ANALISI DELLE PERFORMANCE DI ETF A REPLICA FISICA E A REPLICA SINTETICA DEL BENCHMARK
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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO Facoltà di Sienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative Corso di Laurea in Economia dei Mercati e degli Intermediari Finanziari ANALISI DELLE PERFORMANCE DI ETF A REPLICA FISICA E A REPLICA SINTETICA DEL BENCHMARK Relatore: Chiar.mo Prof. Mario ANOLLI Tesi di Laurea di: Luigi COSSU Matricola n. 3606227 Anno Accademico 2009/2010
CAPITOLO 1 Gli Exchange Traded Funds: caratteristiche e peculiarità 1 Cosa sono gli ETF Gli Exchange Traded Funds, meglio conosciuti dal grande pubblico con l’acronimo ETF, possono essere definiti, con traduzione letterale del termine, “fondi quotati sul mercato”. Tale definizione deriva dal fatto che questi strumenti non sono altro che una particolare categoria di “Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio” (OICR) – Fondi Comuni di Investimento aperti o SICAV – a gestione passiva2 - il cui obiettivo è quello di replicare più fedelmente possibile un indice di mercato (Benchmark) e le cui quote o azioni hanno la peculiarità di essere negoziate direttamente in borsa come semplici titoli azionari. Come per qualsiasi strumento quotato su un mercato regolamentato, infatti, è possibile in ogni momento della seduta di negoziazione comprare o vendere le azioni di un ETF al prezzo corrente di mercato, di conseguenza l’investitore può monitorare costantemente l’andamento del proprio investimento e, come per qualsiasi fondo comune d’investimento, con una sola transazione, acquistare un paniere di titoli più o meno diversificato, che presenta le medesime caratteristiche di composizione in termini di asset e bilanciamento del relativo benchmark. Come si può intuire, l’acquisto di un ETF consente di investire in uno strumento con caratteristiche di diversificazione del portafoglio del tutto analoghe a quelle di un fondo 2 Anche se una delle evoluzioni degli ultimi tempi è quella degli ETF a gestione attiva o semi-attiva il cui obiettivo è quello di replicare benchmark costruiti ad hoc secondo metodologie di selezione dei titoli basate sui fondamentali aziendali piuttosto che su analisi statistica. Il primo di tali strumenti fu emesso negli Stati Uniti del Marzo del 2008, ma fu sottoposto a liquidazione dopo poco tempo nell’Ottobre del medesimo anno. ~1~
comune, al quale bisogna poi sommare i vantaggi connessi alla loro maggiore trasparenza e flessibilità. Trasparenza in quanto la formazione del prezzo e la composizione del paniere dei titoli in portafoglio corrisponde costantemente a quella del benchmark di riferimento, anche se ciò non è sempre vero come avremo modo di sottolineare quando si parlerà di ETF di seconda e terza generazione basati su contratti Swap, flessibilità poiché la negoziazione continua sul mercato secondario delle azioni consente di conoscere, istantaneamente, l’esatto valore delle quote dell’ETF, a differenza delle quote di un qualsiasi fondo comune tradizionale la cui valorizzazione avviene soltanto a fine seduta, e viene spesso comunicata agli investitori privati solo dopo due giorni lavorativi per mezzo degli organismi di stampa. La negoziazione sul mercato di borsa, inoltre, accresce l’efficienza consentendo di intervenire tempestivamente e di ottimizzare il tempo intercorrente tra il momento della contrattazione e l’effettiva realizzazione dell’operazione, e di ottenere così migliori performance o, in caso di crolli repentini del mercato, di limitare eventuali perdite che potrebbero maturare a causa di più elevati tempi di esecuzione degli ordini, evitando la cosiddetta sottoscrizione al buio3. Gli ETF presentano, d’altra parte, alcuni vantaggi anche rispetto ai titoli azionari con i quali condividono la caratteristica di negoziabilità sul mercato di borsa: la diversificazione del portafoglio dell’ETF consente di ottenere benefici, sia in