Marilyn Monroe L'enigma della morte di - Cursum perficio
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Francesco Mari - Elisabetta Bertol - Barbara Gualco L’enigma della morte di Marilyn Monroe Cursum perficio Presentazione di Gian Franco Gensini Le Lettere
Sommario Presentazione di Gian Franco Gensini........................................................ p. 7 Introduzione di Francesco Mari ed Elisabetta Bertol................................. » 9 Dramatis personae a cura di Viola Bartolini e Fabio Vaiano................................ » 15 L’enigma della morte di Marilyn Monroe di Francesco Mari, Elisabetta Bertol e Barbara Gualco........ » 21 Il suicidio: excursus storico e psicodinamica a cura di Regina Rensi.......................................................... » 76 La psicoanalisi, a cura di Regina Rensi ............................... » 82 Il Coroner, a cura di Viola Bartolini .................................... » 99 Pentobarbital, a cura di Fabio Vaiano ................................. » 124 Cloralio idrato, a cura di Fabio Vaiano ............................... » 127 La Tossicologia forense........................................................ » 132 Diagnosi di avvelenamento, a cura di Viola Bartolini ........ » 138 Note .............................................................................. » 155 Bibliografia ................................................................... » 159
L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE 15 Dramatis personae A cura di Viola Bartolini e Fabio Vaiano Ralph Abernethy Direttore del Laboratorio di Tossicologia dell’Ufficio del Coroner di Los Angeles, che catalogò i farmaci rinvenuti nella stanza di Marilyn e che ese- guì le indagini chimico-tossicologiche sui campioni prelevati dal cadavere. Graver Armstrong e Robert Byron Rispettivamente sottotenente e sergente della Divisione Investigativa di Los Angeles, che si occuparono della raccolta delle testimonianze, dopo il primo intervento del sergente Clemmons. Jasper Robert Baker e Inez Bernice Miracle Baker Fratellastri di Marilyn, nati dal matrimonio tra Gladys Pearl Monroe e John Baker. Marilyn con la sorellastra Bernice Miracle. Jack Clemmons Sergente di servizio presso il Dipartimento di Polizia di Los Angeles West; sopraggiunse alla casa di Marilyn in Helena Drive, Brentwood, su richiesta del dottor Engelberg; fu lui a compiere le prime rileva- zioni. David Conover e Andre De Dienes Fotografi che per primi notarono l’attrice, avviandola alla carriera artistica. David Conover. Theodore Curphey Coroner della Contea di Los Angeles, che era presente all’autopsia di Marilyn e che stilò il rapporto sulle cause della morte.
L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE 21 UNO Nelle prime ore della mattina di domenica 5 agosto 1962 il sergen- te Jack Clemmons... Nelle prime ore della mattina di domenica 5 agosto 1962 il sergen- te Jack Clemmons, di servizio presso il Dipartimento di Polizia di Los Angeles West, ricevette una telefonata che comunicava che Marilyn Monroe si era suicidata. Chi telefonava era il medico di Marilyn, il dottor Engelberg: erano esattamente le 4,25 del mattino. Immediatamente il sergente Clemmons si diresse verso l’abitazio- ne della diva, nel quartiere di Brentwood, posta al 12305 di Fifth Helena Drive, chiamando nel contempo una pattuglia di rinforzo. Vi arrivò dopo pochi minuti. La casa, in stile di fattoria messicana, non era molto grande, realiz- zata su un solo piano e composta fondamentalmente da due came- re, due bagni, un soggiorno, un solarium, una sala da pranzo, una cucina, un cottage per gli ospiti. La casa era stata acquistata dalla Monroe alla fine del 1961, quando aveva deciso di