Controllo dell'innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion
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© SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya Controllo dell’innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion Elisa Arrigo∗ Abstract In mercati iper-competitivi, l'innovazione è fondamentale per la crescita delle imprese market-driven. Un esame di casi studiati di aziende globali altamente competitive nel settore fast fashion, rivela che la com- prensione approfondita del mercato, derivante dalla gestione diretta dei loro negozi, consente a multina- zionali come Zara, Gap e H & M di sviluppare una capacità di gestione dell'innovazione. Questo rappre- senta il driver fondamentale per il successo competitivo dell'azienda. Keywords: Market-Driven Management; Innovazione; Fast Fashion; Competitione Globale; Caso Zara; Caso Gap; Caso H&M 1. Market-Driven Management e gestione dei flussi informativi Negli ultimi anni, molte imprese hanno intrapreso percorsi di sviluppo fondati su un orientamento competitivo al mercato attraverso: la creazione di una solida cultura aziendale indirizzata all’esterno; alcune capacità di- stintive nel comprendere il mercato; e una configurazione strutturale in grado di gestire efficacemente i flussi informativi (Brondoni, 2009; Day, 1994). Un’impresa market driven è, infatti, inserita in un sistema di rela- zioni aziendali che consente un migliore accesso alle informazioni riguar- danti i clienti, i concorrenti e gli altri attori del contesto competitivo (Nar- ver, Slater, 1990; Kohli, Jaworski, 1990). Nei principali contributi teorici del market-driven management, il ruolo rive- stito dalla gestione dei flussi informativi è sempre stato centrale. Kohli e Ja- worski (1990), ad esempio, definiscono l’orientamento al mercato come la capacità dell’impresa di generare, disseminare e utilizzare un’informazione superiore circa i propri clienti e concorrenti. I processi chiave di tale approc- cio, secondo gli autori, riguardano: l’implementazione di meccanismi di mar- ket intelligence e la diffusione su base continuativa dei dati acquisiti; la loro analisi ed elaborazione; e, infine, una soddisfazione adeguata ed anticipata dei bisogni del mercato. Narver e Slater (1990) sostengono poi che, oltre ad un orientamento alla domanda ed un orientamento alla concorrenza, un’impresa market-driven si connoti per la presenza di un coordinamento in- terfunzionale in grado di ottimizzare l’acquisizione delle informazioni su clienti e imprese rivali e di diffonderle all’intera organizzazione. Si può, dunque, affermare che l’orientamento al mercato promuova la raccolta di indicazioni e dati relativi alla domanda, ai concorrenti e ai trend ambientali. Tuttavia, tali informazioni servono da piattaforma per generare attività future solo se l’impresa sviluppa una capacità di apprendimento che facilita l’acquisizione, l’interpretazione e l’incorporazione della cono- scenza generata nelle procedure aziendali (Baker, Sinkula, 1999). Pertan- ∗ Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese, Università degli Studi di Milano-Bicocca Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
78 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya to, non si tratta semplicemente di raccogliere molte informazioni, bensì di generare nuova conoscenza grazie anche all’interazione con gli altri attori del mercato. Baker e Sinkula (2002) evidenziano come la propensione all’apprendimento derivi dalla presenza, all’interno della cultura aziendale, di valori che spin- gono l’impresa a ricercare in modo proattivo nuova conoscenza anche a costo di rimettere in gioco lo status quo pre-esistente. In effetti, le azioni di market information processing, di importanza critica per la pianificazione strategica, discendono dal grado di orientamento al mercato dell’impresa: più l’impresa è focalizzata sullo studio dei concorrenti e della domanda, maggiore sarà la sua predisposizione a processare molte informazioni. L’evidenza empirica mostra, inoltre, che market-driven management e at- titudine all’apprendimento sono entrambe correlate positivamente alla ca- pacità di intraprendere innovazioni future, ovvero in un’impresa fortemente orientata al mercato e strutturata per generare nuova conoscenza si deter- 1 mina una maggiore capacità di innovazione (Baker, Sinkula, 2002; 2009). Quindi creazione di know-how e miglioramento dei processi di apprendi- mento rappresentano per l’impresa orientata al mercato sia una reazione alle sfide poste dalla dinamicità e turbolenza dei mercati globali che un meccanismo su cui fondare un positivo confronto con la concorrenza. 2. La capacità di controllo dell’innovazione Per competere con successo, l’impresa market-driven apprende dal mercato più velocemente dei competitor e, a tal fine, sviluppa un insieme di competenze e conoscenze che le consentono di coordinare le diverse attività aziendali su scala globale. □ In relazione al continuo interscambio con l’ambiente, Day (1994) individua tre tipologie di capacità: outside-in capabilities (legano le strategie aziendali all’analisi ed interpretazione dell’ambiente esterno e sono attivate dalle richieste del merca- to, dalle sfide competitive e dalle opportunità esterne); inside- out capabilities (riguardanti i processi interni all’impresa di tra- sformazione, logistica, gestione delle risorse umane, al fine di cogliere le opportunità esterne) e spanning capabilities (neces- sarie per integrare le capacità inside-out con quelle outside-in). Le imprese orientate alla concorrenza pongono particolare attenzione allo sviluppo delle capacità outside-in mirando ad individuare una propria core competence (Prahalad, Hamel, 1990) ovvero una particolare abilità che contraddistingue ogni impresa dai competitor. Poiché il mercato at- tuale è in continua evoluzione, tale capacità deve essere dinamica (Tee- ce, Pisano, Shuen, 1997) per seguire i cambiamenti dei contesti operativi e rendere l’organizzazione flessibile. Le imprese market-driven sono in grado di integrare, costruire e riconfigura- re competenze interne ed esterne per allinearsi e rispondere rapidamente ai Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
