DATI ISTAT e UNIONCAMERE - Analisi su commercio, vendite e mercato del lavoro

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UFFICIO STUDI E RICERCHE

DATI ISTAT e UNIONCAMERE
  Analisi su commercio, vendite e mercato del lavoro

  Il Pil nell’area dell’euro, nel terzo trimestre 2012, è diminuito dello 0,1%. Ci si attende che continui
  a contrarsi anche in T4 (-0,4%), così come anticipato dal basso livello di fiducia registrato dalle inchieste
  e dalla brusca flessione della produzione industriale a ottobre.
  Dopo una fase di stagnazione in T1 2013, il secondo trimestre registrerà una moderata ripresa del Pil (+0,2%)
  trainata dall’accelerazione della domanda mondiale dovuta a un maggior dinamismo dei mercati emergenti
  e dal recente accordo sul “fiscal cliff” negli Stati Uniti, che dovrebbe limitare possibili effetti negativi sulla
  ripresa dell’economia americana.
  L’allentamento delle tensioni sui mercati finanziari legate alla crisi del debito sovrano determinerà una
  progressiva stabilizzazione degli investimenti. I consumi privati, penalizzati dalla perdita di potere di
  acquisto delle famiglie dovuta alle ancora sfavorevoli condizioni del mercato del lavoro, dovrebbero
  registrare un’ulteriore contrazione nell’ultimo trimestre del 2012 (-0,2).
  Seguirà una fase di stagnazione nel primo semestre del 2013, quando gli effetti negativi sul reddito
  disponibile si attenueranno grazie alla decelerazione dell’inflazione e a una marginale riduzione del
  grado di restrizione fiscale. Sotto l’ipotesi che il prezzo del petrolio si stabilizzi a 110 dollari al barile
  e che il tasso di cambio dollaro/euro fluttui attorno a 1,29, ci si attende che l’inflazione diminuisca
  dal 2,3% di T4 2012 all’1,7% in T2 2013.
  I rischi associati a questa previsione sono legati principalmente alle crescenti difficoltà relative al mercato del
  lavoro che potrebbero causare tensioni sociali e a eventuali nuovi inasprimenti della crisi del debito sovrano.
REDDITO E RISPARMIO DELLE FAMIGLIE E PROFITTI DELLE SOCIETÀ

                                            III trimestre 2012
•      Nel terzo trimestre del 2012 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici, misurata al netto
della stagionalità, è stata pari all’8,9%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e
di 0,3 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2011.
•      Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti è aumentato dello 0,5% rispetto al
trimestre precedente, ma è diminuito dell’1,9% nel confronto con il corrispondente periodo del 2011.
•      La spesa delle famiglie per consumi finali, in valori correnti, è diminuita dello 0,4% rispetto al trimestre
precedente e del 2,2% rispetto al corrispondente periodo del 2011.
•      Tenuto conto dell’inflazione, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici nel terzo trimestre del
2012 si è ridotto dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e del 4,4% rispetto al terzo trimestre del 2011.
Nei primi nove mesi del 2012, nei confronti dello stesso periodo del 2011, il potere d’acquisto ha registrato
una flessione del 4,1%.
•      Il tasso di investimento delle famiglie è stato pari al 6,7%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali
rispetto al trimestre precedente e di 0,2 punti percentuali nei confronti del terzo trimestre del 2011.
•      La quota di profitto delle società non finanziarie, pari al 38,6%, è aumentata di 0,3 punti percentuali
rispetto al trimestre precedente, ma ha segnato una diminuzione di 2,4 punti percentuali rispetto al
corrispondente trimestre del 2011.
•      Il tasso di investimento delle società non finanziarie è sceso al 20,3%, con una diminuzione di 0,3 punti
percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,9 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre
del 2011.

PROPENSIONE AL RISPARMIO DELLE FAMIGLIE CONSUMATRICI E TASSI DI CRESCITA CONGIUNTURALI DELLE
                      SUE COMPONENTI ‐ I trimestre 2007‐III trimestre 2012

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Reddito, potere di acquisto e risparmio delle famiglie consumatrici

Nel terzo trimestre del 2012, al netto della stagionalità, la propensione al risparmio delle famiglie
consumatrici (definita dal rapporto tra risparmio lordo delle famiglie consumatrici e reddito disponibile
lordo) è stata pari all’8,9%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,3 punti
percentuali nei confronti del terzo trimestre del 2011.

Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti è diminuito dell’1,9% rispetto al
corrispondente trimestre dell’anno precedente, mentre la spesa delle famiglie per consumi finali è diminuita
del 2,2%. Tenuto conto dell’andamento dell’inflazione, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici (cioè
il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in termini reali) è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre
precedente e del 4,4% rispetto al terzo trimestre del 2011.

