Il diritto allo sport: evoluzione del concetto di diritto allo sport negli atti internazionali rilevanti

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Sport e Diritti Umani                                205

Capitolo primo
Il diritto allo sport: evoluzione del concetto di diritto allo
sport negli atti internazionali rilevanti
Antonella Stelitano

Quando parliamo di diritto allo sport ci muoviamo nell’ambito di una mul-
tiforme materia giuridica, che si compone di regole e consuetudini di natura
privatistica, di regole dettate da istituzioni sportive internazionali e nazionali,
di norme statali che disciplinano vari aspetti e ricadute dell’attività sportiva
in un territorio e, infine, di norme sovrastatali che riguardano la dimensione
internazionale dello sport.
Lo sport, allargando i propri confini e il suo impatto nella vita sociale, è, in-
fatti, andato a impegnare trasversalmente molti settori: dal lavoro, all’econo-
mia, alla salute, ciascuno dei quali si è dotato, nel tempo, di norme sempre più
specifiche per disciplinare ogni aspetto e nuova problematica emergente.
L’evoluzione del fenomeno sportivo, diventato uno dei fenomeni di massa
che ha maggiormente caratterizzato il XX secolo, non solo ha comportato
conseguenti rivendicazioni per un riconoscimento pieno di un diritto allo
sport per tutti ma, trattandosi di un diritto “recente”, ci ha anche testimonia-
to quanto il campo dei diritti umani sia un campo in continua evoluzione, che
segue e accompagna la crescita dell’uomo.
Nel voler tracciare i contorni di questo “nuovo” diritto, è opportuno innan-
zitutto tener presente l’orientamento espresso dall’Assemblea generale delle
Nazioni Unite e indicato nella Risoluzione 32/30: “…Tutti i diritti umani e le
libertà fondamentali sono indivisibili ed interdipendenti…la piena realizzazione dei diritti
civili e politici senza il godimento dei diritti economici, sociali e culturali è impossibile…
le questioni relative ai diritti umani vanno esaminate globalmente, tenendo conto sia del
contesto generale delle varie società in cui si pongono sia le necessità di promuovere la piena
dignità della persona umana insieme allo sviluppo e al benessere della società…”.1

1
  NU, Risoluzione 32/30 del 16 dicembre 1977 in Conforti B., Le Nazioni Unite, Cedam,
Padova, 1986, p. 231.
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Inoltre, andando nello specifico, dobbiamo anche distinguere due punti di
vista: “quello dei diritti umani che devono essere salvaguardati nella pratica sportiva, e
quello dello sport come strumento per l’affermazione e la tutela di alcuni diritti umani.
Appare peraltro evidente che i due aspetti non possono essere scissi in maniera netta”.2
Fatta questa premessa, è utile considerare la collocazione del diritto allo sport
nell’ambito dell’accolta classificazione in tre, forse quattro, generazioni di di-
ritti.3
Dal momento che le stesse Nazioni Unite riconoscono il diritto allo sport
collegandolo storicamente alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo4,
questo ci induce a considerare il diritto allo sport sicuramente tra i diritti di
cosiddetta seconda generazione, che comprendono i diritti economici, sociali
e culturali, il cui esercizio contribuisce al miglioramento delle condizioni di
vita del cittadino.
In questa categoria di diritti troviamo, ad esempio, il diritto al lavoro e ad
un’abitazione, ma anche il diritto all’istruzione, alla salute, alla partecipazione
alla vita culturale.
Sicuramente, agli inizi almeno, lo sport era collocabile in quest’area perché le
prime forme di riconoscimento e tutela sono legate proprio ad un concetto
di sport come strumento di crescita educativa e culturale.
Non è un caso che il primo documento ufficiale, in ambito Nazioni Unite, in
cui si parla espressamente di diritto allo sport sia la Carta Internazionale dello
Sport e dell’Educazione Fisica dell’UNESCO, agenzia specializzata dell’ONU
che si occupa di educazione, scienza e cultura.
Lo sport risponde, inizialmente, ad un concetto di mens sana in corpore sano
e per questo ne viene esaltata in primo luogo la funzione educativa, riferita
soprattutto al fanciullo e alle giovani generazioni.

2
  Vitucci M. C., La tutela dei diritti umani nello sport e la promozione di essi attraverso lo sport, in
Rivista della Facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Palermo, Vol. I, Fasc. I,
sez. I, 2008, pp. 73-84.
3
  Si tratta dei diritti di prima generazione (diritti civili e politici), di seconda generazione (diritti
economici, sociali e culturali), di terza generazione (diritti di solidarietà e pace), di quarta ge-
nerazione (diritti legati al campo delle nuove tecnologie di comunicazione, alla bioetica e delle
manipolazioni genetiche).
4
  Questo riferimento è esplicito nel dossier delle NU “Women, gender equality and sport”. Divi-
sion for Advancement of Woman. Department of Economic and Social Affaires, New York,
December 2007. P. 3.
Sport e Diritti Umani                               207

