Corso di Radioastronomia 1 - Aniello (Daniele) Mennella Dipartimento di Fisica - cosmo
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Corso di Radioastronomia 1 Aniello (Daniele) Mennella Dipartimento di Fisica Quarta parte: ricevitori incoerenti
I bolometri I ricevitori bolometrici, comunemente detti bolometri, sono dispositivi sensibili alla radiazione elettromagnetica incidente e in grado di fornire direttamente una risposta elettrica dipendente dalla potenza in ingresso Il termine “bolometrico” (dal greco bolometron ovvero misuratore di oggetti lanciati) si riferisce alla capacità di rilevare la radiazione su un ampio range spettrale. Per questo motivo la selezione della banda di misura viene effettuata a monte del bolometro mediante opportuni filtri Il bolometri vengono accoppiati alla radiazione proveniente dal cielo mediante antenne, lisce o corrugate oppure lenti dielettriche Storicamente questi rivelatori sono stati impiegati per misure a frequenze maggiori di 100 GHz, dove la tecnologia coerente mostra i suoi limiti in termini di stabilità e dove, al contrario, i problemi tecnologici da affrontare nello sviluppo di rivelatori bolometrici sono inferiori Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Accoppiamento con bolometri – alcuni esempi Planck High Frequency Instrument Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Accoppiamento con bolometri – alcuni esempi BICEP2- BICEP3 (Telescopi per misura della polarizzazione del fondo cosmico – Polo Sud) BICEP3 BICEP2 Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Accoppiamento con bolometri – alcuni esempi Polarbear (Telescopo per misura della polarizzazione del fondo cosmico – Atacama, Cile) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Accoppiamento con bolometri – alcuni esempi Polarbear (Telescopo per misura della polarizzazione del fondo cosmico – Atacama, Cile) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Accoppiamento con bolometri – alcuni esempi Polarbear (Telescopo per misura della polarizzazione del fondo cosmico – Atacama, Cile) Lentine dielettriche accoppiate con i rivelatori per aumentare la direttività Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio di funzionamento di un bolometro Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio di funzionamento Lo schema di un rivelatore bolometrico è rappresentato in figura. Il ricevitore è costituito da materiale che assorbe la radiazione (tipicamente una griglia metallica) caratterizzato da capacità termica C. Questo materiale è connesso termicamente a un “pozzo” termico a temperatura costante Ts mediante un link caratterizzato da conducibilità termica G Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio di funzionamento Il rivelatore è anche collegato elettricamente a un circuito di lettura alimentato a corrente costante, Ib e caratterizzato da resistenza R. Quando la radiazione incide sul rivelatore la sua temperatura aumenta, e questo aumento di temperatura causa una variazione nella resistenza del circuito di lettura che modifica la tensione che viene letta a valle del circuito. Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
L’accoppiamento termico del bolometro Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
La risposta a un segnale variabile nel tempo Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
La risposta a un segnale variabile nel tempo Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Le proprietà di rumore di un bolometro Vi sono diverse sorgenti di rumore in un bolometro che ne riducono la sensibilità: (i) il rumore Johnson presente nel sensore, (ii) rumore generato da fluttuazioni termiche (rumore fononico), (iii) rumore generato dalle fluttuazioni casuali nel tasso di assorbimento dei fotoni da parte dell’assorbitore (rumore fotonico), (iv) rumore causato dal circuito di lettura L’utilizzo di sistemi criogenici per raffreddare i bolometri a temperature di qualche decimo di K ha fatto sì che i bolometri siano dominati dal rumore fotonico che, di fatto, è ineliminabile. Per caratterizzare il rumore di un bolometro si utilizza il parametro denominato NEP (Noise Equivalent Power) definito come la potenza necessaria a generare un segnale pari a quello generato dal rumore (r.m.s.) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Le proprietà di rumore di un bolometro Vi sono diverse sorgenti di rumore in un bolometro che ne riducono la sensibilità: (i) il rumore Johnson presente nel sensore, (ii) rumore generato da fluttuazioni termiche (rumore fononico),Si(iii) può dimostrare rumore che il dalle generato NEP relativo al rumore fluttuazioni casuali nel tasso fotonico indei di assorbimento unafotoni bandadaΔνparte di una sorgente di corpo dell’assorbitore (rumore nero alla temperatura T è dato da fotonico), (iv) rumore causato dal circuito di lettura L’utilizzo di sistemi criogenici per raffreddare i bolometri a temperature di qualche decimo di K ha fatto sì che i bolometri siano dominati dal rumore fotonico che, di fatto, è ineliminabile. Per caratterizzare il rumore di un bolometro si utilizza il parametro denominato NEP (Noise Equivalent Power) definito come la potenza necessaria a generare un segnale pari a quello generato dal rumore (r.m.s.) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I bolometri dello strumento Planck High Frequency Instrument (HFI) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I bolometri spider-web e PSB (polarization sensitive) Lo strumento HFI è composto da una schiera di 52 bolometri in cinque bande di frequenza, centrate a 100, 143, 217, 353, 545 e 857 GHz Sono stati impiegati due diverse tipologie di bolometri: spider- web, per i canali non sensibili alla polarizzazione (545 GHz e 857 GHz), e PSB (Polarization Sensitive Bolometers) per i restanti canali. Ogni bolometro è costituito da un substrato di nitruro di silicio (SI3N4) sul quale è stato depositata una sottile griglia metallica (oro) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I bolometri spider-web I bolometri spider-web sono stati progettati per essere sensibili all’intensità totale mantenendo una bassa reattività ai raggi cosmici. I raggi cosmici (particelle ad alta energia) costituiscono uno dei problemi principali dei rivelatori bolometrici, causando segnali spuri che devono essere riconosciuti e rimossi in fase di analisi dati La spaziatura della griglia fa sì che la sezione d’urto con i raggi cosmici sia minimizzata, mentre quella con i fotoni a microonde sia massimizzata. Nella figura si notano sia la griglia che il sensore di ~ 1 cm temperatura al centro Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I bolometri PSB I bolometri PSB sono stati progettati per consentire misure di polarizzazione La sensibilità alle due componenti polarizzate si ottiene grazie a due griglie metalliche nella stessa cavità orientate in direzioni ortogonali. Ogni griglia è collegata a un proprio sensore e rileva metà della potenza totale. A fronte di un design concettualmente semplice i PSB sono limitati nella purezza della polarizzazione (sia nella cross-polarizzazione ~ 1 cm che nell’angolo di polarizzazione) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Sensibilità dei bolometri di HFI Il grafico a sinistra mostra il rapporto fra il NEP misurato e quello richiesto dalle specifiche di progetto Si può notare come il livello di rumore sia in tutti i casi migliore del requisito e in alcuni casi prossimo al livello del background fotonico Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
L’effetto dei raggi cosmici Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
L’effetto dei raggi cosmici I raggi cosmici hanno costituito un problema importante nelle misure dello strumento Planck-HFI, che è stato affrontato mediante un sistema di flagging e rimozione dei dati affetti, con una conseguente riduzione di sensibilità finale nella misura (a causa del minore tempo di integrazione) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I bolometri di tipo TES (Transition Edge Sensors) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio alla base dei sensori TES Curva di resistenza di un materiale I sensori TES sono bolometri in cui il superconduttore in prossimità della metallo è costituito da un materiale temperatura critica di transizione superconduttore che viene mantenuto a una temperatura prossima a quella di transizione In questa regione ogni variazione di temperatura causata dall’interazione con la radiazione incidente causa una grande variazione nella resistenza che viene rilevata dal circuito di lettura. Questo conferisce ai sensori TES una sensibilità molto prossima al rumore fotonico. Una delle limitazioni che ha impedito lo sviluppo di questi sensori per circa mezzo secolo è stata la difficoltà di sviluppare dei circuiti di lettura a basso rumore. Queste difficoltà sono state superate grazie ai sistemi di lettura SQUID Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I circuiti di lettura SQUID (Superconducting QUantum Interference Device) Il sensore TES è collegato a un circuito di alimentazione a tensione costante, così che l’aumento di resistenza causato dalla radiazione elettromagnetica incidente generi una diminuzione della corrente che fluisce nel sensore Per poter rilevare questa riduzione di corrente si utilizzano dei sistemi di lettura SQUID (Superconducting QUantum Interference Device) accoppiati induttivamente al TES che reagiscono al campo magnetico generato dalla variazione di corrente I sistemi SQUID consentono il multiplexing, ovvero la possibilità di controllare più sensori in