DI QUI PASSO' FRANCESCO IO CI SONO PASSATO IN BICI! - Diario di un pellegrinaggio in bicicletta Camaldoli-Assisi-Loreto 30 Agosto - 5 Settembre ...

Pagina creata da Enrico Cipriani
 
CONTINUA A LEGGERE
DI QUI PASSO’ FRANCESCO…
IO CI SONO PASSATO IN BICI!
Diario di un pellegrinaggio in bicicletta Camaldoli-Assisi-Loreto
        30 Agosto - 5 Settembre 2009 † km percorsi: 600

                      di Simone Frignani
Sempre mi ha affascinato la figura del pellegrino: l’homo viator medievale che, sfidando l’ignoto, si
incamminava su strade sconosciute, spesso difficili e pericolose, restando per lunghi mesi lontano da
casa, spinto dall’unica volontà di rendere omaggio alle tombe dei santi o alle loro reliquie. Tre erano
le principali direttrici dell’antichità: Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela. Già, Santiago.
E’ proprio in Spagna, dove la figura del pellegrino è non solo conosciuta, ma tenuta in una
considerazione che sfiora quasi la venerazione, che posso dire di aver capito il significato profondo
del pellegrinare. Oltre al Camino de Santiago, che è il “pellegrinaggio nazionale” (San Giacomo è il
patrono di Spagna), ed il fenomeno numericamente più rilevante, vi sono una miriade di altri piccoli
pellegrinaggi locali. Perfino il paesello più piccolo ha in qualche momento dell’anno una sua
peregrinaciòn al santuario, cappelletta o chiesolina locale. Alle volte si assiste a spostamenti di
interi paesi, con migliaia di persone che camminano, pregano, mangiano e dormono insieme. Così,
senza mai andare a Santiago da pellegrino, ma vivendo per un po’ di tempo in questo Paese che
considero la mia seconda Patria, ho avuto la fortuna di prendere parte ad alcuni di questi
pellegrinaggi, tornando in Italia con il desiderio di scoprire se anche da noi fosse possibile
pellegrinare alla stessa maniera. Nella nostra Italia abbiamo mete di pellegrinaggio che nell’antichità
sono state importanti almeno quanto Santiago. Roma, in primis, culla della cristianità, poi Assisi,
dove si sono svolte le vicende più importanti della vita di San Francesco, insieme a molti altri
luoghi. Ciò nonostante, la via Francigena non è nemmeno lontanamente paragonabile al Camino de
Santiago per numero di pellegrini che la percorrono, mentre per quanto riguarda Assisi, a dire il vero
prima che lo stesso Francesco volesse condurmici per mano, non sapevo neppure che esistesse un
Cammino. L’incontro è stato di quelli fortuiti: ho trovato casualmente una biografia di San
Francesco, ricostruita sulla base delle Fonti Francescane, e sono rimasto profondamente affascinato
dallo stile di vita proposto dal Santo. Ho trovato il messaggio francescano profondo ed attuale nella
sua semplicità, e spirituale quanto serve all’uomo d’oggi; affascinato da Francesco e volendo
saperne di più, mi sono quindi imbattuto nell’ottimo “Di qui passò Francesco”, che è stata la molla
per partire sulle vie del Santo. L’unica limitazione al progetto che stava prendendo forma erano il
poco tempo a disposizione (una settimana) e la necessità di conciliare un pellegrinaggio a piedi, già
programmato, dal monte Falterona a Camaldoli insieme al gruppo scout di Formigine, con questo
nuovo pellegrinaggio che avrei compiuto in solitaria. La soluzione fu presto trovata con la scelta del
mezzo, che non poteva che essere la bicicletta: questa mi avrebbe infatti permesso di compiere il
pellegrinaggio in metà tempo rispetto a quanto necessario a piedi, e la partenza sarebbe stata dallo
stesso Eremo di Camaldoli, che, a parte i dislivelli, non è molto lontano dalla Verna (una quarantina
di chilometri). E così alla fine di Agosto, giunto a piedi a Camaldoli insieme ai miei amici e dopo
aver soggiornato due giorni al sacro Eremo in un clima spirituale e fraterno, là mi è stata portata la
bicicletta. Tecnicamente, ho scartato l’idea della mountain bike in considerazione del percorso
prevalentemente asfaltato e della necessità di percorrere un centinaio di chilometri giornalieri: ho
quindi optato per una bici da strada equipaggiata con portapacchi e borse laterali, più il necessario
per la manutenzione: pompa, due camere d’aria, toppe, set di chiavi, smagliacatena. Per avere la
massima indipendenza ho portato con me una tendina di due chili, gavetta e fornellino a gas per
cucinare. Con la mia bicicletta, che prendendo ispirazione dall’ideatrice del Cammino ho
soprannominato Angie, sono partito per questa avventura di 580 km. attraversando tre regioni
italiane. Mi ha accompagnato durante l’intero pellegrinaggio il Cantico delle Creature, o di Frate
Sole: non esistendo parole più belle ed appropriate per definire lo stupore che prova un pellegrino di
fronte alle bellezze del creato, ho voluto dedicare un verso di questo Cantico ad ogni giorno del mio
pellegrinaggio. Il racconto che segue è il mio diario.

Domenica 30 Agosto
Eremo di Camaldoli - La Verna km.40
Avevo previsto di partire un po’ per tempo ma ahimè piove, quindi decido di aspettare se
smette…nulla: c’è una pioggia fitta e persistente che non accenna proprio a diminuire! E’ così che,
atteso invano fino alle dieci, penso di non poter attendere oltre, pena di arrivare tardi alla Verna. Mi
congedo allora dai miei amici del gruppo di scout di Formigine, con i quali ho condiviso il cammino
di Camaldoli, e due bei giorni al Sacro Eremo. Mi congedano con questa bellissima preghiera-
augurio:

