CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA

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CONTRIBUTO DI RICERCA / RESEARCH PAPER

                      VALERIO QUATRINI (*) - WALTER MATTIOLI (*)(°)
                      RAOUL ROMANO (**) - PIERMARIA CORONA (*)

                         CARATTERISTICHE PRODUTTIVE
                        E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA

(*) CREA, Centro di ricerca Foreste e Legno, Viale Santa Margherita, 80 - 52100 Arezzo, Italy.
(**) CREA, Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia, Via Po, 14 - 00198 Roma, Italy.
(°) Autore corrispondente; walter.mattioli@crea.gov.it

I soprassuoli forestali governati a ceduo rappresentano una parte consistente dei boschi italiani. Al fine di una
gestione efficace dal punto di vista ambientale ed economico-finanziario è opportuna una conoscenza approfondita
delle specifiche caratteristiche di questo sistema selvicolturale. Questa nota si propone di offrire un aggiornamento
e una sintesi degli aspetti più rilevanti di produttività e gestione dei principali tipi di ceduo in Italia, attraverso
l’analisi dei principali contributi disponibili in merito nella letteratura specializzata. Viene messa in evidenza
la necessità di razionalizzare la gestione selvicolturale, dedicando maggiori sforzi al miglioramento della funzio-
nalità del ceduo, legando gli aspetti produttivi con quelli ambientali e paesaggistici.

Parole chiave: gestione forestale; selvicoltura; produzione legnosa.
Key words: forest management; silvicultural system; wood production.
Citazione: Quatrini V., Mattioli W., Romano R., Corona P., 2017 - Caratteristiche produttive e gestione
dei cedui in Italia. L’Italia Forestale e Montana, 72 (5): 273-313.
https://dx.doi.org/10.4129/ifm.2017.5.01

1. INTRODUZIONE

    I boschi governati a ceduo rappresentano una importante risorsa a livello eu-
ropeo (Forest Europe, 2015) e, in particolare, caratterizzano il paesaggio di molti
paesi mediterranei (Morandini, 1994). In Italia sono presenti circa 3.700.000 et-
tari (Gasperini e Tabacchi, 2011), pari al 20% dei soprassuoli governati a ceduo
nei paesi dell’Unione Europea (Mairota et al., 2016) e al 42% del totale dei boschi
italiani. In tal senso, l'Italia può essere considerata un caso paradigmatico per
quanto riguarda il governo a ceduo, anche per la diversità degli ambienti interes-
sati (Ciancio e Nocentini, 2002; 2004).
    In Italia il governo a ceduo ha conosciuto il periodo di maggiore espansione
a seguito dell’aumento della richiesta energetica con il primo sviluppo industriale
e il raddoppio della popolazione tra la seconda meta dell’800 e i primi del ’900. I
prodotti principali, legna da ardere e carbone vegetale, hanno da sempre alimen-
tato un mercato molto vasto, dati gli usi primari di destinazione: riscaldamento,
L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments               72 (5): 273‐313, 2017
© 2017 Accademia Italiana di Scienze Forestali                                             doi: 10.4129/ifm.2017.5.01
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cottura del cibo, energia per la produzione. Negli ultimi cinquanta anni si è avuto
un graduale passaggio da boschi molto giovani caratterizzati da una elevata in-
tensità di gestione a boschi sempre più differenziati per età, struttura, provvi-
gione e dinamica complessiva, come conseguenza dell’allungamento dei turni e
di un’area di post-coltivazione in evoluzione naturale (il ceduo oltre turno) o
avviata a fustaia, soprattutto nella proprietà pubblica (Corona et al., 2002; Fabbio
e Cutini, 2017).
   I boschi cedui sono di proprietà principalmente privata (Tabella 1). I più
diffusi sono a prevalenza di querce, quasi un terzo del totale (INFC, 2005): le
cerrete (Quercus cerris L.) e i boschi di farnetto (Q. frainetto Ten.), fragno Q. tro-
jana Webb.) e vallonea (Q. ithaburensis subsp. macrolepis (Kotschy) Hedge and
Yalt.) danno luogo all’estensione più consistente (18% del totale) rispetto alle
formazioni pure o miste di roverella (Q. pubescens Willd.), rovere (Q. petraea
(Matt.) Liebl.) e farnia (Q. robur L.) (15%) e ai querceti sempreverdi (10%).
Ampie superfici sono interessate da cedui castanili (Castanea sativa Mill.) (16%
del totale) e da cedui a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.) e
carpino bianco (Carpinus betulus L.) (17%). Discretamente diffusi risultano an-
che i cedui a prevalenza di faggio (Fagus sylvatica L.) (13%). La Toscana presenta
la maggiore estensione dei cedui di cerro, mentre i cedui di faggio vegetano
soprattutto in Emilia Romagna, Piemonte e Abruzzo. I cedui a dominanza di
castagno si rinvengono principalmente nelle zone collinari di Toscana, Pie-
monte, Liguria e Lazio. Cedui principalmente composti da querce sempreverdi
sono ubicati per la maggior parte in Sardegna e Toscana, mentre quelli di
querce caducifoglie, oltre che in Toscana, si rinvengono in larga misura in Um-
bria. Infine i cedui di carpini risultano localizzati soprattutto in Emilia Roma-
gna, Marche, Lazio e Liguria.

      Tabella 1 - Ripartizione dei cedui per forma di proprietà in Italia. Fonte: INFC (2005).

                                                        Superficie
                       Proprietà
                                               ha                    %
                        Privata             2.760.222                75,4
                       Pubblica             902.921                  24,6

   Sotto il profilo colturale si ha una netta prevalenza dei cedui matricinati che
rappresentano il 66% dei soprassuoli afferenti a questa forma di governo in
Italia (Tabella 2). La maggior parte di essi risultano prossimi al turno di utiliz-
zazione o cosiddetti “invecchiati” (meglio definibili come cedui oltre turno):
secondo INFC (2005), gli stadi “adulto” e “invecchiato” rappresentano l’89%
del totale (Tabella 3).
   Riguardo alla struttura verticale, il 71% (2.594.759 ha) dei cedui è caratteriz-
zato da soprassuoli monoplani mentre il 29% (1.068.384 ha) è biplano o diseta-
neo/irregolare (INFC, 2005), mentre i cedui a sterzo rappresentano una frazione
molto limitata nell’ambito di questa forma di governo (21.471 ha).
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                                      275

      Tabella 2 - Ripartizione dei cedui per tipo colturale in Italia. Fonte: INFC (2005).
                                                           Superficie
                    Trattamento del ceduo
                                                         ha                %
                       Ceduo semplice                 871.953             23,8
                      Ceduo matricinato              2.408.084            65,7
                      Ceduo composto                  383.106             10,5

    Tabella 3 - Ripartizione dei cedui per stadio di sviluppo in Italia. Fonte: INFC (2005).
                                                                  Superficie
                   Stadio di sviluppo
                                                          ha                     %
                    Stadio giovanile                    361.615                  9,9
                      Stadio adulto                    2.045.382               55,8
                   Stadio invecchiato                  1.216.183               33,2
                    In rinnovazione                     18.124                   0,5
                        A sterzo                        21.471                   0,6
            Stadio di sviluppo non rilevato               369                     -

    Dai dati riportati si evince come, nella realtà italiana, i boschi cedui costitui-
scano una risorsa fondamentale sia da un punto di vista ambientale e paesaggi-
stico che da un punto di vista economico e sociale, da gestire in modo da valo-
rizzarne le intrinseche potenzialità, secondo approcci ecologicamente ed econo-
micamente funzionali. Ciò implica non solamente un’approfondita conoscenza
delle specifiche caratteristiche ambientali ma anche un’attenta analisi delle esi-
genze socio-economiche dei territori su cui insistono e dei beni e utilità richiesti
nei contesti di riferimento.
    In questa prospettiva, il presente contributo ha lo scopo di offrire una sintesi
sugli aspetti dendrometrici, auxonomici e gestionali più salienti, aggiornando le
conoscenze di carattere generale reperibili nella letteratura specializzata, in par-
ticolare a partire dalle rassegne a cura di Ciancio e Nocentini (2002; 2004) e di
Corona et al. (2002), dai dati inventariali INFC (2005) e dai risultati di workshop e
focus group recentemente realizzati dalla Rete Rurale Nazionale 2014-2020 (Scheda
Foreste 22.2), che hanno coinvolto i principali portatori di interesse, a livello
locale e nazionale, nell’analisi delle criticità e opportunità legate alla gestione dei
soprassuoli boschivi afferenti a questa forma di governo.

