RETE TERAPIA DEL DOLORE-MILANO (RED): UN NETWORK NECESSARIO TRA TUTTI GLI OPERATORI PER PRENDERSI CURA DELLA PERSONA CON MALATTIA DOLORE - OMCEOMI
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Rete terapia del dolore-Milano (red): un network necessario tra tutti gli operatori per prendersi cura della persona con malattia dolore Sabato 24 febbraio 2018 ore 8.00 - 13.00 Aula Magna – ASST GOM Niguarda Piazza Ospedale Maggiore, 3 – Milano Crediti 5 Evento 1834 218400
Il nostro Ordine è particolarmente impegnato nell’ambito della formazione e dell’aggiornamento dei propri iscritti. Questo evento che rappresenta una tappa del percorso e dell’impegno profuso da parte degli organizzatori merita il nostro ringraziamento e plauso. Numerosi sono gli altri corsi in programma a testimonianza della vitalità e dell’impegno dei nostri iscritti per far crescere e rendere sempre più vicina la nostra professione ai bisogni dei nostri ammalati. Non sfugge ad una attenta riflessione che tali eventi rappresentano non solo opportunità di aggiornamento scientifico ma vitali strumenti per una crescita professionale ed etica. Questo obiettivo verrà perseguito con particolare determinazione e il nostro Ordine sarà sempre pronto ad accogliere suggerimenti e proposte per poter migliorare la professione medica. Il Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri Dott. Roberto Carlo Rossi
Rete terapia del dolore-Milano (red): un network necessario tra tutti gli operatori per prendersi cura della persona con malattia dolore Sabato 24 febbraio 2018 – ore 8.00– 13.30 Aula Magna – ASST GOM Niguarda Piazza Ospedale Maggiore, 3 – Milano Coordinatore Arcangela Tartaglia Dirigente Medico – Direzione Sociosanitaria ASST FBF SACCO – Milano PROGRAMMA 8.00-8.30 Registrazione Partecipanti 8.30-9.00 Saluti Autorità Saluto del Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano o di altro Consigliere da lui delegato 9.00-9.30 Paolo Notaro Responsabile Centro Regionale Terapia del Dolore di II Livello ASST GOM Niguarda – Milano RED Milano 9.30-9.50 Giulia Garavaglia Staff Direzione Sociosanitaria – ASST GOM Niguarda – Milano Arcangela Tartaglia Classificazione della persona con patologie croniche e dolore 9.50-10.10 Augusto Caraceni Direttore Struttura Complessa di Cure Palliative, Terapia del Dolore e Riabilitazione Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Vittorio Guardamagna Direttore – U.O. di Cure Palliative e Terapia del Dolore Istituto Europeo di Oncologia – Milano Appropriatezza farmacologica 10.10-10.30 Stefano Arghetti Responsabile U.O.S. di Terapia del Dolore – ASST Santi Paolo e Carlo Milano Roberto Rech Responsabile U.O.S. di Terapia del Dolore e Anestesia e Rianimazione I ASST FBF SACCO – Milano Appropriatezza tecnologica
10.30-10.50 Roberto Scarani Dirigente Medico – U.O. di Cure Palliative e Terapia del Dolore ASST NORD MILANO Giuseppe Sala Primario Responsabile – Anestesia, Terapia Intensiva e Terapia del Dolore Istituto Clinico Città Studi – Milano PAI e PDTA 10.50-11.10 Intervallo 11.10-11.30 Nicola Ladiana Dirigente Medico – Centro Regionale di Terapia del Dolore di II Livello ASST GOM Niguarda – Milano Alfonso D’Aloia Dirigente Medico S.C. di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore ASST PINI- CTO – Milano PDTA lombalgia: fasi 11.30-12.00 Maria Grazia Manfredi MMG a Milano Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Paolo Mariconti Dirigente Medico – Centro Terapia del Dolore Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano Laura Albonico Responsabile Ambulatorio di Terapia antalgica ASST Santi Paolo e Carlo – Milano Casi clinici 12.00-12.20 Maria Grazia Parrillo Responsabile Comunicazione ASST GOM Niguarda – Milano La centralità del paziente e il ruolo della comunicazione per l’accesso ai servizi 12.20-13.00 Paolo Notaro Discussione e conclusioni 13.00-13.30 Compilazione schede di valutazione e di verifica
