ISTITUTO COMPRENSIVO "G.B. MARZANO" LAUREANA DI BORRELLO - DIRIGENTE SCOLASTICO Dott.ssa Domenica Proto
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ISTITUTO COMPRENSIVO “G.B. MARZANO” LAUREANA DI BORRELLO RCIC84800T@ istruzione .it TEL. e FAX 0966 991109 DIRIGENTE SCOLASTICO Dott.ssa Domenica Proto ANNO SCOLASTICO 2009-2010
PREMESSA La scuola ha il compito principale di far prendere coscienza all’alunno delle proprie radici affinché il passato sia l’illuminazione per il futuro che le giovani generazioni sapranno costruire. In quest’ottica grande importanza riveste la storia della vita lavorativa dell’uomo nel proprio ambiente. Rievocare le tecniche artigianali degli antichi mestieri acquista un contenuto di crescita culturale un’ipotesi valida a sostenere la curiosità dei discenti non ancora entrati a far parte del mondo del lavoro. Tante attività, sono progressivamente scomparse ad appannaggio di una produzione su scala industriale, con la conseguenza ulteriore di portare nell’oblio vecchie tradizioni manuali del passato. Il presente lavoro è il risultato dell’impegno di docenti che hanno accolto l’iniziativa proposta per immergersi con i propri alunni nei ricordi di una realtà quotidiana che è in via di estinzione. Chissà se tra i giovani non germogli un nuovo entusiasmo verso queste arti tradizionali del passato e l’assecondare la genialità insita e connaturata in ciascuno dei nostri giovani conterranei non possa far nascere in un prossimo futuro concrete scelte di lavoro!
Reggio Calabria Vibo Valentia IL TERRITORIO DELLA NOSTRA RICERCA SI TROVA ALL’ESTREMO NORD DELLA PROV. DI REGGIO CALABRIA E CONFINA, A NORD, CON LA PROV. DI VIBO VALENTIA…..
Nell’arco dei secoli XVIII- XX fiorirono a Laureana, Candidoni, Serrata e San Pietro di Caridà attività artigianali di buon livello. Non si può parlare di botteghe, sicuramente di famiglie, che, per generazioni, hanno tenuto alto il mestiere tramandato, insegnando a quanti frequentavano le loro attività. Memorie di quel passato in cui l’artigianato locale era un’importante attività economica di questa terra. Alla fine della II Guerra Mondiale molte famiglie si sono disperse e i pochi apprendisti rimasti non sempre hanno fatto in tempo ad acquisire le abilità dei loro maestri.
Vi sono stati: Decoratori-pittori, quasi tutti autodidatti, che hanno ornato chiese e case signorili e hanno ridipinto e restaurato statue antiche, dipinto quadri di buona fattura Falegnami- intagliatori, che oltre a produrre mobili di grande pregio , hanno acquisito una notevole abilità nell’intagliare e scolpire il legno Muratori – stuccatori dei quali si conservano opere di stucco nelle chiese e sugli estremi di alcune case. Carradori, maestri costruttori di ogni specie di carro e carretto da adibire a trasporto di persone e cose. Impagliasedie per lo più donne brave a raccogliere nelle paludi la “sala”, un’erba acquatica che cresceva spontaneamente con la quale impagliavano le sedie Ciabattini capaci di creare e aggiustare ogni tipo di calzatura. Maniscalchi perché gli animali delle “masserie” avevano bisogno di essere “ferrati” per non rovinare, nel lavoro, i loro zoccoli:buoi, cavalli, muli, asini .
