GUIDA AL TRAPIANTO DI FEGATO - (Questa guida è in via di aggiornamento) EDIZIONE MAGGIO 2002

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GUIDA AL TRAPIANTO DI FEGATO
   (Questa guida è in via di aggiornamento)

           EDIZIONE MAGGIO 2002
        (Con aggiornato l’elenco degli alberghi
      e delle case di accoglienza al giugno 2007)

                       Bologna
Questa guida è stata realizzata dall’èquipe medica dei trapianti di fegato della
Chirurgia Generale del Policlinico Sant’Orsola – Malpighi di Bologna, diretta dal Prof.
Antonino Cavallari, (ora dal Prof. Antonio Pinna) in collaborazione con l’Associazione
Nazionale Trapiantati di Fegato”Prof.Giuseppe Gozzetti”Onlus, di Bologna, affinché
serva da punto di riferimento ai pazienti che devono affrontare il trapianto e a quelli
che il trapianto già lo hanno avuto. Il fascicolo non può ovviamente risolvere tutti i
dubbi e le perplessità che verranno di volta in volta chiarite dall’èquipe medica
responsabile.

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INDICE

Introduzione                                                        Pag. 5
L’èquipe chirurgica e medica                                        Pag. 5
La funzione del fegato                                              Pag. 7
Segni e sintomi delle malattie del fegato                           Pag. 9
Il “programma” trapianto di fegato                                  Pag. 10
La valutazione pre-trapianto                                        Pag. 12
L’introduzione nella lista d’attesa                                 Pag. 15
Come si reperisce il fegato nuovo ?                                 Pag. 19
Le opzioni per il trapianto                                         Pag. 20
Il trapianto di fegato split                                        Pag. 21
Il trapianto da donatore vivente                                    Pag. 21
L’intervento chirurgico                                             Pag. 24
La terapia intensiva                                                Pag. 25
La degenza in reparto                                               Pag. 27
La terapia                                                          Pag. 28
La ciclosporina                                                     Pag. 28
Il cortisone                                                        Pag. 30
L’azatioprina                                                       Pag. 31
L’ FK 506                                                           Pag. 32
Gli altri farmaci                                                   Pag. 32
Il rigetto                                                          Pag. 34
La dismissione                                                      Pag. 36
Come medicare il tubo di KEHR                                       Pag. 37
Pazienti portatori dell’epatite B (HBsAg +)                         Pag. 38
Controlli ambulatoriali dopo il trapianto                           Pag. 39
La dieta                                                            Pag. 42
Attività fisiche                                                    Pag. 43
Il dentista                                                         Pag. 44
L’attività sessuale                                                 Pag. 45
Informazioni sull’Associaz. Naz. Trapiantati di Fegato G.Gozzetti   Pag. 46
Notizie e consigli pratici ai familiari                             Pag. 48
Scheda di registrazione segni vitali                                Pag. 49

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Modalità di preparazione delle ricette                   Pag. 50
Numeri utili                                             Pag. 51
Elenco alberghi e case di accoglienza e mini appartam.   Da Pag. 52

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INTRODUZIONE
Questo opuscolo è stato creato per rispondere alle più comuni domande dei pazienti
e dei loro parenti riguardanti il trapianto di fegato e per fare conoscere una parte
delle modalità attraverso le quali questo intervento viene eseguito presso la
Chirurgia Generale dell'Università di Bologna, diretta dal prof. Antonino Cavallari (ora
dal Prof. Antonio Pinna). All’interno si potranno trovare utili notizie riguardanti
l’équipe medico-chirurgica e infermieristica, il modo di procedere, la preparazione al
trapianto, la lista d’attesa, il ricovero in reparto ed in rianimazione, le principali
medicine contro il rigetto, alcune norme comportamentali, la dieta, etc.

Le notizie ivi contenute sono state ricavate dall’attività quotidiana svolta nel
Centro in questi anni. All’Aprile 2002 presso il Centro Trapianto di Fegato di
Bologna sono stati eseguiti 708 trapianti di fegato. L’attività é in continua
evoluzione, come lo sono le terapie che consentono ai pazienti di trarre
beneficio dall’intervento. É quindi possibile che con il passare dei mesi, per
raggiungere un sempre migliore livello d’assistenza, alcune delle
informazioni contenute nel presente opuscolo vengano a modificarsi.
L’Équipe Chirurgica e Medica.
Il trapianto rappresenta una terapia ormai affermata per i pazienti con malattie di
fegato croniche che stanno evolvendo verso l'insufficienza epatica. I progressi della
tecnologia che sono stati compiuti dagli anni ’80 in poi, includendo quindi la scoperta
della ciclosporina (il più usato farmaco antirigetto), hanno consentito di raggiungere
ottimi risultati, che permettono ai pazienti di riprendere una vita normale dopo il
trapianto di fegato.

L’équipe chirurgica che esegue i trapianti di fegato a Bologna è quella della Chirurgia
Generale dell'Università di Bologna. Fanno inoltre parte del gruppo i medici
Rianimatori e i colleghi Gastroenterologi e Internisti che quotidianamente coadiuvano
i chirurghi nella definizione e nella modificazione della terapia medica post-trapianto.

Sia i chirurghi sia i medici hanno trascorso periodi di studio e soggiorno all'estero in
Centri molto qualificati nel campo dei trapianti. A Bologna tali interventi sono eseguiti
dal 1986 con una frequenza che è aumentata nel corso degli anni.

Il Centro di Bologna è il secondo in Italia per il numero di trapianti eseguiti ogni anno.

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L’équipe infermieristica è quella della Chirurgia Generale e segue sia i degenti di
chirurgia generale che i trapiantati di fegato. La professionalità del personale è
indiscussa e si basa su un’esperienza oramai pluriennale.

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IL FEGATO
Il fegato è il più voluminoso organo del corpo umano. Si trova nella parte superiore
dell’addome, a destra, ed è parzialmente coperto dalle ultime costole dell’emitorace.
In una persona normale il suo peso si aggira intorno a 1,5 Kg.

La Funzione del Fegato.
Per meglio capire perché viene consigliato il trapianto di fegato è importante
conoscere quali sono le funzioni di questo organo. Il fegato è il più grande organo
del nostro corpo. É localizzato nella parte superiore di destra dell'addome, proprio
sotto il diaframma (il più importante muscolo per la respirazione, situato sotto il
polmone e sopra agli organi addominali); solo una piccola parte del fegato è
apprezzabile sotto le ultime costole di destra. Il fegato controlla alcune fra le più
importanti funzioni vitali dell'organismo, fra queste ricordiamo:

-   la conversione dei prodotti della digestione negli elementi necessari per la vita e
    la crescita: un ruolo importante del fegato è il metabolismo dei carboidrati o
    zuccheri, indispensabili per produrre energia. Il fegato è il principale organo di
    accumulo di zucchero sotto forma di glicogeno. Quando l’organismo necessita di
    energia il fegato scinde il glicogeno e rilascia il glucosio nel sangue.
    Inoltre il fegato rompe i grassi (lipidi) assorbiti con la dieta per produrre ulteriore
    energia o per sintetizzare altri grassi più facilmente utilizzabili;

