DROGHE IN EMILIA-ROMAGNA - TRA NARCOTRAFFICO, SPACCIO E DIPENDENZE Un business che non conosce crisi - Libera
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DROGHE IN EMILIA-ROMAGNA Un business che non conosce crisi TRA NARCOTRAFFICO, SPACCIO E DIPENDENZE A cura di Libera Emilia-Romagna
DROGHE IN EMILIA-ROMAGNA Dossier a cura di Libera Emilia-Romagna Indice: ● Introduzione……………………………………………………..pag. 2 ● I numeri delle droghe in Emilia-Romagna…………………....pag. 4 ● Nella “benestante” Emilia Romagna si trovano “bene” anche gli spacciatori di Piero Innocenti……………………………………………….pag. 9 ● “Loro non lavorano con la droga...loro sono diversi”............ pag. 13 ● PROVINCE Ferrara…………………………………………………………..pag. 15 Ravenna………………………………………………………...pag. 25 Rimini…………………………………………………………....pag. 32 Forlì-Cesena…………………………………………………....pag. 36 Piacenza………………………………………………………...pag. 39 Parma…………………………………………………………....pag. 42 Modena…………………………………………………………..pag. 46 Reggio Emilia…………………………………………………....pag. 53 1
INTRODUZIONE Il business delle droghe è un business che non muore mai: le droghe arrivano perché c’è domanda, le droghe vengono consumate perché c’è offerta. E’ un ciclo che si autoalimenta quasi impossibile da bloccare. Un ciclo composto da tantissimi e complicati aspetti: il narcotraffico, con i flussi di droghe che arrivano in Emilia-Romagna grazie ad organizzazioni criminali che gestiscono l’approvvigionamento; lo spaccio, con più piccoli organizzazioni che se ne occupano; le dipendenze. Anche l’Emilia-Romagna è una terra di arrivo o passaggio delle droghe: ne avevano scritto Libera Bologna e Libera Informazione nel dossier “Bologna crocevia dei traffici di droga”1, analizzando i flussi di droga che passano dal il capoluogo emiliano e collegando le morti per overdose con spaccio e narcotraffico. Tantissimi altri casi riguardano le province dell’Emilia-Romagna, alcuni dei quali analizzati in questo dossier regionale. Il grande business del narcotraffico è gestito, in via prioritaria, dalle organizzazioni criminali italiane, in primis la ‘ndrangheta, in collaborazione con alcune compagini straniere: la criminalità albanese, l’organizzazione straniera sicuramente più presente e ramificata in ambito nazionale, caratterizzata da un continuo “reclutamento” di giovani leve e da un’elevata capacità di rinnovamento delle proprie fila. Come si legge nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia relativa al secondo semestre del 20172, “le evidenze investigative degli ultimi decenni hanno colto proprio nei traffici di droga la spiccata convergenza dei forti interessi, riposti in tale lucroso settore, dalle consorterie albanesi e dalla criminalità pugliese, anche in considerazione del posizionamento geografico dei due Paesi: gli scali portuali dell’Adriatico restano, inequivocabilmente, l’approdo privilegiato per i traffici illeciti dai Balcani”. La criminalità cinese, che si occupa, all’interno dei traffici di stupefacenti, in particolare di coltivazione di cannabis e di produzione di metanfetaminici, come lo shaboo. La criminalità sudamericana che è il punto di riferimento per l’importazione di cocaina, anche per la criminalità nazionale. “A tale scopo - si legge sempre nella relazione della DIA - i trafficanti provvedono al trasporto degli stupefacenti, sfruttando sia le rotte marittime che quelle aeree, anche attraverso i c.d. “corrieri ovulatori”. In tutti i casi, le investigazioni evidenziano sia una spiccata capacità di tali organizzazioni a far transitare i carichi od i corrieri per scali intermedi, (rendendone, così, più difficoltosa l’individuazione), sia costanti 1 Libera Bologna e Libera Informazione, Bologna crocevia dei traffici di droga, maggio 2018 2 Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° semestre 2017 2
connessioni operative tra narcotrafficanti di diverse nazionalità”. La criminalità nigeriana, che sempre più si occupa della gestione del trasferimento di droga dai Paesi di produzione o di transito verso l’Europa, secondo direttrici consolidate, per via aerea, marittima o terrestre. Il trasporto viene realizzato principalmente attraverso corrieri “ovulatori”, anche di altre nazionalità, con una notevole capacità di diversificare le rotte di ingresso e di avviare sinergie con altri gruppi etnici, di supporto per le altre fasi del traffico. Infine, la criminalità nordafricana che, oltre ad occuparsi di spaccio, con il monopolio in diversi territori italiani, importano, attraverso la Spagna, la droga proveniente dall’ovest del nord Africa, gestendo in piena autonomia tutte le fasi del narcotraffico, da quella dell’approvvigionamento e della distribuzione, fino allo spaccio al dettaglio. Sono tutte organizzazione criminali che troviamo anche nelle province emiliano-romagnole, insieme alle organizzazioni mafiose italiane, all’interno dell’enorme e mai in crisi business delle droghe. Ce lo ha ricordato anche la Commissione parlamentare antimafia della precedente legislatura nella sua relazione3: il mercato degli stupefacenti “continua a essere il più remunerativo”. Sempre secondo la Commissione parlamentare antimafia, nel mercato delle droghe ci sono tre elementi di novità: “il primo riguarda le tipologie di consumi e, nello specifico, l’incremento delle droghe sintetiche che trovano larga diffusione a fianco delle sostanze più tradizionali, quali cannabis, eroina e cocaina. Il secondo riguarda invece la “inedita centralità su scala internazionale della ‘rotta mediterranea’ ” che dall’Afghanistan attraversa il Medio Oriente e gli Stati africani (Africa Occidentale e Meridionale) a discapito della rotta balcanica (che passa dalla Turchia), recentemente assai meno battuta dai trafficanti in corrispondenza dell’inasprimento delle misure repressive e della diminuzione della domanda sul mercato europeo. La terza e più rilevante novità, soprattutto rispetto al panorama settentrionale, è rappresentata dalla crescente natura pluralistica del mercato della cocaina”. E allora, se davvero si vuole contrastare le mafie, bisogna prima conoscere come opera, dove e con quali modalità. Uno dei tanti campi è, appunto, quello del narcotraffico, con numeri, operazioni e aspetti che ci devono mettere in guardia su un fenomeno in continua crescita. 3 Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, febbraio 2018 3
