Cantare il Salmo responsoriale.

Pagina creata da Emma Di Mauro
 
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Cantare il Salmo responsoriale.
   Il Salmo tra le letture si chiama responsoriale perché nella sua struttura contiene
una risposta: al solista che canta le strofe, l’assemblea risponde con il ritornello.
   Ciò che caratterizza la forma responsoriale è l’alternanza tra salmista e
assemblea. In essa si realizza in maniera eminente la funzione di proclamazione e di
risposta. Perciò i diversi versetti del salmo sono da affidare al salmista, quale
ministro liturgico cui compete questa proclamazione e il responsorio-ritornello alla
comunità, che risponde al messaggio di Dio. E’ evidente quindi che questa
proclamazione del salmo non si concilia bene con l’esecuzione dei versetti
salmodici fatta da un gruppo o dal coro anziché dal solista.
   Il Salmo non è semplicemente una quarta lettura della parola di Dio. Essa ha una
funzione particolare: viene proposto all’assemblea per rispondere a Dio che gli
parla. Il Salmo offre la possibilità all’assemblea celebrante di adempiere un compito
che è nella dinamica della liturgia della Parola, anzi, di tutta la celebrazione: “Nella
Liturgia, Dio parla al suo popolo e Cristo annuncia ancora il suo Vangelo; il popolo a
sua volta risponde a Dio con il canto e la preghiera” (SC 33). A Dio che ci parla,
rispondiamo con la parola di Dio costituita dal salmo. E’ Dio stesso che pone sulle
nostre labbra e nel nostro cuore la risposta opportuna a quanto egli ci ha detto.
Proprio per questa sua origine e funzione, il salmo non è sostituibile da altro testo,
tanto meno da una canto di nostra fattura.
   La forma responsoriale non è una invenzione recente; essa è già presente nel
salterio come è testimoniato dalla struttura di certi salmi.
   Salmo 117: “Celebrate il Signore perchè è buono:
                   R. Perchè eterna è la sua misericordia” .
   Sal. 136: “Lodate il Signore perché è buono:
                R. Perché eterna è la sua misericordia”;
                 Sal. 67: “Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia
    splendere il suo volto, perché si conosca sulla terra la sua via, su la sua salvezza
    in tutte le nazioni:     Rit: Ti lodino i popoli , Dio, ti lodino i popoli tutti”.
   Le norme liturgiche non consentono solo la forma responsoriale. E’ possibile
anche il canto direttaneo che si ha quando il salmo viene cantato tutto di seguito,
senza ritornello o dal solista o da tutta l’assemblea (Es.: Il Signore è mio pastore, di
Passoni-Turoldo). In ogni caso, anche quando per la povertà dei nostri mezzi dovesse
essere letto, non perde la sua funzione di risposta meditata alla parola di Dio. Perciò
esso va scandito lentamente, per favorire la comprensione e l‘assimilazione da parte
di tutti.
    Il pregio particolare della forma responsoriale è che essa ha il potere di unire
nell’unisono della risposta cantata le voci di tutti i fedeli e testimoniare l’unità del
popolo di Dio nel momento nel quale esso è chiamato a rinnovare l’alleanza nel
sangue del Cristo. Inoltre, con la ripetizione del ritornello, il Salmo responsoriale
possiede uno straordinario potere di assimilazione del testo che rimane inciso nella
mente e nel cuore, tanto di emergere anche fuori dalla celebrazione
    Quanto si è detto evidenzia la delicatezza del compito affidato al salmista. Egli
non è semplicemente chiamato a cantare ma a far risuonare all’udito, alla mente e
al cuore dei fedeli la risposta che Dio si attende dal suo popolo. Sono richieste doti
musicali di intonazione e di voce ma anche sensibilità spirituale per interpretare e
comunicare quanto il salmo esprime. Siamo invitati a porre sempre più l’attenzione
sul senso e sulla finalità delle azioni e dei servizi che siamo chiamati a compiere nella
celebrazione liturgica per tendere a realizzarlo per quanto spetta a noi. Non è
sufficiente porre delle azioni, occorre scoprirne e viverne il senso.

