A3 INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2019 RELAZIONE
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SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA A3 INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2019 RELAZIONE Presidente Rita Loreto CATANZARO, 22 FEBBRAIO 2019 CORTE DEI CONTI - CENTRO UNICO PER LA FOTORIPRODUZIONE E LA STAMPA - ROMA
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2019 RELAZIONE Presidente Rita Loreto CATANZARO, 22 FEBBRAIO 2019
INTRODUZIONE In apertura di questa cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario desidero salutare le Autorità civili, militari e religiose presenti, i Magistrati degli altri Ordini giudiziari, i rappresentanti delle Istituzioni e del mondo accademico, gli Avvocati del libero Foro, dell’Avvocatura dello Stato e degli Enti pubblici e tutti gli intervenuti, i colleghi della Sezione regionale di controllo e della Procura regionale. Rivolgo un saluto di benvenuto ai magistrati che hanno appena preso servizio in questa sede mentre un vivo ringraziamento va al collega Mimmo Guzzi, che dopo oltre dieci anni ha lasciato la Sezione giurisdizionale per assumere il prestigioso incarico di componente di una Sezione centrale di appello e ai colleghi Marcella Papa e Davide Vitale che lasceranno a breve la Procura calabrese in quanto trasferiti ad altri Uffici. Un particolare saluto rivolgo al rappresentante del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, nostro organo di autogoverno, e al rappresentante dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti. Al fine di dare continuità all’iniziativa congiunta, promossa dal Presidente della Corte dei conti con il M.I.U.R., volta a diffondere anche presso gli Istituti scolastici la conoscenza delle attività e funzioni che questa Magistratura esercita a tutela del pubblico erario e della corretta gestione della finanza pubblica, sono oggi presenti in aula, unitamente ai rispettivi Dirigenti scolastici, gli studenti del Liceo Ginnasio “Pasquale Galuppi” di Catanzaro, che saluto, e dell’Istituto Alberghiero di Soverato, ai quali va anche un sincero ringraziamento per la fattiva collaborazione prestata nelle attività inerenti il cerimoniale di questa giornata. Un caloroso saluto al Corpo della Guardia di Finanza, all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia di Stato, ai quali va la mia gratitudine per la proficua collaborazione prestata alle attività istituzionali. Un saluto ai rappresentanti degli Organi di informazione per l’attenzione dimostrata all’attività della Corte dei conti calabrese. 1
Com’è doveroso, estendo il saluto alla dirigente del S.A.U.R., al Funzionario preposto e a tutto il personale amministrativo, che ringrazio per l’impegno profuso e per la preziosa collaborazione fornita nell’assicurare l’esatto svolgimento delle funzioni giurisdizionali. Infine, desidero rivolgere un affettuoso saluto ai Presidenti Domenico Oriani e Mario Condemi, miei illustri predecessori nell’attività di direzione della Sezione giurisdizionale, che hanno lasciato in tutti un vivo ricordo per le doti umane e professionali che li hanno contraddistinti e che costituiscono per me valido modello da imitare. Secondo il protocollo di recente impartito dal Consiglio di Presidenza, dopo l’indirizzo di saluto del rappresentante del Consiglio di Presidenza, la relazione del Presidente illustrerà l’attività della Sezione nel decorso anno, con l’indicazione dei principali interventi normativi che hanno interessato la Corte dei conti e degli indirizzi giurisprudenziali di rilievo. Ad essa faranno seguito le relazioni del Procuratore regionale Rossella Scerbo e del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati Giuseppe Iannello. Seguiranno poi l’intervento del Presidente della Sezione regionale di controllo Vincenzo Lo Presti ed un saluto del rappresentante dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti. °°°° 2
1 INTERVENTI NORMATIVI DI INTERESSE PER LA CORTE DEI CONTI 1.1 Le novità introdotte dalla legge anticorruzione, approvata in via definitiva il 18 dicembre 2018, in Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 2019 (Legge 9 gennaio 2019, n. 3) Il rafforzamento del contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione si è articolato, nel provvedimento normativo approvato sul finire del 2018 e solo di recente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, in una serie di misure volte a inasprire le pene principali e accessorie per i reati di corruzione, a rendere più efficaci le indagini preliminari e a limitare l'accesso dei condannati ai benefici carcerari. Con molteplici interventi di modifica al vigente codice penale, sono state anzitutto aumentate le pene accessorie in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione. In particolare, merita di essere menzionata l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e l'interdizione dai pubblici uffici, che divengono perpetue in caso di condanna superiore a 2 anni di reclusione (c.d."Daspo per i corrotti"). La stessa riabilitazione del condannato non produce effetti sulle pene accessorie perpetue: decorsi almeno sette anni dalla riabilitazione, è prevista l'estinzione della pena accessoria perpetua quando il condannato abbia dato “prove effettive e costanti di buona condotta”. Peraltro l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione è introdotta anche come misura interdittiva, che si applica all'imputato prima della condanna. E’ stato inoltre previsto l’aumento della durata delle sanzioni interdittive a carico di società ed enti responsabili in base al d.lgs. n. 231 del 2001 per reati contro la pubblica amministrazione. Con una modifica degli artt. 9 e 10 del codice penale, si è prevista la possibilità di perseguire i cittadini italiani o stranieri che commettono alcuni reati contro la pubblica amministrazione all'estero, senza necessità di richiesta del Ministro della Giustizia e in assenza di denuncia di parte. Sono state introdotte misure per potenziare il contrasto alla corruzione anche sul fronte delle indagini penali, in particolare estendendo la disciplina delle operazioni di polizia sotto copertura al contrasto di alcuni reati contro la pubblica amministrazione (c.d. agente sotto 3