Paolo Notaro RED Milano La legge 38/2010 “Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore", che viene riconosciuta come una tra le più avanzate e innovative in Europa nel campo specifico, sancisce il diritto del cittadino ad accedere alla terapia del dolore nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza. La legge individua nella rete il modello di riferimento per la presa in carico della persona con dolore. Focalizzandosi sugli interventi normativi volti alla costruzione della rete della terapia del dolore a livello nazionale, si definisce che questa debba essere strutturata in 3 livelli. Il livello base è quello delle cure erogate dal MMG. Il livello successivo è quello specialistico dei centri di terapia del dolore di primo livello. L’ultimo livello è quello dei centri di terapia del dolore di secondo livello. Parallelamente all’attività del policy maker nazionale, tra il 2010 e il 2011, Regione Lombardia ha costituito il Gruppo di Approfondimento Tecnico (GAT) di terapia del dolore, nel quale era presente anche Niguarda. Il GAT ha elaborato il documento tecnico “Rete Terapia del Dolore Regione Lombardia” allegato e parte integrante della DGR IX/4610 del 28.12.2012 “Determinazioni in ordine alla Rete di Cure palliative e alla Rete di Terapia del dolore in Regione Lombardia”. Con la DGR. X/2563 del 31.10.2014 “Prime determinazioni in merito allo sviluppo della Rete di Terapia del Dolore in Regione Lombardia in attuazione alla DGR. n. IX/4610/2012”, Regione Lombardia ha identificato 4 Centri Ospedalieri di Terapia del dolore di Secondo Livello con funzioni di coordinamento della rete d’offerta, in stretta integrazione con la Direzione Generale Salute, al fine di sviluppare in modo omogeneo su tutto il territorio regionale la rete di Terapia del Dolore. Il Centro di Niguarda viene identificato come hub della rete e, conseguentemente, assume un ruolo centrale nelle successive azioni finalizzate alla costruzione della Rete della Terapia del Dolore di Milano in stretta collaborazione prima con ASL Milano e, successivamente alla legge 23/2015 di evoluzione del sistema sociosanitario lombardo, con ATS Milano Città Metropolitana. L’identificazione dei principali nodi della rete della terapia del dolore prosegue con la DGR X/4983 del 30.03.2016 “Ulteriori determinazioni in merito allo sviluppo della rete di terapia del dolore in Regione Lombardia: individuazione dei centri di terapia del dolore di primo livello”. Nel 2015 gli sforzi di Niguarda e di ATS Milano si concentrano sul raggiungimento di due obiettivi: comprendere le caratteristiche della domanda intercettata dai MMG e, di conseguenza, il bisogno dei MMG in termini di possibile supporto di formazione, informazione e offerta di servizi; mappare
le caratteristiche dei centri di terapia del dolore. Il primo obiettivo viene perseguito e raggiunto attraverso la somministrazione di un questionario durante tre giornate di formazione obbligatoria tenuta da ATS ai MMG. Il secondo obiettivo viene perseguito e raggiunto attraverso l’invio di un questionario a strutture note come centri erogatori di prestazioni di terapia del dolore. L’attività di costruzione della rete di Milano prosegue tra il 2015 e il 2016 coinvolgendo i diversi attori componenti il sistema di offerta, cercando di agire su un piano il più possibile inclusivo e i soggetti eroganti servizi specialistici di terapia del dolore. Durante gli incontri avvenuti con i referenti della costituenda rete si sono definiti: un linguaggio comune per la mappatura dell’offerta; un sistema comune di comunicazione ai pazienti e ai MMG e la disponibilità a mettere a disposizione un certo numero di slot ambulatoriali per rispondere rapidamente a richieste di primo accesso pervenute direttamente dai MMG. All’inizio del 2017 nasce RED Milano con il contestuale rilascio della carta dei servizi, condivisa con ATS Milano e successivamente inviata ai MMG. Nella carta dei servizi MMG per ciascun centro di RED sono presenti informazioni, contatti e una mappatura sintetica delle patologie trattate, delle tecniche adottate e dei setting di erogazione. I MMG sono stati informati attraverso il canale filo diretto di ATS Milano, attraverso cui è stata fornita anche la carta dei servizi della RED (http://www.ats-milano.it/ITA/Default.aspx?SEZ=2&PAG=317&NOT=7253 sezione di Gennaio 2017). È stata predisposta ed è attualmente attiva la pagina web della RED, in cui, a seguito di un breve testo introduttivo sulla rete, è presente l’elenco delle strutture aderenti, che rimanda alle singole pagine web dei centri (http://www.ospedaleniguarda.it/in-evidenza/leggi/red-rete-terapia- del-dolore-milano). Per la presa in cura dei pazienti complessi, il funzionamento della RED prevede che i MMG prendano contatto con la struttura individuata come idonea per rispondere al bisogno e la struttura inserisca il paziente in uno degli slot riservati ai pazienti della RED. Nel caso in cui la struttura non sia in grado di effettuare la visita nei tempi giudicati appropriati per la tipologia di paziente inviato dal MMG, essa deve segnalare il problema a Niguarda scrivendo all’indirizzo e-mail dedicato (red@ospedaleniguarda.it).
