I fratelli Bellini, inventori di un nuovo modo di fare antiquariato

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I fratelli Bellini, inventori di un nuovo modo di fare antiquariato
ANTIQUARI

I fratelli Bellini, inventori di
un nuovo modo di fare antiquariato
Un ricordo dei fondatori della Biennale fiorentina e dell’A.A.I.

di Giovanni Conti

   Ho conosciuto i fratelli Bellini poco dopo la            stici: cuochi, facchini e cameriere che accudiva-
morte del loro padre, Luigi Bellini, il famoso              no ai loro appartamenti privati del secondo e
antiquario fiorentino che aveva inventato la                terzo piano. E, ovviamente, del personale di ser-
Mostra dell’Antiquariato e il Comitato per la               vizio in Galleria: portiere con famiglia, altri fac-
Ricostruzione del Ponte a Santa Trinita.                    chini, autista e diversi operai esterni che si avvi-
                                                            cendavano continuamente in lavori di riparazio-
    Giuseppe, “Beppe”, e Mario Bellini erano,               ni o di restauri.
ormai, i responsabili della notissima Galleria                  Nel mio grandissimo ufficio, in fondo al cor-
Bellini sul lungarno del ponte alla Carraia che,            ridorio, c’era la scrivania di una segretaria e il
nell’eclettico palazzetto ristrutturato dal                 grande tavolo della Romelia che restaurava gli
Coppedé, aveva solo l’entrata. Le tantissime sale           arazzi. Sopra, in un mezzanino, la signorina Grati
di esposizione, nei due attigui palazzi storici,            restaurava i dipinti, mentre Primo, il falegname,
erano tappezzate di stoffa e sapientemente illu-            aveva bottega negli scantinati.
minate da luce artificiale. Dipinti, sculture, mobi-            Accanto al mio ufficio, c’era la “Direzione”, la
li e arazzi ne rivestivano le pareti; maioliche,            loro grande stanza rivestita di una boiserie che
bronzi, e oggetti di grande valore artistico ne             conteneva i libri e le pubblicazioni più prestigiose.
costituivano la preziosa suppellettile. L’impatto,              Qui venivano ricevuti amici e clienti, perso-
fortemente      suggestivo,     dava     veramente          naggi del mondo dell’arte, dello spettacolo o del-
l’impressione del Museo, di uno spazio magico               l’industria affascinati dalla possibilità di vedere
ma non impossibile, riservato ma anche accessi-             ma, soprattutto, di poter acquistare qualche
bile in dovute condizioni.                                  pezzo di quelle collezioni. Qualche nome? Se
    Giuseppe e Mario sembravano - a me loro                 non ho avuto occasione di vedere Goering o di
“segretario” novizio e quindi “direttore della              conoscere De Chirico, ho però accompagnato in
Galleria” - come due semi in uno stesso nòccio-             Galleria il famoso collezionista americano John
lo, due semi uguali e diversi che spesso si urta-           Paul Getty e Rose Kennedy, la mamma del
vano a vicenda anche se nessuno dei due pote-               Presidente degli Stati Uniti, il re Gustavo di
va vivere senza l’altro. Il nòcciolo che li teneva          Svezia e il Principe di Giordania, diversi Ministri
uniti era - sempre nella mia opinione - la loro             e Senatori della Repubblica e tanti attori e registi
vecchia madre, Niny, che abitava un moderno                 del cinema e del teatro. Ricordo Gina
appartamento nel vicino palazzone condominia-               Lollobrigida incredibilmente minuta e graziosissi-
le costruito dal suo adorato “Gigi”.                        ma. Dei grandi critici e storici dell’arte che, quasi
    Come incaricato della Galleria avevo il com-            ogni giorno, avevano appuntamento, ricordo
pito di ricevere o accompagnare i clienti, ma               benissimo il vecchio Richard Hoffner col suo
anche di provvedere alla corrispondenza, al rap-            cane lupo, Mario Salmi, che vedevo imponente e
porto con le banche, agli stipendi del personale            cordialissimo, il brillante Giuseppe Fiocco che,
ecc. E, quest’impegno non era poco per un gio-              una volta, chiedendogli se voleva vedere ancora
vane poco più che ventenne che, tuttavia, a                 qualcosa mi rispose con un verso latino: “iam
“tempo avanzato” s’era preso la briga di sistema-           satis prata biberunt” che me lo fece salire di
re anche la bellissima biblioteca e la copiosissi-          stima. Con Roberto Longhi riuscivo ad avere
ma raccolta fotografica che il “vecchio” Bellini            anche qualche parere confidenziale sui Bellini
aveva iniziato. In quanto addetto alle loro perso-          che chiedevano attribuzioni di pitture, mentre
ne dovevo poi occuparmi anche dei loro dome-                con Berenson il rapporto si manteneva sempre