-   metabolizzare e rimuovere dal sangue i farmaci, l'alcool e tutte quelle sostanze
    che possono essere dannose per il corpo;

-   la produzione di bile, un fluido verde-giallastro formato dal colesterolo, dai sali
    biliari, dalla bilirubina, dagli acidi grassi, dalla lecitina e da acqua. É
    indispensabile per sciogliere ed assorbire i grassi e le vitamine nell’intestino. Se
    il fegato non produce bile in quantità sufficiente si produce uno squilibrio tra
    questi composti, che porta all’incremento della bilirubina nel sangue,
    responsabile della colorazione gialla della cute e delle sclere chiamata ittero;

-   un’altra importante funzione è il metabolismo delle proteine che sono costituite
    da aminoacidi. Il fegato gioca un ruolo molto importante nello scindere gli
    aminoacidi e utilizzarli per produrre ulteriori proteine o per produrre energia,
    mantenendo un giusto equilibrio tra alcune sostanze come l’ammonio e l’urea. Il

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fegato produce inoltre importanti proteine come l’albumina e alcune necessarie
    per mantenere normale la coagulazione del sangue (protrombina, fibrinogeno,
    antiotrombina III, etc).

-   il mantenimento di un normale bilancio ormonale.

Queste funzioni così complesse sono possibili grazie all’apporto del sangue ricco di
materiale nutritivo proveniente dall’intestino, che arriva al fegato (ove avvengono i
processi digestivi) tramite la vena porta. Qualsiasi ostruzione parziale o completa di
tale vaso determina un innalzamento della pressione venosa, con conseguente
ingorgo del flusso ematico proveniente dal tratto intestinale. Tale situazione
determina la cosiddetta sindrome da ipertensione portale, caratterizzata dalla
comparsa d’ascite, dallo sviluppo di varici esofagee e conseguente mancato
assorbimento di fattori nutritivi.

Le cellule che costituiscono il fegato, come tutte le cellule dell’organismo,
necessitano anche di una sufficiente quantità di sangue ben ossigenato per le
necessità energetiche. L’arteria epatica apporta al fegato la necessaria quantità di
sangue ossigenato; una qualsiasi variazione di flusso all’interno dell’arteria può
comportare alterazioni del metabolismo delle sostanze già descritte.

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SEGNI E SINTOMI DELLE MALATTIE DEL FEGATO

     I pazienti con malattie del fegato possono essere soggetti a molti fra i seguenti
     sintomi:

-    ittero (colorazione gialla degli occhi e della pelle);

-    prurito;

-    diminuzione della massa muscolare;

-    emissione di urine di colore scuro (in particolare quando è anche presente
     l’ittero);

-    feci poco colorate, colore della creta;

-    confusione mentale, coma;

-    ascite (presenza di liquido nell'addome);

-    vomito ematico;

-    tendenza al sanguinamento;

-    astenia (debolezza marcata).

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IL “PROGRAMMA” TRAPIANTO DI FEGATO DEL
                  NOSTRO OSPEDALE

La garanzia per i pazienti e la trasparenza dell’attività sono oggi obiettivi di
fondamentale importanza nella pratica quotidiana della medicina. Per questi motivi
l’ospedale al cui interno opera il Centro Trapianti ha dedicato investimenti e risorse
per adeguare l’attività di trapianto di fegato a standard di qualità riconosciuti a livello
internazionale.

Nel 2001 è stato approntato un sistema di qualità che ha rivisitato e definito le
procedure di tutti i passaggi che il paziente deve eseguire per arrivare al trapianto di
fegato a Bologna. L’intero percorso è stato prima descritto su carta e quindi il
contenuto è stato rivisto ed approvato da tutti i medici, chirurghi e non, che
partecipano a questa importante attività.

Fanno parte del programma qualità le Unità Operative di:

-   Chirurgia Generale e dei trapianti    Prof. Antonino Daniele Pinna
-   Anestesia e Rianimazione –            Prof. Gerardo Martinelli
-   Gastroenterologia –                   Prof. Enrico Roda
-   Medicina Interna –                    Prof. Luigi Bolondi
-   Medicina Interna –                    Prof. Mauro Bernardi
-   Medicina Interna –                    Prof. Francesco Bianchi
-   Medicina Interna –                    Prof.ssa Claudia Sama
-   Medicina Interna –                    Prof. Marco Zoli
-   Malattie Infettive –                  Prof. Francesco Chiodo.

Alla fine di una maggiore praticità, questo programma ha suddiviso in tre parti l’intero
percorso del trapianto di fegato, identificando per ciascuna fase dei medici che
abbiano la responsabilità di verificarne la correttezza di applicazione rispetto a
quanto deciso. I responsabili vengono nominati direttamente dal Direttore Generale
del Policlinico Sant’Orsola. All’Aprile 2002 la struttura di questo programma qualità è
così composta:

Responsabile:         Prof. Enrico Roda (gastro@med.unibo.it)

Fase pre-trapianto: Dott.Giorgio Ballardini (gballardini@orsola-malpighi.med.unibo.it)

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Fase trapianto:     Prof. Gian Luca Grazi (glgrazi@unibo.it)

Fase post-trapianto: Dott. Piero Androne (andreone@almadns.unibo.it)

                    Prof. Bruno Nardo (nardo@orsola-malpighi.med.unibo.it)

La documentazione che regola le varie fasi dell’attività di trapianto di fegato è
disponibile sia presso le singole Unità Operative che aderiscono al programma, sia
presso l’Ufficio Qualità del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi e sono disponibili per la
visione a chiunque ne fosse interessato.

All’Aprile 2002 l’intero processo sta per essere sottoposto alla sua prima revisione.

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LA VALUTAZIONE PRE-TRAPIANTO
Prima che si possa stabilire se il trapianto sia effettivamente la migliore scelta
terapeutica per un paziente con una malattia di fegato cronica, è necessario
eseguire una serie d’accertamenti clinici e di laboratorio per definire con esattezza il
grado dell'insufficienza epatica già instauratosi. Al termine di questo studio, che in
genere è eseguito in un Reparto di Gastroenterologia o di Medicina Interna, la
situazione del paziente viene discussa durante una riunione congiunta del personale
medico (chirurghi, gastroenterologi, anestesisti, rianimatori etc.) che eseguirà poi
l'intervento e seguirà il paziente dopo il trapianto.

A questa riunione sono presenti i rappresentanti delle Unità Operative che
partecipano al Programma Trapianto di Fegato, che in questa occasione
costituiscono il Comitato Medico Chirurgico (CMC). Solitamente la riunione del CMC
avviene il mercoledì pomeriggio.

Se il paziente viene ritenuto idoneo, è inserito nella lista di attesa.

Gli accertamenti laboratoristici e strumentali necessari per verificare l’indicazione al
trapianto variano da paziente a paziente e in base alla malattia. Possono essere
eseguiti sia come ricovero presso il Sant’Orsola-Malpighi, sia come Day Hospital.
Nella maggior parte dei casi, includono:

-   esami del sangue per valutare il grado di insufficienza epatica;

-   esami del sangue per valutare la funzionalità renale;

-   esami strumentali e radiologici per valutare la funzionalità respiratoria;

-   ecografia addominale con eco-Doppler per definire il volume del fegato
    ammalato e valutare lo stato dei vasi (arterie e vene) che arrivano al fegato;

-   TAC o risonanza magnetica nucleare, se indicate;

-   gastroscopia;

-   elettrocardiogramma e radiografia del torace, delle arcate dentarie e della
    colonna vertebrale;

-   consulenze con gli specialisti (anestesisti, angiologi, neurologi, psichiatri e
    psicologi) coinvolti nel Progetto Trapianto di Fegato a Bologna.

