Harry Potter: una fiaba intramontabile? Diverse chiavi di lettura per viaggiare nel magico mondo di Hogwarts - Università degli Studi di Parma
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Università degli Studi di Parma Facoltà di Lettere e Filosofia Harry Potter: una fiaba intramontabile? Diverse chiavi di lettura per viaggiare nel magico mondo di Hogwarts di Debora Pareti Relatore: Angelo Nobile Correlatore: Damiano Felini A. A. 2011/2012
Premessa In questa Tesi mi sono occupata di indagare quello che sicuramente è il più fortunato caso mediatico, ma soprattutto letterario, degli ultimi anni, cercando di capire quali sono le ragioni alla base di questa dilagante “pottermania”. Ho impostato la mia ricerca cercando di capire cos’avesse di così straordinario il personaggio di Harry Potter e il suo magico mondo, come mai affascinasse un pubblico così altamente eterogeneo, soprattutto per età. Già, perché il giovane maghetto ha stregato proprio tutti, bambini, giovani e meno giovani. Dove risiede il segreto della sua magia, del suo straordinario potere di incantare tutti quanti, sia per via letteraria che mediatica, in particolare cinematografica? Per rispondere a questo interrogativo ho dunque pensato di analizzare il personaggio di Harry Potter e parte del mondo che lo circonda, avvalendomi di quelle discipline che indagano l’uomo e la sua realtà. Mi sono servita della psicoanalisi, della psicologia, della pedagogia, della sociologia, per cercare di approdare a delle spiegazioni plausibili. Nel primo capitolo ho affrontato il discorso psicanalitico, per evidenziare come Harry Potter viva gli stessi conflitti che affliggono ogni uomo e come esistano degli archetipi universali che ce lo rendono così familiare, così vicino. Nel secondo capitolo ho invece ricercato a quali fonti si possa esser ispirata J.K. Rowling per creare i suoi personaggi, al fine di capire se la fortuna di questa saga possa essere in qualche modo legata alle tradizioni culturali che permeano il nostro pensiero. I
Nell’ultimo capitolo mi sono occupata della critica psicopedagogica inerente al fenomeno Harry Potter, per verificare quali strategie ha utilizzato l’autrice per accattivarsi il pubblico, in particolare quello giovanile. Infine, nell’appendice, ho riportato i dati delle vendite legate ai libri di Harry Potter e gli incassi al cinema dei suoi film. Ho inoltre tentato una piccola ricerca, seppur limitata e senza pretese scientifiche, per verificare la portata di questa dilagante pottermania. II
CAPITOLO I HARRY POTTER E L’INCANTO DELLA PSICHE Salvatore Quasimodo scriveva: «Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo»1. L’uomo, nonostante il trascorrere dei secoli non ha cambiato la sua essenza. Forse ha mutato la scala dei valori, forse si è evoluto a livello fisico, biologico e conoscitivo. Ma la sua parte più profonda è rimasta immutata, i meccanismi che governano la sua psiche sono rimasti gli stessi. Studi neuro scientifici ci vengono in aiuto: MacLean, teorizzando l’esistenza di un cervello tripartito, il «triune brain»2, individua tre formazioni anatomiche e funzionali che si sono sovrapposte nel corso dell’evoluzione. Il nostro cervello non sarebbe che la somma di quello rettiliano, mammaliano antico e mammaliano recente. Questo dimostra che già a livello encefalico abbiamo molto in comune con i nostri antenati, che possediamo in una piccola parte di noi le stesse caratteristiche che contraddistinguevano i nostri progenitori. Un’ulteriore illuminazione ci viene fornita dagli studi psicanalitici: Freud elabora una struttura della mente valida per tutti gli uomini, che mette in stretta relazione l’umanità di oggi con quella del passato; Jung rileva invece archetipi universali che sono presenti in tutte le culture sin dall’antichità. Tutto questo sembrerebbe far supporre che l’uomo, in fin dei conti, non è cambiato più di tanto. Ma cosa c’entra questa premessa con Harry Potter? Moltissimo, oserei dire. Prima di tutto va sottolineato il fatto che la produzione culturale generalmente rispecchia la società che l’ha creata. Ciò significa che il magico mondo di Hogwarts, i suoi personaggi, le sue vicende, molto hanno in comune con il contesto socio culturale in cui viviamo. Ma non solo. Se è vero che la parte più profonda dell’uomo è rimasta immutata, allora Harry Potter e i suoi amici hanno in loro anche le tracce di un’umanità più lontana. E una delle ragioni che fanno 1 S. Quasimodo, Uomo del mio tempo, in Giorno dopo giorno, tutte le poesie, Mondadori, 1994. 2 M. Ernandes, MacLean’s Triune Brain and the Origin of the “Immense Power Being” Idea, in «The Mankind Quarterly», n. 39, pp. 173-201, Winter, 1998. 3
