Il Corsaro Nero e il Capitano Blood: Una Lettura Comparata di Alcuni Lavori di Emilio Salgari e di Rafael Sabatini
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Belphégor Michelguglielmo Torri Il Corsaro Nero e il Capitano Blood: Una Lettura Comparata di Alcuni Lavori di Emilio Salgari e di Rafael Sabatini A mo' d'introduzione: come e perché è stato delimitato il tema di questo articolo Vorrei aprire quest'articolo, spiegando perché ho scelto come soggetto un'analisi comparata dei due romanzi di Emilio Salgari in cui compare il Corsaro Nero con il romanzo Il capitano Blood di Rafael Sabatini. Non sono, infatti, né uno studioso di letteratura né, tanto meno, un anglista, bensì uno storico. Sabatini ha scritto romanzi e racconti storici più alcuni saggi di storia. Quindi, a prima vista, si può pensare che io sia competente, in quanto storico, ad analizzare la dimensione storica dell'opera di Sabatini. Tuttavia, la mia competenza specifica di storico, per quanto riguardi un'area piuttosto grande del mondo (il subcontinente indiano ed il Medio Oriente), non coincide in alcun modo con quella in cui Rafael Sabatini ha ambientato le sue opere. Le opere di Sabatini, infatti, hanno tutte come scenario l'Europa Occidentale, o il Mediterraneo Occidentale, o la Costa Orientale degli Stati Uniti o, infine, il Mar dei Caraibi. Anche i pochissimi romanzi di Sabatini che sono di argomento, per così dire, «esotico», cioè La spada dell'islam e Lo sparviero del mare, si svolgono nel Mediterraneo Occidentale, cioè in un'area in cui la mia competenza storica non arriva. Quando ho ricevuto da «Belphégor» la proposta di preparare un articolo su Rafael Sabatini, quindi, mi sono interrogato sul soggetto che avrei voluto trattare. Effettivamente, proprio come storico, un tema che mi avrebbe fatto piacere affrontare era rappresentato dal contenuto storico dei romanzi di Sabatini sulla Rivoluzione Francese. Scaramouche - ambientato nel periodo immediatamente prima ed immediatamente dopo lo scoppio della Rivoluzione Francese - è, a parer mio, il migliore in assoluto fra i romanzi di Sabatini e uno dei migliori romanzi storici che mi sia mai capitato di leggere. Purtroppo, però, per quanto non privo di cognizioni sulla storia della Rivoluzione Francese, non ne ho a sufficienza per affrontare in maniera critica una trattazione dello sfondo storico dei romanzi sabatiniani ambientati a quei tempi. Questo problema si pone anche per gli altri romanzi, nel senso che anche gli altri periodi storici trattati da Sabatini, per quanto da me conosciuti, in quanto persona genericamente colta, non rientrano nel mio campo specifico di competenza. Alla fine, la soluzione del problema mi è stata data dall'idea di comparare l'opera di Sabatini a quella di Emilio Salgari. Perché questo accostamento di Salgari a Sabatini? Innanzi tutto perché noi italiani http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor che abbiamo letto Sabatini siamo tutti reduci dalla lettura dei romanzi di Salgari. È difficile pensare che vi sia un lettore italiano di Sabatini che, prima, non abbia letto Salgari. Per molti degli appartenenti alla generazione nata nel secondo dopoguerra (che è, poi, l'ultima generazione che ha sistematicamente letto Salgari), in realtà la scoperta di Sabatini è dovuta alla ricerca di un autore che potesse sostituire Salgari una volta che tutti i libri di quest'ultimo erano stati letti e riletti. Un'altra analogia fra Sabatini e Salgari è, poi, che l'uno e l'altro sono autori di romanzi storici. Salgari, è vero, a differenza di Sabatini, ha ambientato la gran parte dei suoi romanzi in un periodo storico appena trascorso o contemporaneo rispetto a quello in cui scriveva, tanto che tali romanzi possono essere considerati d'attualità. In proposito, basti pensare al ciclo delle Filippine, scritto in contemporanea a quella rivoluzione filippina antispagnola (e antiamericana) che fa da sfondo agli avvenimenti dei romanzi in questione. Salgari, però, è anche stato autore di alcuni romanzi storici ambientati nel Mediterraneo fra '500 e '600. Si tratta de Le pantere di Algeri, di Capitan Tempesta e del suo seguito, Il leone di Damasco. Inoltre Salgari ha scritto un romanzo, Cartagine in fiamme, ambientato addirittura al tempo della terza guerra punica, cioè un periodo storico assai più remoto di quelli che servono da sfondo ai romanzi di Sabatini. Ma l'analogia decisiva fra l'opera di Salgari e quella di Sabatini, che mi ha spinto a sceglier il tema di quest'articolo, è rappresentata dal fatto che sia Sabatini sia Salgari hanno ambientato una serie di romanzi nei Caraibi nel periodo fra il '500 ed il '600, all'epoca cioè della guerra da corsa condotta soprattutto da inglesi e francesi contro gli spagnoli. Per questo motivo è sembrato logico tentare di fare un paragone tra i personaggi che agiscono e il mondo che viene descritto in questi romanzi dei due autori. L'idea di fondo è che un paragone fra il modo in cui Salgari e Sabatini affrontano lo stesso periodo storico possa darci delle indicazioni interessanti sulla maniera di scrivere e sulla personalità dei due autori. Dato che, come storico, sono abituato a delimitare i miei temi d'analisi in maniera precisa, in modo che non vi siano equivoci o lo spazio per possibili critiche di superficialità, ho ritenuto opportuno circoscrivere ulteriormente il campo della comparazione e dell'analisi. Non parlerò di tutti i romanzi di Salgari e di Sabatini ambientanti nel Mar dei Caraibi fra '500 e '600, bensì solo de Il capitano Blood di Rafael Sabatini e dei due romanzi di Emilio Salgari in cui compare il Corsaro Nero, cioè Il Corsaro Nero e La regina dei Caraibi. Questa selezione è giustificata dal fatto che Il capitano Blood è l'unico romanzo in cui compare Peter Blood, dato che Le cronache del capitano Blood e Le fortune del capitano Blood sono raccolte di novelle. Per quanto riguarda Il Corsaro Nero e La regina dei Caraibi, invece, abbiamo due volumi che costituiscono due romanzi differenti, ma che sono l'uno il seguito dell'altro. In effetti, la connessione fra i due romanzi è tanto stretta che si può sospettare che Salgari, scrivendo il primo, pensasse già alla possibilità di scrivere il secondo. Questo aspetto, più di unicità che di continuità, è stato recentemente sottolineato dalla Casa Editrice Nord che, in occasione del centenario della pubblicazione de Il Corsaro Nero, ha unificato Il Corsaro Nero e La regina dei Caraibi in un unico volume intitolato Avventure del Corsaro Nero 1 . Se è permesso un paragone dichiaratamente audace, si può dire che l'unificazione dei due romanzi salgariani in un'unica opera è del tutto analoga a quella che, a suo tempo, si fece per il Don Chisciotte. L'opera