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Importante durante questa fase, è la valutazione del grado di collaborazione del
paziente. É fondamentale che il paziente si renda conto di quello che sta gli
succedendo e che abbia un ruolo attivo nella propria terapia. Questo particolare
aspetto della valutazione viene eseguito da          psicologi e psichiatri del Servizio
Psichiatrico di Diagnosi e Cura.

Le persone che hanno problemi di salute, possono attraversare momenti di disagio
psicologica, difficoltà emotive e di rapporto con gli altri, soprattutto quando la salute
è minacciata gravemente e la malattia si protrae per lungo tempo, come spesso
accade a chi deve sottoporsi ad un trapianto di fegato.

A volte l’affetto delle persone care non è sufficiente a fare superare i momenti critici
che accompagnano le persone malate fino alla ripresa del benessere, così come i
familiari possono essere colpiti dallo stress causato dalle preoccupazioni e dai timori.

Sappiamo che un intervento di consulenza e di sostegno psicologico per le persone
malate e per i loro familiari può essere necessario ed utile per affrontare meglio la
malattia, le terapie ed i tempi d’attesa.

Per questo l’èquipe dell’ambulatorio per i disturbi psichici da terapia medica e da
trapianti d’organo, responsabile dott. Odilia Giovannozzi, situato nel Policlinico
S.Orsola-Malpighi, all’interno dell’Ospedale Malpigli Palagi nel Servizio Psichiatrico
di Diagnosi e Cura di via P.Palagi, 9 – Bologna (piano terra), diretto dal Dr. Giancarlo
Boncompagni è disponibile, oltre che ad effettuare le consulenze per l’inserimento in
lista d’attesa, è disponibile anche a seguire i candidati al trapianto e le loro famiglie
durante tutto il percorso precedente e successivo all’interventoPer l’appuntamento si
deve telefonare la mattina, dal luned’ al gioved’, al numero:

                                      051 6362 387

chiedere del Dr. MARCO MIGLIOZZI, il quale è anche indirettamente contattabile via
posta elettronica al seguente indirizzo:

                            Marco.Migliozzi@ausl.bologna.it

Nessuno si aspetta che i pazienti che sono sottoposti allo studio per fare il trapianto
siano felici e spensierati; si sa che chi è portatore di una malattia cronica ha
solitamente un atteggiamento preoccupato e sofferente.

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Una visione positiva e la volontà di combattere per risolvere i problemi sono però
fattori che sicuramente contribuiscono ad una più rapida guarigione.

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L’INTRODUZIONE NELLA LISTA D’ATTESA

L'inserimento nella lista d'attesa per il trapianto avviene dopo la presentazione del
caso alla riunione settimanale del personale medico (chirurghi, gastroenterologi,
anestesisti, rianimatori, etc.) che eseguirà l'intervento e seguirà il paziente dopo il
trapianto.

Una volta accettato come candidato per il trapianto, è richiesto al paziente di firmare
la scheda per l'iscrizione in lista, sulla quale dovranno essere annotati i numeri
telefonici dove lui potrà poi essere contattato in seguito. Il trapianto verrà infatti
effettuato solo quando si reperirà un donatore compatibile per gruppo sanguigno e
corporatura con il ricevente.

È bene che i medici ed i chirurghi chiariscano subito con il paziente tutti gli aspetti
che il trapianto di fegato comporta, includendo fra questi i rischi dell’intervento ma
anche tutti i benefici che potrà ricevere. È molto importante che la firma che il
paziente pone sulla scheda esprima la consapevolezza di questi aspetti. I tempi
brevi imposti dalla chiamata per l’intervento renderanno di fatto impossibile un nuovo
approfondimento quando si renderà disponibile un donatore compatibile, proprio il
giorno del trapianto. Per questo motivo il paziente che è in lista di attesa deve avere
già chiarito nella sua mente tutte le eventuali e, comprensibili, perplessità che
possono essergli nate e risolverle con anticipo.

 DAL MOMENTO DELL’INSERIMENTO IN LISTA DI ATTESA IL PAZIENTE PUÒ
             ESSERE CHIAMATO PER IL TRAPIANTO OGNI MOMENTO

Possono infatti verificarsi situazioni tali (molto spesso imprevedibili) che portino a
convocare per il trapianto anche pazienti che non occupino posizioni particolari nella
lista di attesa. Per questo motivo ogni paziente deve essere a conoscenza di avere
la possibilità di eseguire l’intervento in qualsiasi momento, ad iniziare proprio dal
giorno successivo al suo inserimento.

Il momento in cui si potrà fare il trapianto non è però assolutamente prevedibile o
programmabile. Quando si rende disponibile un donatore idoneo per realizzare
l’intervento, il paziente viene contattato telefonicamente dal chirurgo reperibile e
viene informato su quando dovrà arrivare a Bologna per l'intervento. In genere il
trasporto deve essere effettuato in tempi ragionevolmente brevi.

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É comunque necessario, appena il paziente viene dismesso dall'Ospedale, dopo la
valutazione e l’inserimento in lista di attesa, allestire un rapido sistema di trasporto.
Qualora il paziente sia residente in una Regione diversa dall’Emilia-Romagna viene
organizzato un sistema di trasporto con la gentile collaborazione delle Prefetture
locali.

Per questo proposito viene di regola inviata ai pazienti residenti in Comuni
particolarmente distanti da Bologna ed inseriti nella lista d'attesa una lettera, da
parte del Centro Trapianti, di richiesta di collaborazione e che deve essere
consegnata alla Prefettura. Il paziente dovrà quindi contattare la propria Prefettura
non appena ricevuto tale lettera e dovrà prendere gli accordi necessari con i
Funzionari incaricati per attivare il sistema di trasporto quando verrà chiamato per il
trapianto.

Il tempo che intercorre fra l'inserimento in lista ed il trapianto può variare da alcuni
giorni ad alcuni mesi. Durante tale periodo il paziente deve eseguire periodici
controlli presso il Centro dove ha eseguito la valutazione pre-trapianto. Tali controlli
comprendono la ripetizione di alcuni esami del sangue e un’ecografia addominale
con lo studio dei vasi (arterie e vene) che arrivano al fegato. Tali accertamenti, che
devono essere eseguiti almeno ogni 3 mesi per non essere sospesi dalla lista, sono
indispensabili per verificare lo stato di salute del malato nel periodo di attesa. Ad
ogni controllo il paziente verrà visitato anche da uno dei chirurghi dell’équipe.

La lista di attesa non è una semplice elencazione di nomi, ma è invece un sistema
sempre in movimento, studiato per consentire che il trapianto venga eseguito ogni
volta nel paziente che ne ha più bisogno in quel momento e che sia compatibile con
le caratteristiche del donatore disponibile.

Per questo motivo nessun paziente ha una posizione fissa nella lista.

