Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale

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Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
Eccellenze italiane, Luca
Parmitano al comando della
Stazione          Spaziale
Internazionale

Luca Parmitano è il nuovo comandante della Stazione Spaziale
Internazionale. L’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea è
il primo italiano, e il terzo europeo, ad assumere questo
ruolo. La cerimonia per il passaggio di consegne con il
comandante russo Alexei Ovchinin è avvenuta su una stazione
orbitale affollatissima, con ben nove astronauti a bordo. Ieri
Ovchinin è rientrato sulla Terra e Parmitano ha iniziato
ufficialmente la Expedition 61.

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Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 3/10/2019
“Ringrazio tutti per la fiducia che mi date”, ha detto
Parmitano, emozionatissimo, in diretta dalla Stazione
spaziale, collegato anche con la sede dell’Agenzia spaziale
italiana. La cerimonia celebrata in orbita si è conclusa con
il suono simbolico di una campanella di ottone. Felice per
l’importante incarico anche il presidente dell’Agenzia
spaziale italiana Giorgio Saccoccia, che ha fatto i suoi
“auguri di buon lavoro a Parmitano”, sottolineanco che
l’astronauta “permette all’Italia spaziale di raggiungere un
grande traguardo”.

Saccoccia ha poi commentato: “Diventare comandante della
Stazione spaziale internazionale è un grande privilegio, il
primo per un astronauta italiano. È il riconoscimento della
sua grande professionalità e delle sue competenze dimostrate
sul campo e in volo”. Parmitano era entrato a far parte
nel 2009 del corpo astronauti dell’Agenzia spaziale europea.
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
eFootball PES 2020, il calcio
di Konami torna alla grande

Per l’edizione del 2020, Pro Evolution Soccer ha cambiato nome
fregiandosi del prefisso “eFootball” che sancisce apertamente
la sua attenzione al crescente mondo degli esports. Ma perché
un titolo riesca a riunire una vasta community sotto una sola
bandiera, c’è ovviamente bisogno di un gameplay che possa
incontrare i gusti di gran parte dei giocatori: eFootball PES
2020, in tal senso, rappresenta il capitolo della maturità per
Konami, un gioco che migliora praticamente qualsiasi aspetto
del predecessore, puntando dritto al trono del miglior titolo
calcistico. Prima di addentrarci nell’analisi del gameplay di
eFootball PES 2020, è necessario parlare di tutte le novità
presenti nelle tante modalità di gioco che Konami ha inserito
nel suo nuovo titolo. Partiamo dall’unica, nuova modalità del
titolo, ossia: Matchday. Questa tipologia di gioco consiste
essenzialmente in un torneo online strettamente collegato alle
partite più importanti che settimanalmente si susseguono nei
vari campionati europei e non. Matchday prevede dunque
l’utilizzo e la scelta di una squadra da supportare durante
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
tutto l’arco del già citato torneo grazie alle vittorie che
raccoglieremo durante lo stesso; tali vittorie porteranno dei
punti alla squadra ed al giocatore, utili eventualmente a
portare il giocatore a cimentarsi in una finale trasmessa in
streaming all’interno del titolo in esclusiva per tutti i
giocatori di eFootball PES 2020. Ogni partita inoltre porterà
al giocatore delle ricompense da utilizzare in MyClub,
l’Ultimate Team del gioco di Konami, che si va perfezionando
di anno in anno. Tale modalità rappresenta sicuramente
un’aggiunta apprezzabile, ma assolutamente non rivoluzionaria;
le partite di Matchday infatti potranno essere giocate solo in
orari piuttosto precisi e decisi da Konami stessa.

Per quanto riguarda MyClub, possiamo affermare che poche sono
le aggiunte apportate da Konami a quella che punta ad essere
la vera e propria rivale di Ultimate Team, che dunque risulta
essenzialmente identica a quella di PES 2019. Dopo aver creato
un allenatore liberamente personalizzabile nell’aspetto, ci si
troverà a comandare una squadra composta da perfetti
sconosciuti, che bisognerà di volta in volta integrare con
giocatori di alto grado da acquisire tramite la valuta ingame,
i GP. Ogni giocatore sarà acquistabile tramite dei “palloni”,
ordinati per grado di rarità, che garantiranno sempre un
calciatore della rarità desiderata; ovviamente il ruolo
dell’acquisto sarà praticamente sconosciuto sino all’apertura
dei tanto discussi “pacchetti”. Unica vera novità da segnalare
nella modalità MyClub è quella relativa alla presenza di una
schermata riepilogativa dei vari calciatori disponibili per
l’acquisto ad ogni accesso alla stessa. All’interno di
eFootball PES 2020 ci sono poi le classiche amichevoli, da
giocare contro la CPU, online o contro un amico, i vari
campionati e coppe europee, le divisioni online già viste lo
scorso anno e la storica e sempre gradita Master League, che è
forse la modalità che ha ricevuto le aggiunte più sostanziose.
Konami ha infatti provato ad innovare il suo storico e
memorabile Campionato Master grazie all’inserimento
all’interno dello stesso di una componente narrativa.
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
All’inizio della Master League bisognerà infatti scegliere le
fattezze del proprio allenatore che non sarà più liberamente
personalizzabile, ma da selezionare tra alcune vecchie
leggende del calcio giocato, tra cui spiccano i nomi di
Maradona, Gullit, Roberto Carlos (chiamato Larcos per via
delle licenze), e così via. Una volta selezionato l’allenatore
si verrà trascinati in delle sessioni puramente narrative che,
grazie alle scelte fatte, potrebbero cambiare le sorti della
squadra. Tali sequenze consistono essenzialmente nella scelta
degli obiettivi stagionali, in delle interviste pre e post
gara e così via. Tuttavia, se all’inizio il giocatore viene
trascinato con forza all’interno di questa struttura, col
passare del tempo le sessioni di intermezzo cominciano a
lasciare un po’ l’amaro in bocca, in quanto troppo ripetitive
e spezzettate. Tanti sono stati inoltre gli aggiustamenti
apportati da Konami a questa modalità, che l’anno scorso
soffriva di qualche problemino relativo soprattutto alle
trattative utili a portare nuovi rinforzi alla propria
squadra, che ricordiamo, potrà essere o composta da giocatori
reali o da talenti di fantasia. Il Campionato Master offerto
da eFootball PES 2020 dunque è sicuramente una delle modalità
più riuscite di questo titolo, che speriamo venga migliorato
ancor di più l’anno prossimo. Infine, è bene ricordare la
presenza della modalità Diventa un Mito, che permetterà di
creare un proprio alter ego virtuale il quale, a suon di gol e
buone giocate, dovrà scalare le gerarchie di club e nazionali.
Tale modalità è essenzialmente identica a quella dello scorso
anno; divertente, curata e molto riuscita. In sostanza dunque
l’offerta ludica di eFootball PES 2020, nonostante non abbia
alcune aggiunte di rilievo assoluto rispetto allo scorso anno,
è sicuramente da promuovere. Le modalità disponibili sono
tante e ben strutturate, quindi c’è tanto materiale con cui
divertirsi su Pc, Xbox One o PS4.

