DI QUI PASSO' FRANCESCO IO CI SONO PASSATO IN BICI! - Diario di un pellegrinaggio in bicicletta Camaldoli-Assisi-Loreto 30 Agosto - 5 Settembre ...
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
DI QUI PASSO’ FRANCESCO… IO CI SONO PASSATO IN BICI! Diario di un pellegrinaggio in bicicletta Camaldoli-Assisi-Loreto 30 Agosto - 5 Settembre 2009 † km percorsi: 600 di Simone Frignani
Sempre mi ha affascinato la figura del pellegrino: l’homo viator medievale che, sfidando l’ignoto, si incamminava su strade sconosciute, spesso difficili e pericolose, restando per lunghi mesi lontano da casa, spinto dall’unica volontà di rendere omaggio alle tombe dei santi o alle loro reliquie. Tre erano le principali direttrici dell’antichità: Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela. Già, Santiago. E’ proprio in Spagna, dove la figura del pellegrino è non solo conosciuta, ma tenuta in una considerazione che sfiora quasi la venerazione, che posso dire di aver capito il significato profondo del pellegrinare. Oltre al Camino de Santiago, che è il “pellegrinaggio nazionale” (San Giacomo è il patrono di Spagna), ed il fenomeno numericamente più rilevante, vi sono una miriade di altri piccoli pellegrinaggi locali. Perfino il paesello più piccolo ha in qualche momento dell’anno una sua peregrinaciòn al santuario, cappelletta o chiesolina locale. Alle volte si assiste a spostamenti di interi paesi, con migliaia di persone che camminano, pregano, mangiano e dormono insieme. Così, senza mai andare a Santiago da pellegrino, ma vivendo per un po’ di tempo in questo Paese che considero la mia seconda Patria, ho avuto la fortuna di prendere parte ad alcuni di questi pellegrinaggi, tornando in Italia con il desiderio di scoprire se anche da noi fosse possibile pellegrinare alla stessa maniera. Nella nostra Italia abbiamo mete di pellegrinaggio che nell’antichità sono state importanti almeno quanto Santiago. Roma, in primis, culla della cristianità, poi Assisi, dove si sono svolte le vicende più importanti della vita di San Francesco, insieme a molti altri luoghi. Ciò nonostante, la via Francigena non è nemmeno lontanamente paragonabile al Camino de Santiago per numero di pellegrini che la percorrono, mentre per quanto riguarda Assisi, a dire il vero prima che lo stesso Francesco volesse condurmici per mano, non sapevo neppure che esistesse un Cammino. L’incontro è stato di quelli fortuiti: ho trovato casualmente una biografia di San Francesco, ricostruita sulla base delle Fonti Francescane, e sono rimasto profondamente affascinato dallo stile di vita proposto dal Santo. Ho trovato il messaggio francescano profondo ed attuale nella sua semplicità, e spirituale quanto serve all’uomo d’oggi; affascinato da Francesco e volendo saperne di più, mi sono quindi imbattuto nell’ottimo “Di qui passò Francesco”, che è stata la molla per partire sulle vie del Santo. L’unica limitazione al progetto che stava prendendo forma erano il poco tempo a disposizione (una settimana) e la necessità di conciliare un pellegrinaggio a piedi, già programmato, dal monte Falterona a Camaldoli insieme al gruppo scout di Formigine, con questo nuovo pellegrinaggio che avrei compiuto in solitaria. La soluzione fu presto trovata con la scelta del mezzo, che non poteva che essere la bicicletta: questa mi avrebbe infatti permesso di compiere il pellegrinaggio in metà tempo rispetto a quanto necessario a piedi, e la partenza sarebbe stata dallo stesso Eremo di Camaldoli, che, a parte i dislivelli, non è molto lontano dalla Verna (una quarantina di chilometri). E così alla fine di Agosto, giunto a piedi a Camaldoli insieme ai miei amici e dopo aver soggiornato due giorni al sacro Eremo in un clima spirituale e fraterno, là mi è stata portata la bicicletta. Tecnicamente, ho scartato l’idea della mountain bike in considerazione del percorso prevalentemente asfaltato e della necessità di percorrere un centinaio di chilometri giornalieri: ho quindi optato per una bici da strada equipaggiata con portapacchi e borse laterali, più il necessario per la manutenzione: pompa, due camere d’aria, toppe, set di chiavi, smagliacatena. Per avere la massima indipendenza ho portato con me una tendina di due chili, gavetta e fornellino a gas per cucinare. Con la mia bicicletta, che prendendo ispirazione dall’ideatrice del Cammino ho
soprannominato Angie, sono partito per questa avventura di 580 km. attraversando tre regioni italiane. Mi ha accompagnato durante l’intero pellegrinaggio il Cantico delle Creature, o di Frate Sole: non esistendo parole più belle ed appropriate per definire lo stupore che prova un pellegrino di fronte alle bellezze del creato, ho voluto dedicare un verso di questo Cantico ad ogni giorno del mio pellegrinaggio. Il racconto che segue è il mio diario. Domenica 30 Agosto Eremo di Camaldoli - La Verna km.40 Avevo previsto di partire un po’ per tempo ma ahimè piove, quindi decido di aspettare se smette…nulla: c’è una pioggia fitta e persistente che non accenna proprio a diminuire! E’ così che, atteso invano fino alle dieci, penso di non poter attendere oltre, pena di arrivare tardi alla Verna. Mi congedo allora dai miei amici del gruppo di scout di Formigine, con i quali ho condiviso il cammino di Camaldoli, e due bei giorni al Sacro Eremo. Mi congedano con questa bellissima preghiera- augurio: Buona Strada Significa augurarti una vita piena di avventure! Ma non si tratta di avventure verso terre remote, lontane... irraggiungibili! Si tratta di un’avventura che ogni uomo può fare quando costruisce la sua vita come una strada, quando è disposto a rischiare sempre, pur di non ripetere i suoi soliti passi.... Questa avventura segue i sentieri dello spirito, attraversa i mari immensi della coscienza, solca gli spazi infiniti della vita interiore, non si stanca di superare gli ostacoli improvvisi e finalmente intravede, raggiunge e si lascia avvolgere da una luce, incontra una persona che mai poteva immaginare, un Uomo, Dio ... che da anni ha percorso con te questa interminabile strada e da anni vuole incontrarti per sussurrarti nel cuore che anche tu hai scritto il tuo Vangelo... Il Quinto Vangelo! La tua vita, i tuoi incontri, i tuoi deserti, la tua storia... Buona Strada!
