Industrie Creative & Game Development a Shanghai - Pietro Righi Riva Report dello stage svolto presso Shanghai Theater Academy
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Industrie Creative & Game Development a Shanghai Report dello stage svolto presso Shanghai Theater Academy Ottobre – Dicembre 2011 Pietro Righi Riva Politecnico di Milano, Dipartimento INDACO Email: pietrorighiriva@gmail.com Progetto finanziato da:
Indice Premessa............................................................................................................................................... 3 Introduzione ......................................................................................................................................... 5 Shanghai Theater Academy, l'università ospitante ............................................................................... 8 Yan Yang aka Lezi, Zu Lu He Feng, Independent Music Company .................................................. 10 Eli Bildner, Schoenfeld Foundation e altri fondi di investimenti ...................................................... 12 Hou Zheng Guang, Mooma Furniture Design ................................................................................... 13 XinCheJian, Hackerspace di Shanghai .............................................................................................. 15 Game Developers Conference China ................................................................................................. 16 Global Education Conference On Creative Industries Shanghai ....................................................... 19 Riferimenti e approfondimenti ........................................................................................................... 23 CUP F53C11000140008 Industrie Creative & Game Development a Shanghai 2
Premessa Questa ricerca è una raccolta di esperienze personali, di interviste e di osservazioni attraverso gli occhi di un game designer che è anche ricercatore universitario e imprenditore. Questo taglio è dovuto a diverse ragioni: il progetto “professione creativit{” cui ho aderito arriva in un momento particolare della mia vita in cui sto definendo il mio ruolo come creativo, come autore e come progettista all'interno di un'industria in evoluzione. Per questo, istintivamente, tutte le mie osservazioni sono messe a confronto con le mie perplessità, le mie aspettative e le mie competenze. Allo stesso tempo, sono convinto che questo approccio sia utile per Provincia e Camera di commercio perché è in realtà molto funzionale, molto legato ai vantaggi effettivi e alla comprensibilità degli interventi governativi per lo sviluppo delle imprese. Mi spiego: coloro che, come me, escono da un'università legata ai creative studies e desiderano diventare imprenditori di sé stessi, utilizzando la propria tecnica e il proprio talento, non hanno normalmente un background di managing, una conoscenza delle dinamiche di mercato e dell'industria che permettano, ad esempio, la scrittura di un business plan, la partecipazione a un bando o la visione critica di una policy governativa sulla promozione delle stesso settore cui desiderano contribuire. Avere quindi acceso a una panoramica complessiva sulle policies per le industrie creative è apparentemente impossibile senza una strutturazione della ricerca attraverso una partnership con i legislatori e gli organi locali: occorrerebbe infatti essere accompagnati da un interprete che comprenda la problematica, faciliti l'accesso alle informazioni e fornisca le traduzioni necessarie. La maggior parte dei bandi sono in cinese e comunque dalla mera lettura di questi non si capisce il ruolo che hanno rispetto al quadro complessivo industriale cinese e in particolare a quello delle industrie creative: ciò è fondamentale desiderando capire cosa può essere mantenuto in un eventuale adattamento delle policies e cosa invece è sensato solo perché inserito nel contesto cinese di trasformazione dal “made in China” al “created in China”. Inoltre ritengo che conoscere i dettagli di una policy sia solo una parte per valutarne l’efficacia. Per questo ho impostato la ricerca partendo dal basso, da casi studio che mi hanno aiutato a capire quanto effettivamente le policies siano accessibili alle industrie creative emergenti, quelle vere, composte da individui che si avvicinano al mercato con una visione, prima che con un business plan, che hanno bisogno di una guida per capire come la loro creatività, la loro cultura, sia spendibile nell'industria. Se da un lato la ricerca di “professione creativit{” implicava un'analisi ad ampio spettro delle industrie creative, è impossibile non fare una differenza tra le major dell'intrattenimento e i piccoli studi e i giovani talenti che cercano di emergere in Cina. Coerentemente con la mia storia mi sono dedicato con più energie ai secondi non ritenendo interessanti quelle attività, policies e fondi, esclusivamente dedicati alle grandi imprese, a meno che non ci fossero ricadute anche sui più piccoli. Industrie Creative & Game Development a Shanghai 3
Ciascuno dei contenuti del report va preso per quello che è, una documentazione di impressioni e testimonianze, sapendo che per me è stato molto difficile trovare conferma e riferimenti su quanto mi veniva raccontato. Per questo le descrizioni sono narrative piuttosto che schematiche, e non tutte le informazioni hanno una fonte attendibile: ho tuttavia ritenuto di inserirle perché contribuiscono a una visione d'insieme affascinante, il più possibile simile alla mia personale esperienza a Shanghai. Per ognuno de miei casi studio ho dovuto adottare un approccio differente, in base alla loro storia, ai loro contenuti e alla capacità con cui erano in grado di comunicare la nascita della loro attività e in che modo si fossero rapportati con le politiche locali per la crescita delle industrie creative. Per questo i racconti non sono omogenei e sono tradotti informa discorsiva mettendo in luce, piuttosto che i contenuti, tutti i riferimenti a strutture e servizi di cui hanno beneficiato e di cui è possibile ad oggi beneficiare. Questo mi ha dato un panorama che, per quanto disomogeneo, permette di identificare alcune tendenze chiave, che a loro volta ci aiutano a capire le ragioni e gli obiettivi delle istituzioni e delle politiche che sono state realizzate e promosse. C'è un detto diffuso tra coloro che si confrontano con il mercato cinese, non è solo una battuta degli expat (in Cina gli stranieri si chiamano così) ma è condivisa anche dai locali: “esistono tre tipi di bugie: le bugie, le orribili menzogne e le statistiche cinesi”. Ricordarsi questo è fondamentale ogni volta chi si accede a ricerca e documentazione in questo ambito. Per questo insieme di valutazioni e motivazioni possiamo sintetizzare la mia attività di ricerca/azione: 1. conoscenza del contesto attraverso i dati reperibili: policies, incubatori, creative parks, fondi di investimenti, communities. 