di Cervantes, infatti, http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor è formata, in realtà, da due volumi distinti, scritti in momenti diversi. Anzi, abbiamo tutte le ragioni di ritenere che, quando scrisse il primo volume del Don Chisciotte, Cervantes non pensasse di scriverne un secondo. Ma, come ognun sa, quei due libri furono poi unificati come la prima e la seconda parte della medesima opera. Quindi, quando parliamo del Don Chisciotte, parliamo di entrambi i volumi, nonostante che, fra il primo ed il secondo, vi sia una certa differenza di stile ed una certa evoluzione dei personaggi. Lo sfondo storico dei romanzi Come si è detto, il periodo storico e l'ambiente delle Avventure del Corsaro Nero di Emilio Salgari e de Il capitano Blood di Rafael Sabatini sono gli stessi. Entrambi i romanzi sono ambientati nel Mar dei Caraibi, entrambi nella seconda metà del '600. Per Il capitano Blood abbiamo delle date ben precise: la vicenda del romanzo incomincia nel 1685 e finisce nel 1688 o nel 1689, subito dopo la «Gloriosa Rivoluzione» che pose fine al regime degli Stuart in Inghilterra. Per il Corsaro Nero, invece, le date non sono così ben definibili e alcuni avvenimenti, che si svolgono all'inizio del romanzo o che, addirittura - rievocati nel racconto del Corsaro Nero -, ne formano il prologo, coincidono con avvenimenti storici successivi a quelli che si verificano nell'ultima parte del romanzo. Non si tratta di un fatto strano, visto che Salgari era spesso impreciso con le date dei suoi riferimenti storici, mescolandole allegramente, con la disinvoltura di uno sceneggiatore di Hollywood. Ma, in sostanza, si può affermare che le vicende del Corsaro Nero si concludano nel 1683- 84. In altre parole, per quanto non possiamo forse pensare che «La Folgore», cioè la nave del Corsaro Nero, e l'«Arabella», cioè la nave del capitano Blood, si ancorassero l'una al fianco dell'altra nei medesimi porti, possiamo quanto meno pensare che alcuni membri della ciurma che era stata del Corsaro Nero abbiano poi servito con quella del capitano Blood. Prima di entrare nel merito della discussione non sarà superflua una breve introduzione sulla situazione storica che fa da sfondo alle opere che vogliamo analizzare. Siamo nella seconda metà del '600: sia il Corsaro Nero sia il capitano Blood sono corsari che combattono contro la Spagna nel Mar dei Caraibi. La Spagna appare ancora, in questi romanzi, ma soprattutto ne Il capitano Blood, come una grande potenza, aggressiva ed arrogante. La realtà storica, però, è un po' diversa: nella seconda metà del '600, ormai, la Spagna era in piena decadenza ed era diventata più oggetto che soggetto di storia. La potenza militare spagnola era stata distrutta sui campi di battaglia europei, alla fine della «Guerra dei Trent'anni», dalle truppe francesi. Non solo le fino ad allora invincibili fanterie spagnole erano state sterminate fisicamente a Rocroi, ma la Spagna era stata distrutta economicamente dallo sforzo di condurre una serie ininterrotta di guerre dall'inizio del '500 alla metà del '6002 . Quindi, nella seconda metà del '600, la Spagna era, in verità, un paese in decadenza, che si difendeva con difficoltà dalle aggressioni che provenivano, soprattutto, dall'Inghilterra e dalla Francia. Nel corso del '500 e del '600, l'Inghilterra e la Francia non solo avevano più volte depredato i convogli spagnoli che portavano in Europa l'argento del Potosì, ma avevano strappato alla Spagna il controllo delle Piccole Antille e di una parte dell'isola di Hispaniola. In effetti, nel '500 e nel '600, i Caraibi, ma in particolare l'isola dellaTortuga (nominalmente una colonia francese), erano diventati un covo di predoni, detti filibustieri, che, man mano che la potenza spagnola aveva preso a declinare, si erano fatti sempre più aggressivi. Essi, infatti, non si limitavano più ad attaccare le navi spagnole, ma si http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor erano resi responsabili di una serie di scorrerie contro le principali città costiere della Nuova Spagna. Nella più famosa e clamorosa di tale imprese, essi, sotto la guida di Harry Morgan, attraversarono l'istmo centroamericano, attaccando e saccheggiando la città di Panama 3 . Questi predoni, però, potevano agire grazie alla protezione politica e militare della Francia e dell'Inghilterra. Si trattava di una protezione simboleggiata dalla concessione di patenti che abilitavano chi le riceveva a praticare la «guerra da corsa» contro la Spagna, nel nome dell'Inghilterra o della Francia. I predoni del Mar dei Caraibi erano quindi considerati dei «corsari», cioè dei combattenti irregolari (il che, ovviamente, non impediva che, se catturati dalla Spagna, essi venissero prontamente appesi ad un pennone o ad una forca). Ma l'elemento importante era la protezione politico-militare loro accordata dall'Inghilterra e dalla Francia. Non è un caso che quando la politica inglese nei confronti della Spagna finalmente cambiò (per ragioni legate alla situazione europea), le fortune dei corsari dei Caraibi declinassero di colpo e, presto, si estinguessero 4 . Nella seconda metà del '600 - al tempo cioè del Corsaro Nero e del capitano Blood - i possedimenti spagnoli erano ancora estremamente ampi, la Spagna aveva ancora l'impero coloniale più grande del mondo e, da esso, continuava a provenire un fiume d'argento, ancorché un fiume d'argento ormai insufficiente a tenere in piedi l'economia spagnola. D'altra parte, le Piccole Antille - nelle mani degli inglesi, dei francesi e degli olandesi - erano esse stesse fonte di grande ricchezza. Esse, infatti, erano sede di un sistema di piantagioni basato sullo schiavismo (noi lo sappiamo, tra l'altro, leggendo le vicende dello stesso capitano Blood, che viene, ad un certo punto, inviato come schiavo nelle Piccole Antille). Dalle piantagioni delle Piccole Antille usciva un fiume di ricchezza paragonabile o, forse, a detta di storici come Ruggero Romano, superiore a quello costituito dall'argento dell'America spagnola. Non c'è da stupirsi, quindi, che un'area del globo crocevia e centro produttore di un enorme volume di ricchezza continuasse ad essere un campo di battaglia per circa due secoli5 . Ed è in questo campo di battaglia che, per motivi profondamente diversi, troviamo come protagonisti il Corsaro Nero e il capitano Blood. Trame complesse e trame semplici Ma prima di soffermarci sui protagonisti dei nostri romanzi, sarà bene dire qualcosa sulle trame delle Avventure del Corsaro Nero e de Il capitano Blood. Si tratta di trame fra loro profondamente differenti ed esemplari degli altri romanzi dei due autori. Estremamente semplici, perfino semplicistiche, le trame di Salgari; estremamente