copertura) per i quali viene altresì consentito in ogni caso l'utilizzo delle intercettazioni, anche mediante dispositivi elettronici portatili (cd. Trojan). Ulteriori misure adottate dalla legge anticorruzione hanno riguardato l’innalzamento delle pene per i pubblici ufficiali resisi colpevoli di reati di corruzione per l’esercizio della funzione e l’introduzione di sconti di pena e di una speciale clausola di non punibilità per chi denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e individuare eventuali responsabili. La non punibilità del denunciante è subordinata tuttavia alla messa a disposizione dell’utilità dallo stesso percepita o di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero all’indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo. Viene inoltre eliminata la possibilità di restare anonimi per chi fa donazioni a partiti, fondazioni o altri organismi politici: ogni donazione superiore ai 500,00 euro dovrà essere trasparente, con pubblicazione del nome del donatore, dell’entità del contributo o del valore della prestazione o della diversa forma di sostegno e della data dell'erogazione. Facendo riferimento ai riflessi che tale normativa può avere sulle azioni risarcitorie intestate alla Corte dei conti, si segnala l’art. 1, lett. q) della legge anticorruzione, che ha modificato l’art. 322 quater del codice penale in materia di riparazione pecuniaria. Le novità introdotte, ed in particolare la sostituzione del riferimento alla “amministrazione di appartenenza” del pubblico ufficiale, presente nel vecchio testo, con il riferimento alla “amministrazione lesa”, potrebbero lasciare aperto lo spazio a problemi interpretativi con riguardo alle ipotesi di danno erariale connesse ad alcuni reati contro la p.a., in particolare il danno da tangente, perseguibili dal pubblico ministero contabile; nonché con riferimento al rapporto tra la confisca disciplinata all’art. 323 c.p. e la riparazione pecuniaria, atteso che la novella introdotta non ne esplicita la natura sanzionatoria. 1.2 La legge a tutela del “whistleblowing” L’anno 2018 ha costituito anche il banco di prova per la legge n. 179 del 30 novembre 2017 ("Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato"), entrata in vigore il 29 dicembre 2017, la quale si inserisce nel quadro della normativa in materia di contrasto alla corruzione, disciplinandone un aspetto di fondamentale importanza: la tutela 4
del soggetto che effettua la segnalazione di un illecito (definito, con terminologia anglosassone ormai entrata nell'uso comune, "whistleblower"). Le statistiche giudiziarie in merito a denunce, arresti e condanne che fanno specifico riferimento alle fattispecie dei reati contro la pubblica amministrazione, si scontrano con il problema del convergente interesse al silenzio del corruttore e del corrotto, della scarsa visibilità del reato, della limitata propensione alle denunce e con alcune inefficienze del sistema giudiziario, fornendo una misura della corruzione molto più ridotta di quella realmente praticata. Se da un lato la figura del "whistleblower" si rivela fondamentale ai fini del più efficace contrasto ai fenomeni corruttivi, in quanto, operando all'interno dell'organizzazione, questi ha maggiori opportunità di venire a conoscenza di condotte illecite, dall'altro una sua insufficiente tutela lo espone a ritorsioni da parte del datore di lavoro, con l'effetto generalizzato di scoraggiare di fatto ogni stimolo alla segnalazione e dunque di mortificare la finalità della norma, che è appunto quella di favorire l'emersione dei fenomeni di corruzione e di mala gestio. La legge 179 del 2017 ha dunque esteso la tutela del denunciante rispetto alla normativa precedente, non limitandola soltanto al rapporto di lavoro pubblico, ma estendendola anche a quello privato, seppure in termini e con modalità differenti. Per quanto riguarda il rapporto di lavoro pubblico, la legge n. 179 è intervenuta sull'art. 54bis del D. Lgs. 165/2001(Testo Unico sul Pubblico Impiego), già introdotto ex novo dalla legge n. 190 del 2012, sostituendolo integralmente. Il nuovo testo recepisce le indicazioni delle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) n. 6 del 2015 e viene così stabilito, a tutela del dipendente pubblico segnalante, il divieto di divulgazione della sua identità e di adozione di qualsiasi provvedimento dal quale possano derivare direttamente o indirettamente effetti negativi sul rapporto e sulle condizioni di lavoro, comminandone la nullità, nonché la reintegrazione del lavoratore eventualmente licenziato a motivo della segnalazione. La legge 179 del 2017 ha inoltre indicato i soggetti ai quali la segnalazione, con modalità informatica, può essere effettuata, e cioè il Responsabile della prevenzione della corruzione, l’A.N.A.C., l’Autorità Giudiziaria ordinaria e la Corte dei conti, demandandone il dettaglio ad apposite istruzioni operative dell'Autorità Anticorruzione. A tal riguardo si deve rammentare che, in data 8 febbraio 2018, l’A.N.A.C. ha reso disponibile sul proprio sito l'applicazione informatica "Whistleblowing" prevista come unica modalità di segnalazione di illeciti da parte dei dipendenti pubblici ed assimilati che 5
vogliano rivolgersi direttamente all'Autorità Nazionale Anticorruzione, nell'ottica di garantire la più elevata tutela di riservatezza ed una maggiore celerità di trattazione della segnalazione. L'A.N.A.C. infatti, qualora la ritenga fondata, provvederà o a contattare il Responsabile della prevenzione della corruzione dell'amministrazione oggetto della segnalazione o a disporre l'invio della stessa alle istituzioni competenti, quali l’Autorità giudiziaria, la Corte dei conti, la Guardia di Finanza e l’Ispettorato per la funzione pubblica. 1.3 Le novità introdotte negli appalti pubblici dalla legge di bilancio La manovra finanziaria 2019 di cui alla legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto almeno due disposizioni che agevolano l’attività delle stazioni appaltanti e degli operatori economici. Al comma 130 dell’articolo unico, si è prevista l’elevazione, da 1.000,00 a 5.000,00 euro, della soglia oltre la quale vige l’obbligo per le amministrazioni pubbliche indicate al comma 450 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 del preventivo ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione, ovvero ad altri mercati elettronici, per l’acquisto di beni e servizi. Il Comunicato del Presidente dell’A.N.A.C. in data 30 ottobre 2018 prevedeva invece per le stazioni appaltanti la possibilità di procedere senza l’acquisizione di comunicazioni telematiche solo per gli acquisti di importo inferiore ai mille euro. Particolare attenzione, invece, dovrà essere prestata al principio del divieto di artificioso frazionamento, anche in ragione delle conseguenze connesse all’elusione dell’obbligo di ricorso agli strumenti elettronici (art. 1, comma 1, l. 135/2012: nullità del contratto, illecito disciplinare, responsabilità amministrativa). Ulteriore misura di semplificazione introdotta dalla l. n. 145 del 2018 è quella rivolta alle procedure negoziate per l’affidamento di lavori pubblici. Il comma 912 stabilisce che, nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2019 le stazioni appaltanti, in deroga all’articolo 36, comma 2, del medesimo codice, possono procedere all’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 40.000,00 euro e inferiore a 150.000,00 euro mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici e, per i lavori di importo pari o superiore a 150.000,00 euro e inferiore a 350.000,00 euro, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori 6