                           Il tasso di investimento delle famiglie consumatrici

Nel terzo trimestre del 2012 il tasso di investimento delle famiglie consumatrici (definito dal rapporto tra
investimenti fissi lordi delle famiglie consumatrici, che comprendono esclusivamente gli acquisti di abitazioni,
e reddito disponibile lordo) è stato pari al 6,7%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre
precedente e di 0,2 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2011. Gli investimenti fissi lordi
delle famiglie consumatrici sono diminuiti dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e del 4,7% nei
confronti del terzo trimestre del 2011

                               PRECISAZIONE SULLA PRESSIONE FISCALE

La cosiddetta “pressione fiscale” è calcolata come rapporto tra la somma di imposte dirette, imposte
indirette, imposte in c/capitale, contributi sociali e il Prodotto interno lordo (Pil) e non, come erroneamente
riportato da alcune testate, come rapporto tra entrate totali delle Amministrazioni pubbliche e Pil. In base al
calcolo corretto, il valore della pressione fiscale nei primi nove mesi del 2012 è quindi pari al 41,3% (era il
39,8% nello stesso periodo dell’anno precedente), mentre nel solo terzo trimestre 2012 la pressione fiscale è
stata pari al 42,6% (era il 40,6% nel corrispondente trimestre del 2011).

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PREZZI AL CONSUMO ‐ Dicembre 2012
Nel mese di dicembre 2012, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC),
comprensivo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente e del 2,3% nei
confronti di dicembre 2011 (la stima provvisoria era +2,4%), con una decelerazione di due decimi di punto
percentuale rispetto a novembre 2012 (+2,5%).

 Il rallentamento del tasso di inflazione (il terzo consecutivo) è dovuto principalmente all’ulteriore frenata dei
prezzi dei Beni energetici non regolamentati, che registrano un calo congiunturale dello 0,7% e una crescita
tendenziale del 7,7%, dall’11,6% di novembre.

L’inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale all’1,6% (era +1,5%
nel mese precedente).

Al netto dei soli beni energetici, la crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo sale all’1,7%
dall’1,6% di novembre. Rispetto a dicembre 2011, il tasso di crescita dei prezzi dei beni scende al 2,7%, dal
2,9% del mese precedente, e quello dei prezzi dei servizi sale al 2,0% (era +1,9% a novembre). Di
conseguenza, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi si riduce di tre decimi di punto percentuale
rispetto a novembre.

I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori aumentano dello 0,1% su base
mensile e del 3,1% con un netto rallentamento dal 3,5% di novembre.

Il tasso di inflazione medio annuo per il 2012 è pari al 3,0%, in accelerazione di due decimi di punto
percentuale rispetto al 2,8% registrato per il 2011 .

Nel mese di dicembre 2012, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,3% su base
mensile e del 2,6% su base annua (lo stesso valore registrato a novembre).

Il tasso di crescita medio annuo relativo al 2012 è pari al 3,3%, in accelerazione dal 2,9% del 2011. L’indice
IPCA a tassazione costante (IPCA‐TC) aumenta dello 0,3% sul piano congiunturale, del 2,3% su quello
tendenziale e del 2,5% nella media dell’anno. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di
operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e del 2,4% su
base annua.

                                   Indice armonizzato dei prezzi al consumo

A dicembre, si registra un marcato aumento congiunturale dei prezzi dei Trasporti (+1,1%). Aumenti su base
mensile, pari allo 0,4%, si rilevano per i prezzi dei Servizi sanitari e spese per la salute e delle Comunicazioni;
aumenti pari allo 0,3% si riscontrano per i prezzi dei Prodotti alimentari e bevande analcoliche e di
Ricreazione, spettacoli e cultura.

In diminuzione sul mese precedente risultano i prezzi dell’Abbigliamento e calzature (‐0,1%). Gli incrementi
tendenziali più elevati interessano le divisioni Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+6,4%), Trasporti
(+4,6%) e Istruzione (+2,9%). In flessione risultano i prezzi delle Comunicazioni (‐1,0%) e di Ricreazione,
spettacoli e cultura (‐0,3%).

Nella media del 2012, gli aumenti più elevati rispetto al 2011 interessano i prezzi dell’Abitazione, acqua,
elettricità e combustibili (+7,1%; era +5,2% il precedente anno), dei Trasporti (+6,5%, dal +6,2% del 2011),
delle Bevande alcoliche e tabacchi (+5,9%, dal +3,5% registrato nel 2011) e dei Servizi sanitari e spese per la
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salute (+4,3%, dal +4,6% del 2011). I prezzi di Ricreazione, spettacoli e cultura registrano l’incremento medio
annuo più contenuto e pari allo 0,5% (erano aumentati dello 0,3% nel 2011) mentre quelli delle
Comunicazioni diminuiscono dell’1,5% (nel 2011 in flessione dell’1,2%).

Si precisa che, diversamente dagli indici nazionali NIC e FOI, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo tiene
conto delle riduzioni temporanee di prezzo (saldi e promozioni). Ciò può determinare in alcuni mesi dell’anno
andamenti congiunturali significativamente diversi da quelli degli indici nazionali.