Calderai maestri capaci di trasformare un foglio di lamiera di rame, con il solo uso del martello, in una caldaia. Sellai, maestri conosciuti come “bastai”, approntavano basti per asini e muli in legno e pelle, e selle in cuoio per cavalli. Bottai, maestri per la costruzione e riparazione delle botti nel periodo della vendemmia Pastorari: ogni Casari, maestri del formaggio, il buon contadino o “caso”. Antico mestiere ancora artigiano era esercitato nelle masserie anche dalle costruttore di donne. pastori del Scopai, producevano non solo presepe o altre scope ma anche stuoini e dischi per statuine di i frantoi: oggetti che oggi hanno una devozione diversa provenienza utilizzando come Arrotini gli “alliffa coltelli”che non si materia prima la vedevano passare più per le vie del paese. creta Valorari, venditori di caldarroste durante il periodo autunno-inverno Capillara chiedeva i capelli che le donne raccoglievano ogni mattina “facendosi la testa” in cambio di oggetti per la casa. I capelli servivano per fare parrucche e toupè
IL MESTIERE DEL CESTAIO O PANIERAIO Le radici di questa attività sono antichissime perché l'uomo ha imparato ad utilizzare i doni della natura fin dai tempi della preistoria. La natura offre la materia prima da quando è nato il mondo. L'artigiano sceglie i rami di olivo, salice, castagno, più diritti che verranno spogliati dalla corteccia e trafilati col taglio della roncola. Poi li bagnerà, per renderli ancora più flessibili e cominciare così a tessere il fondo della cesta. Le lamine vegetali avranno tutte lo stesso spessore e la stessa lunghezza. Quest’ attività era molto comune ed era facile vedere lungo le vie del paese vecchietti seduti sui gradini della loro abitazione intenti nella creazione di cestini, panieri, ceste. Giorno 10 marzo 2010 : una mattinata con il signor La Rocca Giovanni
L’ INTERVISTA D. Qual è il materiale necessario che occorre per realizzare i cestini? R. Virgulti di ulivo che nascono dalle radici lasciate essiccare e canne giovani. D. Quando si raccoglie la “virga”? R. Il periodo giusto è agosto quando è raggiunto il giusto punto di elasticità D. Quando si raccoglie la canna? R. Anche la canna si taglia ad agosto ed opportunamente sfrondata si taglia con un particolare coltello ad uncino, la “roncola” D. Come si procede nella lavorazione ? R. Prima si intreccia il virgulto per il fondo, il “culacchio”. Dal fondo partono le guide i laterali dove si intrecceranno le strisce di canna.
Momenti della giornata Con le docenti Con il Dirigente Scolastico, dott.ssa Domenica Proto Antonietta Iemma Avati Concetta - Denicola Concettina - Nicolaci Isabella
IL MESTIERE DEL FABBRO Per lavorare il ferro, l'artigiano lo immergeva sotto la brace di carbon fossile sino a che si arroventava e diventava malleabile. Quando si trattava di un pezzo consistente da spianare e ridurre a piastra sottile,su quel pezzo intervenivano contemporaneamente due e, se necessario, tre operai (il mastro e due lavoranti), che, con una cadenza ritmica, frenetica e precisa, battevano con la mazza sullo stesso punto senza scontrarsi (in gergo si diceva a’ mazza). L'incudine su cui si lavorava era ben piazzata su un grosso tronco d'albero pesante, difficilmente spostabile. Oltre che per l'incudine, la ferraria si caratterizzava per la presenza della fucina a mantice, azionato con un pedale , il fabbro attaccava a lavorare la mattina ben presto e il suono dei suoi colpi si diffondeva in tutto il quartiere.
Aveva a che fare con tutti, perché numerosi erano gli attrezzi che costruiva per gli altri lavoratori . picconi, falci, zappe, scalpelli, scuri, ecc. Un’ultima curiosità del fabbro si servivano anche i bambini per far montare il chiodo (trottole azionate da un filo che veniva ASCIUGAPANNI arrotolato intorno) per poter giocare. OGGI Le operazioni di fucinatura fondamentali, eseguite con martelli e altri attrezzi semplici, sono: la ricalcatura, per produrre un allargamento della VECCHIA FUCINA sezione a scapito della lunghezza; la strozzatura, per produrre un restringimento della sezione; la piegatura, per curvare il pezzo; la saldatura a fuoco, per unire due pezzi diversi; la punzonatura, per praticare fori relativamente piccoli; Il taglio, per praticare fori grandi o eliminare una parte del pezzo.
