La dignità ai tempi di Internet - Jaron Lanier Per un'economia digitale equa
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Jaron Lanier La dignità ai tempi di Internet Per un’economia digitale equa Traduzione di Alessandro Delfanti
Il traduttore ringrazia Ronny Brusetti per la collaborazione. Sito & eStore – www.ilsaggiatore.com Twitter – twitter.com/ilSaggiatoreEd Facebook – www.facebook.com/ilSaggiatore © Jaron Lanier, 2013. All rights reserved. © il Saggiatore S.r.l., Milano 2014 Titolo originale: Who Owns the Future
La dignità ai tempi di Internet A tutti quelli che mia figlia, crescendo, conoscerà. Spero che sarà in grado di inventare il proprio posto in un mondo in cui è normale trovare successo e realizzazione.
Sommario Preludio11 prima parte Primo round 15 1. Motivazione 17 2. Un’idea semplice 29 primo interludio Un’antica anticipazione della singolarità 33 seconda parte La tempesta cibernetica 37 3. Il denaro visto con gli occhi di un informatico 39 4. La costruzione ad hoc della dignità di massa 47 5. «Server Sirena» 63 6. Lo spettro dell’investimento perfetto 69 7. I Server Sirena pionieri 79 secondo interludio (una parodia) Se la vita è una licenza d’uso, vendi limonate 89 terza parte Gli sviluppi di questo secolo, da due punti di vista diversi 93 8. Dal basso: eventi di disoccupazione di massa 95 9. Dall’alto. Usare male i big data per rendersi ridicoli 117
terzo interludio La modernità diventa futuro 135 quarta parte Mercati, paesaggi energetici e narcisismo 153 10. Mercati e paesaggi energetici 155 11. Narcisismo 167 quarto interludio Solo i babbani si pongono limiti 171 quinta parte La gara a chi è più meta 179 12. La storia perduta 181 13. Coercizione con il pilota automatico: effetti di rete specializzati 185 14. Oscurare l’elemento umano 191 15. La storia ritrovata 197 quinto interludio Il vecchio saggio lassù tra le nuvole 209 sesta parte Democrazia 217 16. Protestare non basta 219 17. Fondare i diritti sull’influenza sociale perché i diritti sopravvivano 227 sesto interludio Il protettore tascabile in tunica arancione 233 settima parte Ted Nelson 241 18. L’idea migliore è la prima 243 ottava parte Le immagini dello scandalo (ovvero: aspetti pratici di una possibile alternativa umanistica) 255 19. Il progetto 257 20. Inventarsi qualcosa di meglio degli argini ad hoc 263 21. Qualche principio base 269 22. Chi farà cosa? 277 23. Le grandi imprese 289 24. Come guadagneremo e spenderemo? 293
25. Rischio 301 26. Identità finanziaria 307 27. Inclusione 315 28. L’interfaccia con la realtà 319 29. Spaventoso 329 30. Un tentativo di mitigare i rischi spaventosi 341 settimo interludio I limiti sono per i comuni mortali 349 nona parte Transizione 357 31. La transizione 359 32. La leadership 365 ottavo interludio Il destino dei libri 377 Conclusioni. Che cosa dobbiamo ricordare? 387 Ringraziamenti395 Parole chiave e prima occorrenza nel testo397 Note399 Indice dei nomi405
Preludio Ciao, eroe Una cosa particolare di questo libro è che tu, il lettore, e io, l’autore, sia- mo i protagonisti. La semplice azione di leggerlo fa di te l’eroe della storia che racconterò. Forse hai comprato, o rubato, una copia fisica del libro, hai pagato per leggerlo sul tuo tablet o hai piratato una copia digitale da un sito di sharing. Qualunque sia stato il prequel, eccoti qui, a vivere esat- tamente le stesse circostanze descritte nel libro. Se hai pagato per leggere, grazie! Questo libro è il risultato del mo- do in cui vivo la mia vita, e spero che ciò rappresenti un valore per te. La speranza del libro è che un giorno avremo più modi per arricchirci come effetto secondario del vivere vite creative e intelligenti, cercando di fare cose che possano essere utili agli altri. Se hai pagato per leggere è avvenuta una transazione unidirezionale in cui tu hai trasferito denaro a qualcun altro. Se hai avuto il libro gratis c’è stata una transazione, ma il valore scam- biato non verrà registrato in un libro contabile, quanto piuttosto in sistemi informali di reputazione, karma o altre forme di baratto. Ciò non significa che non sia successo nulla. Magari riceverai complimenti in un social net- work per quello che dici del libro. Questo tipo di attività potrebbe portare benefici sia a te che a me. Ma benefici di un tipo inaffidabile e deperibile. Il clamore dovuto all’attenzione online si trasforma in denaro solo per una minoranza simbolica, tra le persone comuni, ma c’è una nuova ristret-