complesse, perfino complicate, quelle di Sabatini. Per venire al caso specifico, possiamo notare come ne Il capitano Blood ci siano tre parti distinte, ciascuna delle quali avrebbe potuto diventare un romanzo a sé stante. La prima è rappresentata dalle vicende di Peter Blood prima come tranquillo medico, di padre irlandese e di madre inglese, condannato alla schiavitù perché ingiustamente accusato di aver partecipato ad una ribellione contro re Giacomo II Stuart, e poi come schiavo nelle colonie americane, fino alla sua fortunosa fuga. La seconda parte è rappresentata dalle vicende di Peter Blood, una volta sfuggito con i suoi compagni alla schiavitù. Blood si dà alla pirateria, che, per una qualche strana ragione, invece che contro gli inglesi (responsabili della sua schiavitù), esercita ai danni degli spagnoli (responsabili, per quanto involontariamente, della http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor sua liberazione). Qui, gli episodi che si intrecciano sono molti e, in effetti, le vicende di questa parte della carriera di Blood verranno poi riprese da Sabatini in due raccolte di novelle: Le cronache del capitano Blood e Le fortune del capitano Blood. Ma questa parte del romanzo ha un elemento portante, costituito dal lungo duello fra Peter Blood e l'ammiraglio spagnolo Don Miguel de Espinosa, della morte del cui fratello Blood è responsabile (ancorché involontariamente). È una parte che si conclude con la definitiva sconfitta di Don Miguel. È in occasione della battaglia finale fra Blood e l'ammiraglio spagnolo (anzi ex ammiraglio, perché, ormai caduto in disgrazia, si è tramutato egli stesso in un pirata) che Blood ha modo di liberare una giovane inglese, Arabella Bishop, precedentemente fatta prigioniera da Don Miguel. Arabella è nient'altro che la nipote del crudele piantatore a cui Blood era stato venduto come schiavo, ma è una persona leggiadra e gentile di cuore, di cui Blood, durante la sua schiavitù, si era segretamente innamorato. Ed è con la liberazione di Arabella che incomincia la terza parte del romanzo. Arabella Bishop, che è una donna moralmente piuttosto rigida, come tutte le eroine sabatiniane, umilierà Peter Blood, accusandolo - non del tutto a torto, ma, certo, ingenerosamente - di essere un «ladro e pirata». Questa sarà la molla che spingerà Blood a passare dalla pirateria alla guerra da corsa. Si metterà in un primo tempo, anche se suo malgrado, al servizio degli inglesi; ma il pessimo rapporto con il suo diretto superiore, quello stesso colonnello Bishop che era stato il suo ex padrone, lo costringerà a disertare. Dopo un periodo di crisi - durante il quale, rifugiatosi alla Tortuga, si lascerà andare psicologicamente e fisicamente, dandosi al bere -, Blood passerà al servizio dei francesi. Anche in questo caso, i dissapori con il suo diretto superiore, il barone de Rivarol, renderanno a Blood la vita difficile. Infine, tradito insieme ai propri uomini da Rivarol, Blood troverà una nuova ed onorevole carriera tornando al servizio degli inglesi. Mentre, infatti, Blood e i suoi uomini operavano come parte del contingente francese nella spedizione contro la città spagnola di Cartagena, in Inghilterra si era verificata la «Gloriosa Rivoluzione». Fra le conseguenze della rivoluzione vi era stata la cacciata di quel Giacomo II Stuart, responsabile della schiavitù dello stesso Blood, e, subito dopo, lo scoppio di una guerra fra l'Inghilterra e la Francia del Re Sole (che appoggiava i diritti dello Stuart). Nella nuova situazione politica determinata da tali avvenimenti, Blood accetta le proposte del rappresentante di Guglielmo d'Orange, il nuovo monarca inglese, di passare al servizio dell'Inghilterra. Egli, quindi, si copre d'onore - e regola un conto personale - sbaragliando i francesi di Rivarol, che, saputo della guerra in corso, stanno tentando di espugnare Port Royal, la capitale della Giamaica. Il vittorioso capitano Blood viene quindi nominato governatore della Giamaica e, subito dopo, avrà modo di coronare il suo sogno d'amore con Arabella. Come si vede, quindi, ne Il capitano Blood ci sono tre trame - e tre trame complesse - che avrebbero potuto dar luogo ad altrettanti romanzi. Se prendiamo, invece, i due romanzi che compongono le Avventure del Corsaro Nero, abbiamo trame talmente semplici, da sembrare semplicistiche: il Corsaro Nero è una persona che deve realizzare una vendetta contro colui che gli ha ucciso il fratello maggiore. Il responsabile dell'assassinio, il duca Wan Guld, un fiammingo prima al servizio della Francia, poi passato al servizio della Spagna, è diventato un personaggio importante nelle colonie americane spagnole. È per questo che il Corsaro Nero e gli altri due fratelli superstiti si sono trasferiti nei Caraibi, dove combattono contro la Spagna. Ma entrambi i fratelli superstiti del Corsaro Nero (che, per il colore da loro preferito nell'abbigliamento, sono diventati noti come il Corsaro Verde ed il Corsaro http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor Rosso) periscono sotto i colpi di Wan Guld. In effetti, le Avventure del Corsaro Nero si aprono con l'annuncio dell'impiccagione del Corsaro Rosso, l'ultimo dei fratelli del Corsaro Nero a perire per mano di Wan Guld. Sia nella prima parte delle Avventure del Corsaro Nero sia nella seconda, vediamo, il Corsaro Nero introdursi dapprima in una città spagnola, rischiare di cadere prigioniero, liberarsi, prendere d'assalto e conquistare la città, vedersi sfuggire il nemico che sta inseguendo e, infine, inseguire questo nemico la prima volta senza esito, la seconda con esito letale. Dialoghi e descrizioni Insomma, come si è già detto, le trame dei due volumi che hanno come protagonista il Corsaro Nero e la trama de Il capitano Blood hanno caratteristiche assai dissimili (e esemplificative delle differenze fra i due autori). Ma il contrasto nel modo di scrivere dei due autori non si arresta qui. Nel romanzo sabatiniano non solo il dialogo ha un ruolo importantissimo, ma i dialoghi stessi sono fra i maggiori motivi d'interesse del romanzo stesso. Si tratta di dialoghi molto eleganti, molto intelligenti, che, quasi sempre, si configurano come veri e propri duelli verbali. I dialoghi salgariani, dal canto loro, hanno anch'essi un ruolo importante. Ma, per quanto i dialoghi salgariani finiscano anch'essi per riempire una parte considerevole dei romanzi di questo autore, si tratta di dialoghi che non sono né molto brillanti, né particolarmente acuti. Il loro compito è semplicemente quello di far passare il tempo, in attesa che si verifichi un evento drammatico: un combattimento, un duello, un attacco da parte di bestie feroci, una tempesta... e così via. A loro modo sono