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Kolchoz

Definizione – Etimologia
Fattoria agricola sovietica nella quale i contadini lavoravano
collettivamente la terra, condividendo anche il bestiame e gli
strumenti e macchinari agricoli. I kolchozy sono costituiti
sin dal 1918 in sostituzione degli Artel (aziende agricole
collettive) e istituiti ufficialmente in seguito alla
“collettivizzazione delle campagne” del 1930. La
partecipazione a un kolchoz (cooperativa agricola) o a
un sovchoz (azienda agricola statale) è resa obbligatoria, da
parte delle autorità sovietiche, tramite l’adesione forzata
dei contadini.
Kolchoz (in inglese kolkhoz, in russo Колхоз, plur. Kolchozy)
è l’abbreviazione di коллективное хозяйство (kollektivnoe
chozjajstvo) che in russo significa “economia collettiva”.

Generalità
Il kolchoz rappresenta la tipologia del villaggio agricolo
sovietico degli anni Trenta, in cui in URSS si ha un più ampio
sviluppo delle tecniche costruttive dell’architettura rurale
in risposta alle nuove modalità di produzione agricola
meccanizzata.
Con l’imposizione della collettivizzazione delle campagne,
emerge il problema del disegno di un “modello tipo” per i
nuovi villaggi agricoli a gestione collettiva; nel 1934 nasce,
all’Interno dell’Accademia di architettura dell’URSS, un
centro di ricerca speciale per l’architettura rurale. Da quel
momento prende il via il lavoro di progettazione e di ricerca
sui nuovi complessi rurali e i relativi tipi edilizi.
Si gettano le fondamenta per il ridisegno del nuovo villaggio
rurale sovietico e si sviluppano i primi principi di
architettura e pianificazione del territorio rurale.
La caratteristica principale delle nuove metodologie di
pianificazione è stata il passare da villaggi a sviluppo
incontrollato a nuovi insediamenti “disegnati” sulla base
della loro funzione produttiva, la cui pianificazione si
traduce in una “zonizzazione funzionale” intorno al centro
sociale del villaggio. Tale sistema diventa la base della
progettazione architettonica rurale del decennio.
Dopo i primi anni di progettazioni spesso affrettate e non
sempre soddisfacenti, e dopo molte discussioni, si rese
indispensabile uno studio preliminare delle condizioni
ambientali e delle tipologie costruttive delle differenti zone
rurali dei territori dell’URSS.
Tale studio, organizzato dall’Accademia di Architettura
dell’URSS nel 1939-1940, ha dato luogo alla progettazione di
tipologie pensate specificatamente per le regioni meridionali
e per le regioni settentrionali del territorio sovietico, e
successivamente adottate dal Commissariato del Popolo
dell’URSS per la costruzione delle “fattorie collettive”, i
kolchozy.
La Mostra agricola del 1939 che, nella sezione “borgo nuovo”,
presentava i tipi dei nuovi edifici industriali, i migliori
esempi di villaggi turistici e rurali, scuole, biblioteche,
ospedali, centri veterinari, servì da modello per la
progettazione dell’architettura rurale degli anni 1939-1941 e
del dopoguerra. All’inizio della seconda guerra mondiale in
URSS erano già presenti 240 mila aziende agricole (kolchoz) e
oltre 4 mila di Stato (sovchoz).
La guerra, 1941-1945, interruppe pressoché integralmente
progettazioni e realizzazioni.

