IMPATTO DELLE NUOVE TECNOLOGIE SULL'ECONOMIA
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Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 IMPATTO DELLE NUOVE TECNOLOGIE SULL’ECONOMIA AUTORI Jonas Stucki, Davide Catena, Ilija Kikic Progetto interdisciplinare in Chimica ed Economia SPAI Locarno 2004-04. docenti Roberto Signorelli (Economia) e Wladislaw Ivancev (Chimica) Locarno, 2004 Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 SOMMARIO INTRODUZIONE 3 ORGANIZZAZIONE 4 LE RICERCHE 5 1. La Pila Fotovoltaica 5 a) Introduzione 5 b) Perché il fotovoltaico? 6 c) Che cos’è la pila o cella fotovoltaica 6 d) Il campo fotovoltaico 8 e) Ma il fotovoltaico conviene? 8 f) Applicazioni 8 g) Considerazioni energetiche ed economiche 9 2. La cella a combustibile 10 a) Introduzione storica 10 b) Come funziona 11 c) Prospettive di applicazione 12 d) La reazione chimica della cella a combustibile 13 e) La nostra esperienza con la cella a combustibile PEM 14 f) Fonti e riferimenti 15 3. I costi dell’inquinamento 16 a) Introduzione 16 b) Studio del DFTCE 1996 16 c) Costi globali esterni del trasporto [2] 17 EFFETTI 18 d) Riferimenti 20 4. Sviluppo generale del mercato dell’energia in Europa 20 a) Situazione generale 20 b) Petrolio, gas, carbone, uranio: produzione e consumo 21 b) Minacce per l’ambiente 23 c) È necessario diversificare l’approvvigionamento: fonti rinnovabili. 24 RISULTATO DI GRUPPO: IL DOSSIER 26 CONCLUSIONE 26 Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 INTRODUZIONE Nell’ambito del progetto interdisciplinare 2203-04 alla SPAI di LOcarno per informatici ed elettronici del 3° anno abbiamo lavorato su 2 temi di “legati” alla chimica e su altrettanti inerenti all’economia. Il progetto globale ha per tema “Una città tutta all’idrogeno nel 2050” e si conclude con la realizzazione del sito internet www.idrogeno.ch dove tutti i lavori saranno a disposizione del pubblico. La tabella sotto mostra la posizione del nostro lavoro rispetto all’obiettivo del progetto: Sul lavoro di economia (I costi diretti e indiretti dell’inquinamento) abbiamo lavorato insieme e per il lavoro di chimica (Tecnologia delle energie alternative) ci siamo divisi il lavoro: Jonas Stucki (Pila fotovoltaica), Davide Catena (Cella a combustibile), Ilija Kikic (Impatto generale sulla Società). Il lavoro ha avuto inizio nel mese di ottobre 2003 e fino al mese di gennaio di quest’anno abbiamo cercato materiale e preparato la prima bozza dei lavori. Dopo una giornata di lavoro sperimentale in chimica abbiamo consegnato le versioni corrette alla fine di aprile e metà maggio. All’inizio di giugno, finalmente, abbiamo preparato questo dossier che contiene solo le parti principali dei singoli lavori di ricerca. Questi lavori saranno in breve scaricabili dal sito internet del progetto dove ci sarà anche una versione “light” in HTML. L’obbiettivo era di analizzare due metodi alternativi per produrre l’elettricità e di vederle in azione tramite degli esperimenti. Abbiamo ricercato del materiale in internet compresi schemi e animazioni e abbiamo confrontato delle statistiche. Guardando i costi dell’inquinamento della nostra società ci si accorge che l’inquinamento è pericoloso e costa parecchi soldi, per questo bisognerebbe adeguarsi alle nuove tecnologie che non emettono nessun inquinamento, anche se richiedono investimenti iniziali notevoli. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 ORGANIZZAZIONE Per il lavoro di economia abbiamo lavorato insieme e ci siamo incontrati due volte al mese partendo da ottobre per fare le ricerche, trovare le statistiche e creare il prodotto finale. Due volte al mese abbiamo discusso con il professore di economia sul lavoro svolto e per vedere a che punto eravamo. Nel mese di gennaio ognuno di noi ha consegnato una prima pagina di riassunto sul lavoro svolto, e nel mese di maggio ciascuno di noi ha presentato una prima presentazione in PowerPoint. Per il lavoro di chimica ognuno ha fatto il suo lavoro incominciando da ottobre a fare le ricerche e cercando eventuali statistiche e più in avanti abbiamo incominciato a creare il prodotto finale. Una volta al mese abbiamo discusso con il professore di chimica per vedere a che punto eravamo e come andava avanti il lavoro. Nel mese di aprile abbiamo fatto una mezza giornata a Bellinzona con tutta la classe e con il professore di chimica per fare gli esperimenti. Abbiamo compilato metà del dossier nell’ultima lezione di chimica in circa un’ora e mezza, poi l’abbiamo fino a casa dove Jonas si è incaricato di raccogliere i contributi di tutti, inserirli e spedire il lavoro al docente di chimica. Questo dossier inizia a presentare la tecnologia del fotovoltaico e della cella a combustibile, perché sono i due metodi principali per sfruttare le energie di fonti rinnovabili. Poi segue il lavoro del gruppo intero sui costi dell’inquinamento, poiché così si vede uno dei due-tre motivi principali per cambiare l’economia odierna basata sul petrolio. In fine, il lavoro di Ilija illustra l’impatto delle nuove tecnologia sull’economia e sulla società. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 LE RICERCHE 1. La Pila Fotovoltaica di Jonas Stucki a) Introduzione Il fotovoltaico è una tecnologia studiata per lo sfruttamento dell'energia del nostro Sole e consente di trasformare direttamente la luce in energia elettrica. Questa energia elettrica ha costo nullo in fatto di combustibile, contribuisce a diversificare le fonti di approvvigionamento energetico e ha un impatto ambientale praticamente nullo. Per ogni kWh prodotto con il solare si risparmiano circa 250 grammi di olio combustibile e si evita la produzione di 750 grammi di anidride carbonica (CO2). Si stima la vita del nostro astro a 5 miliardi di anni e la stella dovrebbe continuare ad ardere per altrettanti miliardi di anni con un destino finale, secondo l’astrofisica, in un’esplosione stellare o in uno spegnimento. L’irraggiamento causato dai processi di fusione nucleare del Sole è dunque una fonte potente nonché virtualmente inesauribile di energia che l’uomo può sfruttare in vari modi senza emissioni di gas tossici o causanti l’effetto serra. Esistono un’energia solare indiretta e un’energia solare diretta. La prima è all’origine delle fonti energetiche come il vento, le maree, l’idroelettrico o la biomassa (materiali organici dai quali si può trarre energia tramite processi di fermentazione o combustione), tutte cose non esisterebbero senza il calore del Sole (i venti sono prodotti dal riscaldamento di masse d’aria tramite il Sole, il legno delle piante è creato grazie alla fotosintesi, ecc.). Il secondo tipo di energia viene ricavata direttamente dall’irraggiamento solare e può essere energia solare attiva oppure energia solare passiva. Si sfruttano attivamente i raggi del sole principalmente grazie a due sistemi. Il solare fotovoltaico serve a produrre corrente elettrica; il solare termico a riscaldare acqua tramite dei collettori. Lo sfruttamento passivo consiste in un’architettura ecologica, che sfrutti al meglio il naturale irraggiamento solare. