Musica in Ospedale Pediatrico: La musica per un ospedale che cambia

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Musica in Ospedale Pediatrico:
               La musica per un ospedale che cambia
                       di Alessandro Perondi e Sara Salvadori

       L'anno 2002 ha segnato, crediamo, per l'Italia e forse anche per l'Europa,
un'altra tappa importante nel processo di trasformazione dell'ospedale pediatrico,
da una parte nei riguardi del miglioramento dell'accoglienza e della qualità della vita
del bambino ricoverato e, dall'altra, nella concezione e percezione stessa che noi
tutti abbiamo dell'ospedale in quanto luogo esclusivamente dedicato all'assistenza e
alla cura del bambino malato
       Grazie ad un partenariato nato tra l’Italia (Ospedale Pediatrico Anna Meyer,
Fondazione Anna Meyer, associazione Athenaeum Musicale Fiorentino e Fondazione
Livia Benini) e la Francia (Università Marc Bloch di Strasburgo e associazione
Musique et Santé di Parigi), sul tema della musica nell’ambito delle istituzioni della
salute, si è svolto un incontro europeo al quale hanno partecipato, oltre ai
rappresentanti delle istituzioni della Salute e della Cultura italiani e francesi anche
rappresentanti di Grecia e Portogallo. Questo incontro, organizzato dall’Università di
Strasburgo, im collaborazione con l’associazione Musique et Santé, nell’ambito
dell’Université Européenne d’Eté (U.E.E.: importante istituzione della durata
di una settimana organizzata nel periodo estivo dagli atenei francesi e
che rappresenta un momento di incontro, scambio e studio tra
esponenti di vari paesi europei su temi specifici) “Musique en milieu de la
santé et du handicap” si è svolto eccezionalmente in due fasi: la prima dal 30 giugno
al 3 luglio a Strasburgo, e la seconda dal 27 al 29 settembre a Firenze.

Storia del progetto “musica in ospedale” a Firenze
       Nel 1996, grazie alla volontà di Lucia Benini, fondatrice e presidente della
Fondazione Livia Benini (che già dal 1988 era impegnata nella promozione del
controllo del dolore nel bambino, sia dal punto di vista farmacologico sia da quello
non‐farmacologico), e alla collaborazione offerta dall’associazione Athenaeum
Musicale Fiorentino è iniziata all’interno dell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer di
Firenze, un’esperienza unica di attività musicale svolta a favore dei piccoli ricoverati
del reparto di oncoematologia. Lo spirito e l’obiettivo di questa iniziativa erano volti
al miglioramento della qualità della vita dei bambini in ospedale e si inserivano nel
più ampio movimento di riforma dell’istituzione ospedaliera che andava, e va
tuttora, nel senso dell’umanizzazione della condizione della vita del bambino e dei
suoi familiari durante la permanenza in ospedale.
Un primo gruppo di musicisti iniziò a lavorare in Oncoematologia, ma
nonostante la notoria e storica apertura dell’ospedale Meyer (grazie in particolare
alla presenza di alcuni medici illuminati e, in particolare, del prof. Paolo Busoni
primario di Anestesia e Rianimazione) verso la tematica della condizione dei bambini
ricoverati e della sofferenza, i primi tempi hanno fatto rilevare una certa diffidenza e
talvolta insofferenza verso la presenza di musicisti da parte di una seppur piccola
parte del personale curante che vedeva nel musicista, e specialmente del musicista
al capezzale del bambino, se non una vera e propria intrusione certo un ostacolo, un
intralcio alla normale attività di assistenza e cura del bambino malato.
       Col passare del tempo questa esperienza ha coinvolto sempre più il personale
dell’ospedale ed è emersa l’esigenza dei definire accuratamente i criteri
dell’intervento musicale tenendo conto delle esigenze del bambino e dei familiari
ma, al tempo stesso, delle aspettative di tutte i professionisti coinvolti nella vita
dell’ospedale (infermieri, medici, amministratori, ecc.) affinché un intervento mirato
al benessere del bambino si potesse trasformare nella ricerca di un miglioramento
globale del clima che si respira all’interno dell’istituzione ospedaliera. Fondamentale
è stato l’incontro con la scuola francese di Victor Flusser, direttore del CFMI
dell’Università di Strasburgo, e Philippe Bouteloup presidente dell’associazione
Musique et Santè di Parigi. E’ così che nel 2001 l’Ospedale Pediatrico Meyer ha
deciso di inserire il progetto musica in ospedale all’interno dei suoi progetti culturali
e di promozione della salute, aprendo alla musica e ai musicisti tutti i reparti e i
luoghi pubblici dell’ospedale stesso.