79 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya mutamenti ambientali. Nei mercati globali, le stesse controllano molteplici va- riabili competitive sapendo che le dimensioni di costo e qualità sono driver necessari ma non sufficienti ad acquisire una superiorità sui concorrenti. Il focus strategico delle imprese, quindi, si sposta dalla ricerca del minimo co- sto o dal presidio della qualità in un segmento alla capacità di innovare. In effetti, a miglioramenti nell’efficienza produttiva spesso si accompagnano per- fezionamenti qualitativi e, talvolta, ciò è possibile grazie al sistema di relazioni competitive nel quale l’impresa è inserita (Zucchella, 2004). I network di part- nership che sovente si creano tra imprese per raggiungere obiettivi condivisi permettono di conseguire contemporaneamente sia vantaggi di costo, attra- verso la realizzazione di economie di scala e di scopo, che di differenziazio- 2 ne. Nei contesti ipercompetitivi, dunque, l’innovazione diventa fondamentale per mantenere una posizione di predominio nel mercato. L’innovazione, parte integrante delle strategie volte a generare una supe- riorità competitiva, può riguardare diversi aspetti della gestione aziendale quali: forme organizzative, processo logistico, tecnologie dell’informazione, outsourcing produttivo, ecc. È complesso, in tal caso, riuscire a classificarne le diverse tipologie visto l’ampio spettro di opzioni disponibili. Hamel (1996), ad esempio, definisce innovativa l’impresa rule breaker, ovvero capace di cambiare le regole del gioco competitivo; per Abell (1978), invece, è innovati- va l’impresa in grado di riconfigurare in modo originale gli elementi del busi- ness system ritagliandosi un nuovo spazio di mercato (Strategic Windows). La propensione strategica all’innovazione di un’impresa si può com- prendere già dall’enunciazione della mission aziendale: più ampia è la de- finizione del business nel quale l’impresa intende operare, maggiori sa- ranno le possibilità di sviluppo in termini di innovazioni future. □ Ad esempio, il business concept di H&M è: ‘to give the customer unbeatable value by offering fashion and quality at the best price’. Il business indicato è quello della moda in senso ampio, non il più circoscritto settore dell’abbigliamento. E infatti, negli anni ’50, l’impresa iniziò l’attività vendendo solo capi di abbigliamento uomo-donna, mentre ora nei suoi store si trovano anche accessori, cosmetici e prodotti di bellezza. Nelle imprese globali che operano in mercati competitivi, i processi di innovazione possono discendere da capacità sviluppate internamente op- pure da richieste della domanda o da un’interazione con i clienti o i part- ner che compartecipano alla definizione di una nuova offerta. In determi- nate circostanze, l’innovazione nasce da un processo di imitazione dei concorrenti; in tal caso, però, l’impresa non sviluppa direttamente al suo interno una capacità innovativa distintiva, bensì riproduce bene e rapida- mente un’innovazione che altre imprese hanno ideato e lanciato sul mer- cato prima di lei. In contesti ipercompetitivi, le imprese market-driven devono possedere tra le loro capacità distintive, una ‘innovation management capability’ per- ché solo attraverso incessanti processi di innovazione, potranno raggiun- gere una buona posizione competitiva ed acquisire successivi vantaggi sulla concorrenza. L’espressione ‘capacità di controllo dell’innovazione’ Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
80 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya sottolinea la tensione dell’impresa a presidiare una variabile competitiva difficile da gestire proprio in virtù della molteplicità di forme in cui può ma- nifestarsi ed attuarsi oltre che della elevata pressione concorrenziale pre- sente negli attuali mercati. Ovviamente, la capacità di gestire efficace- mente l’innovazione deriva dall’abilità dell’impresa di sfruttare al meglio il patrimonio informativo di cui dispone, generando apprendimento (grazie al market information processing) e nuova conoscenza. Attraverso l’innovation management capability, l’impresa cerca di tenere sotto controllo tutte le fonti di innovazione nonché quelle attuate dai compe- titor al fine di saper cogliere nuove opportunità di business. Infatti, il van- taggio competitivo acquisito da una data impresa, in un definito tempo e spazio di concorrenza, non può essere mantenuto nel lungo periodo in con- testi concorrenziali contraddistinti da elevato dinamismo. Quindi, è l’impresa stessa a ‘rompere’ l’equilibrio tra i competitor, sviluppando l’innovazione con continui avanzamenti di prodotto e con la creazione e l’abbandono di ‘vuoti’ di domanda (market-bubble management) (Brondoni, 2009). Un ruolo-chiave nella gestione della capacità di controllo dell’innovazione è rivestito dal fattore tempo (time-based management) e dal patrimonio in- formativo aziendale. Di fatto, sia nel caso dell’innovazione originata da una capacità distintiva aziendale che in quello di imitazione dai concorrenti, lo sviluppo e la gestione dell’idea innovativa deve avvenire nel minor tempo possibile. In tal modo, si riduce l’intervallo tra l’ideazione dell’innovazione, o l’individuazione di quella da imitare, ed il momento in cui l’impresa si pre- senta sul mercato con un’offerta dal valore percepito superiore a quello di offerte rivali. Per un’impresa orientata al mercato controllare l’innovazione da un punto di vista strategico significa, infatti, sia monitorare continuamen- te le innovazioni adottate dai concorrenti che valutarne i risultati in termini di 3 valore per il cliente finale . Inoltre, il sistema informativo aziendale avrà il compito primario di sviluppare nuova conoscenza del mercato e di gestire i flussi produttivi, logistici e finanziari affinché le azioni strategiche si compia- no nei tempi stabiliti. E poiché la dinamicità dei mercati e l’accesa rivalità tra imprese richiedono azioni rapide ed efficaci, la capacità di controllo dell’innovazione comporterà la predisposizione di sensori in grado di rico- noscere i segnali indicativi delle tendenze future e di meccanismi per cata- logare ogni dato o informazione influente sulla sua attività. L’orientamento