A3 INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2019 RELAZIONE

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A3 INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2019 RELAZIONE
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA

A3                                                                                           INAUGURAZIONE
                                                                                       DELL’ANNO GIUDIZIARIO
                                                                                                      2019

                                                                                                   RELAZIONE
                                                                                             Presidente Rita Loreto

                                                                                           CATANZARO, 22 FEBBRAIO 2019
     CORTE DEI CONTI - CENTRO UNICO PER LA FOTORIPRODUZIONE E LA STAMPA - ROMA
A3 INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2019 RELAZIONE
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA

            INAUGURAZIONE
      DELL’ANNO GIUDIZIARIO
                     2019

                  RELAZIONE
            Presidente Rita Loreto

          CATANZARO, 22 FEBBRAIO 2019
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INTRODUZIONE

In apertura di questa cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario desidero salutare le
Autorità civili, militari e religiose presenti, i Magistrati degli altri Ordini giudiziari, i
rappresentanti delle Istituzioni e del mondo accademico, gli Avvocati del libero Foro,
dell’Avvocatura dello Stato e degli Enti pubblici e tutti gli intervenuti, i colleghi della
Sezione regionale di controllo e della Procura regionale. Rivolgo un saluto di benvenuto ai
magistrati che hanno appena preso servizio in questa sede mentre un vivo ringraziamento
va al collega Mimmo Guzzi, che dopo oltre dieci anni ha lasciato la Sezione giurisdizionale
per assumere il prestigioso incarico di componente di una Sezione centrale di appello e ai
colleghi Marcella Papa e Davide Vitale che lasceranno a breve la Procura calabrese in quanto
trasferiti ad altri Uffici.

Un particolare saluto rivolgo al rappresentante del Consiglio di Presidenza della Corte dei
conti, nostro organo di autogoverno, e al rappresentante dell’Associazione Magistrati della
Corte dei conti.

Al fine di dare continuità all’iniziativa congiunta, promossa dal Presidente della Corte dei
conti con il M.I.U.R., volta a diffondere anche presso gli Istituti scolastici la conoscenza delle
attività e funzioni che questa Magistratura esercita a tutela del pubblico erario e della
corretta gestione della finanza pubblica, sono oggi presenti in aula, unitamente ai rispettivi
Dirigenti scolastici, gli studenti del Liceo Ginnasio “Pasquale Galuppi” di Catanzaro, che
saluto, e dell’Istituto Alberghiero di Soverato, ai quali va anche un sincero ringraziamento
per la fattiva collaborazione prestata nelle attività inerenti il cerimoniale di questa giornata.

Un caloroso saluto al Corpo della Guardia di Finanza, all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia
di Stato, ai quali va la mia gratitudine per la proficua collaborazione prestata alle attività
istituzionali.

Un saluto ai rappresentanti degli Organi di informazione per l’attenzione dimostrata
all’attività della Corte dei conti calabrese.

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Com’è doveroso, estendo il saluto alla dirigente del S.A.U.R., al Funzionario preposto e a
tutto il personale amministrativo, che ringrazio per l’impegno profuso e per la preziosa
collaborazione fornita nell’assicurare l’esatto svolgimento delle funzioni giurisdizionali.

Infine, desidero rivolgere un affettuoso saluto ai Presidenti Domenico Oriani e Mario
Condemi, miei illustri predecessori nell’attività di direzione della Sezione giurisdizionale,
che hanno lasciato in tutti un vivo ricordo per le doti umane e professionali che li hanno
contraddistinti e che costituiscono per me valido modello da imitare.

Secondo il protocollo di recente impartito dal Consiglio di Presidenza, dopo l’indirizzo di
saluto del rappresentante del Consiglio di Presidenza, la relazione del Presidente illustrerà
l’attività della Sezione nel decorso anno, con l’indicazione dei principali interventi
normativi che hanno interessato la Corte dei conti e degli indirizzi giurisprudenziali di
rilievo. Ad essa faranno seguito le relazioni del Procuratore regionale Rossella Scerbo e del
Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati Giuseppe Iannello. Seguiranno poi
l’intervento del Presidente della Sezione regionale di controllo Vincenzo Lo Presti ed un
saluto del rappresentante dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti.

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1   INTERVENTI NORMATIVI DI INTERESSE PER LA CORTE DEI CONTI

1.1 Le novità introdotte dalla legge anticorruzione, approvata in via definitiva il 18
dicembre 2018, in Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 2019 (Legge 9 gennaio 2019, n. 3)

Il rafforzamento del contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione si è articolato,
nel provvedimento normativo approvato sul finire del 2018 e solo di recente pubblicato in
Gazzetta Ufficiale, in una serie di misure volte a inasprire le pene principali e accessorie per
i reati di corruzione, a rendere più efficaci le indagini preliminari e a limitare l'accesso dei
condannati ai benefici carcerari.
Con molteplici interventi di modifica al vigente codice penale, sono state anzitutto
aumentate le pene accessorie in caso di condanna per reati contro la pubblica
amministrazione. In particolare, merita di essere menzionata l'incapacità di contrattare con
la pubblica amministrazione e l'interdizione dai pubblici uffici, che divengono perpetue in
caso di condanna superiore a 2 anni di reclusione (c.d."Daspo per i corrotti"). La stessa
riabilitazione del condannato non produce effetti sulle pene accessorie perpetue: decorsi
almeno sette anni dalla riabilitazione, è prevista l'estinzione della pena accessoria perpetua
quando il condannato abbia dato “prove effettive e costanti di buona condotta”. Peraltro
l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione è introdotta anche come misura
interdittiva, che si applica all'imputato prima della condanna. E’ stato inoltre previsto
l’aumento della durata delle sanzioni interdittive a carico di società ed enti responsabili in
base al d.lgs. n. 231 del 2001 per reati contro la pubblica amministrazione.
Con una modifica degli artt. 9 e 10 del codice penale, si è prevista la possibilità di perseguire
i cittadini italiani o stranieri che commettono alcuni reati contro la pubblica
amministrazione all'estero, senza necessità di richiesta del Ministro della Giustizia e in
assenza di denuncia di parte.
Sono state introdotte misure per potenziare il contrasto alla corruzione anche sul fronte delle
indagini penali, in particolare estendendo la disciplina delle operazioni di polizia sotto
copertura al contrasto di alcuni reati contro la pubblica amministrazione (c.d. agente sotto