I NUMERI DELLE DROGHE IN EMILIA-ROMAGNA Dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia4, frutto del lavoro di raccolta dei dati relativi all'anno 2017 da parte delle amministrazioni centrali e periferiche che si occupano di questo settore, emergono dati inquietanti relativi all’Emilia-Romagna. 1. Operazioni antidroga Nel 2017 sono state condotte 25.765 operazioni/attività antidroga, considerando solo quelle di esclusiva rilevanza penale, con un aumento di circa l’8% rispetto all’anno 2016. La regione Lazio, con un totale di 4.006 operazioni, emerge come valore assoluto rispetto alle altre regioni, seguita da Lombardia (3.591), Campania (2.264), Sicilia (2.059), Emilia Romagna (1.871) e dalla Puglia (1.770). 4 http://www.politicheantidroga.gov.it/media/2445/339911.pdf 4
2. SEQUESTRI Nel 2017, a seguito delle operazioni antidroga condotte sul territorio nazionale, sono stati sequestrati 114.588,60 kg di sostanze stupefacenti, con un aumento di circa il 60% rispetto al 2016. Il 29% dei quantitativi sequestrati (kg 33.126,97) sono stati intercettati presso le aree di frontiera (nel 2016, kg 21.968,24 corrispondenti al 31% del totale dei sequestri). La regione Puglia, con 34.941,96 kg di sostanze stupefacenti e 12.002 piante di cannabis sequestrate, emerge come valore assoluto rispetto alle altre regioni, seguita da Emilia Romagna (kg 15.366,42), Lazio (kg 8.611,78), Lombardia (kg 7.767,81), Marche (kg 6.290,70), Calabria (kg 4.688,89), Campania (kg 4.540,70), Piemonte (kg 3.586,13) e Veneto (kg 3.185,80). Rispetto al 2016, sono stati registrati aumenti consistenti nei sequestri nelle regioni Marche (+8.467%), Abruzzo (+2.272%), Emilia Romagna (+918%) e Trentino Alto Adige (+531). 2.1 Sequestri di eroina L’eroina venduta nel nostro Paese è prevalentemente di produzione afghana e viene instradata verso la Turchia e la penisola balcanica. I principali paesi di provenienza sono Pakistan, Olanda, Sudafrica, Belgio, Uganda, Kenya e Albania. I sequestri di eroina alle frontiere rappresentano il 25% del totale. I sequestri alle frontiere aeree sono stati di 123,35 5
kg, rappresentando l’82% del totale dei sequestri frontalieri. Gli aeroporti maggiormente interessati dai traffici di eroina sono stati quelli di Fiumicino (RM) con 58,48 kg, di Malpensa (VA) con 30,22 kg e di Capodichino (NA) con 14,67 kg. I maggiori quantitativi di eroina sequestrati sono avvenuti in Lombardia (kg 130,17), Veneto (kg 121,90), Campania (kg 68,52), Lazio (kg 65,10), Puglia (kg 54,98), Emilia Romagna (kg 54,04) e Abruzzo (kg 22,88) 2.2 Sequestri di hashish Il mercato italiano è stato rifornito prevalentemente dall’hashish proveniente dalla Spagna e dalla marijuana albanese. I sequestri di hashish e marijuana effettuati presso le aree frontaliere rappresentano rispettivamente il 6% e il 32% del totale sequestrato in ambito nazionale. In particolare, di tutti i sequestri di hashish e marijuana avvenuti in frontiera, rispettivamente il 79% e il 99% è avvenuto in ambito marittimo. I maggiori quantitativi di hashish sequestrati sono avvenuti in Lazio (kg 3.696,89), Campania (kg 3.460,14), Lombardia (kg 2.318,63) e Piemonte (kg 2.129,04). I sequestri più consistenti di marijuana sono stati effettuati in Puglia (kg 33.744,75), Emilia Romagna (kg 14.220,62), Marche (kg 6.196,02) e Lombardia (kg 4.555,50). 6
3. Domanda di trattamento Nel 2017 gli utenti in carico ai SerD sono stati 129.945, il 16% dei quali risulta trattato per la prima volta. L’età media dell’utenza trattata è 39 anni, mostrando un progressivo invecchiamento: il 53% dell’utenza in carico nell’anno ha 40 anni o più (8,5% del 1997). Il 63% è in carico per uso primario di eroina e il 21% di cocaina, mostrando rispettivamente un evidente calo e un aumento rispetto agli anni passati. I soggetti in trattamento presso le strutture socio-riabilitative private accreditate nel 2017 sono state 15.412, circa 500 in più rispetto al 2016. Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Umbria e Lazio mostrano tassi più elevati di soggetti in trattamento (3 per 10.000 abitanti). I soggetti tossicodipendenti presenti in carcere al 31 dicembre 2017 erano 14.706, pari al 25,5% dell’intera popolazione carceraria, senza sostanziali variazioni rispetto agli anni precedenti. In Liguria, Emilia Romagna, Veneto e Lombardia si registrano le quote più elevate di detenuti tossicodipendenti. Le regioni con la quota più alta di tossicodipendenti tra tutti i detenuti sono state Liguria (39%), Emilia Romagna (39%), Veneto (37%) e Lombardia (36%), mentre Calabria (8%), Valle d’Aosta (8%) e Piemonte (16%) registrano le quote più basse. 7
4. Decessi Nel corso del 2017, i decessi riconducibili all’abuso di sostanze stupefacenti rilevati dalle Forze di Polizia o segnalati dalle Prefetture sono stati 2945 , con un aumento pari al 9,7% rispetto al 2016, anno in cui i decessi droga-correlati sono stati 266. I decessi direttamente droga-correlati, a partire dal 1973 con l’unico caso segnalato in quell’anno, sono stati complessivamente 25.069. L’andamento iniziale, con tendenza crescente, trova spiegazione nell’espansione, soprattutto negli anni ottanta e novanta, nell'endemica diffusione dell’uso di eroina, la sostanza che ancora oggi figura come causa principale di eventi letali connessi al consumo delle sostanze stupefacenti Le regioni con il più elevato numero di decessi droga-correlati sono state Toscana, Lazio, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Campania. 8
Nella “benestante” Emilia Romagna si trovano “bene” anche gli spacciatori di Piero Innocenti5 In Emilia Romagna, anche quest’anno il narcotraffico continua ad essere la principale attività criminale, sempre la più redditizia. E questo nonostante un’azione di contrasto delle forze di polizia che si mantiene su buoni livelli ma che appare insufficiente a causa di una legislazione processual-penale inadeguata ad un fenomeno di tale straordinaria portata. Così proseguono le operazioni antidroga che nei primi nove mesi del 2018 sono state 1.124 in tutta la regione con in testa Bologna (287), Rimini (166), Ravenna (162), Modena (147), Ferrara (90), Reggio Emilia (80), Piacenza (74), Parma (71) e Forlì/Cesena (47). Improbabile, tuttavia, che si possano superare le 1.871 operazioni svolte nell’intero 2017 che è stato in numero maggiore degli ultimi cinque anni (il record decennale, 1.921 op., risale al 2009). Così come è difficile che si superino i 15.561,41 kg di stupefacenti sequestrati in tutta la regione l’anno passato considerato che, nei primi nove mesi del 2018, gli stupefacenti 5 Ex dirigente della Polizia di Stato, ha acquisito competenze nel contrasto al narcotraffico lavorando alla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, come direttore del Servizio Affari Internazionali e Servizio Operazioni Antidroga. E’ stato questore di Teramo, Piacenza e Bolzano e ha pubblicato diversi testi sulle mafie e sul narcotraffico. 9
