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IL CICLO AMBIENTE Materiali di approfondimento
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E L'ITINHERARIO INVISIBILE Il Ciclo Ambiente – Materiali di approfondimento © tutti i diritti riservati Gruppo Hera Testi realizzati da: Catia Musolesi / Divisione Ambiente Hera S.p.A. Simona Nasolini e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Felicia Cannillo e Kristian Tazzari per Atlantide. Supervisione impianti: Andrea Carletti / Divisione Ambiente Hera S.p.A, Roberto Ravelli / Divisione Ambiente Hera S.p.A., Ruggero Panizzolo / Divisione Ambiente Hera S.p.A., Peppino Sassu / Divisione Ambiente Hera S.p.A, Michele Corli / Akron S.p.A, Luca Bussolari / Ecosfera s.r.l, Giuseppe Lazzazara / Recupera s.r.l. Supervisione testi: Ing. Claudio Galli, Direttore della Divisione Ambiente di Hera S.p.A. Coordinamento Redazionale: Catia Musolesi per Hera, Simona Nasolini e Daniele Vignatelli per Anima Mundi. Impaginazione: Simona Nasolini per Anima Mundi. Edizione giugno 2009 2
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Indice Capitolo 1 – Ambiente e Sostenibilità Introduzione alla sostenibilità ambientale 5 Capitolo 2 – I rifiuti: l’altra faccia del benessere 2.1 - Cos’è un rifiuto? 7 2.2 - I rifiuti all’origine 8 2.3 - Il ciclo di vita dei prodotti 12 Capitolo 3 – Quali rifiuti produciamo 3.1 - Normativa Nazionale di riferimento in materia rifiuti 13 3.2 - Classificazione dei rifiuti 14 Capitolo 4 – Quanti rifiuti produciamo 4.1 - La produzione di rifiuti in Italia 15 4.2 - La produzione di rifiuti in Emilia-Romagna 18 Capitolo 5 – Il ciclo integrato dei rifiuti 5.1 - Il quadro europeo 19 5.2 - Il quadro italiano 20 5.3 - La gestione integrata dei rifiuti nel sistema Hera 21 Capitolo 6 - Il viaggio dei rifiuti 6.1 - Raccolta differenziata 22 6.1.1 - Normativa sulla raccolta differenziata 22 6.1.2 - Sistemi di conferimento 23 6.1.3 - SGR 50 23 3
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E 6.2 - La selezione 24 6.2.1 - Gli impianti di selezione dell’Itinherario Invisibile 25 Gli impianti di selezione di Coriano di Rimini e di Modena 25 L'impianto di selezione di Ferrara 26 6.3 - Il compostaggio 26 6.3.1 - Gli impianti di compostaggio dell’Itinherario Invisibile 27 L’impianto di compostaggio di Voltana di Lugo 27 L’impianto di compostaggio di Ca’ Baldacci di Rimini 29 6.3.2 - Certificazioni di Qualità 30 6.4 - Consorzi per il riciclaggio e Materie Seconde 30 6.5 - Dove vanno a finire i rifiuti che non destiniamo a nessuna raccolta differenziata? 35 6.5.1 - Il termovalorizzatore 36 6.5.1 - La discarica 36 Capitolo 7 – Lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati: impiantistica di HERA 7.1 - Il termovalorizzatore di Coriano (RN) 38 7.2 - Il termovalorizzatore di Ferrara 40 7.3 - Il termovalorizzatore di Forlì-Cesena 41 7.4 - Il termovalorizzatore di Ravenna 44 7.5 - Il termovalorizzatore di Modena 46 7.6 - La discarica controllata di Ravenna 47 7.7 - La discarica controllata di Voltana di Lugo (RA) 49 Capitolo 8 - La cultura della prevenzione 8.1 - Ciclo di vita ed eco-desing 50 8.2 - La questione imballaggi 51 8.3 - Il ruolo dei consumatori nella minimizzazione dei rifiuti: il consumo critico 52 8.4 – Verso un cambiamento? 53 Riferimenti bibliografici 56 Riferimenti web 57 4
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Capitolo 1 – Ambiente e sostenibilità 1. 1 - I n t r o d u z i o n e al l a so s t e n i b i l i t à am b i e n t al e. Accettiamo il rischio di un’eccessiva semplificazione della materia e introduciamo brevemente il vasto tema della sostenibilità in quanto propedeutico alla conoscenza generale della cultura ambientale, nonché all’approfondimento della gestione ambientale oggi esercitata dalle imprese. Il grande tema dello Sviluppo Sostenibile subisce due tipi di approccio: - uno è prettamente economico, considera il benessere sociale indipendente dal libero mercato e dal prelievo delle risorse; - uno è territorialista, che ritiene imprescindibile la sostenibilità ambientale da quella economica, socio-politica e culturale. Quest’ultimo approccio comincia a svilupparsi negli anni ‘70 con la diffusione di una prima consapevolezza: dal degrado umano e territoriale nascono nuove povertà. La modernizzazione ha provocato, infatti, un’urbanizzazione spinta che ha travolto paesi e culture, alcuni luoghi si sono degradati ambientalmente e destrutturati culturalmente, alcuni sono stati sottoposti a una continua cementificazione. Dal paradigma del mercato si inizia, perciò, a passare al paradigma del territorio come luogo d’incontro e crescita permanente. Per contrastare la deterritorializzazione si cominciano ad attivare dei sistemi di relazioni “virtuose” fra l’ambiente naturale e quello costituito. Il concetto di sostenibilità dipende da un insieme di fattori (A.Lanza, 2006): o aspetto demografico: gli abitanti che il pianeta può sostenere; o qualità/riproducibilità delle risorse naturali; o aspetti economici: crescita, reddito e distribuzione fra i cittadini; o aspetto istituzionale: strumenti nazionali ed internazionali utilizzabili per affrontare il tema. Un altro elemento da citare è l’aspetto delle autonomie locali: infatti si evidenzia la necessità di uno sviluppo locale auto-sostenibile che si può ottenere solo rafforzando la crescita dell’autogoverno locale. Da qui il famoso slogan: pensare globalmente ma agire localmente (Think Global, Act Local). La maturazione di questa filosofia avviene attraverso una lunga serie di momenti significativi, la Conferenza di Rio de Janeiro, la Conferenza di Kyoto, la Conferenza di Bali, per citare quelli più noti. Alla “Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo” tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 si approfondisce il concetto di responsabilità sociale delle imprese e della consapevolezza delle ripercussioni sociali delle azioni economiche. Il documento più significativo che è stato prodotto in questa sede è l’Agenda 21. Altri documenti che si ritiene importante citare sono la “Dichiarazione di Rio sulle Foreste” e la “Convenzione sulla Biodiversità e sul Clima”. In sintesi vengono sanciti e programmati gli impegni che i paesi industrializzati devono assumere per modificare i 5