    •     La posizione di ogni singolo paziente dipende innanzitutto dallo stato di
          gravità suo e degli altri pazienti in lista,

    y     poi dal tempo trascorso nell’attesa e infine dai quei fattori, diversi e spesso
    imprevedibili, che possono sorgere ogni volta che viene reso disponibile un
    organo per il trapianto.

Le regole generali che fanno funzionare la lista di attesa fanno parte della
documentazione del sistema qualità del Programma Trapianto di Fegato.

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Il periodo di attesa viene generalmente trascorso dal paziente al proprio domicilio, o
comunque ai recapiti telefonici indicati al momento dell'inserimento in lista. Qualora il
paziente esegua degli spostamenti che lo allontanino dai recapiti conosciuti al
Centro Trapianti, deve prontamente comunicare i nuovi recapiti al Centro Trapianti
presso la Chirurgia Generale del Prof. Antonino Cavallari (i numeri di telefono sono
contenuti in questo opuscolo). È comunque fortemente consigliato adottare l’uso di
un telefono cellulare al quale il paziente possa sempre essere trovato.

Il paziente deve invece contattare il proprio referente medico o il Centro ogni
qualvolta si manifestino sintomi di infezioni gravi che possano impedire
temporaneamente il trapianto (ad esempio, infezioni gravi con febbre, come la
polmonite) o quando il paziente necessiti di ricoveri ospedalieri al di fuori dell'area di
Bologna.

Quando si riceve la chiamata, il paziente si sentirà al tempo stesso eccitato e
spaventato, questo è un buon motivo per aver già organizzato tutto il necessario per
il trasporto in anticipo, quando possibile.

Bisogna ricordarsi di non mangiare o bere niente una volta ricevuta la telefonata dì
chiamata perché è importante che lo stomaco sia vuoto in previsione dell’intervento.
Non è necessario essere preoccupati a riguardo dell’età, del sesso, della razza del
donatore perché il paziente non svilupperà alcuna delle caratteristiche del donatore.
Quello che è importante è che il fegato del donatore venga valutato al momento del
prelievo da uno specialista e che venga considerato valido per il trapianto. É da
considerare che l’ultima valutazione viene fatta direttamente sul tavolo operatorio,
per cui talvolta può accadere che per motivi diversi il fegato non venga considerato
idoneo.

In tali occasioni il ricevente ha fatto un viaggio “a vuoto” e potrà essere piuttosto
alterato quando lo verrà a sapere. É importante comprendere che tale decisione è
stata presa nell’interesse assoluto ed unico del paziente e ci saranno occasioni
successive e migliori per essere trapiantato.

Bisogna sempre ricordarsi che questo meraviglioso regalo è stato fatto
generosamente e gratuitamente da un donatore che ha firmato in vita per la
donazione o da una famiglia che ha voluto che qualcuno beneficiasse del fegato di
una persona amata.

                                              17
La famiglia del paziente che viene operato di trapianto di fegato, potrà trovare una
sistemazione presso un luogo di accoglienza od un albergo i cui indirizzi sono
pubblicati in fondo all’opuscolo.

                                        18
COME SI REPERISCE IL FEGATO NUOVO ?
Nella stragrande maggioranza dei casi il trapianto di fegato necessita di un donatore
cadavere. I donatori sono generalmente persone che hanno avuto un ictus cerebrale
o un trauma cranico, senza importanti lesioni al torace o agli organi addominali.

Le cause più frequenti sono quindi le emorragie intracraniche spontanee (ictus), i
traumi cranici conseguenti ad incidenti stradali, le ferite da arma da fuoco della testa
etc. Esiste una legislazione molto attenta e severa a proposito delle donazioni e che
assicura la morte cerebrale del cadavere. Questa viene valutata per almeno 6 ore da
una commissione medica presente in ogni ospedale italiano, prima di dichiarare la
morte cerebrale irreversibile del donatore e quindi permettere il prelievo degli organi.

Una volta che si sia reperito l’organo, viene scelto il ricevente in base allo stato di
gravità, al gruppo sanguigno, al peso del donatore e alle dimensioni dell’organo.
Viene inoltre eseguito il “cross match” che non è altro che un test di laboratorio per
valutare la compatibilità tra il fegato del donatore ed il ricevente. Nel trapianto di
fegato, a differenza di altri organi, il cross-match ha un’importanza relativa, poiché
vengono trapiantati con successo pazienti che presentavano un cross-match
positivo. Quello che invece è considerato il fattore più importante è senza dubbio la
presenza di un gruppo sanguigno compatibile.

                                           19
LE OPZIONI PER IL TRAPIANTO
Il crescente successo ottenuto con il trapianto di fegato da donatore cadavere ha
portato ad un costante aumento della richiesta per questo particolare intervento
chirurgico. L’aumento della domanda non è però stato parallelo all’aumento delle
donazioni d’organo e ancora oggi esiste un forte squilibrio fra la richiesta di trapianto
e l’effettiva possibilità di eseguire l’intervento. Permane perciò un certo numero di
pazienti che non riesce ad eseguire il trapianto in tempi utili.

Per ovviare a questa situazione, si sono percorsi negli ultimi anni diverse strade per
aumentare il numero di organi utilizzabili. La prima attenzione è stata rivolta a quei
donatori con particolari caratteristiche che una volta sconsigliavano, oggi sappiamo a
torto, di eseguire il trapianto. Tali motivi oggi sappiamo essere del tutto infondati. Si
è quindi allargato l’indicazione nel:

-   usare organi provenienti da donatori positivi per l’epatite C per pazienti che
    abbiano già l’epatite C;

-   usare organi provenienti da donatori con pregressa epatite B (senza segni di
    malattia in atto) per pazienti che già abbiano l’epatite B e che per questo motivo
    avrebbero comunque dovuto fare dopo il trapianto la terapia per prevenire la
    ricaduta dell’epatite B;

-   usare organi provenienti da donatori di età avanzata: nel mondo, e anche a
    Bologna, sono stati utilizzati con successo fegati prelevati da donatori
    abbondantemente sopra gli 80 anni.

Quando una o più di queste circostanze si venissero a verificare, sarà dovere e
premura del chirurgo che contatta il paziente per l’intervento fornire le adeguate
informazioni a chi deve poi ricevere il trapianto, se necessario.

Può anche essere richiesto al paziente la sottoscrizione di un documento di
consenso in cui egli, dopo avere ricevuto adeguate informazioni dai chirurghi sulle
caratteristiche del donatore, concorda nell’utilizzo di un particolare organo per
l’intervento che deve essere eseguito.

                                            20
Il trapianto di fegato split.
I recenti progressi in campo chirurgico hanno oggi permesso di applicare al trapianto
le tecniche usate durante le resezioni convenzionali del fegato. Le resezioni epatiche
sono interventi chirurgici comunemente impiegati per la cura dei tumori maligni che
sorgono nel fegato. Il Centro di Bologna è uno dei più qualificati nell’esecuzione di
questi interventi, con più di 1.500 resezioni effettuate sino ad oggi.

In base a queste tecniche è possibile dividere il fegato in due parti e trapiantarle in
poi due persone diverse in lista di attesa per l’intervento, in maniera che tutte due
funzionino poi in maniera indipendente e corretta. Il vantaggio è ben evidente:
permettere a due persone diverse di eseguire il trapianto pur avendo a disposizione
un organo solo.