di Harry Potter un mito ormai mondiale è proprio questo: essere un modello per tutti, essere il personaggio in cui tutti gli uomini si possono riconoscere. 1.1 Harry Potter e Freud Se dovessimo analizzare il personaggio di Harry Potter dal punto di vista freudiano, non basterebbe un’enciclopedia. Innumerevoli sono infatti le considerazioni che si potrebbero fare, infiniti gli spunti. Tuttavia, per ragioni di tempo e di spazio, ho preferito concentrarmi sugli aspetti più noti alla base del pensiero dello psicanalista austriaco: il conflitto eros–thanatos, le istanze della psiche, il complesso di Edipo e l’interpretazione dei sogni. 1.1.1 Eros e Thanatos: l’eterna lotta tra vita e morte, tra bene e male Freud sostiene che Eros e Thanatos, l’istinto di vita e l’istinto di morte, siano le due forze che regolano le azioni dell’uomo. La mente umana reca infatti in sé una profonda dualità. Il padre della psicoanalisi, per primo, ha riscontrato la profonda scissione che ciascuno di noi si trova a dover affrontare ogni istante della propria vita, la scelta tra bene e male, e l’enorme attrattiva che ha il male sull’uomo. La nostra psiche si regge sull’equilibrio che queste due forze raggiungono, e le infinite possibilità di comportamenti sono date molteplicità di strade che l’uomo può imboccare per risolvere una situazione. Freud vede condensata in questa eterna lotta tra bene e male tutta la storia dell’umanità. Nemmeno Hogwarts sfugge a questa legge. Soprattutto, non Harry Potter. Lui, il protagonista, Il Ragazzo Che È Sopravvissuto, è l’emblema di questa dualità. Non è l’eroe classico della letteratura, non è un semidio, bello, prestante, sempre convinto delle sue azioni. È un eroe profondamente umano, forse troppo. Ha la possibilità di utilizzare la magia, ma nel suo mondo questo non è un vantaggio: la posseggono tutti. Quello che lo differenzia dagli altri è solo il suo coraggio, il suo cuore e la sua fiducia negli amici. È un ragazzo qualunque, o quasi. È l’eroe in cui tutti si possono riconoscere, con i suoi pregi e con i suoi difetti, poco sicuro di sé: 4
Harry aveva un viso sottile, ginocchia nodose, capelli neri e occhi verde chiaro. Portava un paio di occhiali rotondi, tenuti insieme con un sacco di nastro adesivo per tutte le volte che Dudley lo aveva preso a pugni sul naso3. Sembrava che il cappello chiedesse molto; al momento, Harry non si sentiva né coraggioso, né intelligente né altro. Se solo il cappello avesse nominato un dormitorio per gente che si sentiva poco sicura di sé, quello sarebbe stato il posto giusto per lui4. Tutta la sua storia si può leggere come conflitto tra Eros e Thanatos: istinto di vita e di conservazione contro l’istinto di morte, di autodistruzione. E questo tratto emerge soprattutto nell’ultimo libro, Harry Potter e i Doni della Morte. Harry è un eroe che vacilla, roso dal dubbio, dalla rabbia, e dalla paura, tutte caratteristiche che lo rendono così irrimediabilmente umano. Già nel quinto libro scopre che la sua sopravvivenza è legata all’assassinio del suo rivale, Lord Voldemort. Ma è soltanto nell’ultimo volume della saga che avrà una piena consapevolezza di cosa si cela dentro la sua anima: un pezzo dell’anima del suo nemico mortale, che deve necessariamente eliminare se vuole che il Bene trionfi. Deve sacrificare la sua vita per permettere che la vita di molti altri sia risparmiata. Eppure, mentre un eroe andrebbe subito fieramente incontro alla morte, Harry in un turbinio di emozioni, per un attimo sente la vita prendere il sopravvento, portandolo quasi a ribellarsi al suo destino: Sentì il cuore battere più forte nel petto. Strano che, nel terrore della morte, pompasse più forte, 5 tenendolo energicamente in vita. Ma doveva fermarsi, e presto. I suoi battiti erano contati . Lentamente, molto lentamente, si alzò a sedere e si sentì più vivo, più consapevole che mai del suo corpo vivente6. Rivoli di freddo gelarono la pelle di Harry. Voleva urlare alla notte, voleva che Ginny sapesse che era lì, che sapesse dove stava andando. Voleva essere fermato, portato indietro, a casa… 7 3 J.K. Rowling, Harry Potter e la Pietra filosofale, Milano, Salani, 1998, p. 24. 4 Ivi, p. 115. 5 Id, Harry Potter e i Doni della Morte, Milano, Salani, 2008, p. 635. 6 Ivi, p. 636. 7 J.K. Rowling, Harry Potter e i Doni della Morte, Milano, Salani, 2008, p. 640. 5