termini di costi di transazione che di tempi di esecuzione, cui un investitore sarebbe costretto a sopportare nel caso in cui acquistasse separatamente ogni singolo titolo incluso nel paniere che compone il benchmark. In definitiva, si può affermare che la peculiarità degli Exchange Traded Funds consiste nel racchiudere, in un unico strumento finanziario, la trasparenza e la flessibilità proprie dei 3 Per sottoscrizione al buio, si intende il fatto che quando un investitore intende sottoscrivere un fondo comune tradizionale e si reca allo sportello non sa con certezza a quale prezzo avverrà la sua sottoscrizione in quanto il NAV giornaliero verrà determinato con 1-2 giorni di ritardo. Gli ETF, che sono fondi quotati in tempo reale evitano questo problema. ~2~
titoli azionari e l’elevata diversificazione e l'assenza del rischio emittente tipica dei fondi comuni di investimento4. La strategia d’investimento che caratterizza gli ETF è abbastanza semplice, infatti, non richiede la presenza di un gestore che operi in modo discrezionale alcuna attività di ricerca e selezione dei titoli; ciò comporta che la rotazione del portafoglio di un ETF risulta essere molto bassa ed avviene in corrispondenza dei ribilanciamenti periodici del benchmark di riferimento, ciò si traduce in costi di gestione annui molto bassi – solitamente compresi tra lo 0,05% e l’1% del Net Asset Value (NAV) – e implica l’assenza di commissioni di entrata, di uscita o di performance. Il vero motivo del basso costo va ricercata nella totale assenza di gestori da remunerare. Gli ETF, esattamente come i fondi comuni, possono distribuire periodicamente agli investitori i proventi derivanti dallo stacco dei dividendi dei titoli in portafoglio, in questo caso saremo in presenza di ETF a distribuzione, nonché reinvestirli in caso di ETF ad accumulazione. Alcuni intermediari offrono la possibilità, anche per gli ETF, di inserire ordini allo scoperto o a margine, come per i titoli azionari. E’, tuttavia, recente l’introduzione di numerosi ETF che permettono di assumere posizioni ribassiste o a leva su un’ampia gamma di indici di mercato. Tali strumenti si sono rivelati utili in particolare presso la categoria degli investitori istituzionali, quali gli Hedge Funds che, durante la crisi finanziaria del 2008, hanno visto ridotta o del tutto preclusa, da parte delle società di gestione dei mercati regolamentati, la possibilità di realizzare investimenti allo scoperto su numerosi strumenti finanziari con conseguente difficoltà nell’attuazione di operazioni speculative o di copertura sui propri portafogli. In definitiva, non è raro sentir parlare degli ETF come di strumenti adatti ad una classe di investitori più “evoluti”, ovvero, soggetti che attuano le proprie scelte di investimento con maggiore consapevolezza e indipendenza, senza dover delegare a terzi la gestione dei propri patrimoni, come invece avviene attraverso l’acquisto dei fondi d’investimento attivi, che affidano l’amministrazione di un patrimonio comune a più soggetti, ad un “gestore”, 4 Cfr. C. Mazzola e U. Fuso, (2004) “Investire in ETF. La sfida ai fondi comuni e alle gestioni” Franco Angeli Editore, pag. 16. ~3~
senza per altro avere alcuna garanzia che egli riuscirà ad ottenere performance sistematicamente superiori rispetto a quelle del mercato. Secondo il punto di osservazione, gli ETF possono essere visti alternativamente, come titoli azionari se si vogliono enfatizzare le caratteristiche di strumento finanziario acquistabile discrezionalmente dall'investitore direttamente sul mercato di borsa o, come fondi comuni se ne vogliano enfatizzare le caratteristiche di prodotto venduto/consigliato dalla rete di distribuzione. Tuttavia una cosa certa e non trascurabile, per la comprensione degli strumenti, è che uno può contenere l’altro e non viceversa. 