Questa tecnica viene definita come split.

Il trapianto split è stato inizialmente impiegato per il trapianto nei bambini. Più
recentemente la sua applicazione è stata realizzata anche in pazienti adulti. Gli
organi nei quali sia possibile eseguire questa divisione provengono da donatori con
caratteristiche cliniche ed esami del sangue fra i più favorevoli.

Il Centro Trapianti di Bologna ha già eseguito diversi trapianti di fegato con organi
divisi secondo questa tecnica, con successo.

Quando si realizzino tutte le condizioni per eseguire un trapianto di fegato split, sarà
dovere e premura del chirurgo che contatta il paziente per l’intervento fornire le
adeguate informazioni a chi deve poi ricevere il trapianto.

Anche in questo caso può anche essere richiesto al paziente la sottoscrizione di un
documento di consenso in cui egli, dopo avere ricevuto adeguate informazioni dai
chirurghi, concorda nell’utilizzo di un fegato ridotto per l’intervento che deve essere
eseguito.

Il trapianto di fegato da donatore vivente.
La tecnica sopra descritta è anche alla base della donazione di fegato da vivente.
Questo particolare tipo di intervento consiste nell’asportazione di una porzione di
fegato da un donatore volontario ed il successivo impianto nel paziente che è in
attesa del trapianto.

                                            21
L’attività di trapianto da donatore vivente è regolata dal 1999 con un’apposita Legge
ed è una possibilità aggiuntiva al trapianto da donatore cadavere, non ad essa
sostitutiva; non deve perciò in alcun modo limitare le attività di donazione, prelievo e
trapianto da donatore cadavere.

Il prelievo di fegato dal donatore vivente viene effettuato per il beneficio terapeutico
del paziente in attesa del trapianto su esplicita, motivata e libera richiesta del
donatore e del ricevente, dopo avere ricevuto una corretta e completa informazione.

L’intervento sul donatore di fegato per trapianto comporta l’esecuzione di una
resezione epatica. L’intervento di resezione epatica è considerato di chirurgia
maggiore. L’estensione della parte da asportare viene definita caso per caso, in
rapporto al peso del paziente che deve ricevere l’organo ed alle dimensioni del
fegato del candidato alla donazione.

In ogni caso si tratta di un intervento che può presentare complicanze chirurgiche e
non chirurgiche a breve e a lungo termine. Nel mondo si sono verificati alcuni casi di
complicanze fatali per il donatore, in una percentuale valutabile intorno allo 0,5-1%
dei casi. Altre complicanze, di varia intensità, legate al prelievo di una parte del
fegato si possono verificare circa in un 20-40% di casi.

I vantaggi di questa procedura sono ovviamente per la persona che deve ricevere un
trapianto. Si possono così riassumere:

- avere la certezza di poter fare il trapianto quando si identifichi il donatore idoneo;

- ricevere un organo con caratteristiche assai favorevoli e sicure;

- ridurre al minimo i problemi legati al trapianto da donatore cadavere.

Il consenso del donatore per asportare una parte del suo fegato deve essere:

-   esplicito - nel senso che dovrà essere chiaramente compreso ed altrettanto
    chiaramente espresso;

-   motivato - deve esistere un motivo chiaro su perché il candidato offre una parte
    del suo fegato per il trapianto;

-   libero - il candidato alla donazione sceglie liberamente di affrontare l’intervento in
    assenza di alcuna pressione né di aspettative di benefici di qualsiasi natura.

                                            22
Per percorrere la strada del trapianto da donatore vivente è indispensabile avere un
colloquio diretto con i chirurghi del Centro.

Anche per questa attività è in corso l’allestimento di una completa documentazione
che standardizza l’intero percorso che debbono seguire sia il donatore che il
paziente.

                                            23
L’INTERVENTO CHIRURGICO

Una volta che il paziente riceve la chiamata telefonica della disponibilità di un organo
compatibile per il trapianto, deve recarsi il più prontamente possibile presso
ilReparto di Chirurgia Generale – Prof. Antonino Cavallari, situato al IIº piano del
Padiglione 25 del Policlinico Sant’Orsola Malpighi, in via Massarenti 9 a Bologna,
telefono 051/ 63.64.788.

Deve ricordarsi di non assumere nulla da bere nè da mangiare una volta raggiunta la
chiamata. Una volta arrivato in reparto, il ricevente viene accolto dal medico di
guardia e vengono eseguiti alcuni esami ematici e colturali, radiologici ed un
elettrocardiogramma per controllare che lo stato di salute non sia cambiato
dall’ultimo controllo eseguito e che non siano comparse controindicazioni al
trapianto. Viene eseguito il cross-match fra il paziente ed il donatore. Il paziente
deve eseguire un bagno al fine di rimuovere il più possibile i germi dalla cute, viene
rasato per prevenire le infezioni e si esegue un clistere evacuativo per svuotare
l’intestino in previsione della fisiologica costipazione postoperatoria.

Viene chiesto nuovamente di sottoscrivere una serie di documenti che attestino:

-   il consenso del paziente all’esecuzione dell’intervento chirurgico;

-   il consenso del paziente all’esecuzione dell’anestesia;

-   il consenso del paziente alla possibile esecuzione di trasfusioni di sangue
    durante l’intervento;

-   il consenso del paziente all’esecuzione del test dell’HIV (AIDS);

-   eventuali consensi del paziente alla partecipazione agli studi clinici condotti dai
    medici che si occupano di trapianto di fegato;

-   eventuali consensi del paziente all’esecuzione del trapianto con organi che
    provengano da donatori con caratteristiche cliniche particolari;

-   eventuali consensi del paziente all’esecuzione del trapianto con organi ottenuti
    con divisioni split.

A questo punto, e quando il fegato del donatore sarà arrivato a Bologna, si inizierà
l’intervento. L’incisione della cute prevede un taglio sotto l’arcata costale destra e
che si prolunga per alcuni centimetri verso la linea mediana sotto l’osso xifoide (lo

                                            24
sterno). In alcuni pazienti è necessario utilizzare, durante il trapianto, un by pass
extracorporeo che preleva il sangue dalla parte inferiore del corpo e dall’intestino per
reintrodurlo verso il cuore attraverso una vena nell’ascella; tali pazienti si
sveglieranno con due piccole incisioni in più, nell’inguine e nell’ascella, in genere la
sinistra.

Alla fine dell’intervento il paziente si sveglierà con due drenaggi addominali che
escono dal fianco destro e con un piccolo tubicino trasparente (il tubo di Kehr) dal
quale fuoriuscirà la bile. I drenaggi verranno rimossi dopo qualche giorno ed il tubo
di Kehr verrà chiuso dopo aver eseguito un controllo radiologico e lasciato così per
circa 6 mesi, quindi successivamente rimosso durante un breve ricovero.

La Terapia Intensiva.
Il reparto di Rianimazione e Terapia Intensiva, oggi diretto dal Prof. Gerardo
Martinelli, è molto particolare e diverso dai comuni Reparti di ricovero. In questo
Reparto il paziente viene ammesso subito dopo il trapianto, per la necessaria terapia
medica post-operatoria. In questo reparto i parenti non possono accedere se non in
giorni ed orari stabiliti.