VISITA ALL’OFFICINA DEL FABBRO “VALEO” L’ INTERVISTA D. A che età ha iniziato a lavorare il ferro? R. Ho iniziato che avevo 9 anni. D. Il suo lavoro le piace? R. Si, lo faccio con passione. D. A cosa serve l’incudine? R. Serve per battere il ferro quando è caldo. Una volta per riscaldare i forni si usava il carbon fossile, invece oggi si riscalda a gas. D. Il suo è un lavoro pesante ? R. Si, ma si guadagna bene. D. Quante ore al giorno lavora? R. Lavori 8 ore al giorno. D. Da chi ha imparato? R. Da un grande maestro di nome Garcea del quale conservo ancora un attrezzo, oltre che un grande affetto per lui che era una persona speciale.
OGGETTI IN FERRO FABBRO AL LAVORO
IL VASAIO Un abile creatore di forme e una misura universale delle civiltà e delle culture.. L’"argagnaru" nei nostri paesi non esiste più; gli ultimi rimasti lavorano con torni e forni elettrici e producono oggetti per amatori. I cocci ("shrachi") si possono vedere nei vecchi muri. Arnesi del mestiere: la creta l’argilla il tornio le stecche il forno a legna. L’artigiano si procurava la creta presso i margini del fiume Mesima, la portava al laboratorio e con l’apposito tornio a ruota manovrato con il piede la trasformava in vasi. L’artigiano appoggiava la creta sul piatto del tornio e lo faceva girare contemporaneamente bagnandosi continuamente le mani dava la forma desiderata alla creta. L’oggetto veniva messo poi nel forno. Gli oggetti più comuni erano: la pignata, la tella, la gozza, la giara, la bumbula, e u salaturi.
LA LAVORAZIONE DELLA CERAMICA OGGI L’esperienza delle visite guidate alla fabbrica della ceramica di Bagnara Uniti non si lavora solo in ambito scolastico ma anche a creare oggetti di propria fantasia. L’esperienza è stata indimenticabile perché abbiamo avuto la possibilità di partecipare alla creazione di alcuni oggetti. Siamo stati accolti affettuosamente e ci hanno spiegato per filo e per segno la lavorazione dell’argilla. Abbiamo visto come si usa il torchio elettrico e manuale. Nella fabbrica ci sono pochi macchinari perché l’argilla si deve lavorare soprattutto a mano. Abbiamo visto estrarre oggetti da stampi di gesso chiusi fra loro con degli elastici. L’argilla che era in più veniva tagliata con molta precisione. Gli oggetti venivano infornati e pitturati a mano con molta cura,poi immersi nella cristallina,infornati per la seconda volta.
Anche noi abbiamo lavorato con l’argilla e abbiamo realizzato vari oggetti tra cui una rosa,i funghi,pergamene ed altri. Dopo aver pranzato abbiamo comprato qualcosa e poi siamo ritornati a scuola. Nella seconda giornata abbiamo vissuto esperienze a colori, infatti, ognuno di noi ha scelto di dipingere qualche oggetto: un salvadanaio a forma di papera, un portapenne a forma di gufo, una piccola foglia. Anche le professoresse che ci hanno accompagnato hanno contribuito e si sono messe a dipingere, a loro piacimento un uovo di gesso. Al ritorno la nostra allegria e vivacità è divenuta tristezza, quest’esperienza rimarrà sempre nei nostri cuori.