Buona Strada
Significa augurarti una vita piena di avventure!
Ma non si tratta di avventure verso terre remote, lontane... irraggiungibili!
Si tratta di un’avventura che ogni uomo può fare
quando costruisce la sua vita come una strada,
quando è disposto a rischiare sempre,
pur di non ripetere i suoi soliti passi....
Questa avventura segue i sentieri dello spirito,
attraversa i mari immensi della coscienza,
solca gli spazi infiniti della vita interiore,
non si stanca di superare gli ostacoli improvvisi
e finalmente intravede, raggiunge e si lascia avvolgere da una luce,
incontra una persona che mai poteva immaginare,
un Uomo, Dio ...
che da anni ha percorso con te questa interminabile strada
e da anni vuole incontrarti
per sussurrarti nel cuore che anche tu hai scritto il tuo Vangelo...
Il Quinto Vangelo!
La tua vita, i tuoi incontri, i tuoi deserti, la tua storia...
Buona Strada!
Già dalla prima curva dopo il sacro Eremo mi trovo immerso in boschi secolari: spazi infiniti di
bellissima faggeta. I soavi profumi del bosco, esaltati dalla pioggia, mi stimolano tutti i sensi,
inebriandomi. Sulla strada per il Passo dei Fangacci incontro un gruppo di cicloescursionisti che
fanno il cammino in senso inverso: vanno dalla Verna a Vallombrosa passando per Camaldoli, e ci
scambiamo gli auguri di Buon Cammino. Intanto continua a piovere e raggiungo il Passo…dei
Fangacci: di nome e di fatto! Una bella discesa mi accompagna poi fino a Badia Prataglia dove
smette di piovere ed esce un raggio di sole…frate Sole, tu sia benedetto! Ripulisco me ed Angie dal
fango, uno spuntino veloce e poi via, con destinazione il Monte Penna, sulle cui pendici si trova la
Verna, passando per i deliziosi paesini di Corezzo e Rimbocchi, ed arrivando alla fine alla Beccia,
dove si imbocca il sentiero pedonale che sale al santuario. Dall’eremo di Camaldoli alla Verna sono
in tutto quaranta chilometri di su e giù: i dislivelli da percorrere sono tuttavia compensati dalla
modesta distanza. Giunto alla Beccia, spingo Angie su per il pedonale che, se pur molto ripido,
permette di evitare cinque chilometri di strada asfaltata. Arrivato al Santuario della Verna,
raggiungo la foresteria dove suor Priscilla, la foresteraria mi chiede quale tipo di alloggio preferisca.

Le chiedo la sistemazione più essenziale possibile per rispetto allo spirito del luogo: allora mi
indirizza al convento della Beccia dicendomi che là c’è Suor Orsolina ad attendermi. Mi sistemo per
la notte nello stanzone comune, in cui ci sono i materassi (da portarsi il sacco a pelo), nelle stanze
attigue vi sono la cucina e un bagnetto (no doccia). Trovo la sistemazione ottimale, mi cucino la
cena e poco prima di coricarmi arriva un altro pellegrino, così almeno passeremo la notte in due: non
si può certo dire che il posto sia affollato!

Laudato sie mi Signore cum tucte le Tue creature specialmente messer lo frate sole lo quale è jorno
et allumini noi per loi et ellu è bellu e radiante cum grande splendore de te Altissimu porta
significatione
Lunedì 31 Agosto
La Verna-Pieve de Saddi km. 110
Per godere pienamente del clima mistico della Verna, mi alzo all’alba e salgo al Santuario quando
ancora non c’è nessuno. Il Santuario infatti apre alle 6,15 ed è un’esperienza che consiglio
vivamente se volete entrare in piena sintonia con la spiritualità del luogo.

Visito tutti i luoghi più significativi, partendo dall’antico oratorio di Santa Maria degli Angeli, eretto
dallo stesso Francesco. La Verna è uno dei pochi luoghi in grado di appagare contemporaneamente
mente e spirito. Qui infatti la presenza di Francesco è palpabile, e a ciò si aggiunga che ci troviamo
di fronte ad un vero scrigno d’arte: qui c’è tutto Andrea della Robbia, con autentici capolavori come
l’Annunciazione e la Natività, opere da lasciare senza fiato. Quanta delicatezza nelle figure, e quale
poesia nella rappresentazione!

Visito poi la Cappella delle Stimmate, chiostro quattrocentesco con affreschi della vita di San
Francesco; il Sasso Spicco; la grotta di San Francesco ed infine la basilica. Con la mente ed il cuore
pieni di tutta la suggestione e spiritualità del luogo, scendo alla Beccia dove, ripresa Angie, imbocco
la strada verso Caprese Michelangelo. Salterò il tratto Verna-Cerbaiolo-Pieve Santo Stefano, per
puntare direttamente su Sansepolcro, e questo mi farà guadagnare un giorno di viaggio. La strada
per Caprese è molto bella, tutta in mezzo a delicatissime colline, ed in costante discesa. Il paese
natale del grande Michelangelo Buonarroti è piccolissimo: vi si trova la casa natale, ora in
ristrutturazione, ed un piccolo museo. Proseguo quindi per Anghiari e da qui, raggiunte le sponde
del giovane Tevere, percorro una bella strada bianca che mi conduce fino a Sansepolcro. Mia
prossima meta è l’eremo di Monte Casale, dove Francesco operò la conversione dei briganti. Per
mia dabbenaggine, non seguo le indicazioni della guida ed imbocco a caso uno stradello che in
breve diventa sentiero e non porta da nessuna parte. Mi tocca tornare indietro e riguadagnare il
cammino grazie all’aiuto di un viandante in Vespa che mi rimette sulla giusta strada…tutta in
costante salita! Però ne vale la pena. Il sole del mezzogiorno è cocente e rimango presto senz’acqua;
davanti all’eremo è provvidenziale una fontanella di acqua freschissima, che mi ridà forza e vigore!

Ridisceso a San Sepolcro, non posso sottrarmi all’incontro con Piero della Francesca, che con la
Madonna della Misericordia, custodita nella Pinacoteca Comunale, tocca altissimi livelli di
espressività. Il viaggio prosegue poi per Città di Castello (prendo la strada diretta) e poi imbocco le
stradine che mi porteranno a Pieve de Saddi. Ha ragione Angela, quando scrive che qui l’Umbria è
al suo meglio! E seguo anche il consiglio che sarebbe bello fermarsi a dormire in questo luogo: ho
con me la tenda e lo posso fare! In realtà mi cala addosso la sera e non riesco a raggiungere la Pieve,
per cui mi fermo pochi chilometri prima. Mi sistemo in un bel prato, la temperatura è piacevolissima
e fuori si sta bene, mi cucino la cena poi mi godo lo spettacolo di un magnifico cielo stellato!

Laudato sì mi Signore per sora aqua la quale è molto utile et humile et preziosa et casta.