competitivo alla concorrenza spinge, pertanto, le imprese ad esercitare un’influenza sulla struttura del mercato o sui comportamenti dei suoi attori al fine di migliorare la propria competitività. Le imprese vanno oltre la semplice osservazione dei competitor rivali e la comprensione delle esigenze dei consumatori. Jaworski et al. (2000) e Tuominem et al. (2004) sottolineano proprio come le imprese orientate al mercato rimodellino la lo- ro filiera produttiva eliminando ed aggiungendo partner a seconda delle condizioni che contraddistinguono i singoli mercati oppure assegnando 4 nuovi ruoli ai partner già esistenti a seconda delle esigenze aziendali . Tali imprese, quindi, sono fortemente innovative e possiedono una spiccata ca- pacità di controllo dell’innovazione anche all’interno della propria filiera. Le considerazioni fin qui svolte a livello teorico trovano un’applicazione concreta nel settore del fast fashion che rappresenta un ambito applicativo di particolare interesse. Infatti, in primo luogo, si confronta con il settore Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
81 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya dell’abbigliamento, segnato da eccesso di offerta ed elevata competizione. E, inoltre, si caratterizza per la presenza di numerose innovazioni strategi- che e per un focus sulla fase distributiva dei prodotti. Il presente lavoro si prefigge l’obiettivo di approfondire le diverse moda- lità con cui le più importanti imprese del fast fashion sviluppano la capaci- tà di controllo dell’innovazione attraverso la gestione diretta della propria rete di vendita a livello globale. Negli ultimi anni, infatti, a seguito della globalizzazione dei mercati molte imprese hanno intrapreso piani di allar- gamento delle attività (market-space management) dando origine a me- ga-organizzazioni, con network globali, che instaurano relazioni di concor- renza che oltrepassano le organizzazioni internazionali. (Brondoni, 2008) 5 A tal fine, si è compiuta una ricerca con l’analisi di case study (Yin, 2003; Gummesson, 2000) di alcune grandi imprese globali ad alto profilo competi- tivo. Le imprese selezionate per l’analisi sono la spagnola Zara (apparte- nente al gruppo Inditex), la svedese Hennes & Mauritz (H&M) e la statuni- tense Gap (del gruppo Gap Inc.) in quanto le uniche integrate a monte, do- 6 tate di catene di negozi monomarca ed operanti a livello globale . Inoltre, le imprese selezionate investono notevoli risorse nell’innovazione come si ri- leva, da un lato, dalla varietà dei prodotti moda venduti e, dall’altro, dalle nuove modalità di gestione, di distribuzione e di comunicazione che hanno introdotto. Lo studio dei casi e la raccolta dei dati sono basati su fonti se- condarie (literature review, documenti aziendali quali bilanci annuali, report sociali ed ambientali, comunicati stampa, sito web) e su interviste e colloqui con manager ed esperti del settore. 3. Fast Fashion Market-Driven Firms Nella struttura del settore moda è possibile distinguere: l’haute couture (capi molto prestigiosi, accessibili a pochi, spesso prodotti a mano e su misura per un’occasione speciale), il prêt-à-porter (deriva da un processo di democratizzazione della haute couture ed è relativo a capi portabili nel- la vita di tutti i giorni), il diffusion (relativo alle seconde linee dei grandi sti- listi, dirette ad un pubblico ampio), il bridge (include creazioni più accessi- bili e funzionali) e, infine, il mass market (relativo alle imprese specializza- te nel vendere capi di moda ad un prezzo basso e per un pubblico molto ampio) (Cillo, Verona, 2008). In quest’ultimo gruppo del mass-market, si collocano le imprese del fast fashion Zara, H&M e Gap che sono capaci di unire la focalizzazione sulla moda con un prezzo accessibile. Il loro ingresso sul mercato ha sostenuto i consumi a livello globale nel settore dell’abbigliamento nonostante l’attuale crisi economica. Coniugando la velocità dei processi con un bre- ve time to market e con la creazione di un brand originale, distintivo e for- temente riconoscibile, tali imprese hanno occupato posizioni di rilievo an- che in settori correlati a quello della moda. Dall’iniziale focalizzazione sull’abbigliamento uomo, donna, bambino si sono interessate anche all’underwear, al beach wear, alle scarpe e agli accessori (sciarpe, oc- chiali da sole, cappelli, cinture, ecc.). Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
82 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya H&M, Zara e Gap sono spesso definite fashion retailer per metterne in evidenza la costante focalizzazione sulla fase distributiva dei loro prodotti; in effetti, la forte competizione e la saturazione della domanda hanno sot- tolineato per tutte le imprese la necessità di avere il controllo della rete 7 distributiva, al fine di essere vicine al mercato e al consumatore finale . Molte imprese appartenenti a questo settore hanno intrapreso strategie di integrazione verticale a dimostrazione della rilevanza di possedere la rete di vendita e questo anche a costo di esternalizzare l’intera produzione o una parte di essa a partner esterni (Tokatli, 2008). Di seguito è proposta una breve descrizione delle imprese del fast fa- shion scelte per l’analisi. □ La catena svedese H&M (Hennes & Mauritz AB), fondata da Erling Persson a Vasteras nel 1947, è quotata al Nasdaq OMX di Stoccolma. Nel 2009 ha registrato un fatturato di circa 119 mi- liardi di corone svedesi (pari a circa 13,273 miliardi di euro). Con circa 76.000 dipendenti, opera in 34 Paesi e nei suoi negozi, ri- forniti quotidianamente, sono venduti: capi di abbigliamento (donna, uomo, adolescenti e bambini), cosmetici e accessori. Le collezioni sono create da un team composto da cento designer che lavorano a stretto contatto con la funzione degli approvvi- gionamenti e con i partner. H&M non si occupa direttamente del- le attività di manufacturing, non possedendo alcuno stabilimento produttivo, bensì si rifornisce da numerosi supplier indipendenti. Recentemente, H&M ha intrapreso una strategia di brand portfo- lio acquisendo i brand: COS-Collection of Style (di cui esistono 23 store), Monki (con 35 store), WeekDay (con 10 store) e, infi- ne, Cheap Monday (con uno store). H&M è entrata anche nel business dei prodotti per la casa con la marca H&M Home che ha un unico showroom a Stoccolma. Come si può notare dalla Figura 1, relativa alla ripartizione delle vendite di H&M per ma- croaree geografiche, il 93,7% delle stesse si realizza al di fuori del paese di origine dell’impresa (Svezia). Figura 1: Vendite di H&M per area geografica (2009) 0,59% 6,30% 9,11% 2,61% 81,39% Europe Asia North America Middle East and other regions Sweden Fonte: elaborazione dell’autore su dati H&M (H&M Annual Report 2009). Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