2. delimitazione del campo di ricerca diretta: piccole industrie creative emergenti e accessibilità alle policies per piccoli studi e giovani talenti, con l'esclusione quindi delle major) 3. metodologia: casi di studio e analisi qualitativa con osservazione diretta, incontri e interviste. Dall'insieme di elementi e valutazioni che ho cercato di riportare nei casi illustrati risulta chiaramente la specificità della situazione cinese legata a questa precisa fase di trasformazione/innovazione della produzione, di passaggio da industria manifatturiera a industria di contenuti, proprietà intellettuali, innovazione, creatività, eccetera. Elementi che possono essere utili alle aziende milanesi che intendano operare in quel contesto, considerando soprattutto un altro aspetto emergente, quello dell'educazione dei mercati e dell'operazione culturale di larga scala nel passaggio dell'industria della comunicazione (editoria e media) dal pubblico alla partecipazione pubblico-privato. Dall'altra ottica invece, quello della trasferibilità nel nostro contesto di esperienze e policies, al netto di un dirigismo impensabile in Italia e di una presenza di industrie pubbliche altrettanto impensabile, mi sembra che le due parole chiave siano rete e relazione: tra aziende/università/istituzioni, ma anche tra professioni, con la rottura delle filiere industriali tradizionali e il loro legame con specifiche figure professionali del 900. L'incubatore, ad esempio, dovrebbe avere, anche da noi, queste caratteristiche: essere inter-universitario e inter-dipartimentale, favorendo da subito il formarsi di équipe multi/interdisciplinari con attenzione alla presenza di giovani donne. In attesa di politiche industriali oggi assenti, soprattutto in questo settore in cui l'Italia rischia la marginalità, l'azione Industrie Creative & Game Development a Shanghai 4
congiunta delle istituzioni locali, della Camera di Commercio e delle Università in rete, in una realtà come quella milanese ricca di potenzialità e di risorse umane qualificate, può essere la strada da seguire con forte determinazione. Nonostante la crisi economica? Proprio perché c'è la crisi, perché sia in greco sia in cinese la parola contiene il concetto di cambiamento e possibilità. Come e cosa cambiare quindi e rapidamente? Spero che la lettura del report aiuti un po' a rispondere a questa domanda e concorra a ravvivare lo scenario delle industrie creative a Milano. Introduzione Il governo cinese ha deciso di trasformare un parte della propria economia orientandola verso i servizi, il design e il terziario in generale. In altre parole si tratta di creare un'economia basata sul contenuto invece che sulla produzione. Nascita di proprietà intellettuali cinesi, design cinese, studi e industrie creative, ovvero il focus di questo report, è chiaramente una delle sfide che il governo cinese sta tentando di affrontare in questi anni. Questo avviene a tutte le scale: stato, province, città e privati. In particolare, per la città di Shanghai, l'obiettivo per il 2016 è di raggiungere con le industrie creative (media, design, intrattenimento) una percentuale tra il 12% e il 15% del Pil locale. Uno degli effetti immediati delle politiche statali, forse il più concreto e senz'altro visibile, è la nascita di università e corsi universitari dedicati al design e in particolare a digital entertainment, nuovi media, design dei servizi e game design. Ogni anno centinaia di migliaia di nuovi studenti si iscrivono a questi corsi che cercano di insegnare loro le basi per inserirsi in studi di produzione video, software houses, studi di design o per fondare una propria impresa. Purtroppo, se da un lato istituzionale il piano è chiaro, dall'altra ci sono le università che inseriscono nei propri curricula questi corsi solo per beneficiare delle sovvenzioni statali, senza un vero progetto didattico alle spalle. Come riferimento, il 4% circa dell'intero Pil della Cina intera viene investito in generale nell'educazione. Questo comporta sprechi di denaro nell'acquisto di strutture che nessuno sa utilizzare o che risultano superate/obsolete dopo pochi mesi. Non solo. la ricerca di personale qualificato per l'insegnamento è problematica: non esiste la generazione precedente di designer, artisti digitali, esperti di comunicazione che possano insegnare ai giovani. I pochi che ci sono, sono alla guida di realtà imprenditoriali di successo, oppure sono stranieri. Per questo capita che i corsi vengano gestiti da persone che hanno solo una vaga connessione con i temi trattati. Un altro problema sono gli studenti: così come le università sono attratte da sovvenzioni statali e aprono corsi per compiacere la linea governativa, così i ragazzi si iscrivono a corsi che non li appassionano, ma che permettono loro di entrare in università di prestigio, oppure corsi che risultano attrattivi come potenzialità di impiego. Queste potenzialità di impiego sono, tuttavia, sostanzialmente teoriche. Infatti, come affermato Industrie Creative & Game Development a Shanghai 5
in precedenza, non esiste un'infrastruttura aziendale pronta ad accogliere i laureati nelle discipline creative, almeno non nei numeri necessari per impiegare l'enorme offerta che arriverà tra qualche anno, quando i giovani iscritti saranno laureati alla ricerca di un posto di lavoro. Tuttavia evidentemente il governo Cinese è fiducioso che il sistema si auto-stabilizzerà, che le giovani menti che si stano educando in questi anni nell'ambito del design e della creatività saranno anche il motore per il mercato di domani. Il problema del mercato è il problema finale, il più rilevante ed è la chiave per il successo complessivo per il piano di sovvenzione dell'industria creativa. Infatti, storicamente, il mercato cinese non premia le produzioni locali nei capi del design e dell'intrattenimento. Se da una parte il governo fa di tutto per mantenere l'economia cinese autonoma, ad esempio tassando pesantemente tutti i prodotti importati, limitando la distribuzione di prodotti stranieri nei canali di comunicazione (ad esempio i cinema possono mostrare solo una frazione di film stranieri rispetto alle produzioni locali), dall'altra i consumatori cinesi non sono pronti a spendere il loro denaro per oggetti di lusso (come l'intrattenimento o la tecnologia) locali. Il problema è sostanzialmente culturale: i grandi brand della moda, come Luis Vuitton, non hanno problemi a vendere ai ricchi cinesi, e la “borghesia” adora gli smartphone europei e americani. Si tratta però di marchi ad altissima riconoscibilità che trascendono la cultura del consumatore. In altre parole il consumatore cinese non sa perché sceglie di acquistare il brand straniero di lusso: ovvero non riconosce un valore implicito nel design e nella proprietà intellettuale. Ne sono dimostrazione la distribuzione in canali pirata di film, musica e videogiochi e i grandi centri commerciali dei prodotti copiati. Le università si rendono conto di questo problema e della difficoltà che avranno ad attrarre nuovi studenti quando sarà