2. CEDUI DI SCLEROFILLE SEMPREVERDI

   I cedui produttivi a dominanza di leccio o sughera coprono complessiva-
mente 372.019 ha, ubicati principalmente in Toscana, Sardegna, Umbria, Lazio.
Di questi il 98% è dominato da leccio e il 2% da sughera. La Tabella 4 riporta i
principali parametri dendroauxometrici rilevati in questo tipo fisionomico.
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          Tabella 4 - Parametri dendroauxometrici in cedui di latifoglie e sempreverdi in Italia.
         Fonte             Area           Tipo         Specie
                                                                                   Parametri
      bibliografica      geografica   di indagine    prevalente
                                                                  volume medio del fusto e dei rami grossi
                                                                  pari a 88,7 m3 ha-l; incremento corrente di
                                        indagine       leccio,    2,8 m3 ha-l anno-1 (per la sughera pari a 1 m3
      INFC, 2005           Italia
                                      inventariale    sughera     ha-l anno-1); fitomassa epigea pari a 85 Mg
                                                                  ha-1 (53,2% dei popolamenti ricadono nella
                                                                  classe di età > 40 anni)
                                        indagine                  incremento medio varia da 1,7 a 4,4 m3 ha-l
  Patrone, 1951         Cecina (LI)                    leccio
                                      inventariale                anno -1 (età media di 15 anni)
                                                                  incremento medio compreso tra 4,2 e 1,8
                                         tavola
  Bernetti, 1980         Toscana                       leccio     m3 ha-l anno-1 (culminazione tra 9 e 12 anni
                                      alsometrica
                                                                  per tutte le classi di fertilità)
                                        indagine                  incremento medio pari a 2,2 m3 ha-l anno-1
       SAF, 1985           Lazio                       leccio
                                      inventariale                (età media di 16 anni)
                                                                  culminazione dell’incremento medio si ha
      Hermanin e                        indagine
                         Toscana                       leccio     a 40 anni (corrispondente a 5,2 m3 ha-1) per
      Pollini, 1990                   inventariale
                                                                  le classi di fertilità migliori
   Ciancio et al.,                      indagine                  volume legnoso tra 85 e 140 m3 ha-1 e area
                          Calabria                     leccio
       1998                           inventariale                basimetrica tra 20 e 33 m2 ha-1
  Hofmann et al.,                       indagine                  volume legnoso pari a 130 m3 ha-1 (turno di
                         Toscana                       leccio
       1998                           inventariale                35-45 anni)
                                                                  per i cedui a maggiore densità, volume le-
                                                                  gnoso di 130-150 m3 ha-1 e area basimetrica
   Ciancio et al.,                      indagine
                          Calabria                     leccio     30-35 m2 ha-1; per i cedui a minore densità,
       2002                           inventariale
                                                                  area basimetrica 20-25 m2 ha-1 e volume le-
                                                                  gnoso di 90-110 m3 ha-1 (età 40-60 anni)
                                                                  effetto di trattamenti selvicolturali diversi:
                        Promontorio                               valori più elevati di area basimetrica e di
  La Marca et al.,                       prova
                        del Gargano                    leccio     volume dei polloni si hanno nel tratta-
      2008                            sperimentale
                            (FG)                                  mento a ceduo matricinato con 50 matri-
                                                                  cine ad ettaro
                                                                  diametro dominante compreso tra 12 e 30
 Lombardi et al.,                      indagine                   cm; volume legnoso pari a 171,8 m3 ha-1
                          Molise                       leccio
    2008                              inventariale                per le componenti vive e 5,8 m3 ha-1 per il
                                                                  legno morto (età media di 40-50 anni)
                                                                  volume legnoso 287,2 m3 ha-1; diametro
                          Monte
      Marziliano,                       indagine                  medio dei polloni di 11,7 cm; carbonio
                        Sant’Angelo                    leccio
        2009                          inventariale                stoccato 12,6 Mg C ha-1; necromassa totale
                           (FG)
                                                                  di 33,9 m3 ha-1(età media di 55 anni)
                                                                  incremento medio di biomassa pari a 4,1 Mg
      Bertini et al.,                   indagine                  ha-1 anno-1; biomassa totale 225 Mg ha-1; ne-
                         Pula (CA)                     leccio
         2012                         inventariale                cromassa totale pari a 25,3 Mg ha-1 (età me-
                                                                  dia > 40 anni)

    I cedui di leccio vengono utilizzati esclusivamente per la produzione di legna
da ardere o per biomasse ad uso energetico e sono caratterizzati da età che, so-
prattutto nelle proprietà pubbliche o all’interno di Parchi, sono largamente su-
periori al turno consuetudinario di utilizzazione. Il recupero del ceduo, talora,
potrebbe rappresentare una valida opzione colturale, secondo La Marca et al.
(1995; 1996).
    In questi cedui la densità delle ceppaie e dei polloni varia molto e la matrici-
natura frequentemente supera il numero minimo stabilito dai regolamenti fore-
stali regionali (es. Iovino et al. 2017a per la Calabria ne rinvengono il doppio
rispetto al numero minimo stabilito dalle PMPF, 50 ad ettaro).
    All’aumentare dell’età del ceduo la presenza delle latifoglie diverse dal leccio
diminuisce significativamente (Ciancio et al., 2002). In questa ottica e alla luce
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                            277

delle esperienze di Hermanin e Pollini (1990) e, recentemente, di Iovino et al.
(2017a, 2017b), risulta auspicabile l’allungamento dei turni anche oltre 30 anni,
con conseguenze positive sia di ordine ecologico, limitando l’impoverimento del
terreno, sia di ordine produttivo: il leccio esplica le sue capacità produttive e
mantiene un’elevata capacità pollonifera a età relativamente avanzate. Inoltre,
l’allungamento del turno permetterebbe la riduzione, a parità di massa legnosa
asportata, della superficie delle tagliate, con positive conseguenze sulla qualità
del paesaggio (Cerulli, 2000). Per questi cedui, anche per prevenire l’elevato ri-
schio di incendio, sarebbe opportuno uno sfollamento all’età di 7-8 anni e un
successivo diradamento a 14-15 anni (Iovino et al., 2017b).
    Per i cedui di leccio in abbandono colturale, se presenti all’interno aree protette,
l’unico metodo di conversione consigliabile è per evoluzione autonoma (senza al-
cun intervento colturale da parte dell’uomo), mentre per i cedui che ricadono al di
fuori di tali aree, si può procedere con il metodo del rilascio intensivo di allievi
(Ciancio et al., 2002). I tagli di avviamento possono essere praticati seguendo un
algoritmo colturale basato su interventi di debole intensità, eliminando prioritaria-
mente le piante morte in piedi e quelle di dimensioni piccole e medie, ripetuti a
brevi intervalli di tempo. In questo modo l’intensità di taglio risulta diversificata in
relazione alle condizioni di densità dei soprassuoli, senza modificare significativa-
mente le condizioni di copertura del soprassuolo (Iovino et al., 2017b).
    Non deve essere comunque sottovalutata la valenza di queste formazioni ai
fini della salvaguardia ambientale per la loro funzione protettiva nei confronti
dei terreni acclivi, delle dune litoranee, delle pinete mediterranee e delle colture
agrarie dell’entroterra e per l’alto valore ecologico dato dalla diversità biologica
(vegetale e faunistica) che le caratterizza. Per questo, una linea d’indirizzo preva-
lente nell’ambito della proprietà pubblica può essere l’avviamento all’altofusto,
opzione consigliabile soprattutto per le stazioni più fertili (Ciancio, 1990; Cerulli,
2000), mentre i popolamenti a fertilità più scarsa potrebbero essere esclusi dalle
utilizzazioni legnose.

3. CEDUI DI QUERCE CADUCIFOGLIE

    I cedui di querce caducifoglie rappresentano una realtà selvicolturale caratte-
ristica delle zone collinari di vaste aree del nostro Paese, in particolare negli am-
bienti a clima submediterraneo (orizzonte delle latifoglie eliofile), nonché delle
esposizioni più calde e asciutte delle Prealpi. Le specie arboree che li costitui-
scono sono principalmente roverella e cerro. Meno diffuse la rovere, la farnia
(aree planiziali), il farnetto nelle regioni centro-meridionali e il fragno nelle
Murge (Puglia).
    I cedui produttivi a dominanza di roverella, rovere e farnia coprono comples-
sivamente 534.325 ha. Il tipo colturale prevalente è rappresentato dai cedui ma-
tricinati (76%), mentre inferiore è la superficie occupata da cedui semplici (15%)
e composti (9%). Un riepilogo delle principali caratteristiche dendroauxometri-
che rilevate in cedui di roverella, rovere e farnia, è riportato in Tabella 5.
278                                       V. QUATRINI ET AL.                                 IFM LXXII  5/2017

        Tabella 5 - Parametri dendroauxometrici in cedui di roverella, rovere e farnia in Italia.