Tuttavia, questo non è che il culmine delle turbolenti vicende del giovane mago. Harry si trova a tu per tu con la morte in innumerevoli occasioni. Basta ripercorrere le vicende salienti della sua giovane esistenza: a solo un anno di età vede morire i suoi genitori per mano di Lord Voldemort, e sarà il sacrificio di sua madre a permettergli di continuare a vivere. Nel primo anno di scuola, rischia la vita per impedire che il suo nemico si impossessi della Pietra Filosofale che gli restituirebbe un corpo e pieni poteri. Un anno dopo, sfida un Basilisco, un terribile mostro che si aggira nelle tubature del castello di Hogwarts, salvando la vita di Ginny, sua futura moglie, dopo essere riuscito miracolosamente a uscire da una tana di ragni giganti. Il terzo anno si lancia sotto il Platano Picchiatore per cercare di aiutare il suo migliore amico Ron, che era stato trascinato al suo interno da un enorme cane nero. L’anno seguente assiste al ritorno di Lord Voldemort e solo per un’inspiegabile magia che lega la sua bacchetta a quella del suo rivale, riesce a salvarsi, ma vedrà il suo compagno di scuola Cedric Diggory spegnersi, assassinato. Nel quinto libro affronta con un gruppo di suoi amici un nutrito drappello di Mangiamorte 8, ai quali si aggregherà l’Oscuro Signore. Anche questa volta però, grazie al pronto intervento di Silente, preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, Harry riuscirà a salvarsi. Infine, abbandonati gli studi, scamperà dalle fauci di un enorme serpente, dall’annegamento in un lago, da un incendio, fino a che non sarà pronto per consegnarsi volontariamente tra le braccia della morte. Morte che però sarà solo parziale, e grazie alla quale Harry otterrà il pieno possesso della sua anima. Appare dunque evidente come la Vita e la Morte siano in questo personaggio fortemente intrecciate, come l’una sia il risvolto dell’altra e come la morte non scriva la parola “fine” nel grande libro dell’esistenza. In Harry Potter, in svariate occasioni, la morte viene superata: in primo luogo ci sono i fantasmi, ossia coloro che hanno scelto di non andare avanti, come Nick – Quasi – Senza - Testa. 8 In tutta la saga di Harry Potter vengono indicati con il nominativo di Mangiamorte i seguaci di Lord Voldermort, da loro chiamato L’Oscuro Signore. 6
«Io avevo paura della morte» sussurrò Nick, «Ho scelto di restare. A volte mi chiedo se avrei dovuto… bè, questo non è né qua né là… in effetti io non sono né qua né là…» Sbottò in una risatina triste. «Io non so nulla dei segreti della morte, Harry, perché ho scelto questa meschina 9 imitazione della vita» . Questo dialogo si svolge dopo la morte del padrino di Harry, Sirius Black. Il maghetto si sente profondamente in colpa: non si è impegnato a chiudere la connessione che legava la sua mente a quella del suo rivale, e quest’ultimo l’ha attirato in una trappola, dove, per salvarlo, ha trovato la morte Sirius. Harry è roso dal senso di colpa e spera che il suo padrino si materializzi presto sotto forma di fantasma. La figura del fantasma è per Freud come la realizzazione del desiderio del soggetto, è un modo per sfuggire alla realtà. Ed è questo che Harry cerca di fare: negare la morte dell’uomo che per lui era stato padre e fratello insieme. Non è questo però l’unico fantasma di Harry. Nell’ultimo libro, prima di recarsi a morire, gira per tre volte la Pietra della Resurrezione, che ha il potere di riportare in vita i defunti: Non erano fantasmi, né persone in carne ed ossa, lo vedeva. […] Meno concreti di corpi viventi, ma molto più di fantasmi, venivano verso di lui, e su ciascun volto danzava lo stesso sorriso 10 affettuoso . «Resterete con me?» «Fino alla fine» rispose James «Non possono vedervi?» chiese Harry. «Siamo parte di te» spiegò Sirius. «Invisibili a chiunque altro»11. È anche qui evidente come il fantasma sia la realizzazione di un desiderio inconscio: Harry non ricorda di aver conosciuto i suoi genitori, e il suo desiderio sarebbe ritrovarli, come rivela lo Specchio delle Brame nel primo libro della saga. 9 J.K. Rowling, Harry Potter e l’Ordine della Fenice, Milano, Salani, 2003, p. 796. 10 Id, Harry Potter e i Doni della Morte, Milano, Salani, 2008, p. 642. 11 Ibidem. 7
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