intercettati sono stati 855,252kg (i dati, non stabilizzati, sono stati elaborati sulla scorta dei report mensili della DCSA). E’ pur vero che buona parte delle oltre 15 tonnellate sopraindicate sono attribuibili ai consistenti carichi di marijuana (più di 14 tonnellate) sequestrate sulle coste di Ravenna e di Ferrara, poco dopo lo scarico da gommoni provenienti dall’Albania e destinate anche ad altre “piazze”, e nel parmense (un carico in transito a bordo di un autocarro). Anche in tema di coltivazioni domestiche di cannabis, il 2018 sembra registrare un calo in regione con le 1.090 piante individuate (erano state 5.735 in tutto il 2017, con il picco, decennale, di 7.511 nel 2016). Naturalmente non si può escludere la scoperta di qualche serra di piante di marijuana in questi ultimi mesi. Relativamente ai sequestri complessivi di stupefacenti nel 2018, dopo Bologna con 362,913 kg e 340 persone denunciate all’autorità giudiziaria per traffico/spaccio, segue Rimini con 101,754 kg e 239 denunciati, quindi Modena con 67,580 kg (180 denunciati), Ravenna con 67,744 kg (183 denunciati), Forlì/Cesena con 67,580 kg (72 denunciati), Parma con 54,290 kg (149 denunciati), Ferrara con 49,613 kg (115 denunciati), Reggio Emilia con 46,811 kg ( 108 denunciati) e Piacenza con 13,530 kg (112 denunciati). C’è un dato del 2018 (ci riferiamo sempre ai primi nove mesi) sul quale riflettere ed 10
è quello della incidenza percentuale degli stranieri denunciati in ogni singola provincia emiliano romagnola che va da uno “stupefacente” 84% di Parma (126 stranieri sul totale di 149 denunciati), al 76% di Modena (138 stranieri su 180), al 72% di Ferrara (83 stranieri su 115). Anche le restanti province mantengono una percentuale ben al di sopra del 50% con l’esclusione di Reggio Emilia (il 49%, ossia 53 stranieri su 108 denunciati) ed in particolare Bologna con il 63% (216 stranieri su 340), Forlì/Cesena con il 58% (42 stranieri su 72), Piacenza con il 57% (64 stranieri su 112), Ravenna con il 56% (103 stranieri su 183), Rimini con il 56% (132 stranieri su 234). Una presenza, dunque, nel corrente anno, ancora considerevole di una manovalanza di stranieri spacciatori, in prevalenza marocchini, nigeriani e tunisini trovati spesso in posizione irregolare sul territorio nazionale, altre volte con permesso di soggiorno rilasciato per protezione internazionale, talvolta richiedenti asilo in attesa della definizione della loro posizione. Stando all’attuale trend, alla fine dell’anno, la percentuale degli stranieri denunciati in regione dovrebbe attestarsi sullo stesso valore del 2017 (poco più del 63%) quando furono denunciati 1.522 stranieri (il valore più alto degli ultimi cinque anni) sul totale dei 2.397 complessivamente denunciati. Si rifletta anche sul dato nazionale del 2017 che è stato del 39,69% degli stranieri sul totale dei denunciati, valore che appare in linea con quanto rilevato nei primi nove mesi del 2018. Nella stragrande maggioranza dei casi le denunce (circa il 97%) continuano a riguardare il reato di traffico/spaccio (art.73 del Testo Unico sugli stupefacenti) e solo una parte minima il reato di associazione finalizzata al traffico (art. 74). Va anche evidenziato come nel 2017 la provincia di Piacenza, con la denuncia all’autorità giudiziaria di 25 persone ex art 74 (attività svolta, per lo più, dai Carabinieri), sia stata quella in cima alla classifica regionale. La conferma, mi pare, di come con forte impegno e perseveranza si possano conseguire risultati di servizio significativi su fenomeni associativi criminali anche in contesti territoriali di minori dimensioni. In diminuzione ulteriore le denunce di donne all’a.g.; erano state 130 in tutta la regione nel 2017 (il valore più basso del decennio) ed anche nel 2018 la tendenza è al ribasso tenuto conto che, al primo ottobre, risultavano segnalate per traffico/spaccio una novantina di donne. Certo è importante indirizzare gli sforzi investigativi per colpire i sodalizi criminali responsabili dell’importazione di stupefacenti ma, allo stesso tempo, occorre,anche in questa regione, una straordinaria azione contro il cosiddetto “piccolo spaccio” che 11
“...costituisce la più evidente forma di manifestazione del fenomeno e che contribuisce ad alimentare la percezione di insicurezza dei cittadini con gravi conseguenze sulla sicurezza e sull’ordine pubblico” (DCSA, relazione annuale 2017). 12
“Loro non lavorano con la droga...loro sono diversi” Di Sofia Nardacchione “E’ un imprenditore...comanda tutta Reggio...loro mi fan fare un lavoro con le aziende, perché rappresentano 140 aziende eh...loro non lavorano con la droga eh...loro sono diversi”6. Diceva così Roberta Tattini, la commercialista bolognese condannata in via definitiva a 8 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Aemilia. L’imprenditore sarebbe Nicolino Grande Aracri, il boss della ‘ndrina emiliana al centro del maxiprocesso Aemilia. “Loro non lavorano con la droga...loro sono diversi”. Eppure al centro di Aemilia 1992, uno dei filoni di Aemilia, c’è proprio la droga. Secondo quanto emerge dalle inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia, Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero, uccisi nel ‘92 a Reggio Emilia e Brescello, furono eliminati perché pretendevano maggiore autonomia rispetto alla cosca madre - al cui capo c’erano prima i Dragone e poi Grande Aracri - per il traffico di droga in Emilia-Romagna. Per i due omicidi sono già stati condannati in primo grado i due imputati che hanno scelto il rito abbreviato: Nicolino Sarcone, condannato a trent’anni, e il collaboratore di giustizia che ha permesso di fare luce anche su questo caso, Antonio Valerio, condannato a otto anni. Affronteranno invece il processo ordinario, che inizierà il 12 febbraio 2019, Nicolino Grande Aracri, Angelino Greco, Antonio Ciampà e Antonio Lerose. “Loro non lavorano con la droga...loro sono diversi”. Eppure, tra i 189 capi di imputazione di Aemilia ci sono anche quelli che riguardano i reati in materia di stupefacenti, un’altra area di intervento illegale da parte di alcuni membri della consorteria criminale dediti all’attività di cessione di sostanze stupefacenti. E’, in particolare, Giuseppe Richichi, factotum di Michele Bolognino, ad aver organizzato e diretto l’attività di spaccio di stupefacenti, soprattutto di hashish, anche in grandi quantitativi. Richichi, che si è difeso dicendo che comprava hashish a Parma per fumarlo con alcuni amici, gestiva invece un vero e proprio traffico, collocandosi in un anello intermedio della catena distributiva e muovendo quantitativi non irrisori. “Loro non lavorano con la droga...loro sono diversi”. Eppure, tra i condannati in primo grado nel Processo Aemilia c’è anche Maurizio Cavedo, ex sovrintendente della Polizia di Stato, 6 Intercettazione dei Carabinieri alla commercialista Roberta Tattini nell’ambito dell’Operazione Aemilia http://www.bolognatoday.it/cronaca/ndrangheta-aemilia-intercettazioni-tattini-grande-aracri.html 13