Già dalla prima curva dopo il sacro Eremo mi trovo immerso in boschi secolari: spazi infiniti di bellissima faggeta. I soavi profumi del bosco, esaltati dalla pioggia, mi stimolano tutti i sensi, inebriandomi. Sulla strada per il Passo dei Fangacci incontro un gruppo di cicloescursionisti che fanno il cammino in senso inverso: vanno dalla Verna a Vallombrosa passando per Camaldoli, e ci scambiamo gli auguri di Buon Cammino. Intanto continua a piovere e raggiungo il Passo…dei Fangacci: di nome e di fatto! Una bella discesa mi accompagna poi fino a Badia Prataglia dove smette di piovere ed esce un raggio di sole…frate Sole, tu sia benedetto! Ripulisco me ed Angie dal fango, uno spuntino veloce e poi via, con destinazione il Monte Penna, sulle cui pendici si trova la Verna, passando per i deliziosi paesini di Corezzo e Rimbocchi, ed arrivando alla fine alla Beccia, dove si imbocca il sentiero pedonale che sale al santuario. Dall’eremo di Camaldoli alla Verna sono in tutto quaranta chilometri di su e giù: i dislivelli da percorrere sono tuttavia compensati dalla modesta distanza. Giunto alla Beccia, spingo Angie su per il pedonale che, se pur molto ripido, permette di evitare cinque chilometri di strada asfaltata. Arrivato al Santuario della Verna, raggiungo la foresteria dove suor Priscilla, la foresteraria mi chiede quale tipo di alloggio preferisca. Le chiedo la sistemazione più essenziale possibile per rispetto allo spirito del luogo: allora mi indirizza al convento della Beccia dicendomi che là c’è Suor Orsolina ad attendermi. Mi sistemo per la notte nello stanzone comune, in cui ci sono i materassi (da portarsi il sacco a pelo), nelle stanze attigue vi sono la cucina e un bagnetto (no doccia). Trovo la sistemazione ottimale, mi cucino la cena e poco prima di coricarmi arriva un altro pellegrino, così almeno passeremo la notte in due: non si può certo dire che il posto sia affollato! Laudato sie mi Signore cum tucte le Tue creature specialmente messer lo frate sole lo quale è jorno et allumini noi per loi et ellu è bellu e radiante cum grande splendore de te Altissimu porta significatione
Lunedì 31 Agosto La Verna-Pieve de Saddi km. 110 Per godere pienamente del clima mistico della Verna, mi alzo all’alba e salgo al Santuario quando ancora non c’è nessuno. Il Santuario infatti apre alle 6,15 ed è un’esperienza che consiglio vivamente se volete entrare in piena sintonia con la spiritualità del luogo. Visito tutti i luoghi più significativi, partendo dall’antico oratorio di Santa Maria degli Angeli, eretto dallo stesso Francesco. La Verna è uno dei pochi luoghi in grado di appagare contemporaneamente mente e spirito. Qui infatti la presenza di Francesco è palpabile, e a ciò si aggiunga che ci troviamo di fronte ad un vero scrigno d’arte: qui c’è tutto Andrea della Robbia, con autentici capolavori come l’Annunciazione e la Natività, opere da lasciare senza fiato. Quanta delicatezza nelle figure, e quale poesia nella rappresentazione! Visito poi la Cappella delle Stimmate, chiostro quattrocentesco con affreschi della vita di San Francesco; il Sasso Spicco; la grotta di San Francesco ed infine la basilica. Con la mente ed il cuore pieni di tutta la suggestione e spiritualità del luogo, scendo alla Beccia dove, ripresa Angie, imbocco la strada verso Caprese Michelangelo. Salterò il tratto Verna-Cerbaiolo-Pieve Santo Stefano, per puntare direttamente su Sansepolcro, e questo mi farà guadagnare un giorno di viaggio. La strada per Caprese è molto bella, tutta in mezzo a delicatissime colline, ed in costante discesa. Il paese natale del grande Michelangelo Buonarroti è piccolissimo: vi si trova la casa natale, ora in ristrutturazione, ed un piccolo museo. Proseguo quindi per Anghiari e da qui, raggiunte le sponde del giovane Tevere, percorro una bella strada bianca che mi conduce fino a Sansepolcro. Mia prossima meta è l’eremo di Monte Casale, dove Francesco operò la conversione dei briganti. Per mia dabbenaggine, non seguo le indicazioni della guida ed imbocco a caso uno stradello che in breve diventa sentiero e non porta da nessuna parte. Mi tocca tornare indietro e riguadagnare il cammino grazie all’aiuto di un viandante in Vespa che mi rimette sulla giusta strada…tutta in
costante salita! Però ne vale la pena. Il sole del mezzogiorno è cocente e rimango presto senz’acqua; davanti all’eremo è provvidenziale una fontanella di acqua freschissima, che mi ridà forza e vigore! Ridisceso a San Sepolcro, non posso sottrarmi all’incontro con Piero della Francesca, che con la Madonna della Misericordia, custodita nella Pinacoteca Comunale, tocca altissimi livelli di espressività. Il viaggio prosegue poi per Città di Castello (prendo la strada diretta) e poi imbocco le stradine che mi porteranno a Pieve de Saddi. Ha ragione Angela, quando scrive che qui l’Umbria è al suo meglio! E seguo anche il consiglio che sarebbe bello fermarsi a dormire in questo luogo: ho con me la tenda e lo posso fare! In realtà mi cala addosso la sera e non riesco a raggiungere la Pieve, per cui mi fermo pochi chilometri prima. Mi sistemo in un bel prato, la temperatura è piacevolissima e fuori si sta bene, mi cucino la cena poi mi godo lo spettacolo di un magnifico cielo stellato! Laudato sì mi Signore per sora aqua la quale è molto utile et humile et preziosa et casta. Martedì 1 Settembre Pieve de Saddi-Assisi km. 100 Alzatomi all’alba, raggiungo in breve Pieve de’ Saddi dove c’è una fontanella: lì riempio le borracce e faccio colazione. Il luogo è di antica e primitiva bellezza e su tutto vi regna una grande quiete, interrotta soltanto da un pastore con il suo branco di pecore. Vorrei fermarmi qui per un paio d’ore, ma la strada da fare è tanta ed Assisi mi attende. Così dopo una breve pedalata raggiungo l’antica Pietralunga, e soltanto dopo parecchi saliscendi la mia vista può spaziare sull’incomparabile spettacolo della medievalissima Gubbio. La cittadina possiede un impianto medievale davvero unico: arrivando dalla strada principale la si ammira dal basso, e subito appare come una città proiettata verso il cielo; ma è dall’alto, dall’eremo di Sant’Ubaldo che la sovrasta, che si può apprezzare appieno la perfezione urbanistica di questa città. Passeggiare per le strade di Gubbio è come fare un viaggio nel tempo: la scenografia medievale è talmente veritiera, che ci si aspetterebbe di veder sbucare cavalieri in armatura ad ogni angolo di strada! Mi fermo in città diverse ore per gustarne appieno l’atmosfera; salgo poi in teleferica all’eremo di Sant’Ubaldo da cui si gode di una vista eccezionale.