Questa, del resto, è la più diffusa interpretazione del valore dello sport, con-
divisa anche dalla Chiesa Cattolica.
Don Bosco, ad esempio, affermava che lo sport è “mezzo efficace per ottenere la
disciplina, giovare alla moralità e alla sanità”5, Pio X esortava a “promuovere la sana
educazione fisica non disgiunta da quella religiosa e morale”6; Pio XII riconosceva allo
sport la capacità di “coltivare la dignità e l’armonia del corpo, di sviluppare la salute,
il vigore, l’agilità e la grazia”7 e ricordava che “lo sport tempra e fortifica i corpi, educa
lo spirito e l’addestra a più alte vittorie”.8
Il diritto allo sport è un diritto dell’uomo in quanto è legato ad una funzione
educativa, di crescita armonica delle sue capacità fisiche e mentali, strumento
di aggregazione sociale, mezzo di prevenzione di molte malattie; ma è anche
un diritto dei popoli quando diventa il passe-partout per rivendicare altri diritti,
quali il diritto alla pace, allo sviluppo, i diritti degli uomini di colore nel Sud
Africa dell’apartheid, i diritti dei disabili, i diritti del fanciullo, i diritti delle
donne.
Ecco allora che possiamo esaminarne la funzione e il valore anche nell’am-
bito dei diritti di cosiddetta terza generazione, che comprendono i diritti di
solidarietà, i cui destinatari non sono i singoli individui, ma i popoli: il diritto
alla pace, allo sviluppo, all’equilibrio ecologico, all’autodeterminazione, alla
difesa dell’ambiente.
E così pure i diritti che tutelano particolari categorie di individui, ritenute più
deboli ed esposte a pericoli di violazioni, ad esempio i diritti dell’infanzia, dei
disabili, della donna.
La crescita del fenomeno sportivo, costante dal secondo dopoguerra ad oggi,
ha attirato l’attenzione sulle sue nuove potenzialità, sul contribuito che può
dare al cambiamento sociale, convogliando anche il ruolo delle organizzazioni
non governative e di altre organizzazioni della società civile nella promozione

5
  Calvigioni R.- Calvigioni S., Lo sport in Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 2011, p. 3.
6
  Calvigioni R., op. cit., p. 4
7
  Discorso tenuto in occasione dell’udienza agli sportivi Romani, 20 maggio 1945, in Calvigio-
ni R., op. cit., pag. 13.
8
  Discorso tenuto in occasione del decennio di fondazione del Centro Sportivo Italiano, 9
ottobre 1955, in Calvigioni R., op. cit., p. 23.
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e realizzazione di importanti progressi, svolgendo compiti di rafforzamento
e integrazione in situazioni conflittuali e problematiche.
Così, se il diritto allo sport è dapprima presentato come il diritto di tutti allo
svago e ad impiegare il proprio tempo libero in attività ludico-motorie, esso
diventa poi diritto di tutti all’accesso alla pratica sportiva, a svolgere mestieri
legati allo sport, ad essere presenti negli organi dirigenziali dello sport, a
veder applicate nello sport professionistico e nella contrattualistica le stesse
regole che disciplinano i rapporti di lavoro.
La maggior diffusione dello sport ha imposto una reazione a catena, che ha,
in qualche modo, costretto a disciplinare la materia in maniera sempre più
precisa.
Punto di partenza, muovendoci nel campo dei diritti umani, non può che
essere l’orizzonte delle Nazioni Unite, human rights defender per eccellenza, che
solo di recente hanno affrontato in maniera sistematica l’argomento sport
nelle sue molteplici declinazioni, con il merito di aver definito a ritroso i con-
torni di un diritto allo sport9.
Questo, inizialmente si identifica come diritto non ben precisato, che com-
prende, e quasi sottintende, un diritto allo sport come attività ricreativa e di
svago. In seconda battuta vengono riconosciuti i benefici dello sport e il dirit-
to di tutti (uomini, donne, bambini, disabili) di godere di quei benefici e, solo
successivamente, si riconosce che lo sport può consentire il perseguimento di
obiettivi importanti che non riguardano più il singolo, ma la comunità degli
uomini e dunque obiettivi come la salute pubblica, la pace, lo sviluppo.
Fa da premessa all’affermazione di un diritto allo sport la Carta istitutiva delle
Nazioni Unite laddove, tra i suoi obiettivi, all’art. 1 comma 2, elenca quel-
lo di “sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio
dell’eguaglianza dei diritti” e di “incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione”.10
Questi due punti sono anche alla base dei principi fondamentali dello stesso
Comitato Olimpico Internazionale e sono considerati la conditio sine qua non
dell’appartenenza alla famiglia olimpica.

9
  UN, Women, gender equality and sport. Division for the Advancement of Women. Department
of Economic and Social Affaires, December 2007, New York.
10
   UN, Carta delle Nazioni Unite, in Conforti B., op. cit., p. 289 e seguenti.
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Le Nazioni Unite riconoscono che il diritto allo sport trova la sua prima espli-
citazione nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948).11.
Gli articoli da prendere in considerazione sono l’art. 24, 25, 26 e 27.
L’art. 24 afferma che ogni individuo ha diritto al riposo e allo svago, andando
a cogliere una dimensione del fenomeno sportivo che oggi possiamo dire su-
perata giacché lo sport non è più, o non è solo, un passatempo12, ma è anche
un lavoro, una terapia di prevenzione per molte malattie e forme di disagio e
uno strumento educativo-formativo.
L’art. 25 introduce il tema del diritto alla salute e al benessere, che sono in-
dubbiamente concetti legati ad una visione più moderna dello sport, e anche
più allargata perché si applica efficacemente a tutte le fasce di età.
Praticare uno sport, o comunque un’attività fisica regolare, fa bene alla salute
di tutti e questo è un concetto recepito da molte legislazioni nazionali, che
hanno colto l’utilità di una politica sportiva anche con riferimento alla poli-
tiche di prevenzione di molte malattie (cardiopatie, obesità infantile, diabete,
ma anche depressione, situazioni di disagio giovanile e simili).
L’art. 26 ci parla di diritto all’istruzione, ricordando che questa “deve essere indi-
rizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti
umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza,
l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle
Nazioni Unite per il mantenimento della pace”.
Si colgono, qui, il punto di partenza e il punto d’arrivo del concetto di diritto
allo sport nel sistema Nazioni Unite.
Se, infatti, il punto di partenza è rappresentato da un’idea di sport come
strumento educativo è altresì vero che questo articolo ci introduce ad una di-
mensione di terza generazione del diritto allo sport e, nel farlo, ci presenta un
ventaglio di nuove potenzialità e impieghi dello sport, che è anche strumento
di pace, promozione dei diritti umani, veicolo di uguaglianza.