Inoltre, diversamente dagli indici nazionali, che considerano il prezzo pieno di vendita, l’indice IPCA si
riferisce al prezzo effettivamente pagato dal consumatore. Ad esempio, per i medicinali e i servizi
paramedici, negli indici nazionali viene considerato il prezzo pieno del prodotto, mentre nell’indice
armonizzato il prezzo di riferimento è rappresentato dalla quota effettivamente a carico del consumatore (il
ticket).

                               INDICI DEI PREZZI AL CONSUMO IPCA E IPCA‐TC

                    Variazioni percentuali rispetto allo stesso mese dell’anno precedente

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COMMERCIO AL DETTAGLIO ‐ Ottobre 2012
Ad ottobre 2012 l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la
dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) ha segnato una diminuzione congiunturale dell’1,0%. Quello di
ottobre é il quarto calo mensile consecutivo. Nella media del trimestre agosto‐ottobre 2012 l’indice è
diminuito dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti.

Nel confronto con settembre 2012, le vendite diminuiscono dell’1,3% per i prodotti alimentari e dell’1,0% per
quelli non alimentari.

Rispetto ad ottobre 2011, l’indice grezzo del totale delle vendite segna una diminuzione del 3,8%, sintesi di
flessioni del 2,9% per i prodotti alimentari e del 4,0% per quelli non alimentari.

Le vendite per forma distributiva mostrano, nel confronto con ottobre 2011, una diminuzione sia per la
grande distribuzione (‐4,8%) sia per le imprese operanti su piccole superfici (‐3,0%).

Nel confronto con i primi dieci mesi del 2011 l’indice grezzo diminuisce dell’1,9%, come risultato di un calo
contenuto delle vendite di prodotti alimentari (‐0,4%) e di una flessione più marcata di quelle di prodotti non
alimentari (‐2,5%).

                   Andamento delle vendite per forma distributiva e tipologia di esercizio

Nel confronto con il mese di ottobre 2011 si registra una diminuzione del 4,8% per le vendite delle imprese
della grande distribuzione e del 3,0% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici.

Nella grande distribuzione le vendite segnano una variazione tendenziale negativa sia per i prodotti
alimentari (‐2,5%) sia per quelli non alimentari (‐6,7%). Anche nelle imprese operanti su piccole superfici si
evidenzia una diminuzione sia delle vendite di prodotti alimentari (‐3,5%), sia di quelle di prodotti non
alimentari (‐2,8%).

Nel mese di ottobre 2012, tra le imprese della grande distribuzione si registrano diminuzioni tendenziali del
4,5% per gli esercizi non specializzati e del 5,8% per quelli specializzati. Nei primi le vendite degli esercizi a
prevalenza alimentare diminuiscono del 3,9%, quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare diminuiscono
del 7,0%.

Con riferimento agli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare si registra una diminuzione negli
ipermercati (‐6,7%) e nei supermercati (‐2,6%), mentre si rileva un aumento nei discount (+0,6%).

                            Andamento delle vendite per dimensione di impresa

Con riferimento alla dimensione delle imprese della distribuzione commerciale al dettaglio, nel mese di
ottobre 2012 il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 2,2% nelle imprese fino a 5 addetti,
del 3,6% in quelle da 6 a 49 addetti e del 4,9% nelle imprese con almeno 50 addetti. Nel confronto
tendenziale relativo ai primi dieci mesi dell’anno, il valore delle vendite diminuisce del 2,7% nelle imprese
fino a 5 addetti, del 2,4% in quelle da 6 a 49 addetti e dello 0,8% nelle imprese con almeno 50 addetti.

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OCCUPATI E DISOCCUPATI – Novembre 2012
A novembre 2012 gli occupati sono 22 milioni 873 mila, in diminuzione dello 0,2% sia rispetto a ottobre (‐42
mila) sia su base annua (‐37 mila).

Il tasso di occupazione, pari al 56,8%, è in diminuzione di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale e
invariato rispetto a dodici mesi prima.

Il numero di disoccupati, pari a 2 milioni 870 mila, registra un lieve calo (‐2 mila) rispetto a ottobre. La
diminuzione della disoccupazione riguarda la sola componente femminile. Su base annua la disoccupazione
cresce del 21,4% (+507 mila unità).

Il tasso di disoccupazione si attesta all’11,1%, invariato rispetto a ottobre e in aumento di 1,8 punti
percentuali nei dodici mesi.

Tra i 15‐24enni le persone in cerca di lavoro sono 641 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione in
questa fascia d’età. Il tasso di disoccupazione dei 15‐24enni, ovvero l’incidenza dei disoccupati sul totale di
quelli occupati o in cerca, è pari al 37,1%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e
di 5,0 punti nel confronto tendenziale.

Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,3% rispetto al mese precedente (+39 mila
unità). Il tasso di inattività si attesta al 36,1%, in crescita di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e in
diminuzione di 1,2 punti su base annua.