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Beppe e Mario Bellini accolgono Aldo Moro, presidente del Consiglio, durante la Biennale del 1967.

molto formale e riservato. Di Carlo Ludovico                     motori, con personaggi politici, con funzionari
Ragghianti conservo ancora alcune lettere che mi                 amministrativi, con rappresentanti della cultura o
scriveva per indiririzzare il mio studio o le mie                della Soprintendenza alle Belle Arti, con la stam-
ricerche sulla storia dell’arte. Piero Bargellini,               pa ecc., perché, in effetti, la “Segreteria della
amico familiare dei Bellini e presentatore ufficia-              Mostra” era nel mio ufficio.
le del catalogo delle Biennali, scrisse anche la                     Così come, nel mio ufficio, era la “redazione”
brillantissima presentazione del mio primo libro                 del catalogo della Mostra: arrivo e selezione del
sulle Maioliche del Rinascimento che firmai con                  materiale fotografico che gli espositori inviavano,
Mario Bellini.                                                   coordinazione, traduzione e impaginazione dei
    Questo il variegato mondo in cui prendeva con-               testi e delle didascalie, confezionamento artigia-
sistenza biennale la Mostra Mercato Internazionale               nale del “menabò” per la stampa che, nella tipo-
dell’Antiquariato, il contesto che vorrei definire               grafia Vallecchi, aveva il definitivo assetto. Il dot-
“familiare” in cui nasceva questo evento di riso-                tor Renzo Chiarelli della Soprintendenza alle
nanza mondiale, la prima e unica manifestazione                  Gallerie ebbe ed accettò volentieri l’isolito incari-
che il misterioso e fascinoso mondo dell’antiqua-                co di curare alcuni “Schemi” didattici interessanti
riato offriva al grosso pubblico negli stands esposi-            “la Pittura e la Scultura Italiana dalle Origini al
tivi del fiorentinissimo Palazzo Strozzi.                        XVIII secolo” perché anche il visitatore meno
    Per la seconda edizione di questa Mostra,                    esperto potesse avere un certo orientamento cul-
1961, venni completamente coinvolto - mattina,                   turale tra i capolavori in esposizione. A me fu
sera e spesso anche la notte - nelle imprevedibi-                affidato il compito di stilare alcune note “storico-
li iniziative che i fratelli Bellini, in veste di orga-          artistiche” sulla produzione di quelle che, allora,
nizzatori, inventavano quasi estemporaneamen-                    ancora si indicavano come Arti Minori: cioè
te: rapporti con gli espositori, con gli enti pro-               “Piccoli Bronzi, Mobili, Ceramiche e Arazzi”.

