FRANCO FONTANA FULL COLOR - Franco Fontana Non esiste quello che vedete, esiste quello che fotografate.
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
FRANCO FONTANA FULL COLOR Non esiste quello che vedete, esiste quello che fotografate. Franco Fontana
Franco Fontana. Cinquant’anni di fotografia Si potrebbe dire che Franco Fontana abbia inventato la fotografia a colori in Italia. Infatti, sebbene l’introduzione del colore in fotografia risalga ai decenni immediatamente successivi alla nascita della fotografia in bianco e nero, l’affermazione del colore come pratica a sé stante, avviene solo a partire dagli anni Sessanta, prima negli Stati Uniti, poi in Italia. Nonostante le resistenze iniziali nel nostro Paese verso questa tecnica, percepita come un travisamento della fotografia cosiddetta artistica o formalistica, si assiste a una graduale affermazione e accettazione fino a raggiungere il mercato di massa, grazie anche al suo impiego nei campi della fotografia editoriale, pubblicitaria e di moda. Fontana è stato il precursore in Italia di questa tendenza. Può sembrare che sia il paesaggio il protagonista della sua ricerca. Ma è il colore il vero soggetto della fotografia di Franco Fontana. Il colore trasforma il paesaggio, lo umanizza, lo rende vivo. È nella scelta dell'accostamento cromatico che Fontana dà significato alla sua fotografia e la vitalizza. Si avventura in un percorso creativo che rompe le regole, rendendo visibile l'invisibile di una realtà le cui soluzioni interpretative sono sempre variopinte, come le diverse situazioni e stati d'animo della vita.
Superando un approccio puramente estetizzante, il significato della ricerca espressiva di Franco Fontana conduce verso una squillante narrazione dell'Italia rurale e del suo passaggio alla modernità. Nella dimensione piana dei suoi paesaggi, privati di volumi e quindi di profondità, si coglie l'allusione ad una società edonista e satura: in questa prospettiva, il colore – intenso e profondo, come esplosivo – viene usato in chiave simbolica, allusiva, metaforica. Ma nel tempo l’attività di Fontana si allarga e si rinnova continuamente, su molti livelli. Nel 2000 inizia la serie dei Paesaggi Immaginari, in cui l’invenzione sul reale arriva ai massimi livelli, rendendo chiaramente manifesto il sottile inganno teorico sotteso alla produzione precedente. In questo caso, il fotografo – che non disdegna la tecnologia digitale – riafferma la propria libertà interpretativa della realtà attraverso l’immaginazione. La tecnica, ancora una volta, si rivela come un semplice mezzo, per mostrare una proiezione di sé. Denis Curti
Paesaggi Fin dalle iniziali prove fotografiche degli anni ’60, le immagini di Franco Fontana presentano due elementi che diverranno caratteristici di tutta la sua produzione futura: la predilezione per il colore, impiegato in modo soggettivo, non descrittivo, anti-naturalistico, e per il paesaggio. Il paesaggio, scelto nelle sue sembianze migliori, diviene un susseguirsi di piani, dove la luce appiattisce i volumi e le proporzioni si fanno ingannevoli. Si tratta di una declinazione personale, intima, dai toni lirici e astratti, a tratti metafisici. La composizione appare semplificata e costruita tutta attraverso il colore, in un gioco di superfici e campiture, da cui è esclusa la presenza umana. L’inventiva, l’immaginazione e l’interpretazione si rivelano strumenti necessari per riuscire a vedere il paesaggio in modo nuovo e non convenzionale: il processo di proiezione delle proprie emozioni sul paesaggio comporta una sua ridefinizione in chiave antropomorfa e, contemporaneamente, libera il lato creativo del fotografo, nella consapevolezza della differenza tra realtà e verità nel campo della rappresentazione.
Mari Nel 1978 Franco Fontana scatta un’immagine-simbolo del suo repertorio, a Baia delle Zagare, in Puglia: una composizione pulita, ritmata da fasce di colore, giocata su pochi toni cromatici, essenziale, sintetica, che sarà impiegata per una campagna del Ministero della Cultura Francese. [Questa foto] rappresenta il mio modo di intendere la fotografia. Io credo infatti che questa non debba documentare la realtà, ma interpretarla. La realtà ce l’abbiamo tutti intorno, ma è chi fa la foto che decide cosa vuole esprimere. La realtà è un po’ come un blocco di marmo. Ci puoi tirar fuori un posacenere o la Pietà di Michelangelo. Il mare rappresenta un tema costante, che attraversa tutta la produzione del fotografo, formando un corpus consistente, in cui domina una precisa organizzazione spaziale: l’immagine è divisa in due parti, tra acqua e cielo. L’interazione della luce attraverso questi due elementi, nel variare delle stagioni e a diverse latitudini, crea effetti cromatici diversi, a volte di un pannello quasi monocromatico, altre di una lastra variopinta.
Luci americane Nel 1979 si colloca il primo di una lunga serie di viaggi negli Stati Uniti: Franco Fontana non approda a nessuna rivelazione, bensì applica il suo codice linguistico – ormai consolidato – ad un ambiente urbano altro rispetto alla sua Modena, ma non per questo alieno o incomprensibile. Il fotografo parte e ritrova se stesso anche oltre oceano: ancora incontriamo composizioni costruite sulla luce, sulla combinazione di colore e geometria, anche se, col tempo, approda ad un vocabolario più descrittivo e meno astratto. Compaiono poi, in maniera decisa, le figure umane: agli incroci, isolate seppure circondate da altri corpi, in una dimensione di apparente incomunicabilità, secondo una sensibilità ed un’impostazione che richiamano i dipinti di Edward Hopper, oppure viste di spalle, terse macchie di colore, esaltate alla luce, che come un faro illumina gli attori sulla scena del teatro che e’ la vita.