Martedì 1 Settembre
Pieve de Saddi-Assisi km. 100
Alzatomi all’alba, raggiungo in breve Pieve de’ Saddi dove c’è una fontanella: lì riempio le
borracce e faccio colazione. Il luogo è di antica e primitiva bellezza e su tutto vi regna una grande
quiete, interrotta soltanto da un pastore con il suo branco di pecore.

Vorrei fermarmi qui per un paio d’ore, ma la strada da fare è tanta ed Assisi mi attende. Così dopo
una breve pedalata raggiungo l’antica Pietralunga, e soltanto dopo parecchi saliscendi la mia vista
può spaziare sull’incomparabile spettacolo della medievalissima Gubbio. La cittadina possiede un
impianto medievale davvero unico: arrivando dalla strada principale la si ammira dal basso, e subito
appare come una città proiettata verso il cielo; ma è dall’alto, dall’eremo di Sant’Ubaldo che la
sovrasta, che si può apprezzare appieno la perfezione urbanistica di questa città. Passeggiare per le
strade di Gubbio è come fare un viaggio nel tempo: la scenografia medievale è talmente veritiera,
che ci si aspetterebbe di veder sbucare cavalieri in armatura ad ogni angolo di strada! Mi fermo in
città diverse ore per gustarne appieno l’atmosfera; salgo poi in teleferica all’eremo di Sant’Ubaldo
da cui si gode di una vista eccezionale.
Quando riprendo Angie sono già le cinque: non so se riuscirò ad arrivare fino ad Assisi, comunque
cercherò di avvicinarmici il più possibile. Passo dall’abbazia di Vallingegno; attraverso quindi
Biscina, Valfabbrica, Petrignano, e riesco infine a raggiungere Santa Maria degli Angeli dove
arrivo all’ostello Perfetta Letizia intorno alle otto. E’ stata una bella tirata ma ne è valsa tutta la
pena: c’è Angela in persona ad accogliermi, e con la pasta fumante già in tavola! Mangio con grande
appetito, poi ci si ferma a chiacchierare: siamo solamente in quattro pellegrini oltre ad Angela e agli
ospitalieri. Assisi…mia meta, finalmente ti ho raggiunta, domani la dedico a te! Durante l’intera
giornata la mia vista è stata allietata dai variopinti mantelli che rivestono la magnifica terra umbra:
non posso che dedicare questo giorno alla madre terra.

Laudato sì mi Signore per sora nostra matre terra la quale ne sustenta et governa et produce diversi
fructi con coloriti fiori et erba

Mercoledì 2 Settembre
Assisi-Bettona-Torgiano-Deruta-Assisi km.73

Dedico l’intera mattinata alla visita della basilica di San Francesco, composta da due basiliche
sovrapposte: quella inferiore e quella superiore, e comincio dalla cripta del Santo nella Basilica
Inferiore. E’ qui che Francesco riposa, attorniato da quattro dei suoi più fedeli compagni: il candido
e spirituale Rufino; il gagliardo ed eloquente Masseo; il cortese e gentile Angelo; il purissimo, ed
intimo del Santo, Leone. Francesco fu molto legato a questi compagni, come riportato nelle Fonti:
“E diceva che sarebbe buon frate minore colui che riunisse in sé la vita e le attitudini dei seguenti
santi frati: la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l’amore della povertà; la
semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità; la cortesia di Angelo, che
fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà; l’aspetto attraente e
il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto; la mente elevata nella contemplazione
che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione; la vistosa incessante orazione di Rufino, che pregava
anche dormendo e in qualunque occupazione aveva incessantemente lo spirito unito al
Signore”….(Specchio di perfezione, p.106). Tra le due scale che conducono alla cripta è collocata la
nicchia ove riposa la beata Jacopa de’ Settesoli, piissima nobildonna romana benefattrice del Santo e
conforto nelle sue ultime ore di vita alla Porziuncola. Francesco la chiamava affettuosamente Frà
Jacopa ed è a lei che Francesco indirizza una lettera commovente negli ultimi momenti di vita: “E
però se tu mi vuoi trovare vivo, veduta questa lettera, ti muovi e vieni a Santa Maria degli
Agnoli…E arreca teco panno di cilicio nel quale si rinvolga il corpo mio, e la cera che bisogna per
la sepoltura. Priegoti ancora che tu mi arrechi di quelle cose da mangiare, delle quali tu mi solevi
dare quand’io era infermo a Roma” (Fonti Francescane, p.1946) Commovente la scena del Santo,
che, dopo una breve ed intensissima vita fatta di penitenza e mortificazioni corporali, si concede in
punto di morte la gratificazione di “quei dolci” (i mostaccioli) che Jacopa aveva peraltro già
provveduto a preparargli, presentandosi alla Porziuncola prima ancora che il frate potesse uscire con
la lettera. Dopo la visita a questo luogo in cui i più intimi di Francesco riposano tutti insieme come
in un caldo abbraccio, ci si può lasciare trasportare dalla bellezza dell’arte che in queste due
basiliche tocca alcuni tra i massimi livelli di tutti i tempi nelle opere di Cimabue, Simone Martini,
Pietro Lorenzetti, Giotto solo per citare i nomi più noti. E’ tutta una profusione di arte sublime, e
dalle loro opere traspare il trasporto emotivo degli artisti nel rappresentare le scene della vita di un
santo che era già così profondamente popolare e popolarmente venerato al momento in cui le due
basiliche venivano affrescate. Tra gli affreschi della Basilica Inferiore vi sono alcune opere che mi
colpiscono particolarmente: il ritratto di San Francesco (particolare della “Maestà” di Cimabue), a
tutt’oggi considerato, anche secondo la testimonianza biografica di Tommaso da Celano, il ritratto
più attendibile del Santo nei suoi ultimi anni di vita; i mezzi busti di cinque santi coronati, attribuiti
a Simone Martini, tra i quali spicca, dallo sguardo triste e assorto, la bellissima figura ritenuta essere
Santa Chiara; la deposizione dalla croce di Pietro Lorenzetti, e la bellissima Madonna dei Tramonti,
così detta perché nel tramonto riceve la luce più bella. Salito alla Basilica Superiore, non posso non
restare emotivamente travolto dall’esplosione della sublime, innovativa ed incomparabile arte di
Giotto. Il ciclo giottesco della vita di San Francesco è considerato a ragione uno dei capolavori
pittorici dell’arte italiana: essendo le parole insufficienti per descrivere l’incomparabile bellezza e la
suggestione emotiva che infondono queste opere nell’attonito osservatore, ci si può unicamente
abbandonare a queste mura, e senza la benché minima fretta lasciarsi trasportare da tanta e tale
bellezza.
Quando esco dalla Basilica di San Francesco sono letteralmente stordito da tanta arte; sebbene
Assisi abbia ancora tantissimo da mostrarmi, penso sia meglio fare un giretto nei dintorni e
terminare domani la visita della città.

