A Natale regala la sostenibilità
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A Natale regala la sostenibilità “Sostenibilità” è ormai una parola con la quale tutti abbiamo familiarità, entrata di diritto a parte del nostro quotidiano. In ogni attività sappiamo di dover essere responsabili e sostenibili, per il nostro bene e quello del pianeta. A Natale, probabilmente la più grande festa consumista della nostra società, diventa fondamentale seguire il trend e non perdere l’occasione per essere consapevolmente sostenibili. A conferma della crescente attenzione dei consumatori al tema, i dati della ricerca Think with Google 2021, che sottolinea che le parole chiave “regali natale sostenibili” ha vissuto un’impennata nell’ultimo Natale. Secondo lo studio, il 78% degli intervistati si è dichiarato pronto a rinunciare ad un brand conosciuto a favore di uno attento alla sostenibilità. La ricerca Veepee, ha dimostrato che nel Natale precedente, il 26% dei consumatori ha acquistato un albero a favore della salvaguardia delle foreste, e il 21% di aver fatto acquisti a difesa delle api. Le previsioni di risparmio per il Natale 2022 La crisi climatica e il caro-bollette dovuto ai problemi energetici, connoteranno il Natale 2022 come le festività del risparmio. L’annuale ricerca di Festive Season di Channel Factory, conferma che il 63% dei consumatori globali conferma di voler spendere meno soldi: il 49% ridurrà la spesa per i regali del settore gioielli, profumi e tecnologia; il 32% diminuirà la spesa per cibo e bevande. Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà” Il Natale porta in superficie sentimenti e stati d’animo unici. Ovviamente non c’è nulla di nuovo in queste parole. Tutti lo sanno, compreso i brand. Ed è proprio su questo tipo di sensazioni che le aziende puntano per influenzare legittimamente le nostre scelte d’acquisto. Anche le città saranno attente al consumo di energia, molti sindaci hanno già anticipato che ci saranno meno luminarie ad addobbare le strade. La maison Valentino ha annunciato che, in occasione del lancio di “Lights off campaign”, spegnerà le luci delle vetrine dei propri negozi a partire dalle ore 22 (escluse quelle di sicurezza). I consigli delle associazioni ambientali Già lo scorso anno le principali associazioni green hanno consigliato come optare per un atteggiamento sostenibile durante le feste, consigli che anche in questo Natale suonano più attuali che mai.
I m a g e b y F r e e p i k . WWF ha creato un Decalbero dei consigli per inquinare meno nel periodo delle festività: 1. Addobbare un albero “locale” o artificiale, ma soltanto se di riciclo 2. Utilizzare luminarie a basso consumo 3. Realizza addobbi fatti in casa 4. Per il pranzo e il cenone usare prodotti locali di stagione, limitando il consumo di carne 5. Evitare il fois-gras, il caviale, i datteri di mare e le aragoste 6. Non usare stoviglie usa e getta e fare la spazzatura differenziata 7. Non alimentare il mercato illegale di animali esotici regalandoli 8. Regala tecnologia a basso consumo 9. Fai shopping a piedi, in bici o con i mezzi di trasporto pubblico 10. Incarta i pacchetti con carta riciclabile L’attenzione alla creazione nelle decorazioni, lo scorso Natale, è stata enfatizzata anche da Legambiente con la campagna “do it yourself”. “Se si vuole optare per un capo di abbigliamento, il consiglio è quello di orientarsi verso una moda green acquistando articoli vintage, ma anche oggettistica o attrezzature sportive nei mercatini dell’usato o presso aziende e cooperative che producono nuovo filato da materiale riciclato e fibre rigenerate”, aggiunge l’associazione, “dietro la produzione di computer, tablet e cellulari, si cela un copioso impegno di risorse umane e materiali. Acquistare dei rigenerati è perciò una scelta doverosa”. Anche Greenpeace consiglia di fare attenzione che, nei prodotti di bellezza e igiene personale, non siano contenute microsfere o frammenti di plastica, indicati dai termini specifici poliethylene/polyamide/nylon. “Per i regali preferiamo prodotti ecosostenibili, facendo attenzione all’imballaggio, meglio ancora, creiamo regali e decorazioni usando materiali di recupero e tanta creatività”, sottolinea l’associazione fondata da Gino Strada, “prima di fare un acquisto per le feste chiediamoci se è davvero indispensabile e se non ci serve non compriamolo”.