LA FIGURA DELLA TESSITRICE La filatura e la tessitura occupavano nell'esperienza popolare un posto di grande rilievo; con esse la donna concorreva spesso all'economia familiare in cui il lavoro femminile comprendeva, oltre al lavoro della terra, tutte quelle operazioni domestiche necessarie al sostentamento. Assieme al cucinare, alla responsabilità del piccolo allevamento, alla cura della prole e della casa, il filare e il tessere corrispondevano, nella quotidianità e nell'immaginario, ad un esclusivo ambito e pertinenza femminili, assumendo anche un'ampia valenza simbolica. Fino a cinquanta anni or sono le tessitrici operanti su telai semplici a due pedali per la produzione della tela, o a più pedali per la messa in atto, dei disegni simmetrici, erano numerose e distribuite con uniformità sul territorio. L'importanza che la lavorazione al telaio della canapa e del lino assunse nell'economia contadina, si evidenzia nella dimora contadina tipica di Laureana in cui trovava quasi sempre posto il grosso telaio per la tessitura. FILATRICE
L'utilizzo di tale attrezzo venne così tanto esteso e in un certo senso codificato, che negli anni verrà destinata all'interno della casa una vera e propria "stanza del telaio".Filatura. Si filava in ogni casa, prima a mano con il fuso e la rocca, soppiantati nel tempo dalla ruota a pedale. La tecnica di filatura consiste nell'operare con la rocca (supporto della fibra) e il fuso (con funzione di volano e peso) per la riduzione, tramite assottigliamento e torcitura, di una massa fibrosa in filo. Tessitura. Nell'incontro di trama e ordito il telaio sviluppa la propria funzione principale. Appropriati pedali, pettini, licci e subbi lavorano sull'ordito per stendere e separare i fili predisponendoli all'incontro con la trama. La trama è posata tramite una navetta contenente un cannello di filo. Il telaio, invece, era formato da due grossi pezzi di trave lunghi circa due metri, poggianti su quattro "piedi" per trave, due avanti e due dietro. Sulle travi erano innestate due robuste tavole di legno, attraversate da un'altra tavola che le univa, sia da una parte che dall'altra. Le tavole verticali avevano due fori per parte di circa venti centimetri di diametro nei quali si inserivano i cilindri cui abbiamo accennato prima. FILATORE
Di sotto c'erano due o quattro pedali, pigiando sui quali con i piedi si permetteva l'apertura o la chiusura delle fasce di cotone provenienti dal cilindro posteriore. Lavorando con due pedali, si produceva tela liscia e leggera, mentre con quattro si produceva panno più duro e forte, detto "a spiga": c'era, quindi, la tela a due pedi e la tela a quattro pedi.. Lavorando con due pedali, si produceva tela liscia e leggera, mentre con quattro si produceva panno più duro e forte, detto "a spiga": c'era, quindi, la tela a due pede e la tela a quattro pede. il ciclo della canapa va dal raccolto, alla macerazione e gramolatura fino alla tessitura. Due grandi gramole e una portatile e pettini per dividere la canapa nobile dalla stoppa; strumenti per la filatura: incannatoi (a volano), aspi (rotanti), rocche (conocchie), fusi. Arcolai e telai: grandi telai per la produzione di tele ad uso familiare: coperte, lenzuola e asciugamani, e un telaio più piccolo per la produzione di pezze e cinture. Arnesi del mestiere: Telaio - arcolaio – incannatoio – Navetta - Spoletta – licci – subbio – pinte da tessuto : Canapa – lino - Ginestra VECCHIO TELAIO
IL MESTIERE DEL CARBONAIO Per comporre una "carbonaia" occorreva una quantità considerevole di legna, comunque non inferiore ai trecento quintali (bisogna tenere presente che solo un quinto del peso della legna si trasforma in carbone). Il diametro generalmente era di quattro o cinque metri per un altezza di due-tre metri. Si cominciava mettendo i tronchi in piedi, obliqui verso l'interno, a forma di gabbia, e si girava attorno, accatastando legna su legna fino a raggiungere la grandezza base. Dopo di che si ricominciava di sopra a costruire il secondo piano. Al centro, dalla base all'apice, si lasciava un grosso buco per l'accensione del fuoco. Il tutto veniva ricoperto da una "camicia" di stoppie o erbacce secche e da uno strato di terra che variava dai quaranta ai cinquanta centimetri in modo che la legna rimanesse imprigionata in una corazza di terra e il calore compresso la cuocesse senza sbriciolarla. MOMENTI DELLA LAVORAZIONE DELLA CARBONAIA