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 Per questa parte del dossier ci concentriamo sulla produzione di corrente elettrica, per esempio secondo la logica dello schema di sopra, ma, evidentemente, anche gli altri aspetti sono importanti, per esempio per chi decide di costruirsi una casa sfruttando questa tecnologia. b) Perché il fotovoltaico? Ecco alcuni motivi per sviluppare fortemente le applicazioni solari. I moduli fotovoltaici producono energia elettrica, una forma di energia di alto valore che può essere impiegata in molti modi. Questi sistemi non hanno bisogno di alcun combustibile. Non essendoci una combustione alla base della produzione di energia, i sistemi fotovoltaici promuovono il miglioramento dell'ambiente in quanto non producono rumore o spreco, né emissioni di sostanze nocive o dispersioni di calore. La possibilità di combinazione modulare permette l’installazione in piccole unità vicino al punto di consumo dell'energia. Il fotovoltaico è una tecnologia collaudata e matura, in uso ormai da 30 anni. Si tratta in sostanza della tecnologia energetica più promettente per il futuro. Intanto, oggi, i progetti dei primi utilizzatori nei paesi industrializzati stanno dimostrando le potenzialità del fotovoltaico sul mercato dell’energia. La diffusione non è ancora sufficiente per poter rappresentare un contributo significativo alla produzione di energia. Tramite la tecnologia fotovoltaica si possono avere miglioramenti nelle condizioni di vita delle popolazioni rurali del Terzo Mondo. Dove non esiste una rete pubblica anche oggi in fotovoltaico è la soluzione più economica. Il problema principale resta il capitale d’investimento relativamente alto richiesto all’inizio a causa dell’alta tecnologia dei pannelli o moduli. A lungo termine il fotovoltaico potrà dare un contributo significativo al fabbisogno energetico, se sviluppi tecnologici e la produzione di massa abbasseranno i costi. Il maggiore sviluppo del fotovoltaico dovrà comunque concretizzarsi nei paesi più industrializzati attraverso la sua integrazione negli edifici (tetti e facciate fotovoltaiche), con relativa immissione dell'energia elettrica prodotta in rete. c) Che cos’è la pila o cella fotovoltaica Le pile fotovoltaiche convertono indirettamente l'energia solare in energia elettrica in primo luogo convertendola in calore, o con un processo diretto conosciuto come l'effetto fotovoltaico. I tipi più comuni di pile fotovoltaiche sono basati sull'effetto fotovoltaico, che avviene quando la luce che cade su un materiale a semiconduttore di due strati diversi produce una differenza di potenziale, o tensione, fra i due strati. La tensione prodotta nella cellula è capace di azionare della corrente tramite un circuito elettrico esterno che può essere utilizzato per alimentare i dispositivi elettrici. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 Nell’immagine la superficie silicea policristallina (a sinistra) e monocristallina (a destra) di celle fotovoltaiche comuni. Qui sotto il pannello fotovoltaico usato da noi con una lampada da 500 W per far girare un motorino oppure azionare l’elettrolisi di un sistema che poi fa capo ad una cella a combustibile. La conversione della radiazione solare in una corrente d’elettroni avviene nella cella solare, un dispositivo costituito da una sottile fetta di un materiale semiconduttore, molto spesso silicio. Molte celle assemblate e collegate tra di loro in una unica struttura formano il modulo fotovoltaico. Un modulo fotovoltaico tipico è costituito da 36 celle, ha una superficie di circa mezzo metro quadrato ed eroga, in condizioni ottimali, da 60 a 90 kWh/anno, quindi all’anno 120-180 kWh/m2, con un rendimento del 10-15 %, basso in vero ma in compenso non inquina con gas di scarico o scorie. La cella fotovoltaica è costituita essenzialmente da due sottili strati di materiali semiconduttori (ad esempio silicio cristallino o amorfo): uno strato è di tipo n (tende ad avere un eccesso di elettroni grazie all’introduzione di atomi di Fosforo), l'altro di tipo p (tende a raccogliere cariche positive o presenta "lacune" di elettroni a causa dell’introduzione di atomi di Boro). La cella fotovoltaica è completata da un rivestimento antiriflesso e da due contatti elettrici, uno superiore ed uno inferiore. Cella fotovoltaica realizzata con poli-Silicio (silicio policristallino con i cristalli orientati in tutte le direzioni): Con la tecnologia del giorno d’oggi i laser sono capaci di tagliare i materiali in finissimi strati, e così anche i materiali per costruire la cella fotovoltaica. Nel disegno sopra si nota che i materiali usati per la cella fotovoltaica sono stati tagliati in modo che lo spessore di ogni singolo materiale non superi i 2000 nm (nano-metri, miliardesimi di metro), cioè 0,002 mm. Lo spessore totale della cella fotovoltaica, senza calcolare lo strato di vetro perché non c’è la misura, è di 0,00246 mm, in pratica la cella di spessore è più piccola di 1 mm. La tensione prodotta dalle pile fotovoltaiche varia con la lunghezza d'onda della luce, ma le cellule tipiche sono destinate per usare il vasto spettro di luce fornito dal sole durante il giorno, con le lunghezze d'onda più lunghe (rosso e IR, frequenza più bassa) che generano meno elettricità di quelle più corte (verde, blu, UV). Questo perché le cellule comunemente disponibili producono Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 circa solo la tensione di una batteria da torcia. Noi abbiamo usato per l’esperienza un modulo solare di 96 x 120 x 80 mm che, se messo a 90-70° rispetto alla lampada usata (faro da 500 W oppure luce del retroproiettore), offriva al massimo 2-3 Volt di tensione, corrente massima di 0.2 A per una potenza di 0.64 W. Centinaia o persino le migliaia di cellule devono essere messe insieme in coppia per produrre abbastanza elettricità per le applicazioni esigenti. d) Il campo fotovoltaico Collegando opportunamente un certo numero di moduli si ottiene un generatore o un campo fotovoltaico, con le caratteristiche desiderate di corrente e tensione di lavoro. La quantità d’energia