all’epoca dei fatti in servizio presso la Polizia Stradale di Cremona, che si è messo a disposizione del sodalizio criminale, “utilizzando in modo costante il rapporto con gli altri associati come forma di allargamento della propria influenza nonché capacità affaristica e di inserimento nel sistema economico emiliano”. Cavedo, non solo partecipava attivamente e consapevolmente alla gestione delle “frodi fiscali” emettendo false fatturazioni e ricevendo bonifici di denaro, che successivamente ripartiva in direzione di ulteriori società riconducibili al sodalizio criminale; non solo si introduceva abusivamente nel sistema informatico denominato S.D.I. (Sistema di Indagine), in dotazione alle forze di polizia dando informazioni riservate inerenti a indagini sugli appartenenti al gruppo mafioso; ma è anche diventato un corriere di droga, ed è stato infatti arrestato in Venezuela, trovato all’aeroporto di Caracas con 13 chili di cocaina purissima, che sarebbe dovuta arrivare in Italia7. Le mafie cambiano, si evolvono, crescono, modificano campi e modalità di azione, ma il settore delle droghe rimane, spesso, uno dei settori principali di guadagno. Come si legge nella relazione della DIA relativa al 1° semestre del 20168, il settore del narcotraffico è una delle attività economico-criminali ad alta complessità organizzativa che potrebbero richiedere una sempre maggiore “coesione trasversale” tra camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra, “con una commistione di interessi la cui portata è tale da far prevalere la convenienza di una spartizione concordata dei profitti illeciti piuttosto che puntare a posizioni monopolistiche che potrebbero determinare situazioni di contrasto”. 7 Emanuela Gatti, Operazione Aemilia, estradato in Italia il poliziotto che diventò un corriere di droga, Il Piacenza, 2 agosto 2017 www.ilpiacenza.it/cronaca/operazione-aemilia-estradato-in-italia-il-poliziotto-che-divento-un-corriere-di -droga-per-la-cosca.html 8 Relazione della Direzione Investigativa Antimafia, 1° sem. 2016, p. 150 http://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/semestrali/sem/2016/1sem2016.pdf 14
FER RA RA
La criminalità organizzata albanese ha tracciato una nuova rotta marina che coinvolge anche Ferrara: a svelarlo sono state due operazioni antidroga effettuate dai Carabinieri a ottobre e novembre del 2016 che hanno portato al sequestro di oltre 5 tonnellate di marijuana trasportate su gommoni e scaricate lungo il litorale di Ferrara e di Ravenna. “La costa adriatica romagnola - ha scritto Piero Innocenti -, dopo quella pugliese e marchigiana, sta diventando di particolare interesse anche per la mafia albanese”9. Le due operazioni di cui sopra delineano le procedure criminali di un gruppo ben organizzato: per quanto riguarda l’operazione di ottobre, il confezionamento degli stupefacenti - oltre 2 tonnellate di marijuana e 10 chilogrammi di hashish, quantità che venduta al dettaglio avrebbe fruttato circa 20 milioni di euro - ha permesso di delineare le modalità del trasporto, dall’Albania all’Italia. I pacchi - come specificato nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia relativa al 2° semestre del 2017 - sono stati rinvenuti ancora umidi, con tracce di sabbia, legati tra loro con una corda e marchiati con lettere e simboli, ognuno con un galleggiante, lasciando intuire un verosimile, temporaneo abbandono in mare della merce, da parte dei trafficanti, finalizzato al successivo recupero. Ma un’altra importantissima operazione - di cui scrive in questa pubblicazione il giornalista Nicola Bianchi - aveva già svelato l’interesse della criminalità albanese per il traffico di stupefacenti, traffico che aveva come punto di snodo proprio i lidi romagnoli. 9 Piero Innocenti, Cenni sul narcotraffico a Bologna e in Emilia Romagna negli ultimi anni. Il contrasto delle forze di polizia, in ‘Bologna crocevia dei traffici di droga’ 15
Ferrara, una città “storica” per i traffici di droga Gli intrecci delle mafie nell’operazione Calemi di Nicola Bianchi10 La ‘roba’ partiva dall’Albania e dall’America Latina con destinazione Puglia, con punti di sbarco a Brindisi, Lecce e Bari. Poi su, in viaggio lungo le arterie dello Stivale facendo tappa alle porte di Ancona per cambiare corriere. E da qui via verso Ravenna, i Lidi romagnoli e infine lo ‘sbarco’ sul litorale comacchiese, terminal da cui partivano nuovi ‘cavalli’. E la ‘roba’ – marijuana ed eroina soprattutto ma anche cocaina – arrivava a fiumi, con punte anche di 100-200 chili piazzati alla volta. Era l’alba della nuova mafia albanese che, non tanto timidamente, stava allungando definitivamente i propri tentacoli nel ferrarese, puntando tutto su ‘cavalli’ autoctoni come braccia per lo spaccio. Eravamo alla fine degli anni ’90, precisamente tra il 1996 e il 1998. Anni importanti, quelli, dove papa Giovanni Paolo II veniva ricevuto a Cuba da Fidel Castro e condannava l’embargo americano per poi chiedere maggiore rispetto per i diritti umani. Con il governo di Belgrado che invadeva il Kosovo, aprendo una nuova politica di pulizia etnica contro la maggioranza albanese costretta a fuggire in massa verso Macedonia e Albania. Con le due bombe esplose nell’ambasciata americana a Nairobi e le sue 250 vittime, ma anche con l’ex dittatore Pinochet che veniva arrestato dalla polizia spagnola (era il 1998), e la Nazionale francese che vinceva il Mondiale di calcio in casa mentre il mondo festeggiava la nascita di Google. Tutto questo mentre, in un quartier generale dell’Arma di una cittadina di 132mila abitanti, si stava per portare a compimento un qualcosa di enorme nella lotta allo spaccio di droga. Il quartier generale era quello di via Carmine della Sala a Ferrara, i carabinieri del Reparto operativo e l’operazione prendeva il nome di ‘Calemi’, ancora oggi ricordata come l’indagine che portò alla luce il più grande traffico in terra estense. Negli anni i filoni della ‘Calemi’ diventeranno addirittura cinque, con oltre cento persone finite nella rete e centinaia di anni di condanna, un traffico di 400 quintali di eroina, hashish e cocaina, gestito con contatti della ‘ndrangheta, della Sacra Corona Unita e della nuova mafia albanese. “Da molti anni – così alcune dichiarazioni di un pentito rese nel 2001 – alcune tra le maggiori organizzazioni criminali del Sud, attraverso uomini di fiducia, hanno esteso il proprio ambito di operatività al di fuori dei tradizionali confini territoriali, sfruttando il soggiorno obbligato cui erano sottoposti alcuni dei loro appartenenti di spicco”. Tra cui 10 Giornalista de Il Resto del Carlino di Ferrara 16