Dopo aver descritto le varie modalità di gioco, passiamo
finalmente al vero pezzo forte di eFootball PES 2020: il
gameplay. Il titolo
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
targato Konami è il miglior simulatore calcistico attualmente
sul mercato. Il
ritmo di ogni singola partita è parecchio ragionato e
praticamente identico a
quanto si vede ogni fine settimana in tv o dal vivo negli
stadi. Konami infatti
ha fatto tesoro delle critiche che i fan avevano rivolto a PES
2019, prendendo
di buono quanto fatto durante lo scorso anno e migliorando
tutte le criticità
che affliggevano il titolo. Sono stati infatti totalmente
eliminati i difetti
riguardanti l’arbitraggio, criticatissimo in quanto
eccessivamente severo, e i
portieri, che adesso compiono balzi felini dando sfoggio a
parate di altissima
qualità, animate in maniera molto realistica. Una volta
avviata la prima
partita, ci si accorge subito di essere dinanzi a un titolo
incredibilmente
profondo, realistico, il cui impatto sorprende fin da subito
in maniera più che
positiva. Le animazioni di ogni singolo calciatore sono state
riscritte e
migliorate, con risultati davvero eccellenti; la fluidità che
queste donano ai
movimenti dei 22 giocatori in campo e al gioco stesso è
praticamente tangibile,
non solo esteticamente ma anche in termini di puro gameplay.
Addio quindi ai
giocatori legnosi e spaesati visti nelle scorse edizioni della
saga, e benvenuta
riproduzione praticamente perfetta di quello che è il calcio
giocato, fatto di
contrasti, inserimenti, tocchi sbagliati, dribbling e così
via. Ogni singolo
passaggio, o meglio, ogni singola azione di gioco, tiene conto
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
della posizione
del giocatore rispetto al pallone, in modo da riprodurre nella
maniera più
fedele possibile il calcio giocato. Rari infatti sono i casi
in cui un calciatore
mal posizionato o marcato stretto dal difensore avversario
riuscirà ad eseguire
un tiro perfetto, uno stop a seguire o un passaggio pulito;
per giocare a
questo titolo dunque, è necessario ragionare e tener conto di
tanti fattori che
fino a qualche anno fa erano totalmente ignorabili.

A contribuire a questo enorme senso di realismo ci pensa
anche la dinamica della palla, perfezionata in maniera
semplicemente fantastica;
deviazioni, rimbalzi, rimpalli e quant’altro hanno un impatto
abbastanza
marcato sulla fisica del pallone, che prenderà traiettorie
“anomale” ma
tuttavia parecchio fedeli alla realtà. Una delle nuove feature
presenti in PES
2020 è quella relativa al cosiddetto Finesse Dribbling,
supervisionata da Don
Andrès Iniesta, ex stella del Barça. Utilizzando entrambe le
levette analogiche
del controller sarà infatti possibile eseguire trick di vario
tipo che il più
delle volte, se correttamente utilizzati, lasceranno gli
avversari di turno
inermi e apriranno la strada verso la porta avversaria. Per
quanto apprezzabile
e ben costruita, abbiamo trovato questo nuovo sistema di
controllo
particolarmente ostico, soprattutto nelle prime partite,
poichè l’utilizzo di
entrambi gli analogici con un timing perfetto risulta
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
piuttosto complicato e
artificioso. In sostanza dunque il gameplay di questo nuovo
PES rappresenta il
massimo apice raggiunto da una simulazione calcistica negli
ultimi anni:
ragionato, appagante, divertente, realistico. Un vero e
proprio spettacolo per
chi cerca una simulazione calcistica realistica ed
estremamente divertente. L’intelligenza
artificiale del titolo merita un’altra menzione anche per aver
ben implementato
il modo in cui l’andamento della partita può influenzare la
performance dei
giocatori. Arrivati per esempio a un vantaggio di 3 gol è
palese come i
giocatori della squadra vincente giochino con molta più
tranquillità,
addirittura diventando leziosi e rischiando talvolta errori
banali, mentre chi
è in svantaggio può farsi prendere dalla disperazione con
difensori che vagano
senza meta, rassegnati all’impossibilità      di   fermare   le
avanzate avversarie. Insomma,
le sensazioni sul campo quest’anno sono davvero positive. E’
forse dai tempi
della PlayStation 2 che un capitolo di Pro Evolution Soccer
non aveva un
feeling così fresco e soddisfacente, dimostrando che Konami
sembra sapere il
fatto suo su come far evolvere la formula in maniera sensata.
Da segnalare che
anche quest’anno la console di Microsoft rimane purtroppo
l’unica (a causa
delle policy restrittive del produttore) dove è impossibile
importare pacchetti
non ufficiali di licenze aggiornate; pertanto chi vuole
sistemare i nomi
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
“farlocchi” presenti in molte delle squadre dovrà farlo
manualmente.
L’editor per farlo è comodo, ma è comunque un lavoro immenso
se lo si vuole
fare bene. Per quanto riguarda la realizzazione tecnica, anche
questa è
vistosamente migliorata, con una grafica più convincente di
prima e con 60
frame al secondo piuttosto stabili. Riguardo alle performance,
rimane qualche
caricamento un po’ lungo e le solite attese durante le rimesse
o i calci
piazzati, ma complessivamente anche il comparto tecnico ha
fatto un vistoso
salto in avanti. Il gioco è ovviamente tradotto per intero in
italiano, con la
telecronaca nostrana che anche quest’anno è opera del duo
Fabio Caressa e Luca
Marchegiani. Che dire di più, se si vuole giocare a una
simulazione calcistica
bella da vedere, divertente        e   con     una   giocabilità
impressionante, eFootball PES
2020 è la scelta migliore che si possa fare.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise
Eccellenze italiane, Luca Parmitano al comando della Spaziale
WhatsApp   al   lavoro                                 sui
messaggi        che                                     si
“autodistruggono”