prodotta da un generatore fotovoltaico varia nel corso dell’anno in funzione del insolazione e della latitudine della località. Per ciascuna applicazione il generatore sarà da dimensionare sulla base di: carico elettrico, potenza di picco, latitudine del posto e suo insolazione, specifiche elettriche del carico utilizzatore, ecc. A titolo indicativo si consideri che alle latitudini di Locarno 1 m2 di moduli di buona qualità (a cui corrisponde una potenza installata pari circa a 130 W) possa produrre in media: 0.35 kWh/giorno nel periodo invernale e 0.83 kWh/giorno nel periodo estivo. e) Ma il fotovoltaico conviene? Ecco a confronto alcuni dati relativi al consumo di energia di una piccola industria e di una famiglia media. impianto da famiglia media, piccola industria casa monofamiliare superficie dei pannelli 18 m2 140 m2 consumo di energia [kWh 2000 30 000 all’anno] produzione di energia di punta 2 kWh 20 kWh in kWh produzione di energia 5 kWh 100 kWh kWh/giorno produzione di energia 2 000 - 2 500 36 500 kWh/anno Dalla tabella si può dedurre che una famiglia media in teoria riuscirebbe a essere autosufficiente con un impianto di quelle dimensioni. Bisogna però valutare il fatto che non tutti i giorni si riesce a produrre la stessa quantità di energia e soprattutto si deve tener conto dell’elevato costo dei pannelli. f) Applicazioni Gli impianti fotovoltaici sono dunque sistemi che convertono l'energia solare direttamente in energia elettrica, senza ricorrere alla tecnologia di produzione tradizionale che sfrutta i combustibili fossili, nucleari, ecc. Le potenze generate da questi dispositivi variano da pochi a diverse decine di Watt. Data la loro modularità, i sistemi fotovoltaici presentano una estrema flessibilità di impiego. La principale classificazione dei sistemi fotovoltaici si divide in base alla loro configurazione elettrica rispettivamente in: a) sistemi autonomi ("stand alone"); b) sistemi connessi alla rete elettrica ("grid connected). Sistemi autonomi (stand alone). I sistemi autonomi (stand alone) vengono normalmente utilizzati per elettrificare le utenze difficilmente collegabili alla rete perché ubicate in aree poco accessibili, e Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 per quelle con bassissimi consumi di energia che non rendono conveniente il costo dell'allacciamento. Tale tipo di sistema è caratterizzato dalla necessità di coprire la totalità della domanda energetica dell'utenza. Gli elementi che costituiscono un sistema fotovoltaico autonomo sono i moduli fotovoltaici, il sistema di accumulo (batterie) ed il regolatore di carica. Essendo la corrente generata dal sistema fotovoltaico una corrente continua non ci sono problemi, se il carico prevede l'utilizzo di apparecchiature che richiedono corrente continua, se il carico prevede l'utilizzo di apparecchiature che richiedono corrente alternata, diventa necessario l'inserimento anche un trasformatore DC/AC. Le batterie accumulano l'energia elettrica prodotta dai moduli fotovoltaici e consentono di differire nel tempo l'erogazione di corrente al carico, cioè garantiscono l'erogazione di energia elettrica anche nelle ore di minore illuminazione o di buio. Il regolatore di carica è l'elemento che regola i passaggi di corrente tra moduli e batterie e tra batterie e carico, per proteggere le batterie. In Italia, per esempio, esistono oltre 5 000 impianti fotovoltaici per l'elettrificazione rurale e montana soprattutto nel Sud, nelle isole e sull'arco alpino. Attualmente le applicazioni più diffuse servono ad alimentare: apparecchiature per il pompaggio dell'acqua, soprattutto in agricoltura, ripetitori radio, stazioni di rilevamento e trasmissione dati (meteorologici e sismici), apparecchi telefonici; apparecchi di refrigerazione, specie per il trasporto medicinali; sistemi di illuminazione; segnaletica sulle strade, nei porti e negli aeroporti; alimentazione dei servizi nei camper; impianti pubblicitari, ecc. Sistemi connessi alla rete. Sono impianti collegati alla rete elettrica che possono scambiare energia elettrica con la rete elettrica locale o nazionale. Il principio della connessione alla rete è quello dello scambio in due direzioni di energia elettrica: nelle ore in cui il generatore fotovoltaico non è in grado di produrre l'energia necessaria a coprire la domanda di elettricità, la rete fornisce l'energia richiesta. Viceversa, se il sistema fotovoltaico produce energia elettrica in più, il surplus viene trasferito alla rete e contabilizzato. Negli impianti integrati negli edifici vengono installati due contatori per contabilizzare gli scambi fra l'utente e la rete. Un trasformatore trasforma l'energia elettrica da corrente continua prodotta dal sistema fotovoltaico in corrente alternata. I sistemi connessi alla rete, ovviamente, non hanno bisogno di batterie perché la rete di distribuzione sopperisce alla fornitura di energia elettrica nei momenti di indisponibilità della radiazione solare. g) Considerazioni energetiche ed economiche Per quanto riguarda la producibilità dei sistemi solari fotovoltaici, considerando dati provenienti da impianti installati in Germania, una facciata fotovoltaica verticale orientata verso Sud eroga 50 - 60 kWh/m2 all’anno. Ciò significa che analoghi impianti nei paesi più soleggiati d’Europa possono fornire maggiori quantità di energia elettrica, grazie ovviamente alla migliore insolazione. Riducendo l’inclinazione dei moduli la producibilità aumenta, fino ad arrivare a circa 100 kWh/m2 all’anno. Per Locarno significa che i pannelli fotovoltaici produrranno una via di mezzo d’energia elettrica cioè circa 80 – 90 kWh/m2 all’anno. Il costo di un metro quadrato di moduli solari fotovoltaici per integrazione architettonica varia ovviamente a seconda delle situazioni, ma si può comunque quantificare in circa 2000 - 2500 Fr/m2 (comprendente i materiali e l’installazione), sia per le facciate che per i tetti. Tale costo può sembrare elevato, ma bisogna ricordare che: • si tratta di elementi strutturali, che sono quindi sostitutivi di altri materiali quali ad esempio i pannelli vetrati usati nelle facciate che, installati, hanno anch’essi un costo non indifferente. • l’edificio diventa energeticamente attivo e per molti anni la sua facciata o il suo tetto fotovoltaico produrranno migliaia di kWh, che non solo consentiranno rilevanti risparmi Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 sulle bollette, ma anche eviteranno l’immissione nell’atmosfera di grandi quantità di CO2 (emissione di 0,3-0,4 kg di CO2 evitata per ogni kWh prodotto da fonte fotovoltaica). Indubbiamente si assiste ad uno sviluppo della tecnologia fotovoltaica in tutto il mondo: il volume delle forniture espresso in MW di moduli è salito in media di 10-15 MW all’anno e dovrebbe aver raggiunto i 140 MW attualmente. Anche se siamo ben lontani dai valori di una centrale sola di tipo nucleare, lo sviluppo lascia ben sperare. 