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E loro consumi diminuendo i fattori inquinanti. In particolare l’Agenda 21 è un protocollo d’azione politico programmatico, che prevede una serie di impegni (un’agenda appunto) che tutti i paesi devono impegnarsi a realizzare nel XXI secolo (ecco perché 21), ed evidenzia la necessità di una chiara integrazione tra gli aspetti politici, economici e sociali perché si possa realizzare “uno sviluppo” auto-sostenibile. In breve essa tratta: o della dimensione economica e sociale: stabilisce un programma diretto sia ai paesi poveri, nel quale ci si impegna a non distruggere l’ambiente attraverso la lotta alla povertà, il controllo demografico e il miglioramento delle condizioni di salute, e sia ai paesi ricchi, rivolto alla modifica dei propri consumi; o della conservazione e della gestione delle risorse; o del ruolo dei gruppi sociali per implementare uno sviluppo sostenibile: minoranze, associazioni, giovani, sindacati, settori produttivi, comunità scientifiche; o dei mezzi di esecuzione del programma perché si realizzino le azioni previste: strumenti scientifici, formazione, informazione ed altro. “Ogni autorità locale, dovrebbe dialogare con i cittadini, le organizzazioni locali e le imprese private ed adottare una propria Agenda 21 locale. Attraverso la consultazione e la costruzione del consenso, le autorità locali dovrebbero apprendere ed acquisire dalla comunità locale e dal settore industriale, le informazioni necessarie per formulare le migliori strategie”. (Agenda XXI, 1992, Cap. 28) Anche la Conferenza di Kyoto, svoltasi dall'1 al 10 dicembre 1997 in Giappone, ha elaborato un documento che deve per importanza essere citato: il primo protocollo vincolante sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Il Protocollo di Kyoto, infatti, è un accordo internazionale che stabilisce precisi obiettivi per i tagli delle emissioni di gas responsabili dell'effetto serra, e del riscaldamento del pianeta, da parte dei Paesi industrializzati. Gli orientamenti della Conferenza di Rio, in particolare, sono stati accolti con grande tempestività dalla Comunità Europea, con la predisposizione del V Programma d’azione per l’ambiente, per gli anni 1993-1999, che affronta il tema dello Sviluppo Sostenibile, proponendo un approccio basato sulla responsabilizzazione di tutte le parti interessate. Nel Programma si legge “Le misure ambientali prese in precedenza erano di natura prescrittiva e seguivano l’approccio ‘non si deve’. La nuova strategia si basa invece su un approccio del tipo ‘agiamo insieme’ e rispecchia la nuova consapevolezza del mondo industriale e produttivo che l’industria non costituisce soltanto una parte importante del problema ambientale, ma che è ancora parte della sua soluzione” (Sommario, punto 19, ibidem). Nel 2001, la Commissione Europea, nel Libro Verde: “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” delinea la responsabilità sociale come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”(p.7), inoltre, incoraggia le imprese a integrare lo sviluppo sostenibile in modo proattivo, nelle attività che esse realizzano all’interno dell’Unione europea e nel mondo (Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione sullo sviluppo sostenibile, 2001). La sensibilizzazione generale che gli organismi istituzionali a vari livelli diffondono, a livello mondiale, sulla sostenibilità porta l’ONU alla proposta del ‘Global Compact’, nove principi fondamentali che le imprese sono invitate a sottoscrivere, e a cui il Gruppo Hera aderisce nel 2004: 6
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E “…rispetto dei diritti umani, libertà di associazione sindacale, eliminazione del lavoro forzato, abolizione del lavoro minorile, non complicità negli abusi, applicazione della precauzione ambientale, tutela delle risorse ambientali, sviluppo di tecnologie e prodotti più puliti…” O.N.U. ‘Global Compact’ Anche il governo italiano si propone di supportare gli orientamenti internazionali ed europei promuovendo la responsabilità sociale dell’impresa, lo sviluppo del capitale umano e la tutela dell’ambiente (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Libro Bianco, 2001). Con il VI Programma d’azione per l’ambiente, per gli anni 2001-2010, l’Unione Europea vuole perseguire con forza le politiche di sostenibilità, nell’obiettivo di pervenire a una qualità ambientale che sia esente da rischi significativi per la salute umana. Utilizzando un approccio globale e trasversale a tutte le attività che impattano sull’ambiente, l’Unione sollecita: o la collaborazione con il mercato attraverso le imprese e gli interessi dei consumatori per contribuire a creare modelli di produzione e consumo più sostenibili; o una maggior responsabilizzazione dei cittadini e delle parti interessate nei confronti dell'ambiente; o la prevenzione quale elemento fondamentale della politica integrata dei prodotti nonché ulteriori misure per incoraggiare il riciclaggio e il recupero dei rifiuti. La Conferenza di Bali, tenutasi nel mese di dicembre 2007 in Indonesia, ha dibattuto sul tema del cambiamento climatico ed ha sancito l’impegno dei paesi industrializzati alla riduzione delle emissioni di gas in atmosfera tra il 25 e il 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020. Capitolo 2 – i rifiuti: l’altra faccia del benessere 2. 1 - C o s’ è u n r i f i u t o ? Il ciclo naturale che regola la vita di tutti gli esseri viventi non prevede il concetto di rifiuto, poiché ciò che un qualsiasi organismo scarta non è un rifiuto ma una materia prima per qualcun altro. La natura opera quindi un continuo e completo riciclo di qualsiasi materiale, per il quale non esistono rifiuti ma solo risorse, in un sistema definito “a ciclo chiuso”, che ricicla e non distrugge. In un ecosistema naturale gli organismi viventi fanno parte di una rete molto complessa di relazioni: fra i produttori di sostanza organica (piante), i consumatori della stessa (animali) e i suoi decompositori (microrganismi) che si nutrono di organismi morti o di materiali biologici espulsi dai consumatori, trasformandoli in sostanze che vengono utilizzate nuovamente dai produttori per costruire altra materia vivente. Quello che non serve più a un organismo o quel che resta di lui è utile per altri: non si butta via nulla. Le attività gestite dall'uomo, invece, sono basate su un modello dove, come conseguenza di un prelievo massiccio di materia ed energia dall'ambiente per produrre beni di consumo, c’è una altrettanta massiccia produzione di rifiuti che vengono poi scaricati nell'ambiente stesso. Inoltre, con la nascita dell’industria chimica 7