                                               Differenze di genere

A novembre l’occupazione maschile cala dello 0,2% in termini congiunturali e dell’1,5% su base annua.
L’occupazione femminile cala dello 0,2% rispetto al mese precedente, ma aumenta dell’1,7% nei dodici mesi.

Il tasso di occupazione maschile, pari al 66,3%, diminuisce rispetto a ottobre di 0,2 punti percentuali e di 0,9
punti su base annua. Quello femminile, pari al 47,3%, cala di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali,
mentre cresce di 0,9 punti rispetto a dodici mesi prima.

Rispetto a ottobre la disoccupazione aumenta dell’1,3% per la componente maschile e diminuisce dell’1,7%
per quella femminile. In termini tendenziali la crescita interessa sia gli uomini (+28,3%) sia le donne (+14,0%).

Il tasso di disoccupazione maschile, pari al 10,6%, cresce di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e di 2,2
punti nei dodici mesi; quello femminile, pari al 12,0%, cala di 0,2 punti percentuali rispetto al mese
precedente e aumenta di 1,2 punti rispetto a novembre 2011.

Il numero di inattivi aumenta nel confronto congiunturale per effetto della crescita sia della componente
maschile (+0,1%) sia di quella femminile (+0,4%). Su base annua si osserva un calo dell’inattività sia tra gli
uomini (‐3,0%) sia tra le donne (‐3,6%).

L’Istat torna a precisare che non è corretto affermare “più di un giovane su tre è disoccupato”. Infatti, in base
agli standard internazionali, il tasso di disoccupazione è definito come il rapporto tra i disoccupati e le forze
di lavoro (ovvero gli “attivi”, i quali comprendono gli occupati e i disoccupati). Se, dunque, un giovane è
studente e non cerca attivamente un lavoro non è considerato tra le forze di lavoro, ma tra gli “inattivi”. Va
ricordato che i “disoccupati” di età compresa tra i 15 e i 24 anni sono 641 mila, cioè il 37,1% delle forze di
lavoro di quell’età e il 10,6% della popolazione complessiva della stessa età, nella quale rientrano studenti e
altre persone considerate inattive secondo gli standard internazionali. Quindi sarebbe corretto riportare che
“più di 1 giovane su 10 è disoccupato” oppure che “più di uno su tre dei giovani attivi è disoccupato”.
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Pil 2013: ‐0,8% al Centro‐Nord e ‐1,7% al Sud (‐1% media Italia)
                        In calo consumi delle famiglie e investimenti
                    Tiene ancora l’export, e il Nord‐Est ricomincia a tirare
Nel 2013 il valore aggiunto prodotto da ogni abitante del Nord‐Ovest sarà mediamente quasi il
doppio di quello prodotto da chi risiede nel Mezzogiorno. Quello di Milano ‐ prima nella classifica
delle province italiane ‐ sarà quasi il triplo di quello di Crotone, ultima della graduatoria. Se la crisi ha
colpito duro ovunque, c’è un’area del Paese in cui ha “ferito” – e purtroppo continuerà a ferire anche
il prossimo anno – di più: il Mezzogiorno. Sebbene nel 2013 tutti gli indicatori (al Nord come al Sud e
ad eccezione delle esportazioni) siano previsti ancora in flessione, il divario territoriale tra il
Mezzogiorno e il resto del Paese sembra destinato a crescere ulteriormente. A fronte di una riduzione
media del Pil nazionale dell’1%, nelle regioni meridionali il calo sarà pari al ‐1,7%, contro il ‐0,8%
atteso nelle regioni del Centro‐Nord. E’ quanto emerge dagli Scenari di sviluppo delle economie locali
italiane realizzati da Unioncamere e Prometeia, a partire dalle indicazioni raccolte periodicamente da
Unioncamere presso gli imprenditori.
Le difficoltà di ripresa dell’economia italiana – evidenzia lo studio ‐ proseguiranno dunque anche nel
2013. Per il prossimo anno si attende un calo complessivo del Pil pari (in valore assoluto) a circa 14
miliardi di euro; la spesa per consumi delle famiglie dovrebbe ridursi dello 0,9%; gli investimenti
caleranno del 3%. A fronte della debolezza della componente interna della domanda, le esportazioni
continuano a rappresentare il traino maggiore per la nostra economia: le attese sono di un aumento
medio del 2%, confermando così l’accelerazione che ha già caratterizzato il 2012 (+1,8%). In
quest’ambito, una buona notizia viene dal Nord Est che, dopo la caduta del 2012, l’anno prossimo
tornerà a “tirare” sui mercati internazionali, con un incremento del 2,6%. Con la recessione ancora in
atto, nel 2013 non si prevede un miglioramento della situazione del mercato del lavoro:
l’occupazione dovrebbe continuare a ridursi e il tasso di disoccupazione portarsi all’11,4%.