2 Cenni Storici: gli ETF dalle origini ad oggi Gli ETF come numerosi altri strumenti finanziari sono il frutto dell’evoluzione dei mercati e della regolamentazione degli stessi, delle esigenze degli investitori, nonché, delle crisi che hanno colpito in passato il panorama finanziario mondiale e, tuttavia, rappresentano la maggiore innovazione che l’industria finanziaria abbia proposto negli ultimi vent’anni agli investitori in alternativa al risparmio gestito. Pertanto, per poter capire le ragioni del loro successo, è necessario comprendere da dove nasce l’idea sottostante questo tipo di strumento finanziario. La nascita e lo sviluppo della teoria sottostante i moderni ETF è collocabile intorno alla fine degli anni 70 del secolo scorso. Fino a quel momento, l’intera storia del mercato ~4~
azionario era caratterizzata dalle analisi volte alla selezione delle migliori opportunità d’investimento nel tentativo di massimizzare il profitto5. Questa tendenza subì un duro colpo con la pubblicazione, nel Maggio del 1970, di un articolo, dal titolo “Efficient Capital Markets: A Review of Theory and Empirical Work”6, scritto da Eugene Fama. Secondo la teoria di Fama, se i mercati sono efficienti l’investitore può attendersi in media una performance dai propri investimenti pari a quella del mercato, ciò indica che sarà impossibile per tale soggetto realizzare performance migliori rispetto a quelle del mercato nel suo complesso. Ed è proprio intorno alla fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80 che si colloca lo sviluppo dei primi portfolio trading (o program trading), ovvero strumenti che consentivano di negoziare un intero portafoglio, spesso costituito dalle azioni incluse in un indice di mercato, con un singolo ordine inviato ad una delle maggiori società di brokeraggio. In contemporanea alla nascita di questi strumenti, nello stesso periodo, si assiste al lancio del primo futures sull’indice S&P 500, ciò diede la possibilità di negoziare portafogli di titoli azionari per mezzo di contratti futures, consentendo, peraltro solo agli investitori istituzionali, la possibilità di negoziare portafogli di mercato. Come prevedibile l’interesse suscitato da questo genere di strumenti, fece crescere la necessità di offrire prodotti del tutto simili anche per le istituzioni di piccole dimensioni nonché per il mercato degli investitori privati. La risposta a tale esigenza arrivò con l’introduzione nel 1989 degli “Index Participation Shares” (IPS); tali strumenti – quotati sulla Philadelphia Stock Exchang7 con il nome di “Cash Index Participations” (CIPs), e presso l’American Stock Exchange con il nome di 5 A questo proposito si rimanda ai concetti della moderna teoria di portafoglio sviluppati da Markowitz ed introdotta nel 1952 con un articolo apparso sul Journal of Finance dal titolo “Portfolio Selection”. 6 Secondo quanto proposto da Fama, non è possibile realizzare extra-rendimenti rispetto alla remunerazione ritenuta equa per una data azione, ciò significa non dovrebbe essere possibile ottenere rendimenti aggiuntivi mediante la semplice attività di compravendita di titoli in quanto i prezzi delle attività finanziarie ad ogni momento includono almeno tutta l’informazione pubblicamente disponibile e pertanto i loro movimenti sono dovuti all’arrivo sul mercato di nuova informazione per definizione non prevedibile con anticipo. 7 Ora conosciuta col nome di NASDAQ OMX PHLX. ~5~
“Index Participation Shares” (IPS) - consentivano di replicare sinteticamente i rendimenti di alcuni indici di riferimento. L’IPS sull’indice S&P 500 risultò essere il più scambiato tra quelli offerti sul mercato. Questi strumenti anche se scambiati sul mercato alla stregua delle azioni, possedevano alcune caratteristiche che li accomunavano con i futures, ed è proprio tale peculiarità che spinse la Chicago Mercantile Exchange (CME) e la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) a sporgere denuncia presso la corte federale di Chicago, la quale, li assimilò a dei contratti futures illegali e ne dispose la chiusura o il trasferimento delle negoziazioni