Il ricovero in terapia intensiva non significa assolutamente che l’intervento non sia
andato bene. La permanenza in terapia intensiva è semplicemente dovuta al fatto
che in questo reparto vi è la possibilità di una più attenta monitorizzazione e
sorveglianza che in un reparto normale dell’ospedale. Il risveglio dall'intervento viene
controllato da una serie di strumenti che nella maggior parte dei casi producono
suoni molto diversi fra loro.

Un tubo posizionato nelle prime vie respiratorie (in trachea) aiuta a respirare fino al
momento in cui il paziente non sia di nuovo in grado di farlo da solo, di solito dopo
qualche ora. Questo tubo è attaccato ad un respiratore automatico che aiuta ad
espandere i polmoni al giusto livello.

La presenza di tale tubo tuttavia rende impossibile il parlare ed il bere. Il personale
infermieristico della Terapia Intensiva assiste completamente il paziente nell'aspirare
eventuali secrezioni e nel tenere le labbra e la bocca sufficientemente umide. Per
comunicare con il personale è sufficiente fare dei segni di "si o di "no" con la testa o,
eventualmente, scrivere su piccoli blocchi appunti.

                                           25
Alla rimozione del tubo sarà molto importante fare lunghi respiri profondi e frequenti
colpi di tosse per mantenere i polmoni puliti e ben ventilati.

Un secondo, più piccolo tubo viene posizionato durante l'intervento nello stomaco e
fatto fuoriuscire attraverso una narice. Tale sondino (sondino naso-gastrico)
permette la fuoriuscita delle secrezioni gastriche nel periodo post-operatorio e viene
rimosso non appena l'intestino ritornerà alle sue funzioni attuali.

Un ulteriore tubo (catetere) è posto in vescica per la raccolta delle urine ed il
controllo della funzionalità renale. Il catetere viene in genere rimosso pochi giorni
dopo l'intervento. Al paziente è comunque richiesto di continuare a raccogliere le
urine in recipienti appositi per verificarne la quantità giornaliera.

Il paziente può presentare durante la degenza saltuari episodi di allucinazioni, legati
sia alla situazione particolare sia alla terapia. Tali episodi sono fugaci e
scompariranno molto rapidamente.

Sempre durante la degenza viene iniziato un programma di terapia fisica con una
specialista in terapia fisica, che proseguirà successivamente il trattamento in reparto.

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LA DEGENZA IN REPARTO
Dopo alcuni giorni trascorsi in Terapia Intensiva, il paziente viene trasferito nel
Reparto di Degenza della Chirurgia Generale Prof. Cavallari, al II piano del
Padiolgione 25 del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi.

Il paziente viene ospitato in una stanza da solo o, più frequentemente, insieme ad un
altro paziente trapiantato. L'atmosfera in Reparto è molto più rilassante, poiché non
sono più necessarie tutte le rumorose apparecchiature di controllo della terapia
Intensiva e perché può essere presente un parente per la durata del ricovero, ad
eccezione dei momenti in cui si svolge la visita dei medici, alle 9 del mattino ed alle 3
del pomeriggio.

La degenza in Reparto dura circa tre settimane. Il decorso post-operatorio è
estremamente variabile ed è difficile che due pazienti si comportino nella stessa
maniera. Il paragonare le proprie esperienze con quelle di altri pazienti trapiantati
può generare confusione.

Dopo sei-sette giorni dal trapianto viene eseguito un controllo radiologico attraverso
il tubo di Kehr; dopo di ciò il tubo viene chiuso, mantenuto al di sotto di una
medicazione e lasciato così per sei mesi circa. Oltre alla ciclosporina, il farmaco
principale per la terapia antirigetto, vengono somministrate diverse medicine che il
paziente deve assumere con particolare cura ed attenzione. Durante la degenza un
parente potrà stare vicino al paziente trapiantato per tutta la giornata. é importante
che questa persona non abbia infezioni in atto (influenza, tosse, raffreddore, etc), e
che adotti le norme comportamentali ed igieniche suggerite dal personale di reparto.
(Indossare il camice e la mascherina durante i primi 15 gg di degenza, lavarsi le
mani spesso etc). Il paziente può uscire dalla stanza non appena le sue condizioni lo
consentono, se non vi sono altri problemi particolari. Al paziente verranno eseguiti
prelievi giornalieri per i primi 10 giorni e quindi tre volte alla settimana per
monitorizzare la funzionalità epatica renale etc, e per prevenire e controllare gli
eventuali episodi di rigetto.

Sarebbe consigliabile non fare il bagno o la doccia sino a quando i punti di sutura
vengano rimossi, questo avverrà dopo circa 15-20 gg. dal trapianto.

                                           27
LA TERAPIA

La terapia immunosoppressiva è quella che serve a controllare il rigetto: per questo
motivo accompagnerà il paziente per tutta la vita.

Oltre alla terapia immunosoppressiva il paziente dovrà prendere altre medicine sia
nel periodo postoperatorio che in seguito al proprio domicilio. Un paziente che per
una qualsiasi ragione non assume i farmaci prescritti dai medici con regolarità è
considerato “non collaborante”: la non collaborazione è la terza fra le principali cause
di fallimento del trapianto. Questo è il motivo per cui è di fondamentale importanza
seguire le prescrizione mediche con attenzione e di eseguire le visite di controllo
come consigliato dai medici.

É opportuno non saltare alcuna dose dei farmaci prescritti a meno che non sia stato
suggerito dai medici del Centro trapianti. Qualora dovesse succedere che ci si scordi
di assumere una dose o in caso di vomito è opportuno contattare il Centro per
sapere cosa fare.

® La Ciclosporina.
La ciclosporina è un potente farmaco immunosoppressivo utilizzato per prevenire il
rigetto del trapianto. Questo farmaco è considerato dai medici il maggior
responsabile del successo dei trapianti d’organo. Il meccanismo di azione è
fondamentalmente duplice: inibire i linfociti T helper (quelli responsabili del rigetto) e
non alterare la funzione del midollo osseo da dove originano molte delle cellule
presenti nel sangue.

Il nome commerciale della ciclosporina è

                                SANDIMMUN NEORAL

La composizione attuale di questa medicina è diversa da quella originale, degli anni
’80, ed è stata pensata per facilitarne l’assorbimento da parte dell’intestino. Il
SANDIMMUN NEORAL viene distribuito sin dalla degenza in reparto in forma di
capsule.

Per renderne più gradevole il sapore, viene consigliato di aprire le capsule da
prendere una decina di minuti prima dell’assunzione. Il SANDIMMUN NEORAL
viene assunto due volte al giorno, di regola alle ore 8 del mattino ed alle ore 20. Chi,

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per motivi diversi, non possa assumere il SANDIMMUN NEORAL in tali orari dovrà
comunque assumere la terapia ogni 12 ore; dovrà inoltre avere cura di segnalare ai
Sanitari del Centro tale abitudine per evitare inconvenienti nei dosaggi ematici del
farmaco.

Grazie alle sue proprietà, questo farmaco viene somministrato ai pazienti in forma di
capsule già dai primi giorni dopo il trapianto.

