Covid-19: l'appuntamento al Cafe a New York è possibile, parola di FRC - Amazon S3

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Covid-19: l'appuntamento al Cafe a New York è possibile, parola di FRC - Amazon S3
Covid-19: l’appuntamento al
Cafe a New York è possibile,
parola di FRC
Al di là dell’oceano si pensa a come riprogettare gli spazi
pubblici per renderli conviviali ed al tempo stesso sicuri.

Come qui in Italia, anche negli States, si fa i conti con le
ordinanze e con la gestione degli spazi, ancora tutto da
delinearsi. Non mancano però le idee! Accogliamo l’idea per la
fase 2, dell’architetto romano, Francesca Romana Caputo (FRC)
che da New York ha pensato ad un prototipo di cella ristoro
(modulo mobile) che rispetta requisiti igienici ma al contempo
rende conviviale e “normale” l’appuntamento al Café (luogo
assimilato principalmente ai ristoranti, per poi includere
attività commerciali dove si consumano cibo e bevande, ad
esempio i coffee shop e bar).

Parola d’ordine: hospitality.
Covid-19: l'appuntamento al Cafe a New York è possibile, parola di FRC - Amazon S3
Il modulo mobile pensato ed ideato da FRC

Il sentimento di percezione: negli
States per lavoro e le radici a
Roma, come hai vissuto l’emergenza
e cosa ti ha spinto a progettare
questi spazi “hospitality”?
L’arrivo del COVID-19 ha messo il mondo dell’hospitality in
ginocchio.

Vivo e lavoro a New York,   la città americana che per
eccellenza gravita intorno all’intrattenimento e alla
convivialità nell’accezione più ampia del termine.

Ristoranti e alberghi, di ogni livello, categoria e
dimensione, sono stati colpiti a livello finanziario. Per
alcuni sussiste ancora il timore di non riaprire più.

Sebbene uno scenario tetro abbia fatto da sfondo agli scorsi
lunghissimi mesi, a spiccare sono stati la voglia di fare ed
il desiderio disinteressato di molti di rendersi disponibili
ed aiutare.

Architetti e designer si sono dapprima adoperati
nell’identificare i problemi specifici relativi agli spazi
della     ristorazione,       e    successivamente        nel
proporre soluzioni conformi alle linee guida e alle misure
anti contagio Covid-19 stabilite dalla Citta’ e dall Stato di
New York.

Il mio progetto del modulo mobile per la ristorazione
all’aperto nasce da un’analisi a 360° della situazione locale
newyorkese. Si tratta di un progetto in fase di
prototipazione, trasformabile in funzione dei costanti
aggiornamenti delle sopracitate linee guida.
Quando si è iniziato a parlare di dare la possibilità ai
ristoratori di estendere i propri spazi commerciali
all’aperto, per meglio garantire il distanziamento sociale,
il mio goal è stato quello di trovare una soluzione creativa
per far fronte alla necessità di massimizzare l’utilizzo dello
spazio.

Hospitality:     quali   sono    le
differenze progettuali tra New York
e Italia?
Al giorno d’oggi è molto difficile mettere a confronto
l’Italia e gli Stati Uniti, o, in generale, Paesi diversi, e
parlare di reali differenze.

Nel corso dell’ultimo decennio il mondo è cambiato – penso
alla globalizzazione, alla facilità di viaggiare, alle attuali
possibilità’ di immergersi in culture diverse dalla propria e
di esplorare.

Il modo dell’hospitality si è plasmato, subendo un’evoluzione
correlata al cambiamento della società, del costume e
dell’economia, pertanto il gap è sempre più stretto.

Mentalità e approccio dell’utente al mondo della ristorazione
sono cambiati di pari passo.

In generale ho notato come il gusto si sia raffinato, e come
l’utente, anche in Italia, sia sempre alla ricerca di spazi
che lo soddisfino anche dal punto di vista estetico. Questo ha
portato ristoratori e designer a dare via via maggior
attenzione a quella che è l’esperienza dell’utente.