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copertura) per i quali viene altresì consentito in ogni caso l'utilizzo delle intercettazioni,
anche mediante dispositivi elettronici portatili (cd. Trojan).
Ulteriori misure adottate dalla legge anticorruzione hanno riguardato l’innalzamento delle
pene per i pubblici ufficiali resisi colpevoli di reati di corruzione per l’esercizio della
funzione e l’introduzione di sconti di pena e di una speciale clausola di non punibilità per
chi denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e
individuare eventuali responsabili. La non punibilità del denunciante è subordinata tuttavia
alla messa a disposizione dell’utilità dallo stesso percepita o di una somma di denaro di
valore equivalente, ovvero all’indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il
beneficiario effettivo.
Viene inoltre eliminata la possibilità di restare anonimi per chi fa donazioni a partiti,
fondazioni o altri organismi politici: ogni donazione superiore ai 500,00 euro dovrà essere
trasparente, con pubblicazione del nome del donatore, dell’entità del contributo o del valore
della prestazione o della diversa forma di sostegno e della data dell'erogazione.
Facendo riferimento ai riflessi che tale normativa può avere sulle azioni risarcitorie intestate
alla Corte dei conti, si segnala l’art. 1, lett. q) della legge anticorruzione, che ha modificato
l’art. 322 quater del codice penale in materia di riparazione pecuniaria. Le novità introdotte,
ed in particolare la sostituzione del riferimento alla “amministrazione di appartenenza” del
pubblico ufficiale, presente nel vecchio testo, con il riferimento alla “amministrazione lesa”,
potrebbero lasciare aperto lo spazio a problemi interpretativi con riguardo alle ipotesi di
danno erariale connesse ad alcuni reati contro la p.a., in particolare il danno da tangente,
perseguibili dal pubblico ministero contabile; nonché con riferimento al rapporto tra la
confisca disciplinata all’art. 323 c.p. e la riparazione pecuniaria, atteso che la novella
introdotta non ne esplicita la natura sanzionatoria.

1.2 La legge a tutela del “whistleblowing”

L’anno 2018 ha costituito anche il banco di prova per la legge n. 179 del 30 novembre 2017
("Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano
venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato"), entrata in
vigore il 29 dicembre 2017, la quale si inserisce nel quadro della normativa in materia di
contrasto alla corruzione, disciplinandone un aspetto di fondamentale importanza: la tutela
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del soggetto che effettua la segnalazione di un illecito (definito, con terminologia
anglosassone ormai entrata nell'uso comune, "whistleblower"). Le statistiche giudiziarie in
merito a denunce, arresti e condanne che fanno specifico riferimento alle fattispecie dei reati
contro la pubblica amministrazione, si scontrano con il problema del convergente interesse
al silenzio del corruttore e del corrotto, della scarsa visibilità del reato, della limitata
propensione alle denunce e con alcune inefficienze del sistema giudiziario, fornendo una
misura della corruzione molto più ridotta di quella realmente praticata. Se da un lato la
figura del "whistleblower" si rivela fondamentale ai fini del più efficace contrasto ai fenomeni
corruttivi, in quanto, operando all'interno dell'organizzazione, questi ha maggiori
opportunità di venire a conoscenza di condotte illecite, dall'altro una sua insufficiente tutela
lo espone a ritorsioni da parte del datore di lavoro, con l'effetto generalizzato di scoraggiare
di fatto ogni stimolo alla segnalazione e dunque di mortificare la finalità della norma, che è
appunto quella di favorire l'emersione dei fenomeni di corruzione e di mala gestio.
La legge 179 del 2017 ha dunque esteso la tutela del denunciante rispetto alla normativa
precedente, non limitandola soltanto al rapporto di lavoro pubblico, ma estendendola anche
a quello privato, seppure in termini e con modalità differenti. Per quanto riguarda il
rapporto di lavoro pubblico, la legge n. 179 è intervenuta sull'art. 54bis del D. Lgs.
165/2001(Testo Unico sul Pubblico Impiego), già introdotto ex novo dalla legge n. 190 del
2012, sostituendolo integralmente. Il nuovo testo recepisce le indicazioni delle linee guida
dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) n. 6 del 2015 e viene così stabilito, a
tutela del dipendente pubblico segnalante, il divieto di divulgazione della sua identità e di
adozione di qualsiasi provvedimento dal quale possano derivare direttamente o
indirettamente effetti negativi sul rapporto e sulle condizioni di lavoro, comminandone la
nullità, nonché la reintegrazione del lavoratore eventualmente licenziato a motivo della
segnalazione.
La legge 179 del 2017 ha inoltre indicato i soggetti ai quali la segnalazione, con modalità
informatica, può essere effettuata, e cioè il Responsabile della prevenzione della corruzione,
l’A.N.A.C., l’Autorità Giudiziaria ordinaria e la Corte dei conti, demandandone il dettaglio
ad apposite istruzioni operative dell'Autorità Anticorruzione.
A tal riguardo si deve rammentare che, in data 8 febbraio 2018, l’A.N.A.C. ha reso
disponibile sul proprio sito l'applicazione informatica "Whistleblowing" prevista come unica
modalità di segnalazione di illeciti da parte dei dipendenti pubblici ed assimilati che
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vogliano rivolgersi direttamente all'Autorità Nazionale Anticorruzione, nell'ottica di
garantire la più elevata tutela di riservatezza ed una maggiore celerità di trattazione della
segnalazione. L'A.N.A.C. infatti, qualora la ritenga fondata, provvederà o a contattare il
Responsabile della prevenzione della corruzione dell'amministrazione oggetto della
segnalazione o a disporre l'invio della stessa alle istituzioni competenti, quali l’Autorità
giudiziaria, la Corte dei conti, la Guardia di Finanza e l’Ispettorato per la funzione pubblica.

1.3 Le novità introdotte negli appalti pubblici dalla legge di bilancio

La manovra finanziaria 2019 di cui alla legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto almeno
due disposizioni che agevolano l’attività delle stazioni appaltanti e degli operatori
economici. Al comma 130 dell’articolo unico, si è prevista l’elevazione, da 1.000,00 a 5.000,00
euro, della soglia oltre la quale vige l’obbligo per le amministrazioni pubbliche indicate al
comma 450 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 del preventivo ricorso al mercato elettronico
della pubblica amministrazione, ovvero ad altri mercati elettronici, per l’acquisto di beni e
servizi.
Il Comunicato del Presidente dell’A.N.A.C. in data 30 ottobre 2018 prevedeva invece per le
stazioni appaltanti la possibilità di procedere senza l’acquisizione di comunicazioni
telematiche solo per gli acquisti di importo inferiore ai mille euro.
Particolare attenzione, invece, dovrà essere prestata al principio del divieto di artificioso
frazionamento, anche in ragione delle conseguenze connesse all’elusione dell’obbligo di
ricorso agli strumenti elettronici (art. 1, comma 1, l. 135/2012: nullità del contratto, illecito
disciplinare, responsabilità amministrativa).
Ulteriore misura di semplificazione introdotta dalla l. n. 145 del 2018 è quella rivolta alle
procedure negoziate per l’affidamento di lavori pubblici. Il comma 912 stabilisce che, nelle
more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2019 le stazioni appaltanti, in deroga
all’articolo 36, comma 2, del medesimo codice, possono procedere all’affidamento di lavori
di importo pari o superiore a 40.000,00 euro e inferiore a 150.000,00 euro mediante
affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici e, per i
lavori di importo pari o superiore a 150.000,00 euro e inferiore a 350.000,00 euro, mediante
procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori
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economici, nel rispetto del generale principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti.
Inoltre, per i lavori di importo pari o superiore a 350.000,00 euro e fino ad un milione di
euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori
economici, ove esistenti.
È inoltre dubbio se la consultazione debba avvenire secondo la procedura negoziata che
preveda l’adozione di uno schema di gara “informale”, ovvero la medesima consultazione
possa declinarsi con uno schema di mera indagine di mercato, e dunque con maggiore
semplificazione, mediante acquisizione di tre “preventivi”.
In ogni caso, l’effetto della norma è quello di un ampliamento del ricorso all’affidamento
diretto e ciò rileva anche in relazione alla valutazione della illiceità delle condotte in
eventuali giudizi di responsabilità per affidamenti senza gara.