porre una sta- bilizzazione alla sua vita che fin dalla nascita era stata come un vascello sballottato dalle onde. Era quella la prima casa di sua pro- prietà e, anche se poteva sembrare strano comprare una casa senza avere un marito o dei figli, per viverci da sola, in realtà è noto che Marilyn era per questo veramente felice e non avrebbe mai pensa- to che quella casa sarebbe diventata la sua ultima dimora, in real- tà la sua tomba. È suggestivo il fatto che sul pavimento dell’ingresso della casa fosse presente un mosaico composto da quattro mattonelle che formavano uno stemma in stile messicano recante la scritta «Cursum perficio», che in latino significa «Ho terminato la mia corsa». Si tratta di una citazione abbreviata dalla seconda epistola che San Paolo dal carcere scrisse a Timoteo (capitolo 4, verso 7): «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede». Appena Clemmons arrivò gli aprì la porta la governante, Eunice Murray che lo accompagnò nella camera di Marilyn dove sul letto
22 L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE Le mattonelle della villa di Marilyn con la scritta Cursum perficio. era disteso un corpo, coperto da un lenzuolo che lasciava intrave- dere solo una capigliatura bionda. Nella stanza erano presenti il dottor Hyman Engelberg, cioè colui che aveva avvertito la polizia, e il dottor Ralph Greenson, lo psi- chiatra che aveva in cura la Monroe, nel frattempo intervenuto, che disse al sergente Clemmons che Marilyn si era suicidata e mostrò un contenitore vuoto di Nembutal, dichiarando che la diva aveva assunto tutto il flacone. Clemmons scoprì il lenzuolo e osservò quel corpo nudo stentando quasi a riconoscere la diva, nota a milioni di fans in tutto il mondo, in quanto il volto era privo di trucco e modificato dalla lividità della morte. La diva giaceva a faccia in giù con il volto sul guancia- le, le braccia lungo i fianchi, quello destro leggermente piegato. Le gambe erano completamente allungate in linea retta e Clemmons riferisce che, per sua esperienza, quella posizione gli era sembrata abbastanza anomala in quanto nelle morti per overdose da sonni- feri spesso si verificano delle convulsioni con delirio e allucinazio- ni che portano a ritrovare le salme in una posizione scomposta; inoltre, è comune rilevare nell’ambiente anche dei danni alle supellettili a causa proprio dei sintomi mostrati dagli intossicati. Il sergente Clemmons incominciò a interrogare i presenti e appre- se che in realtà, verso la mezzanotte, la governante si era alzata per andare in bagno e aveva notato che la luce della camera di Marilyn era ancora accesa; aveva provato a bussare e non avendo avuto
L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE 33 Il furgone mortuario lascia la villa di Brentwood con il corpo di Marilyn. Arrivo del corpo di Marilyn al Westwood Village Mortuary.
34 L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE Il corpo di Marilyn viene prelevato dal Westwood Village Mortuary per essere trasportato al Coroner Office Obitory. Usciva così definitivamente di scena Marilyn Monroe, una diva che ha indubbiamente rivestito un ruolo di primissimo piano nella storia del costume, non soltanto per avere incantato, col suo fasci- no, milioni di spettatori, ma per aver liquidato definitivamente il mito hollywoodiano della vamp, sostituendolo con un erotismo spiritoso e candido. La sua tragica scomparsa è un vero e proprio shock per lo star system hollywoodiano, che da allora perde splen- dore e credibilità, si rinchiude in se stesso, incapace di tornare ai fasti che proprio la Monroe aveva incarnato ai massimi livelli. Marilyn resta tutt’oggi il sex-symbol insuperato dell’età dell’oro della storia del cinema.