dialoghi scritti con un certo mestiere perché, dopo tutto, non stancano. Ma, come si è detto, sono dei semplici - anche se in fondo abili - riempitivi, con un ruolo ed un'importanza del tutto diversa rispetto ai dialoghi - così scintillanti ed intelligenti - di Sabatini. Più che i dialoghi, in Salgari hanno grande importanza le descrizioni dei paesaggi. Descrizioni che, invece, sono sostanzialmente assenti nelle opere di Sabatini. In tali descrizioni Salgari eccelle: la sua capacità di descrivere la natura è veramente notevole. Le sue descrizioni del mare, del mare in tempesta e delle giungle non possono non colpire. Tanto più che, come noi sappiamo, il più delle volte Salgari parlava di luoghi che non aveva mai visto e descriveva fenomeni naturali a cui non aveva mai assistito. È cosa nota che Salgari, da giovane, abbia navigato per un paio d'anni nel Mare Adriatico. Può darsi che, in quelle occasioni, abbia visto delle tempeste, anche se le tempeste nel Mar Mediterraneo si verificano prevalentemente nel periodo invernale. Di conseguenza si può perfino dubitare che Salgari abbai mai vissuto di persona l'esperienza di una tempesta in alto mare. Ciò nonostante, le descrizioni che Salgari fa delle tempeste tropicali, o del mare tropicale quando diviene fosforescente, o delle foreste che non ha mai visto e degli animali che vi abitano è una cosa che, ancor oggi, cattura l'attenzione anche del lettore che, in certi casi, ha avuto occasione di vedere mari e giungle tropicali. Ci si rende conto, quindi, dell'impatto esercitato dalla prosa di Salgari. Evidentemente era un impatto che doveva essere tanto più percepibile nell'epoca in cui egli incominciò a scrivere, cioè in un periodo in cui non esisteva ancora il cinema. Del resto, gli ultimi fruitori - che sono poi quelli della generazione di chi scrive, cioè quella nata nel primo decennio dopo la seconda guerra mondiale - hanno incominciato a leggere Salgari quando, in Italia, ancora non c'era la televisione. Essi, quindi, possono ancora ricordare come le immaginifiche descrizioni salgariane sapessero generare, quasi immancabilmente, sensazioni visive che, per esempio al cinema, sono suscitate solo http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor da opere di registi eccezionali (il primo esempio che mi viene in mente, anche se si tratta di un'opera non ambientata nei Caraibi, è il Lawrence d'Arabia di David Lean). Navi e battaglie navali Ma, se Salgari è straordinariamente bravo nelle sue descrizioni della natura, è forse ancora più abile nella descrizione delle battaglie sia di terra sia di mare. Non è - intendiamoci - che Salgari sia molto preciso nel descrivere battaglie terrestri e navali. Ma lo stesso vale per Sabatini. E, in questa sede, dove si parla di romanzi in cui la guerra sul mare ha tanta importanza, vale forse la pena di soffermarsi sul modo in cui i nostri due autori descrivono le navi da guerra dei loro personaggi e gli scontri navali in cui essi sono impegnati. Non vi è dubbio che Sabatini - un autore certamente assai più colto di Salgari - avesse cognizioni storiche più profonde ed una conoscenza molto più precisa di come fossero le navi da guerra del '600 di quanto fosse il caso per Salgari. Per esempio, Salgari ha idee del tutto errate sulla reale consistenza dell'artiglieria imbarcata a bordo delle navi dell'epoca. Le navi più potenti da lui descritte hanno una dozzina o, eccezionalmente, 14 cannoni. Fra questi vi sono un paio di «cannoni da caccia», cioè cannoni di grosso calibro e di lunga gittata, che Salgari descrive come montati su perni girevoli, posti a poppa e/o a prua della nave. Si tratta, cioè, di cannoni di un tipo che incominciò ad essere usato solo nella seconda metà dell'800, sulle prime navi da guerra a vapore 6 . Le navi descritte da Sabatini, invece, hanno, correttamente, da 30 a 40 cannoni, nel caso dei velieri che navigavano nel mar dei Carabi (e che non erano «navi di linea»), e intorno agli 80 cannoni nel caso dei velieri (evidentemente «navi di linea») che compongono il nerbo della flotta francese giunta dall'Europa al comando del barone de Rivarol. Altrettanto correttamente, le navi descritte da Sabatini non hanno cannoni montati su perni girevoli7 . Ma è un dato di fatto che, quando passa a descrivere una battaglia navale, anche Sabatini rivela una scarsa conoscenza dell'argomento. L'incongruenza più stridente è rappresentata dal fatto che Sabatini fosse convinto del fatto che un'unica cannonata - se piazzata sulla linea di galleggiamento - fosse sufficiente a provocare danni irreparabili ad una nave da guerra del '600. Sabatini, evidentemente, nello scrivere i suoi romanzi storici di ambiente marinaro, immaginava che i cannoni del '600 avessero un potere di penetrazione grosso modo simile a quello dei cannoni della sua epoca. Ma ancora all'inizio dell'800 - e a tanto maggior ragione nel '600 - la scarsa capacità di penetrazione dell'artiglieria faceva sì che un combattimento navale fosse una faccenda prolungata. Prima di affondare, una nave dell'epoca doveva essere letteralmente scardinata da una serie di bordate che la colpissero intorno alla linea di galleggiamento. In effetti, un colpo isolato, anche se attraversava da parte a parte la fiancata di una nave sulla linea di galleggiamento (e già non era una cosa facile da verificarsi) non faceva, in genere, danni irreparabili8 . Nel '600 i calibri dei cannoni erano ormai ridotti ad un numero relativamente limitato e ogni nave da guerra era dotata di un adeguato numero di tappi di sughero corrispondenti ai calibri in uso. Fatto il buco, si inseriva il tappo e, a meno di non incappare in una violenta tempesta, la nave continuava tranquillamente a galleggiare 9 . In effetti, questa situazione faceva sì che, soprattutto nel '500 e nel '600 - quando il numero dei pezzi e la dimensione dei http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor calibri erano inferiori a quelli del '700 e le navi più agili, in quanto più piccole, di quelle del '700 - il momento decisivo di uno scontro navale fosse, spesso, l'abbordaggio. Da questo punto di vista diventava una questione d'importanza determinante disalberare la nave avversaria (in modo che non potesse più manovrare) e smontarne i cannoni (in modo che non potesse più difendersi). In questa prospettiva, più che mirare alla linea di galleggiamento, si mirava all'alberatura e ai sabordi (cioè le feritoie a cui si affacciavano i cannoni). Un'altra tattica importante consisteva nel passare a poppa della nave avversaria, facendo fuoco con i propri cannoni appunto contro la poppa. La parte posteriore di una nave di tutto il periodo fino all'inizio dell'800 era infatti la sua sezione più vulnerabile. Mentre, da