Quando riprendo Angie sono già le cinque: non so se riuscirò ad arrivare fino ad Assisi, comunque cercherò di avvicinarmici il più possibile. Passo dall’abbazia di Vallingegno; attraverso quindi Biscina, Valfabbrica, Petrignano, e riesco infine a raggiungere Santa Maria degli Angeli dove arrivo all’ostello Perfetta Letizia intorno alle otto. E’ stata una bella tirata ma ne è valsa tutta la pena: c’è Angela in persona ad accogliermi, e con la pasta fumante già in tavola! Mangio con grande appetito, poi ci si ferma a chiacchierare: siamo solamente in quattro pellegrini oltre ad Angela e agli ospitalieri. Assisi…mia meta, finalmente ti ho raggiunta, domani la dedico a te! Durante l’intera giornata la mia vista è stata allietata dai variopinti mantelli che rivestono la magnifica terra umbra: non posso che dedicare questo giorno alla madre terra. Laudato sì mi Signore per sora nostra matre terra la quale ne sustenta et governa et produce diversi fructi con coloriti fiori et erba Mercoledì 2 Settembre Assisi-Bettona-Torgiano-Deruta-Assisi km.73 Dedico l’intera mattinata alla visita della basilica di San Francesco, composta da due basiliche sovrapposte: quella inferiore e quella superiore, e comincio dalla cripta del Santo nella Basilica Inferiore. E’ qui che Francesco riposa, attorniato da quattro dei suoi più fedeli compagni: il candido e spirituale Rufino; il gagliardo ed eloquente Masseo; il cortese e gentile Angelo; il purissimo, ed intimo del Santo, Leone. Francesco fu molto legato a questi compagni, come riportato nelle Fonti: “E diceva che sarebbe buon frate minore colui che riunisse in sé la vita e le attitudini dei seguenti santi frati: la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l’amore della povertà; la semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità; la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà; l’aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto; la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione; la vistosa incessante orazione di Rufino, che pregava
anche dormendo e in qualunque occupazione aveva incessantemente lo spirito unito al Signore”….(Specchio di perfezione, p.106). Tra le due scale che conducono alla cripta è collocata la nicchia ove riposa la beata Jacopa de’ Settesoli, piissima nobildonna romana benefattrice del Santo e conforto nelle sue ultime ore di vita alla Porziuncola. Francesco la chiamava affettuosamente Frà Jacopa ed è a lei che Francesco indirizza una lettera commovente negli ultimi momenti di vita: “E però se tu mi vuoi trovare vivo, veduta questa lettera, ti muovi e vieni a Santa Maria degli Agnoli…E arreca teco panno di cilicio nel quale si rinvolga il corpo mio, e la cera che bisogna per la sepoltura. Priegoti ancora che tu mi arrechi di quelle cose da mangiare, delle quali tu mi solevi dare quand’io era infermo a Roma” (Fonti Francescane, p.1946) Commovente la scena del Santo, che, dopo una breve ed intensissima vita fatta di penitenza e mortificazioni corporali, si concede in punto di morte la gratificazione di “quei dolci” (i mostaccioli) che Jacopa aveva peraltro già provveduto a preparargli, presentandosi alla Porziuncola prima ancora che il frate potesse uscire con la lettera. Dopo la visita a questo luogo in cui i più intimi di Francesco riposano tutti insieme come in un caldo abbraccio, ci si può lasciare trasportare dalla bellezza dell’arte che in queste due basiliche tocca alcuni tra i massimi livelli di tutti i tempi nelle opere di Cimabue, Simone Martini, Pietro Lorenzetti, Giotto solo per citare i nomi più noti. E’ tutta una profusione di arte sublime, e dalle loro opere traspare il trasporto emotivo degli artisti nel rappresentare le scene della vita di un santo che era già così profondamente popolare e popolarmente venerato al momento in cui le due basiliche venivano affrescate. Tra gli affreschi della Basilica Inferiore vi sono alcune opere che mi colpiscono particolarmente: il ritratto di San Francesco (particolare della “Maestà” di Cimabue), a tutt’oggi considerato, anche secondo la testimonianza biografica di Tommaso da Celano, il ritratto più attendibile del Santo nei suoi ultimi anni di vita; i mezzi busti di cinque santi coronati, attribuiti a Simone Martini, tra i quali spicca, dallo sguardo triste e assorto, la bellissima figura ritenuta essere Santa Chiara; la deposizione dalla croce di Pietro Lorenzetti, e la bellissima Madonna dei Tramonti, così detta perché nel tramonto riceve la luce più bella. Salito alla Basilica Superiore, non posso non restare emotivamente travolto dall’esplosione della sublime, innovativa ed incomparabile arte di Giotto. Il ciclo giottesco della vita di San Francesco è considerato a ragione uno dei capolavori pittorici dell’arte italiana: essendo le parole insufficienti per descrivere l’incomparabile bellezza e la suggestione emotiva che infondono queste opere nell’attonito osservatore, ci si può unicamente abbandonare a queste mura, e senza la benché minima fretta lasciarsi trasportare da tanta e tale bellezza.
