BARBAPAPA MODEL Giulio Fezzi 1/2021 - Phoenix Capital

Pagina creata da Andrea Magni
 
CONTINUA A LEGGERE
BARBAPAPA MODEL Giulio Fezzi 1/2021 - Phoenix Capital
1/2021

    Giulio Fezzi

6
    BARBAPAPA
    MODEL
    Filosofia del cambiamento

    Febbraio 2021
“La misura dell’intelligenza è data dalla
capacità di cambiare quando è necessario.”
Albert Einstein

“Nessun uomo entra mai due volte nello stesso
fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed
egli non è lo stesso uomo.”
Eraclito

“Resta di stucco…è un Barbatrucco!”
La famiglia Barbapapà
1. Premessa
“Cambiare è la regola della vita. E quelli che guardano al passato od al presente, certamente perderanno
il futuro.”
John Fitzgerald Kennedy

Che il cambiamento sia un elemento insito in tutti i fatti della vita, quotidiana e lavorativa,
delle persone e delle imprese, è da diversi anni (forse decenni) un dato di fatto se non
addirittura una certezza.
È da dire che i recenti eventi endogeni ed esogeni hanno immesso nello scenario macro e
micro, di breve e di lungo termine, un livello di volatilità tale da richiedere un nuovo
approccio “sistematico” al cambiamento continuo. Per la gestione di grandi o piccole sfide,
la realizzazione di progetti, il raggiungimento di risultati, la soluzione di problemi o per
gestire la vita familiare. Per “far succedere le cose”. O anche solo per sopravvivere.
Cercheremo qui di rappresentare, anche basandoci sull’esperienza concreta, come
l’attitudine al cambiamento, portata ad un livello più elevato, per non dire estremo, può
rappresentare il fil-rouge di un approccio innovativo e distintivo alla soluzione di problemi
nel nuovo mondo fluido che sta venendo, un po' alla volta, definendosi.
Non siamo certi che quanto segua possa costituire un insieme di regole o di validi consigli.
Certamente sono il tratto caratteristico di come abbiamo provato ad affrontare molte sfide
che ci si sono poste davanti negli ultimi anni e di come pensiamo – pronti a cambiare e ad
adattarci, naturalmente – di affrontare le settimane e i mesi che verranno.
La considerazione di fondo è che, soprattutto per realtà di piccole e medie dimensioni, per
potersi muovere in modo vivace e resiliente nelle mutevoli spire del presente contesto
economico, di business e umano, in generale, è necessaria una tempestiva, fluida e
“unprecedented” (direbbero gli inglesi) capacità di adattamento multi-dimensionale,
sintetizzata in un approccio continuamente cangiante – seppur basato su un solido sistema
di coerenze – ai problemi ed alle esigenze di singoli, clienti, collettività, imprese, enti,
istituzioni, nazioni.
Tempo fa, quando mi trovai a descrivere questo tipo di approccio ad una cliente, per essere
sicuro che avesse capito che saremmo stati in grado di adattarci alle sue esigenze e di
costruire quindi, in collaborazione con altri partner “nuovi” e “antichi”, una soluzione
precisamente conformata sulle sue esigenze, le dissi: “Ha presente Barbapapà? Ecco, il nostro
approccio può essere definito: il modello barbapapà. O, in modo più altisonante, il barbapapa model”.
2. Barbapapà
La serie Barbapapà è nata dalla fantasia di due autori, l'architetta e designer francese
Annette Tison e il professore di matematica e biologia statunitense Talus Taylor, moglie e
marito, che all'epoca risiedevano a Parigi. Durante una passeggiata nei giardini del
Lussemburgo nel maggio 1970, Taylor sentì un bambino chiedere ai suoi genitori qualcosa
che suonava come “baa baa baa baa” e, non comprendendo il francese, chiese alla
moglie il significato, scoprendo che si trattava di “barbe à papa”, il nome con cui è
chiamato lo zucchero filato.
Trovando divertente il suono, più tardi in un ristorante i due si misero a schizzare sulla
tovaglia un personaggio ispirato al dolce, dall'aspetto rosa e tondo, che chiamarono
“Barbapapa”.
Barbapapà, una sorta di grosso e amichevole blob a forma di pera di colore rosa, nasce
spuntando dal sottosuolo del giardino di una casa di provincia. L'arrivo di questo essere
alto quanto la loro casa spaventa non poco gli adulti che vi risiedono. Tutt'altra
reazione hanno invece i due bambini che vi abitano, Francesco e Carlotta (François e
Claudine), che diventano i primi amici di Barbapapà.
Dal canto suo il curioso essere sarà per loro uno speciale compagno di giochi:
caratteristica principale di Barbapapà è infatti quella di modellare a suo
piacimento il proprio corpo, assumendo la forma della cosa o dell'animale più
indicato per risolvere una situazione.
La trasformazione è sempre accompagnata dalla frase che diventerà il vero e proprio
tormentone della serie: "Resta di stucco, è un barbatrucco!" (nell'originale francese Hupla hup
barba-truc!)
Barbapapà all'inizio è un emarginato, vittima della diffidenza della società degli adulti,
che spesso lo allontanano intimoriti dal suo aspetto inedito e dalle sue dimensioni colossali,
anche se - nel corso del tempo - la sua versatile peculiarità, che gli permette le
trasformazioni più disparate, si rivelerà essere preziosa per sbrogliare problemi,
salvare vite umane, riacciuffare gli animali fuggiti da uno zoo e tanto altro ancora.
Guadagnatasi la fiducia del mondo in cui vive, il secondo grave problema che gli si
prospetta è quello della solitudine: è, infatti, l'unico essere della sua specie che si conosca.
Con l'aiuto di Francesco e Carlotta, Barbapapà parte per un viaggio alla ricerca di una
Barbamamma. Incastrato dentro una piccola roulotte trainata dalla bicicletta dei due
amici, Barbapapà tocca i principali paesi del mondo. La ricerca si conclude felicemente
proprio nella casa dei due bambini: dallo stesso giardino da cui un giorno è
misteriosamente spuntato lui, nasce infatti anche la Barbamamma (Barbamama), dalle
forme più aggraziate, di colore nero alla quale Barbapapà dona subito un mazzetto di fiori
rossi che comporranno la vezzosa coroncina che la Barbamamma porta sul capo.
Barbapapà e Barbamamma decidono dunque di crearsi una famiglia, depositando uova
nello stesso terreno che ha dato loro i natali. Dall'unione dei due nascono quindi sette
barbabebé, ciascuno con specifiche peculiarità e capacità basate sulla comune attitudine a
mutare forma.