1.4 Le misure volte al contrasto del fenomeno delle “delocalizzazioni”

Gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 87 del 2018, convertito in legge n. 96 del 9 agosto 2018
(c.d. “decreto dignità”), hanno rafforzato le misure per il contrasto alle delocalizzazioni e la
salvaguardia dei livelli occupazionali facenti capo a programmi di investimento che abbiano
beneficiato di aiuti di Stato, fattispecie che spesso costituisce oggetto di giudizi di
responsabilità amministrativa.
E’ previsto, in particolare, dall’articolo 5 che le imprese italiane ed estere che abbiano
beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi con
specifica localizzazione, decadono dal beneficio medesimo qualora l’attività economica
interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in favore di una unità produttiva
situata al di fuori dell’ambito territoriale del sito incentivato entro cinque anni dalla data di
ultimazione dell’investimento agevolato. Sono previste per le imprese decadute non
soltanto la restituzione del finanziamento ricevuto, gravato di un interesse maggiorato fino
a cinque punti percentuali, ma anche la sottoposizione a sanzioni di entità pari da due a
quattro volte il beneficio ricevuto.
L'articolo 6 stabilisce invece la decadenza da specifici benefici per le imprese - italiane ed
estere, ma operanti nel territorio italiano - che, avendo beneficiato di aiuti di Stato che

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prevedano una valutazione dell'impatto occupazionale, non abbiano garantito il
mantenimento di determinati livelli occupazionali.
Le enunciate misure di contrasto e di salvaguardia sono applicate ai benefici concessi o
banditi successivamente al 14 luglio 2018, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 87
del 2018.

1.5 In tema di notificazione di atti giudiziari

Con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge Bilancio 2019) sono state apportate alcune
rilevanti modifiche alla legge n. 890 del 1982 sulle “notificazioni di atti a mezzo posta e di
comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”. È stata
reintrodotta la comunicazione di avvenuta notifica (c.d. C.A.N.) e cioè l’obbligo di invio, a
cura dell’agente postale, della seconda raccomandata, qualora egli consegni un piego
contenente un atto giudiziario, notificato a mezzo del servizio postale, a una persona diversa
dal destinatario dell'atto, purché con esso convivente o addetta alla casa o all'ufficio.
La comunicazione di avvenuta notifica, già prevista dalla disciplina sulle notificazioni a
mezzo posta fino al 2017, era stata eliminata dalla Legge di Bilancio 2018, con rilevanti
ripercussioni in termini di certezza della conoscenza degli atti giudiziari per i soggetti
interessati, ai quali la prima raccomandata, contenente l’atto da notificare, non era stata loro
consegnata personalmente bensì a persona abilitata a riceverla per suo conto.

1.6 Novità normative in ambito pensionistico

In materia pensionistica, il comma 260 dell’art. 1 della legge di bilancio ha introdotto la
nuova disciplina in materia di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici e di
contributo di solidarietà. In particolare, durerà per il triennio 2019 – 2021 il nuovo schema
di rivalutazioni delle pensioni, con la previsione di sette scaglioni stabiliti per rimodulare la
rivalutazione a seconda dell’importo della pensione, rispetto ai precedenti cinque, con
aliquote decrescenti relative ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a nove
volte il trattamento minimo.

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1.7 Correttivi al codice di giustizia contabile

La legge 9 novembre 2018, n. 128 ha prorogato di un anno il termine già previsto dall’art.
20, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124, per l’adozione di disposizioni integrative e
correttive concernenti la disciplina processuale dei giudizi innanzi la Corte dei conti. Una
apposita Commissione è stata istituita presso il Dipartimento degli Affari Giuridici e
Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la stesura dei decreti legislativi
recanti i correttivi e le integrazioni al codice di giustizia contabile che traggono origine
dall’esigenza di ovviare a difficoltà incontrate nell’applicazione pratica degli istituti e non
superabili in via ermeneutica.

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2    GLI INDIRIZZI GIURISPRUDENZIALI DI PARTICOLARE RILIEVO

2.1 Le sentenze della Corte costituzionale che hanno riguardato le materie di competenza
del giudice contabile

2.1.1 Degna di rilievo è la sentenza n. 6 del 2018, con cui la Corte costituzionale, chiamata
da tre diversi rimettenti a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di una norma interna
sulla decadenza dall’azione (art. 69, c. 7, del d.lgs. n. 165 del 2001) in asserito contrasto con
norme convenzionali, per come chiarito da una sentenza della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo (Corte E.D.U.), ha dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza la questione
di legittimità costituzionale proposta dalla Corte di cassazione a Sezioni unite, adita con
ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione avverso una sentenza del Consiglio di Stato.
La Consulta ha posto degli importanti paletti al concetto di giurisdizione dinamica, adottato
in alcuni arresti degli ultimi anni dalla Corte di cassazione, ribadendo che il sindacato
esercitato sulle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è consentito solo ove
si richieda l’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della
giurisdizione, per il riscontro di vizi che riguardano l’essenza della funzione giurisdizionale
e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso il sindacato sui limiti interni,
cui attengono gli errores in iudicando o in procedendo. Per tali ragioni la Corte costituzionale
ha affermando che il concetto di giurisdizione dinamica è contrario alla nozione di
giurisdizione presupposta dalla Costituzione all’ottavo comma dell’art. 111 e mette in crisi
l’assetto pluralistico delle giurisdizioni voluto dai Costituenti, e pertanto il rifiuto di
giurisdizione sindacabile è solo quello “in astratto” e giammai “in concreto”, pena
l’invasione nella nomofilachia del giudice di vertice della giurisdizione speciale, cui solo è
rimessa la cognizione degli errores in iudicando o in procedendo.