    Come cantare il salmo?
    Il termine Salmo dice già canto. Significa cantare accompagnati dal salterio, una
piccola cetra che si reggeva sulle braccia. Il testo dei salmi è lirico, di alta poesia. Non
è indispensabile cantarlo il salmo, però esso raggiunge la sua pienezza di
espressione solo con il canto.
    Il canto dei Salmi la comunità cristiana lo ha ereditato dalla sinagoga. Già questa
tradizione costituisce una valore aggiunto preziosissimo se pensiamo che è stato il
libro di preghiera del popolo eletto fino a Gesù e a Maria. Gesù vi ha letto, meditato
e pregato la sua storia perché tutta la Scrittura parla di lui e i salmi in particolare. Nel
canto dei Salmi egli ha vissuto un momento di intensa sintonia con l’uomo,
condividendone i problemi e presentandoli a Dio nel suo dialogo filiale. E quella
disponibilità che il vangelo riferisce di Maria che “custodiva tutte queste cose
meditandole nel suo cuore”, ci autorizza a pensare al ruolo dei Salmi nella sua vita
interiore. Per questo prezioso carico di storia sacra che portano con se i salmi, la
chiesa non ha cercato altri canti per le sue liturgie e, fin dalle origine, ha fatto del
Salterio il suo unico repertorio di canti. Tutte le parti proprie della messa (ingresso,
graduale, alleluia, offertorio e comunione) sono costituite dai Salmi, originariamente
in forma semplice, poi, via via sempre più elaborati fino alla situazione codificata nel
Liber usualis dove sono riprodotte solo le antifone e qualche versetto, proprio per
l’estensione della melodia acquisita nel tempo. Esemplare, a questo riguardo,
proprio il salmo responsoriale, (aveva assunto il nome di Graduale, perché veniva
cantato sul gradus, (gradino) un punto elevato del coro, situato al centro della
navata), del quale ora rimane solo l’antifona e un versetto, elegantemente elaborati
in espressioni contemplative, ma, impossibili per essere assimilati e ripetuti
dall’assemblea, e prolungati fino a non lasciare tempo per l’esecuzione degli altri
versetti del salmo. Percorrendo questa prassi, il canto del salmo responsoriale è
stato via via sempre più sottratto alla comprensione e alla partecipazione del
popolo, riservandolo al coro e ai cantori specializzati.

   Sarà interessante notare qui di passaggio, che il movimento protestante, volendo
proporre al popolo una repertorio nuovo di canti per la preghiera pubblica, accanto
a testi e melodie di nuova composizione, abbia attinto abbondantemente anche ai
salmi, proposti non più in forma responsoriale o antifonale ma in forma innica o
corale. Ne abbiamo un esempio cospicuo nel salterio ginevrino (1500) e quello
parigino (1600) dai quali, dopo il concilio, anche i musicisti italiani sono andati ad
attingere qualche brano, soprattutto per la bellezza delle melodie. Da qui vengono i
canti come: “Noi canteremo gloria a te”, “Quanta sete nel mio cuore”, “Tutta la
terra canti a Dio”, “Tu, fonte viva”, ed altri.

    Dal canto gregoriano abbiamo ereditato gli otto toni salmodici, ognuno dei quali
ricalca la struttura testuale del versetto: diviso in due parti, (emistichi) ognuna delle
quali viene cantata su una corda di recita, con alcune note d’intonazione e cadenza.
Sono moduli semplici, ripetitivi, pratici per il canto alternato dei salmi nella liturgia
delle ore. Il popolo cristiano fino a qualche decennio fa li conosceva a memoria
perché su di essi cantava ogni domenica i Vespri.
    A una salmodia semplice, strutturata sul modello della tradizione gregoriana, si
rifanno anche i primi tentativi di salmodia responsoriale proposta alla diocesi nel
“Libro della preghiera”. In occasione della pubblicazione di questo repertorio,
vennero proposti alcuni ritornelli e moduli salmodici per il canto del salmo
responsoriale. Eravamo alla fine degli anni sessanta o ai primo del settanta e si
muovano i primi passi in questo campo. Vennero proposti alcuni ritornelli e salmi
rispondenti ai principali temi ricorrenti nella Parola: lode, supplica, parola di Dio. Da
qui viene quel ritornello: “Dà lode al Signore, anima mia” che è entrato nella
memoria di ogni buon fedele.
I moduli Gelineau