         Fonte           Area            Tipo         Specie
      bibliografica                                                                  Parametri
                       geografica    di indagine    prevalente

                                                                 volume medio del fusto e dei rami grossi pari
                                                     rovere,     a 66,9 m3 ha-l; incremento corrente di 2,1 m3
                                       indagine
      INFC, 2005         Italia                     roverella    ha-l anno-1; fitomassa epigea pari a 58 Mg ha-1
                                     inventariale
                                                     e farnia    (45,2% dei popolamenti ricadono nella classe
                                                                 di età compresa tra 20 e 40 anni)
                       Comune di                                 culminazione dell’incremento medio annuo a
                                        tavola
  Castellani, 1970    Pieve Torina                  roverella    12 anni nella classe di fertilità buona (3 m3 ha-l)
                                     alsometrica
                          (MC)                                   e a 13 anni in quella scadente (2,1 m3 ha-l)

 Eccher e Piccini,                     indagine                  incremento medio superiore a 3 m3 ha-1 anno -1
                       Lombardia                    roverella
      1985                           inventariale                (età media superiore a 25 anni)

                                       indagine                  incremento medio pari a 2,1 m3 ha-1 anno-1
      SAF, 1985          Lazio                      roverella
                                     inventariale                (età media di 19 anni)

                                                                 incremento medio pari a 3,3 Mg ha-l anno-1
                                        tavola
  Bernetti, 1987        Toscana                     roverella    nelle stazioni migliori e 1,2 Mg ha-l anno-1 in
                                     alsometrica
                                                                 quelle peggiori (età media di 12 anni)

  Hofmann et al.,                      indagine                  volume legnoso pari a 77 m3 ha-l (turno di 25-
                        Toscana                     roverella
      1998                           inventariale                35 anni)

                                                                 diametro dominante compreso tra 12 e 30 cm;
  Lombardi et al.,                     indagine                  volume medio pari a 163,6 m3 ha-1 e 3,2 m3 ha-1
                        Molise                      roverella
     2008                            inventariale                rispettivamente per la componente viva e
                                                                 morta (turno di 20 anni)

    I cedui produttivi a dominanza di cerro, farnetto, fragno e vallonea coprono
complessivamente 675.533 ha. Il tipo colturale prevalente è rappresentato dai
cedui matricinati (82%). Il cerro è, con il farnetto, la quercia indigena a più rapido
accrescimento. Infatti, i valori di incremento corrente di volume risultano, in
media, superiori a tutti gli altri soprassuoli quercini. I principali dati dendroau-
xometrici reperibili in bibliografia per questi cedui sono riportati in Tabella 6.
    I cedui di querce caducifoglie costituivano in passato, e in molti casi costitui-
scono ancora, un importante supporto all’azienda agraria collinare e di bassa
montagna, fornendo prodotti quali legna da ardere, paleria, e talora anche car-
bone, frasca e ghianda per l’alimentazione animale (Corona et al., 2002).
    La gestione di questi cedui può avvenire seguendo le modalità tradizionali
limitando l’ampiezza delle tagliate e facendo coincidere il più possibile i limiti
delle stesse con linee naturali. Nella maggioranza dei casi i cedui di querce cadu-
cifoglie sono utilizzati tra 18 e 25 anni nelle stazioni a fertilità migliore e tra 25 e
35 anni nelle altre (Bernetti, 1987).
    La modalità di gestione per le proprietà private sono sostanzialmente di due
tipi: (a) per le zone ben servite dalla viabilità, ben accessibili, in prossimità dei
centri abitati e con buone provvigioni, la ceduazione alla scadenza del turno.
In questo caso, considerate le dimensioni dei fusti e la destinazione del materiale
ritraibile a fine turno, non è opportuno prevedere interventi di sfollamento e/o
diradamento sulle ceppaie; in situazioni di degrado dei suoli può invece risultare
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                                                        279

 Tabella 6 - Parametri dendroauxometrici in cedui di cerro, farnetto, fragno e vallonea in Italia.
    Fonte            Area            Tipo         Specie
                                                                                  Parametri
 bibliografica     geografica    di indagine    prevalente
                                                             volume medio del fusto e dei rami grossi pari a
                                                  cerro,
                                                             89,5 m3 ha-l; incremento corrente di 3,1 m3 ha-l
                                   indagine     farnetto,
 INFC, 2005           Italia                                 anno-1; fitomassa epigea pari a 74,3 Mg ha-1
                                 inventariale   fragno e
                                                             (46,6% dei popolamenti ricadono nella classe di
                                                 vallonea
                                                             età compresa tra 20 e 40 anni)
                                                             volume medio compreso tra 70-100 m3 ha-l; in-
   Di Tella,                       indagine
                    Toscana                       cerro      cremento medio pari a 8-10 m3 ha-1 anno-1 (turno
    1930                         inventariale
                                                             di 9-10 anni)
                                                             volume nelle migliori classi di fertilità pari a 102
   Bernetti,                       Tavola
                      Italia                      cerro      m3 ha-l; volume per le classi di fertilità peggiori
    1980                         alsometrica
                                                             pari a 46 m3 ha-l (età media di 21 anni)
                                                             produzione annua di lettiera (foglie, rametti e
 Giordano et                       indagine                  frutti) stimata pari a 3 Mg ha-1; biomassa epigea
                    Basilicata                    cerro
  al., 1982                      inventariale                del soprassuolo arboreo pari a 150 Mg ha-l (età
                                                             media di 24 anni)
 Bianchi e La       Viterbo        indagine                  incremento medio pari a 8-10 m3 ha-1 anno-1 (età
                                                  cerro
 Marca, 1984         (VT)        inventariale                media di 20 anni)
                                                             ipotesi di matricinatura da 0 a 250 matricine a et-
                                                             taro: all’età di 20 anni, nelle migliori classi di fer-
 Bianchi e La       Viterbo       Indagine
                                                  cerro      tilità, si ha una marcata tendenza alla diminu-
 Marca, 1984         (VT)        inventariale
                                                             zione della produzione media annua all’aumen-
                                                             tare dell’intensità di matricinatura
                                   indagine                  incremento medio pari a 2,5 m3 ha-1 anno-1 (età
  SAF, 1985           Lazio                       cerro
                                 inventariale                media di 19 anni)
   Mattioli,        Viterbo        indagine
                                                  cerro      matricinatura ottimale di 40-60 matricine ad ettaro
    1988             (VT)        inventariale
                   Università
  Ciancio et       Agraria di      indagine                  incremento medio annuo pari a 4 m3 ha-1 (età me-
                                                  cerro
  al., 1990a       Vasanello     inventariale                dia di 14 anni)
                     (VT)
  Buttafuoco                      indagine                   provvigioni da 250 a 350 m3 ha-1, con 30-40 m2 ha-1
                    Calabria                      cerro
  et al., 1994                   inventariale                di area basimetrica in soprassuoli di 50-60 anni
   Bernetti,        Viterbo       indagine
                                                  cerro      matricinatura ottimale di 70-80 matricine ad ettaro
    1995             (VT)        inventariale
  Amorini et                      indagine                   biomassa epigea di 155 Mg ha-1; biomassa fo-
                    Toscana                       cerro
   al., 1996                     inventariale                gliare di 3,9 Mg ha-1 (età media di 35 anni)
 Hofmann et                       indagine                   volume legnoso pari a 106 m3 ha-l (turno di 20-30
                    Toscana                       cerro
  al., 1998                      inventariale                anni)
  Ciancio et                       indagine      cerro o
                    Calabria                                 provvigioni di 60-80 m3 ha-l (turno 18-20 anni)
  al., 2002                      inventariale    farnetto
                                                             diametro dominante compreso tra 12 e 30 cm;
 Lombardi et                      indagine
                     Molise                      farnetto    volume legnoso pari a 171 m3 ha-1; necromassa
  al., 2008                      inventariale
                                                             pari a 2,4 m3 ha-1 (turno di 20 anni)
                                                             biomassa epigea (fusto e rami grossi) compresa
 Bertini et al.,                   indagine                  tra 148 e 294 m3 ha-1; necromassa legnosa com-
                    Toscana                       cerro
    2010                         inventariale                presa tra 6,1 e 17 m3 ha-1 (età comprese tra 44 e
                                                             55 anni)
                                                             numero di fusti ad ettaro compreso tra 794-891;
 Di Filippo et     Monti della     indagine                  area basimetrica pari a 30 m2 ha-1; volume le-
                                                  cerro
  al., 2010        Tolfa (VT)    inventariale                gnoso pari a 230 m3 ha-1; altezza media pari a
                                                             14,5-14,7 m (età media di > 30 anni)
280                                V. QUATRINI ET AL.                    IFM LXXII  5/2017