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E sono stati immessi sul mercato nuovi prodotti, sintetici, non biodegradabili, che la natura non è in grado di riciclare. L'umanità ha così aperto il ciclo chiuso della natura: estrae dalla terra le materie prime, le utilizza per costruire beni che poi, terminato il loro scopo, vengono eliminati e accumulati non reimpiegati. Ciclo naturale chiuso Ciclo artificiale aperto In questo sistema il rifiuto è un semplice scarto che, ponendosi al di fuori del ciclo della materia e dell'energia, rappresenta un serio problema per il Pianeta. Tale problema è aggravato dal fatto che negli ultimi anni la popolazione mondiale, che produce rifiuti, è notevolmente cresciuta. Anzi la crescita è stata addirittura esponenziale. Per far nascere i primi due miliardi di persone sono stati necessari 5000 anni. I due miliardi di persone successivi nacquero in circa 50 anni (1927-1974). I due miliardi più recenti sono nati in 25 anni (1974- 1999). Ma i rifiuti che produciamo potrebbero essere trasformati in una preziosa e abbondante risorsa. In sintesi: i rifiuti sono gli scarti delle merci prodotte, quando cessano di avere un valore d’uso o quando questo non è ritenuto sufficiente a giustificarne il possesso o lo scambio. Più precisamente, il D.lgs. 152/2006 aggiornato con il Decreto Legislativo 16 gennaio 2008 n.4, definisce il rifiuto come "qualsiasi sostanza od oggetto (…) di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi". Questa definizione ci dice quindi che qualsiasi merce è destinata, prima o poi, a trasformarsi in rifiuto, e che questa trasformazione dipende anche dalla volontà del consumatore. 2. 2 - I r i f i u t i al l ’ o r i g i n e. Storicamente i rifiuti hanno cominciato a rappresentare un problema dall’aggregazione di grandi collettività umane in spazi limitati (città, borghi, ecc.) ma in linea di massima, nelle varie epoche, i rifiuti urbani venivano confinati fuori dalle città, lontano alla vista degli abitanti, per eliminare i fastidi che la loro vicinanza poteva dare. I primi ad occuparsi della pulizia delle città furono gli antichi Greci: già Aristotele, nella “Costituzione degli ateniesi”, illustrava i doveri dei sorveglianti della città incaricati di verificare il lavoro degli spazzini, per impedire loro di gettare le immondizie vicino alle zone abitate. La prima forma di smaltimento dei rifiuti adottata dagli esseri umani, quindi, è stata la discarica, un modo per tenere ragionevolmente pulito il proprio ambiente di vita, di allontanare da sé e dalle proprie abitazioni – che 8
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E fossero caverne, palafitte, capanne o palazzi, gli scarti da essi stessi prodotti. I Romani, famosi per la realizzazione di imponenti opere idrauliche, furono i primi anche nella realizzazione di un servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti, e il loro modello urbano fu esportato in tutto l'Impero. Nella grande e potente Roma (1.250.000 abitanti ai tempi di Augusto) “munditia” (cioè pulizia, da cui deriva per opposizione il termine “immondizia” significando la negazione della pulizia) era la parola d’ordine: un corpo di magistrati, gli edili, avevano tra i loro compiti quello di controllare la raccolta dei rifiuti urbani, mediante, abbiamo detto, discariche. Rudimentali discariche di rifiuti vari e indifferenziati tra i quali potevano trovarsi ed erano considerati indegni di miglior destino, i corpi dei gladiatori morti in combattimento e delle vittime delle belve nei circenses. Queste sorsero un po’ ovunque, insieme a discariche in qualche modo più evolute, di cui l’esempio universalmente noto è quello del monte Testaccio, costituito proprio dall’accumularsi e stratificarsi dei cocci (testi) depositati nei pressi del porto fluviale di Ripa Grande e del ponte Sublicio. In epoca medievale con un’economia rurale di sussistenza, di rifiuti praticamente non se ne producevano, tutto veniva usto, riusato e riciclato fino all’estremo. Solo verso la fine del Medioevo si diffuse l’idea che una maggior attenzione all’igiene urbana potesse ridurre gli effetti delle epidemie di peste e colera che stavano spopolando intere nazioni. Col Rinascimento, poi, si instaurò definitivamente una struttura urbana organizzata di pulizia e smaltimento dei rifiuti. Con la rivoluzione industriale iniziò lo sfruttamento intensivo delle risorse e cominciarono ad accumularsi i rifiuti delle prime fabbriche con conseguente impatto sull’ambiente. Tuttavia, si può affermare che, fino al boom economico (anni 60-70), esisteva ancora una forte cultura del risparmio delle risorse per la quale ogni oggetto veniva riutilizzato il più possibile. Le ceneri industriali venivano usate per lavare i panni, i metalli erano pressoché inesistenti tra i rifiuti: quello che non si poteva riutilizzare veniva venduto al rottamaio, che lo recuperava e lo rivendeva. Il vetro era pressoché assente e così pure i tessuti, che venivano reimpiegati in mille modi. Carta e legno venivano bruciati, e, ovviamente, era entrata da poco in commercio la plastica (il premio Nobel Giulio Natta inventò nel 1954 Foto archivio Hera il polipropilene, il primo materiale completamente sintetico). Il grande cambiamento, dunque, avviene nella seconda metà del 1900; la prima catena di montaggio inventata da Henry Ford (1914) avvia la cosiddetta “produzione in serie” che implica la standardizzazione del prodotto e il consumo di massa: il fordismo diventa un modello economico di accumulazione del capitale e sostiene il boom post bellico (epoca d’oro del capitalismo organizzato). Con l’avvento della società dei consumi l’attenzione verso la conservazione e il riutilizzo dei beni va diminuendo: il sistema di produzione e di consumo delle merci, modellato sul principio "usa e getta", moltiplica su scala industriale la formazione dei rifiuti. Gli oggetti vengono difficilmente riparati, e sono comunque costruiti per durare poco ed essere rimpiazzati da altri modelli più 9
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E innovativi, più pubblicizzati e quindi più desiderati (ricordiamo che già un secolo prima C. Marx parla di feticismo delle merci, Il Capitale, 1867). Parallelamente alla trasformazione della società e del mercato del consumo è cambiata la tipologia dei rifiuti: è scomparsa la cenere per lavare i panni (soppiantata da centinaia di possibili prodotti) e sono sopraggiunti diversi tipi di carta, metallo o vetro, ma soprattutto una grande quantità di materiali sintetici come la plastica. Con il termine plastica si intendono in realtà diversi polimeri (PS, PET, PVC, etc.) prodotti tutti per sintesi chimica dal petrolio; questo comporta, quindi, dal punto di vista ambientale molti svantaggi: l’utilizzo di una risorsa non rinnovabile, il fatto che il suo ciclo rimane aperto (a differenza del vetro o del metallo che si riciclano sempre), inoltre, il suo recupero è piuttosto complesso e quindi energeticamente costoso. Nello studio di Luigi Castagna, “Il pianeta in riserva”, 2008, troviamo alcuni interessanti spunti di riflessione a partire dal fatto che oltre il 90% dei prodotti che troviamo nei supermercati contengono petrolio sottoforma di derivati chimici e/o di energia (ibidem, p.30). Le stime più attendibili sulla disponibilità originaria di petrolio indicano in circa 2200 miliardi di barili il petrolio tecnicamente sfruttabile: se fosse concentrato in un unico punto, potrebbe riempire il Lago di Ginevra, ma consumato a tutt’oggi per la metà, di cui circa un quarto utilizzato solamente negli ultimi vent’anni (ibidem, p.35). Il petrolio sfruttato fino ad oggi supera la cifra di 900 miliardi di barili, ciò significa che sono ancora estraibili 