WhatsApp sta sperimentando una nuova, interessante
funzionalità, ossia: i messaggi che si autodistruggono.
Ovviamente tale
procedura non comporterà nessuna “esplosione” o quant’altro di
pericoloso,
infatti gli sviluppatori stanno lavorando su una feature che
permetterà la
cancellazione automatica dei testi dopo un certo lasso di
tempo. Il problema di
WhatsApp e delle chat in generale è che i messaggi, anche
quelli scritti in
fretta e furia e senza pensare, rimangono lì per sempre. A
volte capita di
chattare con leggerezza, come se si stesse parlando, ma tutto
quello che si
scrive viene immortalato e può essere usato contro la persona
che lo ha
digitato anche dopo anni. Da tempo esistono servizi come
Snapchat, dove i
messaggi inviati e ricevuti spariscono dopo qualche secondo o
qualche minuto,
esattamente come una battuta detta a voce, ma per la
piattaforma di instant
messagging di proprietà di Mark Zuckerberg fino ad adesso tale
funzionalità non
è mai stata presente. La feature, avvistata in una versione
beta di WhatsApp
per Android, funziona per il momento solo nei gruppi ma verrà
probabilmente
estesa alle chat singole. I disappearing messages, così viene
chiamata la
funzione in inglese, avranno bisogno di essere attivati
tramite una specifica
opzione che permetterà anche di decidere dopo quanto tempo il
testo scomparirà.
Al momento ci sarebbero     solo   due   opzioni   riguardo   la
tempistica di
cancellazione automatica su WhatsApp, ossia: 5 secondi o
un’ora, ma per quando
tale funzione sarà disponibile, crediamo che la durata del
messaggio potrà
essere decisa direttamente dal mittente. Altra cosa molto
importante riguarda
il fatto che non dovrebbe più apparire sul display di chi
legge nemmeno la
classica dicitura “Questo messaggio è stato eliminato”. Come
già detto, i disappearing
message per il momento sono disponibili solo per le chat di
gruppo ma crediamo
che, se tale funzionalità dovesse riscuotere successo, verrà
estesa anche per
le chat individuali. Stando alle ultime voci, la nuova
funzionalità di WhatsApp
potrebbe superare la fase di test ed essere introdotta nel
client di WhatsApp
entro la fine dell’anno, sia per i dispositivi iOS che per
quelli Android.

F.P.L.

The Surge 2, lamiere e morte
nel nuovo titolo “Souls-like”

Con The Surge 2, gli sviluppatori tedeschi Deck13 tornano
con un’avventura tutta nuova per Pc, Xbox One e PS4 che
abbandona l’idea del
protagonista preimpostato e mette sul campo un personaggio
creato dal giocatore.
Il titolo dà inoltre maggiore attenzione alla trama e
soprattutto
all’ambientazione, sempre più distopica e cyberpunk. Le buone
premesse quindi
ci sono tutte e il gioco, specialmente per chi apprezza il
genere souls-like è
un buon prodotto per molti aspetti. The Surge 2 si lascia alle
spalle l’ambientazione
del primo titolo trasferendo i giocatori nella nuova Jericho
City, ossia una
città composta da vari distretti, tutti presidiati da
mercenari più o meno
corazzati che hanno avuto l’ordine di tenere le strade sgombre
e di eliminare
chiunque si trovi a esplorare la zona. Ma per quale motivo?
Difficile dirlo: il
personaggio che si controlla, creato attraverso un semplice
editor all’inizio
della partita, è miracolosamente sopravvissuto a uno schianto
aereo ma c’è
qualcosa in quell’incidente che ancora non quadra. Ritrovatosi
all’interno di
un carcere sotto attacco, il proprio alter ego virtuale riesce
a liberarsi e si
pone l’obiettivo di scoprire cosa sia accaduto davvero.
Riuscire nell’impresa
non sarà semplice, però: le mura in fiamme dell’istituto
pullulano di criminali
assetati di sangue, avversari da sfruttare per fare pratica
con un sistema di
combattimento che integra e arricchisce quello del primo
episodio. Armati
inizialmente solo di due defibrillatori elettrici, il
protagonista di The Surge
2 si dovrà aprire la strada fino alla prima MedBay e lì,
finalmente, ci si
potrà equipaggiare con un esoscheletro potenziato. Il
collegamento alla
macchina, tuttavia, resetta la situazione dei nemici nell’area
e pone chi gioca
di fronte alle stesse minacce che si erano già affrontate:
nemici agguerriti e capaci
di uccidere con solo due o tre colpi ben assestati. Una
formula ben collaudata
per questo sottogenere degli action RPG, che tuttavia non
trova supporto nella
narrazione, anche stavolta poco ispirata e priva di spunti
degni di nota.

Nel primo The Surge, uno dei principali difetti lamentati
dal pubblico e dalla critica era proprio un’ambientazione
asettica e piatta
dall’inizio alla fine, con pochi guizzi di design. Gli
sviluppatori hanno
quindi pensato bene di passare ad un’enorme città piena di
vicoli e segreti,
fatta di parchi, zone industriali e altri luoghi. Jericho City
è infatti
composta da ben nove settori diversi tra loro, sia per
difficoltà che per
design, che variano da una discarica piena di rottami a fogne
putride e
velenose fino alla zona più ricca fatta di grattacieli di
vetro, parchi per
bambini o, addirittura, aree forestali. Per quanto concerne la
trama di gioco,
questa si muove su binari poco lineari e diretti, esattamente
come in qualsiasi
altro souls-like che si rispetti. La storia viene raccontata
tramite dialoghi
sintetici, registrazioni e documenti da trovare, oltre a delle
missioni
secondarie che possono approfondire non poco il mondo di
gioco. Incontriamo,
infatti, personaggi con particolari linee di dialogo utili a
rispondere alle
nostre domande, ma non tutte avranno una risposta chiara e
dettagliata.
Probabilmente una scelta voluta dagli autori visto che questi
avevano
dichiarato di voler rendere la narrativa decisamente più
contorta e complessa
del primo gioco. Nonostante le premesse, anche se non mancano
personaggi sopra
le righe la storia narrata in The Surge 2 si rivela essere
sempre meno
incisiva, tanto da non scostarsi molto da quella di Warren nel
primo capitolo.
A stimolare il giocatore per arrivare ai titoli di coda,
quindi, non è di certo
la narrativa di gioco, bensì la curiosità di affrontare i
nuovi pericoli
misteriosi e nascosti di Jericho City. Purtroppo, nonostante
si tratti di un
souls-like nudo e crudo, si arriva a fine gioco relativamente
presto:
l’avventura non dura oltre le 20-25 ore di gioco, che non sono
poche, ma
comunque restano e di molto al di sotto dei capostipiti del
genere che possono
durare anche più del doppio del tempo. Sicuramente
l’approcciarsi al gioco in
maniera calma e strategica, oltre alla voglia di dedicarsi a
tutte le missioni
secondarie o a migliorare la propria build di gioco, rendono
The Surge 2 un
gioco interessante da giocare, ma comunque si attesta ben al
di sotto di altre
produzioni in quanto ad attività e longevità in generale.
A livello di giocabilità il titolo si difende bene.
Risvegliati
dal profondo coma in il proprio personaggio si trova, si sarà
liberi di
esplorare e comprendere cosa sia successo alla metropoli di
Jericho, che è
ridotta ormai a un futuristico far west. A seguito del
disastro generato dalle
nanotecnologie, la regola del più forte regna sovrana, e
bisognerà applicarla
al più presto per farsi largo tra i tanti nemici presenti
nella rinnovata
mappa, decisamente più ampia rispetto al passato. La
progressione segue i modi
che già si conoscevano, e ci si troverà dopo poco tempo a
passare dalla
semplice tuta con cui si è stati ricoverati a diventare dei
veri e propri Terminator
armati di tutto punto, con tante alternative a disposizione.
Anche l’originale
sistema per appropriarsi di armi e armature altrui torna in
grande spolvero. Gli
innesti tecnologici che il protagonista possiede nel corpo
permettono di
gestire armi e armature in modo calcolato e profondo, infatti,
già dopo le prime
ore di gioco, l’inventario si popola di diversi tipi di pezzi
e categorie, da
combinare a piacimento per trovare la build più utile allo
scenario con cui
faremo i conti. In The Surge 2 è necessario ricordare che è
l’energia del nucleo
del protagonista a limitare l’utilizzo di pezzi troppo
potenti. Proprio per
tale ragione essi vanno gestiti al meglio per sfruttarne il
più possibile.
Riuscendo ad unire più pezzi dello stesso set, poi, si
ottengono bonus che
vanno aggiunti alle statistiche di attacco, difesa e cambio di
status. In più,
stavolta, il protagonista non sarà da solo, ma avrà a
disposizione un piccolo
drone volante che potrà essere richiamato ed equipaggiato a
piacere con una
vasta gamma di componenti. Il drone gioca un ruolo
interessante in The Surge 2:
si può usarlo per attirare i nemici, per curarsi o anche per
lasciare dei
graffiti agli altri giocatori, segnalando minacce e segreti
nascosti.