economici, nel rispetto del generale principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti. Inoltre, per i lavori di importo pari o superiore a 350.000,00 euro e fino ad un milione di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici, ove esistenti. È inoltre dubbio se la consultazione debba avvenire secondo la procedura negoziata che preveda l’adozione di uno schema di gara “informale”, ovvero la medesima consultazione possa declinarsi con uno schema di mera indagine di mercato, e dunque con maggiore semplificazione, mediante acquisizione di tre “preventivi”. In ogni caso, l’effetto della norma è quello di un ampliamento del ricorso all’affidamento diretto e ciò rileva anche in relazione alla valutazione della illiceità delle condotte in eventuali giudizi di responsabilità per affidamenti senza gara. 1.4 Le misure volte al contrasto del fenomeno delle “delocalizzazioni” Gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 87 del 2018, convertito in legge n. 96 del 9 agosto 2018 (c.d. “decreto dignità”), hanno rafforzato le misure per il contrasto alle delocalizzazioni e la salvaguardia dei livelli occupazionali facenti capo a programmi di investimento che abbiano beneficiato di aiuti di Stato, fattispecie che spesso costituisce oggetto di giudizi di responsabilità amministrativa. E’ previsto, in particolare, dall’articolo 5 che le imprese italiane ed estere che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi con specifica localizzazione, decadono dal beneficio medesimo qualora l’attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in favore di una unità produttiva situata al di fuori dell’ambito territoriale del sito incentivato entro cinque anni dalla data di ultimazione dell’investimento agevolato. Sono previste per le imprese decadute non soltanto la restituzione del finanziamento ricevuto, gravato di un interesse maggiorato fino a cinque punti percentuali, ma anche la sottoposizione a sanzioni di entità pari da due a quattro volte il beneficio ricevuto. L'articolo 6 stabilisce invece la decadenza da specifici benefici per le imprese - italiane ed estere, ma operanti nel territorio italiano - che, avendo beneficiato di aiuti di Stato che 7
prevedano una valutazione dell'impatto occupazionale, non abbiano garantito il mantenimento di determinati livelli occupazionali. Le enunciate misure di contrasto e di salvaguardia sono applicate ai benefici concessi o banditi successivamente al 14 luglio 2018, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 87 del 2018. 1.5 In tema di notificazione di atti giudiziari Con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge Bilancio 2019) sono state apportate alcune rilevanti modifiche alla legge n. 890 del 1982 sulle “notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”. È stata reintrodotta la comunicazione di avvenuta notifica (c.d. C.A.N.) e cioè l’obbligo di invio, a cura dell’agente postale, della seconda raccomandata, qualora egli consegni un piego contenente un atto giudiziario, notificato a mezzo del servizio postale, a una persona diversa dal destinatario dell'atto, purché con esso convivente o addetta alla casa o all'ufficio. La comunicazione di avvenuta notifica, già prevista dalla disciplina sulle notificazioni a mezzo posta fino al 2017, era stata eliminata dalla Legge di Bilancio 2018, con rilevanti ripercussioni in termini di certezza della conoscenza degli atti giudiziari per i soggetti interessati, ai quali la prima raccomandata, contenente l’atto da notificare, non era stata loro consegnata personalmente bensì a persona abilitata a riceverla per suo conto. 1.6 Novità normative in ambito pensionistico In materia pensionistica, il comma 260 dell’art. 1 della legge di bilancio ha introdotto la nuova disciplina in materia di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici e di contributo di solidarietà. In particolare, durerà per il triennio 2019 – 2021 il nuovo schema di rivalutazioni delle pensioni, con la previsione di sette scaglioni stabiliti per rimodulare la rivalutazione a seconda dell’importo della pensione, rispetto ai precedenti cinque, con aliquote decrescenti relative ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a nove volte il trattamento minimo. 8
1.7 Correttivi al codice di giustizia contabile La legge 9 novembre 2018, n. 128 ha prorogato di un anno il termine già previsto dall’art. 20, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124, per l’adozione di disposizioni integrative e correttive concernenti la disciplina processuale dei giudizi innanzi la Corte dei conti. Una apposita Commissione è stata istituita presso il Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la stesura dei decreti legislativi recanti i correttivi e le integrazioni al codice di giustizia contabile che traggono origine dall’esigenza di ovviare a difficoltà incontrate nell’applicazione pratica degli istituti e non superabili in via ermeneutica. °°°° 9
2 GLI INDIRIZZI GIURISPRUDENZIALI DI PARTICOLARE RILIEVO 2.1 Le sentenze della Corte costituzionale che hanno riguardato le materie di competenza del giudice contabile 2.1.1 Degna di rilievo è la sentenza n. 6 del 2018, con cui la Corte costituzionale, chiamata da tre diversi rimettenti a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di una norma interna sulla decadenza dall’azione (art. 69, c. 7, del d.lgs. n. 165 del 2001) in asserito contrasto con norme convenzionali, per come chiarito da una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte E.D.U.), ha dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimità costituzionale proposta dalla Corte di cassazione a Sezioni unite, adita con ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione avverso una sentenza del Consiglio di Stato. La Consulta ha posto degli importanti paletti al concetto di giurisdizione dinamica, adottato in alcuni arresti degli ultimi anni dalla Corte di cassazione, ribadendo che il sindacato esercitato sulle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è consentito solo ove si richieda l’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della giurisdizione, per il riscontro di vizi che riguardano l’essenza della funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso il sindacato sui limiti interni, cui attengono gli errores in iudicando o in procedendo. Per tali ragioni la Corte costituzionale ha affermando che il concetto di giurisdizione dinamica è contrario alla nozione di giurisdizione presupposta dalla Costituzione all’ottavo comma dell’art. 111 e mette in crisi l’assetto pluralistico delle giurisdizioni voluto dai Costituenti, e pertanto il rifiuto di giurisdizione sindacabile è solo quello “in astratto” e giammai “in concreto”, pena l’invasione nella nomofilachia del giudice di vertice della giurisdizione speciale, cui solo è rimessa la cognizione degli errores in iudicando o in procedendo. 2.1.2 Con la decisione n. 169 la Consulta ha affermato la sussistenza del conflitto di attribuzioni tra la Presidenza della Repubblica e la Corte dei conti e per l’effetto ha escluso la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti dei dipendenti della Presidenza della Repubblica, la quale può comunque ottenere il totale risarcimento del danno subito in altra sede (G.O.) sia caso per caso, sia in via generale attraverso una apposita previsione del regolamento di amministrazione e contabilità. 10