1100- 1200 miliardi di barili, ci stiamo avvicinando al picco, ossia alla metà del petrolio esistente. Secondo alcuni studi il picco sarà raggiunto nel 2010-2012, anche se non si hanno dati certi sulle riserve poiché sottoposti a segreto di Stato. Importante però dire che nel mondo ogni giorno consumiamo 87 milioni di barili di petrolio (pp.36-37). Castagna elabora le seguenti considerazioni generali sul petrolio (p.42): o si sta raggiungendo il massimo produttivo; o il suo prezzo è destinato ad aumentare per l’aumento della domanda; o i suoi derivati (benzina, gasolio, cherosene) alimentano il 95% degli oltre 800 milioni di veicoli in circolazione e non esiste nessuna alternativa, almeno per i prossimi 10-15 anni; o la riduzione del consumo di petrolio si prevede per l’effetto di una recessione mondiale piuttosto che come conseguenza di una diversificazione delle fonti energetiche. La società dei consumi, dunque, si trova ora ad affrontare le grandi sfide del ventunesimo secolo sia verso gli aspetti energetici-economici che verso quelli più strettamente ambientali come la gestione dei rifiuti e dell’inquinamento. Con l’enorme diffusione delle materie sintetiche, ad esempio, abbiamo completamente alterato il rapporto naturale tra organismi produttori e organismi distruttori di rifiuti oltre ad aver creato rifiuti difficilmente degradabili da parte di un qualunque fattore biologico in tempi compatibili con le nostre esigenze. Un sacchetto di plastica si fabbrica in un secondo, si usa per 20 minuti, e si degrada nell’ambiente in 100-400 anni (Vital Waste Graphics 2, programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente). 10
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Il risultato è una delle più gravi questioni ambientali che ci troviamo ad affrontare, di cui, si riassumono le 3 principali cause: o i rifiuti non sono più soltanto costituiti da materiali naturali ma sintetici o frammisti con sintetici; o gli oggetti non si utilizzano più fino alla fine del loro ciclo di vita; o la popolazione che produce rifiuti è destinata ad aumentare. Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in Italia, fu la Legge n. 103 del 29/03/1903 proposta dall’allora Ministro dell’Interno Giovanni Giolitti, a prevedere la municipalizzazione dei servizi pubblici, nata sul modello di quelle che operavano con successo in Austria e Francia, mentre la “missione” della pura e semplice raccolta dei rifiuti evolveva gradualmente in quella di garantire l’igiene urbana in ogni suo aspetto. Ad assolvere tale compito erano schiere sempre più folte di netturbini – fino a ben oltre la metà del ventesimo secolo definiti più sbrigativamente “spazzini” e considerati poco più che dei paria della società per la “sporcizia” del loro Foto archivio Hera: 1959 - Viene esteso a tutta la città il lavoro. sistema di raccolta dei rifiuti con contenitori di lamiera zincata Generalmente in Italia, fino alla fine degli anni sessanta, i rifiuti solidi urbani (RSU) vengono raccolti in modo indifferenziato e, per la maggior parte, smaltiti direttamente sul suolo, come ammassi incontrollati. In quegli anni alcune Aziende Municipalizzate iniziano a progettare i primi sistemi di raccolta stradale e i primi impianti per l’incenerimento dei rifiuti: per esempio Bologna nel 1970 trasforma il sistema di raccolta dei rifiuti con l'introduzione di nuovi grandi contenitori stradali (i cassonetti), e inizia nel 1971 i lavori di costruzione di un inceneritore con 3 linee di smaltimento della potenzialità di 200 tonnellate al giorno ciascuna (l'impianto entra in funzione nel 1973 con due linee e la terza l'anno successivo). Ma solo nei primi anni ‘80 si inizia a parlare di regolamentazione dello smaltimento dei rifiuti e di riciclo. E si arriva così alla Foto archivio FEA, Società del Gruppo situazione attuale di cui tratteremo diffusamente nei paragrafi Hera, inceneritore del Frullo: lavori di seguenti. costruzione (1971) 11
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E 2. 3 - I l ci cl o d i v i t a d ei p r o d o t t i . Cosa c’entra il prodotto con il rifiuto? C’entra, perché i rifiuti prima di essere tali sono beni, ovvero prodotti. E quanto vive un prodotto? In genere siamo abituati a pensare che la vita di un oggetto inizia nel momento in cui entra in casa nostra e finisce quando non serve più, e viene buttato come un rifiuto. Il ciclo di vita di un prodotto, in realtà, inizia molto prima, dalla sua progettazione, fase in cui vengono definite le sue caratteristiche a partire dalle normative vigenti e dalle esigenze del mercato, e realizzazione, in cui vengono impiegate materie prime ed energie che portano al prodotto finito. Una volta realizzato, l’oggetto deve essere imballato e inviato nel luogo in cui sarà utilizzato. Durante la fase di distribuzione il prodotto viene trasportato, con conseguenti rischi legati alla pericolosità delle merci, alle emissioni dei carburanti e al traffico generato, e , infine, tenuto temporaneamente in negozi e magazzini. È solo a questo punto della sua vita che il prodotto entra in casa nostra, e il tempo in cui noi lo utilizziamo è sempre più breve; gli oggetti vengono infatti sostituiti con rapidità da nuovi modelli che a volte si differenziano solo per qualche modesta innovazione tecnica e stilistica. Ogni volta che buttiamo via un oggetto, per scelta o per obbligo, produciamo un rifiuto. Da quel momento l’oggetto scompare dalla nostra vista, ma la sua vita non è finita. Il processo di dismissione è piuttosto complesso: è legato alla tipologia di rifiuto, ai materiali di cui è composto e agli impianti di trattamento o smaltimento presenti sul territorio. Come si vede, quindi, il ciclo di vita di un prodotto è molto più del tempo che questo passa tra le nostre mani, e più i consumi aumentano, più si moltiplicano i rifiuti prodotti e maggiori sono le quantità di risorse ed energie utilizzate. Cosa si può fare per interrompere questo circolo? La parola chiave è indubbiamente prevenzione e riguarda tutti, dal produttore al consumatore. Il concetto di prevenzione costituisce anche il ‘cuore’ del VI Programma d’azione per l’ambiente dell’Unione Europea per gli anni 2001-2010 e della nuova direttiva sui rifiuti (2008/98/CE del 19/11/2008) che prevede una disciplina finalizzata alla prevenzione nella produzione di rifiuti, ma anche al riutilizzo e al riciclaggio. Il rifiuto, infatti, rappresenta una perdita di risorse sia materiali che energetiche, perciò una buona gestione dei rifiuti comincia col prevenirli prima ancora che vengano generati. Un approccio sostenibile, quindi, alla gestione dei rifiuti non significa solo incentivare il recupero e il riciclaggio, ma anche promuovere la prevenzione della produzione, puntando cioè a ridurne quantità e nocività per l’ambiente. Torneremo su questo importantissimo aspetto nell’ultimo capitolo, dopo aver capito meglio la gestione dei rifiuti. 12