evidente che il mercato non può sostenere tutti i nuovi laureati in studi creativi e di comunicazione. Per questo gli atenei stanno attrezzando le proprie strutture ad ospitare incubatori d'impresa e in generale a collaborare con aziende tramite outsourcing o collaborazioni a progetto. È cruciale comprendere che lo sviluppo delle industrie creative in Cina è strettamente top-down, cioè policy-oriented, dipendente dagli interventi governativi per trasformare l'attuale struttura statale (In particolare TV e case editrici) da pubblico a PPP, public-private partnership. Gli amministratori comprendono perfettamente che il regime attuale di controllo e censura non è compatibile con una crescita del mercato e per questo stanno approntando un sistema di transizione morbida in cui le nuove aziende della tv e dei giornali debbano confrontarsi con logiche di mercato. Il governo cinese in questo momento attua due principali policies per le industrie creative. La prima è nota, traducendo, come il “rafforzamento delle industrie culturali per una grande nazione”, ed è la policy a livello più alto, e mette in pratica quanto descritto al paragrafo precedente. La seconda è il cosiddetto piano di rivitalizzazione delle industrie creative, approvato nel 2009, che consiste in un progetto a lungo termine di incoraggiamento degl'investimenti nei settori media, intrattenimento, eccetera. L'ambizione di questo piano è fare entrare le industrie creative nella top 10, assieme all'estrazione di minerali e metalli, la Industrie Creative & Game Development a Shanghai 6
produzione di macchinari, l'industria tessile, l'energia, l'industria chimica, la difesa, i trasporti, eccetera. Questo piano include la promozione di un fondo di investimento immenso, 10 miliardi di Yuan (circa 12 miliardi di Euro), cui partecipano il ministero delle finanze e altri tre enti semi- privati, che prevede la sovvenzione di imprese legate ai media o al design attraverso seed funding, venture capital e equity investment, per collaborazioni stato-privato in cui il fondo diventa proprietario tra il 5% e il 20% dell'azienda finanziata. A livello locale ciascuna provincia e, sotto di essa, ciascuna città applica le proprie policies conformemente alla linea statale. Il sistema funziona tramite bandi cui le aziende partecipano presentando i propri progetti. I bandi tipicamente comprendono il finanziamento di ricerca e sviluppo, l'educazione (compresi gli scambi internazionali e gli educatori stranieri), la promozione di prodotti creativi/proprietà intellettuali e dei prodotti derivati tramite licenza. Infine, la promozione dei prodotti di design cinesi nei mercati internazionali, è un punto chiave delle policies locali per lo sviluppo delle imprese creative. Il governo poi finanzia fiere in cui i giovani designer, i piccoli studi e le nuove aziende hanno accesso facilitato come espositori. Ogni anno nella sola Shanghai vengono organizzate quasi un centinaio di fiere di design, arredo, comunicazione, pubblicità, che accolgono sempre più visitatori consumer e professionisti. Ciò detto, per i prodotti fisici delle industrie creative il problema più importante è la distribuzione. Infatti i piccoli studi di design che sono in grado di progettare soluzioni innovative o interessanti prototipi per l'arredamento o l'elettronica di consumo, per fare un esempio, difficilmente sono in grado di affrontare la produzione e tantomeno la distribuzione. Questo problema viene acuito dalla tradizionale formula per cui a volumi maggiori corrispondono prezzi sempre più bassi. Per risolvere questo problema i piccoli studi devono iniziare partnership con i grossi attori, che sono in grado di sostenere i costi di produzione e distribuzione e di integrare le nuove linee all'interno del business consolidato. Questo approccio naturalmente è controproducente rispetto a un piano di nascita e crescita di realtà nuove, vision-driven, poiché impedisce un autodeterminazione di queste realtà industriali, mantenendo di fatto uno status quo nel sistema economico che evidentemente non è compatibile con bisogno di rinnovamento da cui emerge l'importanza delle industrie creative. Un tipo differente di intervento sono i Creative Parks: rispettando la policy governativa di riqualifica dei centri cittadini e spostamento dei distretti industriali al di fuori delle città, le amministrazioni locali operano la variante e affittano le zone ex-industriali ad aziende private che si occupano della costruzione dei nuovi edifici e che sono obbligate a fornire a condizioni agevolate zone dell'area assegnata ad aziende delle creative industries. Questa è una grande opportunità dal punto di vista del profitto, e della speculazione, per le compagnie che si assicurano la gestione delle aree industriali. Prima di tutto l'affitto che pagano ai governi locali è relativamente basso (pur non entrando in possesso effettivo delle aree, cosa che distingue principalmente questo approccio d quanto avviene a Milano) e poi l’operazione consente la realizzazione ad hoc di aree attrattive per le famiglie borghesi. Infatti, creare cluster culturali, o zone con uffici, rende immediatamente appetibili le altre strutture contenute nell'area assegnata sia per l'abitazione sia per l'apertura di supermercati, ristoranti eccetera. Quindi, se da un lato le compagnie che gestiscono i creative park offrono affitti sotto il valore di Industrie Creative & Game Development a Shanghai 7
mercato, dall'altro si rifanno ampiamente con gli affitti maggiorati delle abitazioni intorno al creative park, che subiscono un incremento del valore di mercato proprio grazie alla presenza di galleria d'arte, studi di design e architettura, eccetera. È importante segnalare anche che non sono chiare le regolamentazioni in ambito di prezzi agevolati. Infatti, seppure le compagnie di gestione dei creative park siano tenute ad offrire le tariffe agevolate, non sono riuscito a capire il criterio con cui le tariffe vengono ritenute tali. Anche e detta degli effettivi affittuari le tariffe non sono particolarmente più basse di quelle attese e sono comunque molto più alte di quelle dei quartieri meno attrattivi delle città. Pertanto, sembrerebbe che il governo si accontenti di prezzi relativamente più bassi del valore di mercato e, visto che la domanda non manca, le compagnie che gestiscono i creative park sono contente di assegnare i propri uffici ad aziende medio grandi o di successo piuttosto che alle emergenti, alle aziende di giovani e alle piccolissime imprese. Questo è chiaramente in contrasto con la logica di sviluppo per cui le policies governative sono state scritte in primo luogo. Per approfondire i contenuti di questo report, in ambito di creative clusters, concetti quali creative cities e creative society con riferimento a policies e modello di trasformazione creativa cinese, non posso fare a meno di rimandare alla lettura di “How Creativity is Changing China” di Li Wuwei (2011) che al di là delle mie impressioni offre un panorama dettagliato