   Tra le forme nuove di salmodia ebbe molto successo la proposta di J. Gelinau,
gesuita francese, musicologo e biblista. Le sue formule sono nate dallo studio della
salmodia ebraica e hanno il pregio di dare maggiore respiro al testo, permettendo
di cantare non versetto dopo versetto ma più versetti uniti in strofe. Le sue sono
formule nate primieramente per la salmodia solistica di tipo recitativo, alternato
con ritornelli. Abbiamo così il ripristino della forma responsoriale originaria, quella
che si era persa da molto tempo. La sua proposta ottenne ampio consenso
specialmente al suo primo apparire in Italia con la pubblicazione di “Trenta salmi e
un cantico” (1962) proprio all’inizio del Concilio, il quale, sollecitando la
partecipazione del popolo, vedeva in questa pubblicazione uno strumento quanto
mai opportuno. Alcuni di questi canti sono entrati nel repertorio più conosciuto e
diffuso: “L’anima mia ha sete del Dio vivente”; “Purificami, o Signore”; “Il Signore è
mio pastore”, ed altri. L’editrice LDC, qualche tempo dopo, aggiunse la
pubblicazione del Salterio corale, una versione curata appositamente con la
suddivisione dei salmi in strofe e la evidenziazione degli accenti richiesti dai moduli
Gelineau.
    La novità dei moduli Gelineau, accanto alla distribuzione del testo per strofe,
consiste nella salmodia per accenti. Al tradizionale recitativo sugli otto toni
gregoriani, distribuito su due emistichi che concludevano con una cadenza, vengono
sostituiti più recitativi, (di norma quattro), secondo il numero dei versetti racchiusi
nella strofa. Il recitativo è indicato da una nota lunga la cui durata non è “misurata”
e indica la corda di intonazione, con una durata pari a quella richiesta da una buona
e chiara dizione del testo. Non tutti gli accenti tonici del testo vengono presi in
considerazione ma solo quelli più significativi il cui appoggio conferisce al testo un
ritmo oratorio ampio. Per facilitare il cantore, tali accenti vengono segnalati con
sottolineatura o con la vocale in grassetto:
    Pietà di me, o Dio nel tuo amore; nel tuo affetto cancella il mio peccato.
    E lavami da ogni mia colpa, purificami da ogni mio errore.
    Benedirò il Signore in ogni tempo; sulla mia bocca sempre la sua lode.
    Nel Signore si glorierà l’anima mia, l’umile ascolti e si rallegri.
    I salmi responsoriali che troviamo nella nostra pubblicazione,”Salmi
responsoriali” sono tutti strutturati su moduli di questa forma. I moduli Gelineau
offrono il vantaggio di una recita più chiara, di una respiro più ampio del testo.
Hanno anch’essi dei limiti in quanto sono delle gabbie che non sempre permettono
la realizzazione di quel ritmo oratorio di cui si parlava perché non sempre la nuova
versione del testo lo favorisce. Inoltre sono moduli che in qualche misura
inevitabilmente si ripetono. Ma questo avveniva anche nell’epoca del gregoriano
classico con le melodie tipo, adattate a testi diversi. L’originalità non è sempre
possibile dovendo comporre melodie per 52 domeniche, più le solennità e le feste.

                        Come imparare e come eseguire il salmo

   Qualche suggerimento al Salmista per una opportuna preparazione al canto.

   1.Prendi contatto col testo mediante una lettura personale per capirne il senso.
Sarebbe opportuno aiutarsi con qualche commento.
   2. Provati a assimilarne spiritualmente il pensiero e a tradurlo in preghiera per te.
Per poterlo proporre con efficacia all’assemblea, occorre averlo assimilato
personalmente.
   3. Fanne una lettura ritmica ad alta voce, con l’appoggio sulle sillabe accentate.
   4. Provati a cantarlo sulle corde d’intonazione proposte.
   5. Impara con sicurezza il ritornello per poterlo insegnare all’assemblea in una
breve prova prima della celebrazione.
   6. Accostati all’ambone con calma. Intona il ritornello e attendi la risposta,
sollecitandola, se occorre, con un cenno della mano.
   7. Se l’assemblea risponde con sicurezza, non cantare con essa il ritornello.

                                                                   Don Alberto Carotta
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