83 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya □ Zara è uno degli otto brand (Zara, Massimo Dutti, Pull and Bear, Oysho, Bershka, Stradivarius, Zara Home e Uterque) del gruppo spagnolo Inditex creato nel 1985 da Amancio Ortega Gaona e quotato in borsa dal 2001. Con 92.301 dipendenti, il gruppo ha registrato, nel 2009, un fatturato di 11,084 miliardi di euro. Zara, fondata nel 1975 a La Coruña, guida oggi il gruppo con un fatturato 2009 pari a 7.077 milioni di euro, quindi, de- terminando quasi il 64% del fatturato globale di Inditex. Il primo store al di fuori del confine spagnolo è stato inaugurato nel 1988, in Portogallo; da allora la crescita è stata molto alta tanto che oggi Zara è presente anche in paesi culturalmente lontani dalla Spagna come, ad esempio, l’Arabia Saudita o il Giappo- ne, la Cina e l’India. A differenza dei principali competitor, Zara produce direttamente una parte dei suoi capi di cui controlla l’intera catena di fornitura, ciò consente all’impresa di variare velocemente l’assortimento dei prodotti a seconda dell’andamento delle vendite. La restante parte della produzio- ne è in outsourcing presso imprese localizzate per lo più in Eu- ropa e Asia. Il team creativo, composto da duecento persone, predispone le collezioni, fornendo i disegni e i bozzetti ai part- ner esterni. Come si evince dalla Figura 2, il 68% delle vendite di Inditex avviene al di fuori della Spagna. Figura 2: Vendite di Inditex per area geografica (2009) 10,21% 12,21% 45,75% 31,83% Europe Spain Asia America Fonte: elaborazione dell’autore su dati Inditex (Inditex Annual Report 2009). □ Gap Inc., fondato nel 1969 a San Francisco da Doris e Don Fisher, è uno dei maggiori specialty retailer, il cui titolo è quotato alla borsa di New York. Il gruppo, con circa 134.000 dipendenti, ha registrato nel 2009 un fatturato pari a 14,2 miliardi di dollari (pari a circa 10,627 miliardi di euro). Possiede i brand Gap, Old Navy, Piperlime, Athleta e Banana Republic attraverso cui distri- buisce prodotti per la cura della persona, capi di abbigliamento e accessori donna, uomo, bambino. Gap, Banana Republic e Old Navy hanno negozi, mentre Piperlime e Athleta vendono solo online. Il brand Gap è stato recentemente introdotto in numerosi Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
84 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya mercati esteri (Asia, Indonesia, Malesia, Singapore, Sud Korea, Israele, Emirati Arabi) e, in effetti, il 34% delle sue vendite avvie- ne al di fuori degli Stati Uniti. Le collezioni sono disegnate in par- te da designer interni all’impresa e, in parte, acquisite da stilisti esterni. La produzione, invece, è totalmente in outsourcing e il 99% degli articoli venduti da Gap Inc. è fabbricato al di fuori degli Stati Uniti. Tuttavia le vendite sono in gran parte concentrate negli Stati Uniti, solo il 20% è al di fuori del Paese di origine, co- me mostrato in Figura 3. Figura 3: Vendite di Gap Inc. per area geografica (2009) 0,44% 6,58% 7,10% 5,68% 80,20% Europe Asia Usa Middle East and other regions Canada Fonte: elaborazione dell’autore su dati Gap Inc. (Gap Inc. Annual Report 2009). I driver di sviluppo delle imprese del fast fashion analizzati in letteratura sono molteplici e sono spesso interrelati fra loro. L’affermazione di tali im- prese nello scenario competitivo globale deriva dalla loro capacità di con- trollarli tutti contemporaneamente e a livello sovranazionale. Nei paragrafi successivi, si intende pertanto sistematizzare i principali elementi di analisi del fast fashion ed apportare un ulteriore contributo at- traverso lo studio della struttura distributiva globale di tali imprese, fattore che si è ipotizzato favorire la capacità di controllo dell’innovazione. I vettori di sviluppo di Gap, H&M e Zara possono essere ricondotti a tre aspetti fondamentali: - gestione della Supply Chain con costante attenzione al Time Ma- nagement; - Information Management e sviluppo dell’Information Communica- tion Technology; e - Store management e capacità customer linking. 3.1 Fast Fashion, Supply Chain e Time-Based Competition La velocità dei processi è un elemento certamente essenziale nella strategia di Zara, H&M e Gap ma non è l’unico a decretarne il successo; la variabile ‘tempo’ si inserisce nella gestione dell’intera filiera dalle prime fasi di scelta dei materiali fino alla creazione di numerosi negozi in tutti i Paesi industrializzati. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
85 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya Il tempo è critico per qualsiasi tipo di impresa appartenente al settore fa- shion, dato che ogni capo diventa velocemente ‘fuori moda’. Tradizional- mente gli stilisti iniziano a pianificare le collezioni relative alle stagioni suc- cessive fino a otto mesi prima del lancio sul mercato, ovviamente con un elevato rischio di insuccesso dovuto alla instabilità della domanda e al bre- ve ciclo di vita del prodotto abbigliamento. Le imprese che operano nel fast fashion non necessitano di così tanto tempo per definire la propria offerta, in quanto aspettano le presentazioni delle collezioni da parte delle grandi Maison (che avvengono almeno una stagione in anticipo), identificano le tendenze prevalenti e disegnano i loro capi seguendo tali trend. In tal mo- do, possono procedere ad una nuova offerta di capi solamente in quattro- sei settimane. La logica di time-based competition comporta una riduzione dei tempi di ogni fase della filiera produttiva, partendo dai tempi di approv- vigionamento fino a quelli di fabbricazione e vendita e il brevissimo