Il sistema di recupero dell’equipaggiamento dei nemici si
conferma essere il punto di forza di tutta la produzione.
L’implementazione,
già notevole nel primo episodio, funziona fluidamente durante
i combattimenti,
nei quali si può mirare ad una parte del corpo specifica per
poi amputarla una
volta ridotto in fin di vita il nemico, e fare l’upgrade della
propria build
con i nuovi componenti “rubati”. Il controllo del personaggio
è deputato allo
stick analogico destro che si comporta egregiamente, senza
complicare e
ostacolare le mosse che si hanno in mente. Torna poi anche la
terza barra oltre
a quelle di vita e stamina, quella della batteria, da tener
d’occhio quando si
vuole approfittare dei vantaggi degli innesti per recuperare
energia o
indebolire i nemici. Insomma, quello di The Surge 2 è un
sistema che funziona e
spicca per varietà di soluzioni e situazioni proposte,
nonostante un design non
sempre raffinato, ma che riesce ad essere appassionante
nell’ottimizzazione
delle build o nel superamento di scenari dove l’impianto
giusto farà la differenza
tra la vita e l’ennesima morte. Altro punto forte, della
produzione dei Deck13,
è la quantità di strumenti offensivi e difensivi a
disposizione. La loro
presenza, infatti, stimola il giocatore ad un farming sì
ripetuto e leggermente
ripetitivo, ma appagante quando si completa un set o si riesce
a potenziare al
massimo. Per quanto riguarda l’aspetto estetico, The Surge 2
non fa gridare al
miracolo, ma resta comunque gradevole da vedere. Ad esempio,
anche se Jericho
City rappresenta una metropoli interessante che si sviluppa
anche in verticale,
il passaggio tra i diversi settori è spesso incoerente sia dal
punto di vista
dell’art design che da quello narrativo. Si tratta di una
costruzione spesso
confusionaria, nonostante la varietà non manchi. Mancano
dungeon labirintici,
mancano strade tortuose e soprattutto mancano approcci di
gioco diversi in base
ai nemici presenti in zona. L’ambientazione sci-fi cyberpunk è
molto
appetibile, ma a nostro avviso poteva offrire molto di più
visto il grande
potenziale che essa possiede. The Surge 2 inoltre è
graficamente inferiore al
primo capitolo e anche sul piano delle performance il gioco
originale ha la
meglio. Scalettature di ogni tipo, texture piatte e scialbe ed
effettistica al
minimo storico. In termini di risoluzione e frame-rate, su
Xbox One X, il gioco
offre due tipi di soluzioni: qualità e prestazioni. La prima
porta il gioco in
4K upscalati e 30 fps con particolari problemi di frame-
pacing, mentre in
modalità prestazioni si passa ad una risoluzione FullHD e 60
fps non
propriamente stabilissimi. Insomma, dal punto di vista grafico
si poteva fare
sicuramente qualcosina in più. In conclusione, con l’uscita di
The Surge 2 ci
si aspettava un salto di qualità rispetto al passato, ma
purtroppo il titolo
non decolla più di tanto. Giocandolo ci siamo trovati di
fronte ad un titolo
migliorato molto sul fronte del sistema di combattimento, ma
ci aspettavamo un
guizzo in più in tutte le aree di gioco. Purtroppo The Surge 2
arranca su altri
aspetti importanti come      level   design   ed   art   design,
presentando peraltro una
narrazione scialba e poco convincente. A chiunque abbia amato
il primo capitolo
consigliamo sicuramente di dare una chance a questo successore
in quanto
rappresenta un miglioramento in quasi tutti gli aspetti, salve
quello grafico.
Per chiunque invece si dovesse avvicinare per la prima volta
al gioco,
consigliamo di provarlo prima di acquistarlo in quanto l’alto
tasso di
difficoltà e il level design non proprio brillante potrebbero
scoraggiare e
stancare presto.