“Le famiglie e le imprese italiane, in questi mesi, hanno compreso l’importanza di rinunciare a
qualcosa oggi per dare una speranza di futuro alle giovani generazioni. Gli enormi sacrifici fatti nel
2012 non devono andare dispersi” ha commentato il Presidente di Unioncamere, Ferruccio
Dardanello. “Chiunque prenderà in mano le sorti del Paese ‐ ha aggiunto ‐ ha perciò come primo
dovere quello di dare corpo a questi sacrifici con politiche capaci di sbloccare la società, rimettere in
moto l’ascensore sociale, semplificare la Pubblica amministrazione e disegnare un fisco a misura di
famiglie e piccole imprese. Il 2013 ‐ ha detto Dardanello ‐ si annuncia un altro anno difficile ma con
qualche segnale di ripresa e, per questo, dobbiamo raddoppiare le energie per ridare un po’ di fiducia
agli italiani. L’export ha tenuto e l’anno prossimo potrà dare un contributo anche maggiore al Pil, ma
da solo non basta. Serve assolutamente far ripartire gli investimenti, senza i quali non c’è sviluppo
duraturo, e il mercato interno, da cui dipende il vero recupero dei livelli occupazionali.”

Province: 34mila euro il valore aggiunto pro capite di Milano nel 2013; 12.500 quello di Crotone
Con un valore aggiunto pro capite di 34.300 euro, Milano sembra destinata a confermarsi anche nel
2013 prima nella graduatoria della ricchezza prodotta a livello provinciale. Posto pari a 100 il valore
medio italiano (pari a 22.800 euro pro capite), Milano si attesta a 150,5, valore quasi triplo rispetto
all’ultima provincia della graduatoria – Crotone – che dovrebbe registrare un 54,6, pari a 12.500 euro.
Alle spalle del capoluogo lombardo di posizioneranno Bolzano (31.400 euro) e Bologna (30.600 euro),
seguite da Aosta (30.100 euro) e Trieste (29.500 euro). Sul fronte opposto, subito prima di Crotone, si
dovrebbero collocare Caserta (12.700 euro e 55,7 di numero indice), Agrigento (12.800 e 56), Enna e
Vibo Valentia (13.600 euro e 59,5). Ben 33 le province meridionali che si andranno a posizionare in
coda alla classifica del valore aggiunto pro capite. Partendo dall’ultima posizione, infatti, bisogna
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risalire fino al 70° posto per incontrare una provincia del Centro (Rieti). Confrontando gli andamenti
provinciali previsti nel 2013 con il 2012, il quadro che si delinea è particolarmente frastagliato e
mostra il diverso impatto della crisi. Per Firenze e Ascoli Piceno, ad esempio, il 2013 dovrebbe
passare lasciando quasi indenne il territorio, il cui valore aggiunto è previsto in riduzione di solo lo
0,1% rispetto al 2012. Ventuno comunque le province che conterranno i danni, con riduzioni
dell’indicatore comprese entro lo 0,5%. E non saranno tutte del Nord. Tra queste, infatti, si
incontrano, oltre a Firenze ed Ascoli Piceno, anche altre province del Centro come Pisa (‐0,4%) e
Prato (‐0,5%). Molte delle province che occupano i vertici della graduatoria prevista per il 2013 si
trovano nel gruppo in cui le variazioni saranno meno consistenti. Tra queste, Milano, Bologna e
Trento, che dovrebbero registrare solo un ‐0,3%. La recessione sarà, invece, ancora molto consistente
in diverse province, soprattutto del Centro‐Sud. Tra le quattordici province che registreranno una
riduzione compresa tra il ‐2 e il ‐3%, ben tredici sono infatti del Centro‐Sud e una soltanto (Imperia)
del Nord.

Pil 2013: ‐0,6% per Veneto e Val d’Aosta; ‐1,9% per Puglia e Campania
Anche nel 2013 si prospetta una contrazione del Pil in tutte le regioni, sebbene ciascuna osservi una
flessione più contenuta rispetto a quella rilevata per il 2012. Il calo continua ad essere meno intenso
al Centro‐Nord: in quest’area la riduzione del Pil dovrebbe complessivamente attestarsi al ‐0,8% (si va
dal ‐0,7% del Nord Est al ‐0,9% del Centro), mentre nel Mezzogiorno si dovrebbe raggiungere il ‐1,7%.
Le regioni che dovrebbero contenere meglio le perdite sono il Veneto e la Val d’Aosta (‐0,6%), seguite
da Lombardia e Trentino Alto Adige (‐0,7%). Sul fronte opposto, perdite più consistenti si
registreranno soprattutto in Puglia e Campania (‐1,9%). A breve distanza l’Abruzzo (‐1,8%), quindi la
Sicilia (‐1,7%).