12 La dignità ai tempi di Internet tissima classe di persone che se ne avvantaggia sempre. Coloro che tengo- no i nuovi libri mastri, i giganteschi servizi informatici che ti modellano, ti spiano e prevedono le tue azioni, trasformano le tue attività quotidiane nelle più grandi fortune della storia. Vere fortune, fatte di denaro. Questo libro propone una terza alternativa: le reti digitali dovrebbero promuovere una transazione bidirezionale, in cui tu ricevi benefici reali, sotto forma di denaro, come me. Voglio che grazie alle reti digitali si pos- sa registrare più valore per le persone, e non meno. Man mano che con l’uso delle reti digitali rendiamo il nostro mondo più efficiente, l’econo- mia dovrebbe espandersi, non contrarsi. Ecco un esempio concreto della sfida che abbiamo di fronte. All’api- ce del suo potere, l’azienda fotografica Kodak impiegava più di 140mila persone e valeva 28 miliardi di dollari. Inventarono persino la prima mac- china fotografica digitale. Ma oggi Kodak è fallita, e il nuovo protagoni- sta della fotografia digitale è diventato Instagram. Quando Instagram è stato venduto a Facebook per un miliardo di dollari, nel 2012, impiega- va solo tredici persone. Dove sono spariti tutti quei posti di lavoro? E che cosa è successo alla ricchezza creata da tutti quegli impieghi della classe media? Questo libro è stato scritto per rispondere a simili domande, che diventeranno sempre più comuni, poiché le reti digitali stanno svuotando tutti i settori produt- tivi, dai media alla medicina alla manifattura. Instagram non vale un miliardo di dollari perché quei tredici lavora- tori sono straordinari. Il suo valore nasce invece dai milioni di utenti che contribuiscono al network senza essere pagati. Per generare un valore si- gnificativo, le reti sociali hanno bisogno che moltissimi individui vi parte- cipino. Ma, quando ciò accade, solo un ristretto gruppo di persone viene pagato. Il risultato è di centralizzare la ricchezza e limitare la crescita eco- nomica nel suo complesso. Invece di espandere l’economia creando più valore quantificabile, l’a- scesa delle reti digitali sta arricchendo una minoranza relativa, spostando il valore creato dai molti al di fuori della contabilità. Per «reti digitali» non intendo solo Internet e il Web, ma anche i net- work gestiti da gruppi quali le istituzioni finanziarie e le agenzie di intelli- gence. In tutti questi casi, si assiste a un fenomeno per cui potere e denaro si concentrano attorno a chi gestisce i computer più centrali della rete,
Preludio 13 mentre tutti gli altri sono sfavoriti. Questo è ormai lo schema che ci aspet- tiamo, ma non è l’unico modo in cui possono andare le cose. L’alternativa presentata in questo libro non è un’idea utopica. Non è difficile immaginare i fastidi e la confusione che porterebbe con sé. Tutta- via, sosterrò che monetizzando in quantità maggiore l’apporto delle per- sone comuni, che in fin dei conti sono la fonte primaria e non retribuita dei dati che rendono preziose le reti, il futuro sarà migliore. Così facendo, il potere e l’influenza saranno distribuiti in modo più onesto, e forse, all’interno dell’economia dell’informazione, emergerà per- sino una classe media stabile: un obiettivo altrimenti irraggiungibile. Terminologia Sarebbe impossibile comunicare le idee di questo libro ricorrendo alla sola terminologia già esistente. Il problema non è che non ci siano paro- le rilevanti e familiari, ma che tutte quelle esistenti sono diventate modi di dire o hanno acquisito, nel senso comune, significati che deformereb- bero troppo ciò che ho bisogno di affermare, e potrebbero generare più confusione che chiarezza. Perciò, incontrerai termini ed espressioni po- co familiari. In appendice c’è un elenco di questi termini, con il numero della pagina in cui compaiono per la prima volta. Consideralo un elen- co delle priorità.