11
   UN, Universal Declaration of Human Rights, Adottata dall’Assemblea Generale con Risoluzione
217 A (III) del 10 dicembre 1948, New York. Si veda anche NU, “Women, gender equality and
sport”, op. cit., p. 3.
12
   La parola sport deriva dal latino deportare, che tra i suoi significati ha anche quello di “uscire
fuori porta” per dedicarsi ad attività di svago. Da qui il termine francese desporter (svago diver-
timento) e l’inglese disport da cui poi l’abbreviazione odierna sport. Anche in italiano il termine
diporto indica svago, ricreazione.
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Tutto questo si sposa perfettamente con l’idea di sport del CIO, che già cin-
quant’anni prima, nella Carta Olimpica, parlava di sport e amicizia, sport per
favorire l’incontro tra giovani di tutto il mondo, sport senza discriminazio-
ni13.
Quando passiamo all’art. 27 della Dichiarazione e leggiamo che “ogni individuo
ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità” dobbiamo
immaginare il diritto allo sport per tutti, così come lo aveva immaginato De
Coubertin, padre delle moderne Olimpiadi, abbracciando il motto “all games,
all nations”14.
Dopo circa vent’anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il
riferimento allo sport resta, tuttavia, ancora sottointeso.
Così è nel Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Cultu-
rali (1966)15 che, all’art. 7, recita: “Gli Stati parti del presente Patto riconoscono
il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali
garantiscano in particolare..d) il riposo, gli svaghi….” e, all’art. 12, afferma: “Gli Stati
parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo di godere delle condizioni di
salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire”.
Ancora una volta la parola sport non compare, ma l’attività sportiva è sicura-
mente tra le attività praticabili nei momenti di svago, come del resto è rico-
nosciuto il suo potenziale come mezzo per la tutela della salute e per favorire
uno sviluppo psicofisico complessivo dell’individuo.
Occorrerà attendere il 1978 perché il diritto allo sport per tutti sia esplici-
tato nella Carta Internazionale dello Sport e dell’Educazione Fisica
dell’unesco16.

13
   Vedi Stelitano A., Dalla Carta Olimpica alla Dichiarazione universale dei diritti umani, 1894-
1948, in Pace Diritti Umani, Anno VI, numero 1, gennaio-aprile 2009, Marsilio, pp. 123-133.
14
   Tradotto letteralmente : tutte le gare per tutte le nazioni, ovvero: sport per tutti.
15
   UN, Allegato alla Risoluzione dell’Assemblea generale 2200(XXI) del 16 dicembre 1966.
16
    UNESCO, The International Charter of Physical Education and Sport, adottata dalla Conferen-
za Generale nella XX sessione, 21 novembre 1978, Parigi. In www.unesco.org. Il preambolo
stesso è una sintesi di contenuti fondamentali che meritano di essere in questa sede richiamati:
“La conferenza generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura
… -convinta che l’esercizio effettivo dei diritti di ogni uomo dipenda per una parte essenziale dalle possibilità
offerte ad ogni uomo e ad ogni donna di sviluppare e preservare liberamente i loro mezzi fisici, intellettuali e
morali, e che di conseguenza deve essere assicurato e garantito ad ogni essere umano l’accesso all’educazione
fisica e allo sport; -convinta che la preservazione e lo sviluppo delle possibilità fisiche, intellettuali e morali
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All’art. 1 della Carta, “La pratica dell’educazione fisica e dello sport è un dirit-
to fondamentale per tutti”, troviamo sanciti alcuni principi fondamentali:
“1.1. Ogni essere umano ha il diritto fondamentale di accedere all’educazione fisica ed allo
sport, che sono indispensabili allo sviluppo della sua personalità. Il Diritto di sviluppare le
proprie attitudini fisiche intellettuali e morali attraverso l’educazione fisica e lo sport deve
essere garantito, tanto nel quadro del sistema educativo, come negli altri aspetti della vita
sociale.
1.2. Tutti, in accordo con la tradizione sportiva del loro paese, debbono avere tutte le pos-
sibilità di praticare l’educazione fisica e lo sport, di migliorare la loro condizione fisica e
giungere al livello di prestazione sportiva che corrisponda alle loro doti.
1.3. Condizioni particolari debbono essere offerte ai giovani, compresi i bambini in età
prescolare, alle persone anziane ed agli handicappati per permettere lo sviluppo integrale
della loro personalità grazie a programmi di educazione fisica e di sport adattati ai loro
bisogni”.
I successivi articoli definiscono in maniera più precisa i contorni di questo
diritto affermando che: “L’educazione fisica e lo sport costituiscono un elemento essen-
ziale dell’educazione permanente nel sistema globale di educazione …debbono sviluppare
le attitudini, la volontà e la padronanza di sé e di ogni essere umano e favorire la piena