   3. Barbapapa model
Per barbapapa model intendiamo un approccio alla soluzione di problemi da parte
delle organizzazioni che poggia su un sistema integrato multidimensionale e
multidirezionale di flessibilità che possono operare – anche parzialmente –
simultaneamente, sequenzialmente ed in modo cooperativo.
Tra i benefici di questo (non semplice, lo riconosciamo) modello, oltre ad una quasi totale
assenza di noia, vi sono tratti di fidelizzazione di lunghissimo termine, la costruzione di
relazioni solide e vere ed una certa (e prosaica) capacità di avere sempre, o quasi, una
soluzione (o un pezzo di soluzione) al problema che viene posto.
Tra le diverse e principali flessibilità che devono essere messe in opera, ci pare opportuno
suggerire le seguenti sette (come i bambini della famiglia Barbapapa):
   •   flessibilità orizzontale;
   •   flessibilità verticale;
   •   flessibilità diagonale o temporale;
   •   flessibilità di “cadenza”;
   •   flessibilità cooperativa;
   •   flessibilità organizzativa o della delega;
   •   flessibilità di obiettivo.

Il barbapapa model, per essere messo in opera, richiede la progressiva edificazione e messa
a disposizione di una serie di fattori abilitanti e prerequisiti essenziali.
Nei paragrafi che seguono è data sintetica descrizione delle principali diverse direttrici di
flessibilità nonché dei fattori abilitanti e prerequisiti del modello.