Il fine dining ha ceduto il passo ad un approccio più casual,
accessibile a tutti. Gli spazi della convivialità oggi devono
essere “instagrammabili”, e questo è vero a New York e Los
Angeles, così come a Roma e Milano, a Londra, Pechino, Dubai e
via discorrendo.

Il   modulo   mobile:  il   giusto
compromesso tra bello ed utile, in
una parola hospitality
Il modulo mobile per la ristorazione all’aperto è nato proprio
per rendere vivibile la Fase 2 a New York. E’ stato sviluppato
in collaborazione con Juan Alfaro Design, uno specialista
locale nella fabbricazione di strutture in acciaio. Saranno
disponibili anche soluzioni personalizzabili.

Attualmente in fase di prototipazione, il sistema è costituito
da moduli seduta collegabili, che scorrono su una piattaforma
a pavimento installata sul fondo stradale accanto al
marciapiede, fungendo da prolungamento del marciapiede stesso.

Ogni modulo e’ composto da un telaio in acciaio e diversi
parti smontabili e comprende due sedili in legno, una mensola
che può essere utilizzata come appoggio per bevande da
consumare in piedi o come “stazione” per prodotti protettivi e
igienizzanti (guanti, disinfettante) e una fioriera.

Le tende disposte su tutti i lati offrono privacy e ombra dal
sole, e fungono da barriere fisiche per consentire distanze
minime tra i gruppi di sedute.

Tutte le parti sono assemblate meccanicamente per facilitarne
l’installazione, lo smontaggio e lo stoccaggio.

Oltre ai requisiti di distanza sociale o al fornire barriere
fisiche tra i tavoli, le linee guida in vigore, attualmente,
per i ristoranti prevedono che:

     i posti a sedere siano accessibili, ovvero privi di
     barriere architettoniche;
     le fermate degli autobus e gli idranti non vengano
ostruiti;
     le aree di ristoro siano situate lontano dagli incroci.

Qui di seguito la photogallery del modulo mobile ideato da
FRC in collaborazione con Juan Alfaro Design.

Photogallery

Studio Associato di Architettura 2AMP – Rome, Italy

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Chi è Francesca Romana Caputo?
Dopo un’esperienza relativamente breve, iniziata durante gli
anni dell’università presso un piccolo studio di architettura
romano, da oltre 16 anni mi occupo quasi esclusivamente della
progettazione d’interni rivolta all’hospitality.

E’ successo “per caso”. Nel 2004 ho iniziato a lavorare nella
sede di italiana di Tihany Design, uno degli studi newyorkesi
più prestigiosi .

Nella sede di Roma lo studio si occupava principalmente dei
progetti europei (alberghi di Boscolo a Roma e Budapest,
all’allora nuovissimo Radisson Blu di Francoforte, agli spazi
raffinati del Mandarin Oriental di Londra e Ginevra).

Oltre ad apprendere i segreti del mestiere, e ad accorciare la
distanza fra me e gli Stati Uniti, quell’esperienza, lunga
circa 5 anni, è stata fondamentale per assorbire,
metabolizzare e rendere mio, un modo di lavorare che nè
l’universita, nè uno studio cittadino, almeno all’epoca, erano
stati in grado di trasmettermi.

E’ stata la crisi economica del 2008-2009 a portarmi a
decidere di trasferirmi a New York.

Se a quei tempi, in Italia, l’idea di specializzazione era
pressochè inesistente, e si guardava all’architetto d’interni
come ad un arredatore o ad un progettista tutto fare, gli
Stati Uniti offrivano l’opportunità di mettere a frutto
l’esperienza acquisita, di continuare ad occuparsi di progetti
internazionali, e, soprattutto, di proseguire la crescita
professionale.

Dal 2009 risiedo e lavoro a New York, dove ho continuato a
collaborare con designer specializzati in hospitality e con
studi di diverso calibro, sia come consulente (Tihany, ICRAVE,
CRÈME), sia ricoprendo i ruoli di lead designer e manager
(Blue Sky Hospitality, Gensler).

Dal   2019   ho   intrapreso   la   strada   imprenditoriale   con
l’obiettivo di spingere la mia firma, FRC, al di là della
semplice attività di consulenza.
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