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Capitolo 3 – Quali rifiuti produciamo 3. 1 - N o r m a t i v a d i r i f e r i m en t o i n m a t e r i a r i f i u t i . La legislazione nazionale, come quella di tutti gli stati appartenenti alla Unione Europea, in tema di gestione sostenibile dei rifiuti fa riferimento ai programmi generali d'azione della Comunità Europea che fissano gli obiettivi prioritari da raggiungere e decidono le misure necessarie all'attuazione comunitaria. In materia di rifiuti esiste la direttiva 2006/12/CE che è la Normativa Quadro e costituisce appunto il quadro giuridico di base. I contenuti sono: 1. definizione di rifiuto; 2. principi per la gestione dei rifiuti (che tratteremo in modo più esauriente nel prossimo capitolo); 3. autorizzazione necessaria per svolgere le attività di smaltimento e recupero; 4. controlli periodici; 5. tracciabilità delle attività e obblighi documentali; 6. obblighi di comunicazione a carico degli Stati sulle misure adottate. La nuova Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti, precisa che occorre rafforzare le misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti, e introdurre un approccio che tenga conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, non soltanto della fase in cui diventano rifiuti; inoltre, invita a concentrare l’attenzione sulla riduzione degli impatti ambientali connessi alla produzione e alla gestione dei rifiuti, favorendo il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali. Infatti, l’articolo 4, afferma che la gerarchia di priorità da seguire in materia di rifiuti è la seguente: 1) prevenzione; 2) preparazione per il riutilizzo; 3) riciclaggio; 4) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; 5) smaltimento Come diremo più avanti, la situazione legislativa italiana è recentemente cambiata ed ancora in evoluzione. Il nuovo Testo Unico Ambientale e le successive disposizioni correttive e integrative (DLgs. 3 aprile 2006, n.152 “Norme in materia ambientale” e sue successive integrazioni nonchè DLgs. 4/08 del 16/01/08 recante ulteriori disposizioni) si propongono l'obiettivo di normare sotto forma di testo unico le tematiche di natura ambientale e del ciclo idrico. Tale testo prosegue il percorso avviato dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 ("Decreto Ronchi"). Per ciò che concerne la gestione dei rifiuti, le norme italiane ribadiscono il rispetto della gerarchia comunitaria dei rifiuti, dando priorità alla minore produzione degli stessi (e, laddove prodotti, al minor tasso di pericolosità), al recupero di materia ed energia, nonché, in ultimo, allo smaltimento finale degli stessi. 13
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Altri riferimenti legislativi interessano poi specifiche attività gestite dal Gruppo Hera: o le attività di recupero sono disciplinate, in via transitoria, da norme attuative del D.Lgs 22/1997 nelle more dell'emanazione delle norme tecniche richiamate dal D.Lsg 152/2006; o per le discariche va citato il D.Lgs 13 Gennaio 2003, n. 36, il quale si propone di determinare i criteri costruttivi e gestionali delle stesse anche mediante l'emanazione di successive disposizioni tecniche; o per i termovalorizzatori il D.Lgs 11 maggio 2005, n. 133, il quale si propone di determinare i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni in atmosfera. 3. 2 - C l a s s i f i c a z i o n e d ei r i f i u t i . I rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Tutte le tipologie di rifiuto sono contemplate dalla normativa nel cosiddetto Codice C.E.R. cioé il Codice Europeo dei Rifiuti, (vedi allegato D del D.Lgs 3 Aprile 2006 n.152). I rifiuti, infatti, sono specificatamente definiti e quindi gestiti mediante un codice a sei cifre. I rifiuti pericolosi sono quelli contrassegnati con l’asterisco. Un rifiuto può essere identificato come pericoloso o non pericoloso a seconda delle sostanze che lo compongono o che lo inquinano. Ad esempio, un imballaggio metallico C.E.R.150104 può cambiare la sua classificazione in C.E.R. 150110 se altamente inquinato di vernice, questo dipende dalla concentrazione degli inquinanti che si rileva in laboratorio tramite l’analisi di caratterizzazione del rifiuto. I rifiuti urbani pericolosi (RUP) sono costituiti da tutta quella serie di rifiuti che, pur avendo un’origine civile, contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti o tossiche e che quindi non devono essere dispersi nell’ambiente. Tra i RUP, i principali sono i medicinali scaduti e le pile. Sono rifiuti speciali quelli che derivano da attività produttive, industriali, artigianali, agricole, commerciali, di servizio e da attività di costruzione e demolizione. 14
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E I rifiuti speciali pericolosi sono quei rifiuti generati dalle attività produttive che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti. Per questo motivo occorre renderli innocui, cioè trattarli in modo da ridurne drasticamente la pericolosità. Nella normativa precedente rispetto a quella in vigore attualmente, tali rifiuti erano definiti come rifiuti tossico nocivi. Sono esempi di rifiuti speciali pericolosi: rifiuti di processi di raffinazione del petrolio; rifiuti di processi chimici; rifiuti di industria fotografica; rifiuti di industria metallurgica; oli esauriti; solventi; rifiuti di produzione conciaria e tessile; rifiuti da impianti di trattamento dei rifiuti; rifiuti di ricerca medica e veterinaria Si definiscono rifiuti speciali assimilati (RSA) i rifiuti prodotti da attività artigianali, industriali e commerciali (quindi rifiuti speciali), che non rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi e sono assimilati agli urbani, come specificato dai Regolamenti Comunali di gestione rifiuti (ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g. del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22). I rifiuti assimilati, quindi, vengono gestiti, dai Comuni, insieme agli urbani. Come spiegheremo meglio nel capitolo successivo, ogni comune può utilizzare criteri diversi per definire un rifiuto assimilato, assimilabile e speciale. Capitolo 4 – Quanti rifiuti produciamo 4. 1 – L a p r o d u z i o n e d i r i f i u t i i n I t al i a. La quantità dei rifiuti prodotti è ormai, nelle società industrializzate, indice della crescita economica e della misura dei consumi. Si può affermare che la produzione di rifiuti urbani è proporzionale alla ricchezza, o meglio, al Prodotto Interno Lordo (PIL - il valore di tutti i beni e servizi prodotti all'interno di un determinato Paese) pro- capite. Generalmente gli abitanti dei paesi più ricchi e industrializzati, producono più rifiuti degli abitanti dei paesi in via di sviluppo. Nei primi, la produzione pro-capite di rifiuti solidi urbani (RSU) ha ormai abbondantemente superato il chilogrammo/giorno. Anche in Italia il rapporto fra produzione dei rifiuti e PIL deve essere oggetto di particolare attenzione. Nel Rapporto CNEL 2007 viene valutato il trend 1998-2005: i rifiuti tendono a crescere del 1,7% ad ogni 0,1 punto % di crescita del PIL. Fonte: Rapporto CNEL pag. 25 15