2. La cella a combustibile di Davide Catena a) Introduzione storica Le celle a combustibile sono efficaci produttori di corrente continua tramite la trasformazione di energia chimica direttamente in energia elettrica. La nascita delle celle a combustibile risale al 1839, anno in cui l’avvocato inglese William Grove (1811-96), diventato poi scienziato, riportò i risultati di alcuni esperimenti nei quali era riuscito a generare energia elettrica in una cella contenente acido solforico con due elettrodi di Platino (Pt) immersi bagnati di idrogeno ed ossigeno gassosi. Si trattava dell’inversione dell’elettrolisi dell’acqua descritto nell’anno 1800 da William Nicholson e Anthony Carlisle! Nel suo esperimento preliminare Grove aveva lavorato al miglioramento delle batterie usanti soluzioni: un elettrodo di Pt immerso in acido nitrico e un elettrodo di Zinco (Zn) immerso in soluzione acquosa di solfato di zinco permettevano di avere 1.8 V e al massimo 12 A! Ebbene, con 2 elettrodi di Pt separati, ognuno immerso per metà nell’acido solforico diluito nell’acqua e per metà in uno spazio a chiusura stagna con idrogeno da una parte e ossigeno dall’altra permettevano di ottenere una corrente costante tra di loro! Mentre la corrente scorreva il livello dell’acqua saliva pian piano in ambedue i tubi: il prodotto della reazione era acqua! Grove battezzo questa sua invenzione “batteria a gas”: era la primissima cella a combustibile. Dopo molti altri lavori in questo campo, toccò a Francis Thomas Bacon (1904-92) dare una svolta nel 1932 alla ricerca sulle celle a combustibile con elettroliti alcalini (soluzioni dense di KOH, Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 stesso rendimento di quelli acidi ma meno corrosivi per i metalli). Nel 1958 dimostrò l’idea con una pila di elettrodi da 25 cm in diametro. Benché costose, le celle di Bacon attrassero l’attenzione della ditta Pratt & Whitney che prese il suo lavoro in licenza per costruire le batterie dei razzi Saturno e delle navicelle Apollo, dopo aver vinto un concorso indetto della NASA! Nella foto sotto: Bacon nel suo laboratorio a Cambridge. L’acido fosforico, un debole conduttore di elettricità, è stato l’ultimo a comparire nella ricerca, dopo un secolo di lavoro con gli acidi più aggressivi. Nel 1961, G. V. Elmore e H. A. Tanner aprirono la ricerca sulle celle PAFC che lavorano a temperature moderate, l’elettrolita era acido fosforico al 35 % e 65 % polvere di quarzo immersi nel Teflon. Non avevano le reazioni fastidiose della riduzione dell’acido solforico durante l’operazione, potevano lavorare con l’aria invece che con ossigeno puro. Il loro prototipo lavorò per 6 mesi a 0.09 A per cm2 e 0.25 V senza deteriorarsi. Siamo dunque ad un sistema simile a quello usato da noi nelle esperienze di laboratorio! L’interesse per questo tipo di cella doveva venire nel decennio seguente. I lavori di Kordesch e R. F. Scarr alla Union Carbide portano poi allo sviluppo di elettrodi sottili fatti di carta di grafite come substrato e come portatore del catalizzatore uno strato di carbonio (C) legato al Teflon. Gli sviluppi più recenti videro l’associazione industriale chiamata TARGET costruire un impianto di celle da 15 kW nel 1969 e 5 MW nel 1983! La crisi energetica degli anni 1970 (Arabi!) stimolò altre ricerche. Nel 1994 il Dipartimento USA dell’energia e la H-Power dell’Università di Georgetown hanno adattato una pila elettrica Fuji da 50 kW per bus elettrici da provare poi sulla strada. Vi è un sistema della Ballard Power Systems con una potenza di 250 kW a scopo di riscaldamento di edifici e negli USA vengono attualmente costruite diverse stazioni di produzione di energia elettrica con PAFC con potenze oltre i 200 kW. La tecnica della PEM, il cuore della nostra cella qui a scuola, viene inventata dalla General Electric negli anni 1960 tramite il lavoro di Thomas Grubb e Leonard Niedrach. La prima unità sviluppata per la Marina USA utilizza idrogeno prodotto dalla miscela di acqua e idruro di litio (LiH), la cella è compatta e portatile, ma il catalizzatore al Pt è caro! La tecnologia PEM viene usata per il progetto Gemini della NASA nei primi giorni del programma spaziale USA e nel settore dei sommergibili USA e GB degli anni 1980. Lo sviluppo storico delle celle a combustibile ha occupato dunque un arco di tempo molto ampio (oltre un secolo e mezzo) ed è stato fortemente condizionato da forti spinte innovative e notevoli difficoltà tecniche ed economiche [1]. Fra queste ultime occorre considerare in particolare: a) i problemi tecnologici e i costi di produzione ancora elevati delle pile a combustibile; b) il successo delle soluzioni alternative elettromeccaniche tuttora più economiche e tecnologicamente meno impegnative. Fra le motivazioni che spingono a intensificare gli sforzi verso lo sviluppo commerciale delle pile a combustibile, si possono citare: a) la necessità di disporre di generatori di energia con ridotto impatto ambientale e basse emissioni di anidride carbonica (CO2 ); b) la ricerca di rendimenti elevati anche a livello di generatori di taglia medio-piccola; c) la ricerca di un'alternativa, seppur parziale, al nucleare; d) la concreta prospettiva di una significativa riduzione dei costi nel breve- medio termine. b) Come funziona Una cella a combustibile funziona in modo analogo ad una batteria, in quanto produce energia elettrica attraverso un processo elettrochimico, tuttavia a differenza di quest’ultima consuma sostanze provenienti dall’esterno e quindi è in grado di funzionare senza interruzioni, finché al Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 sistema viene fornito combustibile (idrogeno) ed ossidante (ossigeno o aria, vedi schema sotto). Oltre agli elettrodi (anodo, catodo), come in ogni cella elettrolitica, vi è un elettrolita e una membrana a separare le placche metalliche dove si genera la carica elettrica. Una cella a combustibile converte l'energia chimica dell'idrogeno e dell'ossigeno in acqua, calore ed elettricità. Il combustibile e i gas ossidanti lambiscono rispettivamente l'anodo e il catodo (sulle facce opposte a quelle in contatto con l'elettrolito). Data la porosità degli elettrodi, vengono in questo modo continuamente alimentate le reazioni di ossidazione del