tempo intercorrente tra la progettazione del prodotto e la sua commercializzazione permette di proporre un’offerta sempre molto ‘alla moda’. □ Zara takes only four to five weeks to design a new collec- tion and then a week to make it. With its team of commercials sniffing out new fashions while keeping in constant contact with store managers, the company can spot and react to trends quickly, including taking something stylish off a music video. Other retailers, in contrast, need an average of six months to design a new collection and then another three months to manufacture it, according to Inditex Chief Execu- tive Jose Maria Castellano. ‘Fashion expires, much the same way yogurt does,’ he says. ‘Being so quick allows us to re- duce to a minimum the risk of making a mistake – and we do make mistakes – with our collections’ (Vitzthum, 2001, p. B1). La rapidità e la necessità di controllare le fasi della produzione, talvolta, disincentivano scelte di localizzazione in luoghi troppo lontani, nonostante questi offrano un costo dei fattori produttivi nettamente inferiore a quello del paese di origine (Mihm, 2010). La decisione di optare per una prossi- mità geografica dei partner si lega anche al problema del costo del tra- sporto che, in seguito al rialzo del prezzo del petrolio, incide pesantemen- te sul prezzo finale del prodotto. Sullivan e Kang (1999) definiscono questo approccio ‘quick response’ fondato sulla modalità produttiva del just-in-time ma riferita alle imprese dell’abbigliamento. Per avere un breve time to market e arrivare sul mer- cato prima dei concorrenti, le imprese dispongono di sistemi produttivi flessibili e di un’efficientissima catena di fornitura all’interno della quale i tempi di ogni attività sono ridotti al minimo e la puntualità di consegna da parte di ogni anello della catena diventa un imperativo strategico. □ Al 31 gennaio 2010, il gruppo Inditex ha un network di 1237 fornitori con cui mantiene stabili relazioni basate sul External Manufacturers and Workshops Code of Conduct che deve esse- re sottoscritto da ogni partner prima di iniziare la collaborazione Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
86 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya e che lo vincola a rispettare sia i tempi che gli standard richiesti per ogni fornitura (Inditex Report 2009, p. 17). □ Gap Inc. si approvvigiona da circa 3000 supplier dislocati in più di 50 paesi ai quali fa sottoscrivere il Code of Vendor Code. La scelta di operare con un così elevato numero di part- ner si spiega con la necessità di distribuire meglio i rischi deri- vanti da: ritardi nelle consegne, problemi di spedizione, au- menti improvvisi della domanda di prodotti, non conformità agli standard prefissati, su un numero maggiore di imprese fornitri- ci. (Gap Inc. Annual Report 2009) □ H&M ha 15 uffici di produzione, in Asia e Europa, che lavo- rano a stretto contatto con 700 fornitori. Questi ultimi si impe- gnano a rispettare gli standard di H&M che con numerose ispezioni nelle fabbriche dei partner controlla sia la qualità dei prodotti sia il rispetto delle norme relative alle condizioni di la- voro e all’impatto ambientale come stabilito dalle politiche di responsabilità sociale. (H&M Annual Report 2009) Le imprese, dando particolare enfasi alle attività poste a valle della filie- ra e rifornendosi in outsourcing, optano per l’accentramento di tutti i pro- dotti, provenienti dai diversi fornitori, in pochissimi centri distributivi. In tali magazzini, i capi sono posizionati in due settori a seconda che siano pie- gati o appesi e sono catalogati per modello, colore, taglie così da consen- tirne una rapida movimentazione. 3.2 Fast Fashion, ICT e Information Management Il controllo della catena di fornitura e la riduzione del time to market so- no supportati da innovativi processi informatici che permettono di seguire il prodotto in tutti i suoi spostamenti. L’Information Communication Tech- nology (ICT) è assolutamente essenziale per gestire l’enorme quantità di dati e informazioni che scorre in modo circolare fra i diversi reparti azien- dali oltre che tra le imprese-partner. Nelle imprese del fast fashion, l’ICT ha prodotto trasformazioni rilevanti non solo con riferimento al sistema di gestione degli ordini che vengono ora trasmessi in tempo reale, ma anche con una nuova impostazione produttiva che interessa tutte le attività d’impresa, a partire dal disegno del capo fino alla consegna presso il punto vendita. Al fine di ridurre i tempi, ad esempio, si pensa che presto saranno utilizzati con sistematicità i ‘digital design’, in cui la velocità della produzione è determinata dalla ra- pida digitalizzazione dell’immagine e dall’industrializzazione del progetto. La tecnologia migliora anche l’efficienza dei magazzini centrali in cui gli abiti confezionati sostano per un breve tempo accanto agli stabilimenti produttivi; qui sorter automatici smistano i capi per tipologia, modello, co- lore e confezionano con la massima velocità gli ordini di merce da inviare ai punti vendita (Forza, Vinelli, 1997). Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
87 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya Grazie a particolari innovazioni nei software presenti negli store, la ge- stione dei riassortimenti è facilitata e i capi possono essere consegnati celermente già prezzati e pronti per l’esposizione. Inoltre, l’introduzione della tecnologia Rfid (Radio Frequency Identification) nel processo di tra- sporto del prodotto dal magazzino del fornitore al punto vendita e all’acquisto da parte del consumatore, ha permesso un miglior monitorag- gio dei prodotti lungo la supply chain, razionalizzando anche il processo di order entry (Garrido et al., 2009). □ Secondo recenti dati dell'americana Abi Research, nell'industria dell'abbigliamento, l'Rfid non è più un fenomeno legato ad alcuni progetti pilota condotti da un numero limitato di aziende su movimentazioni consistenti. Il comparto, a tutti i livelli della filiera, ha colto nell'Rfid un'opportunità di gestire al meglio tutta la Supply Chain e, soprattutto, di potenziare le vendite grazie anche a una ottimizzazione degli inventari e di una totale visibilità degli stock