La legna "cotta" rimaneva in piedi, intatta, e, alla fine, dovevano essere i carbonai stessi a fare in pezzi tutto quanto. Lungo tutta la struttura, all'altezza di trenta centimetri circa, si praticano dei fori ogni metro per far sì che quando il fuoco bruciava l'aria avesse la possibilità di giocare dentro, terminata la preparazione della carbonaia, non rimaneva, poi, che dare fuoco. Ciò avveniva in un modo molto semplice: si accendeva un grosso fuoco al fine di produrre della brace, la quale veniva raccolta e buttata dentro attraverso il buco lasciato di proposito durante la costruzione. Il fuoco doveva bruciare ininterrottamente per la durata di dodici, tredici giorni, dopo di che la legna era "cotta": era diventata carbone. L’attività dei carbonai è un mestiere in via di estinzione, a causa dei mutati usi del combustile a fini energetici, infatti, veniva venduto per il riscaldamento delle abitazioni sino a pochi decenni. Oggi si produce solo in pochissime famiglie rimaste, soprattutto nei boschi delle Serre L’ANTICA ARTE DEL MUGNAIO Nel mestiere del mugnaio ognuno aveva i suoi segreti per la macinatura dei cereali. I proprietari, i massari, i contadini producevano grano, granturco ed altri semi che dovevano essere macinati. Al mugnaio si pagava la “decima” sul prodotto macinato o anche in denaro. L'arte del mugnaio è stata sempre veramente tramandata da generazione in generazione. VECCHIA MACINA
Doveva stimare il livello di essiccazione dei cereali, quantificarne la loro resa in termini di farina. Dopo aver effettuato, mediante vagli, la pulitura del prodotto da trattare, provvedeva all'esatta pesatura riponendone il contenuto nell'apposita stadera. Disponeva le graminacee stendendole in un capiente contenitore che poteva ospitare fino a venti chilogrammi che versava nella tramoggia. Da questa cadevano nel sottostante occhio della macina superiore. La quantità veniva impostata dal mugnaio, secondo suoi precisi calcoli, azionando un cassetto che era fissato, mediante cerniere, sotto la base della tramoggia. Una lunga asticina vibrava con il movimento della macina. Una campanella suonando, avvisava il mugnaio di effettuare una successiva riempitura della tramoggia. La macina inferiore era fissa, mentre quella superiore ruotava. Le macine erano di peso elevato e venivano azionate dalla forza motrice esercitata dai flussi d’acqua continui che veniva canalizzata in lunghi percorsi in muratura “a prisa”. La macina presentava delle scolpiture che partendo dal suo perno centrale si sviluppavano verso l'esterno in modo curvilineo avevano lo scopo di ridurre l'attrito generato dal rotolamento e facilitavano la fuoriuscita della farina. Le macine erano cerchiate nella parte esterna da un robusto ferro che ne aumentava le caratteristiche meccaniche. VECCHIO MULINO
Un telaio ligneo si sviluppava al loro perimetro esterno con lo scopo di contenere la dispersione della farina. Finalmente la farina ottenuta, cadeva in una vasca sottostante posta dinanzi al basamento delle macine. Il mugnaio raccoglieva la farina ottenuta con la caratteristica pala in legno e la riponeva ordinatamente nei vari sacchi di cordame e liuta. “SCHICCIU (FORO) CHE FACEVA USCIRE L’ACQUA CON UNA CERTA PRESSIONE DA FAR GIRARE LA RUOTA SOTTOSTANTE DEL MULINO CONGEGNI E MACINE DI VECCHI MULINI
I FRANTOIANI (IERI) Gli antichi frantoi erano azionati dalla forza motrice dell’acqua o da un animale quadrupede e le macchine erano di legno. Per la macinazione si adoperavano le pietre, dette “molazze” e per la spremitura i torchi a legno, azionati a braccia d’uomo a mezzo di una stanga di legno che veniva applicata alternativamente ai due fori della testa della vite. Erano ubicati nelle vallate, lungo i fiumi, per utilizzare l’acqua nel processo di lavorazione. Poi sopraggiunsero i motori elettrici e le presse idrauliche che sostituirono i” vecchi VECCHIA RUOTA PERSIANA DEL FRANTOIO AD ACQUA frantoi a molazze”. ( DIAMETRO DI M. 5,10)
I FRANTOIANI (OGGI) Oggi i frantoi sono a ciclo continuo e la lavorazione dalle olive avviene per fasi. La I fase consiste nella defogliazione e nel lavaggio delle olive. Le olive vengono messe in un contenitore detto”tramoggia di carico”, da qui passano attraverso un elevatore a nastro che le lascia cadere in una apposita lava-olive, le foglie ed eventuali rami vengono aspirati e convogliati fuori dall’impianto. La II fase consiste nella frangitura e gramolazione: le olive lavate ricadono su una tramoggia provvista di un elevatore per il trasporto delle olive al frangitore dove avviene la molitura; il frangitore è costituito da una griglia e da una girante a martelli per la frantumazione delle olive che passano nella vasca superiore del gramolatore . Questo è formato da tre vasche provviste di pale rotanti elicoidali che consentono la lavorazione continua e simultanea moliture delle olive.
