ANIMALI DOMESTICI NEL MONDO ANTICO - Chiara Caiazzo, Alessandra Pelli, Ginevra Siciliano (Classe II i - Liceo Scientifico "G. Marconi" di Grosseto)
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ANIMALI DOMESTICI NEL MONDO ANTICO Chiara Caiazzo, Alessandra Pelli, Ginevra Siciliano (Classe II i – Liceo Scientifico «G. Marconi» di Grosseto)
Con il concetto di «pet» indichiamo una relazione intima e di mutua comprensione interspecifica tra umani e animali. Ai «pet», inoltre, è consentita una serie di azioni interdette ad altri animali: entrare nelle case e nelle stanze degli uomini, dormire sui loro giacigli, avere un nome, essere commemorati «post mortem», non venire né uccisi né mangiati. La nostra categoria di «pet» non è sovrapponibile al mondo antico se non per approssimazione. Alcuni animali entrati nelle case delle persone, muniti di nome ecc., potevano finire per essere uccisi e mangiati (Pietro Li Causi, Gli animali nel mondo antico, Bologna 2018, p. 164). Il concetto di «pet»
Nel mondo antico in generale il rapporto della specie umana con gli altri animali era molto più stretto rispetto ad oggi. Una delle ragioni fondamentali era la coesistenza tra l’ambiente urbano e quello rurale. Le fonti scritte a nostra disposizione, dall’arte alla letteratura dell’epoca confermano la veridicità di ciò. Possono assumere lo statuto di pet diversi mammiferi (anche le scimmie ad esempio), rettili (serpenti), anfibi o anche insetti (ad esempio i grilli). Qualche volta abbiamo testimonianze di romani che avevano nelle case volpi e talvolta perfino leoni. Non Risultano tartarughine nelle case dei Romani. Nelle case dei cittadini Romani a quel tempo si potevano trovare animali utilizzati oltre che per compagnia anche per scopi pratici, ad esempio il cane, considerato un custode fidato dell’abitazione, proteggeva i beni del suo padrone e salvaguardava il perimetro della casa; infatti era frequente ritrovare dinanzi ai cancelli, cartelli con su scritto Cave canem (attenti al cane). Il gatto, anche se non molto popolare, era conosciuto e apprezzato come cacciatore di topi. Tuttavia era comune per il Romano instaurare un forte legame affettivo verso il proprio animale, fino ad arrivare a considerarlo un vero e proprio compagno di vita. Rapporto tra animale e uomo nel tempo
Nei ritratti sono evidenziati i tratti dell’agilità, della giocosità e della curiosità dei gatti. Dato che la caccia di piccoli animali (topi o altri animali infestanti) è la sua funzione principale, il gatto aveva un grande rivale nelle donnole e in altri mustelidi che come il gatto, e forse più del gatto, venivano ammessi nelle case. Il gatto nel mondo romano
Il cane oltre ad avere degli scopi pratici era un ottimo animale da compagnia come ci viene riportato da alcune fonti, ad esempio le iscrizioni tombali; anche in letteratura, come ad esempio riporta la descrizione della cagnolina che in casa di Trimalcione viene viziata sino all’esagerazione. La poesia più bella in lingua latina dedicata ad un cane è l’inno di Marziale a Issa, la cagnolina di Publio. La cagnolina di Publio (Marziale, epigramma 1, 109) Issa è più maliziosa del passero di Catullo, Issa è più pura del bacio di una colomba, Issa è più seducente di qualunque fanciulla, Issa è più preziosa d'una pietra indica, Issa è la cagnetta delizia di Publio. 5 Se si lamenta, tu penserai che lei parli; (lei) percepisce e la tristezza e la gioia. Si sdraia col collo reclinato e prende sonno, in modo tale che alcun respiro sia percepibile; e costretta dal bisogno del ventre 10 non ha mai sporcato la coperta con una sola macchia ma sveglia il padrone con un morbido tocco della zampetta ed implora di esser condotta fuor dal letto per trovar conforto. Il cane