a magazzino. Gli analisti hanno stimato che nei prossimi cinque anni la vendita di sistemi Rfid nel settore del tessile triplicherà, raggiungendo alla fine del 8 2014 il valore di 125 milioni di dollari . Le fonti principali di informazioni necessarie a impostare le attività di design e progettazione dei prodotti nel fast fashion sono rappresentate dall’osservazione diretta della realtà e dall’analisi dei dati di vendita. Nella realtà esistono molteplici fonti di ispirazione: riviste di moda, sfilate, pubblica- zioni dei competitor, lo stile seguito da personalità pubbliche e opinion leader, le serie televisive o i luoghi frequentati dai giovani, come le università. □ Relativamente alla ricerca stilistica, Zara non investe mol- te risorse nello studio dei nuovi trend ma risponde a questi molto velocemente; pertanto, non si può definire un innovato- re first mover bensì un follower che imita bene e rapidamente quello che altri hanno individuato come tendenza emergente. Per questo motivo, il suo designer team presidia le sfilate del- le grandi case di moda e gli altri eventi fashion e, inoltre, tiene sotto controllo i trend generator per carpire gli orientamenti futuri e predisporre la collezione. □ H&M ha invece intrapreso, da alcuni anni, delle collabo- razioni con designer molto famosi come Karl Lagerfeld, Stella McCartney, Viktor & Rolf, Roberto Cavalli, Comme des Ga- rçons, Mathew Williamson, Jimmy Choo and Sonia Rykiel. □ Recentemente anche Gap ha seguito questa strada col- laborando con Stella McCartney per una collezione di scarpe per bambini. Un’altra primaria fonte di informazioni è rappresentata dal feed back sui dati di vendita. Ogni giorno, i risultati relativi alle vendite avvenute nei di- Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
88 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya versi store sono aggregati in un database unico a cui gli stilisti possono accedere per vedere quali capi sono stati maggiormente acquistati e, quindi, quale sia la tendenza prevalente nei gusti degli acquirenti così da indirizzare la progettazione delle future offerte. Le informazioni di ritorno sulle vendite sono trasmesse, quotidianamente, anche al reparto acquisti e al reparto produzione in modo che orientino gli approvvigionamenti ed il manufacturing. Le stesse sono poi verificate, su base bisettimanale, attra- verso il riordino dei prodotti da parte degli store manager che, stando a contatto diretto con la clientela, possono individuare meglio le tendenze. Le decisioni su quali capi di abbigliamento o accessori continuare a produrre o quali eliminare dall’assortimento, perché con bassa rotazione, sono quindi prese nel corso della stessa stagione in cui i prodotti sono venduti e non mesi prima come nell’abbigliamento tradizionale. 3.3 Fast Fashion, Store e Customer Linking Capability La fase distributiva e di vendita dei prodotti consente di ottenere informa- zioni sia per identificare le preferenze della domanda che per organizzare il flusso di riordino. Il punto vendita diviene, quindi, un luogo privilegiato per la generazione della conoscenza di mercato (Barnes, Lea Greenwood, 2010). Nella Tabella 1 si mostrano per ogni insegna il numero di store e di Paesi nei quali questi ultimi sono localizzati. Tabella 1: H&M, Inditex, Gap Inc. Global Distribution Numero Punti vendita Punti Numero di complessivo Imprese del gestiti vendita Paesi con di punti fast fashion direttamente in punti vendita vendita a dall’impresa franchising livello globale H&M 35 1.988 1952 (98%) (36) 2% INDITEX 74 4.607 3983 (87%) 624 (13%) Zara 1.608 1442 (90%) 166 (10%) Pull and Bear 626 541 (86%) 85 (14%) Massimo Dutti 497 372 (75%) 125 (25%) Bershka 651 574 (88%) 77 (12%) Stradivarius 515 416 (81%) 99 (19%) Oysho 392 359 (92%) 33 (8%) Zara Home 261 233 (89%) 28 (11%) Uterque 57 46 (81%) 11 (19%) GAP Inc. 28 3.247 95% 5% Gap 1.537 1437 (91%) 136 (9%) Banana Republic 638 609 (95%) 29 (5%) Old Navy 1.036 1036 (100%) 0 Fonte: elaborazione dell’autore su dati relativi agli anni 2009 e 20109. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
89 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya Dalla Tabella 1, si rileva come per le imprese considerate, quasi tutti i negozi siano gestiti direttamente e solo una piccola parte, circa il 5-10%, sia in franchising. Quest’ultima formula contrattuale è di solito prescelta per entrare in Paesi contraddistinti da elevate barriere all’entrata di tipo amministrativo come, ad esempio, in Arabia Saudita, in Kuwait o negli Emirati Arabi. In rari casi, alcuni fashion retailer hanno siglato joint- venture, come nel caso di Zara e del gruppo indiano Tata in cui la collabo- 10 razione è stata istituita per soddisfare le rigide leggi indiane . Si può perciò asserire che, per sviluppare una buona comprensione dei fenomeni commerciali dei diversi Paesi e poter così implementare una gestione reattiva nei confronti del mercato, Zara, H&M e Gap hanno opta- to per una focalizzazione sulla rete di vendita diretta costituita da store 11 monomarca diffusi in modo capillare sul territorio globale . La decisione del Paese in cui aprire un nuovo store rappresenta un’importante decisione strategica che avviene dopo approfondite ricer- che volte all’analisi del macro e micro ambiente all’interno del quale l’impresa dovrebbe operare. A seguito, poi, di un accurato studio degli at- tori locali, l’impresa definisce un’espansione a macchia d’olio che vede frequenti aperture proprio nelle vicinanze del primo store. Questo potreb- be apparire come rischioso per il potenziale effetto di cannibalizzazione tra negozi della stessa insegna, ma, in realtà, si giustifica in un’ottica di contenimento dei costi. La presenza di più punti vendita in una città per- mette sia di affermare meglio l’identità di marca nella mente del consuma- tore che di ripartire su una base più ampia i costi di trasporto, consegna, oltre che quelli pubblicitari. Gli store non assolvono semplicemente una funzione distributiva dei prodotti ma rappresentano il punto di contatto tra l’impresa e la sua do- manda. Pertanto, la scelta strategica di avere una struttura distributiva controllata quasi totalmente consente ai fashion retailer di raggiungere