delle industrie creative in Cina, frutto di anni di ricerca e collaborazione tra il Centro di Ricerca per le Industrie Creative di Shanghai e il Queensland Institute of Technology. Li Wuwei è un Senior Policy Advisor in Cina, cioè una delle personalità che influenzano direttamente l'operato dei legislatori: per questo le sue osservazioni, che si traducono in interventi dello stato, sono fondamentali per capire cosa sta succedendo oggi in Cina. Shanghai Theater Academy, l'università ospitante La Shanghai Theater Academy è un'università dedicata alla formazione per il teatro, la recitazione, la televisione e in generale le arti e l'intrattenimento tradizionali. La STA include scuole di canto e danza e quattro splendidi teatri per festival locali e per le rappresentazioni del lavori degli studenti. Come le altre università cinesi la STA sta cercando di ammodernare il proprio portafoglio di insegnamenti per godere delle sovvenzioni statali che riguardano media, design e creatività. Non solo, STA aprirà nel 2012 un vero e proprio incubatore aperto al pubblico (cioè non solo agli studenti e al personale dell'università). L'università possiede diverse palazzine attorno al campus principale nella concessione francese (una zona del centro di Shanghai). Ad oggi queste palazzine sono in affitto ad aziende ma dall'anno prossimo verranno ristrutturate per funzionare come open space digitalizzati. L'incubatore fornirà uffici specificatamente per small media enterprises, piccoli studi e Industrie Creative & Game Development a Shanghai 8
individui che lavorino in modo indipendente per cinema, tv, arti visuali o design. Non solo, in base ai diversi progetti l'università formerà gruppi di professionisti che si occupino del management, aiutando ad esempio coi business plan, e fornirà servizi alle aziende ospitate, ad esempio consulenze legali. La funzione più importante dell'incubatore è quella di tramite tra i creativi e la burocrazia delle sovvenzioni e delle policies per lo sviluppo: in sostanza l'incubatore aiuterà le aziende a trovare i finanziamenti, gestendo e promuovendo la partecipazione ai bandi locali e nazionali. Infine, si tratterà anche di una piattaforma per il clustering culturale, affinché i partecipanti possano apprendere gli uni dagli altri e formare una community attiva e sinergica per l'innovazione e la creatività all'interno dell'incubatore. In questo modo l'università si trasforma in azienda (PPP) e contemporaneamente diventa più attrattiva per gli studenti, in parte risolvendo il problema citato in precedenza dell'esubero di laureandi in media, comunicazione e design. La STA è nota a livello internazionale per l'eccellenza nella formazione di figure professionali legate al mondo dell'entertainment e per il forte legame con le imprese e il mondo dello show- business in Asia. Come detto, i corsi principali sono quelli legati al cinema, alla danza e al teatro, ma l'apertura del dipartimento per gli studi creativi e i percorsi universitari in Media Creativi e Design dell'Arte stanno trasformando l'identità dell'università in un centro di riferimento per le industrie di contatto, un vero e proprio punto di incontro tra educazione e industria. Mi sembra interessante riportare la descrizione che fornisce STA sul suo sito: “In risposta alla tendenza globale nella crescita delle industrie creative, la Shanghai Theater Academy offre corsi in arte e design per i media creativi. L’ universit{ si dedica alla formazione professionale in arte e design orientata alla sperimentazione progettuale e tecnologica, negli ambiti della comunicazione visiva, della moda e dell'intrattenimento digitale. A queste discipline STA affianca la formazione manageriale per l'innovazione, la pianificazione e il mercato, per rispondere all'esigenze della nuova industria della cultura. L'università forma professionisti dei media e creativi con una solida conoscenza teorica, familiarit{ con i media, capacit{ di pianificazione e di managing.” La STA è stata una delle prime università in Cina a introdurre una Scuola dei Creative Studies per la ricerca teorica e la formazione di talenti nelle Creative Industries, realizzando piattaforme di alto livello per questo scopo. La STA è infatti una delle entità promotrici della Shanghai Creative Industries Association, la cui sede è nel campus dell'università e ospita il centro di ricerca John Howkins sulla Creative Economy e il centro di formazione per talenti creativi delle Nazioni Unite. Per meglio inquadrare il ruolo di STA nel sistema industrie creative a Shanghai si possono citare brevemente, come riferimento, le pubblicazioni del college per gli studi creativi: “Introduzione alle industrie creative", "Studio comparativo dell Economia Cinese Creativa", "Creative Studies”, "Documento sulla Conferenza delle Nazioni Unite - Industrie Creative a Shanghai", "Industrie creative e gestione della proprietà intellettuale", "Creative Shanghai", "Promuovere lo sviluppo creativo del settore a Shanghai", e altre monografie. La scuola per gli studi creativi include un laboratorio di ricerca sull'intrattenimento multimediale chiamato "Virtual Prototype Lab" in cui opera il professor Ding Zhaochen (Direttore del New Medium Research Center e dell'International Office of Art and Design al Industrie Creative & Game Development a Shanghai 9
Beijing Institute of Fashion Technology) che è stato il mio punto di riferimento presso la STA per quanto riguarda i temi della tecnologia e dell'interaction design e in generale per le relazioni con le strutture dell'università. Yan Yang aka Lezi, Zu Lu He Feng, Independent Music Company Lezi, ex batterista dei gruppi Sinnet, Top Floor Circus (coinvolti in un'azione di censura dopo aver presentato la canzone “Non siete benvenuti a Shanghai” in critica all'Expo 2010) e dei Pinkberry, ex manager di una delle più importanti livehouses di Shanghai, la Mao Livehouse, ha da due anni aperto una sua etichetta di musica indipendente e moda chiama Zu Lu He Feng. Questa etichetta è in realtà un'azienda con più funzioni: si tratta infatti di un aggregato che include la pubblicazione di album di artisti emergenti, sia per distribuzione digitale, sia fisica, la organizzazione di festival di musica, la gestione della sala concerti Shanghai Livehouse, uno studio di registrazione, la promozione online di band emergenti, un brand di moda legato alle tendenze della scena indipendente e la collaborazione con il consolato francese per portare in Cina le band emergenti francesi e promuoverne la carriera a Shanghai e attraverso i festival nazionali. Questa intricata rete di attività è il segreto del successo della Zu Lu He Feng, come spiega Lezi. Chiaramente tutte le attività sono interconnesse e questo permette di abbattere i costi e gestire il processo, dalla selezione alla produzione, dalla distribuzione alla promozione, in-house, cioè mantenendo la completa direzione artistica e minimizzando i costi. Naturalmente tutte queste attività permettono alla società di operare le più