Consumi delle famiglie: ‐1,2% nel Mezzogiorno; ‐0,7% nel Nord Est
A rimarcare l’andamento già negativo del 2012 (‐3,3%), continuano a ridimensionarsi i consumi delle
famiglie nel 2013 (‐0,9%) secondo le traiettorie territoriali già sottolineate, spaziando dal ‐1,2% del
Mezzogiorno al ‐0,7% del Nord Est. Le maggiori difficoltà dovrebbero interessare la Calabria (‐1,5%) e
la Campania (‐1,4%) mentre per il Friuli Venezia Giulia e per l’Umbria la riduzione dovrebbe attestarsi
al ‐0,6%.

Investimenti: Veneto ‐1,8%; Abruzzo ‐6,5%
Nel 2013 si prospetta un’ulteriore caduta per gli investimenti: ad evidenziare una dinamica migliore
della media nazionale (‐3%) dovrebbero essere tutte le regioni del Nord Est (‐2,1%), ma anche la
Sardegna, la Basilicata, la Lombardia, la Valle d’Aosta e la Liguria; per contro, Abruzzo (‐6,5%) e
Campania (‐5,4%) dovrebbero mostrare le performance peggiori.

Disoccupazione: 6,5 punti percentuali in più della media nel Mezzogiorno
La contrazione dell’occupazione prevista anche per il 2013, e più forte nel Mezzogiorno, contribuisce
ad incrementare ulteriormente il tasso di disoccupazione. Queste dinamiche si traducono nella
persistenza di ampi divari a livello territoriale: il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi sul 17,9%
nel Mezzogiorno (6,5 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale), sul 10,3% al Centro,
sull’8,8% nel Nord Ovest, mentre non si dovrebbe andare oltre il 7,2% nel Nord Est.

Export: dopo lo stop del 2012, dovrebbero ripartire la locomotiva veneta e friulana
Nel 2013, a fronte di una sostanziale conferma delle performance rilevate per l’Italia nel 2012, le
esportazioni riprenderanno vigore soprattutto nel Nord Est, dove l’indicatore dovrebbe aumentare
del 2,6% (recuperando così la perdita del ‐0,7% rilevata nel 2012), e nel Nord Ovest (2,1%), mentre un
rallentamento è atteso per il Centro (1,5% rispetto al 4,7% del 2012) e per il Mezzogiorno (1,1%
rispetto al 4,5% del 2012). Buone, soprattutto al confronto con il 2012, le performance del Friuli
                                                      8
Venezia Giulia (+3,4%) e del Veneto (+3,1%). Praticamente ferme, invece, le vendite estere di Calabria
e Sardegna.

                            Scenari di sviluppo al 2013 per il Pil delle regioni italiane
                          Tassi di var. % su valori concatenati (anno di riferimento 2005)
                Regioni                                                       2012       2013
               Piemonte                                                        ‐2,3      ‐0,8
               Valle d'Aosta                                                   ‐2,4      ‐0,6
               Lombardia                                                       ‐2,0      ‐0,7
               Trentino‐Alto Adige                                             ‐2,2      ‐0,7
               Veneto                                                          ‐1,9      ‐0,6
               Friuli‐Venezia Giulia                                           ‐2,1      ‐0,8
               Liguria                                                         ‐2,6      ‐1,1
               Emilia Romagna                                                  ‐2,5      ‐0,7
               Toscana                                                         ‐2,5      ‐0,8
               Umbria                                                          ‐2,7      ‐0,9
               Marche                                                          ‐2,8      ‐0,9
               Lazio                                                           ‐2,3      ‐1,0
               Abruzzo                                                         ‐3,2      ‐1,8
               Molise                                                          ‐3,1      ‐1,3
               Campania                                                        ‐3,0      ‐1,9
               Puglia                                                          ‐2,9      ‐1,9
               Basilicata                                                      ‐2,9      ‐1,4
               Calabria                                                        ‐3,0      ‐1,4
               Sicilia                                                         ‐2,7      ‐1,7
               Sardegna                                                        ‐3,1      ‐1,3
               Nord Ovest                                                      ‐2,1      ‐0,8
               Nord Est                                                        ‐2,2      ‐0,7
               Centro                                                          ‐2,4      ‐0,9
               Sud e Isole                                                     ‐2,9      ‐1,7
              Italia                                                            ‐2,4     ‐1,0
Fonte: Unioncamere, Scenari di sviluppo delle economie locali italiane (dicembre 2012)

                                                              9
Scenario di sviluppo economico al 2013 per l'Italia
                        Tassi di var. % su valori concatenati (anno di riferimento 2005)
                                                                                         2012        2013
              Prodotto interno lordo                                                        ‐2,4        ‐1,0
              Domanda interna (al netto della var. delle scorte)                            ‐3,7        ‐1,3
              Consumi finali interni                                                        ‐2,6        ‐0,9
               ‐ di cui: Spesa per consumi delle famiglie                                   ‐3,3        ‐0,9
              Investimenti fissi lordi                                                      ‐8,5        ‐3,0
              Importazioni di beni                                                          ‐7,2         0,4
              Esportazioni di beni                                                           1,8         2,0
              Valore aggiunto ai prezzi base
              Agricoltura                                                                    0,7        ‐0,1
              Industria in senso stretto                                                    ‐5,3        ‐1,5
              Costruzioni                                                                   ‐6,6        ‐0,9
              Servizi                                                                       ‐1,5        ‐0,8
              Valore aggiunto totale                                                        ‐2,4        ‐0,9
Fonte: Unioncamere, Scenari di sviluppo delle economie locali italiane (dicembre 2012)

