per dimostrare quanto importante fosse la connessione tra politica e
teatro d'opera: la trama è concepita come strumento di celebrazione degli
Asburgo. Le perigliose vicende della protagonista eponima sembrano rispondere a
tecniche che oggi non esiteremmo a definire di reputation building.

Non fu difficile per Zeno, storico di vaglia, trovare nel passato una coppia
imperiale che esemplasse le magnifiche virtù di Elisabetta Cristina e Carlo. La
scelta cadde su Ludovico II il Giovane (825-875) e Angilberga d'Alsazia
(imperatrice di stirpe longobarda, vissuta fra 830 e 901, presumibilmente figlia
di Adelchi Duca di Spoleto e madre d'Ermengarda). Zeno colloca perciò la vicenda
in epoca carolingia, precisamente nell'anno 860.

Come base per il lavoro, Zeno utilizzò un composito insieme di fonti storiche e
drammatiche latine, spagnole e italiane assieme ad alcuni scenari della commedia
dell'arte e fors'anche libretti d'opera.

Zeno nell'Avvertenza al libretto cita Felice Astolfi, che nel suo Della Officina
Istorica (ristampato in innumerevoli occasioni dopo l'esordio veneziano del
1601) avrebbe raccontato l'episodio d'una imperatrice accusata falsamente di
avvelenamento, anche se -lo apprendiamo per excusatio dall'autore stesso- il
fatto era «susseguentemente accaduto sotto un altro Imperadore», dunque non
nell'epoca di Lodovico. L'Astolfi in effetti racconta la leggenda del duca Carlo
di Valois-Orléans (1394-1465), al quale l'ingenua moglie Maria di Cleves
somministrò una «vivanda» magica cercando di recuperarne l'amore. Il filtro però
era un veleno che pose Carlo in pericolo di morte.
Il fraudolento scambio di filtri (bevanda amatoria/veleno) si rintraccia nelle
cronache anche associato alla figura di Gaston III Fébus conte di Foix (1331-
391), o -volendo risalire a modelli archetipici- anche a Ferora, fratello di
Erode, avvelenato, appunto, per mezzo d'un falso filtro d'amore.

Tuttavia, il percorso narrativo centrale utilizzato da Zeno per il libretto non
è contenuto nella Officina Istorica, ma in altre opere dell'Astolfi che
riprendono fonti medievali.3 La narrazione si basa sulla peripezia d'una
bellissima imperatrice romana devota alla Madonna e falsamente accusata dal
cognato d'aver voluto «lussuriare» con lui in assenza del marito. Nei Cento
Avenimenti   di Astolfi si racconta perciò che «Prestossi l'imperadore fede, &
comandò ad alcuni suoi servi, che conducendo la Imperatrice in certa folta
selva, quivi le spiccassero la testa dal busto» [...]. «Ella di ciò accorgendosi
alzò la voce quanto puote, chiamando in suo aiuto la Reina del Cielo. Et ecco,
che un nobile Cavaliere ivi passando vicino, e sentendo le grida di donna [..]
et veggendo i due scelerati, che stavano in atto di farle forza, gli uccise
immantinente.» Dopo molti anni l'imperatrice, creduta morta e invece fuggita
lontano sotto falso nome, grazie all'intercessione della Vergine Maria ritorna a
Roma in incognito, recando con sé un'erba miracolosa in grado di risanare le
malattie. L'imperatore è stato colpito dalla lebbra, e anche il fratello è morto
per il medesimo morbo dopo aver confessato davanti al Papa la verità
sull'imeratrice. La donna guarisce il consorte dalla lebbra, ma non
dall'infelicità: conscio dell'errore irreparabile, l'imperatore, è divorato dal
rimorso. Finalmente -vedendo il pentimento dell'imperatore- la guaritrice
miracolosa rivela la sua vera identità, raccontando tutte le peripezie occorse.
A questo punto «Voleva l'Imperadore come se fosse da morte risorta, di nuovo
sposarla in consorte: ma ella, con pace di lui, si fece dal Papa in un Monastero
vestire, & benedire Monaca.»