2.1.2 Con la decisione n. 169 la Consulta ha affermato la sussistenza del conflitto di
attribuzioni tra la Presidenza della Repubblica e la Corte dei conti e per l’effetto ha escluso
la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti dei dipendenti della Presidenza della
Repubblica, la quale può comunque ottenere il totale risarcimento del danno subito in altra
sede (G.O.) sia caso per caso, sia in via generale attraverso una apposita previsione del
regolamento di amministrazione e contabilità.
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2.1.3 Si segnala poi la sentenza n. 77 con cui la Corte costituzionale ha ampliato il perimetro
della compensazione delle spese rispetto alla riduzione effettuata dal legislatore nel 2014
allo scopo di contenere il contenzioso civile. Il d.l. n. 132/2014, convertito nella legge n.
162/2014, aveva infatti sostituito la clausola generale delle “gravi ed eccezionali ragioni” –
con cui il giudice poteva derogare alla regola delle spese di lite a carico della parte
totalmente soccombente – con due ipotesi tassative (oltre, naturalmente, quella della
soccombenza reciproca): “l’assoluta novità della questione trattata” e il “mutamento della
giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti”. Una tassatività che la Corte costituzionale
ha ritenuto lesiva del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto lascia fuori
altre analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa ed ha quindi esteso la
possibilità di compensare le spese, in caso di soccombenza totale di una parte, anche quando
sussistono “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”.

2.1.4 Va anche richiamata la pronuncia n. 88 con cui il Giudice delle leggi ha dichiarato
l’incostituzionalità della c.d. “legge Pinto” - nata per prevenire e indennizzare i ritardi
causati dalla lentezza della giustizia - là dove non prevede che la domanda di equa
riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento in cui è maturato
l’irragionevole ritardo. La Corte costituzionale ha censurato l’articolo 4 della legge n. 89 del
2011 con riferimento ai principi di ragionevolezza e di ragionevole durata del processo
(articoli 3 e 111 della Costituzione) nonché ai principi sanciti negli articoli 6 e 13 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. La disposizione censurata
non offriva infatti alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure
certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare.

2.1.5 In ambito pensionistico merita menzione l’ordinanza n. 96 con cui la Corte
costituzionale, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art.
24, commi 25 e 25 bis del d.l. n. 201 del 2011 (convertito nella n. n. 241 del 2011), come inserito
(il comma 25) e sostituito (il comma 25 bis) rispettivamente, dal d.l. n. 65 del 2015 e dalla l.
n. 147 del 2013, ha confermato appieno la sentenza n. 250 del 2017 sulla nota questione della
perequazione dei trattamenti pensionistici, dichiarando manifestamente infondate le
questioni di legittimità costituzionale di analogo contenuto sollevate questa volta dalla
Sezione Lombardia della Corte dei conti.

                                                                                                11
Va in proposito ricordato che con la sentenza n. 250 del 2017, con cui sono state rigettate le
questioni di legittimità sollevate sulle medesime norme, la Consulta ha ritenuto non
irragionevole la scelta del legislatore di riconoscere la perequazione in misure percentuali
decrescenti all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, fino ad
escluderla per i trattamenti superiori a sei volte il minimo INPS, e ciò in quanto il
bilanciamento, operato dal legislatore, tra l’interesse dei pensionati a preservare il potere di
acquisto della pensione e le esigenze di risparmio di spesa e di equilibrio di bilancio dello
Stato, era stato adottato nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, anche in funzione
della salvaguardia della «solidarietà intergenerazionale» e dunque non era da ritenersi
viziato da irragionevolezza.
2.1.6 La sentenza n. 200 ha risolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla
Sezione Liguria della Corte dei conti con riferimento all’art. 9, co. 21, terzo periodo, del d.l.
n. 78/2010, circa gli effetti delle norme che hanno imposto il blocco delle progressioni di
carriera sui trattamenti pensionistici dei soggetti che sono cessati dal servizio nel periodo
del blocco, posto che la misura transitoria “si cristallizza” e diventa definitiva per il soggetto
che accede alla pensione durante tale periodo e che in tale periodo avrebbe potuto maturare
una promozione.
La Consulta ha richiamato i propri precedenti (sent. n. 96 del 2016) con i quali, nel
pronunciarsi sulla conformità a Costituzione delle disposizioni sul “blocco” delle
progressioni di carriera, tra cui quella oggetto della remissione da parte della Sezione
Liguria, le ha ritenute legittime in quanto eccezionali e transeunti.
Con la sentenza n. 200 la Corte, esclusa la natura tributaria della misura, ha ritenuto
infondata la questione, sia per la mancanza di una espressa disposizione derogatoria nel
testo della norma impugnata, sia precipuamente in quanto la circostanza che, superato il
quadriennio, al dipendente “promosso” sia attribuita una retribuzione superiore, rilevante
anche sul piano contributivo e previdenziale e, dunque, del trattamento pensionistico, si
giustifica – senza che perciò sia leso il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. – per
l’incidenza del “fluire del tempo” che costituisce sufficiente elemento idoneo a differenziare
situazioni non comparabili e a rendere applicabile alle stesse una disciplina diversa. La
decisione, tuttavia, ha invocato nella chiosa finale l’intervento del legislatore, unico in grado
di prevedere la riliquidazione dei trattamenti pensionistici dei pubblici dipendenti, collocati
in quiescenza nel quadriennio del blocco degli incrementi stipendiali e che nello stesso
                                                                                               12
periodo abbiano conseguito una progressione di carriera o un passaggio a un’area
superiore.

2.1.7 Deve essere infine ricordata, per l’importanza delle sue statuizioni sul versante del
controllo di costituzionalità in delicati settori della spesa pubblica, la sentenza n. 196, con
cui la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme della Regione Liguria
istitutive del ruolo dei vice dirigenti regionali (articolo 10 della legge regionale n. 10/2008)
con un conseguente incremento del Fondo per il trattamento accessorio del personale
regionale per finanziarne le relative indennità (articolo 2 legge regionale n. 42/20108),
disposto dalla regione al di fuori della contrattazione nazionale di comparto e in violazione
della competenza statale nella materia. In tale occasione la Consulta ha riconosciuto la
legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale anche
quando vengono in rilievo, in sede di giudizio di parificazione, violazioni del parametro del
riparto delle competenze tra Stato e Regioni.