in un’apposita borsa abilitata alla negoziazione dei contratti futures. Tale sentenza portò alla sospensione delle negazioni degli IPS ed alla loro graduale chiusura, nonchè all’inizio della ricerca di un valido sostituto che potesse essere liberamente negoziato come le azioni. Nel corso del 1990, prodotti simili agli IPS furono introdotti in Canada sulla Borsa di Toronto. Denominati “Toronto Stock Exchange Index Participations” (TIPS), erano strumenti basati su ricevute di deposito (warehouse receipt) relative alle azioni costituenti l’indice di riferimento; avevano inizialmente l’obiettivo di replicare l’andamento dell’indice delle blue chips canadesi, il TSE 35, e successivamente il TSE 1008. Per evitare che i TIPS potessero essere considerati alla stregua di surrogati dei contratti Futures, fu impiegata la struttura del Trust9, il cui Trustee designato era State Street Trust Company Canada. Tale struttura, consentiva a questi strumenti di essere negoziati sul mercato come i tradizionali titoli azionari. Caratteristiche di questi strumenti erano i bassissimi costi di gestione, pari allo 0,05%, e un’elevata efficienza fiscale determinata dalla limitata distribuzione di capital gains, derivanti in gran parte dalla vendita dei titoli in garanzia in concomitanza con i ribilanciamenti periodici dell’indice di riferimento o dello stacco di dividendi straordinari di elevato importo automaticamente reinvestiti nel TIPS. 8 Il primo dei due strumenti, il Toronto 35 Index Participations (TIPS 35), fu lanciato sulla TSE nel Marzo del 1990, mentre, il Toronto 100 Index Participation Units (HIPs) fu lanciato sul mercato alcuni anni dopo il 25 Settembre 1995 (Fonte: Toronto Stock Exchange). 9 Il Trust è un rapporto in virtù del quale un dato soggetto, denominato trustee, gestisce un patrimonio che gli è stato trasmesso da un altro soggetto, denominato settlor, per uno scopo prestabilito, nell’interesse di uno o più beneficiari o per un fine specifico. I beni del Trust rappresentano un patrimonio separato sia rispetto a quello del trustee, sia rispetto a quello del settlor. ~6~
I TIPS furono vittime incolpevoli del proprio successo, e la scarsa abilità degli emittenti e dei gestori nel far fronte ai costi comportò nei primi anni 2000 la liquidazione del loro portafoglio o la cessione e la conversione delle Unit, le quote del TIPS, in azioni del 60 stock index di Barclays Global Investors (BGI) a discrezione degli investitori. Data la somiglianza tra gli attuali ETF e i TIPS, i quali come i primi potevano essere venduti allo scoperto o acquistati a margine, il Canada è considerato da molti come il vero luogo di nascita di tali strumenti. Mentre in Canada i TIPS spopolavano, sia tra gli investitori istituzionali sia tra i privati, grazie anche alle opportunità di arbitraggio e hedging offerte dai derivati correlati, negli Stati Uniti, la ricerca di una valida alternativa agli IPS, portò allo sviluppo di due nuovi prodotti legati a portafogli azionari: il SuperTrust e l’SPDR. Il SuperTrust era un prodotto piuttosto complesso, che per le sue caratteristiche si collocava a metà strada tra un fondo comune d’investimento aperto e un titolo azionario, operante sotto la doppia struttura del trust e del fondo comune. La sua creazione da parte di Leland O’Brien e Rubinstein Associates (LOR) è legata all’applicazione concreta del concetto di Supershares sviluppato da Hakansson10. Affinché il SuperTrust potesse essere concretamente autorizzato, era necessario creare un fondo indicizzato, un Exchange Traded Fund, quotato sul mercato di borsa che avesse la capacità di rimborso delle quote. Pertanto la LOR nel 1990 si assunse l’oneroso e arduo compito di chiedere alla Securities and Exchange Commission (SEC) l’autorizzazione alla creazione di un ETF, che potesse garantire il SuperTrust, e che sostanzialmente ricalcasse la composizione e la struttura dell’indice S&P 500. L’Index Trust SuperUnit, questo è il nome che fu dato