Certo è che la figura leggendaria di questa imperatrice ricorda abbastanza da
vicino la figura storica della nostra Angilberga d'Alsazia, non foss'altro per
l'ultima parte della sua biografia: infatti, dopo la morte dell'imperatore,
Angilberga si fece monaca e fondò il monastero di San Sisto in Piacenza,
diventandone Badessa nell'896.

Sono dunque molti i dettagli di trama che corroborano la lettura 'politica' del
soggetto: l'ambientazione nel sacro romano impero da poco nato dalla dinastia di
Carlo Magno; la coppia imperiale di ceppo germanico regnante su genti latine; il
sovrano cattolico impegnato in una lunga guerra a difesa dell'impero alleato al
papato; la ricongiunzione della coppia dopo lungo viaggio e attesa; la
proclamazione pubblica della «forza dell'innocenza» della virtuosa sposa
imperiale; l'aiuto risolutivo di un nobilissimo duca francese che, esattamente
come Eugenio di Savoia (Governatore di Milano nel 1708), si era messo al
servizio dell'imperatore germanico.4

Quasi   fosse   un racconto   agiografico,  la  narrazione   ricevette  diverse
reintonazioni nei secoli: evidenti sono la matrice controriformista e il
messaggio educativo, di mirabile esempio. Non a caso, prima di Zeno un'altra
imperatrice longobarda, similmente calunniata e analogamente perseguitata era
diventata protagonista del dramma Tragico Sacro La Gondeberga overo Le vittorie
dell'innocenza, di Bartolomeo Ippolito Ciurletti (Trento 1684). In questo
libretto si presenta anche il tema dell'ordalia che si ritrova nel finale del
dramma di Zeno.

In linea generale si può però pensare a questo interessantissimo libretto come a

3 La storia è raccontata per la prima volta nel duecentesco Speculum Historiale di
Vincenzo di Beauvais, pubblicato a stampa a partire dal 1474. La medesima leggenda è
ripresa in volgare da Serafino Razzi, Giardino d'essempi, overo Fiori delle vite de'
Santi (Firenze 1597)e infine da Astolfi nello Specchio Universale d'essempi (Venezia
1613)e nei Cento Avenimenti Meravigliosi, stupendi e rari (Venezia 1660).
4   Nonostante tutti i chiari legami con la contemporaneità e con la corte Asburgica,
Zeno e l'impresa di Tron come d'uso non ebbero remore, in occasione della ripresa al San
Cassiano, a dedicare il medesimo testo a tutt'altro sovrano, Federico IV re di Danimarca,
arrivato in veneto nel dicembre 1708 e pubblicamente omaggiato a Venezia con solenni
festeggiamenti voluti personalmente dal Doge Alvise II Mocenigo.
una sorta di “palinsesto” sul quale Zeno stratifica una serie di antichissime
suggestioni narrative, poetiche, religiose, teatrali. Schematicamente si propone
un primo elenco parziale:
1) Tema “Tristaniano” del Filtro d'amore e ambivalenza amore/morte.
2) Tema dell'usignolo come messaggero di dolore ed eco di vita ultraterrena.
(derivato dalla tradizione classica e dal mito di Tereo, Filomela e Procne
Ovidio, Metamorfosi, libro VI; anche nella cultura esoterica fortissima e antica
è la simbologia legata a Rondini e Usignoli).
3) Tema del viaggio nella Selva, dove fra mille pericoli, grazie all'intervento
di un principe/cavaliere avviene la rivelazione di una verità superiore (cfr.
ancora Filomela e la Commedia dantesca; cfr. anche la tradizione novellistica
delle favole: La Fontaine XV-Philomèle et Progné; o la nota intonazione stile
Biancaneve -che i Grimm riprendono da antiche tradizioni folcloriche).
4) La mutilazione come suggello del delitto (la lingua in Filomela, il cuore di
un animale in Biancaneve che diventa la spada sporca del sangue di Ottone in
Engelberta).
5) Tema del viaggio nell'aldilà per recuperare l'amata e ricondurla in vita(cfr.
Orfeo e la Commedia), un viaggio iniziatico di purificazione dell'uomo indotto
in errore.
6) Tema della pazzia come abbandono della luce di Dio (cfr. IV capitolo del
libro di Daniele della Bibbia, con il racconto della pazzia di Nabucodonosor).
7) Tema cosiddetto della “Femme chaste”: una regina virtuosa perseguitata
sessualmente e calunniata dal reggente (tipicamente il fratello del re) e per
questo condannata a subire una peripezia, con il recupero finale dell'onore
(Cfr. La pia donna israelita nelle Mille e una notte).