                                               °°°°

2.2 Le pronunce della Corte di cassazione su questioni di giurisdizione

2.2.1 Degna di rilievo è la sentenza n. 8770: si tratta della prima pronuncia delle Sezioni
unite penali in tema di responsabilità colposa degli esercenti la professione sanitaria,
intervenuta dopo la legge “Gelli-Bianco”, n. 24 del 2017.
Ha chiarito la Cassazione che il legislatore del 2017, nell’ottica di porre un freno alla
medicina difensiva e quindi di meglio tutelare il valore costituzionale del diritto del
cittadino alla salute, ha individuato comportamenti tipici che, pur integrando gli estremi
del reato, non richiedono, nel bilanciamento degli interessi in gioco, la sanzione penale. A
tal fine è stato precisato che non è punibile, ai sensi dell’art. 590 sexies c.p., il sanitario che
abbia cagionato la morte e le lesioni personali del paziente per comportamenti connotati da
colpa lieve da imperizia, e non anche per colpa da negligenza o imprudenza, purché il
sanitario abbia dimostrato di correttamente orientarsi nella scelta delle pertinenti linee
guida da adottare nel caso concreto, sebbene sia incorso in errore lieve da imperizia nella

                                                                                                13
fase attuativa delle stesse. Quanto agli effetti civili, si è ribadito che la responsabilità civile
anche per colpa lieve resta ferma a prescindere dallo strumento tecnico con il quale il
legislatore regoli la sottrazione del comportamento colpevole da imperizia lieve
all’intervento del giudice penale.
2.2.2 Va poi puntualizzato che con quattro sentenze (nn. 12564, 12565, 12566, 12567) è stato
finalmente composto un contrasto giurisprudenziale in ordine all’istituto della compensatio
lucri cum damno, ed in particolare al quesito della detraibilità o meno, ai fini della
quantificazione del risarcimento, dell’ammontare delle somme di denaro erogate da un
soggetto terzo per un titolo riconnesso alla realizzazione del fatto illecito causativo del
danno. A tal fine le Sezioni unite hanno precisato che le prestazioni del terzo incidono ai fini
della quantificazione del danno solo in quanto siano erogate in funzione di risarcimento del
pregiudizio subito dal danneggiato e che solo nel caso in cui sia previsto un meccanismo di
surroga o di rivalsa nei confronti del danneggiante da parte del terzo, da cui il danneggiato
ha ricevuto il beneficio collaterale, potrà aversi detrazione di tale vantaggio dall’ammontare
del risarcimento.
In applicazione di tale principio è stato quindi stabilito che, in materia assicurativa,
dall’ammontare del danno risarcibile conseguente al fatto illecito deve essere sottratto
l’importo dell’indennità derivante dall’assicurazione contro i danni che il danneggiato abbia
riscosso in virtù del medesimo fatto.
2.2.3 Sul versante delle società in house, con la sentenza n. 22406 le Sezioni unite si sono
nuovamente pronunciate in merito ad una ipotesi di “giurisdizione concorrente” ( sent. n.
3196 del 2017), ritenendo possibile il concorso in tema di responsabilità fra la giurisdizione
ordinaria e quella contabile, riconoscendo che, laddove sia prospettato anche un danno
erariale, al di là di una semplice interferenza fra i due giudizi, deve ritenersi ammissibile la
proposizione, per gli stessi fatti, di un giudizio civile (nella fattispecie su azione di
responsabilità esercitata dalla curatela fallimentare ai sensi dell'art. 146, comma 2, legge
fallimentare) e di un giudizio contabile risarcitorio, non sussistendo la violazione del
principio del ne bis in idem, stante la tendenziale diversità di oggetto e di funzione fra i due
giudizi.

2.2.4 La sentenza n. 19108 ha ribadito i connotati qualificanti la società in house:
la natura esclusivamente pubblica dei soci, l'esercizio dell'attività in

                                                                                                14
prevalenza a favore dei soci stessi e la sottoposizione ad un controllo c.d.
analogo, corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri
uffici. Detti requisiti devon o sussistere contemporaneamente e trovare il loro
fondamento nelle inderogabili disposizioni dello statuto sociale.

2.2.5 Argomentando, poi, in ordine alla previsione statutaria di una Fondazione, di non
perseguire fini di lucro, la sentenza n. 2584 ha ritenuto superflua la necessità della previa
verifica della compresenza dei tre presupposti od indici sintomatici dell’in house providing,
come individuati dalla elaborazione giurisprudenziale (S.U. sent. n. 26643 del 2016) ed ha
escluso la giurisdizione della Corte dei conti a favore del giudice ordinario.

2.2.6 Con tre sentenze (nn. 1408, 10774 e 33365) le Sezioni unite della Cassazione hanno
confermato il consolidato orientamento in merito agli ambiti di sindacabilità del difetto di
giurisdizione, sub specie del sindacato di merito delle scelte amministrative, ribadendo che
la Corte dei conti nei giudizi di responsabilità amministrativa può valutare se gli strumenti
scelti dagli amministratori pubblici siano adeguati oppure esorbitanti ed estranei rispetto al
fine pubblico da perseguire, trattandosi di un controllo giurisdizionale fondato sui canoni
di razionalità, efficienza ed efficacia che costituiscono il diretto corollario del principio di
rango costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall’art.
97 Cost., il quale assume rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità
dell’azione amministrativa.

2.2.7 In tema di translatio iudicii va ricordato che con ordinanza n. 20687 la Suprema Corte
ha affermato che, a seguito della declinatoria di giurisdizione da parte del giudice ordinario
a favore della giurisdizione della Corte dei conti., la proposizione di un’azione contabile
oltre i tre mesi dopo il passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria esclude
comunque che il giudizio possa qualificarsi tempestivamente riproposto – secondo la
disciplina propria della “translatio iudicii” - ed è escluso, pertanto, il potere, per il giudice
contabile, adito per secondo, di sollevare il regolamento di giurisdizione di ufficio di cui
all’art. 17, commi 2 e 3, del codice della giustizia contabile e, in generale, dall’art. 59 della
legge n. 69 del 2009.

2.2.8 E’ stato poi confermato, con sentenza n. 32179, l’orientamento (Cass. n. 4879/2017)
secondo il quale, in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze della Corte dei conti

                                                                                              15
pronunciate su impugnazione per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione solo
con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione
medesima, restando esclusa la possibilità di mettere in discussione detto potere sulla
precedente decisione di merito mediante prospettazioni su valutazioni giuridiche o
violazioni di legge asseritamente compiute dal giudice della revocazione.

2.2.9 In tema di rimborso di spese legali relative alle azioni di responsabilità innanzi alla
Corte dei conti previste dal d.l. n. 543 del 1996, convertito in legge n. 639 del 1996, la
sentenza n. 27674 (Sez. Lavoro) ha poi precisato che lo stesso non ha luogo nel caso in cui,
sebbene non sussista il grado di gravità richiesto per l’accertamento della responsabilità
contabile, la pronuncia di proscioglimento non abbia escluso la completa insussistenza della
colpa in capo al dipendente.