combustibile e di riduzione dei gas ossidanti [2]. All’anodo il combustibile (idrogeno) viene ossidato (polo negativo per il circuito e quindi la fonte di elettroni) grazie ad un catalizzatore in modo “pacifico” ioni idrogeno positivi (H+), al catodo l’ossidante viene ridotto (polo positivo del circuito) grazie ali elettroni che vi arrivano attraverso un circuito esterno e la migrazione di ioni attraverso elettrolita e membrana che garantisce il trasporto di carica. La cella a combustibile ha in comune con una batteria e un accumulatore ha trasformazione di energia da chimica in elettrica tramite una reazione. Ci sono differenze importanti: le batterie o pile normali si scaricano quando le sostanze stoccate dentro sono esaurite in una reazione irreversibile, vanno raccolte separatamente per impedire che metalli velenosi per l’ambiente finiscano senza restrizioni in discariche ed inceneritori. Gli accumulatori hanno in se reazioni chimiche reversibili e invertibili, dopo una fase di scarica possono venir ricaricati un certo numero di volte fino al declino per le perdite inevitabili di rendimento. La cella a combustibile permette correnti e tensioni solo limitate, ma alla base ha un processo chimico che non provoca usura del materiale, la riutilizzazione è piena finché si ha il combustibile a disposizione come già detto. L’unico punto critico è l’umidità della membrana che deve essere garantita, lunghi periodi di non-uso non scaricano come nelle batterie, ma rischiano di provocare in qualche modo l’essicazione della membrana. Allora va aggiunta un po’ di acqua e bisogna attendere finché la membrana si è di nuovo impregnata. Le temperature all’interno sono generalmente modeste e questo garantisce una alta resa in fatto di energia. Nel lavoro di ricerca originale presentiamo una serie di vari tipi di celle a combustibile, ognuna con il suo campo di applicazione e un paragone del rendimento c) Prospettive di applicazione Le celle a combustibile rappresentano un'interessante prospettiva soprattutto nell'ambito dei veicoli elettrici. Le filiere (stack) di celle a combustibile collegate in serie permettono di avere possibilità per le potenze richieste a livello medio (case, auto, piccole macchine). Un impianto che usi questa tecnologia ha il modulo di potenza con la sezione elettrochimica, poi un convertitore di corrente (inverter) e un trasformatore per avere la corrente alternata che la nostra rete sopporta. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 Negli anni Ottanta e Novanta, una maggiore attenzione alla salvaguardia ambientale e un'accresciuta disponibilità di materiali e tecnologie adatti alla realizzazione delle pile a combustibile hanno permesso di passare dalle esperienze di laboratorio a realizzazioni a livello preindustriale e, nel caso delle celle PAFC, alla produzione commerciale. Oggi si ritiene che le pile a combustibile possano svolgere un ruolo di crescente importanza nell'ambito della generazione stazionaria di potenza, dove sta crescendo la richiesta di generazione distribuita che è stata finora soddisfatta prevalentemente con piccole turbine a gas e motori a combustione interna (nell'ambito delle tecniche tradizionali) o con generatori fotovoltaici ed eolici (nell'ambito delle fonti rinnovabili). In particolare le pile a combustibile a temperatura media o alta rivestono particolare interesse per la cogenerazione (produzione associata di energia elettrica e calore). Per un elenco di progetti e potenzialità rimandiamo al lavoro originale. d) La reazione chimica della cella a combustibile Nella cella a combustibile si ha praticamente l’inverso del processo di elettrolisi dell’acqua. Il combustibile (idrogeno) viene immesso in uno dei due compartimenti della cella (dove avviene l’ossidazione o Anodo). A contatto col catalizzatore avviene la reazione: H2 2H+ + 2e- Gli elettroni (e-) scorrono attraverso il circuito esterno fino all’altro elettrodo. In questo compartimento (dove avviene la riduzione o catodo) viene immesso ossigeno (o anche aria). L’ossigeno subisce il processo di riduzione: ½ O2 + 2e- O2- Reazione globale: H2 + ½ O2 H2O L’energia liberata: ∆G = -237 kJ/mol (a 25°C, 1 mol di acqua rappresenta 18 g, il segno negativo indica in fisica la liberazione di energia) e questo permette di avere per ogni cella una tensione U di 1.23 Volt al massimo. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 e) La nostra esperienza con la cella a combustibile PEM Nella parte sperimentale del corso di chimica abbiamo potuto vedere un modello scomponibile di una cella a combustibile con membrana a scambio di protoni (foto sotto a sinistra, a destra il parco aggeggi delle nostre esperienze). Questo modello ha dunque una pellicola polimerica che conduce atomi positivi di H (ioni, protoni) e che agisce da elettrolita! Se in teoria si possono avere al massimo 1.23 V da una cella singola, in pratica ci sono limiti da tenere in considerazione: perdite della corrente e sovratensioni, disturbi della reazione chimica, resistenze interne, diffusione di gas sfavorevole. Così si arriva ad avere valori tra 0.4 e 0.9 Volt! Il cuore della nostra cella a combustibile è l’unità elettrodo-membrana. La membrana viene ricoperta con circa 1 cm2 di grafite, il catalizzatore Platino (Pt) vi è disperso dentro in modo da avere circa 0.1 - 0.5 mg Pt/cm2. Noi abbiamo provato la cella sia con 0.3 mg/cm2 che con 0.1 mg/cm2. Sulla superficie di confine tra gas, catalizzatore ed elettrolita polimerico avvengono le vere reazioni di ossidazione dell’idrogeno (cessione di elettroni) e riduzione dell’ossigeno (acquisto di elettroni). Queste reazioni spiegano cosa succede all’interno della cella. La membrana lavora come uno scambiatore di ioni (quelli comunemente usati per filtrare l’acqua potabile): se l’umidità c’è, allora particolari gruppi di atomi, chiamati gruppi acidi o carbossilici (avviene: R-COOH C-COO− + H+), attaccati al materiale polimerico della membrana garantiscono la diffusione dei protoni dall’anodo al catodo [2]. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 Modello della struttura del polimero fatto di catene di PTFE (politetrafluoroetilene) con gruppi derivati dall’acido sulfonico attaccati a diramazioni trasversali: La corrente elettrica generata è proporzionale alla superficie degli elettrodi (copertura di grafite e platino), al massimo si può ricavare 2 A/cm2! Dopo aver smontato la cella e rimontata, abbiamo potuto misurare i valori per due casi: 0.1 mg e 0.3 mg al cm2 di catalizzatore-elettrodo. Nel nostro caso abbiamo ottenuto una corrente di 0.15 A e una tensione di 0.48 Volt. f) Fonti e riferimenti [1] Fuel Cells, Smithsonian Institute 2001; URL: http://fuelcells.si.edu/index.htm. [2] A. Torazza, AEI-Automazione Energia Internazionale, n. 10, 727-36, 1999; URL: http://www.aei.it/ita/museo/mp1_pcge.htm. [3] Heliocentris, “Wasserstoff: Energie für Morgen”; URL: www.heliocentris.com. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 3. I costi dell’inquinamento di Jonas Stucki, Davide Catena e Ilija Kikic a) Introduzione L’analisi statistica evidenzia una relazione tra il livello dell’inquinamento ed il tasso di mortalità. A differenza degli incidenti, l’inquinamento non è ritenuto una causa di morte immediata. Si ritiene invece che l’inquinamento contribuisca ad anticipare la data del decesso, vale a dire sia una causa di morte prematura. La stima del costo dell’inquinamento diventa quindi una stima economica del rischio di ammalarsi, di perdere giorni lavorativi, o di morire prematuramente. La distinzione tra mortalità acuta e cronica è importante, nel primo caso infatti si verifica una perdita di alcuni giorni o mesi di vita a partire dal periodo immediatamente successivo al valore massimo dell’inquinamento. Nel secondo caso invece l’inquinamento attuale determina un anticipo del decesso che però avviene a distanza anche di parecchi anni dal momento dell’esposizione, a seconda del periodo di incubazione della malattia. La questione del costo diretto e indiretto dell’inquinamento avrà ancora conseguenze di tipo fiscale nel nostro paese: tassa sul traffico o sul CO2! b) Studio del DFTCE 1996 Iniziamo da alcuni anni fa (1996) quando un rapporto di esperti commissionato dal Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e dell’energia (DFTCE) [1] si è occupato dei costi esterni dei danni alla salute derivanti dall’inquinamento atmosferico provocato dal traffico, un tema centrale per il nostro progetto interdisciplinare centrato sullo sviluppo di un’Economia all’Idrogeno. Secondo questo rapporto (redatto da medici, economisti ed esperti della protezione dell’ambiente) si stimano a 2100 i casi di morte prematura, a decine di migliaia i bambini e gli adulti (soprattutto anziani) affetti da malattie delle vie respiratorie, mentre sono 12 000 i giorni di ricovero in ospedale e più di 400 000 i giorni d’incapacità lavorativa. Queste sono le conseguenze annuali dell'inquinamento atmosferico provocato in Svizzera dal traffico motorizzato! I costi per la collettività hanno raggiunto nel 1993 ben 1.6 miliardi di Fr, di cui la maggior parte, ben 1.289 miliardi di Fr, imputabili al traffico stradale privato, 816 milioni al traffico pubblico di passeggeri e 473 milioni al traffico merci (camion)!! Il rapporto degli esperti analizza le conseguenze del traffico stradale sulla salute dell'uomo e permette così di completare le ricerche svolte in passato dall’Ufficio. Già in precedenza erano stati pubblicati alcuni studi sulle conseguenze di incidenti, sull'inquinamento fonico dovuto al traffico e sui danni agli edifici. Tutte queste informazioni permettono di fare luce sulla verità dei costi nel settore dei trasporti e servono in particolare anche alla determinazione della tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni. E' prevista quindi una legge quadro che stabilisca delle tariffe massime. Questa base legale servirà al Consiglio Federale per introdurre progressivamente una tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni parallelamente all'Unione Europea (UE). Un mezzo classico è quello di correlare la concentrazione di sostanze nocive nell'aria con determinate malattie delle vie respiratorie (bronchite, asma) tramite grafici. Questi aspetti sono stati oggetto delle ricerche compiute dall'Istituto di medicina sociale e preventiva dell'Università di Basilea e dirette dalla prof. U. Ackermann. L’Istituto di igiene e fisiologia del lavoro del Politecnico Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 federale di Zurigo (ETH) ha svolto sotto la direzione del prof. H-U. Wanner le analisi riguardanti la diffusione nello spazio delle sostanze nocive. L’obiettivo era quello di stabilire la quota del traffico responsabile delle sostanze nocive all'origine dei danni alla salute. I risultati di queste ricerche hanno formato la base per una terza parte dello studio, che esamina invece quali sono i costi dei danni per la salute e determina la quota che attualmente non viene sostenuta da chi li provoca. Le analisi economiche sono state trasmesse al gruppo di lavoro Ecoplan (studi sull'economia e sull'ambiente, Berna), diretto dal Dr. H. Sommer, dall'IMIB (l’istituto di medicina, informatica e biostatistica) di Riehen di cui era responsabile Dr. A. Brandt. Con il regolamento sulle sostanze chimiche proposto recentemente dalla Commissione Europea l'intera Europa dovrebbe risparmiare entro il 2020 ben 260 miliardi di Euro in costi sulla salute[4]. L'Associazione dell'Industria Chimica teme di essere danneggiata e si dice allarmata per i posti di lavoro. Questo nel caso che l'UE approvi il sistema per la registrazione e l'autorizzazione delle sostanze chimiche (REACH) proposto dal WWF che è particolarmente preoccupato per le sostanze chimiche persistenti che si accumulano nel nostro organismo e le sostanze che danneggiano il sistema endocrino e quindi tutto il sistema ormonale. c) Costi globali esterni del trasporto [2] Stime recenti (UIC, "The way to sustainable mobility-cutting the external costs of transport, 2000) dei costi esterni del trasporto, cioè di quei costi che non vengono sostenuti direttamente da chi trae vantaggio dal trasporto, e ricadono pertanto sulla collettività, collocano il prezzo globale che la nostra società deve sostenere per mantenere i presenti livelli di mobilità a 658 miliardi di Euro all'anno. Il trasporto su strada è responsabile di più del 90% di questi costi e fra le categorie di costo prese in considerazione (incidenti, inquinamento atmosferico, rumore, cambiamenti climatici, ecc.) gli incidenti rappresentano il costo più elevato, stimato nell'ordine di circa 156 miliardi di Euro, pari al 2,5-3 % del prodotto interno lordo (PIL) dei paesi europei! Eccoci giunti ancora sulla nostra tematica, quella dei costi dell’inquinamento. Uno studio [3] condotto in Austria, Francia e Svizzera sui costi sanitari dell'inquinamento atmosferico (Künzi et al., The Lancet, settembre 2000, analizzando solo gli effetti delle polvere fini PM10, mandatari erano il Ministero federale per l’ambiente (A), l’Agenzia per l’ambiente e l’energia ADEME (F) e per la Svizzera il Dipartimento federale dell’ambiente, trasporti, energia e comunicazioni; ben 