Derivazione, processo formativo
Nella Unione Sovietica, il 5 gennaio del 1930, promulgato il
calendario di “collettivizzazione delle campagne”, si avvia il
processo di trasformazione dell’organizzazione del lavoro in
agricoltura a iniziare dal Caucaso settentrionale, Basso e
Medio Volga e a seguire le altre regioni produttrici di
cereali.
Si affianca a tale processo la grande produzione industriale
di massa di trattori e varie altre macchine agricole
finalizzata all’organizzazione del lavoro, nei kolchozy e nei
sovchozy, e collocata nelle “Stazioni Macchine e Trattori”
(SMT), basato su una nuova modalità di meccanizzazione dei
processi di produzione.
Il kolchoz nasce quindi come “fattoria collettiva”, una sorta
di cooperativa agricola, gestita su terreni di proprietà dello
Stato da contadini e da un certo numero di famiglie
(provenienti da villaggi vicini) appartenenti al “collettivo
agricolo” e pagati come lavoratori dipendenti sulla base della
qualità e quantità del loro lavoro. Concepito inizialmente
come una unione volontaria di contadini in cooperative
agricole e divenuto la forma dominante di impresa agricola
della Unione Sovietica, il kolchoz è di fatto il risultato di
un programma statale di espropriazione – intrapreso sin dal
1929 – delle aziende agricole private di contadini piccoli e
medi, il cui controllo operativo è stato mantenuto dalle
autorità statali attraverso la nomina dei presidenti (operai
specializzati nominalmente eletti) dei kolchozy.
Nel 1949 ha inizio l’aumento della popolazione nei singoli
kolchozy; si passa in media dalle circa 75 famiglie per
kolchoz alle circa 340 famiglie del 1960. Inoltre,
conformemente  agli  obiettivi  della  pianificazione
centralizzata per ogni regione, nel 1961 le quote di
produzione agricola dei kolchozy sono istituite dallo Stato e
i prodotti sono venduti a enti statali a prezzi determinati e
inferiori al prezzo di mercato, mentre ciò che era prodotto in
eccesso si vendeva sul mercato con prezzi determinati in base
alla domanda e all’offerta.
Nel tempo, soprattutto con la destalinizzazione dell’URSS,
molti kolchozy si trasformarono in sovchozy, passando così
dall’84% dell’area seminativa che occupavano nel 1950, ad
appena la metà della superficie coltivata (48%) nel 1970.
Con il crollo del Comunismo e la disgregazione dell’Unione
Sovietica, dal 1990-91 i kolchozy hanno cominciato a essere
privatizzati.
Esempi
Un tipico esempio degli anni Trenta della nuova architettura
rurale sovietica, dell’organizzazione e della pianificazione
dei villaggi “fattoria collettiva”, è l’azienda agricola
collettiva Komsomol (Repubblica socialista sovietica ucraina –
progetto Zykova). Nella sua struttura insediativa sono state
nettamente separate le zone residenziali da quelle produttive,
poste sufficientemente distanti l’una dall’altra ma in stretta
relazione, nel progetto si tiene conto dell’andamento dei
venti dominanti e del corso del fiume. La forma della
costruzione del kolchoz è qui caratterizzata da un nucleo
composito principale dato da: una piazza pubblica, negozi, un
ufficio postale e un club. Inoltre la sua pianificazione
presta molta attenzione al territorio insediativo per le sue
condizioni naturali:     il   parco,   il   fiume   e   il   bosco
preesistenti.
Interessante dal punto di vista formale è invece la
pianificazione del villaggio di Novo-Ivanovka del 1933, dal
disegno semicircolare e composizione simmetrica delle parti,
ma uno dei migliori esempi di “nuovo villaggio” di quel
periodo è stata Golubovka. Il progetto generale di
ristrutturazione del villaggio, progettato da K. Lopyalo nel
1934-1935, era composto da: un impianto di mulino-podere e
centrale elettrica, un ponte, singole unità abitative, un
edificio dei vigili del fuoco e l’edificio del Consiglio;
inoltre, prevedeva l’utilizzo di tecniche e materiali
dell’architettura popolare tradizionale della regione.
La maggior parte dei nuovi insediamenti rurali è stato
realizzato nelle repubbliche dell’Asia centrale dove gli
agricoltori avevano avuto un gran numero di nuove terre in
aree ancora disabitate, ma in cui l’esperienza nella
costruzione di aree residenziali rurali e di un nuovo tipo di
organizzazione della produzione agricola alla fine degli anni
Trenta era molto diffusa.
Bibliografia
BelovF., The History of a Soviet Collective Farm, New York,
1955; Bylinkin N.P., Ryabushkin A.V., Kalmykov V.N., Sergeeva
G.V., Storia dell’architettura sovietica. 1917-1954, Mosca,
1985; Davies R.V.,The Soviet Collective Farm 1929-1930,
Cambridge, 1980; Laird R.D., Collective Farming in Russia. A
Political Study of the Soviet Kolkhozy, Kansas, 1958; Serova
E.V., La cooperazione agricola in URSS, Mosca, 1991; Werth N.,
Storia della Russia nel Novecento. Dall’Impero russo alla
Comunità degli Stati Indipendenti, Bologna, 2000.
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