COLLEGAMENTI
 Engelberta              https://it.wikipedia.org/wiki/Engelberga_d%27Alsazia
                         http://www.vivicassano.it/Conosci_Cassano/Il_castello_di_Cassano/Appro
                         fondimento/Engelberga/angilberga.html
Lodovico II              https://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_II_il_Giovane
Bosone di Arles          https://it.wikipedia.org/wiki/Bosone_I_di_Provenza
Sacro Romano Impero      https://it.wikipedia.org/wiki/Sacro_Romano_Impero
Engelberta di Fiorè      Usignolo che col volo
                         https://www.youtube.com/watch?v=sQvOYawo6HU
Engelberta di Albinoni   Selvagge amenità:
                         https://www.youtube.com/watch?v=Z62N60kHwf8
Ordalia                  https://www.treccani.it/vocabolario/ordalia/

TRAMA DELL'OPERA RIDOTTA
(VERSIONE MALIBRAN 2021)
L'azione si apre con l'incontro fra i giovani innamorati Metilde (figlia di
primo letto dell'imperatrice Engelberta) e Bonoso (Duca di Arles). Bonoso vuol
rinunciare al loro legame perché Metilde è promessa ad Arrigo, che è di
sangue reale, e dunque di rango più elevato. Bonoso non vuol disobbedire al
comando imperiale, ma Metilde è innamorata, non si cura di questioni di
lignaggio e, anzi, insiste perché il Duca non si faccia da parte. Addirittura,
quando si presenta Arrigo lo canzona e se ne allontana.
Nel frattempo è ritornato ad Aquisgrana l’imperatore Lodovico, reduce    da una
vittoriosa campagna militare in Egitto. Il sovrano è divorato dalla gelosia: ha
ricevuto una lettera anonima in cui si denuncia l'infedeltà della moglie. Il
principe Ernesto, viceimperatore, conferma i sospetti e calunnia Engelberta,
sostenendo di essere stato lui stesso corteggiato dall'imperatrice. In realtà,
durante l'assenza di Lodovico era successo l'opposto: Ernesto aveva tentato di
sedurre Engelberta ricevendone un netto rifiuto. Lodovico crede alla fandonia
del suo vicario ma è combattuto: non sa decidere se condannare la moglie o
perdonarla. Intanto Ottone, capitano delle guardie imperiali, si allea alla
cospirazione di Ernesto.
Engelberta incontra il marito e ne equivoca il comportamento scontroso. Si
convince che sia innamorato di un'altra donna e così cade ingenuamente nella
trappola di Ottone che le consegna un filtro magico col quale -a suo dire-
avrebbe potuto riconquistare l'amore del consorte.
A quel punto Ernesto riferisce a Lodovico che Engelberta progetta di
assassinarlo: la bottiglietta viene ritrovata e il contenuto si rivela essere un
potentissimo veleno. Lodovico, definitivamente persuaso della colpevolezza della
moglie, ordina al fido Bonoso di condurla nel bosco e ucciderla: in ricompensa
avrà in sposa l'amata Metilde. Ma il Duca, quando si trova al cospetto di
Engelberta, prima di ucciderla racconta le intenzioni di Lodovico, riferendole
di come si trovi accusata del tentativo di avvelenamento. L'imperatrice solo in
quel momento riesce a capire il complotto in atto. Consegna a Bonoso una lettera
di Ernesto in cui l'infido vicario si proponeva come amante: è la prova
inoppugnabile che scagiona l'imperatrice e accusa il traditore. Chiede comunque
che la condanna venga eseguita e che il suo cuore venga strappato e portato al
marito, perché Lodovico possa vederne coi suoi occhi la purezza e l'innocenza.
Bonoso conduce nel profondo del bosco Engelberta. Poi, Giunto a corte con le
armi insanguinate, racconta all'imperatore d'aver eseguito l'ordine. Al cospetto
di Ernesto gli consegna la famosa lettera. Il vicario cerca di difendersi
negando l'evidenza, smentisce che si tratti d'un suo scritto ed -anzi- sfida
Bonoso in pubblica tenzone. Lodovico -disperato per aver creduto alle infamie
del reggente- autorizza il duello, mentre Metilda è inorridita dall'azione di
Bonoso.