molteplici obiettivi. In primo luogo, la localizzazione dei punti vendita nei principali mercati mondiali collega le logiche globali di crescita aziendale con le esigenze dei singoli mercati locali. Secondariamente, si gestisce meglio il rischio economico derivante dall’operare in un settore in cui la domanda è etero- genea e la competizione tra imprese elevata. Inoltre, il controllo della rete di vendita permette di raccogliere senza filtri ed in tempo reale, tutte le in- formazioni provenienti dal contatto con la domanda. In tal modo, si hanno feedback immediati sulle vendite e sul successo delle politiche intraprese così da orientare la formulazione delle azioni strategiche future. Un’altra importante funzione svolta dai punti vendita monomarca è la diffusione dell’identità di marca. Infatti, lo store è il principale canale di comunicazione delle imprese del fast fashion che, attraverso la definizio- ne della sua ubicazione, del layout interno, dell’atmosfera e dei servizi of- ferti, riescono ad attrarre ed a far permanere la clientela al suo interno. La strategia di sviluppo di Zara, Gap e H&M prevede sovente l’apertura di flagship store nelle principali metropoli. Tale format distributivo ha proprio l’obiettivo di diffondere i valori di marca creando un ambiente in cui il cliente si dilunga piacevolmente e, aumentando la permanenza nel punto vendita, cresce anche la probabilità di un acquisto da parte sua. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
90 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya Le location prescelte per l’ubicazione degli store sono in molteplici aree delle grandi città; tra queste rientrano certamente le vie del centro storico ad elevato passaggio, come Corso Vittorio Emanuele a Milano o i Champs Elysées a Parigi. Ma la scelta delle fast fashion firms non si limita a queste, infatti gli store sono collocati in qualsiasi punto della città garantisca un ele- vato bacino di utenza e traffico di persone. È il caso, ad esempio, dei centri commerciali o delle stazioni ferroviarie. Nei primi, i clienti trascorrono parte del proprio tempo libero come momenti di svago; e, al loro interno vi sono molte vetrine di imprese competitor, quindi, la presenza di uno store della catena è necessaria anche in ottica competitiva. Le stazioni, invece, sono un luogo nel quale moltissime persone sostano in attesa della partenza e, quindi, un negozio nel quale fare shopping nei tempi morti, è sicuramente un’attrattiva piacevole. Anche la gestione del layout interno ai negozi è curata nei minimi dettagli e riguarda sia la disposizione delle attrezzature (casse, espositori, tavoli) che quella dei prodotti (solitamente suddivisi in base all’appartenenza mer- ceologica). Negli store dei fashion retailer, la tradizionale suddivisione in reparti dello spazio espositivo è spesso sostituita da grandi open space in cui i capi sono già abbinati con gli accessori o con i cosmetici. Lo si può no- tare da Gap, dove accanto ai tipici jeans statunitensi si trovano calzature da indossare con quel capo oppure da H&M che, vicino alle collezioni under- wear, posiziona linee di bagno schiuma e creme per il corpo, stimolando così l’acquisto congiunto da parte delle clienti. Per Zara, il layout dei negozi e l’allestimento delle vetrine sono talmente importanti da essere definite nella sede centrale di Arteixo, dove vengono riprodotti gli spazi, per studiarne le illuminazioni e per individuare il miglio- re percorso che i clienti dovranno seguire al suo interno. Le scenografie individuate come migliori sono fotografate ed inviate, tramite mail, ai ne- gozi affinché siano ricreate come indicato. Tutte queste azioni sono compiute al fine di relazionarsi positivamente con la clientela, in effetti, le imprese orientate al mercato possiedono tra le loro capacità distintive quelle connesse alla gestione delle relazioni con la domanda finale. Tali capacità ‘customer linking’ si qualificano in funzio- ne della loro ampiezza e profondità, ovvero della numerosità di relazioni attivate ed intensità di ognuna (Day, 2003). Zara, H&M e Gap avendo ne- gozi in tutto il mondo, possono raccogliere un’infinità di informazioni sulle peculiarità dei clienti dei diversi paesi. Le imprese del fast fashion non si limitano, però, a studiare la domanda, ma utilizzano le informazioni raccolte per influire sui suoi comportamenti. Ad esempio, negli ultimi anni, i consumatori ricercano uno stile originale che è possibile creare accostando, ad esempio, un capo di abbigliamento ‘standard-mass market’, posseduto da tutti, con un accessorio particolare come un foulard o una cintura esclusiva. Tale accostamento tra prodotti appartenenti a fasce di prezzo o a classi merceologiche differenti è stato, in realtà, indotto dagli stessi fashion retailer che nei loro punti vendita non distribuiscono solo capi di abbigliamento, come abiti, giacche, gonne, ecc. ma altresì calzature, profumi, cosmetici, occhiali e borse. Inoltre, si può riscontrare come i comportamenti della domanda relativamente ai capi di abbigliamento e agli accessori siano vari e riconducibili al concetto di di- Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
91 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya spersione, ovvero il consumatore distribuisce i suoi acquisti in molteplici luoghi e format distributivi: dalla boutique, all’outlet, alla bancarella del mercato rionale. Questo si spiega, in primo luogo, con la minore disponi- bilità di spesa dei potenziali acquirenti e, poi, con la ricerca di uno stile personale. Infatti, a fronte di un budget disponibile inferiore, il rapporto qualità-prezzo diventa la variabile decisionale; a ciò si lega, negli ultimi anni, il successo di moltissimi outlet sia reali (si pensi al Serravalle Scrivia o al Fox Town) che virtuali (come i portali www.yoox.com o www.bluefly.com, in cui è possibile trovare capi e accessori di grandi marche di moda della passata collezione, a prezzi nettamente inferiori a quelli di listino). Le imprese del fast fashion hanno anche favorito cambiamenti nell’organizzazione temporale degli acquisti. Se, in passato, ad inizio sta- gione si compravano i capi tipici del periodo in questione, ad esempio, un cappotto