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 7,5

Sonoro: 7,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

Borderlands 3, varietà e
humor per lo shooter targato
Gearbox

Borderlands 3 arriva su Pc, Xbox One e Ps4 a 7 anni di
distanza dal secondo capitolo canonico della saga. Il nuovo
titolo sviluppato
da Gearbox e prodotto da 2k Games si presenta come il capitolo
più grande e
folle della saga e, dopo un’attenta analisi e moltissime ore
passate nel mondo
di gioco, possiamo affermare che ci si trova davanti a un vero
e proprio
capolavoro. Ma andiamo a capire il perché di questa nostr
affermazione. Il
titolo è ambientato alcuni anni dopo gli eventi di Borderlands
2, con la
scoperta di numerose altre Cripte oltre quella di Pandora. La
scomparsa di Jack
il Bello ha portato inoltre all’ascesa dei Gemelli Calypso, un
duo di
psicopatici che sono riusciti in breve tempo a riunire tutti i
clan di banditi
di Pandora in un unico culto chiamato “Figli della Cripta”,
che venera i due
gemelli come divinità e che       ha   come   unico   scopo   il
ritrovamento della Grande
Cripta. Ad opporsi a questa nuova follia c’è la Sirena Lilith,
una vecchia
conoscenza della serie che adesso è a capo dei Crimson Rider,
l’unico gruppo
che si ribella ai Calypso e che tenta di fermare i loro folli
piani. Tra i
Crimson Rider ci sono anche altri volti noti come la sexy
barista Mad Moxxi, lo
storico mercante Marcus e l’immancabile robot monoruota CL4P-
TP, meglio
conosciuto come Claptrap. Nonostante ciò però i Crimson Raider
non riescono a
gestire la continua espansione dell’esercito dei Calypso,
questo almeno fino
all’arrivo di quattro nuovi Cacciatori della Cripta: Amara,
FL4K, Zane e Moze. Come
di consueto anche in Borderlands 3 il primo compito del
giocatore è proprio
quello di scegliere quale di questi impersonare, ognuno che
come da tradizione
rappresenta una diversa “classe” e stile di gioco,
completamente diverso l’uno
dall’altro. Amara è una Sirena in grado di evocare delle
braccia di energia con
cui picchiare, difendersi o immobilizzare i nemici, FL4K
invece è un robot in
grado di stringere legami con gli animali e sfruttarli in
combattimento
attaccando o distraendo gli avversari. Zane è un maestro
dell’inganno ed è in
grado di creare ologrammi di sé stesso per confondere i nemici
utilizzando
inoltre diversi gadget in battaglia, mentre la piccola Moze
può evocare un mech
da combattimento dotato di un armamento letale e di una
corazza in grado di
assorbire un gran numero di colpi. Ovviamente, proprio come
avveniva già in
passato, anche in Borderlands 3 si punta tantissimo sulla
componente ruolistica,
quindi ogni personaggio     salendo   di   livello   può   essere
personalizzato attraverso
tre diversi skill-tree con abilità attive e passive. Ogni
abilità può essere
potenziata singolarmente per migliorarne gli effetti, inoltre
si possono anche
mescolare bonus di diversi skill-tree per creare delle build
“ibride” che
aprono potenzialmente a decine di combinazioni per soddisfare
ogni esigenza.
Inoltre in qualsiasi momento si possono riassegnare i punti
per sperimentare
combinazioni differenti.
A livello di gameplay Borderlands 3 riprende la tradizionale
formula di gioco tanto apprezzata dai fan, in cui l’azione
adrenalinica dei
first-person shooter sposa la profondità dei giochi di ruolo
in un mix a dir
poco perfetto. In questo terzo capitolo della serie il combat
system in
generale e gli scontri a fuoco sono stati vistosamente
svecchiati grazie a un
sistema di movimento più dinamico. I giocatori possono ora
effettuare scivolate
durante le sparatorie, arrampicarsi per raggiungere eventuali
alture e infine
schiantarsi al suolo, con uno scenografico attacco in
picchiata. Tutto
contribuisce allo sviluppo di un’azione più trascinante
rispetto al passato, destinata
a decollare con le stravaganti bocche da fuoco e le abilità
dei cacciatori
della Cripta. Che sia l’erculea Sirena Amara, l’impertinente
Zane, l’enigmatico
FL4K o la letale Moze, la scelta non cambierà il risultato
finale, regalando
sempre del puro e coinvolgente caos dal primo all’ultimo
minuto della campagna.
Per quanto riguarda le armi, in Borderlands 3 si possono
raccogliere un numero
davvero impressinante di fucili d’assalto, SMG, shotgun e
lanciarazzi che
sembrano concepiti da una mente folle, con significativi passi
in avanti in
termini di fantasia e di mera potenza di fuoco; come se ciò
non bastasse, molte
armi offriranno una modalità di fuoco secondaria, che
permetterà di agganciare
un nemico con i proiettili traccianti, passare dallo sparo
automatico alla
raffica o lanciare scariche di micro-razzi dalla canna di
quella che sembra
solo un’”inoffensiva” pistola. Insomma, se non si fosse ancora
capito il titolo
offre centinaia di scontri in cui il caos sarà all’ordine del
giorno, talvolta
con effetti disorientanti sull’azione trasposta su schermo, ma
Borderlands 3 offre
molto di più di qualche boss fight impegnativa o dell’ennesima
carneficina di
nemici. Affiancando la storyline principale, le quest
secondarie raccontano le
curiose vicende di alcuni personaggi fuori dal coro che,
paradossalmente, si
riveleranno essere le figure più caratteristiche di Pandora e
dintorni.
Puntando sulla varietà delle folli situazioni esposte, e su
una scrittura, in
questo caso, sorprendentemente ispirata, gran parte delle
missioni secondarie regalano
esperienze stimolanti e momenti di pura ilarità, che vanno ben
oltre la
semplice consegna del solito pacchetto o della taglia da
riscattare. Inoltre va
sottolineato il lavoro certosino svolto dal team di sviluppo
in quanto il
titolo è stracolmo di squisiti riferimenti alla cultura pop
anni 80 e infarcito
di continui rimandi agli altri episodi del franchise, The Pre-
Sequel compreso. Inoltre
è bene sottolineare che le side-quest offrono ai Cacciatori
più valorosi laute
ricompense oltre che essere un pretesto per esplorare a fondo
la rumorosa
galassia di Borderlands 3.

Nell’ultima opera di Gearbox la varietà è l’aspetto
portante, infatti, il titolo offre il maggior numero di
scenari esplorabili dai
fan della serie, che potranno finalmente abbandonare il
pianeta Pandora per
intraprendere un viaggio interplanetario alla ricerca delle
Cripte. Questa è
l’occasione per rifarsi gli occhi sui colossali grattacieli
ultrafuturistici di
Promethea, per meditare nei templi di Athenas o per esplorare
le paludi
selvagge di Eden-6. Per intraprendere i viaggi spaziali
basterà impostare la
rotta dalla sala di comando della Sanctuary-III, nave dei
Crimson Raider e hub
centrale della campagna, e preparsi all’atterraggio. Il mondo
di gioco è
nuovamente   suddiviso   in   macro-aree,   collegate   tra   loro
attraverso varchi e
stazioni adibite al viaggio rapido: insomma, un ritorno al
passato che sà di
occasione sprecata nei confronti di un potenziale open world,
ma che, se non
altro, può ora offrire dei caricamenti sensibilmente ridotti.
Da apprezzare,
inoltre, l’inedita verticalità dell’ambientazione, che spesso
invita i
giocatori a puntare gli occhi verso l’alto e a sfruttare la
nuova scalata. In
Borderlands 3 una volta atterrati sul pianeta destinazione, ci
si potrà dirigee
alla prima stazione Catch-A-Ride e utilizzare uno dei veicoli
disponibili. Tra
questi si trovano le solite camionette corazzate e i runner in
stile Mad Max,
affiancati dai nuovi futuristici Cyclone che permettono di
sfrecciare a tutta
velocità verso l’ignoto all’interno di una ruota gigante.
L’esplorazione dello
scenario è incentivata dalla presenza di oggetti
collezionabili disseminati in
ogni area: tra questi sono presenti i diari di Typhon DeLeon,
il primo
Cacciatore della Cripta, o dei nuovi componenti per i bolidi
di Ellie. Tra i
contenuti da scovare ci sono anche alcune sfide esclusive,
come le taglie di
Zer0 in cui sarà necessario uccidere i ricercati o le cacce
leggendarie di Sir
Hammerlock, con creature esotiche da studiare e da far fuori,
ovviamente.