Tanto pudore risiede in tal candida cagnetta, che non conosce il piacere del sesso; né si può trovare 15 un degno compagno per una tanto tenera fanciulla. Perché la sua ultima ora possa non portarla via completamente, Publio l'ha rappresentata dipinta su una tavola, in cui tu vedrai una Issa tanto simile a sé stessa 20 che neppur la vera è tanto bella. 20 Se tu poni Issa di fronte alla tavola: o tu penserai che sono entrambe vere, o tu penserai che sono entrambe dipinte. Un altro esempio è il carme funebre alla cagnolina Catella: Carmina Latina Epigrafica 1176, 7 Era Intelligente quasi come un essere umano, a suo modo; che tesoro, ahimè, abbiamo perduto! Venivi sempre, dolce Patrizia al Nostro tavolo, ti sedevi sul mio Grembo per farti imboccare; con Lingua svelta vuotavi il calice che Spesso la mia mano ti porgeva: se stanco rincasavo, mi accoglievi scodinzolando felice. Il cane
Sempre in Marziale possiamo trovare un epigramma per la morte della cagna di Destro: Marziale, epigramma XI 69 Allevata per la caccia tra gli istruttori degli anfiteatri, selvaggia nella foresta, docile in casa, mi chiamavo Lidia, fedelissima di Destro (mio) padrone, che non avrebbe preferito avere la cagna di Erigone, né quello che seguì Cefalo lontan dalle terre di Creta condotto con lui fino alle stelle della dea dell'Aurora. Non ebbi per me una lunga vita né una inutil vecchiaia, quale fu il destino del cane di Dulichio: un cinghiale spumeggiante col fulmineo dente mi trafisse, (un cinghiale) tanto enorme quanto il tuo Calidone, o il tuo, Erimanto. E non mi lamento sebben sì rapidamente fui trascinata lì sotto all'ombre sotterranee: non avrei potuto ricever dal destino più degna morte. Il cane
Altrettanto amati come animali domestici erano gli uccelli: le colombe erano spesso poste sul tetto della casa dentro a delle colombaie , grande successo lo ebbero gli uccelli parlanti come la gazza che salutava gracchiando il padrone e i suoi ospiti ,gli usignoli che essendo di gran fama costavano assai oppure i pappagallini verdi a cui i padroni provavano ad insegnargli parole o intere frasi per intrattenere gli ospiti. Maggior fama tra tutti gli uccelli lo ebbe il passero grazie ad alcune opere letterarie ( Carmi ) del celebre Catullo dedicate proprio al passero di Lesbia amante che dell’ autore: Il passero di Lesbia Carme 2 di Catullo 1 Passero, delizia dell'amor mio, con te lei gioca, ti stringe al seno, offre il dito indice al tuo vorace assalto e provoca così le tue pungenti beccate; 5 come il fulgente mio diletto in tal gioco si diverta, trovando un qualche piccolo sollievo al suo dolore, io non so, suppongo poiché ciò plachi l'opprimente ardore: come lei, potessi anch'io giocar con te 10 e della malinconica anima alleviar la pena! Gli uccelli nel mondo romano
Carme 3 di Catullo Piangete, oh Veneri e Amorini e tutti voi uomini gentili: è morto il passero del mio amore, il passero, gioia del mio tesoro, ch'ella amava più degli occhi suoi. 5 Era infatti dolce come il miele e la riconosceva così bene quanto una bimba la madre, né questo si moveva dal suo grembo, ma (le) saltellava intorno ora qua ora là e di continuo per la sola padroncina pigolava. 10 Lui ch'ora va per l'oscuro cammino lì, da dove ognun nega si possa mai tornare. Siate maledette, voi, maledette tenebre dell'Orco, ch'ogni bellezza divorate: un passero così grazioso mi strappaste 15 Oh atroce evento! Oh misero passerotto! Per tua opera ora gli occhietti del mio amore gonfi di pianto si arrossano un poco. La morte del passero di Lesbia
Anche Marziale nelle sue opere cita spesso questo questi famosi uccelli parlanti: Marziale XIV, 76 Io, loquace gazza, con chiara voce ti saluto mio padrone: se non mi vedessi, non diresti mai che sono un uccello. Marziale XIV 73 Io, un pappagallo, imparerò da voi altri nomi; da me ho imparato a dire: “Ave, Cesare”. Perfino l’ autore Petronio nella sua opera Satyricon ci conferma l’esistenza degli uccelli che all’ingresso della casa accolgono gli ospiti: Petronio, Satyricon 28, 9 All’ingresso invece stava l’oste in persona vestito di verde, stretto da una cintura rosso ciliegia, che puliva piselli in una bacinella argentata. Sopra la soglia invece era appesa una gabbia d’oro, nella quale una gazza variopinta salutava coloro che entravano Uccelli parlanti