   4. Flessibilità orizzontale
“One stop shop”
Senza sfociare nella “tuttologia” ma, al contempo, senza avere alcuna paura (magari per
conformismo) di ampliare il proprio raggio di azione, è bene che l’organizzazione si prepari
– in via orizzontale – a volgere sguardo ed operatività ad ambiti più o meno vicini al
proprio settore di origine: questa presenza “diversificata” può risultare utile per la
soluzione di problemi complessi o il soddisfacimento di esigenze articolate.
La composizione di questo bouquet di offerta orizzontale (es. dalla consulenza alla
tecnologia, dai servizi operativi a quelli digitali, dall’assistenza alle persone, alla fornitura
di materiali, oggetti e prodotti, dall’esecuzione di progetti alle costruzioni materiali, …) è
generalmente “tirata” dall’esperienza di ciascuna organizzazione che, nel corso della
propria esistenza - e su richiesta stessa dei propri interlocutori (leggi clienti) – è stata spinta,
nel tempo, ad attivare nuovi servizi o allestire nuovi prodotti, più o meno limitrofi alla
propria zona di comfort.
L’ampliamento del proprio ambito di offerta orizzontale e multi-settoriale, può essere (a
seconda delle esperienze di ciascuna organizzazione) costruito in casa (make), comprato da
fidati fornitori (buy) o allestito in partnership con soggetti ben conosciuti e specializzati
(ally).
Per costruire la soluzione più adeguata all’esigenza del momento, con riferimento alla
flessibilità orizzontale, l’organizzazione deve essere ‘pronta a’ ed ‘in grado di’ integrare pezzi
di offerta di settori differenti, tanto quelli allestiti in casa quanto quelli integrati “da fuori”.

   5. Flessibilità verticale
“Qua servirebbe qualcuno che si occupi di tutto: dalla strategia fino ad accendere la luce” – Andrea
Battista, CEO Net Insurance e Presidente Esecutivo di Archimede SpA.

Chiamiamo flessibilità verticale la necessaria capacità di integrare in modo flessibile e
modulare tutti gli elementi della catena del valore e di servizio di ciascun singolo settore
merceologico o di servizio attivato.
Ovvero l’organizzazione deve essere in grado di gestire, sulla singola esigenza settoriale
(es. servizi per start-up), le componenti più elevate del problema (es. la ricerca, lo studio,
la strategia, …), quelle correnti e quotidiane (amministrazione, gestione dei soci, …) fino
alle più minute tematiche pratiche ed operative (es. far portare i mobili, allacciare la
connettività … far accendere la luce).
Anche in questo caso, gli elementi della catena del valore possono essere integrati “in
house” oppure sulla base di relazioni di valore con altri partner.

   6. Flessibilità diagonale o temporale
“… è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” – Vangelo di San
Matteo
“Simba, lascia che ti dica una cosa che mio padre disse a me. Guarda le stelle. I grandi re del passato ci
guardano da quelle stelle (…) Perciò quando ti senti solo, ricordati che quei re saranno sempre lì per
guidarti. Ci sarò anche io” – Mufasa, Il Re Leone

Ogni organizzazione deve essere consapevole di avere un grandissimo patrimonio di
esperienze (un tesoro) da cui estrarre pezzi di soluzioni e di servizi. E per farlo in modo
adeguato ed efficace deve essere consapevole che ciò che è magari stato un grave errore
in una certa circostanza, può essere la soluzione ideale per un qualche problema corrente.
Oppure, più semplicemente, l’esperienza maturata in certi fallimenti è preziosissima per
“salvare la pelle” in altre circostanze.
L’organizzazione deve sapersi muovere con agilità lungo la propria storia e saper estrarre,
magari opportunamente rimodulandole, esperienze e soluzioni che lì si trovano.
Una sorta di memoria intelligente, che sa cambiare – nel continuo – la “lente” attraverso
cui leggere le esperienze passate, per scegliere quelle più adatte alla sfida del momento.
Oppure, naturalmente, semplicemente non farlo, se la situazione non lo richiede.

   7. Flessibilità di “cadenza”
“Prendi tempo per pensare; ma quando arriva il momento dell’azione, smetti di pensare e agisci” –
Andrew Jackson
“Velocità, io sono Velocità” – Saetta McQueen, Cars

Talvolta è bene essere velocissimi, talaltra è molto più importante ponderare bene ogni
mossa e quindi, necessariamente, andare molto piano. Con massima prudenza.
Penso che questi siano tempi dove, in generale, la velocità e la tempestività siano quasi
sempre determinanti fattori critici di successo. Capacità, competenze, potenzialità sono
alla portata di molti. Spesso può essere essenziale riuscire ad essere i più veloci. Si badi
bene, velocità e non fretta.
E allora bisogna che l’organizzazione sia caratterizzata di massima “flessibilità di cadenza”.
Deve saper andare piano e poi, al bisogno, accelerare e portarsi ad elevatissima “velocità
di crociera”.
Viceversa può essere necessario, una volta raggiunti “a tutta velocità” i primi risultati ed
obiettivi, decelerare – anche bruscamente – per apportare le necessarie tarature e gli
aggiustamenti, prima di ri-accelerare.
E, naturalmente, come visto anche per altre direttrici di flessibilità, l’organizzazione deve
essere pronta a gestire, contemporaneamente, diverse velocità (accelerazioni o
decelerazioni) su diversi fronti, su diversi progetti, su diverse proprie linee di business.