3 discipline scientifiche hanno lavorato insieme: fisica, epidemiologia ed economia) ha calcolato che in base ai ricoveri ospedalieri, ai giorni lavorativi persi (16 milioni per il solo inquinamento da traffico) e al numero di morti (oltre 40 500 casi di cui 21 000 attribuibili allo smog da traffico), l'inquinamento da traffico veicolare produce in queste tre nazioni costi per 27 miliardi di Euro l'anno, pari a 360 Euro pro capite. Per esempio il numero dei casi di bronchite acuta nei bambini attribuibili all'inquinamento atmosferico erano 543 300, di cui 300 900 dovuti proprio allo smog generato dal traffico veicolare e in particolare 162 000 casi di attacchi di asma. Dei 37 800 ricoveri ospedalieri determinati dall'inquinamento atmosferico, ben 25 000 erano dovuti ai veleni prodotti dal traffico. Concentrazioni di PM10 (polveri fini da 10 micrometri) - media annuale µg/m3 Austria Francia Svizzera PM1O in totale 26.0 23.5 21.4 PM10 attribuito al traffico 18.0 14.6 14.0 veicolare PM10 da altre fonti 8.0 8.9 7.4 Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 Media annua di PM10a cui è esposta la popolazione Il 50% della popolazione vive in aree dove la media dei valori del PM10 è tra 20 e 30 µg/m3, un terzo vive in aree con valori al di sotto di 20, il resto della popolazione è esposto a concentrazioni di PM10 sopra i 30;valori di concentrazione così alti sono stati trovati esclusivamente in grandi agglomerati urbani. Costo dello stato di malattia Una parte del costo delle cure viene sostenuto collettivamente: per esempio la perdita di produttività e alcune spese per la prevenzione. Individualmente ci sono anche costi per la perdita di produttività e la prevenzione. Per i primi casi ci sono cifre a disposizione. Alcuni costi non sono tangibili: lo stato di sofferenza associato con la malattia viene sostenuto individualmente. Risultati quantitativi Considerando tutti e tre i paesi (circa 73 milioni di abitanti) l'impatto sulla salute attribuibile all'inquinamento atmosferico da traffico veicolare è il seguente: Effetti Numero di casi attribuibili a: inquinamento atmosferico inquinamento generato dal tipo di ricovero (PM10 in totale) traffico veicolare Bronchite acuta 543 300 300 000 nei bambini Bronchite cronica 471100 25 000 negli adulti Ricoveri per malattie 37 800 25 000 respiratorie e cardiovascolari Attacchi di asma 300 900 162 000 nei bambini Attacchi di asma 733 300 395 000 negli adulti Al fine di capire ed interpretare l'ordine di grandezza di questi risultati, la mortalità attribuibile all'inquinamento da traffico deve essere considerata in un contesto più ampio. Se il dato è rapportato al numero degli incidenti stradali, lo studio fornisce un’interessante osservazione: Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 La parità tra numero di incidenti automobilistici e casi di mortalità per inquinamento! Nei tre paesi è stato osservato lo stesso fenomeno: il numero di incidenti stradali nel 1970 ha raggiunto lo stesso livello della mortalità prematura che oggi è attribuibile all'inquinamento da traffico. Le politiche messe in pratica per aumentare la sicurezza stradale hanno avuto un discreto successo negli ultimi 30 anni. Nonostante il massiccio incremento in volume del trasporto, il numero di incidenti stradali si è ridotto di oltre il 50 %. Oggi la mortalità attribuibile all'inquinamento da traffico è maggiore di quella dovuta agli incidenti. Tuttavia per paragonare efficacemente le due cose occorre riferirsi anche "agli anni di vita perduta". In media, le vittime degli incidenti stradali sono costituite da giovani. Questi perdono mediamente 35 anni di vita, mentre coloro che muoiono a causa dell'inquinamento atmosferico sono più vecchi e perdono mediamente 10 anni di vita. Moltiplicando queste grandezze per il numero di casi assoluti in ognuna delle due categorie, si nota come il totale degli anni di vita perduti per incidenti stradali e per mortalità prematura da inquinamento abbiano grandezza simile. Gli effetti sanitari dovuti all'inquinamento da traffico hanno anche un considerevole impatto sull'economia. Nei 3 paesi il costo sanitario complessivo ammonta 27 miliardi di Euro all’anno per un costo sanitario pro capite di 360 Euro/anno, in tutto questo il 70 % dei costi è dovuto a morti premature. Occorre tuttavia ricordare che questi costi non corrispondono all’effettiva emissione di liquidità, ma sono percepiti come perdita di benessere economico nella popolazione. I soli costi materiali comprendono le cure mediche e le perdite produttive o di consumo e sono stati stimati in circa 3.5 miliardi di Euro nei tre paesi. Il calcolo non riflette i costi intangibili e la somma che gli individui sarebbero pronti a pagare per un miglioramento della propria sicurezza tramite la riduzione dei rischi derivanti dall'inquinamento atmosferico (prevenzione). Il caso estremo è rappresentato dalla mortalità che evidentemente non implica costi immediati di cura ma la disponibilità a pagare per evitarne il rischio che è comunque alta. Resta il fatto della necessità di migliorare questo tipo di studio. Dal punto di vista della politica nazionale, è necessario ridurre sostanzialmente l'esposizione all'inquinamento atmosferico al fine di ottenere una riduzione degli effetti sanitari indesiderati e, con questa, benefici a lungo termine per il miglioramento dello stato di salute della popolazione. La dimensione dei costi sanitari indica la necessità di un'azione! Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 Durante la conferenza dei ministri europei della sanità e dell'ambiente tenutasi a Londra nel giugno 1999, l'organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha presentato la "Carta su Trasporto, Ambiente e Salute". La Carta invita a fare studi e paragoni e a scambiarsi le informazioni per adottare politiche comuni per un trasporto sostenibile nei differenti Paesi. Questo dato è in linea con gli studi effettuati nel Nord America sui costi economici dell'inquinamento da polveri fini, dove si è stimato che l'onere economico complessivo nel periodo 1994-96 è stato dell'ordine delle decine di miliardi di dollari. Abbiamo dunque una riconferma dello studio 1996 dell’Ufficio federale dei trasporti. d) Riferimenti [1] Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e delle energie, “Monetarisierung der verkehrsbedingten externen Gesundheitskosten", rapporto di esperti, Berna, 20.5.1996; URL: http://www.bag.admin.ch/i/ [2] Sviluppo sostenibile e Ambiente, 2000, URL: http://www.miw.it [3] R. K. Seethaler, “Inquinamento atmosferico urbano e impatto sulla