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E L’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ex APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici, che ogni anno raccoglie ed elabora dati relativi alla produzione, alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti), ha stimato che nel 2007 ogni italiano ha prodotto, mediamente, 546 kg di rifiuti urbani, pari a 1,5 Kg al giorno, quantità comunque inferiore rispetto ai 550 del 2006. Rispetto al 2006 si ferma anche la crescita nella produzione totale nazionale, che nel 2007 si è attestata a 32,5 milioni di tonnellate, Figura 1 – Andamento della produzione di rifiuti urbani, anni 1997 – 2007 Tratta dal Rapporto Rifiuti 2008 di ISPRA cap. 2 pag. 9 Dalla tabella di ISPRA notiamo che tra il 2006 e il 2007 si verifica un incremento di 40 mila tonnellate (pari ad appena lo 0,1 per cento) mentre tra il 2000 e il 2006 la produzione nazionale è aumentata del 12,3% circa, corrispondenti a oltre 3,5 milioni di tonnellate! Va rilevato che l’andamento della produzione dei rifiuti urbani può essere legato a diversi fattori; si riscontra, ad esempio una correlazione tra crescita della produzione di RU e andamento degli indicatori socio economici, quali il Prodotto Interno Lordo e le spese delle famiglie residenti, come dimostrano i valori illustrati dalla Tabella 2: maggiore quantità di beni prodotti, cioè maggiore sfruttamento delle risorse esistenti, significa maggior consumo, e quindi aumento dei rifiuti prodotti. Regione 2003 2004 2005 2006 2007 Nord 13.575.928 14.028.172 14.174.795 14.601.853 14.616.674 Centro 6.585.860 6.940.794 7.230.344 7.363.978 7.352.259 Tabella 1 - Produzione totale di rifiuti urbani (milioni di tonnellate) per macroarea geografica dal 2003 al 2007 (tratta dal Rapporto Rifiuti 2008 di ISPRA estratto della tabella 2.1 cap. 2 pag. 8) 16
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Un ulteriore fattore che può incidere sull’andamento delle stime sui rifiuti urbani è il criterio adottato dai diversi contesti territoriali, di assimilare agli urbani stessi, alcune tipologie di rifiuti speciali derivanti dai circuiti produttivi. Alcuni rifiuti, infatti, si possono considerare urbani o speciali a seconda della soglia di assimilazione ammessa da ciascun Comune. Si può generalmente affermare che: più rifiuti vengono assimilati agli urbani (gestiti dai Comuni) e meno rifiuti speciali rimangono in circolazione (gestiti dai privati). Stando al Rapporto APAT 2006, la Regione Emilia Romagna, in linea con il centro Italia, riporta 666 Kg per abitante/anno di urbani e 2660 Kg per abitante/anno di speciali, mentre altre Regioni del Nord non arrivano a 500 Kg per abitante/anno di urbani, ma superano abbondantemente i 3000 Kg di speciali, ciò significa che il criterio di assimilazione è più basso e che si lasciano più rifiuti alla gestione privata. Questa condotta può essere rischiosa: il Rapporto 2007 di Legambiente sulle Ecomafie evidenzia che 18 milioni di tonnellate di rifiuti speciali spariscono ogni anno. Complessivamente la produzione di rifiuti speciali cresce: nel 2006 (Rapporto ISPRA 2008) erano 73,4 Produzione rifiuti in Italia Fonte ISPRA: RU 2008 RS 2006 milioni di tonnellate quelli non pericolosi, 9,2 milioni (Valori in milioni di tonnellate) quelli pericolosi e 52 milioni i rifiuti provenienti da attività di costruzione e demolizione, per un totale di oltre 134 Urbani; 32,5 Speciali non milioni. Se li sommiamo agli urbani, si superano pericolosi; 73,4 Pericolosi; 9,2 abbondantemente i 160 milioni di tonnellate di rifiuti Attività di che complessivamente il nostro paese produce ogni costruzione- anno. demolizione; 52 Sempre l’ultimo Rapporto Rifiuti ISPRA porta notizie positive per la raccolta differenziata, che nel Paese ha raggiunto il 27,5% della produzione totale di rifiuti, in aumento dell’1,7% rispetto al 2006, anche se siamo ancora lontani dai target fissati dalla Legge Finanziaria 2007 (comma 1108) che fissa al 60% la percentuale di raccolta differenziata da assicurare entro il 31 dicembre 2011. 17
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Come conseguenza del miglioramento della raccolta differenziata, diminuisce la quantità di rifiuti conferita in discarica, che pure continua ad essere la forma più diffusa di gestione, raccogliendo nel 2007 il 46,7% del totale, con un calo del 2,4% rispetto al 2006. Resta indietro l’incenerimento, che interessa il 10,3% dei rifiuti prodotti nell’anno 2007. Ruolo importante per il compostaggio di matrici selezionate, con un incremento del 4,7% e una quantità di rifiuti trattati che arriva a 2,4 milioni di tonnellate; altrettanto significativo il risultato del recupero dei rifiuti da imballaggio, con oltre 7,1 tonnellate di rifiuti provenienti da superfici pubbliche e private, con il recupero del 68% dell’immesso al consumo, percentuale che a livello nazionale ha superato l’obiettivo del 60% previsto dalla legge. 4. 1 – L a p r o d u z i o n e d i r i f i u t i i n E m i l i a- R o m ag n a. La regione Emilia Romagna, è fra i primi posti nella classifica dei maggiori produttori di rifiuti in Italia. Nel 2007 in tutta l´Emilia Romagna sono state prodotte 2.930.000 tonnellate di rifiuti urbani e assimilati (+1,3% rispetto all´anno precedente) e 676 chili all´anno per persona: circa un chilo e 850 grammi al giorno! Bisogna però sottolineare che la cifra comprende anche i rifiuti prodotti dalle migliaia di turisti che affollano il litorale romagnolo e le città d´arte. Ma buone notizie vengono dalla raccolta differenziata che sale al 39,8%: aumentano infatti in Emilia-Romagna i rifiuti avviati al recupero e al riciclo, e scendono quelli non recuperabili. Nel 2007, la raccolta differenziata ha interessato in Emilia-Romagna 1.167.635 tonnellate di rifiuti, con un aumento del 3,5% rispetto all’anno precedente. Di fatto ha raggiunto l’obiettivo del 40% di raccolta differenziata previsto dalle leggi nazionali per l’anno 2008. Fra le province più virtuose servite dal Gruppo Hera troviamo Ravenna, 43,7%; Modena, 42% e Ferrara, 40,4%. Nel 2008 è cresciuta ulteriormente la raccolta differenziata in Emilia-Romagna, infatti ha toccato quota 45%, centrando appieno l’obiettivo fissato dalla legislazione nazionale e mettendo a segno un +5% rispetto all’anno precedente. (Fonte: Regione Emilia-Romagna, dati illustrati nel corso del convegno "Rifiuti, l'innovazione necessaria. Le buone pratiche dalla riduzione al recupero”: http://www.ermesambiente.it/wcm/ermesambiente/news/2009/aprile/24_risorseraccoltadiff.htm) 18