all’ETF, e il SuperTrust furono così avviati alle negoziazioni nel 1993 dopo l’emanazione da parte della SEC di un atto, il “Super Trust Order”11 , che concedeva 10 Per ulteriori approfondimenti, fare riferimento a HAKANSSON, Nils H., “Welfare Aspects of Options and Supershares”, Journal of Finance, vol. 33, pp. 759-776, June 1978. Si veda anche HAKANSSON, Nils H., “The Purchasing Power Fund: A New Kind of Financial Intermedi-ary”, Financial Analysts Journal, vol. 32, pp. 49-59, November/December 1976 e ROSS, Steve A., “Options and Effi- ciency”, Quarterly Journal of Economics, pp. 75-89, 1976. 11 L’Investment Company Act Release n. 17809, denominato non a caso il “Super Trust Order”, che garantì esenzioni in materia di regolamentazione riguardo le Unit Investment Trust, le regole in materia di società di investimento e quelle relative alla vendita e allo scambio di azioni. ~7~
a LOR specifiche esenzioni dall’Investment Company Act del 1940. Tuttavia, il fondo si rivelò troppo complesso per il mercato e fu definitivamente liquidato nel 1996. Beneficiando del Super Trust Order, l’American Stock Exchange LLC (AMEX), attraverso la controllata PDR Services LLC, il 23 gennaio 1993 lanciò sul mercato quello che è considerato il primo vero e proprio ETF della storia, lo Standard & Poors Depository Receipt (SPDR) Trust, subito ribattezzato “Spider”. Lo strumento, ancora oggi quotato sul segmento NYSE Arca del New York Stock Exchange (NYSE), che nell’ottobre del 2008 ha acquisito il business di AMEX, rappresenta un chiaro esempio di risposta creativa alle crescenti difficoltà in cui versava quest’ultima istituzione nei primi anni 90 a causa della crescente concorrenza del NASDAQ12. Fu Nathan Most ad ideare lo Spider grazie alle competenze maturate nel settore delle commodity, dove, è prassi consolidata quella di depositare le merci presso società fiduciarie in cambio dell’emissione di ricevute di deposito (depositary receipt) che ne rappresentano i relativi diritti proprietari. La struttura scelta per la costruzione dello “Spider” era quella dello Unit Investment Trust che forniva vantaggi sia in termini di semplicità organizzativa ed operativa che di costo. Il successo di questo strumento è dimostrato dal fatto che, a diciassette anni di distanza dalla sua quotazione sull’AMEX, lo “Spider” è l’ETF quotato negli Stati Uniti che presenta il maggior controvalore di Asset in gestione13. Sempre nel 1993, Morgan Stanley, sfruttando la meno restrittiva normativa lussemburghese, in materia di emissione di titoli, creò ed iniziò a negoziare proprio su questo mercato gli “Optimized Portfolios as Listed Securities” (OPALS), strumenti principalmente rivolti agli investitori istituzionali e legati ai diversi indici di Morgan Stanley Capital International (MSCI). 12 Lo stesso Nathan Most, che insieme a Steven Bloom, è il padre dello “Spider” ha affermato: >. (Cfr. j. Wiandt, “Exchange Traded Funds”). 13 Secondo i dati contenuti nel report mensile pubblicato dal Global ETF Research and Implementation Strategy Team di BlackRock a fine febbraio 2010 gli AUM gestiti dall’SPDR S&P 500 ammontavano a oltre 70 miliardi di Dollari. ~8~
Grazie allo sviluppo degli OPALS e alla più flessibile regolamentazione lussemburghese, Morgan Stanley maturò un’importante esperienza su tecniche di investimento che, successivamente, furono applicate agli ETF autorizzati alle negoziazioni dalla SEC negli USA e sottoposti ad una regolamentazione più restrittiva. Nel 1995 la SEC autorizzò la quotazione del Mid Cap SPDR, del tutto analogo per struttura allo Spider tranne che per il bechmark di riferimento, l’indice S&P Mid Cap 400 rappresentativo delle 400 migliori società statunitensi a media capitalizzazione. Nel 1996, Morgan Stanley in collaborazione con Barclays Global Investors e l’AMEX, nel tentativo di offrire anche ai piccoli risparmiatori statunitensi un prodotto analogo agli OPALS, lanciò 17 ETF autorizzati dalla SEC e denominati “World Equity