Quando esco dalla Basilica di San Francesco sono letteralmente stordito da tanta arte; sebbene Assisi abbia ancora tantissimo da mostrarmi, penso sia meglio fare un giretto nei dintorni e terminare domani la visita della città. Tra gli obiettivi che mi ero posto per questo pellegrinaggio, c’era anche la volontà di reperire un’immagine votiva di Madonna con Bambino da collocare nei pressi della casa scout di Frassineti, nell’appennino modenese, stante la volontà del gruppo di realizzare una piccola Maestà per farne la Madonna degli scouts, presso cui svolgere i momenti di preghiera. Dopo aver cercato ad Assisi senza trovare nulla che mi convincesse, mi viene allora l’idea di recarmi a Deruta, che è tra i luoghi più importanti d’Italia per la produzione di ceramiche artistiche. Ripassato per Santa Maria degli Angeli, raggiungo dapprima Bettona, detta “il balcone etrusco” per via delle sue origini e per il fatto di essere appollaiata su un colle in posizione molto panoramica; passo quindi per Torgiano, ridente cittadina agricola in cui paiono confondersi i vigneti e gli oliveti; infine raggiungo Deruta, annunciata da grandi orci decorati all’ingresso del paese. Qui è tutto un susseguirsi di laboratori dove i maestri ceramisti si tramandano da secoli l’arte della decorazione delle ceramiche. Chi fa questo mestiere ne va molto fiero, e mostrando il mio autentico interessamento vengo introdotto all’interno di vari laboratori e posso vedere come nasce l’opera d’arte ceramica. E’ in uno di questi laboratori in cui la mia attenzione viene catturata da una Madonna dallo sguardo dolcissimo che tiene in grembo uno straordinario Gesù bambino: riccio e biondo da sembrare un cherubino. Al mio interesse per l’opera, l’artista mi informa che si tratta della copia in ceramica dell’affresco La Madonna del fanciullo di Bartolomeo Caporali, dipinta nel 1459. Si trova in una cappelletta ad un paio di chilometri da Deruta, appena passato il Tevere, in località Fanciullata di Sant’Angelo di Celle: mi faccio dare le indicazioni e ci vado. Mi faccio aprire dalla tabaccheria che ha le chiavi e si trova proprio di fianco alla cappelletta: l’opera è molto bella e l’insieme trasmette un grande senso di soavità; il mio pensiero corre a tutte le opere sconosciute (quante sono!) della nostra Italia.
Ritornato in paese, visito lo straordinario museo della ceramica, forse il più importante d’Italia, che custodisce una grandissima varietà di ceramiche di Deruta fin dai primordi della sua tradizione millenaria. Molto bella è la sezione sulle immagini votive. Sempre alla ricerca della Madonna degli scouts, dopo aver girato più e più laboratori, trovo finalmente un’immagine che trovo istintivamente adatta. Bene: missione compiuta. Torno allora all’ostello Perfetta Letizia con il cuore e la mente piena delle belle cose che mi ha regalato la giornata di oggi. Laudato sì mi Signore per frate vento et per aere et nubilo et sereno et omne tempo per lo quale a le tue creature dai sostentamento Giovedì 3 Settembre S.ta Maria degli Angeli-San Damiano-Eremo delle Carceri-Rivotorto-Assisi km.30 Assisi-Spello-Colfiorito km.42 Alzatomi all’alba, dedico la maggior parte della giornata ad approfondire la conoscenza di Assisi, per poi dirigermi nel tardo pomeriggio in direzione Marche verso la meta finale del mio pellegrinaggio. La mia visita di Assisi non può che iniziare dal luogo dove tutto ebbe inizio: la chiesa di San Damiano. Luogo di intenso misticismo, qui più che mai ci sembra di udire, alto e vicino, il messaggio di Francesco: sarà forse per la così perfetta armonia fra la semplicità della chiesuola e la grande, eterna semplicità della natura. Il volto del piccolo Tempio – quel tetto spiovente su una cortina pietrosa appena interrotta da disadorne finestre, quell’umile porticato – sembra voler simboleggiare la virtù più cara al Santo: Madonna Povertà. Per essa Francesco lottò, vinse e fu luce del mondo. Povertà come volontaria ed eroica rinuncia al possesso, fonte di carità ed amore. San Damiano accomuna nello stesso ricordo Francesco e Chiara. In quest’umile oratorio, già esistente nel sec.XI, il Santo ricevette dalla voce stessa del Crocifisso (1206) la decisiva esortazione: “Vai o Francesco, ripara la mia casa”! Sul momento Francesco non comprese bene il senso di questo incitamento e, presolo alla lettera, per i successivi due anni si fece muratore e restauratore di chiese. Sempre a San Damiano, dal 1212 e per 41 anni, fino alla morte, vi dimorò Santa Chiara, insieme a sua madre Ortolana, alle sorelle Agnese e Beatrice, e alle numerose compagne. Fu questo il luogo della loro cara e volontaria reclusione, il giardino da cui sparsero il profumo delle loro virtù. Lasciato San Damiano con il cuore traboccante dell’intensa spiritualità del luogo, salgo ad Assisi e da lì all’Eremo delle Carceri, che si raggiunge dopo una breve salita, addentrandosi per un po’ all’interno del Subasio. Guadagnando in altezza, si apre sempre più la vista sulla bellissima pianura sottostante. Come San Damiano, l’Eremo delle Carceri è uno dei luoghi dove lo spirito francescano parla con più efficace immediatezza. Era il “carcer”, ritiro di Francesco e dei suoi compagni, l’unico, tra i molti che fiorirono per gli eremiti sul Subasio fino al sec.XV, che sia giunto fino a noi, grazie alla continua presenza francescana. Il luogo solitario, annidato nel cuore della selva, interessò Francesco già nel travaglio della sua ricerca giovanile. L’attraeva la caverna scoscesa che s’apriva