diverse collaborazioni, dal semplice affitto dello studio di registrazioni fino all'organizzazione dei festival sponsorizzati dal governo o dalle grandi università Cinesi. A livello di policies, quindi, Zu Lu He Feng usufruisce di due importanti risorse: La prima è il progetto per la crescita dell'industria della musica, tramite cui il governo organizza la nascita di veri e propri distretti musicali (come il Music Industry Park di Pechino). La seconda sono le partnership con il consolato Francese che si occupa della promozione della cultura francese a Shanghai, delle manifestazioni culturali e di intrattenimento per il expat e della promozione delle attività francesi (inclusi i gruppi musicali, gli autori, gli artisti, eccetera) su suolo cinese. A proposito delle iniziative governative nel settore della musica, è di questo Gennaio la notizia che la General Administration of Press and Publication (GAPP) ha annunciato un capitolo nazionale della National Music Industry Base. I membri della Base sono la 1919 Music and Culture Industry Base, Il Meiging Creative Music Industry Park, il China Record Corporation’s music center, il Tianqiao Performing Arts Park, la China Music Valley, la Xishan Cultural Creativity Avenue, e il Digital Music Demonstration Park. Tutte queste organizzazioni sono governative e vengono formate col doppio intento di regolamentare i contenuti e promuovere l'industria della musica, anche in ambito sperimentale. Industrie Creative & Game Development a Shanghai 10
Naturalmente essendo aziende pubbliche soffrono delle difficoltà con il confronto con il mercato, come descritto nei capitoli precedenti. Per questo attività come la nuova Base sono un tentativo di avvicinamento alle aziende private. Queste attività fanno parte di un progetto da un miliardo di RMB investiti per la sola industria della musica, in un progetto nazionale che include l'apertura di Music Exhibition Centers, centri per la manifattura di strumenti musicali, l'educazione alla musica, la promozione attraverso i media e veri e propri musei della musica. Questi investimento sono rivolti chiaramente solo alle realtà industriali più grandi, capaci di sostenere attività trasversali come queste: per questo sono di scarso interesse per le policies per le industrie creative, ma interessanti nel quadro generale di interventi. Tornando al Zu Lu He Feng, la strategia di promozione della società di Lezi si allinea perfettamente a quanto descritto nei precedenti capitoli rispetto all'educazione del consumatore. Puntare semplicemente sulle vendite dei dischi, digitali e fisici, è impossibile. Addirittura l'etichetta rende immediatamente gratuiti i download non appena sono stati recuperati i costi di produzione dei dischi. Questo riflette una politica di massima diffusione della brand recognition a discapito dei profitti immediati, politica che è ancora più evidente negli University Tour. Gli University Tour sono Festival organizzati in collaborazione con le università, che partecipano mettendo a disposizione le proprie strutture, e che sono per il resto completamente finanziate dalla Zu Lu He Feng. LA funzione di questi festival è quella di sensibilizzare i gusti dei giovani studenti ai temi e agli stili del panorama della musica indipendente cinese, in modo che diventino i clienti paganti dei concerti di domani. Un esempio è il festival Eco Global, in questi casi il governo assolda società come quella di Lezi facendosi di fatto sponsor e ovviamente executive producer, nel senso che tutti i contenuti sono passati al vaglio dell'organismo promotore. In questi casi è il governo che stabilisce, in ottemperanza alle politiche sulla cultura e i giovani, di organizzare un festival di musica e quindi avvicina le società che possono organizzarlo. Di fatto, quindi, il governo compra i servizi di Zu Lu He Feng e in questo modo promuove le realtà di questo tipo. Per quanto riguarda gli aiuti diretti esistono dei finanziamenti a fondo perduto per aziende che si occupano di musica e intrattenimento, ma dice Lezi, hanno contribuito per meno del 5% al finanziamento iniziale per l'apertura delle attività. Ancora una volta i requisiti per fruire di questi finanziamenti sono fumosi, anche a detta di coloro che ne usufruiscono: parrebbe infatti che basti auto-definirsi azienda per lo sviluppo della cultura per beneficiare degli aiuti, senza valutazioni di merito per la qualità dei contenuti o del business plan. Industrie Creative & Game Development a Shanghai 11
Eli Bildner, Schoenfeld Foundation e altri fondi di investimenti Eli Bildner è il giovanissimo associate director della Schoenfeld Foundation, il suo lavoro consiste nel gestire le operazioni di funding di progetti legati alle industrie della social innovation in Cina. Durante la nostra intervista Eli mi ha aiutato a capire il quadro di operazioni attraverso il quale la sua fondazione opera. Si tratta sostanzialmente di un sistema di incubatori, mentoring e training per la promozione di nuove aziende e imprenditori. Un programma di Schoenfeld Foundation è TRANSI.ST, un incubatore con sede a Shanghai. La selezione delle aziende candidate avviene in base a un criterio fondamentale: la social innovation. Senza entrare nei dettagli si tratta di aziende “vision-driven” piuttosto che “profit- driven”, cioè aziende le cui scelte, attività e policies sono regolate su un obiettivo diverso dal profitto. Un esempio potrebbe essere una catena di bar caffè, simile a Starbucks, che incorpora come vision aziendale la massima qualità di rapporto con i dipendenti e dell'ambiente lavorativo. Attività come queste vengono finanziate e supportate dalla fondazione tramite diverse strategie. Da una parte c'è la formazione degli imprenditori, con stage di 6 mesi all'estero (Stati Uniti, Europa e Giappone) e corsi di business administration. Dall'altra ci sono i veri e propri finanziamenti che partono da cifre ridotte (inferiori ai 100.000 euro) e che solitamente non includono l'acquisto di una percentuale dell'attività. Un'altro di questi programmi si chiama ECSEL ed è dedicato all'individuazione e promozione di talenti sempre con la finalità di far crescere aziende per la social innovation. Il programma Ecsel riceve in Cina più di 5000 application l'anno, delle quali viene accettato solo il 2%. I candidati scelti vengono mandati in due training trips, in Cina e USA, e sottoposti a un periodo di mentoring fino alla fase dell'investimento vero e proprio, che permette loro di avviare l'attività (della quale ECSEL non mantiene una quota). Un altra realtà interessante è Innovation Works, un grande incubatore nazionale in parte controllato dal governo tramite il principale partecipante al fondo, Wi Harper Group, uno dei più importanti franchise di venture capital cinesi, fondato nel 1993. Innovation Works è diretto da Kaifu Lee, ex presidente di Google China e rappresenta due fondi con un programma di espansione delle attività da Pechino a Shanghai. Tipicamente Innovation Works funziona da seed capital con l'obiettivo di controllare l'azienda finanziata anche al 50% Innovation Works, a detta di diverse fonti e nonostante il nome, è concentrato su quello che viene comicamente chiamato C2C, Copy to China, il sistema consolidato che consiste nell'adattare il business model di aziende occidentali di successo al mercato cinese, Industrie Creative & Game Development a Shanghai 12