Nel cimitero di Aquisgrana Lodovico si dispera davanti al sepolcro di Engelberta.
Vorrebbe suicidarsi quando una voce lo scuote, accusandolo d'essere un empio, un
mentitore capace solo di pianto «falso e vano». Si materializza il fantasma di
Engelberta che chiede invece che il suo onore venga ristabilito pubblicamente e
che si faccia vendetta per il torto subito.

Nell'anfiteatro di Aquisgrana si prepara il duello. Tutto è pronto, i due
paladini stanno per battersi quando Ernesto impazzisce, divorato dall'invidia e
dalla colpa. In preda al delirio il reprobo confessa ogni cosa. Viene arrestato
e portato al supplizio.

Lodovico è ancor più disperato. Ma ricompare l'amata sposa, rimasta nascosta fra
gli astanti fino a quel momento. L'imperatore dapprima non crede ai propri
occhi, poi proclama solennemente l'innocenza della consorte. Ogni inganno è
sciolto: i coniugi ritrovano finalmente la pace e la serenità. Rimane un ultimo
atto per completare il trionfo della virtù: Lodovico ricompensa Bonoso
nominandolo re ed Engelberta gli concede finalmente la mano di Metilde.

TRAMA DELL'OPERA
COMPLETA
Il dramma s'apre con il ritorno ad Aquisgrana dell’imperatore Lodovico, reduce
da una vittoriosa campagna militare in Egitto. Ma il sovrano, invece d'essere
felice, è divorato dalla gelosia: ha ricevuto una lettera anonima in cui si
denuncia l'infedeltà della moglie. Interroga il suo vicario, il principe
Ernesto, che conferma i sospetti, rivelando oltretutto come l'infedele
Engelberta avesse tentato di sedurre proprio lui. In realtà, durante l'assenza
di Lodovico era successo l'opposto: Ernesto si era proposto come amante
all’imperatrice ricevendone un netto rifiuto. Lodovico crede alla calunnia, però
ama Engelberta ed è combattuto: non sa se condannarla a morte o perdonarla. In
fin dei conti si tratterebbe d'un tradimento progettato ma non consumato.
Intanto Ottone, capitano delle guardie imperiali, si allea alla cospirazione di
Ernesto: odia l'imperatrice perché è convinto che abbia ostacolato la sua
carriera.
Engelberta, nel frattempo, equivoca il comportamento scontroso di Lodovico e si
convince che sia innamorato di un'altra donna: casca ingenuamente nella trappola
di Ottone che le procura un filtro magico per riconquistare l'amore del marito.
Ernesto riferisce a Lodovico che Engelberta nasconderebbe una pozione per
assassinarlo: la bottiglietta viene ritrovata e il contenuto si rivela essere un
potentissimo veleno. Lodovico, definitivamente persuaso della colpevolezza della
moglie, ordina a Bonoso, Duca di Arles, di ucciderla. Bonoso, oltre ad essere
leale amico dell'imperatore, è anche l'innamorato (ricambiato) di Metilde,
figlia di primo letto di Engelberta. Ma Metilde non può sposarlo: è stata già
promessa dalla madre ad Arrigo, principe erede al trono d'Aquitania.
Ma il fido Bonoso crede nell'innocenza dell'imperatrice: non esegue la sentenza
e invece le svela le intenzioni di Lodovico. Mettendo assieme le informazioni
ricostruiscono trama del complotto ordito da Ernesto ed Ottone. Engelberta gli