Benchmark Shares” (WEBS)14. Tali strumenti, strutturati sotto forma di Investment Company15, avevano come riferimento i maggiori indici azionari nazionali di diversi paesi. Dopo il successo riscosso dallo Spider, che consentiva agli investitori statunitensi di acquistare con una sola transazione l’indice S&P 500, nel 1998 l’AMEX lanciò un nuovo ETF, denominato Dow DIAMONDS16, legato ad un altro importante indice azionario, il Dow Jones Industrial Average. L’anno successivo State Street Global Advisor, in collaborazione con Merrill Lynch, introdusse 9 ETF, denominati “Select Sector SPDR”, ciascuno focalizzato su uno specifico settore tra quelli compresi nell’indice S&P 50017. Nel 1999 è la volta di un ETF, il “NASDAQ- 100 Index Tracking Stock” (noto come Cubes o QQQ)18 , legato ad un altro importante indice di mercato statunitense il NASDAQ-100, rappresentativo delle 100 principali società non finanziarie quotate sul Nasdaq. 14 Barclays Global Investors, sussidiaria di Barclays Plc., fu designato come fund manager ed in seguito all’emissione di ulteriori ETF nel 2000 ribattezzò il business in iShares, successivamente ceduto nel giugno del 2009 a BlackRock. 15 Che a differenza della struttura tipo Unit Investment Trust conferiva maggiore flessibilità ed efficienza in termini di reinvestimento dei dividendi. 16 Rinominato nel 2007 SPDR Dow Jones Industrial Average ETF Trust. 17 In realtà le 9 società del settore delle Telecomunicazioni furono accorpate a quelle del settore dell’Information Technology. ~9~
Nel Novembre 1999, compare il primo ETF anche presso la Borsa di Hong Kong, il “Tracker Fund of Hong Kong”19, gestito da State Street Global Advisors Asia Ltd e legato all’andamento dell’indice Hang Seng. Il 21 luglio 2001 Il NYSE annuncia l’estensione, con decorrenza 31 luglio 2001, degli Unlisted Trading Privileges (UTP)20 ai tre maggiori ETF ivi quotati, ovvero: il Nasdaq 100 Index Tracking Stock (QQQ), lo Standard & Poor’s Depositary Receipts (SPY) e il Dow Industrial DIAMONDS (DIA). Questo annuncio risulta di particolare importanza in quanto per la prima volta nella sua storia il NYSE estende gli UTP a strumenti quotati sul mercato azionario Con l’inizio del nuovo millennio si assiste all’espansione del mercato degli ETF anche al di fuori degli Stati Uniti, in particolare in Europa, dove, l’11 aprile del 2000 l’Exchange- Traded Fund Co.21 lanciò i primi due ETF del vecchio continente sulla Deutsche Boerse; gli strumenti denominati “Listed Diversified Return Securities” (LDRS)22, di li a poco, vennero quotati in cross-listing anche sulla Borsa di Zurigo. L’obiettivo di questi ETF era quello di replicare gli indici Dow Jones STOXX 50 e Dow Jones EURO STOXX 50. Il 28 aprile dello stesso anno Barclays Global Investors (BGI) introdusse “l’iShares FTSE 100” sul segmento extra MARK del London Stock Exchange. Nell’ottobre del 2000 è la volta della Stockholm Stock Exchange che da il avvia alle contrattazioni del primo ETF, mentre, nel corso del mese di gennaio 2001 le negoziazioni sui primi “Trackers” vengono avviate anche sul segmento NextTrack del circuito NYSE Euronext, prima a Parigi, poi ad Amsterdam ed infine a Bruxelles. 18 Il Cubes, sponsorizzato e gestito a partire dal 21 Marzo 2007 da Invesco PowerShares Capital Management LLC, società del gruppo Invesco Ltd., quotato sull’AMEX fino al 2004, è stato spostato sul Nasdaq, dove ha assunto il nuovo codice:QQQQ. 19 Nel 1998 il governo di Hong Kong acquisì un consistente portafoglio di azioni delle società nazionali per sostenere il tasso di cambio nazionale durante la Crisi Finanziaria Asiatica. Per ridurre al minimo l’impatto sul mercato, che la loro vendita avrebbe creato, il governo decise di lanciare un’offerta pubblica di vendita sulle azioni dell’ETF. 20 Gli Unlisted Trading Privileges, letteralmente privilegi di negoziazione per strumenti non quotati, sono essenzialmente il diritto, riconosciuto dal Securities Act emanato dal congresso nel 1934 dopo il crollo del 1929 per far fronte alla grande depressione, di scambiare i titoli quotati in una qualsiasi delle borse nazionali statunitensi in parallelo anche in uno o più degli altri mercati. 21 Società del gruppo Barclays successivamente conferita nel business iShares. 22 Gli LSDR erano gestiti da Merrill Lynch. ~ 10 ~