La pasta gramolata viene prelevata dalla vasca inferiore ed inviata agli estrattori, ovvero alle centrifughe orizzontali o decanter mediante apposite pompe. Lì avviene la separazione del mosto oleoso dalla pasta gramola per effetto della forza centrifuga. Avviene la separazione dei liquidi olio- acqua,mentre la sansa estratta dalla centrifuga viene trasportata nel sansaio, l’acqua e l’olio, già quasi puri al 90% cadono su di una vaschetta in acciaio. Nella III fase avviene la raffinazione e depurazione tramite appositi separatori centrifughi verticali che servono a separare l’olio dall’acqua di vegetazione, ottenendo il prodotto finito .Successivamente abbiamo misurato il grado di acidità dell’olio estratto.
FARE IL SAPONE L’olio d’oliva inacidito, già fritto, i grassi degli animali macellati in famiglia venivano conservati in appositi recipienti e, poi, trasformati in sapone, bollendo il tutto con la soda caustica o la soda solvay. Il sapone che se ne ottiene è, solitamente, detto "sapone di marsiglia". I poveri e i ricchi ne facevano ampio uso per lavare la biancheria e la propria persona. Le saponette profumate erano riservate a pochi. L’operazione richiedeva l’impegno di tutti gli adulti della famiglia; i bambini venivano tenuti lontano per il rischio di essere bruciati dalla soda versata nella caldaia con olio, foglie profumate e acqua. Questa attività sopravvive in molte famiglie ed è ancora possibile trovare (come dono richiesto) il sapone fatto in casa con l’olio d’oliva. MOMENTI DELLA LAVORAZIONE DEL SAPONE A CALDO
RICETTA DEL SAPONE A CALDO 4. Appena comincia a riscaldare si Ingredienti: 20 litri di acqua; 10 litri mescola per 2 ore finché il di olio di oliva fritto o vecchio; 5 Kg. miscuglio non diventa bianco di “potassa” (soda caustica); qualche 5. Quando il liquido diventa denso si foglia di sambuco spegne il fuoco, si copre il tutto e 1. Accendere il fuoco sotto un “tripode”, si lascia riposare per 2 giorni (tre piedi di ferro) sopra il quale viene 6. Il 2°giorno si taglia a pezzi grandi messo un pentolone di rame. e si toglie dal pentolone 2. Procurarsi un bastone abbastanza 7. Si appoggia su un telo e si taglia lungo in pezzi più piccoli, da tenerli in 3. Versare nel pentolone l’acqua, l’olio, la mano soda, le foglie di sambuco e 8. Si mette nelle cassette di legno ad mescolare. asciugarsi e il sapone è pronto RICETTA DEL SAPONE A FREDDO Ingredienti: 4 litri di olio(anche fritto); 8 litri di acqua; 1 Kg. Di soda caustica; 400g. di farina. Procedimento: Mescolare in un recipiente di plastica 4 litri di acqua con 4 litri di olio e la soda caustica fino a scioglierla (qualche minuto). Aggiungere lentamente gli altri litri di acqua nei quali è stata sciolta la farina (mescolata gradualmente per non fare grumi) mescolare il tutto ½ ora . Lasciare riposare una giornata (anche 2 se è estate) e capovolgere il contenuto per fare uscire intera la forma di sapone e tagliare in piccoli pezzi.