alta sul borro; subito dopo la conversione, vi fece l’esperienza della vita eremitica, e sempre qui si svolgono alcuni episodi dei Fioretti (capitoli 3,9,29). Come per San Damiano, vale la pena salire qui su di prima mattina, quando si può meglio assaporare lo speciale ed intenso misticismo del luogo. Ridisceso ad Assisi, prendo la strada in discesa che in breve mi conduce al santuario di Rivotorto, che si trova in campagna non lontano da Santa Maria degli Angeli. Ai tempi di Francesco qui era presente un lebbrosario, e fu qui che nei primi mesi del 1209 vi si ritirò il Santo con i suoi primi seguaci: Bernardo da Quintavalle, Pietro Cattani, Egidio, Sabbatino, Giovanni dalla Cappella, Morico, Giovanni da S.Costanzo, Bernardo di Vigilante, Barbaro, Angelo Tancredi e Silvestro. Qui la piccola società si sosteneva con la prestazione di lavoro agricolo per i vicini coloni e, solo in mancanza di altre occupazioni, con la questua. I principi di vita erano nel cuore di tutti, ma il Santo comprese che era necessaria una Regola scritta che li sancisse in modo inequivocabile, e che doveva valere per chiunque avesse scelto di appartenere alla loro comunità: divenne Regola di un Ordine religioso, che fu quello dei Frati Minori. Fu quindi da Rivotorto che i dodici compagni partirono per sottoporre questo loro codice di vita a Innocenzo III che, a voce, l’approvò. Due anni forse durò la dimora dei Frati a Rivotorto, finchè nel 1211 (anche per la villania di un asinaio) si trasferirono alla cappella della Porziuncola. Rivotorto rappresenta dunque il momento iniziale, il più difficile ed eroico – anche per lo scherno e l’incomprensione della società – della vita francescana in comune. Con lo spirito già rinfrancato dalla visita mattutina di questi santi luoghi, ripasso dall’ostello Perfetta Letizia dove carico Angie delle borse che avevo lasciato qui, così ne approfitto per salutare Angela e ringraziarla della perfetta e squisita ospitalità.
Dedico poi il resto della mattinata alla visita della monumentale basilica di Santa Maria degli Angeli contenente al suo interno la piccola, intima ed emozionante cappella della Porziuncola. La sensazione che si prova alla visita di Santa Maria degli Angeli è strana ed ambigua. Alla monumentalità della basilica si contrappone, per dirla in modo francescano che ben rende l’idea, la minorità della Porziuncola. Se da un lato la basilica stupisce per grandiosità, quasi a voler sottolineare l’onnipotenza di Dio, trovo che dall’altro la squisita intimità della Porziuncola voglia comunicarci l’idea dell’umanità del Dio che si è manifestato agli umili ed ai puri di cuore. Francesco amò questo luogo al di sopra di ogni altro; qui si svolsero le vicende più importanti dell’Ordine da lui fondato e da qui prese l’avvio la straordinaria avventura di Chiara. La Porziuncola è dunque un luogo-chiave nella storia del francescanesimo. Ai tempi di Francesco questa cappellina sorgeva in mezzo a un bosco e fu a lui donata dai benedettini del Subasio. Il nome Porziuncola si riferisce alla cappella stessa: così minuscola da poter essere considerata come piccola porzione di qualcosa. Quale luogo meglio di questo poteva esprimere l’ideale minoritario di Francesco? A lui piacque subito e la scelse come sua sede prediletta, trasferendosi qui con i suoi fraticelli dopo la dimora a Rivotorto. Nel bosco, Francesco fece costruire le prime cellette francescane e restaurò personalmente la sua cappella in rovina. Qui venne accolta, la notte della Domenica delle Palme del 1212, Santa Chiara, fuggita dalla ricca casa paterna per iniziare – recise le chiome – la sua vita di sacrificio e di povertà. Durante il periodo delle missioni, la Porziuncola fu il punto di incontro del frati dell’Ordine, prima e dopo i loro viaggi nelle più lontane terre. Nel Luglio del 1216, dopo una visione miracolosa qui occorsagli, il Santo istituì la festa del Perdono (che si celebra il 2 Agosto e per la quale viene concessa l’Indulgenza a tutti coloro che, confessati e comunicati, visitano la chiesetta). Intorno a questa cappella, nel bosco e nella pianura circostante si radunò, nella Pentecoste del 1219, il famoso capitolo detto “delle stuoie” perché tali furono i giacigli per i 5.000 frati qui convenuti. Essa dunque ci ricorda la piena maturità del francescanesimo, la definitiva conquista del suo mondo morale, la diffusione nel mondo dell’Ordine e il suo perfezionarsi come società religiosa. La visita della basilica prosegue con la Cappella del Transito: fu qui che Francesco passò a celeste vita, e fu sua precisa volontà incontrare qui e non altrove sorella Morte la sera del 3 Ottobre 1226, non prima di averne cantato le lodi. Laudato sì, mì Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà nelle Tue santissime voluntati ka la morte seconda no’l farrà male. Furono gli stessi Angelo e Leone ad eseguire davanti al loro Padre, estasiato, l’ultima versione del Cantico. Dal transetto destro della basilica si passa alla sacrestia e di lì a un corridoio ed un porticato dal quale è visibile a sinistra il roseto, dove crescono eccezionalmente rose senza spine e con foglie leggermente arrossate. Questa straordinaria fioritura ebbe inizio quando, una notte d’inverno, San Francesco volle punire il proprio corpo tentato dal demonio, gettandosi nel rosaio. Da allora le rose persero le spine e le foglie, spruzzate dalle stille di sangue, si colorarono di rosso. Lasciata anche Santa Maria degli Angeli, risalgo ad Assisi per un ulteriore sguardo di insieme (la città è magica ed è davvero difficile riuscire a partire) e per la visita della Basilica di Santa Chiara. La Basilica, di stile gotico, fu iniziata nel 1257, appena due anni dopo la canonizzazione di Santa Chiara. In tale anno le Clarisse, sino allora ospitate in S.Damiano, ottennero per sé – cedendo la loro chiesa al capitolo del duomo – la chiesetta di S.Giorgio. Questa era stata fra le predilette chiese di S.Francesco, che vi ricevette la sua istruzione religiosa. Il Santo venne qui temporaneamente sepolto alla sua morte, e canonizzato, dopo appena due anni, da Gregorio IX. La nuova grande chiesa, aggiuntasi alla piccola di S.Giorgio, che venne incorporata nel convento femminile, ebbe compimento intorno al 1260, anno in cui vi fu trasportata la salma di Santa Chiara, e fu consacrata nel 1265 dal papa Clemente V. L’interno della Basilica ricorda architettonicamente quello della Chiesa superiore di S.Francesco ma ha maggiore slancio verso l’alto. Nel braccio destro della Basilica si apre la Cappella del Crocifisso, dove è conservato il Crocifisso, su tavola del XII secolo che nella chiesuola di S.Damiano indicò a Francesco la sacra missione della sua vita. Usciti dalla cappella, si scende per una scaletta alla cripta, ove riposa la salma di Santa Chiara, visibile attraverso una grata.
