KEN BINMORE TEORIA DEI GIOCHI

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         KEN BINMORE
         TEORIA DEI GIOCHI
         T R A D U Z I O N E D I E VA F I L O R A M O
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        Ken Binmore
        Teoria dei giochi

        Progetto grafico: studiofluo srl
        Impaginazione: adfarmandchicas
        Redazione: Stefano Milano
        Coordinamento produttivo:
        Enrico Casadei

        Ken Binmore
        Game Theory.A Very Short Introduction
        © Ken Binomre 2007

        Ken Binmore
        Game Theory.A Very Short Introduction
        was originally published in English
        in 2007.This translation is published
        by arrangement with Oxford
        University Press.

        Teoria dei giochi.A Very Short Introduction
        è stato pubblicato in inglese nel 2007.
        Questa traduzione è pubblicata
        in accordo con la Oxford
        University Press.

        © 2008 Codice edizioni,Torino
        Tutti i diritti sono riservati

        ISBN 978-88-7578-117-0
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         A Peter e Nina
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                Indice

           3    Capitolo 1
                Le regole del gioco

          27    Capitolo 2
                Caso

          43    Capitolo 3
                Tempo

          67    Capitolo 4
                Convenzioni

          83    Capitolo 5
                Reciprocità

         103    Capitolo 6
                Informazione

         119    Capitolo 7
                Aste

         137    Capitolo 8
                Biologia evoluzionistica

         163    Capitolo 9
                Contrattazioni e coalizioni
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        183     Capitolo 10
                Misteri e paradossi

        201     Bibliografia e consigli di lettura
        205     Indice analitico
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         Teoria dei giochi
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         Capitolo 1

         Le regole del gioco

         Di cosa si occupa la teoria dei giochi?

         Un giorno in cui mia moglie era occupata durante un picco-
         lo e piacevole congresso in Toscana, tre giovani donne m’in-
         vitarono a pranzo al loro tavolo. Non appena mi sedetti, una
         di loro disse con voce suadente: «Insegnaci a giocare il gioco
         dell’amore». Ma saltò poi fuori che tutto ciò che volevano era
         un consiglio sul modo di trattare i ragazzi italiani. Ancora
         oggi penso che sbagliassero a non accettare i miei consigli
         strategici, ma avevano proprio ragione a dare per scontato
         che il corteggiamento sia uno dei molti tipi diversi di giochi
         che giochiamo nella vita reale.
            I guidatori che si destreggiano nel traffico stanno giocan-
         do un gioco della guida; i procacciatori di affari che fanno
         offerte su eBay stanno giocando un gioco delle aste; un’a-
         zienda e un sindacato che negoziano il salario del prossimo
         anno stanno giocando un gioco d’affari. Quando candidati
         di fazioni opposte scelgono il proprio programma elettorale
         per un’elezione stanno giocando un gioco politico; il pro-
         prietario di un negozio di alimentari che decide il prezzo
         che avranno oggi i cornflakes sta giocando un gioco econo-
         mico. In breve, ogni volta in cui esseri umani interagiscono
         tra loro, giocano un gioco.
            Antonio e Cleopatra giocavano il gioco del corteggiamen-
         to su grande scala, mentre Bill Gates è diventato incredibil-
         mente ricco giocando il gioco dei software per computer;
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        Adolf Hitler e Josef Stalin giocarono un gioco che uccise una
        parte sostanziale della popolazione mondiale, mentre il gioco
        di Krushev e Kennedy, durante la crisi missilistica di Cuba,
        avrebbe potuto spazzarci via tutti insieme.
            Se la teoria dei giochi, con un campo di applicazioni così
        vasto, potesse sempre prevedere come le persone si compor-
        teranno nei tanti giochi di cui consiste in gran parte la vita
        sociale, sarebbe una panacea universale. La teoria dei giochi,
        tuttavia, non è in grado di risolvere tutti i problemi del mon-
        do perché funziona soltanto quando le persone giocano ra-
        zionalmente. Di conseguenza, non può prevedere il comporta-
        mento di adolescenti pazzi d’amore come Romeo o Giuliet-
        ta, né di uomini folli come Hitler o Stalin. D’altra parte, non
        sempre la gente si comporta irrazionalmente; non è pertanto
        una perdita di tempo studiare cosa succede quando le perso-
        ne agiscono con il sale in zucca. La maggior parte di noi, per
        lo meno, cerca di spendere i soldi in modo intelligente – e in
        gran parte dei casi non lo facciamo troppo male, altrimenti la
        teoria economica non funzionerebbe affatto.
            Anche quando le persone non hanno pianificato tutto con
        anticipo, non significa che si stiano necessariamente compor-
        tando in modo irrazionale; la teoria dei giochi ha riscosso al-
        cuni successi notevoli spiegando il comportamento di ragni e
        di pesci – nessuno dei quali si può dire che sia in grado di
        pensare. Si scopre che questi animali privi d’intelligenza agi-
        scono come se fossero esseri senzienti, perché i rivali con i
        geni programmati per comportarsi irrazionalmente sono oggi
        estinti. Allo stesso modo, le aziende non sempre sono dirette
        da grandi intelletti, ma spesso il mercato è impietoso tanto
        quanto la Natura quando si tratta di togliere di mezzo chi
        non è adeguato.
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         Le regole del gioco                                              5