dell’essere umano migliorino la qualità della vita sul piano nazionale ed internazionale;- affermando che
l’educazione fisica e lo sport debbono rafforzare la loro azione educativa e favorire i valori fondamentali che
servono di base ai piani di sviluppo dei popoli;- sottolineando di conseguenza, che l’educazione fisica e lo sport
debbono tendere a promuovere i rapporti tra i popoli e tra gli individui, come l’emulazione disinteressata, la
solidarietà, la fraternità, il rispetto e la comprensione reciproca, il riconoscimento dell’integrità e della dignità
degli esseri umani;-considerando che i paesi industrializzati ed i paesi in via di sviluppo assumono obblighi
comuni per ridurre lo scarto esistente tra gli uni e gli altri, quanto al libero accesso di tutti all’educazione fisica
e allo sport;- considerando che inserire l’educazione fisica e lo sport nell’ambiente naturale significa arricchirli,
ispirare il rispetto per le risorse del pianeta e stimolare gli sforzi per conservarle ed utilizzarle per il maggiore
profitto dell’intera umanità;- tenuto conto della diversità di modi di formazione ed educazione esistenti nel
mondo, ma constatando che, malgrado le differenze delle strutture sportive nazionali, è chiaro che l’educazione
fisica e lo sport, al di là del solo ambito del corpo e della salute, contribuiscono ad uno sviluppo armonioso e
completo dell’essere umano;- tenuto conto anche dell’ampiezza degli sforzi da fare perché il diritto all’educazione
fisica e allo sport si realizzi per tutti gli esseri umani,- sottolineando l’importanza per la pace e per l’amicizia
tra i popoli della cooperazione tra le organizzazioni internazionali governative e non governative responsabili
dell’educazione fisica e dello sport – proclama la presente Carta Internazionale allo scopo di porre lo sviluppo
dell’educazione fisica e dello sport al servizio del progresso umano, di favorire il loro sviluppo ed esortare i go-
verni, le organizzazioni non governative competenti, gli educatori, le famiglie e gli individui stessi ad ispirarvisi,
a diffonderla ed a metterla in pratica”.
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integrazione nella società. Deve essere assicurata per tutta la vita, per mezzo di un’educa-
zione permanente, globale e democratizzata la continuità dell’attività fisica e della pratica
dello sport” (art. 2.1).
L’utilità dello sport è chiarita all’art. 2.2: “A livello dell’individuo l’educazione fi-
sica e lo sport contribuiscono alla preservazione ed al miglioramento della salute, ad una
sana occupazione del tempo libero, e permettono all’essere umano di resistere meglio agli
inconvenienti della vita moderna. A livello della comunità arricchiscono i rapporti sociali
e sviluppano lo spirito di fair-play, che al di là dello sport stesso è indispensabile nella vita
sociale”.
Diritto allo sport per tutti, ma nel rispetto delle diversità di ciascuno perché:
“I programmi di educazione fisica e di sport debbono rispondere ai bisogni dell’individuo e
della società.. debbono essere concepiti in funzione dei bisogni e delle caratteristiche persona-
li dei praticanti, come delle condizioni istituzionali, culturali, socio-economiche e climatiche
di ogni paese. Debbono dare la priorità ai bisogni dei gruppi meno favoriti all’interno della
società.” (art. 3).
L’UNESCO riconosce il valore del messaggio olimpico quando afferma (art.
3.3) che “Lo sport competitivo, anche nelle sue manifestazioni spettacolari, deve restare,
secondo l’ideale olimpico, al servizio dello sport educativo, del quale è coronamento e illu-
strazione. Deve essere libero da ogni influsso di interessi commerciali basati sulla ricerca
del profitto”.
La Carta si preoccupa anche di indicare la necessità che le attività sportive
siano affidate e seguite da personale qualificato e che attrezzature e materiali
consentano “una partecipazione intensiva ai programmi scolastici ed extrascolastici di
educazione fisica e di sport” (art. 5.1) ribadendo l’importanza delle attività spor-
tive all’interno della scuola.
Non mancano, già in questa sede, i riferimenti all’ambiente, quando si affer-
ma che strutture e impianti vanno edificati “tenendo conto delle possibilità offerte
dall’ambiente naturale (art. 5.2) e ai mass media, che “dovrebbero esercitare un influs-
so positivo sull’educazione fisica e lo sport” ricordando che chi “si occupa di mezzi di
comunicazione di massa deve essere pienamente cosciente delle sue responsabilità davanti
all’importanza sociale, la finalità umanistica ed i valori morali dei quali sono portatori
l’educazione fisica e lo sport.”
All’art. 9, l’UNESCO chiama a raccolta i poteri pubblici, a tutti i livelli, e gli
organismi non governativi specializzati che “debbono favorire le attività fisiche e
sportive il cui valore educativo è più manifesto. Il loro intervento deve consistere nel fare ap-
Sport e Diritti Umani                                    213