  Scenario di previsione 2012‐2013 per la spesa per consumi delle famiglie, gli investimenti fissi
                 lordi e le esportazioni di beni verso l'estero delle regioni italiane
                   Tassi di var. % su valori concatenati (anno di riferimento 2005)
                         Spesa per consumi                                  Esportazioni di beni            Tasso di
                            delle famiglie       Investimenti fissi lordi      verso l'estero           disoccupazione
                             2012         2013        2012          2013        2012         2013         2012       2013
Piemonte                       ‐3,1        ‐1,0         ‐8,9         ‐3,6         2,6          0,9          8,9        9,7
Valle d'Aosta                  ‐3,2        ‐0,8         ‐7,3         ‐2,6       ‐12,2          3,6          6,8        7,5
Lombardia                      ‐2,9        ‐0,7         ‐7,2         ‐2,4         1,8          2,5          7,8        8,3
Trentino‐Alto Adige            ‐2,6        ‐0,8         ‐6,6         ‐2,0        ‐1,0          1,2          5,4        5,8
Veneto                         ‐2,7        ‐0,8         ‐6,4         ‐1,8        ‐0,3          3,1          6,7        7,0
Friuli‐Venezia Giulia          ‐2,7        ‐0,6         ‐6,8         ‐2,1       ‐11,2          3,4          7,1        8,0
Liguria                        ‐3,0        ‐0,7         ‐7,5         ‐2,9        ‐0,8          1,4          8,4        9,5
Emilia Romagna                 ‐2,8        ‐0,7         ‐8,2         ‐2,4         1,8          2,1          7,3        7,5
Toscana                        ‐3,5        ‐0,7         ‐8,2         ‐3,1         6,7          1,7          8,2        8,9
Umbria                         ‐3,2        ‐0,6         ‐9,4         ‐4,0         6,5          0,3          9,6       10,0
Marche                         ‐3,4        ‐0,8         ‐8,0         ‐3,1         2,8          1,0          8,8        9,9
Lazio                          ‐3,6        ‐0,9         ‐8,6         ‐3,6         2,0          1,9         10,9       11,5
Abruzzo                        ‐3,8        ‐1,2       ‐12,3          ‐6,5        ‐6,4          0,6         11,5       12,3
Molise                         ‐3,7        ‐1,1       ‐11,2          ‐3,6       ‐12,2          0,6         12,2       12,9
Campania                       ‐4,2        ‐1,4       ‐13,1          ‐5,4        ‐1,2          1,2         18,9       19,3
Puglia                         ‐4,0        ‐1,2       ‐10,1          ‐3,3         6,3          1,3         15,2       16,1
Basilicata                     ‐4,3        ‐1,0         ‐8,9         ‐2,2       ‐26,2          3,0         14,9       15,6
Calabria                       ‐4,2        ‐1,5       ‐11,0          ‐3,2         4,2          0,0         19,9       20,6
Sicilia                        ‐4,0        ‐1,2         ‐9,6         ‐3,3        14,7          1,6         18,7       19,6
Sardegna                       ‐3,8        ‐1,2         ‐8,2         ‐1,5        15,7          0,1         16,2       17,0
Nord Ovest                     ‐2,9        ‐0,8         ‐7,7         ‐2,8         1,8         2,1           8,1        8,8
Nord Est                       ‐2,7        ‐0,7         ‐7,1         ‐2,1        ‐0,7         2,6           6,9        7,2
Centro                         ‐3,5        ‐0,8         ‐8,5         ‐3,4         4,7         1,5           9,7       10,3
Sud e Isole                    ‐4,0        ‐1,2       ‐10,8          ‐3,9         4,5         1,1          17,2       17,9
Italia                         ‐3,3        ‐0,9         ‐8,5         ‐3,0         1,8         2,0          10,8       11,4
Fonte: Unioncamere, Scenari di sviluppo delle economie locali italiane (dicembre 2012)