2.1.3 Si segnala poi la sentenza n. 77 con cui la Corte costituzionale ha ampliato il perimetro della compensazione delle spese rispetto alla riduzione effettuata dal legislatore nel 2014 allo scopo di contenere il contenzioso civile. Il d.l. n. 132/2014, convertito nella legge n. 162/2014, aveva infatti sostituito la clausola generale delle “gravi ed eccezionali ragioni” – con cui il giudice poteva derogare alla regola delle spese di lite a carico della parte totalmente soccombente – con due ipotesi tassative (oltre, naturalmente, quella della soccombenza reciproca): “l’assoluta novità della questione trattata” e il “mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti”. Una tassatività che la Corte costituzionale ha ritenuto lesiva del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto lascia fuori altre analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa ed ha quindi esteso la possibilità di compensare le spese, in caso di soccombenza totale di una parte, anche quando sussistono “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”. 2.1.4 Va anche richiamata la pronuncia n. 88 con cui il Giudice delle leggi ha dichiarato l’incostituzionalità della c.d. “legge Pinto” - nata per prevenire e indennizzare i ritardi causati dalla lentezza della giustizia - là dove non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento in cui è maturato l’irragionevole ritardo. La Corte costituzionale ha censurato l’articolo 4 della legge n. 89 del 2011 con riferimento ai principi di ragionevolezza e di ragionevole durata del processo (articoli 3 e 111 della Costituzione) nonché ai principi sanciti negli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. La disposizione censurata non offriva infatti alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare. 2.1.5 In ambito pensionistico merita menzione l’ordinanza n. 96 con cui la Corte costituzionale, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 24, commi 25 e 25 bis del d.l. n. 201 del 2011 (convertito nella n. n. 241 del 2011), come inserito (il comma 25) e sostituito (il comma 25 bis) rispettivamente, dal d.l. n. 65 del 2015 e dalla l. n. 147 del 2013, ha confermato appieno la sentenza n. 250 del 2017 sulla nota questione della perequazione dei trattamenti pensionistici, dichiarando manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale di analogo contenuto sollevate questa volta dalla Sezione Lombardia della Corte dei conti. 11
Va in proposito ricordato che con la sentenza n. 250 del 2017, con cui sono state rigettate le questioni di legittimità sollevate sulle medesime norme, la Consulta ha ritenuto non irragionevole la scelta del legislatore di riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, fino ad escluderla per i trattamenti superiori a sei volte il minimo INPS, e ciò in quanto il bilanciamento, operato dal legislatore, tra l’interesse dei pensionati a preservare il potere di acquisto della pensione e le esigenze di risparmio di spesa e di equilibrio di bilancio dello Stato, era stato adottato nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, anche in funzione della salvaguardia della «solidarietà intergenerazionale» e dunque non era da ritenersi viziato da irragionevolezza. 2.1.6 La sentenza n. 200 ha risolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Sezione Liguria della Corte dei conti con riferimento all’art. 9, co. 21, terzo periodo, del d.l. n. 78/2010, circa gli effetti delle norme che hanno imposto il blocco delle progressioni di carriera sui trattamenti pensionistici dei soggetti che sono cessati dal servizio nel periodo del blocco, posto che la misura transitoria “si cristallizza” e diventa definitiva per il soggetto che accede alla pensione durante tale periodo e che in tale periodo avrebbe potuto maturare una promozione. La Consulta ha richiamato i propri precedenti (sent. n. 96 del 2016) con i quali, nel pronunciarsi sulla conformità a Costituzione delle disposizioni sul “blocco” delle progressioni di carriera, tra cui quella oggetto della remissione da parte della Sezione Liguria, le ha ritenute legittime in quanto eccezionali e transeunti. Con la sentenza n. 200 la Corte, esclusa la natura tributaria della misura, ha ritenuto infondata la questione, sia per la mancanza di una espressa disposizione derogatoria nel testo della norma impugnata, sia precipuamente in quanto la circostanza che, superato il quadriennio, al dipendente “promosso” sia attribuita una retribuzione superiore, rilevante anche sul piano contributivo e previdenziale e, dunque, del trattamento pensionistico, si giustifica – senza che perciò sia leso il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. – per l’incidenza del “fluire del tempo” che costituisce sufficiente elemento idoneo a differenziare situazioni non comparabili e a rendere applicabile alle stesse una disciplina diversa. La decisione, tuttavia, ha invocato nella chiosa finale l’intervento del legislatore, unico in grado di prevedere la riliquidazione dei trattamenti pensionistici dei pubblici dipendenti, collocati in quiescenza nel quadriennio del blocco degli incrementi stipendiali e che nello stesso 12