         La teoria dei giochi funziona?

         Nonostante i suoi successi teorici, i pratici uomini d’affari
         erano soliti ritenere la teoria dei giochi uno dei tanti altri
         rami inefficaci delle scienze sociali; tuttavia, cambiarono opi-
         nione da un giorno all’altro dopo che il governo americano
         decise di mettere all’asta il diritto di usare varie frequenze ra-
         dio per le trasmissioni dei telefoni cellulari.
            Non essendo disponibili esperti consolidati, i consigli di
         chi si occupava di teoria dei giochi furono decisivi per deter-
         minare il sistema di regole usato nei giochi delle aste: il risul-
         tato fu che i contribuenti americani guadagnarono 20 milioni
         di dollari, più del doppio della previsione ortodossa.Tempo
         dopo, il guadagno fu ancor maggiore nell’asta delle telecomu-
         nicazioni britanniche, della quale io fui il responsabile: un to-
         tale di 35 milioni di dollari in un’unica asta. Di conseguenza,
         la rivista “Newsweek” mi descrisse come l’impietoso econo-
         mista giocatore di poker che aveva distrutto l’industria delle
         telecomunicazioni!
            Saltò poi fuori che non era affatto distrutta. E non è per
         nulla impietoso far sì che i ricconi dell’industria delle tele-
         comunicazioni paghino i diritti con il prezzo che ritengono
         consono al loro valore – soprattutto quando i soldi incassati
         sono spesi per ospedali destinati a chi non può permettersi
         cure mediche private. E, per quanto riguarda il poker, sono
         passati almeno 20 anni dall’ultima volta che ho giocato
         scommettendo più di qualche centesimo. L’unica cosa in cui
         “Newsweek” aveva visto giusto è stato il fatto che la teoria
         dei giochi funziona quando è applicata da persone che san-
         no quello che stanno facendo. Non funziona soltanto in
         economia, ma anche in biologia evoluzionistica e nelle
         scienze politiche; nel mio libro Natural Justice, addirittura,
         sfido oltraggiosamente i filosofi morali a farne uso quando
         parlano di etica.
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        Giochi fittizi

        Ogni nuova asta per le telecomunicazioni in cui sono in gio-
        co molti soldi necessita di essere adeguata alle circostanze in
        cui sarà svolta; non si può, semplicemente, prendere un pro-
        getto fatto e finito dal cassetto, proprio come scoprì il gover-
        no americano quando commissionò a Sotheby’s l’asta di un
        lotto di satelliti trasmettitori. Non è neppure possibile, d’al-
        tronde, catturare tutte le complicazioni di un nuovo mercato
        delle telecomunicazioni in un modello matematico. Proget-
        tare un’asta delle telecomunicazioni è, pertanto, una forma
        d’arte tale e quale la scienza vera e propria: si estrapola a par-
        tire da semplici modelli scelti perché imitino quelle che sem-
        brano essere le caratteristiche essenziali di un problema.
           Proverò a fare la stessa cosa: questo libro, di conseguenza,
        non contiene formule algebriche e soltanto pochissimi ter-
        mini tecnici. Si occupa soltanto di giochi fittizi, lasciando da
        parte tutti i fronzoli da cui sono complicati nella vita reale. La
        maggior parte della gente, tuttavia, ritiene che anche questo
        tipo di giochi dia un sacco di spunti per riflettere.