naturalmente senza permessi o licenze delle industrie originali. Questo fenomeno non solo permette il fiorire di grandi aziende, che possono fruire di enormi bacini di utenza mantenendo i ricavi esclusivamente all'interno dell'economia cinese, ma è anche causa ed effetto della censura dei servizi di social network come Facebook e Twitter. Merita una menzione anche Chinaccelerator, acceleratore e incubatore, membro del network TechStars; non è esclusivamente orientato al mercato Cinese ma è comunque rilevante perché aprirà una sede a Shenzen per l'accelerazione d'imprese legate al progetto di hardware e perché una delle sue startup, Order With Me, ha vinto la Disrupt conference a Pechino. Per concludere vorrei dedicare un paragrafo al cosiddetto Great Firewall of China, l'insieme di leggi e strumenti con cui il governo cinese controlla la circolazione di informazioni sulla rete verso la Cina. Di fatto, l'applicazione di questo sistema consente alle aziende IT cinesi di operare in assenza di competizione straniera o comunque con un forte vantaggio in termini di prestazioni. L'altro aspetto è naturalmente quello di controllo delle informazioni sui temi caldi della politica cinese come rivolte, dissidenti, gruppi indipendentisti, problematiche di Taiwan e Tibet, eccetera. Tuttavia, soprattutto nell'ottica della trasformazione dell'industria dell'informazione cinese da apparato di propaganda a macchina dell'intrattenimento centrata sul contenuto, il futuro del great firewall è messo in discussione quotidianamente perché potenziale freno della crescita economica e della distribuzione di contenuti cinesi sui mercati internazionali. Hou Zheng Guang, Mooma Furniture Design La storia di Hou Zheng è interessante perché è legata al creative park di maggior successo di Shanghai, l'M50 art district in Moganshan Lu 50. Mooma Furniture è uno studio di design d'arredamento nato nel 2003 quando Huo è tornato dai suoi studi in contemporary design da Buckingham in UK. All'epoca non esistevano policies per l'apertura di nuove attività legate alle industrie creative per cui Mooma venne avviato con i capitali privati dei quattro fondatori, tra cui un italiano, Luigi Laurenzi. Anche oggi, accedere ai finanziamenti con un impresa di design di arredamento è complicato, perché ancora non viene accettato dai legislatori il design di mobili come consumo culturale. Ciononostante nel 2009 Mooma ha ricevuto un finanziamento tramite la Shanghai Industry Of Design Association, un collettivo di studi di design che, come una cooperativa, si impegna a favorire la crescita dell'industria di riferimento e in particolare dei suoi associati. Questa associazione si occupa quindi, come un incubatore, dell'individuazione delle opportunità di agevolazioni e finanziamento e si impegna al riconoscimento dei propri associati nelle partecipazioni ai bandi. Questo in parte semplifica il lavoro dei legislatori che hanno meno Industrie Creative & Game Development a Shanghai 13
attori con cui interloquire per la definizione delle linee guida di ciò che appartiene o non appartiene all'ambito delle industrie creative, d'altro canto è un limite alla libertà di approccio alle discipline e una semplificazione che a lungo termine potrebbe inficiare il riconoscimento del contributo culturale delle industrie più innovative. Il processo di finanziamento funziona in questo modo: un ente governativo, nazionale o locale, ad esempio il ministero della cultura o l'assessorato di Wuxi all'innovazione hanno un budget a disposizione in ottemperanza alle direttive statali e avvicinano le associazioni per venire consigliati sugli investimenti nei settori specifici. In questo senso non c'è un vero e proprio bando a cui iscriversi ma è importante partecipare al network di imprese, sotto forma di associazione o cooperative. Naturalmente vengono fatti dei controlli per verificare l'effettiva utilità del finanziamento: il controlli includono il numero e la tipologia dei clienti prima del finanziamento e dopo un tempo stabilito (tipicamente due anni) e il numero dei dipendenti e le pubblicazioni (anche scientifiche). Questi parametri permettono di affinare la scelta dei successivi investimenti: a chi non raggiungesse i parametri di crescita attesi non viene però applicata alcuna penale, semplicemente verranno esclusi dai successivi progetti. Naturalmente questa dinamica di controlli avviene a catena da coloro che hanno approvato il finanziamento fino ai gradini più alti dei ministeri, in questo modo ciascuno è responsabile dei risultati delle attività che si è scelto di agevolare: coloro che non soddisfano le aspettative vengono rimossi assicurando un sistema meritocratico apparentemente efficiente. Hou mi racconta, ancora una volta, come il processo di educazione del mercato e di adattamento dei contenuti sia centrale nel loro approccio alla professione. Mooma ha infatti iniziato con il design di pezzi unici, molti ispirati ed innovativi, in controtendenza con le linee della moda dell'arredamento. Rapidamente si sono dovuti adattare alla prospettiva di un mercato che, come i legislatori, non vede il progetto di arredamento come consumo culturale, ma naturalmente dal lato funzionale. Non solo, saper scegliere e arredare la propria casa pezzo per pezzo richiede sforzo, pazienza, tempo e spirito critico oltre che abilità: tutti questi fattori scoraggiano la maggior parte dei consumatori che invece preferiscono comprare set-pieces, set di elementi coordinati che formano una camera da letto o un salotto. Ancora una volta si tratta di un processo in evoluzione, educare, appunto, il consumatore. Hou dice l'importante è la semplicità, cioè che mi chiedano “quanto costa?” invece di “che cos'è?”. Questo processo si inquadra nel percorso di promozione dei consumi legato alle industrie creative spiegato nei primi capitoli, ed avviene attraverso le numerose fiere del design, non ultima la Beijing Design Week, tenutasi dal 25 Settembre al 3 Ottobre, che è stata un grande successo soprattutto in quanto interamente organizzata da enti pubblici, Municipalità di Pechino e Ministeri, coinvolgendo i distretti d'arte (tra cui il famosissimo 798), gli studi di design, i musei d'arte contemporanea e le università. Come accennato in apertura di questo capitolo, Mooma è ospitato all'interno dell'M50 convertito nel 2003 da un complesso industriale tessile a Creative Park. M50 è gestito da un'azienda governativa (e forse per questo offre tariffe d’affitto più basse degli altri Creative Parks): è stato uno dei primissimi distretti di Shanghai ad essere convertito, e ad oggi è uno dei più piccoli, avendo funzionato quindi da esperimento. Industrie Creative & Game Development a Shanghai 14