5 esempi di campagne sostenibili di Natale 1) Negli ultimi 5 anni, Coca Cola, ha collaborato al fianco del Banco Alimentare per contrastare gli sprechi alimentari e aiutare le persone bisognose. Con il Coca Cola Truck Tour, camion elettrico al 100%, ha portato in tour un villaggio itinerante di Natale, “Real Magic Village”, le cui iniziative a sfondo benefico hanno permesso di offrire quasi 10 milioni di pasti; 2) Flyng Tiger Copenaghen propone, nell’attuale collezione natalizia, una serie di prodotti esposti in negozi, affiancati dal cartellino “ecosostenibile”, per indirizzare in modo chiaro l’acquisto dei consumatori. Il brand dichiara il proprio impegno per un’attività etica e responsabile, dall’approvvigionamento allo smaltimento dei rifiuti: “Vogliamo che i nostri clienti sappiano che quando acquistano un prodotto da Flyng Tiger è stato prodotto nel rispetto degli standard etici ambientali e sociali, ed è sicuro da usare”, specifica l’azienda danese; 3) “Believe in tomorrow” è lo slogan utilizzato da Erste Group per lo spot natalizio 2021 a tema sostenibilità. In un corto animato si vede una bambina che rimprovera il papà nelle azioni quotidiane, spingendolo verso comportamenti sostenibili. 4) Swappie, ha lanciato la campagna virale #RicondizioNation 2021 per pubblicizzare la qualità degli smartphone ricondizionati. Elena Garbujo, country manager d’Italia dell’azienda specifica che “quella del ricondizionamento continua a confermarsi una scelta di qualità, altamente affidabile, con un forte impatto anche in termini di sostenibilità”. 5) Soda Stream, nel Natale 2020, attraverso le parole del rapper Snoop Dog, ha invitato i consumatori a non utilizzare plastica durante i pasti delle feste, per salvare gli oceani e gli animali. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
La ripartenza 2022-2023 all’insegna del Green Deal Europeo L’autunno è da sempre il periodo della ripartenza per aziende, scuole e attività commerciali e da qualche anno l’attenzione di tutti si concentra sempre più sul clima e l’importanza di salvaguardare la salute dell’ambiente. Già l’11 dicembre 2019 la Commissione Europea ha pubblicato il “Il Green Deal Europeo“, che testimonia l’impegno degli Stati Membri ad affrontare i problemi legati al clima e all’ambiente e che si aggiunge ai programmi definiti dal Clean Energy Package. Gli obiettivi del Green Deal Europeo Il Green Deal Europeo vuole trasformare l’Europa in una economia competitiva ed efficiente dal punto di vista delle risorse e portare a 0 emissioni di CO2 entro il 2050 per contrastare l’effetto serra. Per questo il documento è considerato funzionale all’attuazione dell’Agenda 2030, che contiene gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Ecco allora come si lavora ad un processo di transizione giusta per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, obiettivo ribadito dal Consiglio Europeo nel luglio 2020. Nel dettaglio il Green Deal Europeo si basa su: ■ Fondo per la transizione giusta (JTF); ■ Regime specifico per la transizione giusta nell’ambito di InvestEU; ■ Strumento di prestito per il settore pubblico, che unisce sovvenzioni a carico del bilancio UE con prestiti accordati dai partner finanziari. Scopri il nuovo numero: “#ripartItalia” Se vogliamo ripartire come individui e come collettività dobbiamo cercare di prendere piena consapevolezza di noi stessi per esprimere il nostro massimo potenziale e vivere una vita piena. Questi tre pilastri hanno l’obiettivo comune di condurre la UE verso una economia climaticamente neutra entro il 2050. Per la migliore programmazione possibile del fondo JTF è stata prevista l’adozione di piani territoriali calendarizzati. Green Deal Italiano: opportunità o minaccia? Alla luce dei cambiamenti imposti dall’Unione Europea anche molti settori dell’economia italiana saranno toccati dal Green Deal Italia, ma si tratta di un’opportunità o minaccia? Come per tutti i cambiamenti la risposta è duplice: da un lato si tratta di un’opportunità, a patto che le aziende sappiano coglierla rapidamente o si trasformerà in minaccia. Per approfittare dei vantaggi del Green Deal Italia è fondamentale coinvolgere tutti gli