ogni altra parte, le fiancate erano massicce, a poppa vi erano gli alloggi del comandante e degli ufficiali, a cui davano luce grandi finestre, ornate di infissi dorati, colonnine e balconi 10. Se quindi, una nave riusciva a disporsi con un fianco rivolto verso la poppa dell'avversaria, era in grado di scaricare i propri cannoni con effetti devastanti, prendendo «di infilata» l'altra nave. I proiettili della prima nave, infatti, passando oltre l'inesistente difesa rappresentata dalle grandi e artistiche finestre di poppa, attraversavano la seconda nave per la sua intera lunghezza, smontandone i cannoni, massacrandone l'equipaggio e, in certi casi, spezzandone alla base gli alberi (ciò che rendeva la nave colpita incapace di governare). Questa sostanziale robustezza delle navi da guerra del '500-'700 era evidentemente ignota a Sabatini, anche se non a Salgari11. Però, una volta che si è ricordata le limitazioni nella conoscenze tecniche sulla guerra navale del '600 da parte dei nostri due autori, bisogna subito aggiungere che, in Salgari, le descrizioni delle battaglie, incluse le battaglie navali, sono, al pari delle raffigurazioni della natura e dei fenomeni naturali, uno dei suoi punti forti. Attraverso tali descrizioni, infatti, Salgari riesce a dare un'impressione di confusione e di violenza estremamente realistica, tale da prendere il lettore. È, questo, qualcosa che manca completamente in Sabatini. Quando si legge la descrizione di una battaglia o di un duello scritta da Sabatini sembra, infatti, di assistere ad una partita a scacchi. Non dico che la cosa sia in sé negativa. Le battaglie o i duelli di Sabatini sono come i suoi dialoghi: l'evento, cioè, è descritto in modo intelligente, chiaro e preciso. È, insomma, il modo in cui una battaglia è descritta da uno storico, piuttosto che da un romanziere. E, come storico di professione, devo dire che empatizzo con il metodo sabatiniano (che è poi lo stesso da me seguito quando, nei miei scritti, mi è capitato di parlare di guerra). Ma è indubbio che le sanguinose e sanguinarie battaglie di Salgari danno un'impressione di immediatezza e di verità che nelle descrizioni di Sabatini è sostanzialmente assente. Due distinti gentiluomini, solo a prima vista simili... A questo punto, terminata per così dire la nostra marcia di avvicinamento, possiamo finalmente fissare la nostra attenzione sui due personaggi - il Corsaro Nero ed il capitano Blood - facendo un parallelo fra i due. Come punto di partenza per questo parallelo si può prendere la sovraccoperta illustrata della vecchia edizione Sonzogno de Il capitano Blood12. A prima vista, il gentiluomo che compare nell'illustrazione della sovraccoperta - che da una serie di elementi si può immediatamente individuare come il capitano Blood - sembra iconograficamente simile, quando non addirittura identico, al Corsaro Nero. Sia il Corsaro Nero sia il capitano Blood, infatti, sono due eleganti gentiluomini che vestono di nero (secondo, del resto, la moda spagnola dell'epoca, destinata, di lì a qualche decennio, ad essere soppiantata http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor dal nuovo stile inaugurato in Francia dal Re Sole). Ma si tratta di una somiglianza superficiale, come, d'altra parte, non può fare a meno di percepire un qualsiasi lettore attento di Salgari, che osservi l'illustrazione a cui alludiamo (un'illustrazione a suo modo abbastanza accurata). Per quanto, infatti, il Corsaro Nero ed il capitano Peter Blood siano entrambi degli eleganti gentiluomini nerovestiti, il Corsaro Nero è completamente ed esclusivamente vestito di nero: i pizzi del suo vestito sono neri, così come lo sono la piuma sul suo cappello, i suoi stivali, le sue armi. Il capitano Blood, invece, corregge il nero del suo vestito con eleganti collari e polsini di pizzo argenteo e con una piuma rossa sul cappello. Le sue armi non sono nere e, dimostrando una frivolezza ben lungi dall'austerità del Corsaro Nero, Blood impugna spesso un elegante bastone da passeggio, ornato di nastri colorati. Ci sono poi, anche nell'apparenza fisica, altre differenze. Nel suo romanzo, Sabatini descrive Blood come una persona dal colorito di pelle tanto scuro da sembrare uno zingaro. Il Corsaro Nero, invece, è descritto da Salgari come pallidissimo. È solo nei momenti di intensa emozione che - al pari dell'imperatore Domiziano (ma il paragone è mio, non di Salgari) - il Corsaro Nero acquista un po' di colore, arrossendo. Visto che le differenze fisiche fra i due personaggi sottintendono una diversità profonda nei rispettivi caratteri, vale forse la pena di soffermarsi sulle descrizioni che i due autori danno dei loro personaggi. Il Corsaro Nero, cioè Emilio di Roccanera 13, signore di Valpenta e di Ventimiglia, gentiluomo del duca di Savoia, fattosi corsaro per vendicare la morte del fratello maggiore, è descritto da Salgari - in modo sostanzialmente identico - sia all'inizio del primo sia all'inizio del secondo romanzo di cui è il protagonista. Era vestito - scrive Salgari all'inizio de Il Corsaro Nero - completamente di nero e con un'eleganza che non era abituale fra i filibustieri del grande golfo del Messico... Portava una ricca casacca di seta nera, adorna di pizzi d'egual colore coi risvolti di pelle ugualmente neri; calzoni pure di seta nera, stretti da una larga fascia frangiata; alti stivali alla scudiera e sul capo un grande cappello di feltro adorno di una lunga piuma nera che gli scendeva fino alle spalle. Anche l'aspetto di quell'uomo aveva, come il vestito, qualche cosa di funebre, con quel volto pallido, quasi marmoreo, che spiccava stranamente fra le nere trine del colletto e le larghe tese del cappello, adorno di una barba corta, tagliata alla nazzarena ed un po' arricciata. 