Uscito dalla Basilica di Santa Chiara e non riuscendo proprio a partire dalla città di Assisi della quale avverto un tremendo fascino mistico, ripercorro le vie centrali, e lasciatomi guidare dalla guida di Angela, visito sia l’Oratorio dei Pellegrini che la Chiesa di Santo Stefano. Nell’Oratorio, l’affresco della confraternita di San Giacomo raffigurante il miracolo del gallo di Santo Domingo della Calzada mi mette addosso un grande irrefrenabile desiderio di andare a Santiago da pellegrino; trovo poi bellissima la piccola chiesa di Santo Stefano, peccato che versi in cattivo stato di conservazione. Il mio pensiero corre subito a Francesco: se ci fosse stato lui, non avrebbe esitato un istante per mettersi a restaurarla! Giunto ormai al tardo pomeriggio, a malincuore mi devo congedare da Assisi. Percorro la lunga discesa che dalle falde del Subasio mi conduce verso la pianura, mentre nella mente mi risuonano i versi danteschi: “Di questa costa, là dov’ella frange più per sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo tal volta di Gange. Però chi d’esso loco fa parole, non dica Ascesi, chè direbbe corto, ma Oriente, se proprio dir vuole.” (Paradiso XI, 51- 53) Ben si conviene chiamare Assisi oriente, poiché da essa è nato un sole il cui splendore, a distanza di 800 anni dal suo sorgere, è oggi più vivo e fulgido che mai! Così procedo ad intraprendere la parte conclusiva del mio Cammino, che mi porterà alla costa adriatica. Fino a questo punto del viaggio non avevo per la verità ben chiaro dove avrei terminato il mio pellegrinaggio: sapevo che sarei rientrato in treno da Ancona o dintorni, però senza che la meta fosse ben definita. Se non che, lasciata Assisi e procedendo verso Spello, mi imbatto in una minuscola borgata il cui cartello riporta un toponimo composto di cui non ricordo la prima parte; ciò che però ricordo, e bene, è il secondo nome, che è…Loreto! Ecco l’evidenza, non poteva esserci meta più sensata di questa: com’è che non ci avevo pensato? Istantaneamente, non ho più alcun dubbio: il mio pellegrinaggio terminerà al Santuario della Santa Casa di Loreto. Travolto dalla spiritualità di Assisi, mi era del tutto sfuggito di fare benedire la Madonna degli Scout, quella di Deruta: a questo punto non ho più dubbi sulla volontà divina che essa venga benedetta a Loreto.
Quale migliore luogo di un Santuario Mariano, oggetto di un culto e venerazione straordinaria nei secoli, per benedire la Madonna degli scout? Molto incoraggiato da questo segno, metto quasi “le ali” alle gambe che, a partire da Spello di cui compio una brevissima visita, mi porterà in un paio d’ore di costante salita ad affrontare il tratto appenninico fino al valico di Colfiorito. Non seguo la strada più trafficata che sale da Foligno, bensì una strada secondaria parallela alla Flaminia fino al bivio per Capodacqua; attraversato poi il fiume Topino intraprendo la salita che mi condurrà a Capodacqua e di qui a Colfiorito. A Capodacqua mi si manifesta la Provvidenza. Fermatomi al bordo della strada, mi metto a parlare con un contadino, che venuto a conoscenza del pellegrinaggio che sto compiendo, mi riempie le sacche di fichi, pomodori e cetrioli e mi saluta dandomi la sua benedizione. Compio l’ultimo tratto tutto di salita che mi porterà al valico immerso in profondi pensieri sulla Divina Provvidenza, che nel pellegrinaggio si manifesta in modo prodigioso. Arrivo infine al valico di Colfiorito che è già notte, ma una notte tiepida ed illuminata da una grandissima luna piena che arriva perfino a proiettare ombre! Così monto la mia tendina nel mezzo di un vasto altopiano in cui si stenta a percepire la presenza umana. E tutto è natura e silenzio, mi sento in totale ed assoluta armonia con il creato e non posso trattenermi dal rendere grazie con una lode che sale dal profondo del cuore: Laudato Sì mi Signore per sora luna e le stelle in celu l’ai formate clarite et preziose et belle. Ed un'altra, profonda e bellissima che lo stesso Francesco compose e donò a Frate Leone quale suo dono più caro: LODI DI DIO ALTISSIMO Tu sei santo, Signore Dio unico che fai cose stupende. Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei Altissimo. Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre Santo, Re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Signore Dio degli dei. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Dio vivo e vero. Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei in sovrabbondanza ogni nostra ricchezza. Tu sei bellezza. Tu sei mitezza. Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso salvatore.