stakeholder, analizzare la filiera produttiva e la concorrenza e usare tecnologie avanzate in un contesto in cui questo cambiamento non si può più rinviare per la competizione serrata. Anche se la piccola e media impresa italiana ha da sempre alta velocità di reazione, gli imprenditori dovranno puntare sulla cultura aziendale e avvalersi di nuove competenze esterne qualificate per affrontare la rivoluzione che il Green Deal Europe rappresenta. Il principale problema per l’industria italiana è rappresentato da dimensioni e passaggio generazionale in tante aziende, ma si tratta di un cambiamento da affrontare in modo sistematico. Anche nella PMI devono entrare le tecniche delle multinazionali e processi aziendali avanzati. A mio parere, il Green Deal Europeo rappresenta una grande opportunità e gli imprenditori italiani devono saperla compiere per ammodernare le loro aziende e compiere un salto culturale e organizzativo che non è più rinviabile. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter DIGITAL INNOVATION DAYS, l'evento più atteso in Italia sul digitale e l'innovazione, che torna al Talent Garden di Milano dal 26 al 28 ottobre 2022 DIGITAL INNOVATION DAYS, l’evento più atteso in Italia sul digitale e l’innovazione, torna al Talent Garden di Milano. Dal 26 al 28 ottobre 2022 con quattro focus: Digitale, Innovazione,
Sostenibilità, Informazione che saranno al centro di conferenze, tavole rotonde e workshop, con i relatori e gli stakeholder più esperti del settore. Se l’edizione 2021 è stata quella dello “Human Capital” visto come insieme di conoscenze, competenze, abilità, emozioni individuali, quest’anno è senz’altro il momento di fare in modo che questo Capitale Umano torni a generare valore. Il tema del 2022 è dunque Human for Future che rappresenta un Nuovo Umanesimo, un processo di innovazione che vede saperi umanistici e conoscenze scientifiche, emozioni e tecnologia, non più in antitesi ma entrambi protagonisti del futuro. Per competere, secondo i nuovi paradigmi della sostenibilità, servono conoscenze e competenze multidisciplinari, un ecosistema sociale ed economico dove le Persone sono al centro, legate da interconnessioni virtuose, potenziate dall’innovazione digitale. A creare un perfetto parallelismo con la realtà odierna, l’evento sarà in presenza e in digitale, ospitando una serie di speech e relatori esperti, pronti a dare una visione illuminante sul presente e sul futuro della società. “Dopo l’esperienza epocale della pandemia, abbiamo raccolto i suggerimenti delle aziende, che da anni seguono questo evento, degli sponsor e dei partecipanti, di fare in modo che la DID COMMUNITY, non si disgreghi al termine dell’evento, ma rimanga viva, attiva e alimentata di contenuti e occasioni di incontro…” anticipa Giulio Nicoletti, CEO di Digital Innovation Days. Per questo la ROAD MAP di #DID2022 è oggi più ricca e articolata. Si parte a fine settembre, la data resta da definire, con una conferenza stampa. L’evento sarà inaugurato il 25 ottobre con una cena di gala, il primo momento per incontrarsi e scambiare opinioni in un contesto piacevole ed elegante. Il 26 e 27 ottobre, tutti in sala, per chi non può c’è sempre lo streaming su piattaforma dedicata.