14 Ma l'aspetto funebre del personaggio, non impediva che egli fosse un bellissimo uomo. Aveva però lineamenti bellissimi - si affretta, infatti, ad aggiungere Salgari -: un naso regolare, due labbra piccole e rosse come il corallo, una fronte ampia, solcata da una leggera ruga che dava a quel volto un non so che di malinconico, due occhi, poi, neri come carbone, d'un taglio perfetto, dalle ciglia lunghe, vivi e animati da un lampo tale, che in certi momenti doveva sgomentare anche i più intrepidi filibustieri. La sua statura alta, http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor slanciata, il suo portamento elegante, le sue mani aristocratiche lo facevano conoscere, anche a prima vista, per un uomo d'alta condizione sociale e soprattutto per un uomo abituato al comando.15 La descrizione data da Salgari del Corsaro Nero, all'inizio de La regina dei Caraibi (cioè la seconda parte delle Avventure del Corsaro Nero), per quanto più sintetica, è, come si è già ricordato, identica: era un bell'uomo sui trentacinque anni, di statura piuttosto alta e dal portamento distinto, aristocratico. I suoi lineamenti erano belli, quantunque la sua pelle fosse d'un pallore cadaverico. Aveva la fronte spaziosa, solcata da una ruga che dava al suo volto un non so che di triste, un bel naso diritto, labbra piccole e rosse come il corallo e occhi nerissimi d'un taglio perfetto e dal lampo fierissimo. Se il volto di quell'uomo aveva un aspetto triste e funebre, anche l'abito non era più allegro: infatti era vestito di nero da capo a piedi, però con una eleganza piuttosto sconosciuta fra i ruvidi corsari della Tortue. La sua casacca era di seta nera, adorna di pizzi d'uguale colore; i calzoni, la larga fascia sostenente la spada, gli stivali e perfino il cappello erano pure neri. Anche la grande piuma che gli scendeva fino sulle spalle era nera, e del pari erano nere le sue armi. 16 In sostanza quindi, il Corsaro Nero è un gentiluomo bello e triste, perfino funebre. Assai diverso è invece Peter Blood. Sabatini lo descrive in diversi punti del suo romanzo: prima come tranquillo medico in un paesino inglese, poi come schiavo nelle Antille e, infine, come vittorioso capo pirata e come corsaro. Si tratta di descrizioni che sottolineano tutte l'innata distinzione dell'uomo, una distinzione che - come diventa presto chiaro nel romanzo - è lo specchio di un animo intrepido e fondamentalmente nobile. All'inizio del romanzo, Blood ci viene descritto come segue: Aveva una voce simpatica e forte, il cui timbro metallico era addolcito dall'accento irlandese che i suoi numerosi viaggi non gli avevano mai fatto perdere. Era una voce che poteva parlare d'amore, suadente e carezzevole, ma che sapeva anche comandare in modo tale da costringere all'obbedienza. E in quella voce c'era tutto il carattere di Pietro Blood. Era un giovane alto, magro, bruno come uno zingaro, con degli occhi straordinariamente azzurri sotto delle folte sopracciglia nere. Il loro sguardo penetrante e altiero andava d'accordo con la bocca risoluta e il naso aquilino. Benché vestito tutto di nero come si conveniva alla sua professione, aveva una certa quale eleganza, più consona all'avventuriero che era stato che al medico che ora era. La sua giacca era di una stoffa finissima con galloni d'argento: dei manichini [sic] di merletto gli coprivano i polsi, e intorno al collo aveva una cravatta pure di merletto. La sua parrucca nera era accuratamente arricciata come quella di uno zerbinotto di Whitehall. 17 Non è forse il caso di soffermarsi sulle descrizioni di Blood durante il periodo della schiavitù, salvo che per notare che, anche in quel difficile periodo, il nostro eroe riesce a mantenere una certa eleganza. La signorina Arabella Bishop, la giovane e http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor leggiadra nipote del suo proprietario, quando lo vede per la seconda volta, osservandolo da lontano lo percepisce come «un uomo alto, magro, vestito semplicemente ma elegante» 18. È solo quando il personaggio in questione, che per lei rimane ancora uno sconosciuto, si è avvicinato che Arabella si rende conto che il vestito di Blood «era semplice ma non elegante» 19. La definitiva metamorfosi di Blood in un elegante gentiluomo avviene con la sua fortunosa cattura della nave pirata spagnola Cinco Llagas («Cinque piaghe»), che Blood ribattezzerà Arabella. Lo sfortunato ex capitano e signore della Cinco Llagas, Don Diego de Espinosa y Valdez, è stato tramortito da Blood prima di potersi render conto di ciò che succedeva. Ora, Don Diego, nel letto della propria cabina, si sta appena riprendendo dal brutto colpo ricevuto quando: ... la porta si aperse, e con sommo stupore Don Diego scorse il suo abito migliore avanzarsi nella cabina. Era un abito di foggia prettamente spagnola, molto elegante, di drappo nero, guarnito di merletti d'argento, che era stato fatto appositamente per lui a Cadice un anno prima, ed egli lo conosceva così bene che non poteva sbagliarsi o confondersi. ... dentro l'abito lo spagnolo scorse un signore alto, magro, press'a poco della sua stessa statura.20 Si tratta di un signore, scopre subito dopo Don Diego, con «due occhi azzurri che brillavano in un volto beffardo, abbronzato, circondato da capelli nerissimi» 21. Insomma, si tratta dello stesso Blood, metamorfosatosi in un elegante gentiluomo. E tale continuerà a rimanere per il resto del libro, salvo che durante una crisi provocatagli dalle pene d'amore dovute al comportamento di Arabella Bishop, la donna che egli ama. La stessa Arabella lo vedrà ricomparire nella sua vita come il guerriero vittorioso, che la strapperà dalla nave ormai a pezzi del suo rapitore spagnolo, Don Miguel de Espinosa (fratello di Don Diego). Ecco, infatti, come Arabella rivede Blood, per la prima volta dal tempo in cui quest'ultimo è fuggito dalla schiavitù. Aprendosi la strada tra i rottami [del ponte della nave spagnola di Don Miguel, ormai conquistata], si avvicinava un uomo alto, la cui faccia abbronzata era riparata da un elmo spagnolo. Indossava una corazza di acciaio nero damascata di arabeschi d'oro. Sopra questa portava una sciarpa di seta rossa dalle cui estremità pendevano due pistole. Camminava calmo e tranquillo ... 22. Insomma, anche sul ponte cosparso di cadaveri di una nave che affonda, il capitano Blood appare come un distinto - e impassibile - gentiluomo. Sarà solo dopo che Arabella, la donna che egli ama segretamente, lo avrà accusato di essere un «ladro e pirata» che Blood si lascerà andare. E, questa sua crisi si ripercuoterà anche sul suo abbigliamento e aspetto fisico. Aveva perduto completamente la grande cura che una volta aveva avuto per la sua persona, ed era diventato trasandato nell'abbigliamento. Una folta barba nera gli copriva le guance così accuratamente rase un tempo e i suoi lunghi capelli neri arricciati con tanta cura incorniciavano ora come una criniera incolta un volto il cui colorito bruno stava tramutandosi in un http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor pallore malaticcio, mentre gli occhi azzurri, già così vividi e arditi, erano ora torvi e scialbi 23. Ma la crisi sarà presto superata quando l'orgoglio di Blood sarà sferzato dal comportamento arrogante del barone de Rivarol, comandante supremo di tutte le forze marittime e terrestri del re di Francia in America. Blood, in parte perché spintovi dai suoi uomini, in parte per cercare di liberarsi della taccia di «ladro e pirata», ha accettato di servire come corsaro al servizio dei francesi. Ma i rapporti con il signor de Rivarol si rivelano difficili fin dal primo momento. È appunto durante il suo primo incontro con Rivarol che il capitano