L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE 35 QUATTRO Alle 9,30 del 1° giugno 1926 presso il General Hospital di Los Angeles nasceva Norma Jean Baker Mortenson… Alle 9,30 del 1° giugno 1926 presso il General Hospital di Los Angeles nasceva Norma Jeane Baker Mortenson, sotto il segno zodiacale dei gemelli. La madre Gladys le dà il cognome del suo secondo marito Mortenson, ma poi la battezza con il cognome Baker, l’uomo che aveva sposato in prime nozze e dal quale aveva avuto due figli: Robert Jasper e Bernice Inez, portati via dal padre quando la cop- pia si separò. Il vero padre della bambina sembra essere Charles Stanley Gifford, un addetto alle vendite presso gli studi cinematografici della “Consolidated Film Industries” dove lavora anche Gladys, il quale, all’annuncio della prossima paternità, scappa lasciando sola la donna. Già nel mese di luglio, viste le condizioni economiche disagiate, Gladys è costretta per necessità a riprendere il lavoro e lascia la figlia presso Albert e Ida Bolender, una coppia di integralisti catto- lici che accolgono bambini a pagamento (5 dollari la settimana) per usufruire dei sussidi dello Stato e integrare i loro esigui guadagni. Norma Jeane vivrà con la famiglia Bolender per sette anni in un umile bungalow, vedendo la madre ogni fine settimana. Nell’ottobre del 1926 la nonna di Norma, Della Monroe Ginger, ritorna dalla sua esotica avventura dal Borneo nel vano tentativo di riconciliarsi col marito e comincia a bere. Dal momento che è spes- Il certificato di nascita di Norma Jeane Baker Mortenson.
L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE 41 In altre foto pubblicitarie del 1945.
42 L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE Qui e nella pagi- na accanto, in posa per l’agenzia di modelle “Blue Book Models”. piaciuta molto a un caporale… si chiama David Conover e mi ha chiesto se voglio posare ancora per lui. Io gli ho risposto di sì e mi son fatta scattare moltissime foto in luoghi e situazioni diverse. Le foto sono venute molto bene e David ne vuole fare delle altre e pubblicarle. Mi ha detto che ho la stoffa per intraprendere la car- riera di modella e che se voglio può mettermi in contatto con molte agenzie di moda. Vedessi Grace, è tremendamente bello ma è sposato. Il modo per tenerlo è quello di lavorare per lui e quin- di ho accettato la sua proposta». Le prime foto vengono pubblicate sul magazine «Yank» nel luglio 1945 e nell’agosto dello stesso anno Norma si licenzia dalla “Radio Plane Munitions Factory” e firma un contratto con la “Blue Book Modeling Agency”. Norma Jeane comprende che questa opportunità potrebbe cam- biarle la vita e, sotto la guida del fotografo André de Dienes, comin- cia a posare in immagini fotografiche che vengono pubblicate per sollevare il morale dei soldati sulle copertine di rotocalchi quali «Personal Romances», «Pageant», «Parade», «Laff». Nel luglio 1946 il produttore Howard Hughes rimane estasiato dalla fotogra- fia di Norma pubblicata sulla copertina di «Laff». Immediatamen- te contatta la ragazza e le fa stipulare un contratto con la 20th Century Fox, introducendola nel mondo di Hollywood.
L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE 43 Nel frattempo la relazione tra Norma e il marito si era deteriorata a causa della gelosia morbosa di James che, ritornato dalla guerra, detta un ultimatum alla moglie: scegliere tra il ruolo di moglie esemplare e la vita da modella o attrice. Norma Jeane sceglie la car- riera e nel 1946, a vent’anni, dopo aver ottenuto il divorzio, si schiarisce i capelli e cambia il proprio nome in Marilyn Monroe. Marilyn come Marilyn Miller, un’attrice di teatro che lei ammira, e Monroe come il cognome da nubile della madre. Oltre che da motivi professionali, questa scelta è dettata dal desiderio di una