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L’iniziativa ebbe, evidentemente, un bel successo             buyers di tutto il mondo venuti a Firenze per
se questi Cenni di Storia dell’Antiquariato furono            comprare la Moda. E, talvolta, insieme alla moda,
ristampati in un volumetto che andava a ruba.                 anche qualche bel mobile o oggetto d’arte pre-
    Per queste presentazioni verranno poi coin-               sentato in quegli apprezzatissimi arredamenti o
volti giornalisti di vaglia come Amadore e                    in qualche altra bottega di antiquario.
Antonio Porcella, Luigi Noferini, Giorgio Batini,                 Le feste nella villa di Marignolle avevano
Leonardo Borgese o Massimo di Volo e altri per-               qualcosa di fatato. Il fasto di quelle stanze e le
sonaggi della storia dell’arte come Luciano Berti,            suggestive illuminazioni del giradino lasciavano
Luciano Bellosi, Pier Paolo Donati e anche il gio-            sempre la sensazione di aver vissuto in un altro
vane Antonio Paolucci.                                        mondo o, comunque, in un altro tempo.
    Quando non c’era da lavorare al catalogo                      L’abbondante piacevolezza di cibi e bevande,
c’era da pensare alla “Gazzetta Antiquaria” che,              l’accompagnamento di musiche e la spensiera-
proprio in quegli anni, i fratelli Bellini vollero            tezza del tempo facilitavano incontri e conversa-
riprendere a pubblicare come “bollettino” uffi-               zioni, rapporti e amicizie che continuavano e si
ciale della categoria e, soprattutto, della nuova             mantenevano anche oltre quelle occasioni.
Associazione Antiquari d’Italia, da loro costituita               Di quelle serate non posso non ricordare quel-
e promossa a garanzia di un’etica professionale               le del “Simposio della Cucina Rinascimentale”, un
quanto mai opportuna nei non sempre leciti                    “Festival” da loro inventato e realizzato con le
entusiasmi di un boom economico.                              sorelle Gosetti de “La Cucina Italiana” e la colla-
                                                              borazione di un bizzarrissimo personaggio,
    Ma l’aspetto, per me più singolare dei fratelli           Giuseppe Maffioli, che nella ricerca di prelibatez-
Bellini, restava legato al loro modo di fare, al loro         ze culinarie metteva la principale delle sue attività.
modo di vivere nel “bel mondo” e partecipare alla                 Per un “delicatino di stomaco” - così venni defi-
società dei vip. Il loro fair play e la loro naturale         nito - come me, fu questa un’esperienza con risvol-
disinvoltura creava in me una grande ammirazio-               ti traumatici. E non tanto per le “serate di gala”
ne. Abituato a tanti commenti, a tante allusioni, a           quanto per il “provare e riprovare” di dosi, cotture
tante malignità che in quello, come in ogni altro             e materie prime che quotidianamente si facevano
ambiente, si fanno, ho sempre apprezzato la gran-             nella cucina di Beppe Bellini o nella trattoria di
de discrezione e la signorilità del loro comporta-            Bruno il Fascista in borgo La Croce, che mi obbli-
mento: mai - in tanti anni - ho inteso una cattive-           gavano a presenziare per constatare l’applicabilità
ria nei confronti di chicchessia, mai una sfumatura           e quindi il successo di tante ricette - accomodate o
malevola o invidiosa, mai un atteggiamento astio-             stravolte - che avevo trovato in antichi ricettari
so per altrui successi o iniziative come mai ho               della Marucelliana pubblicati o manoscritti.
notato un rimpianto per qualcosa non fatto, per                   Fu a proposito di certi “sorbetti” ghiacciati
una vendita sbagliata o per un acquisto improprio.            inventati dal poliedrico Buontalenti per sollazza-
Mostravano sempre di essere giustamente convin-               re il granduca Francesco che, mi pare proprio
ti di quello che facevano. E, se non soddisfatti, cer-        Beppe Bellini, pensò di bandire un concorso a
tamente appagati da quello che avevano: pensavo               premi per chi, tra i gelatai fiorentini - erano, allo-
alla medaglia della regina Cristina con il Globo              ra, meno di dieci - avesse saputo riprodurre ama-
Terrestre -il Gran Mondo? - e l’intrigante impresa            bilmente il gusto di quei “sorbetti”. E mi pare che
“Né mi basta, né mi bisogna”.                                 la Gelateria Badiani vinse il Primo Premio con un
    Non poteva, quindi, questa loro naturale                  apprezzatissimo “Buontalenti”.
bonomia e questa loro intraprendente efficienza,
non conquistare anche il rinverdito mondo della                  La patina nostalgica che il tempo - sono pas-
Moda che, proprio a Firenze e proprio in quegli               sati cinquant’anni? - ha disteso su quegli avveni-
anni, conosceva nuove e fertilissime stagioni con             menti e su quelle situazioni non ha, per me, le
le “sfilate” di Palazzo Pitti tenacemente volute e            sfumature del rimpianto anche se, certe riflessio-
sostenute da Bista Giorgini.                                  ni portano con sé una qualche “morale”.
    Anche qui, i Fratelli Bellini, offrono il loro            Ripensando il mio rapporto con i fratelli Bellini
entusiasmo oganizzativo, la disponibilità di rice-            lo vedo, oggi, non tanto come una dipendenza
vimenti nella loro Villa di Marignolle e, soprat-             di lavoro quanto come una collaborazione sui
tutto, il loro impegno per arredare con i loro                generis con familiarità domestiche che si realiz-
mobili, sculture, arazzi e dipinti, i saloni di               zava nel “fare quello che c’è da fare” ma anche,
Palazzo Strozzi che accoglievano i facoltosi                  ovviamente, con una serietà e un impegno come

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si trattasse di cosa propria a prescindere dal                prendere una sculturina di marmo, una di quel-
dovere contrattuale.                                          le Madonnine di Trapani che, pur non essendo
    Quando ho deciso di lasciare i Bellini per                di grande valore artistico, a me piaceva tanto.
cominciare in proprio la mia attività di antiqua-             Sono contento d’aver fatto questa scelta: la
rio, non ho voluto che i Bellini mi pagassero una             “liquidazione” sarebbe volata via, la Madonnina
“liquidazione” quantificata in lire. Ho preferito             continua a guardarmi e io a guardare lei.

Biennale 1967. Jacques Kugel mostra una scatola d’oro al Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi accompagnato da
Mario e Giuseppe Bellini

Biennale 1967

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