Blood prova «un'improvvisa vergogna per il suo aspetto trascurato» 24. Le conseguenze di questa vergogna si faranno presto sentire e, in occasione del secondo incontro di Blood con Rivarol, il primo avrà definitivamente riassunto l'aspetto di un elegante e perfetto gentiluomo. Ecco come Sabatini descrive Blood in tale occasione: il signor de Rivarol ... vide apparire un elegantissimo gentiluomo, abbigliato molto severamente, con un abito nero e argento, il volto magro accuratamente rasato, i lunghi capelli neri arricciati che ricadevano su un colletto di merletto finissimo. Nella mano destra il gentiluomo teneva un ampio cappello nero con una piuma scarlatta di struzzo e, nella sinistra, una canna d'ebano. Le sue calze erano di seta, un ciuffo di nastri nascondevano le giarrettiere e i nastri delle scarpe erano orlati d'oro 25 ... ma, in realtà, profondamente diversi Come si vede, quindi, l'apparenza estetica del Corsaro Nero e quella del capitano Blood sono simili solo superficialmente. Ad un esame appena più attento, le differenze risultano, infatti, più degne di nota delle somiglianze. Né c'è da stupirsene, dato che si tratta di una diversità esteriore che non è che lo specchio della differenza di carattere dei due personaggi. Il Corsaro Nero è, in realtà, il cavaliere Emilio di Roccanera, signore di Valpenta e di Ventimiglia, cioè un nobile savoiardo. Più volte nel corso dei romanzi di cui è protagonista, egli dice di possedere terre, feudi e castelli in patria e di non avere alcun bisogno di derubare gli spagnoli. In effetti, il Corsaro Nero ha l'abitudine di cedere la sua parte di preda ai propri uomini. Questo peculiare modo di procedere è legato al fatto - già ricordato - che egli è nelle Americhe per combattere una sua guerra privata contro il duca Wan Guld, il traditore fiammingo che ora è al servizio della Spagna come governatore della città di Maracaibo. Ma in tale tentativo - ed anche questo lo si è già ricordato - gli altri due fratelli del Corsaro Nero sono uccisi dallo stesso Wan Guld. Il risultato sarà che il Corsaro Nero, nel momento in cui seppellisce in alto mare l'ultimo dei suoi fratelli, pronuncerà un terribile giuramento. Egli non solo vendicherà la morte dei fratelli uccidendo il duca Wan Guld, ma sterminerà la sua intera famiglia, come Wan Guld ha fatto con quella del Corsaro Nero. Il Corsaro Nero, quindi, è una persona trascinata da una necessità di vendetta e da un odio che, gradualmente, divengono qualcosa di sconvolgente. Sono sentimenti che tendono a sospingere e a travolgere tutto di fronte a loro. Da questo punto di vista, il Corsaro Nero è un eroe prettamente romantico; non solo perché è bello, sottile, pallido, elegante e valoroso, ma perché è trascinato dalle passioni. http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor La passione, l'odio nei confronti di Wan Guld, è qualcosa che lo domina in modo così completo da spingerlo a perseguire la sua vendetta in un modo addirittura temerario. Una delle caratteristiche del Corsaro Nero è, in effetti, la sua temerarietà, che è cosa diversa dal coraggio e che, in una serie di occasioni, lo porrà in situazioni insostenibili. Le passioni travolgono il cavaliere di Valpenta e di Ventimiglia in maniera tale che, in certi momenti, sembrano spingerlo pericolosamente vicino alla linea di confine che separa la normalità psichica dalla pazzia. Il capitano Blood, invece, è profondamente diverso. Più volte si è detto che gli eroi di Sabatini sono eroi romantici e che, a questa regola, non fa eccezione il capitano Blood. Personalmente, però, non sono del tutto d'accordo. Se il romanticismo è caratterizzato dal predominio delle passioni, chiaramente il capitano Blood non è un eroe romantico, bensì un eroe profondamente razionale. Egli, infatti, non va mai a cercare un pericolo gratuitamente; sfida il pericolo in caso di necessità, ma lo sfida essendosi preparato una qualche via di fuga. Il capitano Blood è un grande condottiero, perché, come tutti i grandi condottieri, prevede le varie possibilità e cerca di studiare sempre una contromossa per tutte le possibili situazioni che si troverà ad affrontare. Ciò che - secondo me - dà l'impressione che il capitano Blood sia un eroe romantico è la sua profonda eticità. Blood ha un preciso codice di comportamento: non uccide a sangue freddo, neppure i suoi nemici più spietati; interviene a difendere non solo i propri amici e, a tanto maggior ragione, le persone che ama, ma è pronto a rischiare in prima persona per difendere i deboli e gli oppressi. Anche durante la sua carriere di «ladro e pirata» Blood non viene mai volontariamente meno a certi criteri minimi di decenza e di pietà umana. Quando ciò si verifica a Cartagena, come conseguenza del tradimento di Rivarol e senza che Blood possa in alcun modo influire sulla situazione venutasi a creare, egli ne è profondamente turbato. Noi viviamo in un mondo in cui l'etica non ha più un grande peso e, quindi, di fronte ad un personaggio profondamente etico, com'è appunto il capitano Blood, abbiamo l'impressione di avere a che fare con un personaggio strano, «romantico» appunto. Ma, in verità, Peter Blood è un eroe freddo e razionale, che nasconde le proprie passioni - che pur ci sono - sotto una maschera di beffarda impassibilità. Da questo punto di vista, quindi, è tutt'altro che il classico eroe romantico. C'è, infine, un ultimo elemento che differenzia Peter Blood dal cavaliere di Valpenta e di Ventimiglia. Mentre il Corsaro Nero è un aristocratico, il capitano Blood è un borghese che ha avuto un'istruzione come medico. È anche un borghese molto colto, che legge Orazio, Virgilio, Svetonio, e che, quindi, ha una buona conoscenza della letteratura latina (ma non, a quanto pare, di quella greca). Il Corsaro Nero invece, per quanto non privo di cultura (ad un certo punto spiega le cause scientifiche di alcuni fenomeni naturali ad uno dei suoi uomini), non è mai descritto dal suo creatore con un libro in mano (cosa che, invece, avviene spesso per Blood, così come per altri eroi sabatiniani). I comprimari Il Corsaro Nero è un personaggio per certi versi monotematico e unidimensionale. Questo gentiluomo ossessionato dalla vendetta, cupo e tetro, potrebbe risultare di per sé noioso. Salgari reagisce a questa evidente debolezza del suo eroe http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor affiancandogli dei comprimari. In effetti, non solo nelle Avventure del Corsaro Nero, ma in quasi tutti i suoi romanzi, Salgari mette accanto ai suoi protagonisti dei comprimari. Si tratta di personaggi che sono al fianco dell'eroe, parlano, discutono, hanno personalità meno coartate, più libere. I compagni del signore di Roccanera sono Carmaux, il