    8. Flessibilità cooperativa
“Nessuno è nato sotto una cattiva stella; ci sono semmai uomini che guardano male il cielo.” – Dalai
Lama
“È leggero il compito quando molti si dividono la fatica” – Omero

Elemento essenziale del barbapapa model è la completa e, si direbbe, assoluta, quasi nativa,
capacità di cooperare. La cooperazione è insita, asse portante, del barbapapa model.
Come già abbiamo visto, l’organizzazione deve saper cooperare con chi è chiamato
attivamente sul problema nell’ambito delle flessibilità orizzontale e verticale. Addirittura è
l’organizzazione stessa che ha anche il compito di costruire e moltiplicare, nel tempo, in
modo proattivo la rete di collaborazioni.
L’organizzazione deve anche essere in grado di cooperare con chi magari, sino a lì
sconosciuto, è già operativo sul problema perché storico fornitore del cliente o
dell’istituzione che “ha chiamato” il supporto. E quindi diventa necessario “spegnere”
alcuni propri ambiti di servizio/ prodotto per lasciare campo ai soggetti già presenti.
Cooperando con loro, adattandosi al meglio alla loro presenza e valorizzandola al
massimo. Potranno magari diventare componenti della rete di cooperazione per il futuro.
Si deve essere pronti ad adattarsi a diversi modelli di cooperazione. A volte può essere
necessario che l’organizzazione ci “metta la faccia” in tutto o in parte, a volte invece può
essere meglio o obbligatorio che l’organizzazione “sappia rimanere nell’ombra” a fare il
“lavoro sporco”, dietro le quinte.
Altre volte, ancora, possono essere opportuni modelli ibridi e misti.

    9. Flessibilità organizzativa o “della delega”
“Se sei nel dubbio, borbotta; se sei nei guai, delega; se sei il capo pondera” - James Boren
“Al mondo esistono tre tipi di persone: quelli che fanno, quelli che stanno a guardare e quelli che chiedono
cosa è successo”

Il barbapapa model, essendo fatto di flessibilità, implica molto spesso ed in via principale/
maggioritaria un ampio ricorso alla delega all’interno delle organizzazioni, in modo da fare
massima leva sulle competenze presenti, sulle specializzazioni disponibili e in fondo anche
sulle semplici forze in campo, massimizzando la massa di manovra.
Ma, come abbiamo visto in tutti gli altri casi, il barbapapa model richiede anche della meta-
flessibilità all’interno della medesima categoria di flessibilità. Bisogna cioè essere pronti a
dare delega in alcune circostanze, a non darla in altre. Talvolta anche
contemporaneamente, da un lato, esercitare al massimo la delega, dall’altro accentrare
decisamente tutti i “poteri” perché, magari, alcuni temi sono delicati o, molto spesso,
riservati.
L’organizzazione deve anche essere pronta a dosare, nel tempo, il livello di delega,
diminuendola o aumentandola a seconda delle esigenze, dei momenti e del particolare
“stadio” di risoluzione del problema.
Alcuni temi, alcune relazioni, non possono essere delegati affatto. Altri devono essere
delegati.

   10. Flessibilità di obiettivo
“Non ne posso più dei consulenti”
“Ma, Maurizio, anche noi siamo consulenti!”
“No, no. Voi siete diversi. Voi fate le cose”

"Non importa quanto doniamo, ma quanto amore mettiamo in quello che doniamo." - Madre Teresa
di Calcutta
“La carità è il solo tesoro che si aumenta col dividerlo” - Anonimo