2.2.10 Particolare menzione merita poi la sentenza n. 24198 con cui la Cassazione (Sez. III
civile) ha ribadito che l'esecuzione d'una sentenza o di un provvedimento dell’autorità
giudiziaria, di qualunque giurisdizione, deve essere considerata come facente parte
integrante del "processo" ai sensi dell'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia
dei Diritti dell’Uomo (CEDU); pertanto la pubblica amministrazione ha l’obbligo ineludibile
di darvi esecuzione nel rispetto dei principi di legalità e buona amministrazione; né è
consentito sindacarne l’opportunità o ravvisare alcuna discrezionalità amministrativa al
riguardo, a maggior ragione quando il provvedimento dell’autorità giudiziaria abbia ad
oggetto la tutela di un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione o dalla Corte
E.D.U.

2.2.11 La sentenza n. 30422 ha invece confermato la provvista di giurisdizione del giudice
ordinario in materia di attuazione delle norme concernenti tagli ai vitalizi dei consiglieri
regionali non solo rispetto alla Corte dei conti, come già affermato in precedenza (S.U. n.
14920/2016) ma anche rispetto al giudice amministrativo.

2.2.12 Infine, in materia di giudizi di conto, con la sentenza n. 33362 la Suprema Corte ha
declinato la giurisdizione a favore della Corte dei conti in ordine ad una controversia avente
ad oggetto le rimostranze mosse dall’ente locale al tesoriere comunale riguardo la regolarità
dei pagamenti eseguiti, trattandosi di controversia strettamente attinente alla materia
contabile in quanto, sul presupposto dell’obbligo specifico del tesoriere di custodire le

                                                                                           16
somme riscosse e di riversare, poi, al Comune il saldo attivo, si fa chiaramente valere
l’inosservanza di una obbligazione inerente al rapporto di tesoreria, il cui adempimento è
volto a realizzare la fase esecutiva e terminale del rapporto stesso.

                                             °°°°

2.3 Le sentenze delle Sezioni riunite della Corte dei conti

2.3.1 Con numerose ordinanze intervenute nel corso del 2018 le Sezioni riunite in sede
giurisdizionale della Corte dei conti hanno affrontato la tematica della sospensione del
processo contabile in ragione della pendenza di altro giudizio, penale, civile o
amministrativo, costantemente affermando che non sono ammissibili ipotesi di sospensione
del processo disciplinate dall’art. 295 c.p.c. ed ora autonomamente riprodotte all’art. 106 del
codice di giustizia contabile, dettate da ragioni di mera opportunità, dovendosi invece
riscontrare, al di fuori dei casi di sospensione previsti dalla legge, in modo concreto e
stringente condizioni di dipendenza tra i giudizi da definire, da individuare in termini di
evidente correlazione logico-giuridica, nel senso che la decisione della causa pregiudicata
possa dirsi dipendente dall’altra; in tal modo salvaguardando sia il principio fondamentale
dell’indipendenza dei giudizi contabili rispetto a quelli delle altre magistrature, con
particolare riguardo ai giudizi penali, sia il principio della ragionevole durata del processo,
i cui tempi vengono dilatati in modo abnorme in conseguenza della sospensione.
Diversamente opinando, infatti, in mancanza di tali presupposti si determinerebbe la
spoliazione della potestà del giudice contabile di definire la controversia, con la
conseguenza di concretare una sorta di eterodeterminazione dei fatti di causa, trasferendo
impropriamente all’altro giudice, di solito il giudice penale, la funzione valutativa degli
stessi (cfr. ordinanza n. 3).
2.3.2 Merita di essere menzionata anche l’ordinanza n. 11, con la quale le Sezioni riunite
hanno accolto il ricorso per regolamento di competenza avverso una ordinanza di
sospensione del processo che aveva ritenuto pregiudiziale l’accertamento in sede civile del
diritto alla ripetizione delle somme indebitamente erogate. L’organo di nomofilachia ha,
nella specie, escluso che il giudizio civile per la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c.
potesse costituire l’antecedente logico del giudizio di responsabilità, trattandosi di un

                                                                                            17
procedimento imperniato su un’azione a carattere personale, esperita con finalità
esclusivamente restitutorie e prescindente dalla condotta dell’accipiens e dalla sua
connotazione soggettiva, a differenza di quanto, invece, avviene per il giudizio di
responsabilità amministrativa.

2.3.3 Con la sentenza n. 31 le Sezioni riunite, risolvendo una questione di massima, hanno
statuito che, in caso di ricorso per revocazione proposto dopo la data di entrata in vigore
del codice di giustizia contabile (7 ottobre 2016) avverso una sentenza non notificata e
pubblicata prima della data medesima, il nuovo termine di un anno, introdotto dall’art. 1 di
cui all’allegato 3 del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174 (codice di giustizia contabile) per
promuovere l’impugnazione, trova applicazione solo riguardo ai giudizi “nuovi”, cioè a
quelli instaurati in data successiva alla entrata in vigore del codice di giustizia contabile,
dovendo invece applicarsi, per i giudizi originariamente instaurati in data antecedente, il
più lungo termine triennale previsto per i giudizi “in corso”, in virtù della ultrattività della
previgente normativa (art. 68 del R.D. n. 1214 del 1934).

2.3.4 In ambito pensionistico va menzionata la sentenza n. 2, con cui le Sezioni riunite,
chiamate a decidere in ordine alla questione di massima circa la computabilità, nel
trattamento pensionistico di alcuni dipendenti del Ministero della Difesa appartenenti agli
Organismi di Informazione e Sicurezza, della indennità di funzione od operativa percepita
in costanza del servizio prestato nella speciale consistenza organica istituita presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno affermato la non intervenuta abrogazione, ad
opera dell’art. 2, nono comma, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 18 del D.P.C.M. n. 8 del
1980 nella parte in cui prevede la non pensionabilità dell’indennità di funzione.

2.3.5. Rilevante è stato, infine, l’apporto delle Sezioni riunite in speciale composizione
nell’affrontare e risolvere complesse problematiche riguardanti le impugnative, da parte di
enti locali e di regioni, delle delibere delle Sezioni regionali di controllo.

                                               °°°°

                                                                                             18
3    L’ATTIVITA’ DELLA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CALABRIA
NELL’ANNO 2018 – LE PRINCIPALI QUESTIONI AFFRONTATE

  Come si evince dalle allegate tabelle dei dati riassuntivi dell’attività svolta, la complessiva
produttività della Sezione giurisdizionale per la regione Calabria, in materia di giudizi di
responsabilità, pensionistici e di conto, ha superato i risultati raggiunti nello scorso anno,
con n. 451 sentenze pubblicate (n. 372 nel 2017). Con riferimento al contenzioso
amministrativo – contabile la Sezione ha emesso condanne per complessivi euro
24.064.343,42, di cui l’86% in accoglimento, totale o parziale, della domanda attrice.