periodo abbiano conseguito una progressione di carriera o un passaggio a un’area superiore. 2.1.7 Deve essere infine ricordata, per l’importanza delle sue statuizioni sul versante del controllo di costituzionalità in delicati settori della spesa pubblica, la sentenza n. 196, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme della Regione Liguria istitutive del ruolo dei vice dirigenti regionali (articolo 10 della legge regionale n. 10/2008) con un conseguente incremento del Fondo per il trattamento accessorio del personale regionale per finanziarne le relative indennità (articolo 2 legge regionale n. 42/20108), disposto dalla regione al di fuori della contrattazione nazionale di comparto e in violazione della competenza statale nella materia. In tale occasione la Consulta ha riconosciuto la legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale anche quando vengono in rilievo, in sede di giudizio di parificazione, violazioni del parametro del riparto delle competenze tra Stato e Regioni. °°°° 2.2 Le pronunce della Corte di cassazione su questioni di giurisdizione 2.2.1 Degna di rilievo è la sentenza n. 8770: si tratta della prima pronuncia delle Sezioni unite penali in tema di responsabilità colposa degli esercenti la professione sanitaria, intervenuta dopo la legge “Gelli-Bianco”, n. 24 del 2017. Ha chiarito la Cassazione che il legislatore del 2017, nell’ottica di porre un freno alla medicina difensiva e quindi di meglio tutelare il valore costituzionale del diritto del cittadino alla salute, ha individuato comportamenti tipici che, pur integrando gli estremi del reato, non richiedono, nel bilanciamento degli interessi in gioco, la sanzione penale. A tal fine è stato precisato che non è punibile, ai sensi dell’art. 590 sexies c.p., il sanitario che abbia cagionato la morte e le lesioni personali del paziente per comportamenti connotati da colpa lieve da imperizia, e non anche per colpa da negligenza o imprudenza, purché il sanitario abbia dimostrato di correttamente orientarsi nella scelta delle pertinenti linee guida da adottare nel caso concreto, sebbene sia incorso in errore lieve da imperizia nella 13
fase attuativa delle stesse. Quanto agli effetti civili, si è ribadito che la responsabilità civile anche per colpa lieve resta ferma a prescindere dallo strumento tecnico con il quale il legislatore regoli la sottrazione del comportamento colpevole da imperizia lieve all’intervento del giudice penale. 2.2.2 Va poi puntualizzato che con quattro sentenze (nn. 12564, 12565, 12566, 12567) è stato finalmente composto un contrasto giurisprudenziale in ordine all’istituto della compensatio lucri cum damno, ed in particolare al quesito della detraibilità o meno, ai fini della quantificazione del risarcimento, dell’ammontare delle somme di denaro erogate da un soggetto terzo per un titolo riconnesso alla realizzazione del fatto illecito causativo del danno. A tal fine le Sezioni unite hanno precisato che le prestazioni del terzo incidono ai fini della quantificazione del danno solo in quanto siano erogate in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dal danneggiato e che solo nel caso in cui sia previsto un meccanismo di surroga o di rivalsa nei confronti del danneggiante da parte del terzo, da cui il danneggiato ha ricevuto il beneficio collaterale, potrà aversi detrazione di tale vantaggio dall’ammontare del risarcimento. In applicazione di tale principio è stato quindi stabilito che, in materia assicurativa, dall’ammontare del danno risarcibile conseguente al fatto illecito deve essere sottratto l’importo dell’indennità derivante dall’assicurazione contro i danni che il danneggiato abbia riscosso in virtù del medesimo fatto. 2.2.3 Sul versante delle società in house, con la sentenza n. 22406 le Sezioni unite si sono nuovamente pronunciate in merito ad una ipotesi di “giurisdizione concorrente” ( sent. n. 3196 del 2017), ritenendo possibile il concorso in tema di responsabilità fra la giurisdizione ordinaria e quella contabile, riconoscendo che, laddove sia prospettato anche un danno erariale, al di là di una semplice interferenza fra i due giudizi, deve ritenersi ammissibile la proposizione, per gli stessi fatti, di un giudizio civile (nella fattispecie su azione di responsabilità esercitata dalla curatela fallimentare ai sensi dell'art. 146, comma 2, legge fallimentare) e di un giudizio contabile risarcitorio, non sussistendo la violazione del principio del ne bis in idem, stante la tendenziale diversità di oggetto e di funzione fra i due giudizi. 2.2.4 La sentenza n. 19108 ha ribadito i connotati qualificanti la società in house: la natura esclusivamente pubblica dei soci, l'esercizio dell'attività in 14
prevalenza a favore dei soci stessi e la sottoposizione ad un controllo c.d. analogo, corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. Detti requisiti devon o sussistere contemporaneamente e trovare il loro fondamento nelle inderogabili disposizioni dello statuto sociale. 2.2.5 Argomentando, poi, in ordine alla previsione statutaria di una Fondazione, di non perseguire fini di lucro, la sentenza n. 2584 ha ritenuto superflua la necessità della previa verifica della compresenza dei tre presupposti od indici sintomatici dell’in house providing, come individuati dalla elaborazione giurisprudenziale (S.U. sent. n. 26643 del 2016) ed ha escluso la giurisdizione della Corte dei conti a favore del giudice ordinario. 2.2.6 Con tre sentenze (nn. 1408, 10774 e 33365) le Sezioni unite della Cassazione hanno confermato il consolidato orientamento in merito agli ambiti di sindacabilità del difetto di giurisdizione, sub specie del sindacato di merito delle scelte amministrative, ribadendo che la Corte dei conti nei giudizi di responsabilità amministrativa può valutare se gli strumenti scelti dagli amministratori pubblici siano adeguati oppure esorbitanti ed estranei rispetto al fine pubblico da perseguire, trattandosi di un controllo giurisdizionale fondato sui canoni di razionalità, efficienza ed efficacia che costituiscono il diretto corollario del principio di rango costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall’art. 97 Cost., il quale assume rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa. 2.2.7 In tema di translatio iudicii va ricordato che con ordinanza n. 20687 la Suprema Corte ha affermato che, a seguito della declinatoria di giurisdizione da parte del giudice ordinario a favore della giurisdizione della Corte dei conti., la proposizione di un’azione contabile oltre i tre mesi dopo il passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria esclude comunque che il giudizio possa qualificarsi tempestivamente riproposto – secondo la disciplina propria della “translatio iudicii” - ed è escluso, pertanto, il potere, per il giudice contabile, adito per secondo, di sollevare il regolamento di giurisdizione di ufficio di cui all’art. 17, commi 2 e 3, del codice della giustizia contabile e, in generale, dall’art. 59 della legge n. 69 del 2009. 2.2.8 E’ stato poi confermato, con sentenza n. 32179, l’orientamento (Cass. n. 4879/2017) secondo il quale, in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze della Corte dei conti 15