Primo Corso per Operatore Musicale nell’Ospedale Pediatrico
       La premessa necessaria per l’attuazione di questo progetto è stata l’istituzione
del Corso per Operatore Musicale nell’Ospedale Pediatrico finalizzato alla
formazione di un gruppo di musicisti altamente qualificati per operare all’interno
dell’ospedale. L’Athenaeum Musicale Fiorentino, in qualità di agenzia formativa, ha
organizzato e coordinato il corso e sono stati invitati, quali responsabili didattici, i
docenti francesi Victor Flusser e Philippe Bouteloup. Per dare avvio al corso è stato
creato un partenariato ufficiale tra l’ospedale Meyer, la Fondazione Anna Meyer, la
Fondazione Livia Benini e lo stesso Athenaeum Musicale Fiorentino.
       Il corso è a tutti gli effetti sperimentale visto che è il primo del genere in
Europa. Per la prima volta una formazione che si dispiega per un intero anno
accademico, un corso che nasce su precisa richiesta di un ospedale pediatrico, e che
vede per la prima volta la formazione di una rete formata da docenti esperti e di
chiara fama, da una scuola di musica e da un ospedale pediatrico pubblico con le
sovvenzioni e l’appoggio di sponsor e fondazioni private.

Contenuti della formazione
I prerequisiti necessari per un musicista che vuole lavorare in ospedale sono
buone qualità strumentali e vocali, la capacità di mettersi in relazione con gli altri, e
una forte motivazione.
        Il problema maggiore per chi si occupa di questo tipo di formazione è quello di
superare alcuni luoghi comuni: il primo è considerare la spontaneità, la creatività e
l’amore per i bambini le uniche competenze necessarie da sviluppare e l’altro
ritenere necessaria la sola acquisizione di tecniche di arrangiamento e
improvvisazione o la conoscenza di un ampio repertorio infantile.
        Tutti questi aspetti sono importanti, ma l’obiettivo principale del corso è
creare un bagaglio di attrezzi al quale il musicista possa attingere per il suo lavoro.
Questi strumenti non sono soltanto oggetti o canzoni, ma forme, modalità e
intenzionalità della relazione musicale.
        Ecco che allora la formazione abbraccia aree e competenze diverse: da quella
strettamente musicale alla conoscenza della struttura ospedaliera, all’applicazione
della musica al contesto ospedaliero, il tutto accompagnato da una costante
riflessione individuale e di gruppo sulle emozioni.
        L’area della formazione musicale affronta il tema della ricerca,
dell’adattamento e arrangiamento del repertorio più appropriato, scelto nell’ambito
della canzone popolare e infantile, delle ninnananne, delle cosiddette bambinerie
(conte, filastrocche, giochi di mano, ecc.) e delle canzoni etniche, così importanti per
instaurare una relazione con i molti bambini, e le loro famiglie, appartenenti a
culture diverse dalla nostra, ma che si possono incontrare sempre con maggior
frequenza all’interno dell’ospedale (cinesi, rumeni, albanesi, ecc.). Vengono
sviluppate e perfezionate le tecniche di arrangiamento per l’esecuzione individuale
o nell’ambito di piccoli gruppi, formati da due o tre musicisti; le capacità di ricerca
sonora e timbrica con l’utilizzazione di piccoli strumenti a percussione e oggetti
sonori, talvolta reperiti nell’ambito del vasto strumentario etnico, ma il più delle
volte costruiti dagli stessi musicisti utilizzando materiali ed oggetti di uso comune;
la conoscenza delle tecniche percussive di base. Le tecniche di improvvisazione, utili
per “dialogare” con i bambini, basate sempre su di un pensiero strutturato (ad
esempio sui processi compositivi dell’imitazione, dell’opposizione e
dell’integrazione) e dunque mai casuale e, infine, lo sviluppo della tecnica vocale,
dato che il canto è considerato uno strumento privilegiato per la relazione.
        L’area della conoscenza dell’ospedale è, invece, indispensabile non solo per
conoscere a fondo il contesto in cui si agirà (dalla struttura dei vari reparti e servizi
alle regole di igiene, dallo svolgersi della giornata alla conoscenza delle gerarchie e
competenze specifiche di ciascun operatore sanitario), ma anche per riconoscere ed
individuare le professionalità presenti, con le quali cooperare per progettare e
realizzare gli interventi musicali in ospedale e senza le quali non è evidentemente
ipotizzabile un corretto svolgimento dell’attività.
L’area dell’applicazione della musica al contesto ospedaliero parte dallo studio delle
diverse situazioni che si possono verificare in ospedale (accoglienza del bambino,
sala di attesa, degenza, accompagnamento ai prelievi, ad indagini radioscopiche o
alla sala operatoria, ecc.) e permette di elaborare per ciascuna di esse un ventaglio
di risposte adeguate (es.: fare musica per o musica con, scegliere di calmare o di
divertire, di sorprendere o di stupire o di creare un momento in cui il bambino può
apprendere, se lo desidera).
       L’ultimo aspetto, quello che riguarda l’analisi e la riflessione sulla propria
emotività, viene affrontato con l’ausilio di esperti e psicologi che affrontano anche i
temi più profondi, come l’atteggiamento e la reazione individuale di fronte alla
sofferenza e alla morte.