                                                              10
Valore aggiunto pro‐capite a prezzi correnti nel 2013 per provincia* e rip. territoriale
                                    (valori assoluti in migliaia di euro e numeri indici Italia=100)
                                         Valori                                                                      Valori         N.I.
Pos.         Provincia                  assoluti   N.I. Italia=100           Pos.         Provincia                 assoluti    Italia=100
         1   Milano                           34,3            150,5                  55   Grosseto                       22,1            97,0
         2   Bolzano                          31,4            137,8                  56   Asti                           21,9            96,0
         3   Bologna                          30,6            134,4                  57   Macerata                       21,8            95,8
         4   Aosta                            30,1            132,0                  58   Perugia                        21,2            92,8
         5   Trieste                          29,5            129,2                  59   Imperia                        21,2            92,8
         6   Modena                           28,4            124,6                  60   Verbano‐Cusio‐Ossola           21,1            92,5
         7   Mantova                          28,4            124,6                  61   Ascoli Piceno                  21,0            92,1
         8   Roma                             28,3            124,0                  62   Terni                          20,6            90,2
         9   Parma                            28,2            123,7                  63   Frosinone                      20,5            89,9
        10   Trento                           28,1            123,0                  64   Massa Carrara                  20,3            88,9
        11   Firenze                          27,9            122,2                  65   Latina                         19,6            86,1
        12   Belluno                          27,8            121,7                  66   Chieti                         19,4            84,9
        13   Bergamo                          27,6            121,0                  67   Pescara                        19,1            83,5
        14   Sondrio                          27,5            120,5                  68   L'Aquila                       19,0            83,3
        15   Forlì‐Cesena                     27,4            120,3                  69   Viterbo                        18,8            82,5
        16   Brescia                          27,4            120,2                  70   Rieti                          18,6            81,6
        17   Vicenza                          27,1            118,8                  71   Teramo                         18,4            80,5
        18   Venezia                          27,1            118,6                  72   Cagliari                       18,4            80,5
        19   Padova                           26,9            117,9                  73   Campobasso                     18,0            78,9
        20   Verona                           26,8            117,5                  74   Sassari                        17,8            77,8
        21   Varese                           26,4            115,7                  75   Isernia                        17,3            75,6
        22   Lecco                            26,3            115,1                  76   Potenza                        16,7            73,0
        23   Reggio Emilia                    26,2            115,0                  77   Oristano                       16,6            72,6
        24   Piacenza                         26,1            114,6                  78   Bari                           16,3            71,5
        25   Ravenna                          26,0            114,1                  79   Catanzaro                      16,2            70,9
        26   Cuneo                            26,0            113,8                  80   Messina                        15,9            69,6
        27   Udine                            25,9            113,5                  81   Matera                         15,9            69,5
        28   Pordenone                        25,8            113,3                  82   Siracusa                       15,4            67,7
        29   Cremona                          25,8            113,3                  83   Palermo                        15,2            66,6
        30   Treviso                          25,5            111,9                  84   Taranto                        15,1            66,1
        31   Vercelli                         25,4            111,2                  85   Ragusa                         15,0            65,8
        32   Biella                           25,4            111,2                  86   Nuoro                          14,9            65,5
        33   Ancona                           25,4            111,2                  87   Salerno                        14,8            65,1
        34   Torino                           25,3            110,8                  88   Avellino                       14,7            64,6
        35   Genova                           25,2            110,5                  89   Catania                        14,6            64,0
        36   Como                             25,1            110,0                  90   Cosenza                        14,6            64,0
        37   Siena                            25,0            109,5                  91   Caltanissetta                  14,6            63,9
        38   Ferrara                          24,7            108,5                  92   Brindisi                       14,5            63,8
        39   Rimini                           24,6            108,0                  93   Benevento                      14,5            63,5
        40   Rovigo                           24,6            107,9                  94   Reggio Calabria                14,3            62,9
        41   Gorizia                          24,5            107,2                  95   Napoli                         14,3            62,8
        42   Pisa                             24,3            106,7                  96   Lecce                          14,2            62,3
        43   Novara                           24,3            106,7                  97   Trapani                        13,9            61,1
        44   Pavia                            24,3            106,6                  98   Foggia                         13,8            60,6
        45   Prato                            24,3            106,4                  99   Vibo Valentia                  13,6            59,5
        46   Lucca                            24,2            106,2                 100   Enna                           13,6            59,5
        47   Alessandria                      24,2            106,1                 101   Agrigento                      12,8            56,0
        48   Livorno                          23,9            104,8                 102   Caserta                        12,7            55,7
        49   Savona                           23,9            104,7                 103   Crotone                        12,5            54,6
        50   Lodi                             23,2           101,6                        Nord Ovest                     27,8            121,9
        51   Pesaro e Urbino                  23,2           101,5                        Nord Est                       27,2            119,5
        52   Arezzo                           23,0           100,9                        Centro                         24,8            108,7
        53   La Spezia                        22,4            98,3                        Mezzogiorno                    15,2             66,8
        54 Pistoia                            22,3            97,6                        Italia                         22,8            100,0
       (*) A livello provinciale non sono disponibili dati statistici ufficiali sul Pil, ma solo quelli sul valore aggiunto, che viene
       dunque utilizzato quale proxy del Pil per l’analisi territoriale disaggregata.
       Fonte: Unioncamere, Scenari di sviluppo delle economie locali italiane (dicembre 2012)
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il periodico di documentazione della fisascat cisl
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