opportuno allungare i turni; (b) per le zone con pendenze elevate e dove
l’aspetto paesaggistico ambientale è particolarmente importante prevedere l’al-
lungamento del turno (anche oltre 25-30 anni) in modo da ottenere assorti-
menti di maggiori dimensioni e ridurre nel tempo l’impatto del taglio di utiliz-
zazione finale. In questo caso l’algoritmo colturale può prevedere un dirada-
mento a 10-15 anni eliminando i polloni secchi e quelli di dimensioni contenute
che potrebbero essere abbandonati sul terreno oppure destinati per usi ener-
getici (Iovino et al., 2017b).
    Nei boschi di proprietà pubblica si assiste a una tendenza verso l’abbandono
colturale dei soprassuoli più poveri. A seguito di ciò, in boschi di 50-60 anni di
età si verifica una marcata differenziazione dei polloni con conseguente mortalità
di una parte di essi. Si possono avere provvigioni variabili da 250 a 350 m3 ha-1,
con 30-40 m2 ha-1 di area basimetrica, polloni di diametro medio da 15 a 25 cm
e una percentuale del 25-30% di fusti morti (Buttafuoco et al., 1994).
    In queste situazioni si può procedere con metodo del rilascio intensivo di
allievi con i tagli di avviamento praticati seguendo un algoritmo colturale basato
su interventi di debole intensità, eliminando le piante morte in piedi e quelle di
dimensioni piccole e medie, ripetuti a brevi intervalli di tempo. L’avviamento
all’altofusto dei cedui quercini è giustificato essenzialmente da ragioni di valoriz-
zazione ambientale: al di là degli altri vantaggi di tipo ecologico, questa opera-
zione rappresenta il modo migliore per incoraggiare il ritorno al bosco misto di
latifoglie, che tendono a insediarsi spontaneamente sotto la copertura del quer-
ceto con struttura a fustaia.
    Volendo favorire l’evoluzione del ceduo verso formazioni miste, si potrebbe
optare per un allungamento del turno fino a circa 30 anni allo scopo di favorire
l’evoluzione del suolo e l’ingresso di specie più esigenti (Cerulli, 2000). In passato
la rovere è stata fortemente penalizzata dai turni relativamente brevi che hanno
privilegiato entità meno esigenti come il castagno o il cerro. Per favorirla, una
valida opzione può essere la trasformazione in ceduo composto, con un primo
intervento che preveda il rilascio di almeno 120-150 allievi e l’eventuale arric-
chimento di rovere tramite piantagione nelle chiarie più ampie (Bernetti, 1995;
Cerulli, 2000).
    Secondo Bernetti (1995), qualora si volesse favorire l’evoluzione verso il bo-
sco misto di latifoglie con elevata aliquota di specie più esigenti del cerro (come
farnia, rovere, aceri, tigli, ecc.), nelle stazioni a fertilità migliore si può optare per
un turno di almeno 30 anni e il rilascio di circa 120 matricine a ettaro.
    Sansone et al. (2012) sostengono che l’approccio della cosiddetta “selvicol-
tura ad albero” può rappresentare un sistema di gestione alternativo volto ad
aumentare il valore della produzione di legname nei giovani cedui misti a pre-
valenza di cerro. Giuliarelli et al. (2016) riportano una valutazione finanziaria
di questo approccio nella provincia di Viterbo: a confronto con la gestione
consuetudinaria esso risulta un’affidabile alternativa selvicolturale, meritevole
di essere incentivata.
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                          281

4. CEDUI MISTI DELL’ORIZZONTE SUBMONTANO

    I cedui misti di latifoglie decidue hanno massima diffusione nelle zone colli-
nari e di bassa montagna: la loro principale caratteristica è la complessità della
composizione a livello di strato arboreo, che ne evidenzia le positive prospettive
di dinamica evolutiva (Corona et al., 2002).
    INFC (2005) riporta statistiche specifiche solo per i cedui di carpini mentre
le altre formazioni di cedui misti dell’orizzonte sub-montano vengono inserite
all’interno della categoria “Altri boschi caducifogli”. I cedui produttivi a domi-
nanza di carpini coprono 636.660 ha. La forma prevalente di trattamento è il
ceduo matricinato (69%), seguita dal ceduo semplice trattato a raso (26%). I
principali parametri dendroauxometrici misurati nei cedui di carpini sono ripor-
tati in Tabella 7.
    Nel complesso, il semplice invecchiamento di questi cedui, non accom-
pagnato da interventi colturali e selettivi di avviamento ad altofusto o di semplice
miglioramento, sembrerebbe portare a un progressivo rallentamento del loro
ritmo di crescita, almeno da una certa età in poi: questo fenomeno risulta par-
ticolarmente evidente nei cedui a netta prevalenza di carpino nero (Corona et al.,
2002). Questi cedui presentano buone condizioni provvigionali, grazie alle quali,
con un miglioramento della viabilità e un minimo di meccanizzazione, si può
prospettare una certa convenienza nell’utilizzazione (Bernetti, 1995). In pratica
questi soprassuoli, soprattutto se si presentano in piccoli nuclei, tendono
comunque a seguire il destino dei cedui di querce caducifoglie a cui si intercalano,
anche perché le prescrizioni dei Regolamenti forestali regionali sono spesso
similari per questi due tipi fisionomici. La forma di trattamento prospettata da
Hermanin e Belosi (1993) è un ceduo matricinato con rilascio di 60-80 matricine
a ettaro preferibilmente di specie diverse dal carpino, e un turno intorno a 30-35
anni. L’allungamento del turno non comporta conseguenze negative sulla capacità
pollonifera e contribuisce al miglioramento della fertilità del terreno. In genere, la
matricinatura con alberi di carpino è sconsigliata in quanto questa specie risulta
poco resistente all’isolamento; al più è possibile ricorrere alla matricinatura “a vo-
liere” (Bernetti, 1995), ottenuta rilasciando non singoli polloni ma intere ceppaie.
    Un aspetto interessante di questa fisionomia di cedui è legato alla possibilità
di una loro valorizzazione a partire dalle specie mesofile in essi spesso presenti,
le quali, con l’invecchiamento del soprassuolo, tendono a prendere il soprav-
vento. Questa situazione è ampiamente riscontrabile nei cedui misti dell’oriz-
zonte submontano in Lombardia (Eccher e Piccini, 1985) e in Veneto (Del Fave-
ro, 2000): in tali condizioni, l’invecchiamento finisce per favorire le specie più
esigenti e più longeve, come frassino maggiore, acero montano, tigli, ciliegio, ecc.
    In particolare, il frassino maggiore (una volta componente del tutto sporadica
delle formazioni miste di latifoglie meso-igrofile) tende progressivamente ad
affermarsi e a prendere il sopravvento fino a divenire elemento caratterizzante o
addirittura dominante in molti cedui. In questa ottica, qualora ne esistano le pre-
messe (capacità dei suoli di sostenere, dal punto di vista edafico, un soprassuolo
282                                          V. QUATRINI ET AL.                                  IFM LXXII  5/2017

più esigente come la fustaia e presenza di polloni e alberi da seme di buona
conformazione e in particolare di specie a legname pregiato), nei cedui di carpini
di proprietà pubblica si potrebbe anche pensare all’avviamento all’altofusto
(Leccese, 2000) oppure, all’adozione dell’approccio della cosiddetta selvicoltura
ad albero (Mori el al., 2007).

               Tabella 7 - Parametri dendroauxometrici in cedui di ostria e carpino in Italia.