consegna perciò una lettera di Ernesto in cui l'infido vicario si era proposto
come amante: è la prova inoppugnabile che scagiona l'imperatrice e accusa il
traditore. Bonoso porta nel profondo del bosco Engelberta per nasconderla. Sulla
strada di ritorno incontra Ottone, lo fa confessare e lo uccide. Giunto a corte
con le armi insanguinate fa credere a Lodovico d'aver eseguito l'ordine e gli
consegna la famosa lettera. Ernesto cerca di difendersi negando l'evidenza,
smentisce che si tratti d'un suo scritto ed -anzi- sfida Bonoso in pubblica
tenzone. Lodovico autorizza il duello ma si assicura che Ernesto non fugga da
Aquisgrana mettendolo sotto la custodia delle guardie. L'imperatore è disperato
per aver creduto alle infamie del reggente: chiede dunque a Bonoso di andare nel
bosco a raccogliere le spoglie di Engelberta per darne degna sepoltura. L'amico
gli risponde d'aver prevenuto la richiesta: i resti dell'imperatrice sono già in
città, nel mausoleo di famiglia. Affranto, Lodovico si allontana per raggiungere
la tomba dell'amata, mentre Metilda, inorridita dall'azione di Bonoso (che a
tutte le evidenze appare come assassino della madre) lo scaccia, e per dispetto
concede la propria mano ad Arrigo. Sorprendentemente Arrigo però la ripudia: non
vuol più imparentarsi con la figlia d'una donna corrotta, preferisce preservare
reputazione e purezza del suo sangue reale. Le dà l'addio e s'allontana
sprezzante.

Nel cimitero di Aquisgrana Lodovico si dispera davanti al sepolcro di
Engelberta, vorrebbe addirittura suicidarsi, quando una voce dall'aldilà lo
scuote, accusandolo d'essere un empio, un mentitore capace solo di pianto «falso
e vano». Si materializza il fantasma di Engelberta che non concede alcun perdono
e chiede invece che il suo onore venga ristabilito pubblicamente e che si faccia
vendetta per il torto subito.

Nell'anfiteatro di Aquisgrana si prepara il duello. Fra il pubblico, inatteso,
ricompare anche Arrigo, che si avvicina a Metilde: la notizia della lettera di
Ernesto ha riabilitato il nome di Engelberta, e dunque si sentirebbe nuovamente
pronto alle nozze. Ma, a questo punto, è la giovane principessa a sdegnare un
pretendente così opportunista e vacuo.

Tutto è pronto, i due paladini stanno per battersi quando Ernesto impazzisce,
divorato dall'invidia e dai sensi di colpa per l'assassinio della bella e onesta
Engelberta. In preda al delirio il reprobo confessa ogni cosa. Viene arrestato e
portato al supplizio.

Lodovico è ancor più disperato quando ricompare, stavolta in carne ed ossa,
l'amata sposa rimasta nascosta fra gli astanti fino a quel momento. L'imperatore
dapprima non crede ai propri occhi, poi proclama solennemente l'innocenza della
consorte al cospetto delle genti accorse. Ogni inganno è sciolto: i coniugi
ritrovano finalmente la pace e la serenità. Rimane un ultimo atto per completare
il trionfo della virtù: Lodovico ricompensa Bonoso nominandolo re ed Engelberta
gli concede la mano della figlia Metilde.
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