prima parte Primo round
1. Motivazione Il problema in breve Siamo abituati a trattare le informazioni come se fossero «gratis»,* ma il prezzo che paghiamo per l’illusione della gratuità è accettabile solo finché l’economia generale non è incentrata sull’informazione. Oggi possiamo ancora pensare all’informazione come al supporto intangibile che rende possibili la comunicazione, i media e i software. Ma con i progressi tec- nologici di questo secolo le nostre attuali intuizioni sulla natura dell’in- formazione verranno ricordate come ristrette e di corta veduta. Possiamo avere una visione così angusta dell’informazione solo perché settori qua- li il manifatturiero, l’energia, la sanità e i trasporti non sono ancora parti- colarmente automatizzati o Internet-centrici. Ma in futuro è probabile che gran parte della produzione sarà media- ta dal software. Il software potrebbe essere la rivoluzione industriale con- clusiva, e potrebbe racchiudere in sé tutte le rivoluzioni successive. Per esempio, ciò si verificherà quando le automobili e i camion saranno gui- dati da software invece che da esseri umani, le stampanti 3D produrranno quelli che un tempo erano beni manifatturieri, macchinari automatizzati troveranno ed estrarranno le risorse naturali e infermieri robot si faranno carico degli aspetti materiali della cura degli anziani (questi e altri esempi * Come esemplificano i servizi Internet gratuiti per consumatori o i servizi finanziari che possono raccogliere e usare dati senza doverli pagare.
18 La dignità ai tempi di Internet verranno esplorati in dettaglio più avanti). Non c’è la certezza che in que- sto secolo la tecnologia digitale progredirà abbastanza da dominare l’eco- nomia, ma lo ritengo probabile. Forse la tecnologia renderà tutti i bisogni della vita così poco costosi che vivere bene sarà virtualmente gratuito, e nessuno dovrà più preoccu- parsi del denaro, del lavoro, delle disparità economiche o di pianificare la vecchiaia. Ma dubito fortemente che questo bel quadro si realizzerà. È probabile invece, se tutto continuerà come ora, che entreremo in un periodo di iperdisoccupazione, con relativo caos politico e sociale. Le conseguenze del caos sono imprevedibili, e non è su queste che dovrem- mo fare affidamento per pianificare il nostro futuro. È più saggio esaminare in anticipo come nel lungo periodo si possa vi- vere in un mondo con un alto grado di automazione. Reagisci o taci Per anni mi sono lamentato di come la tecnologia digitale si interfaccia con le persone. Amo la tecnologia e amo doppiamente le persone; è la connes- sione che è scombussolata. Naturalmente, spesso mi si chiede: «Tu che cosa faresti?». Quando si tratta di una domanda personale, come «dovrei abbandonare Facebook?», rispondere è facile. Devi decidere da solo. Non voglio diventare il guru di nessuno.*A livello economico, però, vorrei forni- re una risposta. Incensando fenomeni digitali sovrumani che forse nemme- no esistono, le persone non stanno soltanto abbassando inutilmente il loro livello culturale, intellettuale e spirituale. Ci sono anche dei costi materiali. Le persone stanno diventando gradualmente più povere di quanto po- trebbero essere. Stiamo dando vita a una situazione in cui nel lungo pe- riodo una tecnologia migliore implicherà solo più disoccupazione o un colpo di coda socialista. Al contrario, dovremmo tendere verso un futuro in cui più persone stiano meglio senza perdere la libertà, anche se la tec- nologia migliorerà molto, moltissimo. I design digitali più diffusi non trattano le persone come se fossero «speciali». Le persone sono percepite come piccoli elementi di una più * … anche se alla fine del libro darò un suggerimento.