biscaglino, Wan Stiller, l'amburghese, e Moko, un gigantesco africano. Si tratta di personalità solari, che non hanno grandi preoccupazioni esistenziali, godono la vita, sono pieni di coraggio e di ardimento e vivono giorno per giorno. La cosa interessante è che nei romanzi di Salgari i comprimari - di regola - finiscono, gradualmente, per esercitare un ruolo autonomo di importanza crescente; tendono, insomma, ad acquisire una vita propria e, in certi casi, a sostituirsi addirittura all'eroe principale. È un processo che, in nuce, è visibile anche nell'ultima parte delle Avventure del Corsaro Nero, quanto il signore di Roccanera, a causa della sua temerarietà, cade nelle mani degli spagnoli. A prendere l'iniziativa saranno, allora, i fedeli Carmaux, Wan Stiller e Moko, cioè i suoi comprimari, insieme al suo secondo, quell'Harry Morgan che, nella realtà storica, fu uno dei più famosi corsari dell'epoca (e che diventerà uno dei protagonisti del seguito delle Avventure del Corsaro Nero, cioè Jolanda, la figlia del Corsaro Nero). Per quanto riguarda Sabatini, invece, i comprimari sono di fatto assenti. I protagonisti di Sabatini giganteggiano da soli e, per quanto abbiano spesso dei collaboratori, anche stretti, raramente costoro svolgono un ruolo realmente importante. Si può leggere Il capitano Blood ed arrivare alla fine essendosi dimenticati, ancor prima di finire il romanzo, di personaggi come Ogle, Pitt o Wolverstone. Ma è impossibile arrivare alla fine delle vicende del Corsaro Nero senza ricordarsi di Carmaux, Wan Stiller e Moko. Le eroine Accanto ai comprimari, un ruolo molto importante è giocato nei romanzi di Emilio Salgari dalle eroine. Nel Corsaro Nero, in effetti, compaiono due donne molto importanti. La prima è Honorata Wan Guld, figlia del duca Wan Guld, la seconda è l'indiana Yara. Honorata Wan Guld cade nelle mani del Corsaro Nero perché si trova a bordo di una nave spagnola catturata da quest'ultimo. Ma, dato che Honorata viaggia in incognito, il Corsaro Nero ignora di avere fra le mani la figlia del suo odiato nemico. Fra i due, poi, si sviluppa un rapporto d'amore sempre più intenso (anche se, ovviamente, visti i tempi in cui scriveva Salgari, assolutamente casto). Ma, del tutto fortuitamente, il Corsaro Nero finisce per scoprire la vera identità di Honorata. Dilacerato dall'amore che ormai sente per la figlia di Wan Guld, ma ossessionato dal giuramento fatto ai suoi fratelli morti - fratelli che il Corsaro Nero, in molte occasioni, crede di vedere ricomparire nelle notti dagli abissi del mare - il nostro gentiluomo decide di rispettare il proprio giuramento a metà. Egli, cioè, non uccide Honorata, come aveva giurato di fare, ma l'abbandona su di una scialuppa in alto mare. È a questo punto che, in effetti, si conclude il primo dei due volumi dedicati al Corsaro Nero. La scialuppa che porta Honorata scompare «sul tenebroso orizzonte, che dense nubi, nere come se fossero sature d'inchiostro, avvolgevano» mentre, piegato anche fisicamente dal dolore, «fra i gemiti del vento ed il fragore delle http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
Belphégor onde», anche il Corsaro Nero si abbandona a sordi singhiozzi. E, in uno dei finali più famosi del romanzo d'avventura italiano, Carmaux si rivolge a Wan Stiller dicendo: «Guarda lassù: il Corsaro Nero piange». Nel secondo volume, poi, il Corsaro Nero, sconvolto e pentito da ciò che ha fatto, è alla ricerca di Honorata che, secondo alcune voci, potrebbe essere sopravvissuta. La ricerca di Honorata, quindi, si intreccerà con la caccia al di lei padre come motivo conduttore dell'intera vicenda. Una vicenda che si scioglierà nel momento in cui il signore di Roccanera si troverà, solo e impotente, di fronte ad Honorata che, come regina e nume tutelare dei selvaggi caribi che hanno fatto prigioniero il Corsaro, sarà arbitra del suo destino. Yara, la seconda eroina che compare nelle Avventure del Corsaro Nero - più precisamente, nella seconda parte -, è, invece, una fanciulla indiana che, come il gentiluomo italiano, ha un credito di sangue nei confronti di Wan Guld. Yara salverà il Corsaro Nero, se ne innamorerà, e, infine, morirà al suo fianco, uccisa da una pallottola spagnola. Anche in Sabatini, ovviamente, le eroine hanno un ruolo importante, in certi casi risolutivo. È l'amore per Arabella che indurrà Peter Blood a mantenere entro limiti etici ben precisi il suo comportamento, anche nel periodo in cui si dà alla pirateria. Sarà infine l'amore per Arabella che avvierà la crisi risolutiva che farà sì che Blood possa redimersi e conquistare la donna amata. Sia le eroine salgariane, sia quelle sabatiniane sono donne con una forte personalità. Ma, la forte personalità delle prime le spinge, in realtà, a fare una cosa sola: rivendicare il diritto di unirsi a chi è stato da loro scelto: non i loro genitori, non i membri della famiglia, ma loro stesse devono decidere chi sposare! A parte questo, c'è un altro tratto caratteriale che ritorna in tutte le eroine sabatiniane e che, invece, è assente in quelle salgariane. Questo tratto è la facilità ad adombrarsi, la predisposizione a giudicare in maniera negativa le persone che hanno intorno, in particolare quelle di cui si innamoreranno e che, in genere, sono già innamorate di loro. Per cui i poveri eroi sabatiniani hanno, in genere, il compito veramente improbo di dover conquistare la fiducia di queste donne «impossibili». In realtà, ne Il Capitano Blood, Arabella è un po' diversa dalla media delle altre eroine di Sabatini; è, cioè, un po' meno «impossibile». Ma anche lei giudicherà Peter Blood in maniera assai poco caritatevole e, per di più, subito dopo che questi la ha salvata dalle mani di Don Miguel de Espinosa. Le donne salgariane sono diverse. Innanzi tutto, quando danno la loro fiducia, la danno completamente. Non ci sono mai equivoci nei romanzi di Salgari fra uomini e donne. Le eroine salgariane sono pronte a tutto - anche ad impugnare la spada e a combattere - per ottenere ciò che vogliono. Nelle Avventure del Corsaro Nero c'è Yara che, come si è già ricordato, combatte e muore al fianco del Corsaro Nero, di cui si è innamorata (senza che quest'ultimo si sia ben reso conto della situazione). Ma, in realtà, ciò che muove Yara non è la conquista dell'uomo amato, bensì la realizzazione del compito che si è assunto di vendicare la propria gente, tradita e sterminata da Wan Guld. In definitiva, però, Yara e la stessa Honorata occupano un numero limitato di «scene» nella storia del Corsaro Nero. Se mi si permette una divagazione - che, http://etc.dal.ca/belphegor/vol2_no1/articles/02_01_Torri_Salgar_it_cont.html[11/22/2013 11:51:42 AM]
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