contemporanea, grazie alla loro ampia larghezza di banda Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I sensori TES dello strumento BICEP2 Il piano focale a 150 GHz dello strumento BICEP2 situato nella stazione americana di South Pole è costituito da 512 antenne planari ciascuna collegata a un sensore TES raffreddato a 300 mK Ogni unità polarimetrica ha le dimensioni di 7x7 mm ed è costituita da due antenne ortogonali a microstriscia ciascuna accoppiata a un bolometro TES Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I sensori TES dello strumento BICEP2 Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Piani focali basati su TES per il programma BICEP Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
I sensori di tipo KID (Kinetic Inductance Detectors) Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio alla base dei sensori KID (Kinetic Inductance Detectors) I sensori a induttanza cinetica sono stati proposti per la prima volta nel 2002 dai laboratori Caltech e NASA-JPL. La loro semplicità realizzativa (rispetto ai TES) e il loro potenziale di sensori al alta sensibilità (molto prossimi al rumore fotonico) ne ha accelerato la ricerca e sviluppo al punto che in questi anni si stanno proponendo come i più diretti concorrenti ai detector di tipo TES Un sensore KID è essenzialmente un circuito LC risonante in un materiale tenuto a temperature in cui il suo comportamento è superconduttivo (ad esempio alluminio, che diventa superconduttore a temperature inferiori a 1.2 K). Quando un fotone interagisce con il circuito, l’energia rilasciata rompe parte delle coppie di Cooper generando quasi-particelle L’aumento delle quasi-particelle cambia l’induttanza cinetica del circuito e, conseguentemente, la frequenza di risonanza. Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio alla base dei sensori KID (Kinetic Inductance Detectors) I sensori a induttanza cinetica sono stati proposti per la prima volta nel 2002 dai laboratori Caltech e NASA-JPL. La loro Le coppie realizzativa semplicità di Cooper (rispetto sono coppie di elettroni ai TES) che e il loro potenziale di risultano sensori al legate grazie alta sensibilità (moltoall’interazione fra gli fotonico) prossimi al rumore elettroni ne ha e i fononi, accelerato ovvero la ricerca le fluttuazioni e sviluppo al puntodel chereticolo in questidegli anni si stanno ioni del proponendo materiale come dovute i più diretti alle variazioni concorrenti di ai detector di tipo TES temperatura Un sensore KID è essenzialmente un circuito LC risonante in un materiale tenuto aQueste coppiein sicui temperature formano solo quando la è superconduttivo (ad il suo comportamento esempiotemperatura alluminio, che è sufficientemente bassa e sono diventa superconduttore a temperature inferiori a responsabili 1.2 K). Quando del comportamento un fotone interagisce consuperconduttivo il circuito, l’energia rilasciata del materiale rompe parte delle coppie di Cooper generando quasi-particelle L’aumento delle quasi-particelle cambia l’induttanza cinetica del circuito e, conseguentemente, la frequenza di risonanza. Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio alla base dei sensori KID (Kinetic Inductance Detectors) I sensori a induttanza cinetica sono stati proposti per la prima volta nel 2002 dai laboratori Caltech e NASA-JPL. Le quasi-particelle La loro semplicità realizzativasono gli elettroni (rispetto ai TES)quando e il loronon potenziale di sensori alsono alta legati ad altri sensibilità elettroni (molto prossimiin coppie al rumoredi Cooper. fotonico) ne ha Quando accelerato gli elettroni la ricerca sono e sviluppo singoli che al punto si muovono in questi anni si stanno all’interno proponendo comedel conduttore i più soggetti alle diretti concorrenti complesse ai detector di tipo TES interazioni con il reticolo di ioni e con gli altri elettroni. Un sensore KID è essenzialmente un circuito LC risonante in un materiale tenuto a temperature in cui il suo comportamento è superconduttivo (ad esempio Ilalluminio, termine quasi-particella si riferisce al fatto che diventa superconduttore che è a temperature inferiori a possibileundescriverne 1.2 K). Quando il moto con fotone interagisce (in modo il circuito, l’energia rilasciata approssimato) rompe parte delle coppieconsiderando di Cooper l’elettrone generandocome una quasi-particelle particella in spazio libero ma dotato di una massa L’aumentodifferente (massa effettiva) delle quasi-particelle cambia l’induttanza cinetica del circuito e, conseguentemente, la frequenza di risonanza. Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio alla base dei sensori KID (Kinetic Inductance Detectors) I sensori a induttanza cinetica sono stati proposti per la prima volta nel 2002 dai laboratori Caltech e NASA-JPL. La loro semplicità realizzativa (rispetto ai TES) e il loro potenziale di L’induttanza sensori al totale alta sensibilità del circuito (molto prossimiconsta di due al rumore parti, ne ha fotonico) unalageometrica, accelerato che dipende ricerca e sviluppo dalla al punto chedisposizione in questi anni si stanno geometrica proponendo come idel piùcircuito stesso, e una diretti concorrenti cinetica, che ai detector è TES di tipo influenzata dalla densità di quasi particelle. Un sensore KID è essenzialmente un circuito LC risonante in un materiale tenuto aL’interazione temperature con in cuii fotoni il suo aumenta il numero comportamento di è superconduttivo (ad esempioquasi-particelle a spesesuperconduttore alluminio, che diventa delle coppie di Cooper e, a temperature inferiori a pertanto, cambia la parte cinetica dell’induttanza e, 1.2 K). Quando un fotone interagisce con il circuito, l’energia rilasciata conseguentemente, rompe parte delle coppie dil’induttanza totale Cooper generando quasi-particelle L’aumento delle quasi-particelle cambia l’induttanza cinetica del circuito e, conseguentemente, la frequenza di risonanza. Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio alla base dei sensori KID (Kinetic Inductance Detectors) I sensori a induttanza cinetica sono stati proposti per la prima volta nel 2002 dai laboratori Caltech e NASA-JPL. La loro semplicità realizzativa (rispetto ai TES) e il loro potenziale di sensori al alta sensibilità (molto prossimi al rumore fotonico) ne ha La frequenza accelerato la ricerca edisviluppo risonanza al di un circuito punto LC è data che in questi anni si stanno da ω0come proponendo = (LC)i più. diretti -1/2 Quando alimentiamo concorrenti il circuitodicon ai detector tipo TES un segnale AC alla frequenza ω0 il circuito risuona Un sensore ovveroKID vi è si essenzialmente un circuito instaura una corrente LC risonante oscillante alla in un materiale tenuto afrequenza temperature ω0 inchecuisiilsmorza suo comportamento solo dopo un ècertosuperconduttivo (ad esempiotempo. alluminio, che diventa superconduttore a temperature inferiori a 1.2 K). Quando un fotone interagisce con il circuito, l’energia rilasciata rompe parte delle coppie di Cooper generando quasi-particelle L’aumento delle quasi-particelle cambia l’induttanza cinetica del circuito e, conseguentemente, la frequenza di risonanza. Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
Il principio alla base dei sensori KID (Kinetic Inductance Detectors) Feedline, accoppiata capacitivamente al sensore capacitiva e induttiva Sensore, con parte L’interazione dei fotoni con il sensore cambia la frequenza caratteristica del circuito. La differenza Messa a terra, con in fase e in ampiezza della risposta rispetto a un accoppiamento capacitivo segnale di alimentazione (tono) inviato tramite la feedline viene correlata con la potenza della radiazione incidente Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
L’accoppiamento con la feedline Una schiera di sensori KID può essere accoppiata ad un’unica feedline che invia una serie di toni a varie frequenze e registra la risposta dei vari sensori (ciascuno caratterizzato da una sua propria frequenza di risonanza). Questo semplifica grandemente la parte di lettura del circuito rispetto a quanto è necessario per i sensori di tipo TES Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
La camera NIKA al telescopio IRAM Il telescopio di 30 m dell’Institut de Radioastronimie Millimetrique di Grenoble è uno dei due telescopi dell’istituto francese È situato in Spagna, nella Sierra Nevada a circa 2800 m di altitudine ed è dedicato a osservazioni nelle microonde e nel sub- millimetrico Lo strumento NIKA (Neel IRAM KID Array) è un ricevitore dual-band (150/220 GHz) basato su sensori KID raffreddati a circa 100 mK Questo strumento ha dimostrato la fattibilità e le potenzialità di questo genere di sensori. Attualmente è in corso una seconda versione dello strumento, NIKA2 Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I A.A. 2018-2019
La camera NIKA A sinistra vediamo lo schema ottico dello strumento. Le due bande di frequenze sono ottenute mediante un filtro dicroico posto di fronte ai due piani focali orientati a 90° l’uno rispetto all’altro. A destra vediamo l’immagine dei due piani focali e del dettaglio dei sensori KID. L’immagine (a) è relativa al piano focale a 150 GHz, costituito da 144 sensori di tipo LEKID (Lumped Element KID, in cui sia l’antenna che il sensore sono integrati nello stesso circuito). L’immagine (b) è relativa al piano focale a 220 GHz, costituito da 256 sensori di tipo Antenna coupled, in cui il sensore è connesso a un’antenna a dipolo A.A. 2018-2019 planare. Aniello Mennella Corso di Radioastronomia I
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