1. Motivazione 19 grande macchina dell’informazione, mentre in realtà sono le uniche fonti e destinatarie dell’informazione, o persino del significato della macchina stessa. Il mio obiettivo è delineare un futuro alternativo, in cui le persone siano considerate speciali e trattate di conseguenza. Come? Pagando le persone da cui si raccoglie informazione, se si sco- pre che quell’informazione ha un valore. Se osservandoti si acquisiscono dati che rendono più facile far sembrare un robot un parlante naturale, o che permettono a una campagna politica di concentrare i messaggi su un target specifico di elettori, allora dovresti ricevere un compenso per l’utiliz- zo di quei dati, che hanno creato valore. Dopotutto, senza di te non esiste- rebbero. Questo è un punto di partenza talmente semplice da sembrarmi credibile, e spero di convincere anche te, lettore, che sia così. L’idea che l’informazione per l’umanità debba essere gratuita è idealisti- ca, ed è comprensibile che sia popolare, ma se nessuno si impoverisse l’in- formazione non avrebbe bisogno di essere gratuita. Con il software e le reti che diventano sempre più importanti, possiamo decidere se avviarci ver- so un sistema in cui l’informazione è gratuita mentre quasi tutti vivono in uno stato di insicurezza, oppure verso uno in cui l’informazione si paga ma la classe media è più forte che mai. Il primo sembra un caso più ideale, in astratto, ma il secondo è un percorso più realistico verso una democrazia e una dignità durature. Un numero formidabile di persone offre una quantità formidabile di va- lore attraverso i network. Ma nella distribuzione della ricchezza la parte del leone la fa chi aggrega e gestisce queste informazioni, e non chi fornisce la «materia prima». Potrebbero emergere un nuovo tipo di classe media e un’e- conomia dell’informazione più genuina e capace di espandersi, se rompes- simo con l’idea dell’informazione free e creassimo un sistema universale di micropagamenti. Potremmo riuscire a rafforzare la libertà e l’autodetermi- nazione degli individui persino se le macchine migliorassero ancora molto. Questo libro parla di economia del futuro, ma in realtà si occupa di co- me possiamo restare umani mentre le nostre macchine diventano così sofi- sticate da essere percepite come autonome. È un’opera di fantascienza non narrativa, o forse di ciò che potremmo chiamare attivismo speculativo. So- sterrò che il modo particolare in cui stiamo riorganizzando il mondo attor- no alle reti digitali non è sostenibile, ma che esiste almeno un’alternativa più sostenibile.
20 La dignità ai tempi di Internet La legge di Moore cambia il modo di valutare le persone Dall’inizio di questo secolo, l’esperienza diretta delle reti digitali attraverso l’elettronica di consumo è diventata il fattore che più influenza il modo in cui i tecnologi pensano al futuro. Per un giovane ci vuole solo qualche anno, non una vita intera, per vivere cambiamenti al ritmo della legge di Moore. La legge di Moore è il principio guida della Silicon Valley: come se i dieci comandamenti fossero racchiusi in uno solo. Afferma che i chip migliorano a un tasso sempre maggiore. Non si limitano ad accumula- re miglioramenti, come un mucchio di sassi che diventa più alto quando se ne aggiungono altri. I miglioramenti non si sommano, si moltiplicano. Sembra che più o meno ogni due anni la tecnologia divenga due volte migliore. Ciò significa che, dopo quarant’anni di miglioramenti, i micro- processori sono diventati milioni di volte migliori di quelli iniziali. Nes- suno sa per quanto tempo questo fenomeno continuerà. Non c’è accordo sulla ragione esatta per cui la legge di Moore e altre regolarità simili esisto- no. È un fenomeno guidato dagli esseri umani, una profezia che si auto- avvera, oppure una caratteristica intrinseca e inevitabile della tecnologia? Qualunque cosa stia accadendo, in alcuni dei circoli tecnologici più in- fluenti l’euforia legata a cambiamenti sempre più rapidi porta a reazioni di tipo religioso. Fornisce un significato e un contesto. La legge di Moore implica che sempre più cose potrebbero essere fatte praticamente gratis, se non fosse per le persone che vogliono essere pagate. Le persone sono il granello di sabbia nell’ingranaggio della legge di Moore. Più i costi delle macchine si abbassano, fino a livelli incredibili, più le per- sone sembrano costose. Una volta stampare un giornale era costoso, quin- di pagare i giornalisti per riempirne le pagine sembrava una spesa naturale. Quando le notizie diventano gratuite, il fatto che qualcuno voglia essere pa- gato comincia ad apparire irragionevole. La legge di Moore può far sì che i salari e le reti di protezione sociale siano visti come lussi ingiustificabili. Ma nella nostra percezione immediata la legge di Moore corrisponde a offerte speciali molto economiche. La macchina fotografica di ieri, così costosa da risultare irraggiungibile, non è altro che una delle tante caratte- ristiche dei telefonini di oggi. Con le tecnologie dell’informazione che di- ventano milioni di volte più potenti, qualsiasi uso particolare se ne faccia diventa economico in proporzione. È ormai normale, per il senso comu-