La dose giornaliera da assumere viene stabilita in base ai livelli di ciclosporina
presenti nel sangue e che vengono dosati periodicamente dai chirurghi e dai medici
che seguono i pazienti. I livelli di ciclosporina “ottimali” variano in rapporto alle
condizioni del paziente ed al tempo trascorso dal trapianto. L’intestino di ogni singolo
paziente, inoltre, assorbe la ciclosporina in maniera diversa. Dosi uguali possono
dare livelli di ciclosporina nel sangue diversi da paziente a paziente. É quindi inutile
paragonare quanta ciclosporina si assume giornalmente con quanta ne assumono
altri pazienti, poiché ogni singola dose é “personalizzata”.

È possibile che alcuni pazienti eseguano il prelievo del sangue per misurare la
ciclosporina separatamente dal prelievo di sangue che serve per tutti gli altri esami e
che viene eseguito solitamente prima delle 8 del mattino. In alcuni pazienti, infatti,
potrà essere opportuno misurare la quantità di ciclosporina presente nel sangue già
due ore dopo la sua assunzione. Questa misurazione potrebbe essere più utile
rispetto a quella tradizionale.

® Lo sciroppo.
Alcuni (pochi) pazienti possono avere la necessità di assumere la ciclosporina in
forma di sciroppo. In questo caso é sempre opportuno utilizzare un bicchiere di vetro
e mescolare bene per evitare che il farmaco rimanga attaccato alle pareti; è
necessario inoltre, dopo avere bevuto, aggiungere una nuova quantità di latte o
succo di frutta e bere nuovamente così da essere sicuri di aver assunto l’intera dose.
La dose di ciclosporina (SANDIMMUN NEORAL) può essere espressa sia in cc che
in Milligrammi; 100 mg equivalgono a 1 cc, e quindi 1 cc di liquido contiene 100 mg.
(per esempio 500 mg di ciclosporina sono uguali a 5 cc di liquido, 250 mg
corrispondono a 2,5 cc). Il SANDIMMUN NEORAL si somministra ugualmente in due
dosi giornaliere a distanza di 12 ore, di solito alle 8 ed alle 20. Ogni bottiglia di
SANDIMMUN NEORAL contiene 50 cc o 5000 mg di farmaco che deve essere
tenuto a temperatura ambiente e non in frigorifero; bisogna inoltre ricordarsi di pulire

                                            29
la pipetta per il dosaggio per evitare la formazione di agglomerati di farmaco e di
cambio del sapore del farmaco stesso.

ATTENZIONE: Bisogna sempre controllare di essere in possesso di una
sufficiente quantità di farmaco per la propria terapia perché non tutte le
farmacie tengono di routine uno stock di tale farmaco.

® Effetti indesiderati della ciclosporina.
Come tutti i farmaci anche la ciclosporina può provocare effetti collaterali. Tali effetti
sono più frequenti all’inizio della terapia quando la dose è più alta e di solito
regrediscono quando viene abbassata. Se viene notato qualche effetto indesiderato
è importante non sospendere il farmaco e contattare il Centro Trapianti per avere
chiarimenti in merito. Gli effetti indesiderati più frequenti sono:

-   Aumento della pressione arteriosa

-   Segni di disfunzione urinaria come riduzione della quantità della diuresi,
    sensazione di gonfiore alle mani ed ai piedi.

-   Tremori (un modico tremore alle mani)

-   Crescita eccessiva dei peli

-   Ipertrofia e sanguinamento gengivale.

Una piccola percentuale dei pazienti può presentare uno o più dei seguenti sintomi:
disturbi gastrici (crampi, nausea e/o vomito), diarrea, acne, mal di testa, sensazione
di bruciore o prurito lungo la pelle ma soprattutto alla pianta dei piedi.

® Il cortisone.
Il cortisone (Deltacortene, Flantadin) è un corticosteroide, un ormone steroideo,
simile ad un ormone secreto normalmente nel nostro corpo. Svolge la sua azione
antinfiammatoria in maniera meno specifica della ciclosporina. Viene utilizzato
insieme agli altri farmaci per prevenire il rigetto e come questi viene somministrato a
dosi scalari per qualche anno. Può succedere che durante un episodio di rigetto la
quantità venga aumentata o che venga somministrato per via venosa. Il dosaggio
iniziale per bocca di 25 mg verrà gradatamente ridotto nel tempo. Anche gli effetti
collaterali di questo farmaco possono essere dose correlati e possono scomparire

                                            30
riducendo la dose. Gli effetti collaterali sono molto rari ma è opportuno comunque
conoscerli.

-   Disturbi allo stomaco prevalentemente bruciori. I pazienti in trattamento con
    cortisonici assumono regolarmente farmaci antiacidi per ridurre il danno sulla
    mucosa dello stomaco ed è opportuno che prendano il farmaco a stomaco
    pieno.

-   Gonfiore al viso alle mani e alle caviglie dovuto alla ritenzione di liquidi. Questo è
    uno dei motivi perché i pazienti trapiantati devono pesarsi spesso.

-   Aumento di peso dovuto all’aumento dell’appetito ma anche alla ritenzione di
    liquidi.

-   Aumento del rischio di infezioni dovuto alla soppressione del sistema
    immunitario. Questo rischio è prevalente nei primi mesi dopo il trapianto quando
    la dose è ancora alta.

-   Diabete, può essere legato alle alte dosi di cortisone. I pazienti già diabetici
    possono richiedere un aumento delle dosi di insulina.

-   Cambiamenti cutanei come secchezza della pelle, pelle delicata, maggiore
    sensibilità all’esposizione al sole, aumento della peluria, acne etc.

-   Debolezza muscolare ed ossea

-   Cambiamenti repentini dell’umore

-   Cataratta con riduzione della vista.

A causa dell’inibizione che il cortisone produce sulle ghiandole surrenali ( che
producono adrenalina), non bisogna mai sospendere acutamente l’assunzione del
farmaco ma sempre gradatamente.

® L’azatioprina.
L’azatioprina (o Imuran) è anche esso un farmaco immunosopressore e serve
quindi a combattere il rigetto. Non tutti i pazienti ne faranno uso e ciò dipende da
differenti condizioni cliniche. La formulazione è in compresse da 50 mg e la dose
solitamente è di 100 mg al giorno. Gli effetti collaterali dell’azatioprina comprendono
un maggio rischio di infezione, nausea, vomito, riduzione dei globuli bianchi,
modesta perdita dei capelli.

                                           31
® L’FK506 o Tacrolimus.
Alcuni pazienti, dopo aver iniziato un trattamento con ciclosporina, hanno proseguito
la terapia antirigetto con l’assunzione di un altro farmaco: l’FK506. Altri pazienti, per
diversi e svariati motivi, possono invece iniziare a prendere l’FK506 già dai
primissimi giorni dopo l’intervento.

Tale medicina è stato inizialmente sperimentata a Pittsburgh (il principale centro di
trapianto negli Stati Uniti) ed è oggi regolarmente in commercio in Italia con il nome
di Prograf. Ha anch’essa un’azione assai simile a quella della ciclosporina e
protegge altrettanto bene il fegato trapiantato dal rigetto.