     Fonte              Area           Tipo
                                                     Specie prevalente                        Parametri
  bibliografica       geografica    di indagine

                                                                               volume medio del fusto e dei rami
                                                                               grossi pari a 90,5 m3 ha-l; incremento
                                                                               corrente di 3,3 m3 ha-l anno-1; fito-
                                      indagine
  INFC, 2005            Italia                         ostria, carpino         massa epigea pari a 78,9 Mg ha-1
                                    inventariale
                                                                               (51,1% dei popolamenti ricadono
                                                                               nella classe di età compresa tra 20 e
                                                                               40 anni)
                                                                               culminazione dell’incremento medio
                                                    cedui misti di acero,
                                                                               all’età di 15 anni (4,4 m3 ha-1) nella
      Castellani,     Cottanello       tavola       carpino nero, farnia,
                                                                               prima classe di fertilità; culminazione
        1970            (RI)        alsometrica    frassino, orniello e ro-
                                                                               dell’incremento medio a 21 anni (2,5
                                                           verella
                                                                               m3 ha-1) nella terza classe di fertilità
                                                                               culminazione dell’incremento medio
                                                    cedui misti di acero,
                                                                               all’età di 16 anni (3,1 m3 ha-1) nella
      Castellani,                      tavola       carpino nero, farnia,
                     Sellano (PG)                                              prima classe di fertilità; culminazione
        1970                        alsometrica    frassino, orniello e ro-
                                                                               dell’incremento medio a 19 anni (2,5
                                                           verella
                                                                               m3 ha-1) nella terza classe di fertilità

      Castellani,     Stroncone        tavola      cedui misti di carpino      culminazione dell’incremento medio
        1970             (TR)       alsometrica    nero, cerro e roverella     a 12 anni (2,9 m3 ha-1)

                                                                               incremento medio pari a 5 m3 ha-1
                                                                               anno-1(età media di 27 anni); incre-
 Eccher e Pic-                        indagine     cedui misti di latifoglie   mento medio pari a 3,6 m3 ha-1 anno-1
                     Lombardia
  cini, 1985                        inventariale    a prevalenza carpini       (età media di 32 anni); incremento
                                                                               medio pari a 3,2 m3 ha-1 (età media di
                                                                               23 anni)
                                                                               biomassa epigea compresa tra 80-100
      Bernetti,                       indagine
                       Toscana                          carpino nero           Mg ha-l (età compresa tra 25 e 30
       1987                         inventariale
                                                                               anni)
                                                                               incremento medio di 6,4 m3 ha-1
                                                                               anno-1 e 2,9 m3 ha-1 anno-1 rispettiva-
  Hermanin e         Appennino         tavola
                                                        carpino nero           mente per la prima e terza classe di
  Belosi, 1993       romagnolo      alsometrica
                                                                               fertilità all’età di 13 anni e si mantiene
                                                                               costante fino oltre 40 anni

  Hofmann et                          indagine                                 volume legnoso pari a 120 m3 ha-1
                       Toscana                          carpino nero
   al., 1998                        inventariale                               (turno di 30-35 anni)

                                                                               volume legnoso pari a 100-110 m3 ha-l
                                      indagine                                 (età media 25 anni); volume legnoso
 Leccese, 2000          Lazio                           carpino nero
                                    inventariale                               pari a 170-200 m3 ha-l (età media di 30
                                                                               anni)
                                                                               diametro dominante compreso tra 12
  Lombardi et                        Indagine                                  e 30 cm; volume legnoso pari a 203,8
                       Molise                           carpino nero
   al., 2008                        inventariale                               m3 ha-1; necromassa pari a 8,8 m3 ha-1
                                                                               (boschi non gestiti da 40 anni)
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                          283

5. CEDUI DI CASTAGNO

    Il castagno è l’albero il cui legno ha forse il massimo numero di impieghi
(Giannini et al., 2014): risulta infatti l’unica specie forestale in grado di produrre
assortimenti diversi dalla legna da ardere anche se governata a ceduo.
    I cedui produttivi a dominanza di castagno occupano una superficie comples-
siva di 593.243 ha (INFC, 2005). Questi soprassuoli interessano sia gli ambienti
a clima submediterraneo dell’Appennino peninsulare che quelli a clima submon-
tano delle Prealpi, della fascia insubrica e del versante padano dell’Appennino
settentrionale.
    Anche questa categoria fisionomica è in parte coinvolta dall’abbandono col-
turale, nonostante negli scorsi decenni abbia visto aumentare la propria superfi-
cie in conseguenza della conversione a ceduo di molti castagneti da frutto colpiti
da cancro corticale (Corona et al., 2002).
    Nel complesso si registra un’elevata aliquota di cedui oltre turno ricchi di
provvigione legnosa. Il tipo colturale prevalente è rappresentato dai cedui matri-
cinati (56%) e dai cedui semplici trattati a raso (34%). La Tabella 8 riporta i prin-
cipali parametri dendroauxometrici misurati in cedui di castagno.
    Nonostante il ceduo castanile sia in genere caratterizzato da una gestione
molto semplice, con turni di utilizzazione di 14-24 anni in grado di assicurare la
rinnovazione naturale del soprassuolo in tempi brevi e a costi relativamente
bassi, nelle varie Regioni sono differenti le condizioni colturali che si rinvengono.
A esempio, secondo l’inventario forestale delle proprietà non pubbliche del Ve-
neto (Regione Veneto, 1987) si registrava un diffuso abbandono, testimoniato
dall’esigua superficie di cedui allo stato cosiddetto giovanile (meno del 10%) e
dalla forte presenza di soprassuoli oltre turno, mentre nel Lazio e nell’Avellinese
si ha una certa intensità di coltivazione con turni anche di 14 anni, e con la pre-
senza di 1-2 diradamenti (a metà ciclo) (Corona et al., 2002; Mattioli et al., 2016).
In altre zone i cedui di castagno sono il risultato della conversione di castagneti
da frutto a seguito dell’abbandono colturale (Manetti et al., 2017). In questi casi
sulla stessa superficie vengono a coesistere vecchie e grandi ceppaie delle piante
da frutto e giovani ceppaie ottenute per rinnovazione gamica del castagno, inse-
diatasi gradualmente (Iovino et al., 2017b).
    Per quanto riguarda gli andamenti incrementali, Bernetti (1980) sottolinea
come sia impossibile trarre una sintesi dalle numerose indagini alsometriche, a
causa soprattutto della variabilità che i cedui castanili presentano da un luogo
all’altro: molti, come detto, derivano da castagneti da frutto, con differenze di
densità e di modalità di sviluppo rispetto ai cedui tradizionali (Bagnaresi, 1977).
In secondo luogo, esistono diversità di trattamento dovute alla diversa domanda
di prodotti, dato che la paleria e il legname da sega forniti da questi cedui assu-
mono dimensioni differenti secondo le località. La lunghezza del turno è stata
spesso condizionata da considerazioni fitosanitarie: turni particolarmente brevi
sono stati applicati per limitare i danni da cancro corticale.
284                                              V. QUATRINI ET AL.                                 IFM LXXII  5/2017

                     Tabella 8 - Parametri dendroauxometrici in cedui di castagno in Italia.