1. Motivazione 21 ne, aspettarsi che i servizi online (non solo le notizie, ma anche prodotti del xxi secolo come i motori di ricerca o i social network) siano gratuiti o vengano scambiati con la possibilità di essere spiati. Essenziale ma inutile Mentre stai leggendo, migliaia di computer stanno costruendo modelli se- greti della tua identità. Che cosa c’è di così interessante in te per cui val- ga la pena di spiarti? Il cloud è guidato da statistiche, e di questi tempi tutti contribuiscono ad alimentarlo di dati, anche i peggiori casi di individui ignoranti, apatici, pigri o irrilevanti. Il valore di queste informazioni potrebbe essere preso per genuino, ma non lo è. La cecità degli standard con i quali contabiliz- ziamo quel valore, invece, sta gradualmente distruggendo il capitalismo. Seguendo questo schema, nel lungo periodo non c’è differenza tra una persona comune e una di talento. Per ora molte categorie di persone ca- paci se la passano bene anche in un mondo mediato dal software, ma se le cose non cambieranno, pian piano i proprietari delle macchine più impor- tanti si affermeranno come l’unica élite rimasta. Per capire il perché, pen- sa che l’evoluzione tecnologica potrebbe fare alla chirurgia quello che ha già fatto alla registrazione della musica. Registrare musica era un processo meccanico, ma a un certo punto è di- ventato un servizio di rete. Un tempo, una fabbrica produceva i dischi e dei camion li consegnavano ai negozi, che a loro volta li vendevano ai consuma- tori. Quel sistema non è stato distrutto completamente, ma di certo oggi è più comune ricevere musica in maniera istantanea tramite una rete. Una vol- ta l’industria discografica manteneva una classe media sostanziosa, ora non più. I principali beneficiari del business della musica digitale sono gli ope- ratori dei servizi di rete, che spesso regalano musica in cambio di dati, rac- colti e utilizzati per migliorare i dossier e i modelli software di ogni persona. Lo stesso potrebbe accadere alla chirurgia. Un giorno nanorobot, tecno- logie olografiche o vecchi e semplici robot che usano endoscopi potrebbero effettuare interventi di cardiochirurgia. Queste macchine rivestirebbero il ruolo economico che i lettori mp3 e gli smartphone hanno avuto nella mu- sica, e in generale la chirurgia sarebbe concepita alla stregua di un servizio
22 La dignità ai tempi di Internet informativo. Tuttavia, il ruolo che assumerebbero i chirurghi umani non è predeterminato. Resterebbero essenziali, perché la tecnologia si baserà ne- cessariamente su dati provenienti dalle persone, ma non si sa ancora se sa- ranno valutati in termini che porteranno loro ricchezza. I medici non specializzati hanno già perso un certo grado di autode- terminazione perché non si sono insediati al centro delle reti emerse per coordinare le cure mediche. Gli arrampicatori di reti più astuti, come le assicurazioni, le case farmaceutiche, le catene di ospedali e altri ancora, sono stati più attenti. Nessuno, nemmeno un cardiochirurgo, dovrebbe credere di essere per sempre al sicuro in questo schema. Ci saranno sempre degli esseri umani, un sacco di esseri umani, a for- nire i dati che rendono migliori e più economiche le tecnologie di rete. Questo libro propone un sistema alternativo e sostenibile che continuerà a rispettare e ricompensare gli esseri umani, a prescindere dai progressi tecnologici. Ma se proseguiamo sulla strada attuale i vantaggi andranno perlopiù ai proprietari dei computer che gestiscono i dati chirurgici spian- do medici e pazienti. La spiaggia lungo le sponde della legge di Moore Spesso le idee più celestiali emergono da quella che potremmo chiamare metafisica della Silicon Valley. Immaginiamo di poter raggiungere l’im- mortalità attraverso la meccanizzazione. Secondo un’affermazione tipica dell’utopismo tecnologico, alla fine del secolo, forse nel giro di un decen- nio o due, le persone – va bene, magari non tutte – saranno caricate su server per cloud computing* per diventare immortali nella Realtà virtua- le. O, se resteremo corporei, saremo circondati da un mondo animato da tecnologie robot. Passeremo da un piacere all’altro, anche i più poveri, come maghi edonisti. Non dovremo darci da fare per cercare di ottene- re ciò che vogliamo, dal momento che le statistiche del cloud elaboreran- no un’immagine di noi così precisa che chiunque saprà già cosa vogliamo. * Un «server» è un computer di rete che fornisce risposte ad altri computer. Di soli- to i personal computer e le tecnologie portatili non sono programmati per connettersi a qualsiasi altro computer, quindi non sono server. Un «cloud» è un insieme di server che agisce in modo coordinato.