Complessivamente l’avventura di Gearbox ha una durata che
spazia tra le 40 e le 60 ore, a seconda di come si gioca, ma
il bello di
Borderlands 3 è che offre un alto tasso di rigiocabilità. Dopo
aver portato a
termine la campagna infatti sarà possibile intraprendere
diverse modalità di
gioco con cui proseguire nell’avventura o, in alternativa,
ricominciare da capo
ma con una marcia in più. La prima novità endgame si chiama
Modalità Caos.
Suddivisa in tre diversi livelli di sfida, essa dà una
maggiore probabilità di ottenere
i pezzi di loot più rari e di ricevere percentuali bonus
sull’esperienza, il
denaro e l’Eridium guadagnati. Il prezzo da pagare coincide
con un
considerevole aumento dell’energia e della corazza dei nemici,
così come
diverse mod che potenzieranno ulteriormente gli avversari con
resistenze ai
proiettili, ai danni elementali e chi più ne ha più ne metta.
Puro e semplice
caos, nulla da aggiungere. Segue la Modalità Vero Cacciatore
della Cripta, anch’essa
contenente ricompense più ghiotte e criminali più ardui da
affrontare, ma che
in questo caso non offre nulla di nuovo se non il rivivere la
storia di
Borderlands 3, conservando tutti i progressi raggiunti fino a
quel momento e
mettendo contro livelli molto più duri da abbattere. E’ bene
sottolineare che il
sistema di progressione del gioco non è legato al singolo
personaggio, bensì
all’intero account, permettendo quindi di guadagnare nuovi
gradi utilizzando
anche altri Cacciatori. Un’aggiunta molto interessante,
soprattutto agli occhi
di chi macina numeri per scovare le migliori combinazioni per
la propria build.
Forti dei bonus e dell’equipaggiamento ottenuto sul campo, i
giocatori in cerca
di una vera sfida potranno mettersi alla prova in Circle of
Slaughter, la
modalità “orda” ideata dall’inimitabile Torgue, o nei Terreni
di Prova. Mentre
la prima si presenta     come   un   piacevole   passatempo   da
sperimentare da soli o in
co-op, le arene di Terreni di Prova richiederanno grande
concentrazione e,
possibilmente, l’aiuto di un amico (ricordiamo che in
Borderlands 3 si può
giocare fino a 4 giocatori contemporaneamente in qualsiasi
modalità di gioco),
nel disperato tentativo di superare le numerose ondate e lo
scontro finale con
il temibile boss.

Sul versante grafico/tecnico Borderlands 3 sfoggia il suo
caratteristico stile “disegnato” che ha reso famosa la serie,
e il
passaggio alle nuove console (se si esclude la remastered
Handsome Collection)
si nota grazie ad una pulizia generale dell’immagine e un
maggior numero di
dettagli a schermo, sia per quanto riguarda i nemici che per
le stesse armi,
che possono anche essere decorate con diversi accessori.
Peccato, però, che il
comparto visivo di Borderlands 3 cada in qualche imperfezione
tecnica. I primi
problemi che affliggono le versioni PS4 e Xbox One si palesano
nel framerate.
Su PS4 Pro e Xbox One X, Gearbox Software propone due diverse
modalità
grafiche,   Prestazioni   e   Risoluzione,   che   prediligono
rispettivamente la
fluidità visiva (60 fps) e il livello di dettaglio (4K). A
conti fatti, la
prima opzione si è dimostrata la scelta preferibile per godere
pienamente del
titolo, là dove Risoluzione compromette in maniera evidente
l’azione di gioco;
eppure, neanche i 60 fotogrammi al secondo si dimostrano
solidissimi, perdendo
diversi frame nelle situazioni più concitate dell’avventura. È
possibile
arginare tali problemi disattivando le notifiche Social, ma
solo in piccola
parte. Passando sopra l’instabilità del framerate
(fortunatamente rara), gli
occasionali pop-in delle texture e i bug si viene ricompensati
con un clamoroso
colpo d’occhio, offerto dagli sconfinati scenari che si
esploreranno e dai più
dettagliati modelli poligonali. Netto miglioramento anche per
le curatissime
animazioni, che segnano un notevole distacco dalle precedenti
avventure della
serie. Un elemento che ci ha davvero colpiti di Borderlands 3,
tuttavia, è
legato al sonoro. Non stiamo parlando della soundtrack, che in
ogni caso è
davvero molto bella da ascoltare, ma ci riferiamo al
doppiaggio in italiano:
ogni   singolo    personaggio    prende    vita   attraverso
interpretazioni a dir poco sensazionali,
con una scelta delle voci sempre azzeccata. Un grande plauso
al registro
umoristico scelto che fa letteralmente scompisciare dalle
risate in quanto non
è mai esagerato ma si sposa perfettamente con le situazioni
presenti sullo
schermo. Tirando le somme, se si passa sopra i leggeri
problemi di framerate,
Borderlands 3 rappresenta pienamente tutto ciò che un vero
appassionato della
saga desidera, ma è anche un ottimo titolo per chi si avvicina
per la prima
volta al brand. La comicità travolgente e il gameplay semplice
ma in grado di
creare dipendenza fanno trascorrere le ore in maniera
piacevole e spensierata,
e non si vedrà l’ora di scoprire quali folli missioni
aspettano ad ogni nuova
area e pianeta. Insomma, l’ultima fatica di Gearbox è un
titolo di un certo
spessore, che non giocare sarebbe davvero un peccato e che
continuare dopo l’endgame
sarebbe un vero spreco. Un arsenale spaventoso, mezzi assurdi,
follia allo
stato puro, humor intelligente, riferimenti alla cultura pop e
tantissime cose
da fare fanno di Borderlands 3 una vera perla nell’olimpo del
gaming.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

Mi Mix Alpha lo smartphone
Xiaomi tutto display

Xiaomi Mi Mix Alpha è realtà ed è senza dubbio uno degli
smartphone più avveneristici del momento. La particolarità di
questo dispositivo è quello di avere un display completamente
“avvolgente” capace di rendere possibile un rapporto tra corpo
e display pari addirittura al 180,6%. Questo significa che il
pannello flessibile dello schermo corre lungo tutto il corpo
dello smartphone sia davanti che dietro in una continuità che
nessun altro brand aveva mai permesso fino ad oggi. Ovviamente
Mi Mix Alpha offre un’interfaccia utente dedicata per
sfruttare al meglio il display avvolgente, non ci sono infatti
tasti fisici (sostituiti da una tecnologia che simula la
pressione dei pulsanti) e sono presenti piacevoli effetti che
colorano lo schermo ad esempio quando lo smartphone è in
carica. E’ stato poi implementato un sistema per evitare i
tocchi involontari, specialmente sui bordi. Grande lavoro è
stato fatto anche dal punto di vista dei materiali, con
l’impiego di vetro zaffiro per le fotocamere, titanio e
ceramica per la fascia posteriore, scelte rese necessarie per
garantire una maggiore protezione della tripla cam e
dell’intero dispositivo. Il nuovo e futuristico Xiaomi mi Mix
Alpha risulta effettivamente un concept per Xiaomi che dunque
decide di renderlo tale anche nella commercializzazione che
arriverà entro la fine dell’anno esclusivamente in pochi pezzi
anche se ci si attende un’estensione poi in futuro. Il prezzo
dichiarato al momento è di 19.999 yuan che equivalgono
sostanzialmente a circa 2.550 euro.