        Conflitto e cooperazione

        La maggior parte dei giochi che compaiono in questo libro
        ha soltanto due partecipanti: Alice e Bob. Il primo dei loro
        giochi si chiama “Lancio delle monete”.
           Sherlock Holmes e il perfido Professor Moriarty fecero que-
        sto gioco mentre si dirigevano al confronto finale presso le ca-
        scate di Reichenbach: Holmes doveva decidere a quale stazione
        scendere dal treno e Moriarty a quale fermarsi ad aspettare.
        Una variante del gioco tipica della vita reale si ha con i conta-
        bili disonesti e i loro supervisori: i primi decidono quando im-
        brogliare e i secondi quando fare l’ispezione dei libri contabili.
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         Le regole del gioco                                                                    7

                                   Alice                                  Bob
                           testa           croce                  testa         croce

                testa                                   testa

                croce                                  croce

                          Strategia di Alice                     Strategia di Bob

         1. Il problema decisionale di Alice e Bob nel lancio delle monete.

         Nella nostra versione,Alice e Bob mostrano una moneta cia-
         scuno. Alice vince se entrambe hanno la stessa faccia; Bob
         vince se hanno due facce diverse.Alice e Bob, di conseguen-
         za, hanno due diverse strategie: testa e croce. La Figura 1 mo-
         stra chi vince e chi perde per tutte le possibili combinazioni
         di strategie; questi risultati sono i payoff 1 dei giocatori. I pol-
         lici in alto o in basso evidenziano il fatto che tali payoff non si
         misurano necessariamente con i soldi.
             La Figura 2 mostra che tutta l’informazione contenuta nel-
         la Figura 1 può essere riassunta in una tabella dei payoff: quel-
         la di Alice è in basso a sinistra e quella di Bob in alto a destra
         di ogni cella. La figura mostra inoltre una versione con due
         giocatori del diversissimo gioco della guida a cui prendiamo
         parte ogni mattina quando entriamo in auto per recarci al la-
         voro. Anche in questo caso, Alice e Bob hanno due strategie
         pure, sinistra e destra, ma adesso i ricavi dei giocatori sono
         completamente allineati, anziché essere diametralmente op-
         posti. Quando i giornalisti nominano una situazione win-win,
         si riferiscono a qualcosa di simile al gioco della guida.

         1Si è scelto di non tradurre payoff con i meno generici “esito” e “ricavo”, dal mo-
         mento che quasi sempre,in letteratura,si utilizza in italiano il termine inglese.[N.d.T.]
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                     testa        croce                   sinistra         destra

            testa                              sinistra

            croce                              destra

                    Lancio delle monete                    Gioco della guida

        2. Tabelle dei payoff.Alice sceglie una riga e Bob una colonna.

        Von Neumann

        Il primo risultato nella teoria dei giochi fu il “teorema mini-
        max” di John Von Neumann, che si applica soltanto ai giochi
        come il lancio delle monete, in cui i giocatori sono presenta-
        ti come nemici implacabili.A volte capita di leggere dei com-
        menti screditanti sulla teoria dei giochi, in cui Von Neumann
        è caricaturizzato come una sorta di artefice della Guerra fred-
        da – la versione dal vivo del dottor Stranamore del famoso
        omonimo film. In questi commenti si sostiene che solamente
        uno stratega militare impazzito penserebbe di applicare la
        teoria dei giochi alla vita reale, perché soltanto un pazzo o un
        cyborg potrebbe fare l’errore di presumere che il mondo sia
        un gioco in cui domina il conflitto.
            Von Neumann era un genio a tutto tondo; il fatto di aver
        inventato la teoria dei giochi fu per lui un’attività del tutto
        collaterale. È vero che fu uno dei massimi protagonisti del-
        la Guerra fredda ma, lungi dall’essere un cyborg, era un ge-
        nio a cui piaceva divertirsi e stare insieme agli altri. Preferi-
        va la cooperazione al conflitto, proprio come voi e me; ca-
        piva che il modo di raggiungere la collaborazione non sta
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         Le regole del gioco                                                9