Speaker internazionali e aziende con i loro case study daranno concretezza ai temi dell’innovazione, della sostenibilità, del digitale e della formazione. Due intense giornate moderate e condotte dai nostri esperti opinion leader: Fernando Piccirilli, Investment Advisor @Kobe Partners, per la sala Innovation & Emerging Tech; Francesca Petrella, Responsabile Comunicazione @IPSOS, per la sala Sostenibilità; Gaetano Romeo, Direttore @Pambianco Academy e Growth manager, per i temi legati al Web Marketing; Paolo Giacalone, West EU E-commerce Director @Deloitte per la sala E-commerce; Matteo Pogliani, Founder dell’ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing) e Partner e Head of Digital @ Openbox, per i contenuti legati all’ Influencer Marketing; Chiara dal Ben, Marketing & Innovation Director @FLU per i contenuti legati all’Influencer Marketing; Alessandro Negri della Torre, Founder di LX20 Law Firm, per la Sala Fintech. Siamo inoltre orgogliosi di annunciare l’ingresso di Enrica Fantoni e Gaetano Romeo nel team interno ai Digital Innovation Days per occuparsi delle strategie di web marketing. Non mancheranno workshop e masterclass, a numero limitato di partecipanti, per favorire confronto e interazione. Offrire tutte le possibili occasioni di network è il focus di #DID2022… e allora abbiamo creato la LOUNGE per fare quattro chiacchiere in relax, i BUSINESS MATCHING per ottimizzare i momenti liberi e avere una serie di appuntamenti prefissati, e poi l’APERITIVO serale, … per non andare via senza aver fatto quella domanda vitale! Dopo due giorni al TAG, il venerdì 28 ottobre sarà in streaming per declinare i temi affrontati su realtà verticali, ad esempio finanziarie, dell’industria manifatturiera, del pharma e dell’alimentare. Per i lettori di Smart Marketing è previsto un codice promozionale: smartmarketing20, che consentirà di acquistare il biglietto online per l’evento di Ottobre con il 20% di sconto. Inoltre il #DID2022 non finisce al Talent Garden! Continua per tutto l’anno successivo, con webinar sulla piattaforma dedicata e meetup online e in presenza, per alimentare il confronto della Community, organizzati dal nostro staff, dai relatori e moderatori, dalle aziende e dagli sponsor. Tutto questo per creare un “ecosistema virtuoso” di approfondimenti e nuove idee. Per maggiori info sull’evento: www.digitalinnovationdays.com
Per diventare sponsor dell’evento, inviare una mail a: sponsor@digitalinnovationdays.com Per diventare partner, scrivere a: press@digitalinnovationdays.com Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Generazione Z: come coinvolgere queste persone nella vita del brand? Dopo i millennial i brand guardano alla generazione Z ovvero ai nati tra la metà degli anni ’90 e i primi anni 2000, persone che rappresentano oggi la nuova generazione di consumatori. Vediamo il loro rapporto con il mondo del lavoro e del consumo secondo una ricerca condotta da McDonald’s. Il lavoro ideale della Gen Z italiana La generazione Z italiana cerca un lavoro che dia possibilità di crescere e di esprimere la propria identità (risposte date dall’83% e dal 75% del campione), ma non solo. Il lavoro del futuro deve garantire abbastanza tempo libero e la possibilità di conoscere persone nuove e interessanti, fare amicizia e viaggiare. Gen Z e consumi: cosa cambia? Secondo lo studio portato avanti dalla economista e docente Noreena Hertz solo il 6% della Gen
Z ha fiducia nelle grandi multinazionali contro il 12% dei Millennial e il 60% degli adulti. Lo studio in questo caso ha coinvolto 2000 teenager negli USA e nel Regno Unito. Nonostante la giovane età la gen Z influenza le decisioni di acquisto in famiglia e guarda al denaro come simbolo di successo. In più questi giovani puntano a ottenere beni materiali tradizionali come auto e mobili e i brand non possono ignorare questo dato. Come vengono scelti i prodotti? La gen Z acquista beni in promozione (41% dei casi) o economici (34% dei casi), mentre il 39% presta attenzione alla qualità. Inoltre il 30% dei giovani preferisce prodotti di marche di cui si fida e solo per il 9% è importante che la marca sia famosa. L’ultima caratteristica dei consumi della GEN Z è l’attenzione alla sostenibilità: per un ventenne italiano su quattro i prodotti devono essere eco friendly e realizzati con materiali naturali. Fare content marketing per la generazione Z: i consigli Nel mio lavoro di consulente Content Marketing mi trovo a lavorare su testi e messaggi pubblicitari e promozionali rivolti alla generazione Z. In questo caso diventa fondamentale comunicare i valori reali del brand e puntare all’engagement, che prevede una relazione intima tra brand e consumatore. Scopri il nuovo numero: “Tutto è Comunicazione” In 20 anni è cambiato tutto. Ai media tradizionali si è affiancato internet. Lo smartphone ci ha portati nel futuro. Con le applicazioni si sono creati nuovi modelli di business. I social hanno fatto il resto. Oggi tutto