1. Motivazione 23 Prova a immaginare: è il tardo xxi secolo, e sei sulla spiaggia. Un gab- biano con un’interfaccia neurale si posa a terra e sembra che parli: dice che forse ti farà piacere sapere che proprio in quel momento alcuni nano- robot stanno riparando la tua valvola cardiaca (chi sapeva che avessi un problema cardiaco incombente?), sponsorizzati dal casinò in fondo alla strada, il quale ha pagato per questo messaggio aviario e per l’intervento cardiologico automatico tramite Google, o chissà quale altra impresa che tra qualche decennio gestirà questa specie di centralino. Se comincia a soffiare il vento scopri che le foglie che si alzano sono in realtà sottili robot bioingegneristici che sfruttano quel vento per riunirsi attorno a te e trasformarsi in un piccolo rifugio. I tuoi bisogni e deside- ri sono analizzati automaticamente e dalla sabbia prende forma una mas- saggiatrice robot, che ti fa un massaggio shiatsu mentre dal tuo bozzolo di foglie robot contempli i mormorii del vento. Ci sono infinite versioni di questa sorta di racconto dell’imminente abbondanza hi-tech. Alcune sono di fantascienza, ma più spesso si tratta di visioni che affiorano nelle conversazioni di tutti i giorni. Nella cultura della Silicon Valley sono così diffuse da essere ormai parte integrante del- la sua atmosfera. È normale ascoltare esperimenti mentali su quanto sa- ranno economici i computer o quanto avanzerà la scienza dei materiali, e che da questi si deduca che molto probabilmente simili possibilità quasi soprannaturali si avvereranno entro la fine del secolo. È lo schema di pensiero di mille affascinanti conversazioni, e la mo- tivazione che sta dietro a centinaia di startup, corsi e carriere. Le parole chiave associate a questa sensibilità sono cambiamento accelerato, abbon- danza e singolarità. Il prezzo del paradiso La storia del gabbiano parlante colpisce, da tanto sembra kitsch e inna- turale, ma questo succede per qualsiasi scenario in cui si immagini di vi- vere senza alcun limite. Eppure non dovremmo temere la perdita dei limiti. Secondo gli uto- pisti, l’abbondanza non sarà dovuta al costo accessibile delle cose, ma al fatto che saranno gratuite, a patto che si accetti di essere sorvegliati.
24 La dignità ai tempi di Internet All’inizio degli anni ottanta, un piccolo gruppo di talentuosi tecno- logi diede vita a nuove interpretazioni di concetti quali privacy, libertà e potere. Io stesso sono stato uno dei primi a partecipare a questo proces- so, contribuendo a formulare molte delle idee che critico in questo libro. Quella che un tempo era una piccola sottocultura è fiorita fino a diven- tare l’interpretazione dominante della società informatica mediata dal sof- tware. Secondo un filone di ciò che potremmo chiamare «cultura hacker», libertà significa privacy assoluta, e si ottiene grazie alla crittografia. Ricor- do il brivido di usare livelli di segretezza militari, intorno al 1983, solo per discutere su chi dovesse pagare la pizza, al Mit. D’altra parte alcuni degli amici di allora, che hanno mangiato quella pizza, sono diventati ricchissimi proprio costruendo giganteschi dossier con riferimenti incrociati su masse di persone, che venivano sfruttati da finanzieri, pubblicitari e assicuratori, o per altri scopi che alimentano le fantasie di chi pensa di poter controllare il mondo a distanza. Ignorare l’ipocrisia è tipico della natura umana. In genere più l’ipocri- sia è grande, più diventa invisibile; ma noi smanettoni siamo inclini a cer- care idee inattaccabili. Ecco una di queste idee, basate sulla crittografia per i tecnici e lo spionaggio di massa per gli altri, che continuo a sentire piuttosto spesso: le persone comuni possono rinunciare alla privacy, per- ché alla fine diventerà comunque un fattore irrilevante. Per ora il fatto che pochi esperti tecnologici sorveglino i tanti meno esperti può essere tollerato perché speriamo in un finale della storia in cui tutto sarà trasparente per tutti. È come se gli imprenditori della rete e i cyberattivisti immaginassero che alla fine i server di rete delle élite che occupano posizioni dominanti nell’informazione diventeranno benigni o semplicemente scompariranno. Nella narrazione delle utopie digitali, quando i computer saranno su- perpotenti e supereconomici non sarà più necessario preoccuparsi del potere delle élite che discenderanno dagli odierni fondi finanziari o dalle imprese della Silicon Valley come Google o Facebook. Nel futuro mondo dell’abbondanza, ci saranno stimoli affinché tutti siano aperti e generosi. È bizzarro, ma i finali utopici dei più appassionati ultraliberisti hi-tech prendono sempre direzioni socialiste. Le gioie della vita saranno talmen- te accessibili che non si riuscirà a misurarle. L’abbondanza sarà ovunque. Questa è la visione condivisa dalle imprese e dai gruppi politici cyber-