plicare le leggi ed i regolamenti, fornire un’assistenza materiale ed adottare tutte le misure
di incoraggiamento, stimolo e controllo”.
Ma non si ferma ai singoli Stati perché anche la “cooperazione internazionale
è una delle condizioni per lo sviluppo universale ed equilibrato dell’educazione fisica e
dello sport.. Stati, come le organizzazioni internazionali e regionali intergovernative e
non governative nelle quali sono rappresentati i paesi interessati e che sono responsabili
dell’educazione fisica e dello sport, debbono dare a questa attività uno spazio più ampio
della cooperazione bilaterale e multilaterale …È con la cooperazione e la difesa di interessi
comuni nel campo dell’educazione fisica ed in quello dello sport, linguaggio universale per
eccellenza, che i popoli contribuiranno al mantenimento di una pace durevole, al rispetto
reciproco, all’amicizia, e cresceranno così in un clima favorevole alla soluzione dei problemi
internazionali. Una stretta collaborazione, nel rispetto delle loro competenze specifiche, di
tutti gli organismi governativi e non governativi, nazionali ed internazionali, interessati,
deve favorire lo sviluppo dell’educazione fisica e dello sport nel mondo intero.”
Quanto enunciato dall’UNESCO, anche se non vincolante per gli Stati, segna
uno spartiacque tra il sottinteso e il dichiarato, aprendo anche formalmente
un capitolo nuovo nella definizione di un diritto allo sport.
La Dichiarazione dell’UNESCO si pone, cronologicamente tra due atti mol-
to importanti delle Nazioni Unite in tema di sport e diritti umani: la Dichia-
razione Internazionale contro l’Apartheid nello Sport (1977) e la Convenzione Interna-
zionale contro l’Apartheid nello sport (1985)17.
Questi due documenti sono fondamentali nella storia del riconoscimento
di un diritto allo sport perché marcano il passaggio da un periodo stori-
co in cui lo sport è visto come passatempo e attività educativa in genere,
all’uso strumentale dello sport per promuovere i diritti umani e il diritto
alla pace.

17
   UN, Dichiarazione Internazionale contro l’Apartheid nello Sport, allegata alla Risoluzione dell’As-
semblea generale 32/105 del 14 dicembre 1977. La Convenzione Internazionale contro l’Apartheid
nello Sport, è allegata alla Risoluzione dell’Assemblea generale 40/64 del 10 dicembre 1985.
Nel periodo 1968-1985, l’Assemblea generale delle NU adotta una serie di risoluzioni che
affrontano il tema dell’Apartheid nello sport: 2396 del 2 dicembre 1968, 2671 dell’ 8 dicembre
1970, 2775 del 29 novembre 1971, 2796 del 10 dicembre 1971, 2923 del 15 novembre 1972,
3151 del 14 dicembre1973, 3223 del 6 novembre 1974, 3411 del 28 novembre 1975, 31/6 del
26 ottobre 1976. Va, inoltre, ricordata la Risoluzione 569 del 26 luglio 1985 del Consiglio di
Sicurezza.
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Questi documenti, ai quali si giunge grazie alla spinta fondamentale e alla
pressione dell’intero continente africano, segnano l’iniziale confine tra lo
sport come leisure-passatempo, e lo sport come tool-strumento.
Con questi due atti l’ONU invita la comunità internazionale a sospendere
ogni contatto sportivo con il Sud Africa a causa della politica di apartheid
anche nello sport. Così facendo le Nazioni Unite introducono una nuova
forma di embargo e sanzione per dimostrare che “la conduite politique et morale
de l’Afrique du Sud n’était pas approuvée”18.
Questi due atti hanno in comune la volontà di intervenire per eliminare l’apar-
theid in un ambito specifico di disuguaglianza in Sud Africa.
Si parla di violazione dei diritti umani senza mai dire che lo sport è un diritto,
ma lasciandolo sottointeso ed evidenziando, invece, la sua strumentalità ri-
spetto ad altri diritti, e quindi ponendo in rilievo la sua funzione sociale.
Anche se manca il riferimento ad un diritto allo sport, i due documenti con-
tengono numerose e precise misure coercitive per assicurare questo diritto e
dunque lo sport diventa un mezzo di pressione e una nuova forma di embar-
go per colpire e condannare il Sud Africa.
La dichiarazione del 1977 è un documento di 19 articoli, che non trascura
alcun ambito del mondo sportivo (dalle gare, ai contratti, alla presenza negli
organismi dirigenziali) invitando il mondo intero a dare prova di condanna
verso la politica di apartheid in Sud Africa.
La Convenzione che segue a distanza di otto anni (1985) si compone di 22 ar-
ticoli e non modifica l’impianto contenutistico della precedente Dichiarazio-
ne. Ancora una volta non si parla mai di diritto allo sport, ma si impongono
severe misure di condanna per la sua violazione.
La cessazione del regime di apartheid in Sud Africa avrà tra i suoi primi esiti
quello di veder cadere ogni forma di embargo sportivo e di chiamare a rac-
colta tutto il mondo sportivo per garantire il rientro a pieno titolo del Sud
Africa nella comunità sportiva internazionale.
Un altro atto significativo nella cronistoria del diritto allo sport è la Conven-
zione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le

18
    Tradotto: di non approvare la condotta politica e morale del Sud Africa. In Powell J.,
Le sport est impliqué en politique et la politique manipule de sport, in IOA, Report of the 22nd Session,
Olympia 1982, p. 113. Sull’argomento si veda anche STELITANO A., Olimpiadi e Politica, op.
cit., pp. 138-143.
Sport e Diritti Umani                                  215