Arcangela Tartaglia - Giulia Garavaglia Classificazione della persona con patologie croniche e dolore Il dolore, per la maggior parte delle persone, rappresenta “il campanello d’allarme” di un danno che l’organismo ha subito o sta per subire e consente di attuare dei meccanismi fisiologici di difesa. Quando il dolore continua nel tempo, pur essendo guarita la malattia iniziale, esaurisce la sua funzione di sintomo utile diventando esso stesso una vera e propria malattia. La Legge 38 del 15 marzo 2010 ha determinato un importante passo avanti nel riconoscimento del dolore non come sintomo ma come malattia e tanto si è fatto in questi anni per migliorare la qualità di vita dei pazienti che ne soffrono. Il cammino da compiere, però, è ancora lungo in quanto è necessario cambiare l’approccio mentale alla malattia dolore prima di tutto dei pazienti e, contestualmente, dei clinici che oggi sono invitati a curare il dolore. La Legge 38/2010 parla chiaro: il primo riferimento del paziente affetto da dolore è e deve essere il Medico di famiglia per molteplici aspetti. È questa figura professionale che, conoscendo il paziente nella sua globalità, è in grado di affrontare il dolore nelle prime fasi e, in caso di complessità, indirizzare il paziente in un centro specialistico di primo o secondo livello, rimanendo sempre coinvolto nel processo di cura del suo assistito. Questo percorso riconosce il ruolo del medico di famiglia come figura centrale nel processo di cura e non lo relega al ruolo semplice di prescrittore. Dall’altra parte è necessaria una conoscenza più approfondita della materia dolore sia in termini fisiopatologici che in termini di terapie farmacologiche. La prevalenza del dolore cronico in Europa varia tra il 12% e il 30% e in Italia risulta essere circa il 26% (dal 32% del nord al 22% del sud). La presenza di dolore severo nei malati affetti da dolore cronico è del 34%, per l’Europa e del 43% in Italia. In generale nei soggetti identificati come portatori di dolore la percentuale delle donne è più alta (56%) e l’Italia è tra i paesi europei con età media dei malati inferiore (47.8 anni). La durata media del dolore cronico per l’Italia è di 7.7 anni. Il dolore più frequente è quello alla schiena o alla parte bassa della schiena e alle articolazioni. Il dolore ha un impatto negativo sulle attività della vita quotidiana dei malati rispetto a: esercizio fisico, sollevamento, sonno, lavoro al di fuori delle mura domestiche, faccende domestiche, cammino, vita sociale, stile di vita indipendente. Nel 26% dei casi il dolore ha un impatto negativo anche sulla vita lavorativa, con una media 7.8 giornate di lavoro perse in Europa e 7.6 in Italia. Il dolore risulta essere causa della perdita del lavoro, di cambiamenti di ruolo o di cambio del lavoro. Il dolore ha un impatto significativo anche sullo stato emotivo dei malati (il 21% è affetto da depressione).