  Notevole è stata, poi, l’attività istruttoria svolta in ordine ai conti giudiziali, che ha
portato alla definizione, nell’anno, di n. 2.326 conti giudiziali a fronte dei 1.900 definiti nel
2017. Ciò ha permesso di abbattere ulteriormente la rimanenza dei conti giudiziali in
giacenza, che è passata da n. 7.760 conti nel 2017 a n. 6.517 al 31.12.2018.

Principali questioni affrontate nel corso del 2018

3.1 Giudizi di responsabilità amministrativa:

3.1.1 Indebite erogazioni di contributi pubblici

  Nel 2018 le condotte illecite riferite a indebite percezioni di contributi e finanziamenti,
statali, regionali e/o comunitari hanno portato alla apertura di 31 giudizi, di cui n. 27definiti
con sentenze di condanna, n. 2 di assoluzione e n. 2 con pronunce in rito.
Nell’ambito di tali tipologie di giudizi la più frequente è quella avente ad oggetto condotte
di distrazione di contributi comunitari e/o regionali a fronte di assunzione di lavoratori c.d.
“svantaggiati”, con l’impegno, da parte del beneficiario del contributo, di mantenerne
costante il numero per almeno un triennio e di provvedere alla loro formazione una volta
assunti.
  Al riguardo la Sezione, in continuità con l’indirizzo già manifestato lo scorso anno e
seguendo la giurisprudenza delle Sezioni di appello di questa Corte (Sez. I app. n. 207/2017;

                                                                                              19
n. 243/2017), ha sostenuto che l’obbligo di incremento occupazionale assunto dai beneficiari
dei contributi deve ritenersi frazionabile, considerata la natura della prestazione da rendere
(inserimento o reinserimento nel mondo lavorativo di un numero predeterminato di
soggetti svantaggiati) e, che, in ragione di ciò, l’interesse pubblico possa ritenersi soddisfatto
anche solo in parte, nel caso in cui i beneficiari abbiano rispettato l’impegno di
mantenimento occupazionale solo per una quota del triennio previsto. L’affermazione della
frazionabilità dell’interesse pubblico – coerente, peraltro, con la portata degli obblighi
assunti dai beneficiari nelle convenzioni sottoscritte con la Regione Calabria – ha indotto la
Sezione a considerare danno risarcibile non l’intero contributo erogato, bensì la sola quota
dell’aiuto corrispondente alla frazione del triennio in cui si era verificato il mancato utilizzo
dei lavoratori (sentt. nn. 84/2018; 85/2018; 105/2018; 106/2018; 129/2018; 132/2018;
195/2018; 387/2018; 425/2018; 449/2018).

3.1.2 Truffe all’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (A.G.E.A)

  Pure frequenti sono stati i giudizi aventi ad oggetto truffe all’Agenzia per le Erogazioni
in Agricoltura (A.G.E.A.), realizzate nella maggior parte dei casi attraverso la presentazione
di domande di contributo non veritiere, nelle quali gli agricoltori beneficiari hanno
dichiarato come appartenenti alla propria azienda terreni sui quali, in realtà, non avevano
alcun titolo reale di disponibilità o godimento, facendo ricorso alla stipulazione di contratti
di affitto dei fondi simulati o fittizi. In altri casi, invece, l’erogazione indebita è avvenuta a
seguito di richiesta di contributi da parte di soggetti non aventi diritto in quanto sottoposti
a misure di prevenzione speciale definitive.
  Tali tipologie di giudizi hanno dato luogo a n. 9 sentenze di condanna (sentt. nn. 67/2018;
92/2018; 93/2018; 154/2018; 117/2018; 118/2018; 381/2018; 384/2018; 433/2018).

3.1.3. Indebito impiego di finanziamenti per investimenti produttivi

L’indebito impiego di finanziamenti pubblici ha inoltre riguardato le ipotesi in cui il
finanziamento era stato erogato per investimenti produttivi non realizzati in tutto o in parte.
In tali casi la Sezione ha valutato prioritariamente se si fosse in presenza di illegittimo
utilizzo di somme percepite ma non destinate alla finalità pubblica per la quale erano state
                                                                                               20
erogate, o per effetto della totale inesistenza dell’opera finanziata o attraverso la esibizione
di documentazione probatoria in fase di rendicontazione di importo superiore alle spese
effettivamente sostenute o, ancora, mediante la cessazione anticipata dell’attività finanziata,
addivenendo a sentenza di condanna nei casi di effettivo sviamento dall’interesse pubblico
perseguito con il finanziamento e non in presenza di mere violazioni formali (sentt. nn.
64/2018; 71/2018; 87/2018; 119/2018; 130/2018; 173/2018; 377/2018; 448/2018; n.
103/2018).
A tal riguardo va ricordata la sentenza n. 103 del 23 maggio 2018, con cui la Sezione, in
parziale accoglimento della richiesta della procura regionale, ha condannato il
rappresentante legale e l’impresa convenuta, beneficiaria di finanziamenti pubblici per la
realizzazione di uno stabilimento industriale mai andato in funzione, al pagamento della
somma di euro 8.000.000,00, riducendo la richiesta di condanna del cinquanta per cento in
considerazione dell’apporto causale derivante dal comportamento negligente degli organi
di controllo (non citati) preposti alla vigilanza sull’attuazione del programma di
investimenti.

3.1.4. Appalti di opere pubbliche:

Si segnala la sentenza n. 447 del 27 dicembre 2018, con la quale la Sezione, in parziale
accoglimento della domanda attrice, ha disposto la condanna del direttore dei lavori e del
responsabile del procedimento dell’appalto per la realizzazione di un’opera pubblica che
aveva interessato un’arteria stradale a scorrimento veloce, al pagamento di complessivi euro
4.874.614,90, variamente ripartiti, in favore di una Amministrazione provinciale calabrese.
La Sezione ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dai convenuti in ordine
alla prima posta di danno, dovuta alla mancata realizzazione dell’opera per carenze
progettuali ed ha accolto invece la domanda attrice con riferimento alla seconda posta di
danno, relativa all’importo dei maggiori lavori contabilizzati e pagati ma non realizzati.
In margine, nella sentenza è stata anche affrontata la tematica dell’autonomia e separatezza
del giudizio contabile rispetto al giudizio penale ed è stata pertanto respinta la relativa
istanza di sospensione del giudizio contabile.