Tra gli obiettivi che mi ero posto per questo pellegrinaggio, c’era anche la volontà di reperire
un’immagine votiva di Madonna con Bambino da collocare nei pressi della casa scout di Frassineti,
nell’appennino modenese, stante la volontà del gruppo di realizzare una piccola Maestà per farne la
Madonna degli scouts, presso cui svolgere i momenti di preghiera. Dopo aver cercato ad Assisi
senza trovare nulla che mi convincesse, mi viene allora l’idea di recarmi a Deruta, che è tra i luoghi
più importanti d’Italia per la produzione di ceramiche artistiche. Ripassato per Santa Maria degli
Angeli, raggiungo dapprima Bettona, detta “il balcone etrusco” per via delle sue origini e per il fatto
di essere appollaiata su un colle in posizione molto panoramica; passo quindi per Torgiano, ridente
cittadina agricola in cui paiono confondersi i vigneti e gli oliveti; infine raggiungo Deruta,
annunciata da grandi orci decorati all’ingresso del paese. Qui è tutto un susseguirsi di laboratori
dove i maestri ceramisti si tramandano da secoli l’arte della decorazione delle ceramiche. Chi fa
questo mestiere ne va molto fiero, e mostrando il mio autentico interessamento vengo introdotto
all’interno di vari laboratori e posso vedere come nasce l’opera d’arte ceramica. E’ in uno di questi
laboratori in cui la mia attenzione viene catturata da una Madonna dallo sguardo dolcissimo che
tiene in grembo uno straordinario Gesù bambino: riccio e biondo da sembrare un cherubino. Al mio
interesse per l’opera, l’artista mi informa che si tratta della copia in ceramica dell’affresco La
Madonna del fanciullo di Bartolomeo Caporali, dipinta nel 1459. Si trova in una cappelletta ad un
paio di chilometri da Deruta, appena passato il Tevere, in località Fanciullata di Sant’Angelo di
Celle: mi faccio dare le indicazioni e ci vado. Mi faccio aprire dalla tabaccheria che ha le chiavi e si
trova proprio di fianco alla cappelletta: l’opera è molto bella e l’insieme trasmette un grande senso
di soavità; il mio pensiero corre a tutte le opere sconosciute (quante sono!) della nostra Italia.
Ritornato in paese, visito lo straordinario museo della ceramica, forse il più importante d’Italia, che
custodisce una grandissima varietà di ceramiche di Deruta fin dai primordi della sua tradizione
millenaria. Molto bella è la sezione sulle immagini votive. Sempre alla ricerca della Madonna degli
scouts, dopo aver girato più e più laboratori, trovo finalmente un’immagine che trovo istintivamente
adatta. Bene: missione compiuta. Torno allora all’ostello Perfetta Letizia con il cuore e la mente
piena delle belle cose che mi ha regalato la giornata di oggi.

Laudato sì mi Signore per frate vento et per aere et nubilo et sereno et omne tempo per lo quale a le
tue creature dai sostentamento

Giovedì 3 Settembre
S.ta Maria degli Angeli-San Damiano-Eremo delle Carceri-Rivotorto-Assisi km.30
Assisi-Spello-Colfiorito km.42
Alzatomi all’alba, dedico la maggior parte della giornata ad approfondire la conoscenza di Assisi,
per poi dirigermi nel tardo pomeriggio in direzione Marche verso la meta finale del mio
pellegrinaggio. La mia visita di Assisi non può che iniziare dal luogo dove tutto ebbe inizio: la
chiesa di San Damiano. Luogo di intenso misticismo, qui più che mai ci sembra di udire, alto e
vicino, il messaggio di Francesco: sarà forse per la così perfetta armonia fra la semplicità della
chiesuola e la grande, eterna semplicità della natura. Il volto del piccolo Tempio – quel tetto
spiovente su una cortina pietrosa appena interrotta da disadorne finestre, quell’umile porticato –
sembra voler simboleggiare la virtù più cara al Santo: Madonna Povertà. Per essa Francesco lottò,
vinse e fu luce del mondo. Povertà come volontaria ed eroica rinuncia al possesso, fonte di carità ed
amore. San Damiano accomuna nello stesso ricordo Francesco e Chiara. In quest’umile oratorio, già
esistente nel sec.XI, il Santo ricevette dalla voce stessa del Crocifisso (1206) la decisiva esortazione:
“Vai o Francesco, ripara la mia casa”! Sul momento Francesco non comprese bene il senso di questo
incitamento e, presolo alla lettera, per i successivi due anni si fece muratore e restauratore di chiese.
Sempre a San Damiano, dal 1212 e per 41 anni, fino alla morte, vi dimorò Santa Chiara, insieme a
sua madre Ortolana, alle sorelle Agnese e Beatrice, e alle numerose compagne. Fu questo il luogo
della loro cara e volontaria reclusione, il giardino da cui sparsero il profumo delle loro virtù.

Lasciato San Damiano con il cuore traboccante dell’intensa spiritualità del luogo, salgo ad Assisi e
da lì all’Eremo delle Carceri, che si raggiunge dopo una breve salita, addentrandosi per un po’
all’interno del Subasio. Guadagnando in altezza, si apre sempre più la vista sulla bellissima pianura
sottostante. Come San Damiano, l’Eremo delle Carceri è uno dei luoghi dove lo spirito francescano
parla con più efficace immediatezza. Era il “carcer”, ritiro di Francesco e dei suoi compagni,
l’unico, tra i molti che fiorirono per gli eremiti sul Subasio fino al sec.XV, che sia giunto fino a noi,
grazie alla continua presenza francescana. Il luogo solitario, annidato nel cuore della selva, interessò
Francesco già nel travaglio della sua ricerca giovanile. L’attraeva la caverna scoscesa che s’apriva
alta sul borro; subito dopo la conversione, vi fece l’esperienza della vita eremitica, e sempre qui si
svolgono alcuni episodi dei Fioretti (capitoli 3,9,29). Come per San Damiano, vale la pena salire qui
su di prima mattina, quando si può meglio assaporare lo speciale ed intenso misticismo del luogo.