Ancora troppo spesso il dolore non viene riconosciuto come una vera e propria patologia e questo implica una forte disomogeneità dei percorsi dei pazienti e della qualità e appropriatezza dei trattamenti e delle cure. Il bisogno espresso dai malati di dolore cronico è complesso e richiederebbe un approccio multidisciplinare all’interno di un sistema di cure e assistenza integrato (sanitario, sociosanitario e sociale). La gran parte degli attuali sistemi sanitai non è strutturato per garantire un percorso di cura coordinato e ciò comporta che il 40% dei malati viene trattato inadeguatamente. Secondo i dati raccolti nel lavoro di costruzione della RED risulta che a Milano ciascun MMG ogni mese abbia difficoltà a gestire mediamente 8,6 malati con dolore. Si stima che annualmente siano circa 100.000 i malati di dolore o con dolore che non ricevono adeguate risposte al bisogno espresso. Il dolore ha un enorme impatto anche in termini economici. Diversi studi scientifici internazionali hanno stimato che l’impatto economico per la cura del dolore cronico è tra i più grandi driver di spesa sanitaria (costi diretti e indiretti), risultando maggiore rispetto a quello di condizioni patologiche legate alla sfera cardiovascolare, di neoplasie e del diabete. Tali stime sono però disomogenee poiché il dolore viene riconosciuto solo come sintomo e non come malattia e ciò non ne consente adeguata e omogenea tracciatura all’interno dei database amministrativi sanitari che sono attualmente tra le principali fonti informative per gli studi epidemiologici population-based. In Lombardia le conseguenze del non riconoscimento del dolore in quanto malattia si riscontrano ad esempio nella mancanza di un codice di esenzione specifico per i malati di dolore cronico, nella mancanza di un riconoscimento dei farmaci e delle prestazioni necessarie a curare il dolore legato a determinate patologie croniche. Una delle conseguenze più visibili è quella del non riconoscimento del dolore in quanto classe di patologa principale nelle DGR di attuazione del nuovo PROGRAMMA DI PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE CRONICO E FRAGILE (DDGR 6164, 6551, 7038 e 7655/2017), dove il dolore non rientra nelle condizioni cliniche che permettono la classificazione del cittadino come paziente affetto da malattia cronica. Il nuovo programma di presa in carico dei pazienti cronici ha avuto come precondizione fondamentale la conoscenza approfondita delle caratteristiche della popolazione (età, sesso, status socioeconomico ecc.) e delle abitudini di consumo rispetto a prestazioni sanitarie, sociosanitarie, assistenziali, sociali e ai luoghi in cui la popolazione riceve cure e assistenza. Regione Lombardia ha definito di applicare tecniche proprie del Population Health Management ai database amministrativi regionali che registrano i consumi sanitari, per avere una fotografia delle caratteristiche della popolazione lombarda con l’obiettivo ultimo di identificare la popolazione cronica e stratificarla per tipologia e complessità di bisogno. Sono stati identificati circa 3,5 milioni di cittadini affetti da cronicità. Tali cittadini sono stati raggruppati in 65 classi di patologia principale e 3 livelli di complessità. Come già evidenziato il dolore cronico non è contemplato tra le 65 classi, proprio per la mancanza dei c.d. “traccianti”, cioè codici presenti all’interno dei database amministrativi che possano etichettare consumi sanitari dovuti alla “patologia dolore”.
Una delle iniziative della Rete della Terapia del Dolore di Milano (RED-Milano) per la sensibilizzazione di Regione Lombardia circa la rilevanza del dolore come patologia spesso compresente ad altre nel quadro clinico dei pazienti cronici è stata quella di eseguire una analisi sui dati dei pazienti che accedono ai centri di terapia del dolore della rete in prima visita. I centri della rete hanno rilevato dati circa le caratteristiche di un campione di pazienti al primo accesso da giugno a novembre 2017. Le analisi hanno mostrato come più dell’80% dei pazienti abbia almeno un’altra patologia cronica compresente. Il numero di comorbidità, oltre al dolore, in questi pazienti è 3 in media. Nell’ambito dell’avvio del programma di presa in carico regionale, tali dati devono suggerire una riflessione sia alla politica sia ai professionisti che saranno attuatori della presa in carico. Ad esempio, il dolore cronico dovrà essere tenuto in considerazione nella definizione dei Piani di Assistenza Individualizzati (PAI) come parte integrante del quadro clinico delle patologie compresenti nel paziente e i sistemi di monitoraggio sul controllo della qualità e dell’appropriatezza dei PAI dovranno contenere dei parametri che siano in grado di mettere in relazione la condizione dolore con il programma di cura e assistenza.