Xiaomi Mi Mix Alpha specifiche tecniche:

     Display: Surround display Super AMOLED da 6.39”
     HD+ densità 420ppi e rapporto schermo/scocca pari al
     180,6%
     Processore: Qualcomm Snapdragon 855+
     RAM: 12GB LPDDR4X
     Memoria interna: 512GB di tipo UFS 3.0
     Fotocamere: 3 posteriori da 108MP con f/1.69,
     1/33”, pixel da 1.6um e AF + 20MP grandangolare con
     angolo da 117°, f/2.2 e
1/2.8” + 12MP con f/2.1 e 1/2,8”
     Batteria: 4.050 mAh con ricarica rapida 40W
     Connettività: 5G, Wi-Fi, Bluetooth 5.0, NFC
     Sistema Operativo: Android 10 con MIUI 11
     Dimensioni: 157 x 74 x 8 mm
     Peso: 199 grammi
     Colorazioni: Bianco e Nero

Francesco Pellegrino Lise

Greedfall, il Gdr in stile
coloniale

Greedfall, svilupato dai francesi Spiders, è il nuovo gdr
per Pc, Xbox One e Ps4 che catapulta il giocatore in un’epoca
che strizza l’occhio
all’Europa all’Europa del diciottesimo secolo. Il titolo
racconta le vicende di
De Sardet, un ambasciatore della Confederazione dei Mercanti
in partenza da
Serene, sua nazione natale, alla volta dell’isola di Teer
Frade. Questa terra è
un luogo misterioso e semisconosciuto verso il quale è
iniziato un processo di
colonizzazione, e che pare custodisca la chiave per
scongiurare la Malicore,
un’epidemia che imperversa sul continente e che sta mietendo
migliaia di vite
umane. L’avventura inizia nel porto di Serene, subito dopo la
creazione del proprio
alter ego virtuale attraverso un editor piuttosto profondo,
dove oltre
all’aspetto fisico del personaggio, vengono applicate le
caratteristiche legate
al gameplay come forza fisica, destrezza, carisma o conoscenza
delle arti magiche.
Nel triplice intento di trovare nuove rotte commerciali, nuove
risorse naturali
ed una cura per la malicore (la piaga di cui sopra), De Sardet
viene affiancato
da suo cugino più giovane, che, in verità, necessita di una
balia più di quanto
non dicano i suoi anni. L’incipit è promettente, e l’approccio
con un nuovo
mondo, con le fazioni che lo animano, con la flora e la fauna
locali è a dir
poco elettrizzante. In Greedfall più che l’intreccio in sé a
destare interesse
sono la cura per i particolari, la costruzione dell’universo
di gioco, la
differenziazione tra le fazioni presenti in game e,
soprattutto, le quest
secondarie, foriere di informazioni aggiuntive e di abbondanti
dosi di lore. Le
sei fazioni contribuiscono a rendere credibile il mondo di
gioco e ad offrire
sempre una sponda al giocatore, con effetti evidenti
sull’esito della storia,
che può contare su quattro differenti finali. Si spazia dalla
popolazione
locale, che richiama fortemente i nativi americani, a Theleme,
fazione
strettamente religiosa con tanto di Inquisizione, passando per
i Nauti,
peculiare gilda marinaresca che ottiene i suoi membri come
pagamento di
contratti di lavoro.

Tra tanti giochi di ruolo che scelgono di lasciare esplorare
al giocatore mondi devastati, classiche lande fantasy o
ambienti urbani
contemporanei, allora,    l’ambientazione    scelta   dal   team
francese, pur non del
tutto inedita, risulta fresca e stimolante, e mette realmente
il giocatore di
fronte a scelte non banali. Peccato che la scarsa espressività
facciale dei
personaggi di Greedfall e una serie di dialoghi a volte troppo
prolissi
limitino la godibilità dell’intreccio e delle relazioni tra
fazioni, che
rimangono comunque tra i punti più alti della produzione,
anche in assenza del
doppiaggio italiano e con qualche strafalcione tra i
sottotitoli. Sin dai primi
passi nel mondo di gioco si può respirare un’atmosfera davvero
molto
particolare: le ambientazioni ricalcano il nostro continente
in epoca
coloniale, sia per quanto riguarda l’architettura di
abitazioni e vascelli che
nell’abbigliamento dei personaggi, chiaramente ispirato alle
vesti iberiche
dell’epoca, e fanno da sfondo ad un mondo popolato da bizzarre
creature,
mostruosità di ogni genere, magia e arti oscure. Le primissime
ore del gioco si
svolgono all’interno dell’area portuale di Serene, fungendo un
po’ da tutorial
per iniziare a metabolizzare le dinamiche del gioco prima di
immergersi in un
così particolare universo. Diversi sono i compiti che vengono
assegnati già in
questa fase e che permettono immediatamente di capire che in
Greedfall ogni
incarico può essere affrontato in diversi modi, a seconda
delle proprie
inclinazioni. Ad esempio quando ci si trova dinanzi a una
persona da cui
ottenere preziose informazioni, ad esempio, si può scegliere
di propendere per
l’utilizzo della dialettica, qualora il livello di carisma sia
sufficientemente
alto per riuscire a convincerlo a parlare, oppure si può
scegliere di optare per
le maniere forti, minacciandolo fisicamente facendo leva sul
livello di costituzione
fisica, o ancora si può optare per la subdola arte della
corruzione, offrendo
oro in cambio di favori. Libera scelta è lasciata in gran
parte di queste
situazioni, e le scelte adottate influenzeranno in maniera
importante
l’universo di gioco, facendo guadagnare lustro agli occhi di
una fazione a
discapito di un’altra. In sostanza ogni azione avrà sempre pro
e contro, quindi
grazie a questo sistema Greedfall offre un livello di
giocabilità veramente
elevato.

Greedfall è un gioco complesso fin dalle prima battute, ma
dà grandi soddisfazioni per via delle meccaniche semplici
quanto profonde. Una
volta avviato il gioco per la prima volta e creato un
personaggio, esso va
indirizzato verso una delle tre classi iniziali, una basata
sugli attacchi
corpo a corpo, una sulla magia ed una sugli attacchi indiretti
e la furtività,
al giocatore sarà lasciata ampia libertà di scelta nel
prosieguo della storia,
così da creare build miste come maghi/guerrieri capaci di
brandire pesanti armi
a due mani o tecnici insospettabilmente abili nelle arti
curative. Il sistema
di crescita del personaggio si basa su tre valori, ovvero
abilità, che include
tutte le skill attive, attributi, che invece raggruppa quelle
passive, e
talenti, ovvero ulteriori conoscenze, in genere non legate al
combattimento ma
utili per facilitarsi la vita nel mondo di gioco, come la
capacità di
scassinare serrature, preparare pozioni o disinnescare mine. I
tre alberi sono
di dimensioni molto contenute, ed è possibile, dedicandosi con
costanza alle
quest secondarie, riempirli tutti anche solamente in una prima
run, svilendo un
po’ la rigiocabilità del titolo. Per quanto riguarda le
missioni secondarie, a
nostro avviso, esse rappresentano uno dei punti più alti della
produzione. A
fronte di un numero generale assai ristretto se confrontato
con larga parte
della concorrenza, le side-quest risultano ben scritte e
sufficientemente varie
da invogliare chi gioca ad affrontarle tra una missione
principale e quella
successiva. Funzionano discretamente anche il sistema di
crafting, basilare
nell’esecuzione ma sempre chiaro e mai troppo invadente, e la
grande libertà di
scelta lasciata al giocatore anche in sede di scontro, con una
pletora di
approcci possibili, dallo stealth alla diplomazia, passando
per la coercizione
e l’approccio violento. In Greedfall l’esplorazione di Teer
Frade avviene con
una struttura semi-open world: l’isola è esplorabile
liberamente in tutta la
sua estensione, ma è suddivisa in zone in cui il passaggio tra
una e l’altra
richiede un breve caricamento. In queste fasi gli sviluppatori
hanno fatto
ricorso ad un escamotage semplice quanto geniale per evitare
di tediare il
giocatore nella    seppur   brevissima   attesa:   durante   il
caricamento si accede
infatti ad una sorta di accampamento dove poter organizzare la
propria squadra,
cambiandone i membri per renderla quanto più equilibrata
possibile, modificare
il proprio equipaggiamento o potenziarlo attraverso lo
strumento di crafting. A
proposito di team, è bene sottolineare che in Greedfall il
protagonista durante
le sue peripezie non è solo ma è accompagnato da due compagni
che lo affiancano
negli scontri. Essi possono essere reclutati tra i moltissimi
personaggi che
incrociano il cammino del giocatore e vantano talenti e
specializzazioni uniche.
Queste abilità possono essere miscelate a dovere per la
creazione di una
squadra equilibrata e che funzioni. I compagni non
rappresentano però delle
mere “bocche da fuoco” supplementari. Col passare del tempo
infatti le relazioni
con loro si fanno più strette, si impara a conoscerli, si
scoprono i segreti
delle loro vite e affrontando con loro missioni secondarie si
potranno
instaurare legami sempre più forti.