Ridisceso ad Assisi, prendo la strada in discesa che in breve mi conduce al santuario di Rivotorto,
che si trova in campagna non lontano da Santa Maria degli Angeli. Ai tempi di Francesco qui era
presente un lebbrosario, e fu qui che nei primi mesi del 1209 vi si ritirò il Santo con i suoi primi
seguaci: Bernardo da Quintavalle, Pietro Cattani, Egidio, Sabbatino, Giovanni dalla Cappella,
Morico, Giovanni da S.Costanzo, Bernardo di Vigilante, Barbaro, Angelo Tancredi e Silvestro. Qui
la piccola società si sosteneva con la prestazione di lavoro agricolo per i vicini coloni e, solo in
mancanza di altre occupazioni, con la questua. I principi di vita erano nel cuore di tutti, ma il Santo
comprese che era necessaria una Regola scritta che li sancisse in modo inequivocabile, e che doveva
valere per chiunque avesse scelto di appartenere alla loro comunità: divenne Regola di un Ordine
religioso, che fu quello dei Frati Minori. Fu quindi da Rivotorto che i dodici compagni partirono per
sottoporre questo loro codice di vita a Innocenzo III che, a voce, l’approvò. Due anni forse durò la
dimora dei Frati a Rivotorto, finchè nel 1211 (anche per la villania di un asinaio) si trasferirono alla
cappella della Porziuncola. Rivotorto rappresenta dunque il momento iniziale, il più difficile ed
eroico – anche per lo scherno e l’incomprensione della società – della vita francescana in comune.
Con lo spirito già rinfrancato dalla visita mattutina di questi santi luoghi, ripasso dall’ostello Perfetta
Letizia dove carico Angie delle borse che avevo lasciato qui, così ne approfitto per salutare Angela e
ringraziarla della perfetta e squisita ospitalità.
Dedico poi il resto della mattinata alla visita della monumentale basilica di Santa Maria degli
Angeli contenente al suo interno la piccola, intima ed emozionante cappella della Porziuncola. La
sensazione che si prova alla visita di Santa Maria degli Angeli è strana ed ambigua. Alla
monumentalità della basilica si contrappone, per dirla in modo francescano che ben rende l’idea, la
minorità della Porziuncola. Se da un lato la basilica stupisce per grandiosità, quasi a voler
sottolineare l’onnipotenza di Dio, trovo che dall’altro la squisita intimità della Porziuncola voglia
comunicarci l’idea dell’umanità del Dio che si è manifestato agli umili ed ai puri di cuore. Francesco
amò questo luogo al di sopra di ogni altro; qui si svolsero le vicende più importanti dell’Ordine da
lui fondato e da qui prese l’avvio la straordinaria avventura di Chiara. La Porziuncola è dunque un
luogo-chiave nella storia del francescanesimo. Ai tempi di Francesco questa cappellina sorgeva in
mezzo a un bosco e fu a lui donata dai benedettini del Subasio. Il nome Porziuncola si riferisce alla
cappella stessa: così minuscola da poter essere considerata come piccola porzione di qualcosa.
Quale luogo meglio di questo poteva esprimere l’ideale minoritario di Francesco? A lui piacque
subito e la scelse come sua sede prediletta, trasferendosi qui con i suoi fraticelli dopo la dimora a
Rivotorto. Nel bosco, Francesco fece costruire le prime cellette francescane e restaurò
personalmente la sua cappella in rovina. Qui venne accolta, la notte della Domenica delle Palme del
1212, Santa Chiara, fuggita dalla ricca casa paterna per iniziare – recise le chiome – la sua vita di
sacrificio e di povertà. Durante il periodo delle missioni, la Porziuncola fu il punto di incontro del
frati dell’Ordine, prima e dopo i loro viaggi nelle più lontane terre. Nel Luglio del 1216, dopo una
visione miracolosa qui occorsagli, il Santo istituì la festa del Perdono (che si celebra il 2 Agosto e
per la quale viene concessa l’Indulgenza a tutti coloro che, confessati e comunicati, visitano la
chiesetta). Intorno a questa cappella, nel bosco e nella pianura circostante si radunò, nella Pentecoste
del 1219, il famoso capitolo detto “delle stuoie” perché tali furono i giacigli per i 5.000 frati qui
convenuti. Essa dunque ci ricorda la piena maturità del francescanesimo, la definitiva conquista del
suo mondo morale, la diffusione nel mondo dell’Ordine e il suo perfezionarsi come società religiosa.
La visita della basilica prosegue con la Cappella del Transito: fu qui che Francesco passò a celeste
vita, e fu sua precisa volontà incontrare qui e non altrove sorella Morte la sera del 3 Ottobre 1226,
non prima di averne cantato le lodi. Laudato sì, mì Signore, per sora nostra Morte corporale, da la
quale nullu homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli
ke trovarà nelle Tue santissime voluntati ka la morte seconda no’l farrà male. Furono gli stessi
Angelo e Leone ad eseguire davanti al loro Padre, estasiato, l’ultima versione del Cantico. Dal
transetto destro della basilica si passa alla sacrestia e di lì a un corridoio ed un porticato dal quale è
visibile a sinistra il roseto, dove crescono eccezionalmente rose senza spine e con foglie
leggermente arrossate. Questa straordinaria fioritura ebbe inizio quando, una notte d’inverno, San
Francesco volle punire il proprio corpo tentato dal demonio, gettandosi nel rosaio. Da allora le rose
persero le spine e le foglie, spruzzate dalle stille di sangue, si colorarono di rosso. Lasciata anche
Santa Maria degli Angeli, risalgo ad Assisi per un ulteriore sguardo di insieme (la città è magica ed
è davvero difficile riuscire a partire) e per la visita della Basilica di Santa Chiara. La Basilica, di
stile gotico, fu iniziata nel 1257, appena due anni dopo la canonizzazione di Santa Chiara. In tale
anno le Clarisse, sino allora ospitate in S.Damiano, ottennero per sé – cedendo la loro chiesa al
capitolo del duomo – la chiesetta di S.Giorgio. Questa era stata fra le predilette chiese di
S.Francesco, che vi ricevette la sua istruzione religiosa. Il Santo venne qui temporaneamente sepolto
alla sua morte, e canonizzato, dopo appena due anni, da Gregorio IX. La nuova grande chiesa,
aggiuntasi alla piccola di S.Giorgio, che venne incorporata nel convento femminile, ebbe
compimento intorno al 1260, anno in cui vi fu trasportata la salma di Santa Chiara, e fu consacrata
nel 1265 dal papa Clemente V. L’interno della Basilica ricorda architettonicamente quello della
Chiesa superiore di S.Francesco ma ha maggiore slancio verso l’alto. Nel braccio destro della
Basilica si apre la Cappella del Crocifisso, dove è conservato il Crocifisso, su tavola del XII secolo
che nella chiesuola di S.Damiano indicò a Francesco la sacra missione della sua vita. Usciti dalla
cappella, si scende per una scaletta alla cripta, ove riposa la salma di Santa Chiara, visibile
attraverso una grata.
Uscito dalla Basilica di Santa Chiara e non riuscendo proprio a partire dalla città di Assisi della
quale avverto un tremendo fascino mistico, ripercorro le vie centrali, e lasciatomi guidare dalla
guida di Angela, visito sia l’Oratorio dei Pellegrini che la Chiesa di Santo Stefano. Nell’Oratorio,
l’affresco della confraternita di San Giacomo raffigurante il miracolo del gallo di Santo Domingo
della Calzada mi mette addosso un grande irrefrenabile desiderio di andare a Santiago da pellegrino;
trovo poi bellissima la piccola chiesa di Santo Stefano, peccato che versi in cattivo stato di
conservazione. Il mio pensiero corre subito a Francesco: se ci fosse stato lui, non avrebbe esitato un
istante per mettersi a restaurarla! Giunto ormai al tardo pomeriggio, a malincuore mi devo
congedare da Assisi. Percorro la lunga discesa che dalle falde del Subasio mi conduce verso la
pianura, mentre nella mente mi risuonano i versi danteschi: “Di questa costa, là dov’ella frange più
per sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo tal volta di Gange. Però chi d’esso loco
fa parole, non dica Ascesi, chè direbbe corto, ma Oriente, se proprio dir vuole.” (Paradiso XI, 51-
53) Ben si conviene chiamare Assisi oriente, poiché da essa è nato un sole il cui splendore, a
distanza di 800 anni dal suo sorgere, è oggi più vivo e fulgido che mai!