1. Motivazione 25 illuminati, da Facebook a WikiLeaks. Alla fine, immaginano, non ci saran- no più segreti né barriere all’ingresso; il mondo intero sarà aperto come se il pianeta si fosse trasformato in una palla di vetro. Nel frattempo, questi bravi credenti criptano i loro server per cercare di raccogliere informazioni dal resto del mondo e cercano di trovare il modo migliore per farle fruttare. È troppo facile dimenticare che «gratis» significa inevitabilmente che qualcun altro deciderà il modo in cui viviamo. Il problema non è la tecnologia, ma il modo in cui pensiamo la tecnologia Come argomenterò, fino all’inizio del secolo non avevamo bisogno di pre- occuparci che il progresso tecnologico svalutasse le persone, perché anche se le nuove tecnologie distruggevano vecchi posti di lavoro ne creavano sempre di nuovi. Ma negli ultimi tempi il principio dominante della new economy, l’economia dell’informazione, è stato nascondere il valore dell’in- formazione, prima di ogni altra cosa. Si è deciso di non pagare la maggior parte delle persone che ricopro- no ruoli che acquistano valore in relazione alle tecnologie più recenti. Le persone comuni «condividono», mentre le élite delle reti generano fortu- ne senza precedenti. Se queste élite siano servizi rivolti ai consumatori come Google o at- tività meno visibili come le imprese che operano transazioni finanzia- rie ad alta frequenza è perlopiù una questione semantica. In entrambi i casi l’ambiente in cui l’informazione si trasforma in denaro è dato dai computer più grandi e meglio connessi. Nel frattempo basta dare alla folla qualche ninnolo per diffondere illusioni e false speranze su come l’emer- gente economia dell’informazione stia portando benefici alla maggioran- za di coloro che forniscono le informazioni che la sostengono. Se l’era dell’informazione si fondasse su una contabilizzazione com- pleta e onesta, gran parte dell’informazione sarebbe valutata in termini economici. Ma se invece l’informazione «grezza», che non è ancora stata intercettata da chi gestisce i computer centrali, non viene valutata, allora siamo di fronte a una gigantesca privazione di diritti. L’ascesa dell’econo- mia dell’informazione resuscita gli antichi spettri di migliaia di racconti fantascientifici e incubi marxisti e li potenzia in proporzioni apocalitti-
26 La dignità ai tempi di Internet che. Le persone comuni non saranno valorizzate, mentre quelle vicine ai computer principali verranno enormemente remunerate. Rendere gratuita l’informazione è sostenibile solo finché categorie li- mitate di persone sono private dei loro diritti. Per quanto mi faccia male dirlo, potremo anche sopravvivere, se distruggeremo solo la classe media composta da musicisti, giornalisti e fotografi. Ciò che non è sostenibile è la distruzione delle classi medie che lavorano nei trasporti, nella manifat- tura, nel settore energetico, nell’educazione e nella sanità, oltre che come impiegati. E una tale distruzione accadrà, a meno che le idee dominanti sull’economia dell’informazione non facciano dei passi avanti. I tecnologi digitali stanno tracciando il solco della nostra vita futura, di come faremo affari, di come faremo ogni cosa, e lo tracciano guida- ti da scenari utopistici folli. Vogliamo così tanto vivere esperienze online gratuite che siamo felici di non essere pagati per le informazioni che pro- duciamo. Questo implica che più l’informazione sarà dominante nell’e- conomia, meno valore avremo. Salvare i vincitori da se stessi Davvero le tendenze attuali portano benefici a chi gestisce i server centrali che ormai organizzano il mondo? Nel breve termine sì, certo. Di recente, usando le tecnologie di rete per concentrare informazione, e quindi ric- chezza e potere, sono state create le maggiori fortune della storia. Tuttavia, nel lungo periodo questo modo di usare le tecnologie di re- te non sarà positivo nemmeno per gli attori più ricchi e potenti, perché la fonte della loro ricchezza non può essere che un’economia in crescita. Presupporre che i dati vengano dal cielo e non dalle persone non può fa- re altro che comprimere l’economia. Più la tecnologia progredisce, più le attività di ogni tipo saranno media- te da strumenti informatici. Dato che l’economia si trasforma sempre più in un’economia dell’informazione a pieno titolo, può crescere solo se una quan- tità maggiore di informazioni viene monetizzata. E non sta andando così. Anche chi in questo gioco ha più successo sta gradualmente minando la propria ricchezza. Il capitalismo funziona solo se ci sono abbastanza persone affermate dotate dei mezzi per consumare. Un sistema di merca-