donne,     adottata a New York il 18 dicembre 197919. Essa contiene un invito
agli Stati membri affinché adottino le necessarie misure per eliminare, anche
nel settore dello sport, le discriminazioni contro le donne. In particolare, si
chiede ai Governi di assicurare le stesse opportunità di partecipare attiva-
mente alle attività sportive e all’educazione fisica in generale e di tutelare il
diritto di partecipare ad attività ricreative, sportive e culturali. Due sono gli
articoli che citano espressamente lo sport:
• l’art. 10: “Gli Stati parte devono prendere tutte le misure adeguate per eliminare la
    discriminazione nei confronti delle donne al fine di assicurare loro gli stessi diritti degli
    uomini in materia di istruzione e in particolare per garantire, su una base di ugua-
    glianza tra uomini e donne....le medesime opportunità di partecipare attivamente agli
    sport e all’educazione fisica”;
• e l’art. 13: “Gli Stati parte devono prendere tutte le misure adeguate per eliminare la
    discriminazione contro le donne in altri campi della vita economica e sociale, al fine di
    assicurare gli stessi diritti, su una base di uguaglianza tra uomini e donne, e in parti-
    colare...il diritto di partecipare alle attività ricreative, agli sport ed a tutte le forme di
    vita culturale”.
Nel 1989, la Convenzione sui diritti del Fanciullo20 contiene tre articoli
che ci riconducono indirettamente ad un diritto allo sport per tutti i più gio-
vani:
• l’art. 24 afferma che “Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del
    miglior stato di salute possibile”
• l’art. 29, comma a), individua tra le finalità che gli Stati devono perseguire
    nell’educazione del fanciullo anche quella di “favorire lo sviluppo della perso-
    nalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e
    fisiche, in tutta la loro potenzialità”.
Mentre l’art. 31 dichiara che:
“1. Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, di dedicarsi
al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e di partecipare liberamente alla vita
culturale ed artistica;

19
  Adottata dall’Assemblea generale delle NU il 18.12.1979.
20
  UN, Convention on the Rights of the Child. Adottata dall’Assemblea generale con Risoluzione
44/25 del 20 novembre 1989, New York.
216                                    Sport, Unione Europea e Diritti Umani

2. “Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare liberamente
alla vita culturale ed artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizione di uguaglian-
za, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative artistiche e culturali”.
Anche in questo caso, pur mancando un esplicito riferimento, l’attività sporti-
va deve essere considerata tra le attività che consentono di migliorare lo stato
di salute del minore e contribuire positivamente al suo sviluppo psico-fisico.
È indubbio, infatti, che l’attività fisica (ludico-motoria o sportiva che si vo-
glia) sia tra le attività “naturali” che il fanciullo svolge e anzi, costituisca una
forma importante di apprendimento nei primi anni di vita.
Il diritto allo sport come diritto di tutti, viene ribadito anche nella Conven-
zione sui diritti dei Disabili21 (2006) nella quale viene espresso il concetto
del diritto allo sport anche per le persone con disabilità, uomini o donne,
che devono poter partecipare alle attività sportive a tutti i livelli, avere eguale
accesso alla preparazione, agli allenamenti, ai servizi, compreso il diritto di
praticare uno sport a scuola.
In particolare, l’art. 24, art.1 comma b, dichiara che gli Stati parti favoriranno
le possibilità di istruzione finalizzate “allo sviluppo, da parte di persone con disabi-
lità della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità
fisiche e mentali fino al loro massimo potenziale”.
Ma è l’art. 30 quello più significativo al riguardo. Si intitola “Partecipazione
alla vita culturale, alla ricreazione, al tempo libero e allo sport” e dedica allo
sport il comma 522.

21
   UN, Convention on the Rights of Persons with Disabilities. Adottata dall’Assemblea generale con
Risoluzione 61/106 del 13 dicembre 2006, New York.
22
   Lo riportiamo per esteso vista l’importanza della materia: “Al fine di permettere alle persone con
disabilità di partecipare su base di eguaglianza con gli altri alle attività ricreative, del tempo libero e sportive,
gli Stati parti prenderanno misure appropriate per: a) incoraggiare e promuovere la partecipazione, più estesa
possibile, delle persone con disabilità alle attività sportive ordinarie a tutti i livelli; b) assicurare che le persone
con disabilità abbiano l’opportunità di organizzare, sviluppare e partecipare ad attività sportive e ricreative
specifiche per le persone con disabilità e, a questo scopo, incoraggiare la messa a disposizione, sulla base di
eguaglianza con gli altri, di adeguati mezzi di istruzione, formazione e risorse; c) assicurare che le persone con
disabilità abbiano accesso a luoghi sportivi, ricreativi e turistici; d) assicurare che i bambini con disabilità ab-
biano eguale accesso rispetto agli altri bambini alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative, di tempo libero
e sportive, incluse le attività comprese nel sistema scolastico; e) assicurare che le persone con disabilità abbiano
accesso ai servizi da parte di coloro che sono coinvolti nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di
tempo libero e sportive.”
Sport e Diritti Umani                                   217

L’attenzione al tema dello sport, che porta al significativo riconoscimento in
questa Convenzione, trae maggior spinta e slancio a partire dal 1993, anno
nel quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite vota una storica Risolu-
zione (48/11) che oltre ad essere la prima ad affrontare in modo diretto e
puntuale il tema dell’Olimpismo, da l’avvio ad una prassi biennale di risolu-
zioni che hanno come argomento lo sport23.
Questo primo atto reca il titolo “Costruire un mondo migliore e più pacifico attra-
verso l’ideale Olimpico”.
Esso mette in evidenza la vicinanza di scopi tra il sistema Nazioni Unite e il
Movimento Olimpico, riconoscendo che lo scopo del Movimento Olimpico
è quello di “costruire un mondo migliore e più pacifico educando la gioventù di tutto il
mondo attraverso lo sport, praticato senza discriminazioni di alcun genere”24, che il CIO
è un soggetto attivo nella politica di mantenimento della pace e, a tal fine,
esorta i soggetti sportivi e non sportivi a collaborare alle iniziative di pace
promosse da questa organizzazione.
Il diritto allo sport, dunque in funzione della tutela del diritto alla pace.
In questa direzione va anche la Dichiarazione del Millennio25 (2000), che
dedica allo sport l’art. 10 nella Sezione II “Pace, sicurezza e disarmo”: “We urge
Member States to observe the Olympic Truce, individually and collectively, now and in the
future, and to support the International Olympic Committee in its efforts to promote peace
and human understanding through sport and the Olympic Ideal.”26