proprio Ferrara e la sua provincia, nuova terra di conquista per i trafficanti di morte. “La Calemi – racconta un ex ufficiale dell’Arma in forza all’epoca in città – fu il punto più alto delle indagini del territorio e non solo. Vennero impiegati decine di uomini giorno e notte, gli stessi rinunciarono a lungo alla loro vita privata per arrivare all’obiettivo. E che obiettivo! Ferrara ancora oggi deve andare orgogliosa di quell’operazione e di quegli investigatori”. “La mafia albanese – spiegò nel processo del 2001, che vide 22 persone alla sbarra, un ex scafista della malavita albanese, già condannato a 15 anni in Puglia per spaccio, e considerato un pezzo da novanta del giro – ha garantito fiumi di droga e corrieri, mentre le organizzazioni italiane si sono occupate soltanto del business del traffico”. Nel 2001 il 33enne, Bruno H. aveva deciso di pentirsi e mettersi a disposizioni del pubblico ministero Nicola Proto, nell’occasione applicato alla Direzione distrettuale antimafia, con importanti rivelazioni. Fu proprio lui a tracciare la rotta della droga, che veniva imbarcata dall’Albania ma anche dall’America Latina, spinta fino ai nostri lidi, con destinazione finale Milano e Marghera. Spesso erano veri e proprio viaggi di scambio: hashish ed eroina per la ‘polvere bianca’, in quel periodo un vero e proprio lusso. Tra i momenti più alti delle indagini, tre episodi che portarono Reparto operativo e Dda ad accendere ancora di più i riflettori: maggio 1998, l’acquisto di 10 chili di eroina purissima in un colpo solo; inverno dello stesso anno, la vendita di 200 chili di marijuana e, pochi mesi dopo, altri 100 chili di ‘erba’, tutti piazzati tra Ravenna e la costa comacchiese in un amen. Nel 2008, la sesta sezione della Cassazione annullò la sentenza d’appello per l’associazione a delinquere della ‘Calemi’, ma le posizioni rimaste in piedi era ben poche in quanto per la grande maggioranza degli imputati le pene erano già definitive e ormai praticamente scontate. Secondo i giudici della Suprema Corte, comunque, il reato associativo non era adeguatamente motivato dai colleghi dell’appello i quali avevano confermato le condanne del tribunale di Ferrara. La ‘Calemi’ fece scuola e negli anni successivi furono altre le grandi operazioni antidroga portate a termine: a giugno 1999 la ‘Indiano’, poi la ‘Gary’ e la ‘Sioux’, che portò in manette un pericoloso cittadino albanese considerato il contatto con i narcos della Colombia, fino all’indagine denominata Jeanne D’Arc, conclusa con un blitz che vide in strada contemporaneamente 150 carabinieri per arrestare 20 soggetti (il ventunesimo indagato riuscì a scappare). Molti di loro, notissimi ai data base delle forze dell’ordine, erano già finiti dentro nel corso di un’altra storica indagine di dieci anni prima, la ‘Coca connection’, capace di mandare in galera alla fine degli anni ’80 decine e decine di persone. 17
Oggi, rispetto al passato, l’allarme droga nel ferrarese non è certo diminuito. Tutt’altro, come ribadito nel corso degli anni da questori e comandanti provinciali di Arma e Finanza che si sono succeduti. Sono mutate le tendenze, si è abbassata l’età media degli assuntori (anche a 12-13 anni) e degli spacciatori, bisogna fare i conti con la ‘nuova’ mafia, quella nigeriana, ed è terribilmente mutata la sostanza stupefacente. In una dose di cocaina, ad esempio, il principio attivo si aggira attorno al 22-23%, nell’hashish del 20%, ancora più basse le percentuali nell’eroina (15%) e nella marijuana (11-12%). “La maggior parte è chimica – spiegano fonti ospedaliere -, solamente una minima parte è stupefacente puro, mentre del resto spesso non sappiamo nemmeno l’origine”. E rispetto agli anni della ‘Coca connection’ o della ‘Calemi’, la differenza tra droga cosiddetta leggera e pesante non esiste più o, meglio, non è più così netta proprio per via dell’elevatissima presenza di componenti chimiche. Gli ultimi maxi sequestri nel nostro territorio, sono da pelle d’oca: nell’ottobre 2017 la Squadra mobile ha messo mano su 125 chili di marijuana, scoperti in via Marconi in un Tir carico di mandarini; sostanza che sarebbe stata traslata al quartiere Gad, per un valore sul mercato di un milione di euro (cinque gli arresti). Appena una settimana prima, il sequestro più grande di tutti i tempi per il nostro territorio (e nella top ten dei sequestri italiani): due tonnellate di marijuana (2041 chili oltre a 10 di hashish di cui sei di fumo e quattro in liquido) occultate in altrettanti furgoni spuntati nella pineta di Lido di Spina e fermati dai carabinieri. L’ultimo allarme arriva dall’eroina (l’ultima novità è quella gialla che in Veneto ha già portato a dieci decessi) che, prepotentemente, sta tornando sulla piazza. 18
Traffici e spaccio. Ferrara, un suk delle droghe? di Daniele Predieri11 Le inchieste sono in corso, difficilmente porteranno a risultati concreti: sui sequestri record di droga di quest’anno nel Ferrarese, corrieri e manovali scoperti hanno già chiuso il conto con la giustizia, i vertici dei traffici invece restano nell’ombra. Parliamo del carico di 2 tonnellate di hashish e marijuana scoperto ai Lidi e dei 120 chili bloccati in un magazzino di via Marconi qui in città. Così come tutti gli altri per decine e decine di chili di droga. Arrivata a fiumi, a Ferrara e provincia. Ma le tutte le relative inchieste non hanno ancora fatto il “salto”, non sono arrivate ai gruppi che organizzano i traffici. Quello dall’Albania, per le “balle” sigillate e impermeabili di hashish scaricati in mare e poi portati in spiaggia al Lido, è certa la provenienza, quasi certo che si tratti di un gruppo criminale, ma al momento solo uno dei “manovali”, è stato scoperto, un ragazzino di 19 anni Ronald Rapaj, condannato a 5 anni e mezzo di carcere, che non ha mai parlato. Non poteva farlo: dopo la difesa del legale d’ufficio nei primi momenti, è stato preso in