è comunicazione! Via libera, quindi, allo storytelling e al racconto dell’azienda e dei suoi valori più profondi con un’attenzione all’umanità empatica, capace di trasmettere emozioni forti e coinvolgenti. Gli strumenti per comunicare con la gen Z sono principalmente quelli del web da adeguare ad un personale che vive il virtuale senza soluzione di continuità con il reale. La sfida che ogni azienda deve superare è quella della conversione immediata e va creata una comunicazione coinvolgente di medio e lungo termine e una strategia incentrata sul brand piuttosto che sul prodotto. In conclusione, la generazione Z acquista da brand con cui ha una relazione e di cui condivide storia, valori, mission e attenzione all’ambiente. Anche il linguaggio cambia e predominano meme, citazioni, influencer e contenuti visuali per interessare il nuovo consumatore, capace di influenzare la famiglia e i contatti sociali. La parola chiave per i brand è comunicazione integrata e chi fa content marketing deve saper creare contenuti impattanti, chiari e immediati, coinvolgenti e condivisibili. Una sfida che ogni azienda sta affrontando e da cui dipende la crescita del business. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Attenzione alla Green Communication che diventa Greenwashing! Sappiamo bene ormai che negli ultimi anni il termine “sostenibilità” è la parola chiave del nostro vivere, e, ovviamente, questo ha influenzato anche il marketing, diventato necessariamente green, così come la comunicazione d’impresa che ne consegue. La Green Communication si potrebbe definire come un nuovo modello comunicativo che mette in evidenza il lavoro delle imprese a favore della sostenibilità, per colpire il consumatore che premia con l’acquisto l’impegno dell’azienda. Ma l’inganno è dietro l’angolo, “fatta la regola, trovato l’inganno” si direbbe con le parole di un detto popolare: le attività green comportano elevati costi per le imprese che, per risparmiare, a volte trasformano la green communication in greenwashing. Cos’è il greenwashing Letteralmente significa “ecologismo di facciata”, coniato nel 1985 dall’ambientalista Jay Westervelt, quando durante un viaggio in un’isola del Pacifico, notò un atteggiamento ambiguo dell’hotel nel quale alloggiava: si chiedeva ai clienti di riutilizzare più volte gli asciugamani, al fine di evitare sprechi di acqua, ma allo stesso tempo la struttura attuava strategie di marketing poco sostenibili, volte ad aumentare il turismo, mirando ad espandersi, insomma, un atteggiamento non proprio green, pensò Westervelt. Un’indagine svolta nel gennaio 2021 dalla Commissione Europea e dalle Autorità Nazionali di tutela
dei consumatori (secondo il Regolamento UE 2017/2394), sotto il coordinamento della IPCEN (Consumer Protection and Enforcement Network), attraverso uno screening della comunicazione sul web e degli slogan di varie aziende, ha dimostrato che: ■ 37% dei claim conteneva informazioni vaghe, utilizzando parole come “cosciente”, “rispettoso dell’ambiente”, “sostenibile”. Termini importanti ma che ad un’analisi approfondita non forniva particolari specifici circa le attività concrete svolte dalle aziende ■ Il 59% dei casi non forniva delle prove circa le attività dichiarate ■ Nel 42% dei casi le autorità hanno ritenuto ingannevoli i claim, dichiarandole pratiche commerciali sleali ai sensi della Direttiva sulle Pratiche Commerciali Sleali Come individuare la comunicazione greenwashing Il termine, quindi, finì per indicare le pratiche con cui le imprese ripuliscono la propria immagine grazie ad una comunicazione scorretta, o comunque non totalmente veritiera. Scopri il nuovo numero: “Tutto è Comunicazione” In 20 anni è cambiato tutto. Ai media tradizionali si è affiancato internet. Lo smartphone ci ha portati nel futuro. Con le applicazioni si sono creati nuovi modelli di business. I social hanno fatto il resto. Oggi tutto è comunicazione! Lo studioso Zygmunt Bauman, affermava che “il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione”, (Amore Liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, 2006). Il termine relazione definisce esattamente l’attuale rapporto tra l’azienda e il consumatore: se la comunicazione fallisce il rapporto si incrina, il consumatore perde fiducia, si allontana e le vendite calano. Per non cadere nel tranello di una comunicazione greenwashing basta tenere gli occhi (e le orecchie) bene aperti: ■ Si utilizza un linguaggio vago, poco trasparente, con omissioni e reticenze, che può indurre in errore il consumatore ■ Mancanza di informazioni e descrizioni delle attività poste in essere, ci si limita ad utilizzare le parole chiave come “verde”, “ecologico” ■ A volte il messaggio viene urlato per colpire il consumatore, non è raro che il claim sia scritto in grassetto di colore verde, proprio per colpire il consumatore ed evitargli di porsi delle domande ■ le aziende comunicano la loro attenzione solo riguardo una fase o un aspetto del processo produttivo, spacciandosi però per un brand totalmente green, creando confusione nel cliente ■ spesso le aziende non vantano collaborazioni esterne per la realizzazione del prodotto verde, dichiarando di svolgere tutto internamente “La trasformazione sostenibile non può e non deve essere prevalentemente un’attività di comunicazione. se sostenibilità risulta essere tra le buzzword più diffuse degli ultimi tempi, dobbiamo evitare che questa parola venga oggi svuotata di significato”, ha sottolineato Rossella Sobrero, docente presso l’Università degli Studi di Milano e l’Università Cattolica di Milano, autrice del libro “Verde, anzi verdissimo. Comunicare la sostenibilità evitando il rischio greenwashing”,