23
   Le Nazioni Unite sono intervenute in materia di sport con due tipologie di risoluzioni,
che hanno conservato lo stesso titolo. Il primo gruppo reca il titolo “Costruire un mondo mi-
gliore e più pacifico attraverso l’ideale Olimpico” e comprende le risoluzioni: 48/11 del 25.10.1993;
48/10 del 25.10.1993, 49/29 del 7.12.1994, 50/13 del 7.11.1995, 52/21 del 25.11.1997,
54/34 del 24.11.1999, 56/75 dell’11.12.2001, 58/6 del 3.11.2003, 60/8 del 3.11.2005, 62/4
del 31.10.2007, 64/4 del 19.10.2009. La seconda serie si intitola “Sport come mezzo per promuo-
vere l’educazione, la salute, lo sviluppo e la pace” e comprende le risoluzioni: 58/5 del 3.11.2003,
59/10 del 27.10.2004, 60/9 del 3.11.2005, 61/10 del 3.11.2006, 62/271 del 23.7.2008, 63/135
dell’11.12.2008.
24
   UN, Risoluzione dell’Assemblea generale 48/11 del 25.10.93.
25
   UN, Risoluzione dell’Assemblea generale 55/2 dell’8.9.2000.
26
   Tradotto: sollecita gli Stati membri ad osservare la tregua olimpica individualmente e col-
lettivamente, ora e in futuro, e a supportare il CIO nei suoi sforzi per promuovere la pace e la
mutua comprensione attraverso lo sport e l’ideale olimpico.
218                              Sport, Unione Europea e Diritti Umani

Nell’ottobre 2002, il Segretario generale dell’ONU Kofi Annan riunisce una
task-force fra le varie Agenzie allo scopo di analizzare il ruolo delle attività
sportive nel sistema delle NU.
La task-force, presieduta dal Direttore Generale dell’UNICEF e da Adolf Ogi,
Consigliere speciale del Segretario generale delle NU per lo Sport, ha pro-
dotto un importante documento: Sport for Development and Peace: Towards the
Millennium Development Goals.
Le conclusioni del rapporto affermano che lo sport è uno fra gli strumenti
più efficaci ed economicamente più convenienti per proseguire il cammino
verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio.
Questo concetto è ben espresso nel Report del Segretario generale delle NU
del 3 ottobre 200827, intitolato Contribution of sport to the Millennium Development
Goals, nel quale si enumerano gli obiettivi del Millennio, elencando i modi in
cui lo sport può contribuire a realizzarli28.
Anche qui lo sport ha il vantaggio di essere un linguaggio semplice, compren-
sibile a tutti, che veicola valori e principi universalmente riconosciuti.
La Dichiarazione del Millennio testimonia un punto di arrivo del diritto allo
sport, dandoci riscontro immediato di quanto quest’attività sia recepita come
strumento per la realizzazione di obiettivi che vanno oltre la competizione
agonistica e che ci introducono nell’ambito più vasto dei diritti umani.

27
  UN, A/63/46, p. 5.
28
  Questi gli obiettivi per esteso: 1) nella lotta alla povertà può fornire opportunità di crescita e
sviluppo, sia in campo industriale, sia nell’organizzazione di eventi. Inoltre, fornisce anche un
ventaglio di abilità e capacità di base che possono aiutare ogni persona nel lavoro quotidiano;
2) nella sfera dell’educazione, aiuta il giovane a sviluppare le proprie abilità fisiche e mentali
contribuendo alla sua crescita complessiva. L’inserimento di un’attività sportiva nei program-
mi scolastici rende anche la scuola più “attraente” per molti studenti offrendogli un’opportu-
nità di confronto e di soddisfazione; 3) nelle politiche di genere e di pari opportunità, aiuta i
processi di integrazione e l’autostima, aiuta a combattere i pregiudizi e ad avere maggiore sicu-
rezza; 4) (e 5) nelle politiche per la riduzione della mortalità infantile e il miglioramento della
salute materna, perché lo sport è salute e praticarlo reca beneficio a tutti; 6) nel combattere
malattie come l’HIV, la malaria ecc, lo sport è veicolo per trasmettere messaggi alle masse, ma
anche per accogliere fondi da impiegare in questo settore; 7) nella promozione di uno svilup-
po sostenibile perché lo sport è rispetto per l’ambiente e la natura che sono la prima palestra
naturale in molti Paesi; 8) nello sviluppo di una partnership globale perché può accrescere la
sensibilità delle Nazioni a fare insieme, a collaborare e interagire per un unico obiettivo.
Sport e Diritti Umani                                         219