carico da due penalisti di Torino. E ovviamente, pur con tutte le doverose cautele, qualcuno pagherà, per lui, le parcelle. Una organizzazione questa del carico di 2 tonnellate che aveva addirittura comprato il giorno prima dello sbarco i furgoni per il trasporto, in Toscana, e una volta che le balle di hashish erano ammarate e poi spiaggiate al Lido, andavano dritte nel Lazio. Quale può essere la lettura, dietro questo sequestro record? Che i gruppi di trafficanti albanesi abbiano tentato anche le nostre spiagge: il fatto che sia stato intercettato, per puro caso, questo carico può indicare - ad esempio, come congettura - che potrebbe anche non essere stato il primo. O ancora che dopo questo passo falso, non calcolato, abbiano preferito cercare altre spiagge e altro mare. Quello Ravennate, ad esempio, dove alcune settimane dopo venne intercettato un carico di altre 3 tonnellate. Insomma, è possibile che queste spiagge siano i nuovi punti di sbarco? Sì, ma gli inquirenti indicano che si tratta di casi diciamo così sperimentali. Ma allora Ferrara è diventato davvero l’Hub dei nuovi trafficanti? O ancora, è il suk, come l’avevamo indicato alla Nuova Ferrara, attirandoci le critiche (anche del sindaco e le sottovalutazioni del giornale concorrente, a vanvera visto che poi i carichi record si sono susseguiti)? Difficile sostenerlo. Senza risultati delle indagini, in corso ma in salita. 11 Giornalista de La Nuova Ferrara 19
E il filone spagnolo? Da quanto è dato sapere, al momento non vi sono sviluppi anche in questo caso. Cinque persone arrestate, tre albanesi e due spagnoli, e tutti condannati. Poi, dietro, il vuoto: e poche risposte sul perché il carico sia arrivato qui, spedito da chi. Una riflessione però si potrebbe fare. Cercando di dare una spiegazione al fatto, oggettivo che per tutto il 2018 non vi sono stati più nel Ferrarese sequestri record di questo livello. E allora perchè si sono registrati i carichi scoperti tra 2017 e inizio 2018, mentre in precedenza, parliamo di un paio di anni fa, nessuna operazione andò agli onori delle cronache? Forse perchè vi era una sorta di stand by investigativo contro la droga e non solo (vedi alla voce polemiche politiche su Gad e dintorni)? Carabinieri e Polizia per tanto, troppo tempo, in città, non hanno comunicato sequestri (anche non necessariamente record) anche solo di pochi chili. Poi, all’improvviso, l’intelligence si è come rimessa in moto e sono arrivati i primi risultati. Probabilmente i trafficanti hanno registrato questo cambio di passo, e dopo aver scelto Ferrara come città di smistamento, forse perché ritenuta più tranquilla, e non controllata, per una sorta di vuoto di controlli, anche solo del territorio (nessuna polemica, solo fatti), si sono dovuti ricredere e cambiare strategia. E’ una analisi suggestiva. Che vale come tante altre, ma che ha connotazioni oggettive. Perché sono i numeri della droga gli indicatori del traffico, e dietro questi occorre individuare gruppi criminali in attività. Con nomi, cognomi, ruoli e provenienze. E’ il caso dei nigeriani. Da decenni, Ferrara e al centro dell’attenzione per traffici di droga con la Nigeria. In passato, basti vedere le cronache cittadine, sono stati tanti gli esempi, tante le operazioni, tanto che già una 10ina di anni fa si parlava (dirigenti di polizia), in modo roboante di mafia nigeriana. Pur in assenza di numeri su droga, capitali di denaro riciclati, e dati di micro e macro economia locale. Ma esiste davvero, la mafia nigeriana, al di là dei proclami politici? Oggettivamente, no. Almeno, visto che per parlare di mafia occorre che vi siano indagini in tal senso, contestazioni associative che configurino gruppi, ramificazioni, poteri economici. Non è mai accaduto a Ferrara, alla procura di Ferrara nemmeno come ipotesi iniziali sono state mosse queste contestazioni e sono state compiute indagini: stando alle nostre informazioni. 20
Un esempio? L’inchiesta di Mafia capitale solo in secondo grado, in appello, ha avuto il riconoscimento dell’aggravante del 416 bis, associazione mafiosa, dimostrando collegamenti e interessi, economici. E allora, i politici che parlano di mafia nigeriana? Ovviamente, vi sono gruppi criminali in città, oggi meno forti di ieri sul fronte della prostituzione. Certo lo spaccio di strada c’è ancora, ma i Grandi numeri non ci sono. E soprattutto, fatto su cui non si riflette mai, nonostante le poche indagini preliminari (compiute in città) su alcuni personaggi nigeriani locali, non sono emersi patrimoni criminali, illegalità economiche, riciclaggio di denaro. Questo dicono i pochi atti giudiziari compilati. Altro possono ben “sparare” nei tweet e nei post sui social tutti coloro che vogliono ignorare, numeri, analisi e indagini. 21
Tossicodipendenze, tra prevenzione e riabilitazione di Sara Tanzarella e Linda Biavati Il problema delle droghe e della tossicodipendenza si configura come un fenomeno estremamente complesso, concreto e reale, anche nel nostro territorio. Il problema si fa sempre più frequente tra i giovani che, o per sentirsi adeguati, o per curiosità si affacciano sempre di più al mondo delle sostanze stupefacenti. Sono molti, inoltre, a sminuire, sottovalutare o addirittura non considerare la gravità del problema. L’assunzione di queste sostanze può portare anche a vere e proprie dipendenze, ma per fortuna, sia a livello nazionale che a livello territoriale, esistono servizi pubblici del Sistema Sanitario Italiano (ad esempio il SerT, servizio per le tossicodipendenze) che si occupano non solo della cura delle persone che hanno problemi con tali sostanze, ma anche della prevenzione e riabilitazione. In queste strutture la persona interessata ha a disposizione un’intera équipe di professionisti specializzati composta da medico, assistente sociale, psicologo, infermiere ed educatore in modo da lavorare in maniera più effettiva possibile, dedicando maggior tempo e impegno al paziente. Il progetto di fondo è quello di costruire una relazione forte ed efficace con il paziente basata su aiuto e contatto (anche prolungato negli anni) per cercare una via d’uscita e per tutelare il paziente alla ricaduta. Le persone che si rivolgono al SerT sono di tutte le età dalle prime fasce giovanili agli adulti più grandi. Il servizio è facilmente accessibile, gratuito e rispetta i diritti di anonimato del paziente. Una volta fatta richiesta, il primo incontro si basa su consulenza e conoscenza da parte del medico e dello psicologo: si cerca conoscere la persona e di ricostruire la sua storia. È importante capire quali problemi psichici o comportamentali (probabilmente preesistenti) ci siano dietro. Come si legge dai dati del Rapporto dell’Osservatorio sulle Dipendenze Patologiche12 del 2016, tra il 2013 e il 2016 nella provincia di Ferrara, le persone che si sono rivolte ai servizi sanitari per problemi legati al consumo problematico o alla dipendenza da stupefacenti o sostanze psicoattive sono passate da 2.114 a 2.421 con un incremento di periodo del 14,5%. Il fenomeno del consumo problematico e della dipendenza da sostanze ha subito importanti trasformazioni, in primo luogo la predominanza della poliassunzione, l’associazione dell’assunzione di sostanze psicoattive con la presenza di patologie 12 Rapporto 2016. Osservatorio Epidemiologico Dipendenze Patologiche, “Consumo problematico e dipendenze patologiche”, Ausl Ferrara 22