Paesaggi urbani La processualità con cui Franco Fontana si avvicina al paesaggio campestre e ne isola ed estrapola porzioni viene applicata anche al contesto urbano. Fin dalle primissime fotografie degli anni ’60 – e attraverso poi tutta la sua immensa produzione – ricorrono delle costanti nella sua ricerca: l’impiego del colore per la costruzione dell’immagine, l’appiattimento delle volumetrie a facciate attraverso l’applicazione di schemi geometrici e giustapposizioni grafiche. Nello spazio della città, l’alternanza ritmica di superfici disomogenee – dalla composizione materiale e cromatica diversa – viene enfatizzata anche dall’inserimento nell’immagine di ombre ed elementi decorativi, come scritte e insegne. Inizialmente deserti, questi paesaggi urbani si popolano progressivamente della presenza umana, prima sottoforma di ombre e poi della figura vera e propria. In queste immagini, la stratificazione dei piani – oltre ad accorpare colori e materiali diversi – assembla spesso diversi generi architettonici, appartenenti ad epoche differenti, creando un nuovo commentario sulla prospettiva dello scenario urbano.
Presenza Assenza Tra 1979 e il 1982, le fotografie di Franco Fontana iniziano a popolarsi di presenze effimere, in forma di ombre: nella serie “Presenza-Assenza”, sullo sfondo di paesaggi urbani – che a volte risulta difficile assegnare ad una specifica città – si allungano silhouette che alludono alla presenza umana, pur negandola, a livello visivo, nella sua componente materiale. Nelle piatte geometrie colorate del contesto urbano, tra pareti policrome o su asfalti scanditi dai motivi geometrici della segnaletica stradale, si stagliano delle ombre, a volte piccole, altre lunghissime, alcune solitarie. L’uomo sembra esistere in negativo, come presenza sublimata, aggirandosi sotto forma di proiezione all’esterno di una parte di sé, come se questa godesse di una vita propria, con chiari riferimenti alla poetica della pittura metafisica.
Asfalti Nella serie dedicata agli Asfalti, realizzati a partire dalla metà degli anni novanta, in varie parti del mondo, ritroviamo alcuni elementi –chiave dell’estetica di Franco Fontana, portati all’essenza: la la fascinazione per l’ambiente urbano, in questo caso nei suoi elementi minimi, e la predilezione per il colore, che appare molto squillante, sebbene la tavolozza risulti più contratta rispetto ad altri progetti. Così, su un fondale grigio, diverse striscie, fasce, frecce e campiture di colore bianco, nero, rosso, giallo e blu si accavallano e si alternano a tombini e muretti di marciapiede, su cui si diramano crepe e rattoppature nell’asfalto: segni voluti, per regolare il traffico, a cui si sommano i segni portati dal passare del tempo, dall’usura e dagli agenti atmosferici. L’appiattimento delle superfici qui è al suo limite estremo, così come la semplificazione delle forme, seppure nella molteplicità degli schemi. Piscine Nella metà degli anni ottanta, Franco Fontana inizia la lavorazione della serie Piscine: corpi perfetti, levigati, tonici, flessuosi, nudi, messi in posa, a bordo vasca o in acqua, in spazi che spesso sembrano sospesi e conchiusi: una sorta di celebrazione dai toni epici della fisicità, che allude a una società edonista e satura. Un canto imperniato soprattutto attorno alla figura femminile, perché, afferma Franco Fontana quando manca la donna il mondo perde la luce. Accanto ai corpi, compaiono anche immagini di oggetti legati al tempo libero, allo svago e al divertimento.
Breve biografia Franco Fontana è uno dei protagonisti assoluti della fotografia italiana e internazionale del secondo dopoguerra. Nato a Modena nel 1933, ha “reinventato” il colore come mezzo espressivo e non soltanto documentario, mediante un’inedita analisi, a volte provocatoria, del paesaggio naturale e di quello strutturato, nella ricerca di nuovi segni, strutture, superfici cromatiche corrispondenti alla sua fantasia creativa. Le sue opere sono oggi conservate nei maggiori musei del mondo, tra i quali il “MoMa” di New York, il “Metropolitan Museum” di Tokyo, la “George Eastman House” di Rochester, il “Ludwig Museum” di Colonia, il “Museum of Modern Art” di San Francisco, il “Museum of Fine Arts” di Boston, il “Pushkin Museum of Fine Arts” di Mosca, l’“Australian National Gallery” di Melbourne, lo “Stedeliijk Museum” di Amsterdam, la “GAM” di Torino, il “Musèe d’Art Moderne” di Parigi, il “Kunsthaus Museum” di Zurigo, il “Victoria & Albert Museum” di Londra. Ha esposto, tra personali e collettive, in tutto il mondo. La sua prima mostra personale risale al 1965, a Torino Società fotografica Subalpina. Tra le sue mostre più significative: al Metropolitan Museum of Photography di Tokyo nel 1993, agli Scavi Scaligeri di Verona nel 2000, alla GAM di Torino nel 2001, al Palazzo Reale di Milano nel 2004, alla Maison Europèenne de la Photographie di Parigi, al Museum de Arte di Buenos Aires nel 2006 e altre ancora. Ha tenuto workshop in tutto il mondo e firmato numerose campagne pubblicitarie. Ha collaborato con molte riviste e pubblicato oltre sessanta libri. Franco Fontana ha ricevuto, nel 1984, il XXVIII Premio per l’Arte Ragno d’Oro- Unicef, nel 2000 l’onorificenza di “Commendatore della Repubblica” per meriti artistici e, nel 2006, la Laurea honoris causa in design ecocompatibile dal Politecnico di Torino.
Puoi anche leggere