Egea. La comunicazione ingannevole alla base del greenwashing La comunicazione greenwashing non fa altro che attingere dalla psicologia della comunicazione, che evidenzia le caratteristiche di un messaggio non corretto (Psicologia della comunicazione, Luigi Anolli, 2002): ■ falsità: il contenuto è necessariamente falso ■ consapevolezza: il soggetto (in questo caso l’impresa) è consapevole di mentire ■ intenzionalità: volontà di ingannare il destinatario Le tipologie di messaggio possono esplicarsi in forme diverse, caratterizzate da una sottile differenza: ■ omissione: si omettono alcune parti della verità ■ occultamento: alcune informazioni vengono tenute nascoste mentre altre vengono riferite ■ falsificazione: si dichiarano informazioni false ■ mascheramento: si celano informazioni importanti e si forniscono quelle false Qualche esempio “famoso” per capire meglio Nel 2021 l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM), ha preso un provvedimento contro i claim pubblicitari della linea “ENIdiesel+”, dal 2016 al 2019, che presentavano il carburante come bio e green, che promettendo una diminuzione delle emissioni CO2 fino al 40%. L’Autorità li ha riconosciuti ingannevoli in quanto non accompagnati da reali risultati come annunciato. È stata proprio la comunicazione scorretta a mettere nei guai l’azienda, successivamente, infatti, il Tar del Lazio multò l’azienda con 5 milioni di euro sostenendo che un carburante non potesse essere considerato green, in quanto sempre inquinante. Comunicazione confusa anche per H&M che nel 2019 fu ammonita dalla Norvegian Consumer Authority, circa la linea “Conscious”, definita come green, ma che non forniva adeguate informazioni sul termine, facendo riferimento solo ad un 50% dei materiali riciclati, restando vaga sul resto. Anche il brand Coca-Cola non è stato esente da critiche, nel 2021 l’Earth Island Institute la accusò di veicolare slogan del tipo “sostenibile ed ecologica”, “riduciamo la nostra impronta di carbonio”, mentre dal Rapporto Break Free From Plastic Global Cleanup e Brand Audit, fu nominata come azienda più inquinante degli ultimi 3 anni a causa del numero di materiali plastici immessi nel mercato. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome
Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Vesti alla moda con il second-hand: oggi lo shopping passa dalle app dell'usato, con un occhio all’ambiente. Sostenibile è la caratteristica che più si richiede ad un prodotto nel mercato contemporaneo, anche nel settore della moda, accusato di essere uno dei più inquinanti nelle economie industrializzate. La moda è infatti guidata da una logica “usa e getta”, che troppo frequentemente influisce negativamente sull’inquinamento globale e sullo sfruttamento dei lavoratori. Preoccupati di seguire il fast fashion, (che propone più collezioni anche nello stesso mese, spesso low cost), i consumatori si buttano in acquisti compulsivi, dettati da ritmi veloci, gettando via troppo velocemente vestiti ancora in buono stato. Diciamolo con sincerità, forse siamo tutti un po’ Carry Bradshaw (nota protagonista della celeberrima serie Sex and the City), quando pronuncia “adoro il mio denaro esattamente lì dove posso vederlo…appeso nel mio guardaroba”. I social media, proponendo innumerevoli tendenze, influiscono non poco su questa filosofia, enfatizzando, tra l’altro, il concetto espresso dal sociologo tedesco Georg Simmel nel 1910, nel libro “La Moda”, “[…] il vero fascino, stimolante e piccante della moda, sta nel contrasto fra la sua diffusione ampia e omnicomprensiva, e la sua rapida, fondamentale caducità […] appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla differenziazione, al cambiamento, al distinguersi”. Il ruolo del consumatore a favore della sostenibilità Se è vero che il consumatore dell’attuale mercato è voglioso di essere “alla moda”, e propenso all’acquisto veloce, allo stesso tempo, è anche consapevole della necessità di acquistare con consapevolezza. Pur volendo fare shopping, appunto, come Carry Bradshaw, non possiamo negare di essere consci delle difficoltà che il nostro pianeta sta vivendo. È difficile non chiedersi: perché un capo costa così poco? Che materiale è? Chi lo ha cucito?