Gli animali non erano solamente compagni di vita per gli adulti ma erano usati come intrattenimento anche per i bambini, infatti molti documenti iconografici ci mostrano lepri o cagnolini in compagnia di bambine. Nelle famiglie benestanti era solito ritrovare dei veri e propri piccoli zoo privati ad esempio il figlioletto di Regolo ne possedeva uno; fu indotto dalla morte del padre a brutalizzare questo piccolo zoo infatti fece abbattere ogni animale sulla pira del padre come manifestazione esteriore del dolore del lutto, come ci viene testimoniato da Plinio il Giovane (epistole, IV, 2, 3 ss.): Il fanciullo possedeva molti pony, da traino e da monta, possedeva cani grandi e piccini, possedeva usignoli, pappagalli e merli. Regolo li fece abbattere tutti sulla pira di suoi padre. Ma non era vero lutto, era solo una manifestazione interiore di lutto. Lo «zoo» di Regolo
Lo statuto di «pet» del cavallo è piuttosto ambiguo. I cavalli erano impiegati come animali da lavoro, ma di norma la loro carne non veniva mangiata; essi inoltre ricevevano un nome ed erano amati per la loro fedeltà nei confronti dei padroni e oggetto di cure particolarmente costose. Alcuni cavalli da corsa, alla loro morte, venivano onorati con monumenti funebri. Il cavallo nel mondo romano
Nel «Miles Gloriosus» di Plauto, Periplectomenus ordina al suo servo di aggredire qualsiasi «spione» e buttare di sotto un intruso arrivato dal tetto, anche se quello gli ripete che si tratta della sua scimmia (vv. 160 ss.). La scena dimostra che già nel secolo d. C. le scimmie erano considerate animali domestici, come confermato per periodi posteriori da notizie analoghe (Plinio, Naturalis Historia, VIII, 216). Ciò malgrado la scimmia rimase sempre un animale esotico. La scimmia nel mondo romano
Ci furono molti autori che scrissero di altri animali tra i quali sia acquatici che terrestri e perfino di insetti come ad esempio Anite di Tegea e Marco Valerio Marziale: Anite di Tegea [III sec. a.C.] - Anthologia Palatina VII, 190 - In morte di un Grillo e di una Cicala Per un grillo, usignolo dei campi, e per una cicala, abitante d'una quercia, Miro fece questa tomba comune bagnandola di caste lacrime infantili; Ade implacabile d'improvviso le strappò gli oggetti della sua tenerezza Anite di Tegea - Anthologia Palatina VII, 202 - In morte di un Gallo Fino a poco tempo fa' mi svegliavi al mattino presto, e agitando le ali mi buttavi giù dal letto; più non lo farai poiché una volpe ti sorprese nel sonno spezzandoti il collo. Epicedi per un grillo, una cicala e un gallo
Anite di Tegea - Anthologia Palatina VII, 215 - In morte di un Delfino Non solcherò più le onde impetuose, né guizzando dal fondo comparirò sulla superficie del mare inarcando il dorso, né più sbufferò giocoso intorno ai bronzei rostri delle navi stregato nel veder riflessa la mia immagine: una nera tempesta mi gettò sulla spiaggia e qui, sulla morbida sabbia, ora giaccio, immobile. Marco Valerio Marziale, Epigrammi, III 35 Artis Phidiacae toreuma clarum Pisces aspicis: adde aquam, natabunt. Osserva i pesci scolpiti dalla splendente arte di Fidia: aggiungi dell'acqua e nuoteranno. Marco Valerio Marziale, Epigrammi, IV 32 Et latet et lucet Phaethontide condita gutta, Ut videatur apis nectare clusa suo. Dignum tantorum pretium tulit illa laborum: Credibile est ipsam sic voluisse mori. In morte di un'ape Si nasconde e risplende conservata in una goccia d'ambra, un'ape, così da sembrar imprigionata nel suo stesso nettare. Essa ha avuto un premio degno delle sue tante fatiche: è credibile che lei stessa abbia voluto morire in tal modo. Epicedi per un delfino e per un’ape
Marcus Valerius Martialis Epigrammaton VI 15 Dum Phaethontea formica vagatur in umbra, Inplicuit tenuem sucina gutta feram. Sic modo quae fuerat vita contempta manente, Funeribus facta est nunc pretiosa suis. In morte di una formica Mentre una formica vagabondava all'ombra d'un pioppo una goccia d'ambra avvolse la fragile creatura. Così lei che in vita fu sempre disprezzata, è ora resa preziosa dalla sua sepoltura. Epicedio per una formica
• P. Li Causi, Gli animali nel mondo antico, Bologna 2018 • K. W. Weeber, Vita quotidiana nell’antica Roma, Roma 2003, pp. 35-38 (s. v. Animali domestici). Bibliografia
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