     Fonte                                     Tipo
                        Area geografica                                             Parametri
  bibliografica                            di indagine
                                                          volume medio del fusto e dei rami grossi pari a 180,4 m3 ha-l;
                                             indagine     incremento corrente di 6,8 m3 ha-l anno-1; fitomassa epigea
  INFC, 2005                 Italia
                                           inventariale   pari a 118,1 Mg ha-1 (46,8% dei popolamenti ricadono nella
                                                          classe di età compresa tra 20 e 40 anni)
                         Monti Cimini        indagine     incremento medio variabile tra 9 e 20 m3 ha-1 anno-1 in fun-
  Caldart, 1931
                            (VT)           inventariale   zione della fertilità
                         Monti Cimini        indagine
 Cantiani, 1965                                           incremento medio massimo intorno a 20 m3 ha-1 anno-1
                            (VT)           inventariale
                                                          incremento medio massimo pari a 19 m3 ha-1 anno-1 (età di 9
      La Marca,         Valle dell’Irno      indagine     anni nella prima classe di fertilità); incremento medio mas-
        1981             (Campania)        inventariale   simo pari a 13 m3 ha-1 anno-1 (età di 12 anni nella terza classe
                                                          di fertilità)
  Eccher e Pic-                              indagine     incremento medio pari a 6,3 m3 ha-1 anno-1 (età media di 20-
                          Lombardia
   cini, 1985                              inventariale   25 anni)
                                             indagine     provvigione media di 110 m3 ha-1; incremento medio annuo
      SAF, 1985              Lazio
                                           inventariale   a 8 m3 ha-1 (età media di 13 anni)
                                              tavola      incremento medio, in condizioni migliori, variabile da 4 a 8
 Bernetti, 1987            Toscana
                                           alsometrica    m3 ha-l anno-1 (turno di 12-18 anni)
  Hofmann et                                indagine
                           Toscana                        volume legnoso pari a 170 m3 ha-1 (turno di 18-24 anni)
   al., 1998                               inventariale
                        Monte Amiata        indagine      incremento medio pari a 17,6 e 12,8 m3 ha-1 anno-1 rispetti-
  Cutini, 2001
                         (Toscana)         inventariale   vamente per popolamenti di 15 e 38 anni
 Amorini et al.,        Monte Amiata         indagine     incremento medio pari a 10,9 m3 ha-1 anno-1 (età media di 23
    2002                 (Toscana)         inventariale   anni)
                                                          incremento medio pari a 16,3 m3 ha-1 anno-1 (età media 13-
  Ciancio et al.,                            indagine     15 anni); incremento medio pari a 14,2 m3 ha-1 anno-1 (età
                           Calabria
      2004                                 inventariale   media 20-30 anni); incremento medio pari a 12,0 m3 ha-1
                                                          anno-1 (età media 43-45 anni)
 Nosenzo et al.,         Monte Tovo          indagine     incremento medio pari a 8,3 m3 ha-1 anno-1 (età media di 50
     2006                   (VC)           inventariale   anni)
                         Torino (TO)
                          Biella (BI)                     area basimetrica media pari a 30-35 m2 ha-1; diametro medio
 Nosenzo et al.,                             indagine
                         Vercelli (VC)                    compreso tra 13 cm e 30 cm; altezza media compresa tra 13
     2008                                  inventariale
                         Novara (NO)                      m e 20 m; provvigione media pari a 300 m3 ha-1
                         Cuneo (CN)
 Angelini et al.,                            indagine     culminazione dell’incremento medio tra i 18 e 22 anni, con
                         Viterbo (VT)
    2013                                   inventariale   valori compresi tra 7,2 e 13 m³ ha-1
                                                          volume legnoso compreso tra 90 e 630 m3 ha-1 rispettiva-
                        Presila di Ca-
  Marziliano et                              indagine     mente per cedui di 9 e 50 anni; culminazione dell’incremento
                        tanzaro (Cala-
   al., 2013                               inventariale   medio all’età di 25 anni (16 m3 ha-1 anno-1); culminazione
                            bria)
                                                          dell’incremento corrente si osserva a 15 anni (21 m3 ha-1)
  Travaglini et         Chianti (To-         indagine     incremento medio pari a 6,7 e 4,7 m3 ha-1 anno-1 rispettiva-
   al., 2015               scana)          inventariale   mente per popolamenti di 20 e 30 anni
                        Monte Amiata                      numero di fusti compreso tra 736 e 968; diametro medio 7,2
  Manetti et al.,                            indagine
                            (SI)                          cm; area basimetrica compresa tra 23,43 m2 ha-1 e 25,61 m2 ha-1
     2016                                  inventariale
                                                          (età media 11 anni)
                        Colline Metalli-                  numero di fusti compreso tra 888 e 1324; diametro medio
  Manetti et al.,                            indagine
                              fere                        compreso tra 9,7 e 10,4 cm; area basimetrica compresa tra
     2016                                  inventariale
                             (GR)                         18,23 m2 ha-1 e 29,55 m2 ha-1 (età media 17 anni)
                                                          numero di fusti compreso tra 1.942 e 11.445 ha-1; diametro
                          Bracciano
                                                          medio varia da 4 a 16 cm; area basimetrica compresa tra
  Mattioli et al.,      (RM), Oriolo         indagine
                                                          17,54 m2 ha-1 e 41,86 m2 ha-1; numero di matricine variabile
     2016               Romano (VT)        inventariale
                                                          da 36 a 91; diametro medio compreso tra 24 e 46 cm (età
                         Sutri (VT)
                                                          media varia da 6 a 22 anni)
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                        285

    Specifiche linee guida per la selvicoltura dei cedui di castagno sono presen-
tate da Manetti et al. (2017). La contrazione del mercato degli assortimenti ri-
traibili dal trattamento a turno breve ha determinato una certa riduzione della
redditività del ceduo di castagno e sono sempre più spesso suggerite forme di
miglioramento colturale finalizzate ad un aumento della qualità dimensionale
degli assortimenti ritraibili mediante un significativo allungamento dei turni
(Angelini et al., 2013; Mattioli et al., 2016; Manetti et al., 2017). Già Amorini et
al. (1997) ritenevano che l’obiettivo di una produzione di qualità sia realizza-
bile, in stazioni fertili (altezza dominante superiore a 10 m a un’età di riferi-
mento di 10 anni), con turni tra 30 e 50 anni e 3-5 interventi di diradamento di
media intensità. Anche in stazioni a minore fertilità risulta consigliabile l’allun-
gamento del turno e l’esecuzione di più (2-3) diradamenti di bassa intensità.
Una riduzione graduale della densità arborea consentirebbe una migliore pro-
tezione del suolo e, allo stesso tempo, consentirebbe di ottenere un maggiore
diametro medio dei polloni a fine turno compensando i maggiori oneri di ge-
stione (Mattioli et al., 2016).
    Il diradamento è pratica indispensabile per mantenere un ritmo di accresci-
mento elevato e costante anche al fine di limitare la cipollatura (Leccese, 2000),
evitando di realizzare diradamenti tardivi che modifichino bruscamente il ritmo
incrementale e possano altresì generare un alto rischio di tale difetto (Fonti et
al., 2002; Becagli et al., 2006; Romagnoli et al., 2014). Spina e Romagnoli (2010)
hanno osservato che il legno di castagno nei cedui dei monti Cimini e Vicani è
più colpito dalla cipollatura rispetto ad altre provenienze italiane. Questo di-
fetto limita l’uso di legno di questa specie per gli assortimenti di maggior valore,
in particolare quelli utilizzabili come elementi strutturali (edifici e mobili). Ma-
netti et al. (2016) hanno studiato l’effetto di diverse intensità di diradamento
sui cedui di castagno nelle Colline Metallifere (GR) e Monte Amiata (SI) se-
guendo l’approccio della cosiddetta “selvicoltura ad albero” applicato selezio-
nando un numero limitato di alberi (50-100 ad ettaro): l’approccio si è dimo-
strato idoneo alla gestione del ceduo aumentando la complessità e il valore del
popolamento.
    Ulteriori opzioni gestionali sono legate alla trasformazione dei cedui castanili
in via di abbandono ubicati in aree ecologiche non idonee, dove il castagno soffre
la concorrenza delle specie tipiche della fascia vegetazionale o di specie meno
esigenti o addirittura esotiche: in questi casi, una scelta gestionale può essere di
assecondare l’evoluzione naturale in atto, come avviene su molti terreni compatti
nel caso dell’invasione spontanea di carpino nero; oppure, nel caso di soprassuoli
invasi da robinia, se non è possibile salvaguardare il castagno, favorire l’ingresso
di altre specie autoctone allo scopo di incrementare la biodiversità e la capacità
di resilienza.
    Il miglioramento del ceduo potrebbe essere realizzato inoltre con l’introdu-
zione di specie a legname pregiato: in questo senso, già Bagnaresi et al. (1997)
ipotizzavano l’introduzione della douglasia (Pseudotsuga menziesii Franco). L’intro-
duzione mediante innesto di varietà di castagno selezionate per la produzione
286                               V. QUATRINI ET AL.                 IFM LXXII  5/2017

legnosa potrebbe risultare di certo interesse anche nel ceduo: questa pratica è
però alquanto onerosa e, al momento, non sempre controbilanciata da adeguate
prospettive economiche per le produzioni ottenibili (Corona et al., 2002).
    Come ultima opzione e con riferimento alle stazioni più fertili, per quanto sia
una pratica alquanto difficile e sicuramente onerosa per una specie dall’elevata
capacità pollonifera fino a tarda età come il castagno, un’alternativa gestionale
può essere rappresentata dall’avviamento all’altofusto. L’approfondimento
delle conoscenze relative ai genotipi caratterizzati da superiori caratteristiche
tecnologiche del legname ritraibile e da scarsa suscettibilità alla cipollatura e
alle avversità biotiche potrebbe contribuire allo sviluppo e alla diffusione
dell’altofusto di castagno.