Così procedo ad intraprendere la parte conclusiva del mio Cammino, che mi porterà alla costa
adriatica. Fino a questo punto del viaggio non avevo per la verità ben chiaro dove avrei terminato il
mio pellegrinaggio: sapevo che sarei rientrato in treno da Ancona o dintorni, però senza che la meta
fosse ben definita. Se non che, lasciata Assisi e procedendo verso Spello, mi imbatto in una
minuscola borgata il cui cartello riporta un toponimo composto di cui non ricordo la prima parte; ciò
che però ricordo, e bene, è il secondo nome, che è…Loreto! Ecco l’evidenza, non poteva esserci
meta più sensata di questa: com’è che non ci avevo pensato? Istantaneamente, non ho più alcun
dubbio: il mio pellegrinaggio terminerà al Santuario della Santa Casa di Loreto. Travolto dalla
spiritualità di Assisi, mi era del tutto sfuggito di fare benedire la Madonna degli Scout, quella di
Deruta: a questo punto non ho più dubbi sulla volontà divina che essa venga benedetta a Loreto.
Quale migliore luogo di un Santuario Mariano, oggetto di un culto e venerazione straordinaria nei
secoli, per benedire la Madonna degli scout? Molto incoraggiato da questo segno, metto quasi “le
ali” alle gambe che, a partire da Spello di cui compio una brevissima visita, mi porterà in un paio
d’ore di costante salita ad affrontare il tratto appenninico fino al valico di Colfiorito. Non seguo la
strada più trafficata che sale da Foligno, bensì una strada secondaria parallela alla Flaminia fino al
bivio per Capodacqua; attraversato poi il fiume Topino intraprendo la salita che mi condurrà a
Capodacqua e di qui a Colfiorito. A Capodacqua mi si manifesta la Provvidenza. Fermatomi al
bordo della strada, mi metto a parlare con un contadino, che venuto a conoscenza del pellegrinaggio
che sto compiendo, mi riempie le sacche di fichi, pomodori e cetrioli e mi saluta dandomi la sua
benedizione. Compio l’ultimo tratto tutto di salita che mi porterà al valico immerso in profondi
pensieri sulla Divina Provvidenza, che nel pellegrinaggio si manifesta in modo prodigioso. Arrivo
infine al valico di Colfiorito che è già notte, ma una notte tiepida ed illuminata da una grandissima
luna piena che arriva perfino a proiettare ombre! Così monto la mia tendina nel mezzo di un vasto
altopiano in cui si stenta a percepire la presenza umana. E tutto è natura e silenzio, mi sento in totale
ed assoluta armonia con il creato e non posso trattenermi dal rendere grazie con una lode che sale
dal profondo del cuore:

Laudato Sì mi Signore per sora luna e le stelle in celu l’ai formate clarite et preziose et belle.

Ed un'altra, profonda e bellissima che lo stesso Francesco compose e donò a Frate Leone quale suo
dono più caro:

LODI DI DIO ALTISSIMO

Tu sei santo, Signore Dio unico che fai cose stupende.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei Altissimo.
Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre Santo,
Re del cielo e della terra.
Tu sei trino e uno, Signore Dio degli dei.
Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene,
Signore Dio vivo e vero.
Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà.
Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza.
Tu sei pace. Tu sei gaudio e letizia.
Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia.
Tu sei temperanza.
Tu sei in sovrabbondanza ogni nostra ricchezza.
Tu sei bellezza. Tu sei mitezza.
Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro.
Tu sei fortezza. Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza.
Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità.
Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna,
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso salvatore.
Venerdì 4 Settembre
Colfiorito – Montefiore di Recanati km.127
Mi alzo prima dell’alba, smonto la tenda e parto da Colfiorito non appena frate Sole comincia a
rischiarare i campi: oggi mi attende tanta strada. Percorro in tutta la sua lunghezza il bell’altopiano
fino ad entrare nelle Marche in corrispondenza dell’imbocco della bellissima e solitaria Val
Sant’Angelo che percorro in tutta la sua lunghezza; una discesa mozzafiato mi conduce poi
attraverso i bei paesini di Fiume e Pieve Torina; infine, passando da Muccia, arrivo a Camerino.
Bella città universitaria ai piedi dei monti Sibillini, vanta numerosi luoghi d’interesse: il palazzo
ducale, sede dell’Università fondata nel 1727, con gli annessi musei archeologico e numismatico, la
biblioteca Valentiniana e il giardino botanico. Quindi il duomo, imponente costruzione romanica
rifatta nel XIX sec, il cinquecentesco palazzo arcivescovile ed il convento di San Domenico. E’
assai piacevole fare una passeggiata in città gustandone il clima giovane e colto; in un itinerario
francescano non ci si può poi esimere dal visitare, ad un paio di chilometri ed in mezzo a fitti
castagneti, il convento di Renacavata, che fu prima culla dell’ordine dei Cappuccini. Ecco come
andarono le cose. A Camerino trovarono rifugio nel 1526 frà Matteo da Bascio, propugnatore della
riforma, e i suoi seguaci Lodovico e Raffaele Tenaglia, fuoriusciti dal convento di Fossombrone.
Grazie all’appoggio di Caterina Cybo da Varano, reggente del Ducato e nipote di papa Clemente
VII, i tre frati vinsero la loro battaglia per un ritorno all’essenzialità francescana, pietra di volta del
nuovo Ordine, e nel 1531 stabilirono a Renacavata la loro prima sede ufficiale. Il museo storico
cappuccino, attiguo al convento, ripercorre la storia dell’Ordine. Lasciata Camerino, la strada è
ancora tutta in discesa fino a San Severino Marche, cittadina molto bella sulle sponde del fiume
Potenza. Anche qui i luoghi d’interesse non mancano, essendo molto ricca di chiese e monasteri, e
sovrastata da una rocca dalla quale si può ben cogliere il bell’impianto urbanistico. Dopo aver
pranzato e riposato un po’, continuo la mia discesa verso l’Adriatico per stradine secondarie e
semideserte che costeggiano per un buon tratto il fiume Potenza, fino alla bella Pieve romanica di
Santa Maria di Rambona, immersa nella bella campagna circostante. Tornato alla strada principale e
presa una deviazione a sinistra, imbocco la salita che mi conduce fino alla cittadina di Treja, ricca
di testimonianze storiche. Oltre alle mura del sec.XIII vi sono il duecentesco campanile di San
Marco, la chiesa gotica di San Francesco e quella di San Michele. Del rinascimento rimangono
l’ospedale vecchio e il palazzo municipale. Non trovandosi poi molto lontano da qui, faccio
un’ulteriore deviazione per raggiungere il convento di Forano, che al tempo di Francesco doveva
rivestire una qualche importanza nell’allora Marca di Ancona, visto che per due volte viene citato
nei Fioretti (Capitoli 42 e 44).

Anche se il convento è chiuso per ristrutturazioni, le colline circostanti sono molto belle e vale la
pena passarci: anche perché si passa per alcuni paesini pittoreschi, come Montecassiano e
Montefiore, contornati da dolcissime colline in cui si produce il Verdicchio dei Castelli di Jesi.
Arrivo a Montefiore di Recanati all’imbrunire, e nel minuscolo borgo si sta preparando la festa
della polenta. Penso che sia un’ottima idea quella di pernottare qui: non potrei terminare in maniera
migliore il mio Cammino! Piantata la mia tendina appena fuori dal borgo, mi unisco alla bella festa
in cui si mangia, si beve e si balla sulle note di un’orchestrina improvvisata. Il minuscolo borgo,
ubicato su una collina da cui si domina l’intera valle, è pittoresco e sormontato da una torre; la notte
e tiepida ed un’enorme luna piena rischiara quasi a giorno le circostanti colline coltivate. In
lontananza, si scorge la sagoma delle montagne da cui sono disceso, e in direzione opposta le vaghe
luci di Recanati. Fermatomi per un attimo a contemplare questo spettacolo, di colpo capisco ciò che
cosa intendeva e provava Leopardi allo scrivere: D’in su la vetta della torre antica, Passero
solitario, alla campagna Cantando vai finchè non more il giorno; ed erra l’armonia per questa
valle. E: Dolce e chiara è la notte e senza vento, E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti Posa la
luna, e di lontan rivela ogni montagna. Ed, ancora: O graziosa luna, io mi rammento che, or volge
l’anno, sovra questo colle Io venìa pien d’angoscia a rimirarti: E tu pendevi allor su quella selva
siccome ora fai, che tutta la rischiari. La serata si conclude in una profusione di poesia: così tra
questa Immensità s’annega il pensier mio, e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Laudato sì, mi Signore, per frate focu per lo quale ennallumini la nocte et ellu è bellu et jocundo et
robustoso et forte.

Sabato 5 Settembre
Montefiore – Loreto – Ancona km.82
Inizio l’ultima giornata del mio Cammino raggiungendo Recanati, e davvero non posso esimermi
dal recarmi a Casa Leopardi e visitare il colle dell’Infinito. Oltre ai ricordi leopardiani, Recanati è
una bellissima cittadina in cima a un colle da cui la vista spazia sulle colline circostanti e sul blu del
mare adriatico appena sotto. Ancora una pedalata giù per una discesa mozzafiato, di nuovo su per
una breve salita e finalmente raggiungo la meta finale del mio Cammino: sono a Loreto! All’inizio
del mio pellegrinaggio, non pensavo che avrei fatto così tanti chilometri: con approssimazione, ne
avevo calcolati poco più della metà. Ma il percorso è stato tutto così interessante che le deviazioni
hanno cominciato ad accumularsi e ad incidere significativamente sui chilometri….ma ne è valsa la
pena, lo rifarei tutto al contrario! A Loreto si venera la Santa Casa di Maria di Nazareth: secondo la
tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Terra Santa, le pareti in
muratura della casa della Madonna furono trasportate “per ministero angelico” prima in Illiria,
nell’odierna Croazia e poi nel territorio di Loreto, il 10 Dicembre 1294. Entro quindi nel piazzale
della basilica e con un’espressione trionfale, raggiante in volto, ne percorro l’intero perimetro con la
mia fedele Angie, che non mi ha mai tradito durante tutto il Cammino. Quindi, presa la Madonna
degli scouts, compio l’ultimo atto affinché il mio pellegrinaggio possa dirsi concluso: la
benedizione. Che è doppia: quella dei pellegrini durante la messa, e la benedizione dell’immagine
della Madonna proprio di fronte alla Santa Casa di Maria.