pronunciate su impugnazione per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, restando esclusa la possibilità di mettere in discussione detto potere sulla precedente decisione di merito mediante prospettazioni su valutazioni giuridiche o violazioni di legge asseritamente compiute dal giudice della revocazione. 2.2.9 In tema di rimborso di spese legali relative alle azioni di responsabilità innanzi alla Corte dei conti previste dal d.l. n. 543 del 1996, convertito in legge n. 639 del 1996, la sentenza n. 27674 (Sez. Lavoro) ha poi precisato che lo stesso non ha luogo nel caso in cui, sebbene non sussista il grado di gravità richiesto per l’accertamento della responsabilità contabile, la pronuncia di proscioglimento non abbia escluso la completa insussistenza della colpa in capo al dipendente. 2.2.10 Particolare menzione merita poi la sentenza n. 24198 con cui la Cassazione (Sez. III civile) ha ribadito che l'esecuzione d'una sentenza o di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, di qualunque giurisdizione, deve essere considerata come facente parte integrante del "processo" ai sensi dell'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU); pertanto la pubblica amministrazione ha l’obbligo ineludibile di darvi esecuzione nel rispetto dei principi di legalità e buona amministrazione; né è consentito sindacarne l’opportunità o ravvisare alcuna discrezionalità amministrativa al riguardo, a maggior ragione quando il provvedimento dell’autorità giudiziaria abbia ad oggetto la tutela di un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione o dalla Corte E.D.U. 2.2.11 La sentenza n. 30422 ha invece confermato la provvista di giurisdizione del giudice ordinario in materia di attuazione delle norme concernenti tagli ai vitalizi dei consiglieri regionali non solo rispetto alla Corte dei conti, come già affermato in precedenza (S.U. n. 14920/2016) ma anche rispetto al giudice amministrativo. 2.2.12 Infine, in materia di giudizi di conto, con la sentenza n. 33362 la Suprema Corte ha declinato la giurisdizione a favore della Corte dei conti in ordine ad una controversia avente ad oggetto le rimostranze mosse dall’ente locale al tesoriere comunale riguardo la regolarità dei pagamenti eseguiti, trattandosi di controversia strettamente attinente alla materia contabile in quanto, sul presupposto dell’obbligo specifico del tesoriere di custodire le 16
somme riscosse e di riversare, poi, al Comune il saldo attivo, si fa chiaramente valere l’inosservanza di una obbligazione inerente al rapporto di tesoreria, il cui adempimento è volto a realizzare la fase esecutiva e terminale del rapporto stesso. °°°° 2.3 Le sentenze delle Sezioni riunite della Corte dei conti 2.3.1 Con numerose ordinanze intervenute nel corso del 2018 le Sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti hanno affrontato la tematica della sospensione del processo contabile in ragione della pendenza di altro giudizio, penale, civile o amministrativo, costantemente affermando che non sono ammissibili ipotesi di sospensione del processo disciplinate dall’art. 295 c.p.c. ed ora autonomamente riprodotte all’art. 106 del codice di giustizia contabile, dettate da ragioni di mera opportunità, dovendosi invece riscontrare, al di fuori dei casi di sospensione previsti dalla legge, in modo concreto e stringente condizioni di dipendenza tra i giudizi da definire, da individuare in termini di evidente correlazione logico-giuridica, nel senso che la decisione della causa pregiudicata possa dirsi dipendente dall’altra; in tal modo salvaguardando sia il principio fondamentale dell’indipendenza dei giudizi contabili rispetto a quelli delle altre magistrature, con particolare riguardo ai giudizi penali, sia il principio della ragionevole durata del processo, i cui tempi vengono dilatati in modo abnorme in conseguenza della sospensione. Diversamente opinando, infatti, in mancanza di tali presupposti si determinerebbe la spoliazione della potestà del giudice contabile di definire la controversia, con la conseguenza di concretare una sorta di eterodeterminazione dei fatti di causa, trasferendo impropriamente all’altro giudice, di solito il giudice penale, la funzione valutativa degli stessi (cfr. ordinanza n. 3). 2.3.2 Merita di essere menzionata anche l’ordinanza n. 11, con la quale le Sezioni riunite hanno accolto il ricorso per regolamento di competenza avverso una ordinanza di sospensione del processo che aveva ritenuto pregiudiziale l’accertamento in sede civile del diritto alla ripetizione delle somme indebitamente erogate. L’organo di nomofilachia ha, nella specie, escluso che il giudizio civile per la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. potesse costituire l’antecedente logico del giudizio di responsabilità, trattandosi di un 17
procedimento imperniato su un’azione a carattere personale, esperita con finalità esclusivamente restitutorie e prescindente dalla condotta dell’accipiens e dalla sua connotazione soggettiva, a differenza di quanto, invece, avviene per il giudizio di responsabilità amministrativa. 2.3.3 Con la sentenza n. 31 le Sezioni riunite, risolvendo una questione di massima, hanno statuito che, in caso di ricorso per revocazione proposto dopo la data di entrata in vigore del codice di giustizia contabile (7 ottobre 2016) avverso una sentenza non notificata e pubblicata prima della data medesima, il nuovo termine di un anno, introdotto dall’art. 1 di cui all’allegato 3 del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174 (codice di giustizia contabile) per promuovere l’impugnazione, trova applicazione solo riguardo ai giudizi “nuovi”, cioè a quelli instaurati in data successiva alla entrata in vigore del codice di giustizia contabile, dovendo invece applicarsi, per i giudizi originariamente instaurati in data antecedente, il più lungo termine triennale previsto per i giudizi “in corso”, in virtù della ultrattività della previgente normativa (art. 68 del R.D. n. 1214 del 1934). 2.3.4 In ambito pensionistico va menzionata la sentenza n. 2, con cui le Sezioni riunite, chiamate a decidere in ordine alla questione di massima circa la computabilità, nel trattamento pensionistico di alcuni dipendenti del Ministero della Difesa appartenenti agli Organismi di Informazione e Sicurezza, della indennità di funzione od operativa percepita in costanza del servizio prestato nella speciale consistenza organica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno affermato la non intervenuta abrogazione, ad opera dell’art. 2, nono comma, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 18 del D.P.C.M. n. 8 del 1980 nella parte in cui prevede la non pensionabilità dell’indennità di funzione. 2.3.5. Rilevante è stato, infine, l’apporto delle Sezioni riunite in speciale composizione nell’affrontare e risolvere complesse problematiche riguardanti le impugnative, da parte di enti locali e di regioni, delle delibere delle Sezioni regionali di controllo. °°°° 18