6. CEDUI DI FAGGIO

    Il faggio è specie caratteristica del piano montano di vegetazione, sia appen-
ninico che alpino e prealpino e ricopre quasi il 10% dell’intera superficie forestale
italiana, dove si rinviene all’interno di una vasta gamma di ambienti, dai siti alta-
mente umidi nelle valli alpine alle zone montuose della Sicilia (Hofmann, 1960).
Questa ampia distribuzione suggerisce l'esistenza di provenienze locali e adatta-
menti specifici (Magri et al., 2006; Rose et al., 2009).
    La maggior parte delle faggete sud-europee, così come quelle italiane, ha una
lunga storia fatta di utilizzazioni a ceduo e, mentre i cambiamenti economici e
sociali negli ultimi decenni con lo spopolamento delle zone di montagna e la
diminuzione della richiesta di legna da ardere (Chianucci et al., 2016) hanno di
fatto spinto verso una conversione all’altofusto sempre più frequente (Cutini et
al., 2015), i cedui a dominanza di faggio sono ancora molto diffusi, con una su-
perficie complessiva pari a 477.226 ha (INFC, 2005).
    La composizione e la struttura delle foreste di faggio in Italia sono il risultato
di numerosi fattori tra cui il tipo di selvicoltura utilizzato e la gestione che ha
caratterizzato la storia di ogni singolo popolamento (Nocentini, 2009), e soprat-
tutto il tipo di proprietà: circa il 39% dei boschi di faggio sono di proprietà pri-
vata mentre il rimanente 61% è diviso tra foreste demaniali e foreste di proprietà
di regioni, province e comuni.
    La forma di trattamento prevalente è il ceduo matricinato (59%), seguita dal
ceduo semplice (22%) e composto (19%) (INFC, 2005). Risulta tuttora presente
una certa estensione di cedui a sterzo, storicamente diffusi nella zona prealpina
soprattutto per la loro capacità di preservare la vitalità delle ceppaie, in genere
limitata in questi ambienti (Corona et al., 2002).
    La produzione è orientata alla legna da ardere e alle paste di carta, dato che,
nonostante la lunghezza dei turni consuetudinari, le dimensioni unitarie dei fusti
rimangono relativamente modeste e difficilmente utilizzabili per segati, a causa
della loro conformazione. I principali parametri dendroauxometrici misurati in
cedui di faggio sono riportati in Tabella 9.
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                                                               287

                     Tabella 9 - Parametri dendroauxometrici in cedui di faggio in Italia.
      Fonte                 Area              Tipo
                                                                                    Parametri
   bibliografica          geografica      di indagine
                                                         volume medio del fusto e dei rami grossi pari a 198,4 m3 ha-l;
                                           indagine      incremento corrente di 5,4 m3 ha-l anno-1; fitomassa epigea
   INFC, 2005               Italia
                                          inventariale   pari a 154 Mg ha-1 (71,5% dei popolamenti ricadono nella
                                                         classe di età > 40 anni)
                                                         incremento medio fra i 3 e i 4 m3 ha-1 anno-1 per prima classe
                        Madonie, Ne-       indagine
 Hofmann, 1960                                           di fertilità, fra 2 e i 3 m3 ha-1 anno-1 per quelle della seconda
                        brodi (Sicilia)   inventariale
                                                         con provvigioni a fine turno di 40-60 m3 ha-1
                                                         incremento medio pari ad almeno 5 m3 ha-1 anno-1 in ottima
                                                         fertilità (culminazione tra 12 e 20 anni); incremento medio
                                             tavola
  Bernetti, 1980           Toscana                       pari a 3-4 m3 ha-1 anno-1 in fertilità intermedia, (culminazione
                                          alsometrica
                                                         tra 12 e 24 anni); incremento medio pari a 2 m3 ha-1 anno-1
                                                         per i cedui di fertilità scadente (culminazione tra 12 e 26 anni)
                                                         incremento medio pari a 3,8 m3 ha-1 anno-1 (età media di 32
 Eccher e Piccini,                          indagine
                         Lombardia                       anni); culminazione tra 30 e 40 anni con valori incremento
      1985                                inventariale
                                                         pari a 4,6 m3 ha-1
                                            indagine     incremento medio pari a 3,5 m3 ha-1 anno-1 (età media di 29
    SAF, 1985               Lazio
                                          inventariale   anni)

  Ciancio et al.,       Monte Nuria         indagine     incremento medio pari a 2-4 m3 ha-1 anno-1 (età media di 40
     1990b                 (RI)           inventariale   anni)

 Hofmann et al.,                            indagine
                           Toscana                       volume legnoso pari a 207 m3 ha-1 (turno di 35-50 anni)
     1998                                 inventariale

  Brun e Furlan,                            indagine     volume legnoso pari a 205 m3 ha-1; incremento medio pari a
                          Piemonte
      2000                                inventariale   5,3 m3 ha-1 anno-1 (età media di 43 anni)
                                                         volume legnoso totale tra i 407,7 e i 418,6 m3 ha-1, area basi-
                                                         metrica tra 48,42 e 52,90 m2 ha-1 per i cedui non interessati
  Ciancio et al.,                           indagine
                           Calabria                      da diradamenti; volume legnoso totale tra i 312,2 e i 528,9 m3
      2007                                inventariale
                                                         ha-1, area basimetrica tra 33,94 e 54,41 m2 ha-1 per cedui inte-
                                                         ressati da un primo intervento di diradamento
                                                         biomassa epigea pari a 322 Mg ha-1; incremento medio di bio-
   Bertini et al.,         Alpe di          indagine
                                                         massa di 5,6 Mg ha-1 anno-1; necromassa pari a 27,7 Mg ha-1
      2012              Catenaia (AR)     inventariale
                                                         (età media di 57 anni)
                        Monte Nuria,
  Mattioli et al.,                          indagine     area basimetrica tra 43,4 e 54,9 m2 ha-1, volume totale fra 535
                        BorgoVelino
     2015                                 inventariale   e 619 m3 ha-1 (età media 67 anni)
                            (RI)
  Cullotta et al.,        Madonie,          indagine     volume legnoso dopo l’intervento tra 33,3 e i 163,5 m3 ha-1;
      2016                 Sicilia        inventariale   area basimetrica tra 10,5 e 48,4 m3 ha-1 (età dai 43 ai 54 anni)
                                                         provvigioni di 100 m3 ha-1 per cedui a regime, biomassa epi-
   Iovino et al.,                           indagine
                           Calabria                      gea legnosa tra 400 e 450 m3 ha-1 e area basimetrica tra 48 e
      2017b                               inventariale
                                                         60 m2 ha-1 per cedui in abbandono colturale (40-60 anni)

   La relativamente limitata capacità pollonifera, l’accrescimento relativamente
lento dei polloni e lo scarso valore economico dei prodotti legnosi hanno ridotto
nel tempo l’interesse per la gestione a ceduo del faggio. A ciò si aggiunge il fatto
che questi cedui hanno risentito negli ultimi decenni di un forte abbandono col-
turale, soprattutto nelle aree montane distanti dagli abitati o scarsamente servite
da strade (Nocentini, 2009). In queste condizioni si hanno soprassuoli non più
“a regime” (per INFC, 2005, circa la metà dei cedui a dominanza di faggio aveva
288                                V. QUATRINI ET AL.                    IFM LXXII  5/2017

oltre 30 anni) e ricchi di massa in piedi (a livello nazionale, i cedui di faggio sono
quelli che, insieme con i cedui di castagno, presentano i maggiori valori provvi-
gionali). Iovino et al. (2017b) riportano, per i cedui a regime calabresi, una prov-
vigione di circa 100 m3 ha-1, con valori maggiori o minori a seconda delle condi-
zioni di maggiore o minore fertilità dei suoli.
    Considerato il valore delle produzioni legnose del ceduo di faggio rispetto a
quelle potenzialmente ritraibili dalle fustaie (legname per compensati, tranciati e
segati di qualità), il mantenimento di questa forma di governo risulterebbe con-
veniente solamente per quei proprietari che preferiscono trarre un beneficio fi-
nanziario a breve termine. Pertanto, nonostante la maggiore redditività nel breve
periodo del governo a ceduo rispetto all’avviamento all’altofusto (Brun e Furlan,
2000), la ricchezza di specie (Del Favero, 2000) e, soprattutto, le relativamente
alte provvigioni presenti prospettano ottime possibilità di conversione in fustaie
biologicamente più stabili (Hermanin, 1988), puntando su interventi che guidino
e accelerino questo processo.
    In relazione alla ubicazione dei cedui e alle condizioni di densità dei sopras-
suoli, i metodi di conversione possono essere ricondotti a quello per evoluzione
autonoma (quindi, senza alcun intervento colturale) per quelli che ricadono
all’interno delle riserve integrali dei Parchi e, per gli altri cedui, al metodo del
rilascio intensivo di allievi (Ciancio e Nocentini, 2004; Ciancio et al., 2007). A
riguardo, Ciancio et al. (2007) hanno applicato un algoritmo colturale caratteriz-
zato da interventi di debole intensità, ripetuti a brevi intervalli di tempo. Appli-
cando tale metodo è stato verificato come prelevando dal 13 al 33% di massa
non si alterano le condizioni strutturali del soprassuolo, non si modifica l’effica-
cia della copertura sulla conservazione del suolo e non si provoca un impatto
significativo dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Altre modalità gestio-
nali per i cedui di faggio appenninici oltre turno sono proposte da Cullotta et al.
(2016), Cutini et al. (2015) e Mattioli et al. (2015).