La dose richiesta da ogni singolo paziente viene decisa in base alla quantità di
medicinale presente nel sangue, che si determina con un normale prelievo di
sangue. Anche questo farmaco presenta però degli effetti indesiderati, che si
possono riassumere con:

-   Segni di disfunzione urinaria come riduzione della quantità della diuresi,
    sensazione di gonfiore alle mani ed ai piedi.

-   Insorgenza o peggioramento del diabete;

-   Tremori (un modico tremore alle mani)

-   Disturbi allo stomaco.

-   Aumento del rischio di infezioni (prevalente nei primi mesi dopo il trapianto
    quando la dose è ancora alta);

® Altri farmaci contro il rigetto.
Le ricerche scientifiche nel campo dei trapianti stanno portando alla scoperta,
sempre più frequente, di ulteriori medicine che possono combattere il rigetto in
maniera assai efficace. Alcuni di questi farmaci vengono oggi usati spesso nel corso
di ricerche scientifiche, condotte anche presso il Centro Trapianti di Bologna. Per
brevità, ne vengono citate solo alcune:

                                            32
® Rapamicina.
Farmaco molto recente nel campo dei trapianti d’organo. Il nome della medicina
come si trova in farmacia è Sirolimus. È uno sciroppo che si beve e deve essere
conservato in frigorifero. La quantità da assumere varia in base ai livelli del farmaco
rilevati agli esami di laboratorio

® Altri farmaci.
In aggiunta alla terapia immunosoppressiva il paziente trapiantato assume diverse
medicine quali gli antiipertensivi (Adalat), Diuretici (Lasix, Aldactone), gli antiacidi
(Ranidil, Mepral), l’acidoursodessosicolico (Deursil, Tudcabil) etc. I pazienti portatori
di epatite B HBsAg positiva eseguono una terapia intramuscolare periodica per
prevenire la ricomparsa dell’epatite.

Per il primi sei mesi dopo il trapianto viene consigliato (se non sono presenti altri
problemi clinici) l’assunzione di una compressa di Bactrim Forte a giorni alterni (alla
mattina, ore 8), per prevenire una fra le più comuni infezioni dei pazienti
immunodepressi: quella da Pneumocisti Carinii.

                                           33
IL RIGETTO
Il nostro organismo riconosce come “estraneo” il fegato trapiantato e come tale
prova a distruggerlo attraverso un processo chiamato rigetto. Oggi il rigetto non
rappresenta più uno fra i problemi principali dei pazienti dopo il trapianto di fegato,
tanto che solo un quarto circa di loro ne presenta un episodio. Inoltre, la stragrande
maggioranza di questi pazienti soffrirà di questo episodio durante il ricovero in
ospedale, subito dopo l’intervento. Il rigetto insorge infatti più frequentemente nelle
prime due settimane dal trapianto; in seguito la possibilità di avere nuovi rigetti si
riduce con l’aumentare dei giorni trascorsi dall’intervento. Episodi di rigetto possono
comunque insorgere in qualsiasi momento della vita di un paziente trapiantato.

Nella grande maggioranza dei casi l’insorgenza di un rigetto viene rilevato dai medici
semplicemente analizzando gli esami di laboratorio che i pazienti eseguono con
periodicità, sia durante la degenza che dopo la dismissione. In questi casi il paziente
può anche non avvertire l’insorgenza di alcun disturbo.

In pochi casi invece il rigetto può dare origine a diversi tipi di sintomi. Per questo
motivo è opportuno che il malato conosca quali sono i segni ed i disturbi causati dal
rigetto. I più comuni sono:

1 - Astenia (stanchezza, debolezza)

2 - Sonnolenza

3 - Febbre

4 - Tensione addominale

5 - Feci di colorito più chiaro

6 - Urine di colorito più scuro

7 - Colorito giallastro delle sclere e della cute

8 - Alterazione degli esami di funzionalità epatica

Se un paziente trapiantato di fegato dovesse sviluppare uno o più di questi sintomi è
opportuno che contatti il suo medico di famiglia o che chiami la Segreteria
dell’Ambulatorio del Centro Trapianti al numero:

                                     051/ 63.64.900

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Il rigetto può essere di diversi gradi, da lieve a severo. Nella maggioranza dei casi il
rigetto lieve è facilmente controllato se trattato prontamente; spesso è necessario
eseguire una biopsia epatica per ottenere la certezza istologica definitiva della
presenza del rigetto. La biopsia epatica, la cui esecuzione spesso terrorizza il
paziente prima del trapianto, é un esame di facile esecuzione e nel paziente
trapiantato é praticamente indolore per l’assenza di innervazione del nuovo fegato.
Qualora un episodio di rigetto richieda la somministrazione di medicine, è necessario
il ricovero per l’esecuzione dell’opportuna terapia, che varia a seconda della gravità
del rigetto ma che richiede comunque alcuni giorni di permanenza in ospedale.

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LA DISMISSIONE

La dismissione dall’ospedale avviene solitamente dopo circa un mese dal trapianto.
Questo dato è del tutto indicativo poiché è estremamente variabile e può dipendere
da molteplici fattori. Una volta dismesso il paziente non deve più considerarsi “un
malato” ma una persona sana con un rinnovato attaccamento alla vita.

Man mano che il paziente, durante la degenza, è in grado di prendersi cura di sé,
riceverà tutte le informazioni riguardanti la dieta, l’esercizio fisico e tutto quello che
può essere utile conoscere andando a casa. Importanti saranno le informazioni
riguardanti le modalità di assunzione dei farmaci, il dosaggio ed i possibili effetti
collaterali.

Prima della dismissione il paziente sarà informato su come misurarsi la frequenza
cardiaca, la pressione e la temperatura. Dopo la dismissione il trapiantato deve
misurare questi segni vitali, pesarsi ogni giorno e riportare questi dati sul modulo
fornito alla fine di questo opuscolo o su uno analogo. É ovvio che qualora si
verifichino cambiamenti importanti di questi segni è opportuno contattare il Centro
trapianti.

É opportuno ancora sottolineare che durante i primi mesi dal trapianto il paziente
assume alte dosi di farmaci immunosoppressori quindi è più vulnerabile alle
infezioni, per cui è opportuno non frequentare luoghi troppo affollati, chiusi, fumosi
(cinema, teatro, bar, trasporti pubblici etc.) per l’aumentato rischio di contagio che vi
è nei primi sei, otto mesi dal trapianto o frequentare persone affette da influenza,
herpes virus etc. Il paziente verrà inoltre edotto sulla frequenza dei controlli clinici e
di laboratorio che dovrà eseguire e sulle modalità di esecuzione degli stessi, sulla
gestione del tubo di Kehr e di quando questo dovrà essere rimosso.

Almeno una volta alla settimana é necessario aprire il Tubo di Kehr e fare fuoriuscire
alcune goccie di bile. La manovra serve a mantenere il tubo ben aperto ed idoneo ad
essere usato per i controlli medici. Il Tubo di Kehr viene solitamente rimosso dopo 6
mesi dal trapianto, durante un breve ricovero.

Dal punto di vista strettamente psicologico i cambiamenti possono essere
estremamente stressanti per qualche paziente e lasciare l’ospedale per tornare a
casa potrebbe esserlo per qualcuno dei pazienti trapiantati. Il paziente trapiantato

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