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Capitolo 5 – Il ciclo integrato dei rifiuti Quando si parla di “ciclo integrato dei rifiuti” si intende il sistema volto a gestire l’intero processo dei rifiuti, dalla produzione alla sorte finale, e comprende quindi la raccolta, il trasporto e il trattamento (riciclaggio o smaltimento) attraverso una rete integrata di impianti, molti dei quali oggetto di visita nell’ambito dell’Itinherario Invisibile. Il sistema di gestione dei rifiuti è individuato da diversi processi e dalle loro interrelazioni che riguardano la raccolta, la separazione, il trattamento e lo smaltimento finale. I processi, gli impianti, le attività e le operazioni associate alla gestione dei rifiuti sono molteplici 5. 1 - I l q u ad r o eu r o p e o . Come abbiamo già visto, la gestione dei rifiuti in Italia fa riferimento ai programmi della Comunità Europea. Nella legislazione dei Paesi membri dell’UE, risulta prioritaria l’azione di minimizzazione dei rifiuti, secondo una gerarchia di opzioni che prevede prima la prevenzione e dopo il riciclo. La definizione di minimizzazione dei rifiuti, intesa come riduzione della loro quantità e nocività per l’ambiente, comprende le seguenti azioni: prevenzione, riduzione alla fonte, riutilizzo del prodotto e riciclaggio. I principi che vengono indicati nei programmi CE per la gestione dei rifiuti sono: o gerarchia degli interventi: riduzione della produzione, recupero e smaltimento; o principi di autosufficienza e prossimità in materia di smaltimento; o principio “chi inquina paga”; o pianificazione. Queste disposizioni normative (e quelle nazionali) richiedono sempre di più un notevole sforzo per modificare i sistemi di gestione dei rifiuti attuali per indirizzarli verso la promozione di politiche per la prevenzione, valori elevati di raccolta differenziata, incrementi delle diverse forme di riciclaggio, definizione di norme tecniche per le attività di riciclaggio. Gli effetti di tali politiche determineranno: o l'aumento della quantità di rifiuti da destinare a recupero e a compostaggio; o la necessità di creare nuove soluzioni per gestire i rifiuti; o l'aumento del recupero di energia da rifiuti; o la diminuzione dei rifiuti conferiti in discarica. Per il raggiungimento degli obiettivi di minimizzazione dei rifiuti (prevenzione, riduzione alla fonte, riutilizzo del prodotto e riciclaggio) occorre creare collaborazioni con il mondo delle imprese, allo scopo di attivare processi che prevedano una reale prevenzione della produzione dei rifiuti alla fonte, agendo sulle varie fasi di vita di un prodotto (progettazione, produzione, trasporto e acquisto), anche al fine di aumentare il recupero di materia. Inoltre, occorre migliorare il processo del riciclaggio con l’obiettivo di attivare tutte quelle azioni che possano consentire di gestire e minimizzare i rifiuti una volta generati, portando i valori del recupero ai livelli dell’UE. I Paesi membri dell’UE, recependo le direttive comunitarie, hanno intrapreso un percorso che dovrebbe permettere, oltre alla riduzione delle quantità di rifiuto prodotte, anche una riduzione degli impatti ambientali. Le strategie comunitarie prevedono di aumentare l’effettivo recupero di materia, incrementare il recupero di energia e minimizzare lo smaltimento in discarica dei rifiuti. 19
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E In Europa ci sono Stati molto virtuosi che hanno già raggiunto un obiettivo importante: il conferimento pressoché nullo di rifiuti in discarica. Da un punto di vista ambientale è un grande successo poiché è assodato che la discarica rappresenta la più obsoleta metodologia nello smaltimento dei rifiuti. 5. 2 – I l q u a d r o i t a l i a n o . La situazione italiana è oggi lontana dai virtuosismi europei: quasi il 50% dei nostri rifiuti finisce in discarica. Per ottenere basse percentuali di rifiuto conferito in discarica molti Stati hanno spinto sia sul recupero di materia sia sul recupero di energia. La Svizzera e la Danimarca, per citare alcuni casi, attualmente hanno circa il 50% di rifiuto termovalorizzato ed il resto avviato a recupero. La tabella sotto riportata evidenzia i posizionamenti degli stati membri riferiti alla destinazione impiantistica dei rifiuti prodotti. Nella colonna denominata “Altro”, la rilevanza di ulteriori tecnologie quali compostaggio, riciclo, ecc... Tratto da: La gestione dei rifiuti urbani nel Gruppo Hera, pag. 12 e 13. Particolarmente interessanti sono i dati, riferiti al periodo 1995-2006, forniti da Eurostat, l’Ufficio Statistico della Comunità Europea: dall’analisi dei grafici riferiti alle modalità di gestione dei rifiuti urbani all’interno dell’Unione Europea, emerge che, mentre in Europa i rifiuti conferiti in discarica stanno diminuendo a favore di quelli trattati nei termovalorizzatori, in Italia il trend di incremento dei rifiuti destinati a termovalorizzatori è ancora moderato. All’interno di questi dati, Hera si posiziona invece verso le medie europee, dimostrando, quindi, una visione più moderna e più in linea con le direttive europee rispetto al resto dell’Italia. Per altro si intendono, come sopra, gli impianti per il compostaggio e altre forme di recupero. Tratto da: La gestione dei rifiuti urbani nel Gruppo Hera, pag. 12. 20
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E 5. 3 - L a g e st i o n e i n t eg r at a d e i r i f i u t i n el si s t e m a H er a. La formula imprenditoriale di Hera è fondata su una società capogruppo che costituisce un polo aggregatore in grado di assicurare elevati standard di servizio, di ottimizzare i processi operativi e di sfruttare le sinergie. Ad ogni ambito provinciale corrispondono varie Società Operative Territoriali fortemente radicate nel proprio territorio e capaci di interpretarne le peculiari esigenze attraverso l'offerta di una ampia gamma di servizi ambientali. Nel settore ambiente, infatti, Hera svolge l'intero ciclo di gestione dei rifiuti, attraverso i servizi territoriali (raccolta rifiuti, spazzamento, lavaggio strade, ecc) e il vero e proprio trattamento dei rifiuti (recupero e smaltimento) coprendo in totale autosufficienza l'intero fabbisogno del territorio servito. La raccolta di rifiuti urbani e assimilati, viene svolta per circa 2,5 milioni di abitanti delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Ravenna, Forlì Cesena, Rimini, Pesaro-Urbino e Firenze. Il Gruppo Hera effettua anche la raccolta di rifiuti speciali (provenienti da attività industriali, commerciali e del terziario) che non risultano assimilabili ai rifiuti urbani per qualità e quantità, nonché il trattamento e il recupero di rifiuti solidi urbani e speciali, di rifiuti liquidi e fangosi e lo smaltimento in discarica dei rifiuti non recuperabili. Questo insieme di attività è finalizzato prevalentemente al recupero di materie dai rifiuti per destinarle al reimpiego nei cicli produttivi, inoltre, si occupa di ridurre la pericolosità e la quantità dei rifiuti destinati alla discarica e di produrre energia elettrica o termica sfruttando i trattamenti di termovalorizzazione (quel processo che consente al tempo stesso sia lo smaltimento dei rifiuti stessi sia la produzione di energia) negli impianti di Bologna, Modena, Ferrara, Rimini, Ravenna e Forlì. Il Gruppo dispone anche di impianti di compostaggio, un processo di trattamento dei rifiuti organici attraverso il quale viene prodotto il compost (concime naturale). Il complesso sistema impiantistico per il trattamento delle varie tipologie di rifiuti fa capo direttamente alla Divisione Ambiente di Hera S.p.A. che ne assicura l'utilizzo razionale e ottimale garantendo la completa autosufficienza dei Comuni serviti per lo smaltimento dell'intera produzione di rifiuti. Fonte: Hera spa, elaborazione dati di bilancio delle società 21