7. CATEGORIE PARTICOLARI DI CEDUI

    Per completare il quadro conoscitivo vengono di seguito analizzate alcune
categorie di boschi cedui che hanno un’estensione complessivamente limitata ma
che assumono una ben definita rilevanza a livello nazionale: cedui di robinia (Ro-
binia pseudoacacia L.), di ontani (Alnus spp.), di salici (Salix spp.) e di eucalitti (Eu-
calyptus spp.). Vale la pena ricordare che in passato anche i boschi di betulla (Be-
tula pendula Roth) erano governati a ceduo con riserva di matricine (Agostini,
1981) e sottoposti a sistematiche utilizzazioni (a esempio sull’Etna, come ripor-
tato da Bagnato et al., 2014, fino all’istituzione del Parco Regionale nel 1987).

7.1 Cedui di robinia
   La robinia è specie che si adatta ottimamente al governo a ceduo in quanto la
sua capacità pollonifera si mantiene molto elevata anche a età avanzate e la
CARATTERISTICHE PRODUTTIVE E GESTIONE DEI CEDUI IN ITALIA                                                      289

facilità di emissione di polloni radicali fa sì che non si abbiamo problemi di
riduzione del numero di ceppaie nel tempo. I cedui di robinia sono diffusi in
tutta la penisola, particolarmente in corrispondenza dei confini campestri e,
soprattutto, lungo le scarpate stradali e ferroviarie. La Tabella 10 riporta i
principali parametri dendroauxometrici rilevati in cedui di robinia.

                 Tabella 10 - Parametri dendroauxometrici in cedui di robinia in Italia.
    Fonte               Area              Tipo
                                                                              Parametri
 bibliografica        geografica      di indagine
  Giordano,                             indagine     incremento medio compreso tra 5 e 10 m3 ha-1 anno-1
                      Piemonte
    1949                              inventariale   (turno di 14 anni)
                                                     volume cormometrico di 20 m3 ha-1 (età media di 18 anni)
  Hermanin,          Garfagnana         indagine
                                                     nella prima classe di fertilità e circa la metà nella quinta
    1987               (LU)           inventariale
                                                     classe
   Regione
                                        indagine
   Veneto,             Veneto                        provvigione media pari a 88 m3 ha-1 (turno di 13-14 anni)
                                      inventariale
    1987
  Hoffmann                              indagine
                      Toscana                        volume legnoso pari a 100 m3 ha-l (età media di 14 anni)
  et al., 1998                        inventariale
                                                     diametro medio 4 cm (età media di 3-4 anni) e 22 cm (età
                                                     media di 39-41 anni); altezza media e altezza dominante
  Pividori e           Alto             indagine     di 8,5-14,3 m (età media di 4 anni) e di 25-32,2 m (età
 Grieco, 2003      Canavese (TO)      inventariale   media di 40 anni); massa legnosa pari a 298 m3 ha–1 (età
                                                     media di 20-25 anni); incremento medio di 13 m3 ha–1
                                                     anno–1 (età media di 20-25 anni)
                                                     incremento corrente compreso tra 16 e 28 m3 ha–1 anno–1
                                                     in funzione della differente tipologia di trattamento (testi-
   Canesin,         Friuli-Venezia       prova
                                                     mone non trattato pari a 14 m3 ha–1 anno–1) e produzione
    2010                Giulia        sperimentale
                                                     di sostanza secca che varia tra 10 e 17 Mg ha–1 anno–1 (te-
                                                     stimone non trattato pari a 8 Mg ha–1 anno–1)
                                                     incremento corrente pari a 10 m3 ha–1 anno–1 al secondo
 Ciccarese e                             prova       e terzo anno dopo la piantagione; incremento corrente di
                    Italia centrale
 Soraci, 2014                         sperimentale   20 m3 ha–1 anno–1 dopo la prima utilizzazione e si può
                                                     mantenere fino ad altri quattro cicli di rotazione

   A causa dell’elevata capacità pollonifera, della leggerezza della chioma e della
conformazione dell’apparato radicale, questa specie si presta al consolidamento di
pendici (tranne che su terreni argillosi molto compatti) e di scarpate artificiali (Co-
rona et al., 2002). La grande adattabilità a situazioni ambientali diverse fa sì che
questa specie abbia progressivamente acquisito un ruolo di primaria importanza
in molte zone di pianura e di collina, soprattutto dell’Italia centrale e settentrionale,
nonostante il carattere invasivo. La diffusione di questi cedui si è avuta soprattutto
a spese dei cedui di castagno ubicati in zone ecologicamente non idonee e dei
boschi misti mesotermofili abbandonati. Quando la robinia riesce a prendere il
sopravvento è capace di formare anche soprassuoli puri (Bernetti, 1987).
   I turni consuetudinari dei cedui di robinia non superano, in linea di massima,
13-14 anni: spesso le normative vigenti non pongono vincoli di matricinatura.
Inoltre, essendo una specie ad accrescimento rapido, risulta adatta per pianta-
gioni del tipo short-rotation coppices (Facciotto e Mughini, 2003; Facciotto, 2012).
290                                             V. QUATRINI ET AL.                              IFM LXXII  5/2017

Il legno, apprezzato anche come combustibile, presenta ottime caratteristiche di
durabilità e resistenza, ed è utilizzato per piccoli segati e paleria.
    Tenuto conto delle osservazioni di Hermanin (1987), secondo cui la culmi-
nazione dell’incremento medio annuo avviene in genere oltre 18 anni di età, cioè
ben oltre l’età consuetudinaria di utilizzazione, si potrebbe anche propendere per
un sostanziale allungamento dei turni, mantenendo il governo a ceduo per l’ele-
vata produzione legnosa che garantisce. Questa misura permetterebbe, tra l’altro,
di aumentare le dimensioni dei fusti, che così potrebbero essere proficuamente
destinati anche ad assortimenti da sega. Di contro, un ostacolo tecnico può es-
sere costituito dall’eccessiva concorrenza tra i polloni, sempre molto numerosi
per la presenza di ricacci radicali: in questo caso, è necessario un intervento di
sfollo a metà turno (Corona et al., 2002).
    Sebbene la robinia sia da considerare ormai integrata nel paesaggio italiano, il
carattere invasivo, l’estrema rapidità nella propagazione e nell’accrescimento
hanno determinato qualche avversione per la specie, motivata da preoccupazioni
di ordine naturalistico: possono infatti sorgere difficoltà di controllo a scapito di
boschi a prevalenza di specie autoctone o anche di superfici a diversa destina-
zione (come i prati). Tuttavia, Colle (1987) sosteneva che per valorizzare le po-
tenzialità produttive della specie da un punto di vista selvicolturale si potrebbe
puntare proprio sui robinieti di invasione.

7.2 Cedui di ontani
   I cedui di ontano, diffusi in Pianura Padana e in alcune zone costiere (ontano
nero, Alnus glutinosa (L.) Gaertner) e nelle aree submontane e montane centro-
meridionali (ontano napoletano, A. cordata Loisel.), sono destinati, in genere, alla
produzione di paleria e frascame (Ciancio, 1979).
   Il trattamento adottato per questi cedui è generalmente a ceduo semplice o
scarsamente matricinato (20-30 matricine a ettaro) con taglio raso a fine turno. I
turni consuetudinari, in funzione delle finalità degli assortimenti da ricavare, di
solito sono compresi fra 12 e 20 anni (tondelli da cellulosa), con produzioni me-
die annue di 6-15 m3 ha-1 (Tabella 11).

                      Tabella 11 - Parametri dendroauxometrici in cedui di ontano in Italia.
         Fonte                Area            Tipo         Specie
                                                                                        Parametri
      bibliografica         geografica    di indagine    prevalente
                                                                      massa legnosa di 149 m3 ha-1 con un incre-
                                                                      mento medio superiore a 12 m3 ha-1 anno-1
                             pianura        indagine      ontano      (prima classe di fertilità all’età di 12 anni);
  Giordano, 1949
                           piemontese     inventariale     nero       massa legnosa di 70 m3 ha-1 con un incremento
                                                                      medio di quasi 6 m3 ha-1 anno-1 (terza classe di
                                                                      fertilità all’età media di 12 anni)
                                                                      incremento medio comprese tra 10-15 m3 ha-
                                                                      l anno-1 in condizioni stazionali idonee (turno
   Mercurio e                               prova          ontano
                              Italia                                  da 15 a 20 anni); produzioni medie di bio-
  Minotta, 2000                          sperimentale    napoletano
                                                                      massa da triturazione superiori a 15 Mg ha-1
                                                                      anno-1 (turno di 2-6 anni)
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