3 L’ATTIVITA’ DELLA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CALABRIA NELL’ANNO 2018 – LE PRINCIPALI QUESTIONI AFFRONTATE Come si evince dalle allegate tabelle dei dati riassuntivi dell’attività svolta, la complessiva produttività della Sezione giurisdizionale per la regione Calabria, in materia di giudizi di responsabilità, pensionistici e di conto, ha superato i risultati raggiunti nello scorso anno, con n. 451 sentenze pubblicate (n. 372 nel 2017). Con riferimento al contenzioso amministrativo – contabile la Sezione ha emesso condanne per complessivi euro 24.064.343,42, di cui l’86% in accoglimento, totale o parziale, della domanda attrice. Notevole è stata, poi, l’attività istruttoria svolta in ordine ai conti giudiziali, che ha portato alla definizione, nell’anno, di n. 2.326 conti giudiziali a fronte dei 1.900 definiti nel 2017. Ciò ha permesso di abbattere ulteriormente la rimanenza dei conti giudiziali in giacenza, che è passata da n. 7.760 conti nel 2017 a n. 6.517 al 31.12.2018. Principali questioni affrontate nel corso del 2018 3.1 Giudizi di responsabilità amministrativa: 3.1.1 Indebite erogazioni di contributi pubblici Nel 2018 le condotte illecite riferite a indebite percezioni di contributi e finanziamenti, statali, regionali e/o comunitari hanno portato alla apertura di 31 giudizi, di cui n. 27definiti con sentenze di condanna, n. 2 di assoluzione e n. 2 con pronunce in rito. Nell’ambito di tali tipologie di giudizi la più frequente è quella avente ad oggetto condotte di distrazione di contributi comunitari e/o regionali a fronte di assunzione di lavoratori c.d. “svantaggiati”, con l’impegno, da parte del beneficiario del contributo, di mantenerne costante il numero per almeno un triennio e di provvedere alla loro formazione una volta assunti. Al riguardo la Sezione, in continuità con l’indirizzo già manifestato lo scorso anno e seguendo la giurisprudenza delle Sezioni di appello di questa Corte (Sez. I app. n. 207/2017; 19
n. 243/2017), ha sostenuto che l’obbligo di incremento occupazionale assunto dai beneficiari dei contributi deve ritenersi frazionabile, considerata la natura della prestazione da rendere (inserimento o reinserimento nel mondo lavorativo di un numero predeterminato di soggetti svantaggiati) e, che, in ragione di ciò, l’interesse pubblico possa ritenersi soddisfatto anche solo in parte, nel caso in cui i beneficiari abbiano rispettato l’impegno di mantenimento occupazionale solo per una quota del triennio previsto. L’affermazione della frazionabilità dell’interesse pubblico – coerente, peraltro, con la portata degli obblighi assunti dai beneficiari nelle convenzioni sottoscritte con la Regione Calabria – ha indotto la Sezione a considerare danno risarcibile non l’intero contributo erogato, bensì la sola quota dell’aiuto corrispondente alla frazione del triennio in cui si era verificato il mancato utilizzo dei lavoratori (sentt. nn. 84/2018; 85/2018; 105/2018; 106/2018; 129/2018; 132/2018; 195/2018; 387/2018; 425/2018; 449/2018). 3.1.2 Truffe all’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (A.G.E.A) Pure frequenti sono stati i giudizi aventi ad oggetto truffe all’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (A.G.E.A.), realizzate nella maggior parte dei casi attraverso la presentazione di domande di contributo non veritiere, nelle quali gli agricoltori beneficiari hanno dichiarato come appartenenti alla propria azienda terreni sui quali, in realtà, non avevano alcun titolo reale di disponibilità o godimento, facendo ricorso alla stipulazione di contratti di affitto dei fondi simulati o fittizi. In altri casi, invece, l’erogazione indebita è avvenuta a seguito di richiesta di contributi da parte di soggetti non aventi diritto in quanto sottoposti a misure di prevenzione speciale definitive. Tali tipologie di giudizi hanno dato luogo a n. 9 sentenze di condanna (sentt. nn. 67/2018; 92/2018; 93/2018; 154/2018; 117/2018; 118/2018; 381/2018; 384/2018; 433/2018). 3.1.3. Indebito impiego di finanziamenti per investimenti produttivi L’indebito impiego di finanziamenti pubblici ha inoltre riguardato le ipotesi in cui il finanziamento era stato erogato per investimenti produttivi non realizzati in tutto o in parte. In tali casi la Sezione ha valutato prioritariamente se si fosse in presenza di illegittimo utilizzo di somme percepite ma non destinate alla finalità pubblica per la quale erano state 20
erogate, o per effetto della totale inesistenza dell’opera finanziata o attraverso la esibizione di documentazione probatoria in fase di rendicontazione di importo superiore alle spese effettivamente sostenute o, ancora, mediante la cessazione anticipata dell’attività finanziata, addivenendo a sentenza di condanna nei casi di effettivo sviamento dall’interesse pubblico perseguito con il finanziamento e non in presenza di mere violazioni formali (sentt. nn. 64/2018; 71/2018; 87/2018; 119/2018; 130/2018; 173/2018; 377/2018; 448/2018; n. 103/2018). A tal riguardo va ricordata la sentenza n. 103 del 23 maggio 2018, con cui la Sezione, in parziale accoglimento della richiesta della procura regionale, ha condannato il rappresentante legale e l’impresa convenuta, beneficiaria di finanziamenti pubblici per la realizzazione di uno stabilimento industriale mai andato in funzione, al pagamento della somma di euro 8.000.000,00, riducendo la richiesta di condanna del cinquanta per cento in considerazione dell’apporto causale derivante dal comportamento negligente degli organi di controllo (non citati) preposti alla vigilanza sull’attuazione del programma di investimenti. 3.1.4. Appalti di opere pubbliche: Si segnala la sentenza n. 447 del 27 dicembre 2018, con la quale la Sezione, in parziale accoglimento della domanda attrice, ha disposto la condanna del direttore dei lavori e del responsabile del procedimento dell’appalto per la realizzazione di un’opera pubblica che aveva interessato un’arteria stradale a scorrimento veloce, al pagamento di complessivi euro 4.874.614,90, variamente ripartiti, in favore di una Amministrazione provinciale calabrese. La Sezione ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dai convenuti in ordine alla prima posta di danno, dovuta alla mancata realizzazione dell’opera per carenze progettuali ed ha accolto invece la domanda attrice con riferimento alla seconda posta di danno, relativa all’importo dei maggiori lavori contabilizzati e pagati ma non realizzati. In margine, nella sentenza è stata anche affrontata la tematica dell’autonomia e separatezza del giudizio contabile rispetto al giudizio penale ed è stata pertanto respinta la relativa istanza di sospensione del giudizio contabile. Sempre in materia di danni connessi alla realizzazione di opere pubbliche, con sentenza n. 21