IL FORNAIO IERI Per quest’attività le esperte erano le donne di casa per trasformare la farina in pane. Anche oggi in alcune famiglie si fa il pane in casa. RICETTA DEL PANE FATTO IN CASA Ingredienti: per pane( forno di 25 Kg) - 20Kg di farina, 5 Kg di lievito naturale, 7 l. di acqua,¾ di Kg di sale per il lievito naturale- pagnottella di lievito naturale (tramandata ) 5 l. di acqua, 5 Kg di farina VECCHIO FORNO Preparazione del lievito naturale: Sciogliere la pagnottella di lievito in 5 litri di acqua tiepida e aggiungere piano piano la farina impastando fino a formare un impasto omogeneo. Lasciare lievitare per 12 ore coprendo l’mpasto con una tovaglia e delle coperte tenute per il pane. Procedimento- Setacciare la farina in una “madia”, mettere il lievito preparato, l’acqua e il sale già sciolto MADIA nell’acqua. Amalgamare il tutto fino a formare un impasto omogeneo (circa 1 ora). Tagliare l’impasto e formare delle pagnottelle di 1 Kg. circa e lasciare lievitare 4-5 ore.
MOMENTI DELLA PREPARAZIONE DEL PANE Quando le pagnottelle son ben lievitate si prepara il forno. Preparazione del forno- Per fare arrivare la temperatura ottimale di un forno a legna bisogna bruciare 2 - 3 tre fasci di rami d’ulivo. Quando la “bocca del forno” diventa bianca il forno è pronto. Pulire,quindi, il forno dalle braci con strumenti FORNO appositamente realizzati. Infornare il pane, chiudere il forno e lasciare cuocere per circa due ore.
IL FORNAIO OGGI Visita al forno “Brattalotta”
LAVORAZIONE DEL BERGAMOTTO L’esperienza di una visita guidata a Varapodio, “Bergarte” Dove il bergamotto prende forma (Azienda Agricola Iannello Maria) Dalla buccia del bergamotto si estrae un olio essenziale molto pregiato. Quest’olio è profumatissimo e gradevolmente aromatico ed è utilizzato nelle industrie dei profumi, nella produzione di saponi, nella preparazione di dolci e gelati oltre che nelle industrie farmaceutiche. Dalla buccia di questo frutto si ricavano, inoltre oggetti artistici e souvenir. Bomboniere, tabacchiere da fiuto, piccoli astucci, ecc.. MOMENTI DELLA LAVORAZIONE
MOMENTI DELLA LAVORAZIONE DEL BERGAMOTTO PER FARE OGGETTI DECORATIVI
MOMENTI DELLA LAVORAZIONE E OGGETTO FINITO
“RICORDANDO GLI ANTICHI MESTIERI” AUTORE DEL PROGETTO DOCENTE REFERENTE : Prof.ssa Adriana Cutellè I DOCENTI CHE HANNO COLLABORATO GLI ALUNNI COINVOLTI Antonietta Iemma Isabella Nicolaci SCUOLA PRIMARIA: Concettina De Nicola Classi IIIA – III B – VA - VB Antonietta Trungadi Laureana di Borrello Concetta Avati Vincenza Panetta SCUOLA SECONDARIA: Ciccone Santa Classi IB – IIB - IIC – IIIA – Pierpaolo Lombardi IIIB – IIIC -IIID Giacomo Cassalia Studenti del progetto Concetta Elvira Fonte “Interventi psicopedagogici” Maria Rosa Bonaccorso Laureana di Borrello Silveria Vigliante Teresa Giovannone FONTI Maria Barbalace Teresa Giovannone Viva voce di artigiani del luogo, di genitori e nonni – Luoghi e Sandra Condoleo oggetti dal vivo – Siti internet Elisa Tripodi Maria Montagna Belcastro Annamaria Romeo
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