1. Motivazione 27 to è sostenibile solo quando la contabilità rispecchia i luoghi in cui viene prodotto valore, il che, come dimostrerò, equivale a dire che è necessaria la nascita di una classe media dell’età dell’informazione. Il progresso è obbligatorio Due tendenze di fondo si stanno scontrando. Una va a nostro favore, l’al- tra contro di noi. La paura per il riscaldamento globale e per la necessità di trovare cibo e acqua potabile per una popolazione umana che alla fine del secolo raggiungerà il suo picco controbilancia le aspettative più ottimisti- che. Miliardi di persone in più avranno bisogno di cibo e acqua. Siamo noi a creare i problemi più grandi del nostro tempo, eppure non abbiamo altra scelta. La condizione umana è un puzzle tecnologico in evo- luzione. Risolvere un problema ne origina un altro: è sempre stato così, non si tratta di una peculiarità del tempo presente. La possibilità di sostenere una popolazione più vasta grazie alla riduzio- ne del tasso di mortalità infantile prepara le condizioni perché la fame nel mondo aumenti ancora di più. Stiamo svelando i codici più segreti della bio- logia, creando nuove fantastiche strutture chimiche e ampliando le nostre possibilità grazie alle reti digitali, ma allo stesso tempo stiamo minando il cli- ma, e le risorse essenziali cominciano a esaurirsi. Eppure siamo obbligati ad andare avanti: la storia non è reversibile. Inoltre, dobbiamo riconoscere che in epoche a bassa intensità tecnologica le cose non andavano granché bene. Le nuove tecnologie che risolveranno le grandi sfide di oggi nasceranno molto più probabilmente dalla collaborazione di molte persone attraver- so le reti informatiche che in un garage. Saranno la politica e l’economia di queste reti a determinare il modo in cui le nuove possibilità si tradurranno in nuovi benefici per le persone comuni. Il progresso non è mai libero dalla politica Forse le tecnologie più cool diventeranno ottime ed economiche, mentre allo stesso tempo le risorse fondamentali per la sopravvivenza saranno co- stose. Le analisi degli utopisti digitali e i disastri causati dall’umanità non
28 La dignità ai tempi di Internet sono in contraddizione. Possono convivere, come nella fantascienza più dark e divertente, per esempio le opere di Philip K. Dick. Il costo di risorse fondamentali quali l’acqua e il cibo potrebbe impen- narsi anche se gadget altamente sofisticati, come i nanorobot per la cardio- chirurgia, fossero a portata di mano in caso di necessità, fluttuando come polvere nell’aria, sponsorizzati dalla pubblicità. È impossibile che tutto diventi gratuito in una volta sola, perché il mon- do reale è un casino. Le reti e il software sono un casino. E il miracolo del- la tecnologia animata dall’informazione si basa su risorse limitate. L’illusione che tutto stia diventando così economico da risultare prati- camente gratuito sta ponendo le condizioni politiche ed economiche per- ché cartelli di imprese possano sfruttare tutto ciò che non lo è. Quando la musica diventa gratuita, le bollette per la connessione wireless diventano costose, follemente costose. Bisogna guardare al sistema nel suo comples- so. Non importa se in una visione utopica un difetto sembra insignifican- te: la furia della ricerca del potere si concentrerà proprio su quel difetto. Ritorno in spiaggia Sei seduto in riva all’oceano, ovunque sia la costa dopo che Miami è sta- ta abbandonata in preda alle acque. Hai sete. Le piccole nuvole di polvere che vedi intorno a te sono strumenti interattivi robotizzati sparsi nel mon- do molto tempo fa dalle agenzie pubblicitarie. Questo significa che quan- do parli c’è sempre qualche macchina che ti ascolta: «Ho sete, devo bere». Il gabbiano risponde: «Non sei commercialmente abbastanza qualifica- to perché uno dei nostri sponsor possa fornirti acqua fresca gratis». «Ma io ho un penny» rispondi. «L’acqua costa due penny.» «Un metro più in la c’è un oceano. Desalinizzane un po’!» «La desalinizzazione è appalta- ta alle imprese idriche. Devi abbonarti. Tuttavia, puoi accedere gratuita- mente a qualsiasi film sia mai stato prodotto, o alla pornografia, oppure possiamo simulare un membro scomparso della tua famiglia che interagi- sca con te mentre muori disidratato. I tuoi social network verranno auto- maticamente aggiornati con la notizia della tua morte.» E per finire: «Non vuoi spendere il tuo ultimo penny nel casinò che ti ha appena operato al cuore? Potresti vincere, ed essere in grado di godertelo».
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