359 del 15 novembre 2018 la Sezione ha invece mandato assolto, fra gli altri, un dirigente del Servizio Patrimonio di un comune calabrese, ritenuto dalla procura responsabile di un danno erariale scaturito da errata stima di un complesso immobiliare, affermando il principio secondo cui l’attività di stima di un immobile, svolta da un dipendente pubblico, è censurabile dal giudice contabile solo ove manifesti un’evidente incoerenza, altrimenti rientrando nell’ambito della discrezionalità tecnica – che induce a valutare circostanze e fatti suscettibili di diverso apprezzamento a seconda della metodologia di stima adottata – e non nell’ambito dell’accertamento tecnico per il quale, invece, l’esattezza della scienza di riferimento non prevede il momento valutativo da parte del tecnico. La sentenza ha pure affrontato la diversa questione della efficacia stragiudiziale della sentenza penale assolutoria. 3.1.5 Società in house In materia di società in house particolare menzione merita la sentenza n. 428 del 19 dicembre 2018 con cui la Sezione ha disposto la condanna, in favore della Regione Calabria, del presidente pro tempore di una società per azioni, integralmente partecipata dalla regione, e dei componenti del consiglio di amministrazione, al risarcimento del danno pari ad euro 1.558.081,14, consistito nella perdita finanziaria arrecata all’ente quale conseguenza della utilizzazione di risorse di provenienza comunitaria, allocate in fondi a destinazione vincolata per il sostegno delle imprese, dai convenuti illecitamente distratte in operazioni di investimento in strumenti finanziari a medio e alto rischio. Il Collegio ha diffusamente argomentato in ordine alla sussistenza dei requisiti per poter qualificare la società in house, affermando la propria giurisdizione secondo gli indirizzi consolidati della Suprema Corte di cassazione e delle Sezioni di appello della Corte dei conti (sez. I app. n. 352/2017). L’eccezione di difetto di giurisdizione è stata rigettata anche sotto il diverso profilo secondo cui il danno cagionato sarebbe stato prodotto al patrimonio sociale e non a quello del socio pubblico. 3.1.6 In tema di rimborso spese sostenute da gruppi consiliari Con tre distinte sentenze (n. 199, n. 409 e n. 424 del 2018) la Sezione ha affrontato la 22
questione relativa alle spese rimborsate ai gruppi consiliari regionali, pronunciando condanna dei presidenti dei gruppi consiliari e dei consiglieri regionali per il danno collegato ai rimborsi di spese a valere sui fondi assegnati ai gruppi e non coerenti con le finalità istituzionali dei gruppi medesimi. Nelle sentenze, richiamando la pacifica giurisprudenza della Corte costituzionale (sentt. n. 332/2011; n. 39/2014; n. 235/2015), della Corte di cassazione (S.U. n. 8077/2015; n. 4283/2013) e delle Sezioni di appello della Corte dei conti (sez. I app. n. 148/2018) è stata affrontata e superata la questione del difetto di giurisdizione della Corte a motivo della immunità dei consiglieri regionali di cui all’art. 122 Cost., della mancanza per gli stessi della qualifica di agenti contabili e della insindacabilità delle scelte discrezionali. Nel merito è stato affermato che devono considerarsi foriere di danno erariale tutte le spese dei gruppi consiliari per le quali non sia stata fornita dalla parte convenuta, su cui grava l’onere della prova, giustificazione riscontrabile non del mero dato storico della spesa, bensì della veridicità e correttezza, e dunque dell’inerenza, della stessa, con indicazione della specifica finalità per cui la spesa è stata sostenuta. Con particolare riferimento alle spese di ristorazione, ne è stato consentito il rimborso solo in presenza dei presupposti per qualificarle come spese di rappresentanza, e dunque solo se destinate ad accrescere il prestigio istituzionale dell’organismo di riferimento, rispondenti sotto il profilo quantitativo a criteri di sobrietà e ragionevolezza, con la precisazione che va escluso il rimborso di spese sostenute nell’ambito di normali rapporti istituzionali e di servizio, ovvero nei confronti di soggetti esterni privi del requisito della rappresentatività degli enti ed organismi cui appartengono. 3.1.7. In tema di responsabilità medica Con sentenza n. 159 del 10 luglio 2018 la Sezione ha affrontato la questione della applicabilità della sopravvenuta disciplina in materia di responsabilità dei professionisti sanitari (legge 8 marzo 2017, n. 24). In sintonia con la giurisprudenza di altre Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti (Sezioni giurisdizionale regionale per la Lombardia, 5 dicembre 2017 n 196 e 26 febbraio 2018 n 35), la Sezione ha sostenuto che tale disciplina non è applicabile nelle ipotesi 23
di eventi dannosi intervenuti in data anteriore alla sua entrata in vigore, e ciò per la mancanza di una espressa previsione di retroattività. La sentenza n. 153 del 9 luglio 2018 ha invece disposto la condanna di un medico dipendente di una Azienda sanitaria calabrese per il danno corrispondente alle ore retribuite in assenza di una prestazione lavorativa a seguito di false attestazioni di presenza in servizio ottenute mediante non veritiere timbrature del cartellino marcatempo. La Sezione ha invece respinto la richiesta di condanna per danno all’immagine, escludendo che l’art. 51 del codice di giustizia contabile, il quale prevede l’esercizio della relativa azione per “i delitti commessi a danno delle pubbliche amministrazioni”, possa trovare applicazione per fatti commessi antecedentemente alla sua entrata in vigore, dovendo invece applicarsi la normativa vigente al momento della commissione del fatto, e cioè l’art. 17, comma 30 ter, del d.l. n. 78 del 2009, che prevedeva la perseguibilità del danno all’immagine solo in ipotesi di commissione di reati contro la pubblica amministrazione c.d. tipizzati. Con le sentenze n. 194 del 26 luglio 2018 e n. 379 del 22 novembre 2018 la Sezione ha inoltre disposto la condanna, rispettivamente, ad euro 292.986,53 e ad euro 150.055,10 di due dirigenti medici di strutture ospedaliere per lo svolgimento di attività libero-professionale senza autorizzazione ed in violazione del regime di esclusività. Questioni di diritto processuale e problematiche interpretative 3.1.8 Riassunzione del giudizio nei confronti di eredi di convenuto deceduto prima della notifica dell’atto di citazione Con sentenza n. 72 del 10 maggio 2018 è stata dichiarata l’improcedibilità del giudizio in cui erano stati citati in riassunzione gli eredi di un convenuto nei confronti del quale l’atto di citazione, benché depositato in segreteria, non era stato notificato per il decesso intervenuto medio tempore. Al riguardo è stata richiamata la giurisprudenza della Corte di cassazione (S.U. n. 14178/2004) secondo cui, per effetto dell’art. 1 della legge n. 20 del 1994, a carico degli eredi viene posta l’obbligazione risarcitoria sorta in capo al dante causa e l’imputazione del debito 24
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