Quando fu aperto il distretto non c'erano standard precisi di scelta tra i potenziali affittuari, ma requisiti molto elementari in termini di dimensione delle aziende. I parametri sono andati definendosi man mano che i primi artisti vi si sono trasferiti: la gestione di M50 ha capito il potenziale creativo del distretto e ha iniziato a ridefinire i criteri di ammissione fino alla situazione attuale che include un centinaio tra gallerie d'arte e studi di design e architettura. Hou mi dice che il contributo dell'ambiente in cui lavorano è inestimabile: i colleghi, gli artisti “vicini di casa” sono una grande fonte di ispirazione, un vero e proprio creative cluster. XinCheJian, Hackerspace di Shanghai XinCheJian è un hackerspace, organizzato da Ricky Ng-Adam (ex ingegnere Google China), da David Li (veterano dell'open software) e da Min Li Hsieh, che catalizza la naturale manifestazione del desiderio di aggregazione degli hacker shangainesi. Questo hackerspace è stato il primo in Cina e ha dato la spinta alla formazione di molti altri gruppi simili durante il primo anno di attività: ne sono stati fondati a Pechino, Shenzen, Guangdong, Hangzhou e in altre provincie. Tutti gli hackerspace sono strutturalmente diversi l'uno dall'altro per interessi, tipo di associazione e business model: alcuni (non è il caso di XinCheJian), sono sponsorizzati da aziende che producono materiali elettronici DIY (do-it-yourself) come Arduino, processori, motori motherboard eccetera. Le aziende promotrici usano gli hackerspace per testare e creare applicazioni per i loro nuovi prodotti e promuovere su internet il loro uso attraverso tutorials e schede tecniche realizzate dagli hackers per la community. Anche i partecipanti all’hackerspace ne traggono beneficio, in quanto ricevono materiale gratis, e supporto diretto dalle aziende costruttrici per la realizzazione e l'uso delle nuove tecnologie. Gli hackerspace sono luoghi fisici gestiti da comunità di hacker che desiderano incontrarsi dal vivo e collaborare a progetti creativi basati sulla tecnologia. XinCheJian è stato il primo in Cina e fa rete con migliaia di hackerspace in tutto il mondo. Ciascun hackerspace è un'entità autonoma ma tutti condividono una stessa filosofia e una stessa passione: creare un luogo dove sia possibile imparare la tecnologia attraverso la tecnologia, lavorare in gruppo, partecipare alla scena internazionale dell'hacking. In modo analogo alla scena dei videogiochi indipendenti (di cui parlerò in seguito nel capitolo sulla Game Developer Conference) gli hackerspace sono un fenomeno che è figlio della scena dei computer homebrew, la scena in cui Steve Jobs, nel 1976, ha realizzato con Steven Wozniak l'Apple I dal garage di casa sua. La missione dello XinCheJian e in generale del movimento di hacking è di supportare e promuovere il physical computing, l'hardware open source e la così detta “internet delle cose”. Per fare questo lo spazio ospita presentazioni, progetti, workshop e, aspetto più importante per questo report, la promozione di nuove startup. Questo avviene concedendo l'uso degli spazi a prezzi ridotti, dal lunedì al venerdì, e mettendo in contatto i talenti dell'hackerspace con le Industrie Creative & Game Development a Shanghai 15
necessità delle startup, creando quindi una rete creativa che si avvale di competenze organiche e aggiornate sullo stato dell'arte (perché originate da una passione, che per molti hacker è un credo) Gli organizzatori di XinCheJian sanno perfettamente che la loro attività rappresenta un potenziale di tecnologia, competenze e supporto per le community che è centrale nello sviluppo delle industrie creative e viceversa si rendono conto che per promuovere la filosofia dell'hacking è necessario dimostrare la sua validità anche a livello di mercato, di studi e di aziende. La community dell'hackerspace è orientata al lavoro di gruppo, alla creatività e alla condivisione di conoscenza: questi sono i fattori fondanti dello sviluppo dal basso delle industrie creative. XinCheJian si finanzia principalmente tramite l'affitto degli spazi alle startup e le sottoscrizioni mensili da parte dei partecipanti, e altre sponsorizzazioni delle aziende, (che consistono in materiali per la sperimentazione finanziamenti per progetti specifici). Infine, contribuiscono i ricavi da workshop aperti al pubblico su programmazione, progetti hardware e urban farming. L'hackerspace ha quindi due anime: da un lato è un technological community center, una struttura pubblica dedicata all'educazione che impiega staff professionale; dall'altro è un club i cui membri seguono progetti personali e pagano per avere accesso all'officina. Per concludere il capitolo sugli hackerspace vale la pena segnalare un annuncio del quotidiano Shanghai Morning (Novembre 2011) che riportava un bando della commissione per la tecnologia della municipalità di Shanghai per l'apertura di cento nuovi hackerspace con spazi e materiali finanziati con soldi pubblici. Ad oggi non si sono avute altre notizie del bando oltre l'annuncio iniziale. La riposta della comunità è stata comunque positiva, per il riconoscimento da parte del governo di un processo di innovazione sociale e tecnologica che parte dal basso, e contemporaneamente negativa per la preoccupazione che si desideri controllare un movimento che si basa sul concetto di dirompenza e assenza di regole. Game Developers Conference China La Game Developer Conference China è, in Asia, la conferenza per autori , sviluppatori, editori e distributori di giochi più importante a livello internazionale. Prima di entrare nel dettaglio è importante segnalare che esistono altre fiere ed esposizioni. Sia in Cina sia proprio a Shanghai: una di queste è il China Game Developer Conference. Il nome è estremamente simile, e non è un caso. Se, in fatti il GDC China è supportato dal Ministero della Cultura, il China GDC è supportato dall'Amministrazione Generale della Stampa e dell'Editoria e dal Ministero dell'Industria dell'Informazione. Questa discrepanza risulta in una divergenza di intenti sia come contenuti sia come direzione di mercato. Sebbene entrambe le conferenze diano largo spazio alle tendenze principali del mercato cinese Industrie Creative & Game Development a Shanghai 16