salute”, Seminario OMS/Legambiente, 18.9.2000, URL: http://www.ticino.com/usr/sos-ambiente [4] Fabio Quattrocchi, “L'inquinamento costa miliardi“, ECplanet, 12.8.2003, URL: http://www.ecplanet.com [5] Centro Europeo Ambiente e Salute di Roma dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “Inquinamento atmosferico nelle città italiana: impatto sulla salute”, Roma, 20.6.2000; URL: http://www.who.it 4. Sviluppo generale del mercato dell’energia in Europa di Ilija Kikic a) Situazione generale L’intera comunità umana è un motore che succhia enormi quantitativi di energia ogni giorno. Il petrolio, la più famosa fonte energetica del globo, si sta esaurendo e causando enormi danni al globo con, ad esempio, le emissioni di anidride carbonica che procurano danni tramite l’effetto serra. La nostra enorme dipendenza dai combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) continua ad aumentare creando diversi problemi tra i quali citiamo il prezzo del petrolio e del gas che influenzano la nostra economia e la vita di milioni di imprese, il potere conferito ad alcuni fornitori esterni, l’inquinamento — ovviamente — e infine, come abbiamo visto recentemente, i rischi di perturbazioni sociali in caso di crisi dei mercati. Nel giro di 20-30 anni, in assenza di interventi, l’impatto ambientale dell’energia diventerà insostenibile e la dipendenza esterna aumenterà fino a raggiungere in media il 70 %, ben il 90 % per i soli prodotti petroliferi. Questa situazione ci rende vulnerabili, soprattutto a causa della concentrazione della dipendenza economica da alcune energie, come il petrolio e il gas, e nei confronti di alcuni paesi esportatori come la Russia per il gas naturale e il Medio Oriente per il petrolio. La produzione e il consumo di energia sono inoltre responsabili della quasi totalità delle emissioni antropiche di anidride carbonica nell’atmosfera. È necessario trovare una soluzione per sostituire il petrolio come forma energetica, adottandone una “riciclabile” e continua come ad Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 esempio l’idrogeno. Cui di seguito possiamo trovare una tabella che riassume le emissioni di gas dannosi delle principali fonti energetiche. La tabella elenca l’emissione di sostanze nocive (anidridi carbonica, solforica e di azoto) nell’ambiente da parte di ogni tecnologia energetica in tonnellate per giga-wattora elettrico (GWh) : gas e petrolio la fanno da padroni ! b) Petrolio, gas, carbone, uranio: produzione e consumo L’intera Europa dipende dal 50% dalle importazione di fonti di energia dall’estero ; questa percentuale salirà fino al 70% nel 2030. L’importazione riguarda quasi esclusivamente carburanti fossili. I vincoli geologici ci fanno pensare che fra cinquant’anni non ci sarà quasi più petrolio o gas oppure la loro estrazione sarà molto costosa, secondo gli economisti, senza paragone con i prezzi attuali. In altri termini, queste risorse naturali sono in quantità finite e si continua a dilapidarle. Il suo consumo però non diminuisce, anzi aumenta, non ci sono ancora strategie di risparmio. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
Progetto didattico interdisciplinare Spai Locarno, 2004 Il settore della produzione di elettricità è in pieno mutamento: numerose centrali arrivano alla fine del loro ciclo di vita e si devono decidere ora nuovi investimenti per il periodo 2005-2010. Il settore nucleare attende decisioni sul suo futuro a causa di una congiuntura particolare: liberalizzazione del mercato dell’elettricità, problemi di accettabilità da parte dell’opinione pubblica, blocco sulla questione dei residui o del riciclo. Lo sviluppo a breve termine del settore dell’energia deve tenere conto degli impegni ambientali assunti dall’Unione a Kyoto. Se continuiamo al ritmo attuale essi non saranno rispettati. Nonostante L’unione Europea sia riuscita a diminuire la sua intensità energetica, i dati rimangono allarmanti: si parla di un aumento annuo del bisogno energetico che varia dal 1 al 2%; inoltre la dipendenza dalle importazioni estere sta salendo nuovamente oltre il 50%. Le nostre scarse risorse interne cominciano ad esaurirsi: per il carbone si può parlare di un esaurimento «economico» in quanto è troppo caro da estrarre. Per completare questo quadro, il petrolio resta favorito presso le famiglie, il terziario e i trasporti. Proprio quest’ultimo settore registrerà uno sviluppo spettacolare nel prossimo futuro. L’allargamento non cambierà nulla in quanto i nuovi paesi membri dell’UE registreranno una forte crescita economica (5-6 %). L’intensità del consumo energetico è aumentato del 10 % nel periodo 1985-1998. La domanda di energia seguirà questo aumento: 2 % all’anno da ora fino al 2020. Per i trasporti è evidente che l’Unione geograficamente allargata comporterà un forte aumento del traffico. Il trasporto assorbe il 67 % della domanda finale di petrolio da cui è totalmente dipendente (al 98 %). Le previsioni di crescita da ora al 2010 sono fenomenali: +16 % per le automobili, +90 % per gli aerei, +50 % per il traffico stradale. A causa tra l’altro delle congestioni del traffico, i costi esterni del trasporto sono valutati al 2 % del PIL (prodotto interno lordo). Vediamo qualche dettaglio della produzione di energia in Europa (vedi grafico di sopra). Il petrolio del Mare del Nord non è eterno. Lo sfruttamento dei giacimenti è costoso e le riserve sono limitate. Nell’ipotesi migliore esse rappresentano ancora 25 anni di produzione o 8 anni di consumo ai livelli attuali. I costi estrattivi sono molto più elevati rispetto al Medio Oriente. Il gas naturale del Mare del Nord segue lo stesso schema del petrolio con la differenza che si può contare sulla produzione della Norvegia, membro dello Spazio economico europeo, le cui riserve rappresentano 23 anni di consumo ai livelli attuali. Il carbone comunitario costa 3-4 volte il prezzo mondiale. Le riserve sono molto importanti e aumenteranno ulteriormente con l’allargamento. Il problema della competitività porterà però l’UE a ridurre drasticamente la sua produzione. Soltanto nel Regno Unito la produzione di carbon fossile potrebbe ritornare competitiva. La lignite e la torba sono redditizie ma non contribuiscono in maniera significativa alla produzione di energia dell’UE. L’uranio europeo rappresenta il 2 % delle riserve mondiali. Dati i prezzi mondiali molto bassi, i giacimenti europei diventano sempre meno competitivi. Il mercato dell’uranio è invece abbondante a livello del pianeta. Dossier finale J. Stucki, D. Catena e I. Kikic
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