psichiatriche, il forte incremento della richiesta di trattamento da parte di soggetti con esperienza di gioco d’azzardo patologico. “La prevalenza della dipendenza patologica da droga nella popolazione generale - si legge nel rapporto - vede ai primi posti il distretto Centro Nord con un tasso di 4,13 per 1.000 e il distretto Sud Est con 3,97 tossicodipendenti ogni 1.000 residenti di età compresa tra i 15 e i 64 anni. Il fenomeno del consumo di droga nel distretto Ovest continua negli anni ad avere un impatto minore rispetto alle altre realtà territoriali, infatti si rileva un tasso di 2,90 tossicodipendenti ogni 1.000 abitanti di età compresa tra i 15 e i 64 anni, collocandosi così al di sotto della prevalenza media provinciale che è di 3,80 casi ogni 1.000 residenti”. Le sostanze primarie maggiormente consumate continuano ad essere: l’eroina utilizzata da 628 pazienti pari al 73,3%, per il 96,4% con la modalità d’uso endovenoso; la cocaina utilizzata da 123 pazienti pari al 14,4% (3,6% con uso endovenoso); la cannabis utilizzata da 90 pazienti pari al 10,5%. 23
Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è quello dei decessi per droga. Se nella provincia di Ferrara i decessi droga-correlati per overdose13 e avvelenamenti da sostanze stupefacenti dal 1999 al 2016 sono stati complessivamente 39, un picco c’è stato nel 2017 con quattro casi di overdose in venti giorni e in totale tre decessi, tutti per assunzione di eroina. Come aveva spiegato Salvatore Giancane, tossicologo dell’Ausl di Bologna e autore de “Il mercato globale dell’eroina”, in “Bologna crocevia dei traffici di droga”, l’eroina arriva solo tramite piccoli rivoli, che non riescono a garantire una fornitura costante e uniforme su tutto il Paese. L’eroina arriva quindi a ondate, con una domanda che supera l’offerta: quando arriva piccoli carichi - dall’Albania tramite la via dei Balcani, dal Pakistan o dalla Nigeria - c’è una migrazione di tossicodipendenti nel luogo in cui arriva, con le conseguenti overdose, come è successo alla fine del 2017 a Mestre e a Ferrara14. 13 http://www.geoverdose.it/ 14 Valentina Avon, Eroina, allarme per ondata di casi di overdose: il consumo cresce tra i giovanissimi, La Repubblica, 28 settembre 2017 24
RA VE NN A
RAVENNA, UN FACILE BERSAGLIO PER GLI UOMINI DELLA DROGA di Alessandro Cicognani15 La cocaina arriva dal Brasile, l’eroina dall’Afghanistan, mentre marijuana e hashish seguono la rotta dei Balcani. Viaggi lunghi migliaia di chilometri, che attraverso l’Africa o il Nord Europa arrivano infine a invadere le piazze dello spaccio italiano, tra cui anche Ravenna. Perché in fondo quello della droga è senza dubbio il mercato più globale al mondo. Non importa che si tratti di una megalopoli o di un piccolo paese di provincia, le sostanze stupefacenti vengono smerciate ovunque ci siano acquirenti ed è forse il solo consumo che sembra non vedere mai la crisi. Con oltre 650 chilometri quadrati di superficie, ma poco meno di 160mila abitanti, Ravenna è il secondo comune più grande d’Italia. Un territorio vasto, fatto perlopiù di case sparse e quindi complesso da monitorare, ma notoriamente ricco economicamente, facendone quindi un facile bersaglio per gli uomini della droga. Specialmente in estate, quando i suoi 35 chilometri di costa si aprono a turisti di tutte le età e le serate si accendono tra bar e discoteche. Una piazza importante, dunque, per tutte le compagnie criminali che sulla droga hanno fondato il loro impero. A Ravenna le risultanze investigative degli ultimi anni sembrano però aver tracciato un quadro abbastanza chiaro di chi si celi dietri il traffico delle sostanze stupefacenti. Un mercato, quello ravennate, in mano quasi esclusivamente alle mafie 15 Giornalista 25
straniere, che si sono nel tempo spartite i ruoli senza pestarsi troppo i piedi. Una sorta di convivenza pacifica, che vede i canali di approvvigionamento della droga in mano alla criminalità albanese. Con tutta la violenza che le etnie balcaniche portano con sé. Una violenza che viene tratteggiata anche da recentissime inchieste dei carabinieri di Ravenna. Un esempio importante arriva dall’indagine denominata “Amarcord” conclusa dai militari nel luglio di quest’anno e caratterizzata dai numeri imponenti. Sei arresti compiuti, 26 chili di droga sequestrati e un laboratorio per lo stoccaggio e il taglio delle sostanze. Un duro colpo a una banda che da Ravenna riforniva le piazze delle vicine Forlì, Cesena e Ferrara. Da Amarcord, che ha messo le manette ai polsi di cinque criminali albanesi e del pugliese Francesco Liuzzi, è appunto emersa anche la violenza. Perché l’indagine coinvolge un fatto di sangue del 16 maggio 2015, quando in tarda serata, nel parcheggio del pronto soccorso dell’ospedale di Ravenna, vennero esplosi ben dieci colpi di pistola addosso a un 32enne albanese, rimasto vivo per miracolo. Bene, dietro quella sparatoria c’era uno scontro tra bande rivali di albanesi e nordafricani per il controllo del territorio. Lo spaccio passa da whatsapp Da una parte, dunque, c’è l’approvvigionamento nelle salde mani degli albanesi. Gli unici capaci oggi di muovere ingenti quantitativi di droga. Dall’altra c’è lo spaccio su strada, che a Ravenna continua ad essere gestito, per la maggior parte, da stranieri di etnia tunisina. Non una vera e propria associazione criminale, ma piuttosto una corposa comunità che opera nelle aree di maggior transito, come la stazione centrale - dove tra l’altro si trovano la quasi totalità degli esercizi commerciali “etnici” della città, facendone un punto di aggregazione - e i parchi cittadini. Uno spaccio che, però, sempre più raramente avviene con il classico scambio a mano, ma con un passaggio indiretto fatto di simboli o peggio ancora a domicilio. Come rilevato dagli investigatori dell’antidroga, il contatto solitamente avviene via telefono con messaggi via whatsapp o tramite passaparola. Il cliente fa sapere allo spacciatore tipologia di sostanza e quantità, mentre quest’ultimo si occupa di nascondere la droga in un luogo ben determinato e segnalato. È così che la lattina vuota di una bibita abbandonata sopra un cabinato del gas diventa un simbolo: la droga è lì dentro. Allo stesso modo si tramutano in segnale due rami incrociati in un punto tra il terriccio di un fossato o un fazzoletto solo per caso abbandonato a terra. Ogni zona ha le sue peculiarità. Se la stazione e la storica Rocca Brancaleone di Ravenna (costruita nel XV secondo sotto il dominio veneziano) sono infatti i luoghi principali per lo spaccio di cocaina ed eroina, i parchi che si trovano nella cintura esterna rispetto al centro città sono punto di interesse per la vendita di marijuana e hashish. 