è innegabile che la GDCC sia molto più filo-estera della CGDC, quindi un atteggiamento relativamente antagonistico da parte delle forze più conservatrici che si occupano di questi temi è comprensibile. CGDC si occupa quindi principalmente di giochi cinesi per il mercato cinese, vale a dire giochi online, free to play o ad abbonamento, giochi pubblicitari e outsourcing, che sono i grandi filoni dello sviluppo di giochi in Cina. Questa conferenza ha più partecipazione della GDCC ed è probabilmente di maggiore attrattiva per gli autori, editori e distributori cinesi. Si segnalano comunque le partecipazioni di grandi gruppi internazionali come Blizzard, Electronic Arts e Ubisoft che negli ultimi anni ha guardato con crescente interesse alle potenzialità di mercato in Cina rispetto al gioco online. Un'altro evento rilevante a Shanghai è il ChinaJoy, una vera e propria fiera in cui vengono presentati prodotti e tecnologie. ChinaJoy è una fiera consumer, quindi di poco interesse, a livello di contenuti, per questo report: tuttavia ritengo sia importante segnalare che in un paese con un consumo di videogiochi così diverso dal nostro (in cui, per dire, è vietata la distribuzione di console di gioco e il mercato dei giochi PC retail è inesistente) esista una grande fiera consumer a cui partecipano più di centomila persone. Il tono della fiera è tuttavia discutibile, basta una ricerca su google immagini di “China Joy” per capire il perché: il videogioco è visto come mero prodotto commerciale e non prodotto culturale o di innovazione, in contrasto con l'approccio governativo all'educazione del consumatore di prodotti culturali. Va infine segnalato l'Asia Game Show, tenutosi a Hong Kong a fine Dicembre, con un impostazione molto simile a ChinaJoy, ovvero una fiera per i consumatori in cui vengono presentati i prodotti, i brand e le promozioni per il prossimo anno. Asia Game show ha registrato più di mezzo milione di visitatori diventando lo show del settore più importante di tutta l'Asia, superando perfino il Tokio Game Show. Il GDC China, la conferenza cui ho partecipato come uditore, organizzata da UBM Techweb, è il punto di riferimento per l'industria dei videogiochi internazionale. La sua conferenza gemella che si svolge a Marzo, il Game Developers Conference di San Francisco, è considerata l'appuntamento più importante del mondo sia per i professionisti (artisti, designer e sviluppatori) sia per ricercatori ed educatori nel campo dei games studies. La conferenza di Shanghai si svolge durante tre giornate: la prima è dedicata a workshop/tutorial, che durano fino a otto ore e che sono indirizzati a designers e producers, e a un summit sui social games, cioè i giochi che si basano su piattaforme social (ad esempio Facebook da noi o QQ in Cina), costituito da otto lezioni presentate da manager delle principali aziende operanti nel settore in Cina. I temi trattati in questo summit variano dalla monetization dei social games (cioè la progettazione marketing di metodi per realizzare profitto dall'attività dei giocatori diverse dal vendere il gioco finito, poiché questo modello è evidentemente non applicabile in Cina) all'importanza della progettazione multi-piattaforma (ancora una volta interessante dal punto di vista delle industrie cinesi poiché, mancando la distribuzione tradizionale di giochi, le console da casa, diventa importante la distribuzione sui canali multimediali, come il web mobile, che sono innatamente adatti alla fruizione di giochi social), dalla globalizzazione dei giochi social creati in Cina (in accordo con gli interventi per la produzione di proprietà intellettuali cinesi e la loro distribuzione all'estero) alla progettazione di social games per il mercato cinese ma orientata a studi di produzione occidentali. Industrie Creative & Game Development a Shanghai 17
La seconda giornata è stata invece dedicata a due summit sull'online game development e gli independent games, i giochi di carattere autoriale sviluppati da team piccoli, con piccoli budget o comunque con estetiche e tematiche indipendenti. L'online game development summit tratta un'altro dei filoni principali nel settore per l'industria cinese, il gioco online. Parlando di dati, in Cina il 68% degli utenti internet (che ricordiamo, in Cina, è piuttosto una gigantesca intranet in confronto con “l'internet” a cui siamo abituati noi, molto più limitata e regolata nei contenuti) è utente di giochi online di diverse tipologie, contro il 36% degli Stati Uniti. Il summit ha trattato le tematiche dello sviluppo dei giochi online di massa e la possibilità di adattare questi prodotti per i mercati cosiddetti hardcore (cioè dei giocatori più appassionati) e per i casual (tutti gli altri: le famiglie, i bambini, eccetera). L'independent gaming summit è il momento più vicino alle tematiche di cui mi occupo come designer e come imprenditore. Il mercato dei giochi indipendenti è un mercato strettamente legato al concetto di industrie creative, alla nascita di nuove proprietà intellettuali, alla costituzione di realtà industriali nuove in grado di innovare. Lo sviluppo indipendente di giochi non è un fenomeno nuovo: trent'anni fa e in modo continuativo fino alla fine degli anni '80 esisteva un movimento di sviluppatori di software, non solo di giochi, chiamati Garage Developer, cioè coloro che (come il citatissimo Steve Jobs) si dedicavano allo sviluppo di tecnologia nei loro garage, cantine e abitazioni al di fuori e senza il supporto delle grandi aziende. Oggi giorno, grazie alla nascita di sistemi di distribuzione digitale e all'accessibilità di strumenti di sviluppo c'è una rinascita di questo movimento che corrisponde alla moltiplicazione di piccoli studi di produzione di giochi che, senza grossi investimenti e strutture, sono in grado di essere competitivi sul mercato internazionale. I giochi indipendenti non si distinguono solo per le modalità con cui vengono creati (piccoli budget, team poco numerosi, indipendenza dai publisher) ma come contenuti: infatti, questi prodotti, liberi dalla influenza delle ricerche di marketing che, giocoforza, vanno a limitare la possibilità di sperimentazione, e godendo di una direzione artistica più agile, dovuta al ridotto numero di persone che partecipano a design e sviluppo, stanno innovando il settore e allargando il mercato potenziale. Non a caso, quindi, l'Indie Game Summit è stato il più seguito da studenti, giovani laureati e aspiranti imprenditori: le lezioni sono quindi state sia a proposito del design sia dal punto di vista della produzione e del marketing. In particolare sono da segnalare le lezioni dello studio director di Supergiant Games, Amir Rao, e del presidente di Capybara Games, Nathan Vella, che si sono concentrate nel descrivere come il successo di un'attività indipendente come la loro sia strettamente legata alla capacità di assumersi il massimo rischio, di fare qualcosa di diverso dalle tendenze di mercato, di non destinare le proprie energie a fare il meglio possibile cioè che il mercato chiedere ma di attenersi con rigore e sincerità ai temi e agli stili che sono il punto di forza degli individui che compongono lo studio. Di concentrarsi, cioè, a raggiungere la nicchia di mercato che condivide la visione degli autori. Questa filosofia è resa possibile chiaramente dalla distribuzione digitale e dal concetto di passaparola sul quale si regge l'intera economia dello sviluppo indipendente. Per questo è importante, come è stato più volte sottolineato nella conferenza, stabilire un network di sviluppatori che collaborino nel far crescere una community. Industrie Creative & Game Development a Shanghai 18
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