Stefano Arghetti – Roberto Rech Appropriatezza Tecnologica Una scelta appropriata e personalizzata della terapia farmacologica o invasiva, oltre a rappresentare la base di ogni strategia terapeutica, è condizione indispensabile per un eventuale successo. Dipende da molti fattori, a cominciare dalla tipologia del paziente, dalle sue condizioni cliniche generali e dalla sua compliance ad un determinato programma terapeutico. Generalmente, il primo approccio consiste in opzioni terapeutiche conservative o farmacologiche. I trattamenti specialistici di mini-invasività o di invasività maggiore sono da da tenere in considerazione qualora la cura farmacologica non dia un effetto sufficiente o quando si è in presenza di importanti effetti collaterali che condizionano il proseguimento delle cure. Tra le procedure di primo livello annoveriamo i blocchi nervosi che si possono ottenere iniettando farmaci quali un anestetico locale (ad esempio lidocaina), uno steroide (corticosteroide), o un oppiaceo in prossimità di un nervo periferico, le infiltrazioni intra-articolari (iniezioni di farmaci o soluzioni biologiche somministrate direttamente nell’articolazione, generalmente cortisonici o acido ialuronico), i blocchi delle strutture del comparto posteriore vertebrale e il Blocco Peridurale antalgico (indicato nella lombosciatalgia o nella stenosi del canale vertebrale). E’ di fondamentale importanza il supporto tecnologico: l’utilizzo di tecniche eco guidate ha consentito di ridurre al minimo l’incidenza delle complicanze e di eseguire le procedure descritte in sicurezza. Le procedure maggiori consistono in interventi come l’Epidurolisi endoscopica (per rimuovere cicatrici nel canale vertebrale o ampliare spazi stenotici dello stesso), o in tecniche di Neurostimolazione spinale. Questa consiste in un sistema costituito da elettrodi che vengono impiantati nello spazio epidurale e che sono collegati ad un generatore di impulsi posizionato a livello sottocutaneo. Il Neurostimolatore genera impulsi elettrici a basso voltaggio, capaci di interagire con gli impulsi nervosi che producono dolore, modulandoli nelle vie sensitive che conducono il dolore stesso al cervello. L’impianto di Neurostimolatore Spinale (SCS) è indicato nella lombosciatalgia, nella FBSS (fallimento di interventi chirurgici a carico del rachide), nella sindrome dolorosa regionale complessa (CRPS). Quando il dolore non è più controllabile mediante farmaci somministrati per via convenzionale oppure gli effetti collaterali dei farmaci non sono più gestibili, è possibile ricorrere a un diverso tipo di somministrazione, detto intratecale, attraverso l’impianto di una Pompa Antalgica. Questa tecnica consiste nel posizionamento di una pompa sottocutanea addominale collegata ad un catetere che consente di somministrare farmaci all’interno del canale spinale.
La pompa contiene un serbatoio in grado di rilasciare farmaci (morfina, baclofene) secondo i parametri impostati e che periodicamente può essere riempito. La scelta di ricorrere a terapie invasive dipende quindi anche dalla genesi, dall’entità del dolore e dalla durata prevista delle cure.