Volendo chiudere questa rassegna sulle principali direttrici di flessibilità implicate dal
barbapapa model, pare opportuno accennare ad un’ultima componente chiave: la flessibilità
di obiettivo.
In realtà un’organizzazione basata sul modello barbapapa ha, tendenzialmente, un obiettivo
preciso e molto chiaro, naturalmente declinato ed adattato alle diverse situazioni, che è un
obiettivo che definirei “costruttivista” di: far succedere le cose, risolvere concretamente il
problema, vincere la sfida.
Come si nota l’obiettivo centrale e primario non è, quindi, quello del profitto. Il risultato
economico positivo è (quasi) certamente una derivata del far succedere le cose, del
risolvere concretamente il problema. Certo è che se si riesce nell’intento di far succedere
le cose e, conseguentemente, si genera del valore economico, allora questo stesso potrà
essere apportatore di ulteriore sostenibilità al modello.
Parimenti, in via conseguente al far succedere le cose, da cui (auspicabilmente) si dovrebbe
generare anche il profitto, consegue un altro possibile obiettivo del barbapapa model, che è
quello di restituire parte del valore all’ecosistema che lo ha generato, favorendo la nascita
di nuove iniziative e di nuove organizzazioni oppure anche in ottica puramente non profit
e benefica.
L’organizzazione basata sul modello flessibile deve quindi sapersi muovere,
adattandosi e con diverse prevalenze a seconda delle circostanze, tra l’obiettivo
centrale di “far succedere le cose”, a quello di generare valore sostenibile e a
quello, ancora, di restituire porzioni di valore all’ecosistema di origine in forma di
sviluppo di nuove iniziative o anche di diretta promozione umana e beneficenza.

   11. Prerequisiti e fattori abilitanti
“Non è la vittoria che conta bensì la tenacia e il coraggio coi quali abbiamo lottato” – Santa Teresa di
Gesù Bambino