Per quanto riguarda il sistema di combattimento di Greedfall,
esso si basa sull’utilizzo fondamentale di due colpi da breve
distanza, attacco
leggero e attacco caricato, e da un attacco da lunga distanza,
effettuato
mediante l’utilizzo della pistola. In fase difensiva due tasti
frontali sono
designati alla parata ed alla schivata. Parlando delle armi da
mischia, queste
si dividono in due classi, armi contundenti e da taglio:
equipaggiate
contemporaneamente nell’inventario queste armi possono essere
alternate
velocemente, ed il loro utilizzo combinato risulta
determinante per distruggere
le armature con le prime ed infliggere ingenti danni a
bersagli scoperti con le
seconde. A livello di giocabilità, tra fasi d’esplorazione,
dialoghi con i
personaggi, missioni e combattimenti, Greedfall può tenere
impegnati tra le 30
e le 60 ore a seconda se si vuole esplorare a dovere il mondo
di gioco o se si
vuole fare solo l’essenziale. La versione Xbox One da noi
testata per questa
recensione, offre un livello grafico buono ma non sempre
eccellente. Ciò è
probabilmente dovuto al fatto che una tale produzione è troppo
ambiziosa per
uno sviluppatore che ha comunque dei limiti di budget ben
precisi. Greedfall, è
bene sottolinearlo, rappresenta l’apice della produzione del
team transalpino,
grazie a scorci mozzafiato e a un lavoro scenico eccellente,
tanto sui costumi
d’epoca quanto sulle ambientazioni, impreziosito dal supporto
all’HDR. Purtroppo
però, c’è ancora tanto da lavorare sul comparto animazioni,
che rimane povero e
generalmente legnoso,    sui   modelli   poligonali,   che   sono
passabili ma non
perfetti e, soprattutto, sul massiccio riutilizzo di texture
ed asset, che
rende tutti gli interni delle case identici tra loro e
costringe il giocatore a
parlare con i medesimi sette o otto NPC per tutta la durata
dell’avventura.
L’ambizione del team di sviluppo è assolutamente ammirevole, e
il risultato
finale è comunque buono in quanto, nonostante Greedfall non
sia un titolo
perfetto, il gioco resta comunque un’avventura profonda e
bella da portare a
termine. Tirando le somme, l’ultima opera del team Spiders è
sicuramente una
sorpresa gradita per gli amanti dei gdr. Una buona
giocabilità, la possibilità
di fare tante cose e una trama ben strutturata fanno si che
non ci si annoi
mai. Se quello che si cerca è un gioco di ruolo mediamente
difficile, in grado
di offrire diverse ore di gioco e abbastanza profondo, allora
Greedfall è un
titolo che non bisogna lasciarsi scappare.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 7,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

Gears    5,    l’evoluzione
dell’esclusiva Microsoft
Gears 5 arriva su Xbox One e Pc a distanza di quasi tre anni
dal quarto capitolo della serie. Con questo nuovo episodio,
gli sviluppatori di
The Coalition sembrano ora aver dato libero sfogo a tutta la
loro creatività
con lo scopo dichiarato di realizzare il Gears più vasto e
profondo di sempre.
E a nostro avviso ci sono riusciti in pieno. Ma andiamo a
scoprire il perché.
La trama si collega benissimo con il finale del gioco
precedente, infatti, dopo
gli eventi narrati in Gears 4, la situazione sul pianeta Sera
è sull’orlo del
baratro. Lo Sciame, l’esercito generatosi dall’esposizione
prolungata di
Locuste ed esseri umani agli effetti nocivi dei cristalli di
Imulsion, è uscito
allo scoperto e si sta preparando per attaccare gli
Insediamenti e le città
gestite dalla Coalizione dei Governi. Una nuova guerra sembra
quindi
inevitabile e i COG, nonostante il loro esercito, sanno di non
poter resistere
a lungo senza armi adeguate. L’unica opzione plausibile, per
quanto il Primo
Ministro Jinn Desai non sia d’accordo, sembra essere legata al
Martello
dell’Alba, la “vecchia” tecnologia satellitare sviluppata
durante le Guerre
Pendulum che permise ai Gears di sopravvivere dopo il Giorno
dell’Emersione. Su
indicazione di Baird la squadra Delta, composta da Marcus
Fenix, suo figlio JD,
Kait Diaz, figlia della leader degli Estranei rapita dallo
sciame nel
precedente capitolo, e Delmont “Del” Walker, torna quindi ad
Azura per lanciare
in orbita un vecchio prototipo di Martello rimasto
miracolosamente intatto. Una
volta rientrati a Nuova Ephyra i soldati scoprono però che
l’arma non sta
rispondendo nel modo corretto, solo per scoprire che le cose
stanno per
precipitare. Le creature si sono infatti evolute, generando
nuovi giganteschi
abomini e sviluppando la capacità di prendere il controllo dei
Dee-Bee, i robot
utilizzati dalle forze governative come strumento di difesa e
controllo. Una
situazione imprevista alla quale si aggiungono l’esuberanza e
gli errori di JD,
che aveva già rischiato di compromettere l’incursione su
Azura, i conflitti
interiori di Kait, tormentata da visioni e incubi, e la scarsa
affidabilità del
satellite appena messo in orbita. La somma di tutti questi
fattori influisce in
modo irreversibile sull’esito della missione, finendo per
creare una profonda
frattura all’interno dei Delta. Kait, spalleggiata dagli
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