Roberto Scarani - Giuseppe Sala PAI e PDTA Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) è uno strumento che, attraverso un approccio per processi, consente di strutturare e integrare attività e interventi di diversi settori specialistici, professioni e aree d’azione (ospedale, territorio) implicate nella presa in cura del cittadino con un problema di salute o assistenziale. PDTA non è sinonimo di linea guida: rappresenta invece la contestualizzazione delle linee guida relative ad una problematica clinico/assistenziale, all’interno di una specifica realtà in un determinato periodo di tempo. Esso dunque prende in considerazione le risorse multidisciplinari disponibili in un dato contesto per una data problematica, integrandole in un percorso che consenta di garantire a ciascun paziente l’accesso alle cure appropriate, evitando sprechi di risorse sanitarie e ottimizzando l’outcome terapeutico. L’area di competenza di ciascun PDTA può essere ospedaliera, territoriale o integrata ospedaliera/territoriale (in questo caso si parla anche di Profili Integrati di Cura, PIC) Il PDTA permette di valutare contestualmente la congruità delle attività svolte rispetto agli obiettivi, alle linee guida e ai riferimenti presenti in letteratura, consentendo inoltre il confronto e la misura delle attività (processi) e degli esiti (outcome). Pertanto deve essere revisionato nel tempo, adeguandosi alla letteratura più recente, rivalutando le procedure secondo gli esiti ottenuti e naturalmente aggiornandosi rispetto alle effettive risorse disponibili nel contesto di applicazione. Il PDTA inoltre è uno strumento di orientamento, di informazione e di educazione sia per il personale sanitario sia per i cittadini, a salvaguardia e tutela della loro salute e benessere. Grazie al PTDA è possibile creare un linguaggio comune tra le diverse figure coinvolte che rende l'intervento sui pazienti più coordinato e più appropriato. Maggiore è la prevalenza di una problematica, l'impatto sulle risorse e la multidisciplinarietà delle figure coinvolte, e maggiore sarà l'impatto che un PDTA potrà avere nel garantire al paziente le cure più appropriate nei luoghi e nei tempi più corretti. Il PDTA risulta uno strumento utile anche nella costruzione del piano assistenziale individuale (PAI). Il PAI definisce, per ciascun singolo paziente, gli interventi necessari a raggiungere specifici obiettivi e bisogni di salute. Pertanto il PAI è uno strumento di lavoro che pone al centro la singola persona con i propri bisogni clinici, relazionali, psicologici, assistenziali, culturali, spirituali, ecc. per garantire una personalizzazione dell’intervento, sempre in ottica multidisciplinare. Si parte da una prima valutazione multidimensionale dei bisogni del paziente e se ne identificano i problemi. Da qui si procede alla definizione degli obiettivi e dei relativi indicatori, si pianificano gli interventi sulla base di questi obiettivi e dopo l’attuazione degli interventi previsti se ne valutano i risultati, quindi si ritorna alla valutazione multidimensionale.
In questo percorso ciclico di valutazione > programmazione > intervento > verifica > rivalutazione, al paziente è garantita una ripianificazione continua degli interventi nel tempo. Cruciale è la tempistica di ciascun passaggio, in modo da lasciare sufficiente tempo per l'attuazione e la valutazione degli esiti degli interventi programmati, ma con un monitoraggio sufficientemente stretto da permettere di valutare i cambiamenti.
Alfonso D’Aloia Nicola Ladiana Pdta Lombalgia: fasi L’obiettivo principale del diagnostico-terapeutico(PDTA) per i pazienti affetti da lombalgia è finalizzato a garantire al paziente l’accesso alle cure appropriate, evitando sprechi di risorse sanitarie e ottimizzando l’outcome terapeutico. La costruzione del percorso coinvolge tutti gli attori sanitari che possono potenzialmente intercettare con maggiore frequenza nella fase acuta o subacuta un paziente con lombalgia: Medico di Medicina Generale, Medico di Guardia Medica, Areu 118, Algologo, Medico di Medicina d’Urgenza, Fisiatra, Ortopedico, Neurologo, Neurochirurgo, Reumatologo, Psichiatra, Psicologo o altri specialisti. Per ciascuno degli attori identificati, il PDTA definisce “chi fa, che cosa, quando e come”; candidandosi a diventare lo strumento fondamentale per raggiungere l’obiettivo di una gestione integrata del paziente con lombalgia all’interno dell’attuale sistema sociosanitario contestualmente al PAI. PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO LBP Il PDTA per il paziente con lombalgia è stato costruito sulla base di tre presupposti: l’evidenza prodotta dalle comunità scientifiche nazionali e internazionali di riferimento; utilizzare il punto di vista del paziente per comprendere le modalità di accesso al sistema; le linee guida contenute nella legge regionale 23/2015 di evoluzione del sistema sociosanitario della Regione Lombardia rispetto alla necessità di costruire percorsi di presa in carico e cura del paziente che garantiscano la continuità assistenziale ricomponendo la frammentazione della risposta al bisogno in una logica di retee di un PAI. Identificare i percorsi attuali tipici del paziente con lombalgia ha consentito di individuare i principali punti di accesso del paziente al sistema in modo da fornire a tutti gli attori del percorso di cura una linea di comportamento uniforme che portasse il paziente ad essere orientato e instradato all’interno del percorso di cura appropriato nelle modalità, nella tempistica e nel contesto adeguato. La flow chart descrive graficamente le attività previste nel PDTA lombalgia. Le attività del PDTA lombalgia possono essere ricondotte a 3 macro-fasi: • Tempo 0: la fase di accesso e prima valutazione del paziente; • Tempo 1: la fase di prima rivalutazione del paziente; • Tempo 2: la fase di rivalutazione del paziente da parte dallo specialista della terapia del dolore.