         nel far finta che, a volte, le persone non cerchino di trarre
         profitti causando danni.
             La cooperazione e il conflitto sono due facce della stessa
         medaglia, nessuna delle quali può essere compresa appieno
         senza tener conto dell’altra. Prendere in considerazione un
         gioco di conflitto puro come il lancio delle monete non si-
         gnifica affermare che tutte le interazioni umane siano di tipo
         competitivo; né, dall’altro lato, studiare un gioco di coopera-
         zione pura come il gioco della guida implica dichiarare che
         tutte le interazioni umane siano cooperative. In entrambi i
         casi si stanno semplicemente distinguendo due aspetti specifi-
         ci del comportamento umano, così che possano essere studia-
         ti uno per volta.

         Le preferenze rivelate

         Per occuparci di cooperazione e conflitto insieme è necessa-
         rio trovare, per descrivere le motivazioni dei giocatori, un
         modo migliore rispetto all’affermazione secondo cui a un
         giocatore piace vincere e non piace perdere. Gli economisti, a
         questo scopo, hanno introdotto il concetto di “utilità”, che
         consente a ciascun giocatore di assegnare un valore numerico
         a ogni possibile risultato di un gioco.
             Nel mondo degli affari il risultato finale è solitamente il
         profitto; gli economisti, tuttavia, sanno che gli esseri umani
         hanno spesso scopi più complessi rispetto al semplice “gua-
         dagnare il più possibile”. Di conseguenza, non possiamo
         identificare l’utilità con il denaro. Una risposta ingenua sa-
         rebbe associare l’utilità alla felicità: ma cos’è la felicità, e come
         la si misura?
             Il termine “utilità” è storicamente associato ai filosofi utili-
         taristi dell’epoca vittoriana, come Jeremy Bentham e John
         Stuart Mill; si tratta di un caso sfortunato, dal momento che
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        gli economisti moderni non sono d’accordo con loro quando
        si tratta di identificare l’utilità con la massima quantità di pia-
        cere o la minima di dolore che una persona possa provare. La
        teoria moderna ha abbandonato ogni tentativo di spiegare
        come le persone si comportano rispetto a quello che accade
        nelle loro teste; al contrario, gli economisti dei nostri tempi
        cercano in ogni modo di non fare alcuna ipotesi psicologica.
            Non cerchiamo di spiegare perché Alice e Bob si compor-
        tano così. Dobbiamo, rispetto a una teoria esplicativa, accon-
        tentarci di una descrittiva, la quale non può fare altro che dire
        che Alice o Bob si comportano in modo inconsistente se, fat-
        to questo o quest’altro nel passato, stanno pensando di fare
        quello o quell’altro nel prossimo futuro. L’oggetto della teo-
        ria dei giochi consiste nell’osservare le decisioni che prendo-
        no (o prenderebbero) Alice e Bob quando interagiscono tra
        loro o con qualcun’altro, e di dedurre come si comporteran-
        no interagendo in un gioco.
            Di conseguenza, non mettiamo in discussione che alcune
        scelte siano più razionali di altre; seguiamo il grande filosofo
        David Hume nel ritenere la ragione come «lo schiavo delle
        passioni». Come lui stesso fece notare in modo stravagante,
        non ci sarebbe niente d’irrazionale nel preferire la distruzione
        dell’Universo all’atto di grattarsi il dito. Noi economisti, tut-
        tavia, ci spingiamo ancora più oltre considerando la ragione
        come un puro e semplice strumento per evitare un compor-
        tamento inconsistente. Ogni comportamento consistente,
        pertanto, è considerato razionale.
            Fatte alcune semplici ipotesi, si può dimostrare che un
        comportamento consistente coincide con il comportarsi come
        se si stesse cercando di massimizzare il valore di qualcosa. Indi-
        pendentemente da ciò che questo astratto “qualcosa” possa es-
        sere in un contesto particolare, gli economisti lo chiamano
        “utilità”. Non è necessario che l’utilità sia correlata al denaro
        ma, tristemente, molto spesso lo è.
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