26
Dallo spaccio tunisino sta però emergendo in modo sempre più prepotente un aspetto particolare. Ossia il volto che sempre più spesso si cela dietro questi criminali. Un volto spaventoso come quello dell’Isis. Già in quattordici a Ravenna sono stati arrestati o espulsi per presunto legami col terrorismo jihadista dal 2015. La particolarità è che la quasi totalità erano tunisini di El Fahs ed ex spacciatori delle principali piazze ravennati. Mafia nigeriana e mafia italiana Negli ultimissimi mesi Ravenna sta vivendo tuttavia anche nuove intrusioni. In particolari quelle di soggetti di etnia nigeriana. Per ora i numeri sono ancora esigui, appena qualche indagato per detenzione e cessione di modeste quantità di marijuana e hashish. Ma tutti sanno quanto in Europa le mafie nigeriane controllino buona parte del traffico di stupefacenti. Deve quindi far riflettere come mercoledì 22 novembre, nella vasta operazione della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari contro i clan nigeriani attivi in Sardegna, un affiliato dell’associazione sia stato rintracciato proprio a Ravenna. Samuel Onaghise, 45 anni, nigeriano, capace di organizzare decine di viaggi con ovulatori per il trasporti della droga, e membro, secondo le indagini, della “Calypso Nest”, clan legato al noto gruppo mafioso internazionale della “Supreme Eiye Confraternity”. Oggi come oggi, non sembra invece che le criminalità organizzate italiane siano interessate alla città di Ravenna, ma non è sempre stato così. Nel 2014 un gruppo criminale di Foggia, una frangia del clan Lucera in cerca di un loro territorio da comandare, cercò di prendere in mano la piazza ravennate dello spaccio. Quell’anno arrivarono in città armati fino ai denti, pronti a usare il fuoco per far valere le proprie ragioni. La Dda di Bologna, in quel caso, non perse tempo e dopo mesi di indagini, insieme alla polizia, riuscirono a bloccarli prima che a Forlì mettessero in atto un’esecuzione nei confronti di un affiliato che aveva sgarrato. L’anno prima, il 18 novembre, venne invece scovato e prelevato di forza Pietro Saponaro, mentre stava cenando in un ristorante di Lido di Savio, sulla costa Sud di Ravenna. L’uomo, membro della Sacra Corona Unita, aveva trovato rifugio in Romagna grazie all’appoggio di alcuni suoi connazionali, inconsapevoli che fosse ricercato per traffico di stupefacenti dalla Dda di Lecce. Le rotte di approvvigionamento Ma come arriva la droga a Ravenna? Una domanda che non ha una sola risposta, perché le indagini delle forze dell’ordine continuano a mostrare diverse fonti di approvvigionamento delle sostanze, anche se oramai sembrano ben definite alcune tratte. Parliamo della cocaina, che alle piazze ravennati arriva seguendo due strade, ma con un’origine identica. 27
La polvere bianca arriva infatti quasi tutta dal Brasile per poi snodarsi attraverso due rotte differenti. Da una parte il canale africano, passando per la Nigeria e poi da lì all’Italia risalendo il continente nero. Il canale europeo transita invece dalla Spagna, dove passo a passo avanza incessantemente fino alla nostra nazione e da lì anche Ravenna. Per quanto riguarda l’eroina è ormai noto come il principale esportatore sia a tutti gli effetti l’Afghanistan, arrivando poi sullo stivale tramite le rotte tracciate tra i balcani e riuscendo poi a passare attraverso varchi doganali. Infine marijuana ed hashish, che a Ravenna arrivano principalmente dall’Albania. Un caso, quest’ultimo, che merita approfondimento, perché le ultime operazioni di polizia dimostrano come il rifornimento non arrivi più via terra, ma piuttosto via acqua, con barconi approdati al largo dalle fazioni criminali e recuperati dai sodali che si trovano sulle nostre coste. È tenendo sotto strettissimo controllo i canali di rifornimento, infatti, che l’11 novembre dell’anno scorso i carabinieri di Ravenna, coordinati dagli uomini dell’antimafia, e in seguito persino a un conflitto a fuoco, sono riusciti a intercettare un carico di droga approdato a Lido di Classe. Una vera batosta assestata alla criminalità albanese, che ha permesso di sequestrate due tonnellate e mezzo di sostanze tra marijuana, hashish e olio di hashish. Secondo le stime avrebbe fruttato un giro d’affari da 20 milioni di euro. È così che riserve naturali protette, come quelle che fanno parte del Parco del Delta del Po, si trasformano in approdi per la droga. Oasi come le foci del Bevano o del Savio diventano i luoghi perfetti per lo scarico della merce, dato che le imbarcazioni possono arrivarvi senza dare troppo nell’occhio e seguendo segnali costruiti artigianalmente. “Rotte” lungo la costa tracciate con tappi e taniche dai colori sgargianti, poi fatti sparire. Magazzini e laboratori Tassello dopo tassello, inizia così a comporsi un quadro sempre più completo e complesso di cosa sia veramente la droga a Ravenna. Ma soprattutto il peso specifico che abbia per le compagini criminali straniere. La città romagnola è infatti un centro nevralgico e una pizza importante, che nessuno vuole perdere. Non è un caso che Ravenna, secondo i dati pubblicati a luglio dal Sole 24 Ore, sia al 12esimo posto in Italia per sequestro di stupefacenti. Manca tuttavia un ultimo punto. Ricostruito chi governa lo spaccio, come lo organizza, come si rifornisce e alcune delle principali indagini degli ultimi anni, resta da capire come e dove venga stoccata questa enorme quantità di stupefacenti. Magazzini abbandonati, abitazioni vuote, persino delle porcilaie sono stati scoperti come 28
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