Musica in ospedale: finalità e obiettivi
       Pensiamo che il modo migliore per parlare di musica in ospedale sia quello di
riesaminare i risultati del lavoro di ricerca dell’U.E.E. 2002 e, a questo proposito, si
può affermare che se ancora siamo lontani dalla definizione di un sistema di
valutazione appropriato si sono, però, definiti con precisione le finalità e gli obiettivi
del progetto. L’umanizzazione come promozione della soggettività, il miglioramento
della qualità della vita per tutti i soggetti che vivono e lavorano in ospedale, la
ridefinizione del significato e dell’immagine sociale nella percezione soggettiva
dell’ospedale, la promozione culturale intesa come diffusione e democratizzazione
della cultura.
       Per umanizzazione si intende la necessità di ridirigere lo sguardo alla persona
nella sua globalità, rispettandola e valorizzandola, riponendola al centro
dell’attenzione mediante l’abbandono dei ruoli sociali (per es.: malato‐sano,
dottore‐paziente) e consentendo una partecipazione attiva e consapevole di tutti i
soggetti al processo di cura, ricreando così spazi per l’espressione della libertà, della
scelta, per la cultura e per le relazioni umane.
       La musica crea uno spazio di libertà e il bambino, che non può scegliere o
rifiutare la cura, può scegliere la musica e decidere se partecipare o meno ai
momenti musicali. Il bambino spesso considerato oggetto di cura diviene, così,
soggetto attivo nella relazione musicale, partecipa al canto, improvvisa con gli
oggetti sonori. I medici e gli infermieri allontanando lo sguardo dal corpo malato
ritrovano la persona, i ruoli vengono abbattuti in favore di un dialogo
intersoggettivo.
       La seconda finalità, quella del miglioramento della qualità della vita per tutti
coloro che vivono e lavorano in ospedale, si attua creando un clima di fiducia che
favorisca la relazione, la comunicazione, la collaborazione, l’espressione delle
emozioni, che faciliti la cura, migliorando il benessere psicosomatico di tutti i
soggetti, migliorando l’ambiente sonoro e ancora la scansione del tempo e dello
spazio nell’ambiente ospedaliero.
La musica crea momenti di distensione, distrae, calma, crea un luogo protetto
dove le emozioni possono trovare spazio. Aiuta anche con la sua caratteristica di
fluire nel tempo e nello spazio a riempire i vuoti, le attese.
       La ridefinizione del significato e dell’immagine sociale nella percezione
soggettiva dell’ospedale esprime invece la necessità di trasformare in maniera
profonda, anzi radicale, la percezione che le persone hanno dell’ospedale: da luogo
di dolore, di malattia e di cura a spazio di vita, di salute e di benessere a cui
associare esperienze di relazioni nuove e positive; la necessità di creare un ponte
che unisca la vita fuori e dentro l’ospedale, un luogo di avvenimenti di cultura e di
socializzazione integrato nella vita della città. Le parole dei bambini che vogliono
rimanere in ospedale perché c’è la musica, o che raccontano all’esterno l’inconsueta
esperienza vissuta con i musicisti e gli strumenti musicali, e che permette loro di
ricordare l’ospedale come un luogo speciale, suggeriscono la possibilità di questa
ridefinizione.
       Infine la promozione culturale nel senso specifico di una sensibilizzazione alla
musica, della musica dal vivo, dell’iniziazione alla pratica musicale, della
sperimentazione di nuove forme di accesso e diffusione della musica, dello sviluppo
di repertori adatti. In un’epoca sempre più connotata da una fruizione della musica
registrata dove la sorgente sonora è distante e virtuale, riproporre la musica dal vivo
significa creare un’interazione dinamica e che si traduce per il musicista in una
costante ricerca di senso.
       A questo si lega la funzione del musicista impegnato nell’ambito dell’ecologia
sonora, nella sperimentazione e la ricerca di nuove musiche, in un discorso
sull’educazione musicale.

Ecologia sonora: il musicista in ospedale come “operatore del suono”
       Secondo un’interessante definizione del prof. Paolo Busoni il musicista in
ospedale deve essere anche "operatore del suono". Il suo ruolo deve essere quello di
osservare e rilevare l’inquinamento sonoro (rumori di sottofondo, porte che
sbattono, alto tono della voce, rumori inutili, ecc.) proponendo soluzioni creative e
musicali. Un problema, quello dell’inquinamento sonoro, spesso sottovalutato se
non addirittura inavvertito a livello consapevole, ma i cui effetti nocivi sono da più
parti denunciati. Il silenzio, la diminuzione dei volumi, la maggiore attenzione che le
persone pongono ai rumori e al tono della voce durante gli interventi musicali sono
una testimonianza importante di questa funzione dell’operatore del suono, così
come i rumori mai percepiti prima e che improvvisamente divengono insopportabili
dopo il passaggio dei musicisti.
       L’ospedale diventa così laboratorio di promozione della salute e l’operatore
del suono strumento per la diffusione e la sensibilizzazione di una nuova capacità di
ascolto della realtà sonora, trasformando ancora una volta l’attitudine delle persone
da passiva in attiva, allargando la sua azione dall’ospedale‐laboratorio alla città.
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