144 L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE fece anche ascoltare a Miner due di quei nastri (dei quali è già stato descritto il contenuto) che la Monroe aveva inciso per lui in casa sua. Dopo averli ascoltati, anche il dottor Miner arrivò alla conclu- sione che l’attrice non poteva essersi suicidata. TRENTADUE Quarantaquattro anni dopo la misteriosa morte di Marilyn Monroe, catalogata ufficialmente come suicidio… Quarantaquattro anni dopo la misteriosa morte di Marilyn Monroe, catalogata ufficialmente come suicidio, June DiMaggio, amica di Marilyn e nipote di Joe DiMaggio, firma un libro-intervi- sta con Mary Jane Popp43, dove, fra le altre cose, svela che sua madre (la sorella di Joe) aveva parlato telefonicamente con Marilyn il giorno della morte dell’attrice. Sostiene che, mentre erano al telefono, la madre sentì Marilyn molto concitata mentre farfugliava il nome o i nomi di due individui che in quel momento avevano fatto irruzione nella sua camera da letto. June aveva conosciuto Marilyn prima che sposasse suo zio, Joe DiMaggio; l’amicizia era continuata anche dopo il divorzio dei due e durò fino alla fine, cioè fino alla morte dell’attrice. «Parlo in nome della verità, ed è giunta l’ora di farlo» dice June DiMaggio, spiegando perché si è finalmente decisa a pubblicare le sue memorie. «Mia madre mi disse che sapeva chi aveva assassinato Marilyn, ma la scoperta l’aveva talmente terrorizzata...» scrive; e poi aggiunge che la madre aveva detto che, per proteggere la sua famiglia, non avrebbe mai rivelato i dettagli di ciò che sapeva. «Ho pregato mia madre di dirmi chi era o chi erano, più e più volte» continua June. Anche Joe pregò la sorella di confidarsi con lui. Ma lei, che era la sola a sapere, non si confidò mai neppure con l’ex marito di Marilyn, nè con nessun altro al mondo. «Io stessa l’ho interrogata anche sul letto di morte», continua June
L’ENIGMA DELLA MORTE DI MARILYN MONROE 145 «Vuoi dirmelo almeno adesso?» E lei rispose: «No, voglio che la mia famiglia viva». Secondo June DiMaggio, oltre che di una sventurata infanzia, Marilyn fu vittima dello star system hollywoodiano, che l’aveva spinta troppo in alto; fa un ritratto diverso dell’amica, quello di una donna che aveva l’aspetto del sole che sorge, che sembrava accettare il proprio destino a tutti i livelli. Parla di una Marilyn che leggeva libri, che amava par- lare di politica, ferma nella sua generosità, che aveva una concezione della bellezza e dell’amore quasi naïf. Fa un ritratto di una Marilyn tal- volta malinconica, che parlava con l’orsetto di pezza, che provava un piacere infantile nel guardare i cartoni animati. Dice June: «Il giorno della sua morte Marilyn mi telefonò a metà mattina e mi chiese se le portavo una delle mie pizze fatte in casa… Quando arrivai da lei verso mezzogiorno con la pizza, era molto felice e mi raccontava di come, assieme a mia madre, fossero anda- te in Messico per comperare l’arredamento in ferro battuto per il patio della nuova casa dove lei e Joe sarebbero andati a vivere dopo essersi risposati… Sì, risposati». I due avevano in mente di risposarsi l’8 agosto, il giorno che inve- ce fu quello del funerale di Marilyn. Lei era eccitata e felice di spo- sare di nuovo Joe e aveva acquistato molte cose, tra cui un nuovo set di piatti e altri accessori per il loro nuovo nido d’amore. «Quando le chiesi del giorno fatidico, lei mi disse appunto la data e andò avanti e avanti a parlare della sua nuova vita e dei suoi piani per il futuro [...]. Aveva un contratto da rispettare, ma sperava di poterlo rompere e pensava per il futuro di fare al massimo un film all’anno, in modo da potersi finalmente dedicare a se stessa, e godere la vita con una sua famiglia, nella sua confortevole casa». «Nella notte in cui morì – racconta June DiMaggio – la polizia provò a rintracciare Joe per informarlo che avevano trovato Marilyn morta. Provarono a casa mia e quando arrivarono alla mia porta quella notte circa tra le undici e mezzanotte, io non sapevo con sicurezza dove fosse Joe, così chiamai mia madre, e quando rispose al telefono era in uno stato di agitazione incontrollabile. Lo sapeva già e mi disse che, probabilmente, Joe era a San Francisco». Quindi, chi assassinò Marilyn? June è ferma nel sostenere che sua
Puoi anche leggere