La fase Tempo 0 Comprende le attività del primo accesso del paziente con lombalgia al sistema sanitario, in cui avviene la prima valutazione da parte del medico che lo intercetta. Nel caso in cui il medico possa escludere la presenza di red flag, segnali di patologie gravi, deve procedere a rassicurare il paziente, impostare la terapia e schedulare un nuovo appuntamento a 2 settimane. Nel caso in cui il medico non possa escludere la presenza di red flag, il paziente deve essere inviato alla rete dell’emergenza e urgenza. In pronto soccorso, il paziente sarà rivalutato e, se necessario, instradato nel percorso specialistico appropriato.
È stato ipotizzato che il primo accesso del paziente possa avvenire sia presso il medico di medicina generale, sia presso uno dei punti della rete dell’emergenza urgenza, sia presso uno degli specialisti che più spesso intercettano il paziente con lombalgia, cioè il fisiatra, l’ortopedico, il neurologo, il neurochirurgo, il reumatologo e l’algologo. Nel futuro si auspica che l’utilizzo del PDTA lombalgia porti alla riduzione netta dei primi accessi sia alla rete dell’urgenza sia presso gli ambulatori specialistici, poiché il medico di medicina generale, adeguatamente formato, potrà fornire una risposta appropriata ai pazienti. In questo senso si è definito che la rivalutazione del paziente dopo 2 settimane debba avvenire presso il medico di medicina generale e non presso l’ambulatorio dello specialista, fatta eccezione per l’algologo, a meno che non sia proprio lui a riferirlo al collega medico di base. La fase Tempo 1 E’ costituita dalla rivalutazione del paziente dopo 2 settimane presso il medico di medicina generale. Nella maggior parte dei casi il paziente sarà migliorato e il medico potrà mettere in atto la demedicalizzazione del paziente. Nel caso in cui il paziente non sia migliorato, il medico di medicina generale dovrà rimodulare la terapia e inviarlo alla valutazione specialistica dell’algologo presso un’unità di terapia del dolore. La fase Tempo 2 Comincia con la presa in carico del caso da parte dell’algologo, che rivaluta la presenza di red flag. Nel caso possa essere esclusa la presenza di gravi malattie, l’algologo rimodula la terapia farmacologica del paziente e valuta la presenza di yellow flag, spie della presenza di problematiche legate alla sfera psicologica e cognitiva comportamentale per l’eventuale invio allo psichiatra e/o allo psicologo per una valutazione specifica e la somministrazione degli specifici test di valutazione. Il paziente viene rivisto a 4-6 settimane dall’algologo che, valutata l’efficacia della terapia farmacologica, può rimodulare la stessa oppure decidere di trattare il paziente con tecniche algologi che mini invasive e percutanee o con tecniche algologiche maggiori. Inoltre, nel caso ne riscontri la necessità, invia direttamente, con criteri di eleggibilità e modalità di accesso definiti ex ante, alla valutazione di altri specialisti, come il neurologo, il reumatologo, il fisiatra o altri specialisti. La flow chart costituisce uno strumento di supporto operativo alle attività dei diversi professionisti che insistono sul percorso di cura e assistenza del paziente con lombalgia. In quest’ottica sono stati costruiti 4 documenti (riportati in appendice a questo documento), che sintetizzano le modalità di: esecuzione efficace di anamnesi ed esame obiettivo; impostazione del processo di demedicalizzazione; individuazione dei redflags; individuazione degli yellow flags; scelta per la pianificazione delle indagini strumentali. La creazione della Rete di Terapia del Dolore diventa un archetipo essenziale per garantire la continuità assistenziale e la relazione con tutti gli erogatori multi specialistici territoriali e ospedalieri e le altri reti di patologia.
Puoi anche leggere