Mi trattengo ancora un po’ nella basilica per entrare totalmente nello spirito del luogo, quindi mi
dirigo verso la sacrestia per un dovere di rito: far apporre l’ultimo timbro alla credenziale. Il mio
pellegrinaggio finisce qui: non mi rimane che raggiungere Ancona da cui prenderò il treno che mi
riporterà a casa. Non prima però di toccare le spiagge dell’Adriatico ed avere passato il Monte
Conero. Sul finire del pellegrinaggio, un ultimo segno della Provvidenza: ormai esausto dalla lunga
strada percorsa, un ciclista si fa mettere in scia, risparmiandomi una buona metà della fatica. E così
che da Sirolo dopo una breve pedalata in ottima compagnia, arrivo fino alla stazione di Ancona da
cui prendo il treno che mi riporta a casa.

Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate et serviateli cum grande humilitate.

                              Alcuni stralci dai miei appunti di viaggio:

    ( da una mia riflessione) Durante il pellegrinaggio avvengono miracoli! O forse i miracoli
    avvengono tutti i giorni sotto i nostri occhi, ed il pellegrinaggio ce li rende soltanto visibili,
                        trovandoci in quel momento in piena grazia di Dio?

(da una pellegrina spagnola, scritto su un foglio appeso alle pareti dell’ostello Perfetta Letizia) “No
  es feliz el que màs tiene, sino el que menos necessita”: Non è felice chi ha di più, ma chi di meno
                                               necessita.

      (il ricordo-dedica di una pellegrina con la quale ho condiviso brevi attimi di spiritualità)
  Simone! Sono felice di aver fatto la tua conoscenza, in ogni persona incontrata sul cammino ho
   trovato un “frammento” di me, un filo dorato che unisce le nostre esistenze in brevi attimi del
nostro cammino che si incrocia...pedala, pedala non stancarti mai…sempre avanti…sempre in alto!

    A Monte Casale dopo aver sbagliato strada per la convinzione di non potermi sbagliare, nel
                                taccuino ho annotato: umiltà.

    A Pieve de’Saddi ho annotato: Laudato sì, mì Signore per quest’antica e primitiva bellezza.

  A Capodacqua dopo essermi portato dietro per quasi una settimana il peso inutile di cibarie che
 non ho mai mangiato ed indumenti che non ho mai messo, dopo i doni del contadino ho annotato:
                                  Provvidenza! Essenzialità!

    A Colfiorito in una notte con tante stelle quanti i fiori in un prato di primavera, ho annotato:
      Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle che questa notte mi fanno da coperta.
CANTICO DELLE CREATURE

                Altissimu, onnipotente bon Signore,
    Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

                 Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
              et nullu homo ène dignu te mentovare.

        Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
                 spetialmente messor lo frate Sole,
              lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.
         Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
               de Te, Altissimo, porta significatione.

        Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
         in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

             Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
          et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
        per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

              Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,
        la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

             Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
                 per lo quale ennallumini la nocte:
          ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

      Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
                 la quale ne sustenta et governa,
       et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
              et sostengono infirmitate et tribulatione.

              Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
              ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

     Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
          da la quale nullu homo vivente po' skappare:
         guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
      beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
              ka la morte secunda no 'l farrà male.

         Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
              e serviateli cum grande humilitate
PER APPROFONDIRE Per le descrizioni biografiche, storiche ed artistiche mi sono basato sui
seguenti testi:

AA. VV. Fonti Francescane Editio Minor – Editrici Francescane
IVAN GOBRY San Francesco – Salerno Editrice
JACQUES LE GOFF Francesco d’Assisi- Laterza
SANDRO CHIERICHETTI Assisi guida artistica illustrata
GUIDE ACCOGLIENZA Luoghi dello Spirito – Touring Club Italiano
GRASSELLI-TARALLO Guida ai Monasteri d’Italia – Piemme
GIUSTINO FARNEDI Guida ai Santuari d’Italia – Piemme
L’ITALIA Marche e Umbria – De Agostini

IMPERDIBILI: La meravigliosa guida DI QUI PASSO’ FRANCESCO di Angela Seracchioli,
insostituibile compagna di viaggio per la realizzazione pratica del Cammino, e l’ottimo
CAMMINARE E’ GIA’ PREGARE (ne viene data una copia alla Verna all’inizio del Cammino) di
Angela Seracchioli e Massimo Reschiglian, per il supporto spirituale.

Al termine del mio Cammino, desidero porgere un grande

GRAZIE!
In primis ad Angela per essersi donata in modo totale e gratuito a questo straordinario progetto del
Cammino di Francesco: e la ringrazio doppiamente anche per l’accoglienza – davvero calorosa e
materna – che lei e i gentilissimi ospitalieri riservano ai pellegrini. Il mio ringraziamento va inoltre a
tutte quelle persone – e sono tante – che, in modo materiale o spirituale, hanno appoggiato il mio
pellegrinaggio: dagli amici del gruppo scout di Formigine sotto la cui benedizione ha preso avvio il
mio Cammino; a chi con una parola o un sorriso mi ha dato la spinta per proseguire rafforzandomi
nella convinzione di dover arrivare fino in fondo; a coloro che si sono fatti espressioni viventi della
Provvidenza nei miei confronti; a chi, se pur per brevi attimi, mi ha regalato momenti di intensa e
sublime vicinanza a Dio. Trattandosi di esperienze squisitamente personali, ritengo giusto non fare
nomi, sapendo per certo che le persone a cui mi riferisco capiranno senz’altro. Sappiate che vi
porterò sempre nel cuore, insieme al ricordo indelebile di questo straordinario cammino!

E, mi congedo con il migliore Augurio che possa farvi:

BUON CAMMINO, BUONA GENTE!

Appassionatamente pellegrino
Simone

Se volete contattarmi per avere consigli, suggerimenti od altro, lo farò volentieri. Scrivete a:
sassuolo@cts.it
Puoi anche leggere