In Italia, bisogna attendere fino al 25 settembre 2002 per assistere alla quotazione dei primi ETF; affianco ai due LDRS sugli indici Dow Jones STOXX 50 e Dow Jones EURO STOXX 50, gestiti da Exchange-Traded Fund Co. viene quotato da parte di Lyxor International Asset Management il DJ Euro Stoxx 50 Master Unit. Da qui in avanti, la competizione su questo mercato diventa sempre più serrata grazie all’ingresso dei più importanti player internazionali, solo per citarne due Credit Suisse 23 e Deutsche Bank24, e all’emissione di strumenti sempre più sofisticati e focalizzati su asset class, settori o aree geografiche difficilmente raggiungibili, in particolar modo, da parte dei piccoli risparmiatori. Il 26 luglio 2002 Barclays Global Investors quotò sull’AMEX i primi quattro ETF legati al mercato del reddito fisso, in replica dei tre indici di Lehman Brothers sui Treasury Bond con diverse scadenze, comprese tra 1 e oltre 20 anni, e un indice di Goldman Sachs su obbligazioni corporate. Il 2003 è l’anno del primo “Exchange Traded Commodity” (ETC), strumenti che investono su indici di materie prime25. Lo strumento, denominato “Gold Bullion Securities”, che seguiva i movimenti di prezzo dell’oro fu creato da ETF Securities in collaborazione con il World Gold Council e fu quotato sulla Borsa Australiana. Il 2005 è invece l’anno dell’arrivo sull’AMEX del primo ETF monetario, “l’Euro Currency Trust” di Rydex Investments, che rappresenta solo il primo di una lunga serie di ETF che negli Stati Uniti e in Europa forniscono rendimenti legati ai movimenti delle principali valute internazionali. 23 Che nel marzo del 2001 ha quotato sulla Swiss Exchange il primo ETF legato all’indice SMI. 24 La Banca tedesca ha fatto il proprio ingresso su questo mercato nel corso del gennaio 2007 attraverso la piattaforma db x-trackers, ed il lancio sulla Deutsche Boerse dei primi 8 ETF. 25 A differenza degli ETF, gli ETC sono garantiti direttamente dalla materia prima nella quale investono, piuttosto che dal portafoglio di azioni costituenti il benchmark. Gli ETC, inoltre, non sono fondi ~ 11 ~
Nel 2007 Borsa Italiana inaugura il mercato telematico ETFplus26, creato appositamente per ospitare le negoziazioni degli strumenti che replicano un benchmark o singole materie prime. Il 2007 segna la nascita dei primi ETF strutturati, strumenti che non si limitano più a replicare fedelmente il proprio benchmark di riferimento ma consentono di accedere a particolari strategie di investimento quali, la possibilità di sfruttare la leva finanziaria (Leveraged ETF), proteggersi dai ribassi del mercato di riferimento (ETF protective put) o ancora di puntare con o senza leva sui ribassi del mercato di riferimento (ETF Short). Come si evince da questo breve excursus storico, gli ETF dalle loro origini fino ai nostri giorni hanno acquisito sempre maggiore popolarità, sia tra gli investitori istituzionali che tra i privati27, e ciò è chiaramente visibile dai dati riportati nel grafico sottostante che presenta l’evoluzione del mercato in termini di strumenti quotati e asset in gestione. 26 Al suo debutto su ETFplus erano quotati 108 ETF e gli emittenti erano 6: EasyETF, Lyxor, Deutsche Bank, iShares, Crédit Agricole e Nasdaq stock market. Il segmento degli ETC è nato nella seconda metà di aprile 2007 27 Secondo i dati esposti in un report, elaborato da BlackRock, celebrativo dei 10 anni dalla quotazione del primo ETF sul mercato europeo, il tasso di crescita composto annuo del mercato degli ETF è pari al 58,1% negli Stati Uniti, al 53,1% in Canada e al 90,5% in Europa. ~ 12 ~
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