Venerdì 4 Settembre Colfiorito – Montefiore di Recanati km.127 Mi alzo prima dell’alba, smonto la tenda e parto da Colfiorito non appena frate Sole comincia a rischiarare i campi: oggi mi attende tanta strada. Percorro in tutta la sua lunghezza il bell’altopiano fino ad entrare nelle Marche in corrispondenza dell’imbocco della bellissima e solitaria Val Sant’Angelo che percorro in tutta la sua lunghezza; una discesa mozzafiato mi conduce poi attraverso i bei paesini di Fiume e Pieve Torina; infine, passando da Muccia, arrivo a Camerino. Bella città universitaria ai piedi dei monti Sibillini, vanta numerosi luoghi d’interesse: il palazzo ducale, sede dell’Università fondata nel 1727, con gli annessi musei archeologico e numismatico, la biblioteca Valentiniana e il giardino botanico. Quindi il duomo, imponente costruzione romanica rifatta nel XIX sec, il cinquecentesco palazzo arcivescovile ed il convento di San Domenico. E’ assai piacevole fare una passeggiata in città gustandone il clima giovane e colto; in un itinerario francescano non ci si può poi esimere dal visitare, ad un paio di chilometri ed in mezzo a fitti castagneti, il convento di Renacavata, che fu prima culla dell’ordine dei Cappuccini. Ecco come andarono le cose. A Camerino trovarono rifugio nel 1526 frà Matteo da Bascio, propugnatore della riforma, e i suoi seguaci Lodovico e Raffaele Tenaglia, fuoriusciti dal convento di Fossombrone. Grazie all’appoggio di Caterina Cybo da Varano, reggente del Ducato e nipote di papa Clemente VII, i tre frati vinsero la loro battaglia per un ritorno all’essenzialità francescana, pietra di volta del nuovo Ordine, e nel 1531 stabilirono a Renacavata la loro prima sede ufficiale. Il museo storico cappuccino, attiguo al convento, ripercorre la storia dell’Ordine. Lasciata Camerino, la strada è ancora tutta in discesa fino a San Severino Marche, cittadina molto bella sulle sponde del fiume Potenza. Anche qui i luoghi d’interesse non mancano, essendo molto ricca di chiese e monasteri, e sovrastata da una rocca dalla quale si può ben cogliere il bell’impianto urbanistico. Dopo aver pranzato e riposato un po’, continuo la mia discesa verso l’Adriatico per stradine secondarie e semideserte che costeggiano per un buon tratto il fiume Potenza, fino alla bella Pieve romanica di Santa Maria di Rambona, immersa nella bella campagna circostante. Tornato alla strada principale e presa una deviazione a sinistra, imbocco la salita che mi conduce fino alla cittadina di Treja, ricca di testimonianze storiche. Oltre alle mura del sec.XIII vi sono il duecentesco campanile di San Marco, la chiesa gotica di San Francesco e quella di San Michele. Del rinascimento rimangono l’ospedale vecchio e il palazzo municipale. Non trovandosi poi molto lontano da qui, faccio un’ulteriore deviazione per raggiungere il convento di Forano, che al tempo di Francesco doveva rivestire una qualche importanza nell’allora Marca di Ancona, visto che per due volte viene citato nei Fioretti (Capitoli 42 e 44). Anche se il convento è chiuso per ristrutturazioni, le colline circostanti sono molto belle e vale la pena passarci: anche perché si passa per alcuni paesini pittoreschi, come Montecassiano e Montefiore, contornati da dolcissime colline in cui si produce il Verdicchio dei Castelli di Jesi. Arrivo a Montefiore di Recanati all’imbrunire, e nel minuscolo borgo si sta preparando la festa della polenta. Penso che sia un’ottima idea quella di pernottare qui: non potrei terminare in maniera migliore il mio Cammino! Piantata la mia tendina appena fuori dal borgo, mi unisco alla bella festa in cui si mangia, si beve e si balla sulle note di un’orchestrina improvvisata. Il minuscolo borgo, ubicato su una collina da cui si domina l’intera valle, è pittoresco e sormontato da una torre; la notte
e tiepida ed un’enorme luna piena rischiara quasi a giorno le circostanti colline coltivate. In lontananza, si scorge la sagoma delle montagne da cui sono disceso, e in direzione opposta le vaghe luci di Recanati. Fermatomi per un attimo a contemplare questo spettacolo, di colpo capisco ciò che cosa intendeva e provava Leopardi allo scrivere: D’in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finchè non more il giorno; ed erra l’armonia per questa valle. E: Dolce e chiara è la notte e senza vento, E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti Posa la luna, e di lontan rivela ogni montagna. Ed, ancora: O graziosa luna, io mi rammento che, or volge l’anno, sovra questo colle Io venìa pien d’angoscia a rimirarti: E tu pendevi allor su quella selva siccome ora fai, che tutta la rischiari. La serata si conclude in una profusione di poesia: così tra questa Immensità s’annega il pensier mio, e il naufragar m’è dolce in questo mare. Laudato sì, mi Signore, per frate focu per lo quale ennallumini la nocte et ellu è bellu et jocundo et robustoso et forte. Sabato 5 Settembre Montefiore – Loreto – Ancona km.82 Inizio l’ultima giornata del mio Cammino raggiungendo Recanati, e davvero non posso esimermi dal recarmi a Casa Leopardi e visitare il colle dell’Infinito. Oltre ai ricordi leopardiani, Recanati è una bellissima cittadina in cima a un colle da cui la vista spazia sulle colline circostanti e sul blu del mare adriatico appena sotto. Ancora una pedalata giù per una discesa mozzafiato, di nuovo su per una breve salita e finalmente raggiungo la meta finale del mio Cammino: sono a Loreto! All’inizio del mio pellegrinaggio, non pensavo che avrei fatto così tanti chilometri: con approssimazione, ne avevo calcolati poco più della metà. Ma il percorso è stato tutto così