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E Capitolo 6 - Il viaggio dei rifiuti 6. 1 - R a c c o l t a d i f f e r e n z i at a. E’ risaputo che il sacchetto della spazzatura di casa è composto all’incirca da un 30% di organico e da un 70% di imballaggi. Il contributo più grande alla tutela Materiali pericolosi Materiali pericolosi dell’ambiente può quindi offrirlo il Metalli Vetro (farmaci, pile, (farmaci, pile, ecc.) cittadino tramite l’utilizzo dei sistemi 4% 8% ecc.) Organico 1% di raccolta differenziata. Plastica e Carta e cartone Il conferimento dei rifiuti nel corretto gomma Organico 13% 30% Stracci e legno contenitore di raccolta è la prima azione che determina il viaggio dei Plastica e gomma nostri scarti; consente, infatti, di Stracci e Carta e Vetro raggruppare i materiali legno cartone 20% 24% Metalli differenziandoli per tipologia; in tal modo si può procedere nelle Fonte: “Il Sole 24 ore” 4 febbraio 2008. successive azioni di recupero e riciclo dei rifiuti poiché: solo differenziandoli i rifiuti possono diventare Materie Prime Seconde. Tutto ciò consente di risparmiare risorse ed energia e di contenere i costi di gestione . 6. 1. 1 - N o r m a t i v a su l l a r a c c o l t a d i f f e r e n z i at a. Prima di procedere alla descrizione dei sistemi di raccolta differenziata adottati dal Gruppo Hera è necessaria una breve introduzione sulla specifica normativa del settore. Da un punto di vista legislativo la situazione è complessa, poiché, da un lato, il Testo Unico Ambientale e le successive disposizioni correttive e integrative (DLgs. 3 aprile 2006, n.152 “Norme in materia ambientale” e succ. integrazioni e DLgs. 4/08 del 16/01/08 recante ulteriori disposizioni), hanno introdotto modifiche sostanziali alla disciplina dei vari settori in attuazione di direttive comunitarie, ma, dall’altro, l’attesa della definizione dei decreti attuativi, rende lo scenario attuale tuttora incerto e privo di un preciso quadro normativo di riferimento. Inoltre, il quadro normativo regionale e locale è fondato ancora sulle basi del Decreto Ronchi e sue successive modificazioni. A ciò si aggiunge che la Regione, con l’impiego dell’ Art. 1 comma 1108 (Legge Finanziaria 2007), provvede, tramite la nomina di un commissario ad Acta, a garantire il governo della gestione dei rifiuti, al fine di realizzare i risparmi di spesa ed un più efficace impiego delle risorse finanziarie, pertanto, all’interno degli Ambiti Territoriali Ottimali (istituiti dal Decreto Ronchi con il compito di assicurare una gestione unitaria dei rifiuti urbani) dovrà essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime: almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009 almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011 La raccolta differenziata, dunque, non deve essere intesa come un puro esercizio filosofico di sostenibilità ambientale, ma deve essere correttamente individuata anche all’interno di un obbligo normativo. 22
L’ I TINHERARI O I NVI SI BIL E 6. 1. 2 - S i st e m i d i co n f er i m e n t o . Il Gruppo Hera effettua sia la raccolta monomateriale (carta, vetro, plastica, organico, pile, ecc.) che multimateriale (frazioni secche miste: es. vetro/lattine, plastica/lattine, ecc.). La raccolta differenziata viene svolta tramite circuiti stradali (mediante contenitori di varia tipologia: campane, cassonetti, bidoni, ecc.) e attraverso circuiti domiciliari. I sistemi adottati da Hera si configurano con un mix di soluzioni la cui scelta è a discrezione dei singoli Comuni e comprendono, sia i servizi di raccolta tradizionale (mediante i contenitori stradali), sia le modalità di raccolta domiciliari con il sistema porta a porta. Si può quindi parlare di sistemi integrati di gestione e di raccolta rifiuti, come sviluppo e superamento dei modelli tradizionali di raccolta riconducibili ai sistemi basati solo sui contenitori stradali o ai sistemi unici quali il “porta a porta integrale”. A complemento delle diverse tipologie di raccolte, concordate con i singoli Comuni, e realizzate sui diversi territori, sono inoltre sempre attivi: o il servizio di raccolta presso le stazioni ecologiche, che sono aree attrezzate, dotate di ampi piazzali e specifici contenitori, aperte al pubblico per il conferimento diretto da parte dei cittadini di particolari tipologie di rifiuti. Nel territorio gestito da Hera sono presenti 118 stazioni ecologiche. o Il servizio di ritiro rifiuti ingombranti: per tipologie difficili da trasportare a cura del cittadino (mobili, materassi, imballaggi, apparecchiature elettriche o elettroniche voluminose, ecc); si Stazione Ecologica di Cesena. Foto archivio Hera. tratta di materiali che per tipologia, dimensioni o peso non possono essere conferiti nei cassonetti stradali e non sempre possono essere facilmente portati nelle stazioni ecologiche. Il ritiro avviene con appuntamento su chiamata al numero verde. 6. 1. 3 - S G R 5 0. Il sistema SGR 50, è il Sistema di Gestione Rifiuti con obiettivo 50% di raccolta differenziata, è un modello ideato da Hera che garantisce risultati al di sopra della media nazionale, una buona qualità del servizio e il rispetto dell’ambiente e delle risorse. E’ importante sottolineare che il sistema permette di raggiungere tale obiettivo senza ridurre i servizi agli utenti ma, anzi, aumentandoli attraverso le seguenti azioni: o potenziamento dei contenitori stradali per la raccolta differenziata sul territorio; o ampliamento della gamma di servizi in particolare rivolti alle “utenze target” per specifiche filiere di rifiuti; o realizzazione di nuove Stazioni Ecologiche e l’ampliamento degli orari di apertura al pubblico di quelle esistenti. Ulteriori informazioni nel sito web Clienti del Gruppo Hera, in Clienti/Casa/Ambiente, digitando un qualsiasi comune (ad esempio per Bologna: http://www.gruppohera.it/clienti/casa/casa_lista_servizi/casa_servizio_ambiente/328.html) 23
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