Per poter essere messo in opera, il barbapapa model richiede un ampio set di requisiti e di
fattori abilitanti che non sono semplici da rinvenire, tutti insieme, nelle organizzazioni e,
allo stesso tempo, non sono di immediati o rapidi acquisizione, realizzazione o sviluppo.
Tra i molti prerequisiti e fattori abilitanti, senza che vi sia necessariamente un indirizzo di
priorità, si ritiene di dover richiamare i seguenti.
Anzitutto servono una buona dose di capacità di ascolto e umiltà in quanto bisogna
riconoscere che benchè si abbiano “pezzi di soluzione” non si ha mai la soluzione
completa e perfetta ad un problema. L’approccio va ogni volta adattato e costruito su
misura a partire dall’ascolto e dall’esame del problema e della necessità ed essendo
consapevoli di non sapere tutto e di non saper fare tutto … ma di poter certamente trovare
chi lo sa e/o lo sa fare.
L’umiltà, talora, si concretizza – come detto – anche nel fatto e nella capacità di
contribuire alla soluzione, magari in modo determinante, sapendo rimanere dietro le
quinte, operando nell’ombra.
Per ipotizzare, identificare, scegliere e comporre i “pezzi” di soluzione più pertinenti ed
integrarli nel modo più pertinente in relazione alla necessità specifica, è poi richiesto un
grande senso pratico ed un continuo approccio pragmatico. L’obiettivo non è fare
teoria ma far succedere le cose.
Bisogna poi avere una certa quantità di coraggio, a volte finanche di audacia, per
prendere in mano ed affrontare sistematicamente e continuamente problematiche che, per
loro natura, non sono mai identiche ad altre. Ogni volta il tema è nuovo, almeno a
guardarlo nella sua interezza. A volte, a seconda delle circostanze, il coraggio (o l’audacia)
può essere molto importante perché, per la buona riuscita dell’iniziativa, potrebbe essere
necessario “metterci la faccia” ed essere capofila oppure essere pronti ad andare
controcorrente, a rischiare di apparire “anticonformisti”.
Ci vogliono poi grandi resistenza e capacità di mettersi continuamente in
discussione perché, appunto, si deve cambiare ogni volta forma. Magari anche di poco,
magari anche solo al margine, ma anche quel piccolo mutamento e quella continua
esigenza di mutare, non sono “gratis”. Richiedono impegno, costanza, tenacia ed
energia.
Affinché sia riconosciuto valore a questo continuamente cangiante modello, è essenziale
la credibilità dell’intero impianto. La credibilità, nella nostra concezione, può solo essere
conseguenza dei risultati portati, delle “cose fatte succedere”.
Per poter funzionare, il barbapapa model ha bisogno poi di un’ampia capacità ed
infrastruttura di cooperazione, basata su relazioni di valore, costruite nel tempo
secondo una logica di “catena di reputazione” che condivide principi e valori. In
questo approccio cangiante ed olistico allo stesso tempo, è impensabile poter fare tutto da
soli. Bisogna cooperare con altri, secondo un principio multi-specialistico. Ma non basta
mettere insieme specializzazioni. Quella è, forse la parte più facile. Bisogna saper fare
operare insieme (quindi co-operare) le specializzazioni. Inoltre, non tutti i soggetti, non
tutti gli specialisti, non tutte le “fabbriche di prodotto/ servizio” hanno lo stesso livello di
efficacia, di concretezza e/o comunque non hanno quei livelli di efficacia e di concretezza
che il modello, per sussistere, richiede. E, così, è solo nel corso del tempo e delle esperienze
concrete che si riesce a costruire una rete di relazioni di valore in grado di sostenere quella
che definiamo la “catena di reputazione” (reputation chain) che è alla base del barbapapa model.
Per così dire, è necessario che tutti gli anelli della catena siano caratterizzati da un “valore
di reputazione” maggiore o uguale al valore medio dell’intera catena. E che lo mantengano
nel tempo. In modo che ogni elemento aggiunga valore al tutto, o quantomeno –
certamente – non lo indebolisca.
Il valore della catena di reputazione va, sistematicamente, presidiato. Inizialmente con
l’esercizio di un monitoraggio proattivo. Nel tempo, poi, è la stessa catena che si auto-
monitora in quanto diventa interesse di tutti presidiarne il valore complessivo. E lo stesso
‘operare concreto” la tempra nel continuo.
Tra gli elementi essenziali, decisamente fattori abilitanti il modello, vi sono le persone che
lo compongono e lo esercitano. Sono necessarie persone che siano in grado di reggere,
e ancor meglio di promuovere, l’adattamento continuo; esprimendo proattività e
capacità di ascolto, di costruzione e valorizzazione di relazioni, di cooperazione ed
attivazione di competenze, assoluta fairness e trasparenza, oltre che deciso focus sui
risultati e sulla soluzione dei problemi.
Difficile, anche se non impossibile, trovare persone che già incarnino ‘nativamente’ tutti
questi elementi. Va certamente delineato, anche qui in modo adattivo sulle diverse
situazioni di partenza di ciascuno, un percorso “costruttivo”, per così dire ‘maieutico’,
che integri elementi di formazione tradizionale con building-up esistenziale nel lavoro,
nell’operatività quotidiana, nel concreto della vita. Ciò per fare in modo che ciascuna
persona, al proprio livello e secondo le proprie attitudini, diventi un valido anello della
catena di reputazione. Che, in questo modo, cresce.
Il barbapapa model, per sua natura, deve poggiare su un modello operativo (processi e
sistemi) decisamente agile. Per quanto riguarda i sistemi, è da prevedere un ampio utilizzo
di strumentazione digitale, costruita ed evoluta nel continuo secondo approcci agili.
Preferibilmente gli sviluppi saranno in carico o a team interni o a team riconducibili a
soggetti che rappresentano un anello della catena di reputazione. In modo che possano
intervenire velocemente e secondo standard ed indirizzi adeguati. È sottinteso che i team
saranno misti/ integrati di tecnici e di persone di business.
Con riferimento ai processi, deve essere assicurato il delicatissimo equilibrio tra ordine
e scalabilità, da un lato, e totale adattabilità dall’altro. Penso che la soluzione a questo
risieda, più che nei processi in sé, soprattutto nell’intelligenza emotiva delle persone che
devono esercitare tali processi.
Arriviamo infine ad un elemento che potrebbe sembrare “ossimorico” rispetto alla fluidità
del modello barbapapà ma che è assolutamente essenziale al funzionamento dell’intero
costrutto. Il barbapapa model poggia su impianti legali e contrattuali solidi ma, al
contempo, innovativi. Anche dal punto di vista legale e contrattuale, devono essere
identificati professionisti e soluzioni in grado di (e con la rara attitudine a) adattare prassi
e modelli consolidati a problemi nuovi e mutevoli. Ciò sia con riferimento
all’identificazione e costruzione di soluzioni alle problematiche che si presentano, sia in
relazione alla tenuta, nel continuo, del sistema stesso di relazioni su cui poggia il modello.
Puoi anche leggere