In questo percorso non va trascurato il contributo dato dal CIO che, nella
sezione della Carta Olimpica dedicata ai Principi Fondamentali, al punto 8,
dichiara: “La pratica dello sport è un diritto dell’uomo. Ogni individuo deve avere la
possibilità di praticare lo sport secondo le proprie esigenze”.
Questo articolo va letto congiuntamente al punto 6, che illustra l’obiettivo
finale del Movimento Olimpico, obiettivo realizzabile solo garantendo il di-
ritto allo sport: “Il Movimento Olimpico ha come scopo di contribuire alla costruzione
di un mondo migliore e più pacifico educando la gioventù per mezzo dello sport, praticato
senza discriminazioni di alcun genere”.
Anche in sede di Commissioni non sono mancati i pronunciamenti in tal
senso. Di recente, la Commissione Sport per Tutti ha ribadito che “lo sport è
un diritto che appartiene a tutti gli individui, senza distinzioni di razza, di sesso o di classe
sociale di appartenenza”29.
La Commissione Donne e Sport ha ribadito che “la possibilità di praticare uno
sport è un diritto che acquisiamo alla nascita”30 mentre, nel 2007, la Commissione
Etica, ha stabilito che “la salvaguardia della dignità della persona è un’esigenza fon-
damentale dell‘Olimpismo che non ammette alcuna discriminazione tra i partecipanti per
ragioni di razza, sesso, appartenenza, religione, opinione filosofica o politica, situazione
familiare o di qualsivoglia altra natura»31.
Proprio questa Commissione del CIO, nel dare alla luce il Codice Etico32, ci
spiega che il diritto allo sport è collegato al concetto di dignità umana, di
non discriminazione, di tutela della salute e dell’integrità fisica, come pure di
integrità morale.
Riconoscere un diritto allo sport significa, dunque, fare un passo avanti, at-
tivando nuove forze ed energie nella battaglia per la promozione dei diritti
umani. Lo sport, infatti, si è dimostrato un linguaggio nuovo, moderno, po-
polare e transnazionale, che ha saputo arrivare al cuore di molti problemi con

29
   «Le sport est un droit appartenant à tous les individus, sans distinction de race, de sexe ni de classe» in
www.olympic.org/fr/organisation/commissions/sportforall.
30
   CIO, Factsheet. Women in The Olympic Movement, update december 2009.
31
   «La sauvegarde de la dignité de la personne humaine est une exigence fondamentale de l‘Olympisme. Aucune
discrimination ne sera exercée entre les participants en raison de leur race, leur sexe, leur appartenance ethni-
que, leur religion, leur opinion philosophique or politique, leur statut familial ou autres». In CIO, Ethics,
Losanna 2007, p. 13.
32
   CIO, Code of Ethics, adottato dalla Commissione esecutiva il 27 aprile 2007, Pechino.
220                            Sport, Unione Europea e Diritti Umani

naturalezza e semplicità. Questo perché è un’attività neutrale; è sottoposto
alle stesse regole in tutto il mondo, ed è anche un’attività non indispensabi-
le nel quadro generale delle relazioni internazionali e questo contribuisce a
dargli maggior forza e capacità di aggregare le persone intorno ad un nucleo
di valori e principi che rendono la comunità degli sportivi una comunità più
vasta di quella delle Nazioni Unite.
Oggi sono numerose anche le organizzazioni internazionali non governative
sorte per dare sostegno al progetto di “sport per tutti”, che non è altro che
l’applicazione pratica e semplice del diritto allo sport.
La funzione di queste organizzazioni è proprio quella di sollecitare l’adesione
a progetti di sensibilizzazione alle politiche sportive e insieme di organizzare
raccolte fondi da destinare a progetti concreti.
Una delle principali organizzazioni è la canadese Right to Play, sorta per mi-
gliorare la vita dei bambini che vivono in aree sottosviluppate del mondo
impiegando lo sport e il gioco come strumenti della loro azione.
La chiave del successo di questa organizzazione è stata quella di sviluppare
un progetto di raccolta fondi, che si è concretizzato attraverso l’Olympic Aid.
Questo progetto si è realizzato grazie al coinvolgimento di molti campioni,
che si sono offerti come ambasciatori per iniziative promozionali, ma anche
come soggetti direttamente impegnati a donare parte dei premi vinti ai Gio-
chi Olimpici33. Oggi l’organizzazione svolge un ruolo fondamentale e costan-
te nei progetti nel settore Sport e Sviluppo anche per promuovere il diritto al
gioco e allo sport per tutti i bambini: “Our vision is to engage leaders on all sides of
sport, business and media to ensure every child’s right to play”34.
Questa OING, oltre al riconoscimento olimpico, è una delle poche organiz-
zazioni sportive che hanno ottenuto anche status consultivo presso l’ECO-
SOC (ONU) insieme a: International Sports Organization for the Disabled (1989),
Special Olympics International (1991), Federation of European Motorcyclists Associa-

33
   La prima raccolta fondi ha fruttato circa 18 milioni di dollari permettendo di finanziare 5
progetti nel 1994: un ospedale a Sarajevo; delle scuole in Eritrea; un programma in favore delle
giovani madri in Guatemala; un programma di supporto ai rifugiati politici in Afghanistan e un
programma in favore dei bambini con disabilità in Libano.
34
   Tradotto: il nostro scopo è di coinvolgere tutti coloro che governano lo sport, il mondo
economico e i mass media per assicurare ad ogni bambino il diritto di giocare e praticare uno
sport. Si veda il sito ufficiale dell’organizzazione www.righttoplay.org.
Sport e Diritti Umani                            221

tions (1996), Conseil International du sport militaire (2007) e International Paralympic
Committee (2008).
È interessante notare come il settore di intervento delle prime organizzazioni
ad aver goduto di questo status sia quello che si occupa di sport per ragazzi
con disabilità.
In questo esiste una corrispondenza anche cronologica con l’interesse delle
NU per lo sport, che è partito proprio dalla sensibilità verso le categorie più
svantaggiate, e normalmente escluse dalla pratica sportiva, per ribadire il con-
cetto di diritto allo sport.
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