interessante che le deviazioni hanno cominciato ad accumularsi e ad incidere significativamente sui chilometri….ma ne è valsa la pena, lo rifarei tutto al contrario! A Loreto si venera la Santa Casa di Maria di Nazareth: secondo la tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Terra Santa, le pareti in muratura della casa della Madonna furono trasportate “per ministero angelico” prima in Illiria, nell’odierna Croazia e poi nel territorio di Loreto, il 10 Dicembre 1294. Entro quindi nel piazzale della basilica e con un’espressione trionfale, raggiante in volto, ne percorro l’intero perimetro con la mia fedele Angie, che non mi ha mai tradito durante tutto il Cammino. Quindi, presa la Madonna degli scouts, compio l’ultimo atto affinché il mio pellegrinaggio possa dirsi concluso: la benedizione. Che è doppia: quella dei pellegrini durante la messa, e la benedizione dell’immagine della Madonna proprio di fronte alla Santa Casa di Maria. Mi trattengo ancora un po’ nella basilica per entrare totalmente nello spirito del luogo, quindi mi dirigo verso la sacrestia per un dovere di rito: far apporre l’ultimo timbro alla credenziale. Il mio pellegrinaggio finisce qui: non mi rimane che raggiungere Ancona da cui prenderò il treno che mi riporterà a casa. Non prima però di toccare le spiagge dell’Adriatico ed avere passato il Monte Conero. Sul finire del pellegrinaggio, un ultimo segno della Provvidenza: ormai esausto dalla lunga
strada percorsa, un ciclista si fa mettere in scia, risparmiandomi una buona metà della fatica. E così che da Sirolo dopo una breve pedalata in ottima compagnia, arrivo fino alla stazione di Ancona da cui prendo il treno che mi riporta a casa. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate et serviateli cum grande humilitate. Alcuni stralci dai miei appunti di viaggio: ( da una mia riflessione) Durante il pellegrinaggio avvengono miracoli! O forse i miracoli avvengono tutti i giorni sotto i nostri occhi, ed il pellegrinaggio ce li rende soltanto visibili, trovandoci in quel momento in piena grazia di Dio? (da una pellegrina spagnola, scritto su un foglio appeso alle pareti dell’ostello Perfetta Letizia) “No es feliz el que màs tiene, sino el que menos necessita”: Non è felice chi ha di più, ma chi di meno necessita. (il ricordo-dedica di una pellegrina con la quale ho condiviso brevi attimi di spiritualità) Simone! Sono felice di aver fatto la tua conoscenza, in ogni persona incontrata sul cammino ho trovato un “frammento” di me, un filo dorato che unisce le nostre esistenze in brevi attimi del nostro cammino che si incrocia...pedala, pedala non stancarti mai…sempre avanti…sempre in alto! A Monte Casale dopo aver sbagliato strada per la convinzione di non potermi sbagliare, nel taccuino ho annotato: umiltà. A Pieve de’Saddi ho annotato: Laudato sì, mì Signore per quest’antica e primitiva bellezza. A Capodacqua dopo essermi portato dietro per quasi una settimana il peso inutile di cibarie che non ho mai mangiato ed indumenti che non ho mai messo, dopo i doni del contadino ho annotato: Provvidenza! Essenzialità! A Colfiorito in una notte con tante stelle quanti i fiori in un prato di primavera, ho annotato: Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle che questa notte mi fanno da coperta.
CANTICO DELLE CREATURE Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate
PER APPROFONDIRE Per le descrizioni biografiche, storiche ed artistiche mi sono basato sui seguenti testi: AA. VV. Fonti Francescane Editio Minor – Editrici Francescane IVAN GOBRY San Francesco – Salerno Editrice JACQUES LE GOFF Francesco d’Assisi- Laterza SANDRO CHIERICHETTI Assisi guida artistica illustrata GUIDE ACCOGLIENZA Luoghi dello Spirito – Touring Club Italiano GRASSELLI-TARALLO Guida ai Monasteri d’Italia – Piemme GIUSTINO FARNEDI Guida ai Santuari d’Italia – Piemme L’ITALIA Marche e Umbria – De Agostini IMPERDIBILI: La meravigliosa guida DI QUI PASSO’ FRANCESCO di Angela Seracchioli, insostituibile compagna di viaggio per la realizzazione pratica del Cammino, e l’ottimo CAMMINARE E’ GIA’ PREGARE (ne viene data una copia alla Verna all’inizio del Cammino) di Angela Seracchioli e Massimo Reschiglian, per il supporto spirituale. Al termine del mio Cammino, desidero porgere un grande GRAZIE! In primis ad Angela per essersi donata in modo totale e gratuito a questo straordinario progetto del Cammino di Francesco: e la ringrazio doppiamente anche per l’accoglienza – davvero calorosa e materna – che lei e i gentilissimi ospitalieri riservano ai pellegrini. Il mio ringraziamento va inoltre a tutte quelle persone – e sono tante – che, in modo materiale o spirituale, hanno appoggiato il mio pellegrinaggio: dagli amici del gruppo scout di Formigine sotto la cui benedizione ha preso avvio il mio Cammino; a chi con una parola o un sorriso mi ha dato la spinta per proseguire rafforzandomi nella convinzione di dover arrivare fino in fondo; a coloro che si sono fatti espressioni viventi della Provvidenza nei miei confronti; a chi, se pur per brevi attimi, mi ha regalato momenti di intensa e sublime vicinanza a Dio. Trattandosi di esperienze squisitamente personali, ritengo giusto non fare nomi, sapendo per certo che le persone a cui mi riferisco capiranno senz’altro. Sappiate che vi porterò sempre nel cuore, insieme al ricordo indelebile di questo straordinario cammino! E, mi congedo con il migliore Augurio che possa farvi: BUON CAMMINO, BUONA GENTE! Appassionatamente pellegrino Simone Se volete contattarmi per avere consigli, suggerimenti od altro, lo farò volentieri. Scrivete a: sassuolo@cts.it
Puoi anche leggere