invernale acquistato a novembre-dicembre, ora le strategie aziendali hanno intensificato il lancio di collezioni spot in periodi in netto anticipo rispetto ai bisogni stagionali spingendo, quindi, all’acquisto del prodotto indipendentemente dalle esigenze del momento. Inoltre, il conti- nuo rinnovamento dell’offerta attraverso le nuove collezioni che restano in esposizione solo per pochi giorni e per di più, in questo intervallo di tem- po, ruotano anche all’interno del punto vendita, induce i clienti a provare una sensazione di urgenza dell’acquisto. I fashion retailer, attraverso il frequente riassortimento e la rotazione dei capi all’interno dello store han- no generato un ‘effetto scarsità’ (market-bubble management) che stimola i consumatori a compiere acquisti di impulso: un cliente che si reca da Za- ra, Gap o H&M e vede un capo di suo gradimento sa che o lo compra su- bito o molto probabilmente non lo troverà più. L’assiduo lancio di nuove collezioni spinge le clienti a recarsi nel punto vendita con maggiore frequenza per tenere sotto controllo le nuove pro- poste e poterle acquistare nel caso siano interessanti. Tale meccanismo incrementa il traffico nello store e moltiplica le possibilità di vendita, ma oltre a questo, genera pochissime rimanenze di capi ed infatti i saldi di Zara, H&M e Gap durano pochi giorni perché i capi rimasti invenduti si esauriscono in fretta. Una recente innovazione introdotta nella relazione con la domanda è rappresentata dalla creazione del canale diretto di vendita. Per prime, H&M (in Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Germania, Austria, In- ghilterra) e Gap (prevalentemente in Nord America ed Europa), e da set- tembre 2010 anche Zara (in Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Italia e Portogallo) hanno lanciato store online. Questa scelta ha molteplici risvolti strategici per le imprese del fast fa- shion: in primo luogo, riduce ulteriormente il time to market, poiché posti- cipa la fase di consegna dei capi solo a vendita compiuta e, di conse- guenza, consente di arrivare prima sul mercato. Secondariamente, elimi- na i costi legati alla creazione e gestione degli store fisici, basti ricordare che le voci relative agli affitti e alla employees remuneration sono tra le più cospicue nei bilanci delle imprese. Infine, con il canale di vendita onli- ne si raggiunge un maggior numero di clienti i cui dati possono essere profilati rendendo, dunque, più semplice per il designer team individuare Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
92 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2010 www.unimib.it/symphonya le preferenze della domanda e le tendenze in atto tramite l’analisi dei comportamenti di acquisto, tracciabili in tempo reale. Dal punto di vista del cliente che ha già comprato capi di quella specifi- ca catena di abbigliamento e ne conosce le taglie e le lavorazioni, l’acquisto online evita inutili file in negozio e dà l’illusione di poter trovare tutto quello che le collezioni offrono (in termini di taglia e colori). Ma anche virtualmente, la creazione di continue offerte spot combinata con un effi- ciente time-based management tende a generare l’effetto scarsità. 4. Conclusioni ed Emerging Issues Nei principali contributi teorici sul Market-Driven Management, la gestione delle informazioni è stata ritenuta da molti studiosi un elemento centrale; tuttavia, affinché le informazioni raccolte e processate servano da piatta- forma per la creazione di nuova conoscenza, l’impresa deve possedere an- che una propensione all’apprendimento. Inoltre, dagli studi compiuti si evin- ce che apprendimento dal mercato e know how sono strettamente legati alla capacità di innovazione dell’impresa. La ricerca si è focalizzato sullo studio dell’innovazione nelle imprese mar- ket-driven che operano in contesti globali e fortemente competitivi. In tale situazione, per crescere nel lungo termine, l’impresa orientata alla concor- renza e alla domanda, oltre a saper gestire molte informazioni, ad avere un’approfondita conoscenza del mercato e ad aver sviluppato un’abilità nell’apprendere da quest’ultimo, deve anche aver maturato un ‘innovation management capability’. Si è compiuta un’analisi del fast fashion attraverso lo studio dei casi Zara, H&M e Gap per mostrare come, attraverso un forte controllo della rete di- stributiva, tali imprese riescono a sviluppare una profonda conoscenza del- le dinamiche dei mercati globali e ad attuare innovazioni strategiche di suc- cesso. Infatti, la comprensione delle tendenze globali consente a Zara, Gap e H&M di controllare la complessità ed instabilità dei mercati attuali arrivan- do prima (in minor tempo) e meglio (con offerte dal valore percepito più ele- vato per i clienti) dei competitor. Le imprese selezionate sono riuscite a introdurre nella loro gestione aziendale molteplici innovazioni: nella Supply Chain (con costante attenzio- ne al time management e la conseguente riduzione dei tempi di ogni attività aziendale); nell’Information Communication Technology (con innovativi pro- cessi informatici che permettono di seguire il prodotto in tutti i suoi sposta- menti, grazie ai Digital Design, ai Sorter automatici e ai sistemi Rfid); e nella relazione con la domanda (dove hanno sviluppato capacità customer lin- king proponendo un assortimento fortemente differenziato e rispondente alle tendenze del momento). L’aspetto chiave emerso dalla ricerca è che circa il 95% dei punti vendita di Zara, Gap e H&M è a gestione diretta; questo controllo della struttura di- stributiva a livello globale influisce profondamente sulla generazione di co- noscenza del mercato e, di conseguenza, sulla capacità di sviluppare un innovation management capability. Attraverso un contatto diretto con la domanda e la diffusione capillare dei loro store nei principali Paesi del Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Arrigo Elisa, Controllo dell’ innovazione e Market-Driven Management nelle imprese del Fast Fashion, Symphonya. Emerging Issues in Management (www. unimib.it/symphonya), n. 2, 2010, pp. 77-95 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.2.06arrigo)
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