Sempre in materia di danni connessi alla realizzazione di opere pubbliche, con sentenza n.
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359 del 15 novembre 2018 la Sezione ha invece mandato assolto, fra gli altri, un dirigente
del Servizio Patrimonio di un comune calabrese, ritenuto dalla procura responsabile di un
danno erariale scaturito da errata stima di un complesso immobiliare, affermando il
principio secondo cui l’attività di stima di un immobile, svolta da un dipendente pubblico,
è censurabile dal giudice contabile solo ove manifesti un’evidente incoerenza, altrimenti
rientrando nell’ambito della discrezionalità tecnica – che induce a valutare circostanze e fatti
suscettibili di diverso apprezzamento a seconda della metodologia di stima adottata – e non
nell’ambito dell’accertamento tecnico per il quale, invece, l’esattezza della scienza di
riferimento non prevede il momento valutativo da parte del tecnico. La sentenza ha pure
affrontato la diversa questione della efficacia stragiudiziale della sentenza penale
assolutoria.

3.1.5 Società in house

In materia di società in house particolare menzione merita la sentenza n. 428 del 19 dicembre
2018 con cui la Sezione ha disposto la condanna, in favore della Regione Calabria, del
presidente pro tempore di una società per azioni, integralmente partecipata dalla regione, e
dei componenti del consiglio di amministrazione, al risarcimento del danno pari ad euro
1.558.081,14, consistito nella perdita finanziaria arrecata all’ente quale conseguenza della
utilizzazione di risorse di provenienza comunitaria, allocate in fondi a destinazione
vincolata per il sostegno delle imprese, dai convenuti illecitamente distratte in operazioni
di investimento in strumenti finanziari a medio e alto rischio.
Il Collegio ha diffusamente argomentato in ordine alla sussistenza dei requisiti per poter
qualificare la società in house, affermando la propria giurisdizione secondo gli indirizzi
consolidati della Suprema Corte di cassazione e delle Sezioni di appello della Corte dei conti
(sez. I app. n. 352/2017). L’eccezione di difetto di giurisdizione è stata rigettata anche sotto
il diverso profilo secondo cui il danno cagionato sarebbe stato prodotto al patrimonio sociale
e non a quello del socio pubblico.

3.1.6 In tema di rimborso spese sostenute da gruppi consiliari

Con tre distinte sentenze (n. 199, n. 409 e n. 424 del 2018) la Sezione ha affrontato la
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questione relativa alle spese rimborsate ai gruppi consiliari regionali, pronunciando
condanna dei presidenti dei gruppi consiliari e dei consiglieri regionali per il danno
collegato ai rimborsi di spese a valere sui fondi assegnati ai gruppi e non coerenti con le
finalità istituzionali dei gruppi medesimi.
Nelle sentenze, richiamando la pacifica giurisprudenza della Corte costituzionale (sentt. n.
332/2011; n. 39/2014; n. 235/2015), della Corte di cassazione (S.U. n. 8077/2015; n.
4283/2013) e delle Sezioni di appello della Corte dei conti (sez. I app. n. 148/2018) è stata
affrontata e superata la questione del difetto di giurisdizione della Corte a motivo della
immunità dei consiglieri regionali di cui all’art. 122 Cost., della mancanza per gli stessi della
qualifica di agenti contabili e della insindacabilità delle scelte discrezionali. Nel merito è
stato affermato che devono considerarsi foriere di danno erariale tutte le spese dei gruppi
consiliari per le quali non sia stata fornita dalla parte convenuta, su cui grava l’onere della
prova, giustificazione riscontrabile non del mero dato storico della spesa, bensì della
veridicità e correttezza, e dunque dell’inerenza, della stessa, con indicazione della specifica
finalità per cui la spesa è stata sostenuta.
Con particolare riferimento alle spese di ristorazione, ne è stato consentito il rimborso solo
in presenza dei presupposti per qualificarle come spese di rappresentanza, e dunque solo
se destinate ad accrescere il prestigio istituzionale dell’organismo di riferimento,
rispondenti sotto il profilo quantitativo a criteri di sobrietà e ragionevolezza, con la
precisazione che va escluso il rimborso di spese sostenute nell’ambito di normali rapporti
istituzionali e di servizio, ovvero nei confronti di soggetti esterni privi del requisito della
rappresentatività degli enti ed organismi cui appartengono.

3.1.7. In tema di responsabilità medica

Con sentenza n. 159 del 10 luglio 2018 la Sezione ha affrontato la questione della
applicabilità della sopravvenuta disciplina in materia di responsabilità dei professionisti
sanitari (legge 8 marzo 2017, n. 24).
In sintonia con la giurisprudenza di altre Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei
conti (Sezioni giurisdizionale regionale per la Lombardia, 5 dicembre 2017 n 196 e 26
febbraio 2018 n 35), la Sezione ha sostenuto che tale disciplina non è applicabile nelle ipotesi

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di eventi dannosi intervenuti in data anteriore alla sua entrata in vigore, e ciò per la
mancanza di una espressa previsione di retroattività.
La sentenza n. 153 del 9 luglio 2018 ha invece disposto la condanna di un medico
dipendente di una Azienda sanitaria calabrese per il danno corrispondente alle ore
retribuite in assenza di una prestazione lavorativa a seguito di false attestazioni di presenza
in servizio ottenute mediante non veritiere timbrature del cartellino marcatempo. La
Sezione ha invece respinto la richiesta di condanna per danno all’immagine, escludendo che
l’art. 51 del codice di giustizia contabile, il quale prevede l’esercizio della relativa azione per
“i delitti commessi a danno delle pubbliche amministrazioni”, possa trovare applicazione
per fatti commessi antecedentemente alla sua entrata in vigore, dovendo invece applicarsi
la normativa vigente al momento della commissione del fatto, e cioè l’art. 17, comma 30 ter,
del d.l. n. 78 del 2009, che prevedeva la perseguibilità del danno all’immagine solo in ipotesi
di commissione di reati contro la pubblica amministrazione c.d. tipizzati.
Con le sentenze n. 194 del 26 luglio 2018 e n. 379 del 22 novembre 2018 la Sezione ha inoltre
disposto la condanna, rispettivamente, ad euro 292.986,53 e ad euro 150.055,10 di due
dirigenti medici di strutture ospedaliere per lo svolgimento di attività libero-professionale
senza autorizzazione ed in violazione del regime di esclusività.

Questioni di diritto processuale e problematiche interpretative

3.1.8 Riassunzione del giudizio nei confronti di eredi di convenuto deceduto prima della
notifica dell’atto di citazione

Con sentenza n. 72 del 10 maggio 2018 è stata dichiarata l’improcedibilità del giudizio in
cui erano stati citati in riassunzione gli eredi di un convenuto nei confronti del quale l’atto
di citazione, benché depositato in segreteria, non era stato notificato per il decesso
intervenuto medio tempore.
Al riguardo è stata richiamata la giurisprudenza della Corte di cassazione (S.U. n.
14178/2004) secondo cui, per effetto dell’art. 1 della legge n. 20 del 1994, a carico degli eredi
viene posta l’obbligazione risarcitoria sorta in capo al dante causa e l’imputazione del debito

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