I clienti sono più attenti al rapporto prezzo-qualità, richiedono garanzie sulla qualità del prodotto e dei materiali utilizzati, e un comportamento responsabile dell’azienda, tracciabile lungo l’intera filiera di produzione e distribuzione, riguardo alle emissioni inquinanti. Ma non solo, ecosostenibilità vuol dire anche rispettare la società, producendo nel rispetto umano, senza sfruttamento della forza lavoro e stabilendo eque remunerazioni. Dall’economia lineare all’economia circolare L’attenzione del consumatore rappresenta un elemento di svolta importante, che può guidare il passaggio all’auspicabile economia circolare. Cosa vuol dire? Esattamente fino ad ora il settore moda ha lavorato in un’ottica economica di tipo lineare: compro- uso-getto. E se invece passassimo ad un’ottica compro-uso-rivendo? Rivendere i vestiti (ovviamente in buono stato), o darli indietro alle aziende, potrebbe permettere di ricavare tessuti rigenerati, riducendo gli sprechi, e contribuendo ad un orientamento ecosostenibile. Scopri il nuovo numero: “Il futuro è aperto” Il futuro prende vita dalle nostre azioni. E l’azione è sempre risolutrice. Andiamo incontro al futuro, senza timori. Il futuro è aperto! Secondo lo studio della Circular Economy Action Plan della Comunità Europea, il settore tessile è il quarto per uso di materie prime e acqua; il quinto per emissioni di gas effetto serra. L’Agenzia Europea dell’Ambiente, specifica che è il settore responsabile del 10% delle emissioni mondiali di carbonio. Le app e la rivoluzione second-hand Ultimamente il mercatino dell’usato sembra essersi spostato online grazie al boom delle app, uno dei tanti effetti consequenziali alla pandemia, visto che con il tanto tempo passato in casa, molti ne hanno approfittato per dare una ripulita all’armadio. Senza aprire un proprio e-commerce, ma appoggiandosi semplicemente a delle app, si possono vendere i propri capi di abbigliamento e accessori, contribuendo, in tal modo, allo sviluppo dell’economia circolare. Se qualcuno è infatti interessato ad un nostro pezzo di vestiario può contattarci direttamente tramite l’app per contrattare il prezzo. In questo modo il capo ha la possibilità di vivere una seconda vita. Secondo un’indagine di Zalando, oltre il 60% degli intervistati ritiene importante che i capi abbiano una seconda occasione. Global Data conferma questa tendenza positiva prevedendo che il mercato second hand passerà da 28 miliardi di fatturato del 2019 a circa 64 miliardi nel 2024. Importante risulta essere la presenza di abbigliamento e accessori vintage, i brand di lusso occupano infatti gran parte delle vendite sulle app. Secondo True Luxury Global Consumer Insights di Altagamma-Bcg, i consumatori di lusso stanno partecipando attivamente alla compravendita di seconda mano, registrando circa il 62% delle vendite derivanti dalle app.
Un’indagine realizzata da Thredup (piattaforma di seconda mano), ha rilevato che, negli USA, 33 milioni di persone ha acquistato per la prima volta abbigliamento usato nel 2020, e di questi, il 76% dichiara di pensare di aumentarne la quota nei prossimi 5 anni. Siete curiosi di sapere quali sono le app più utilizzate? Vinted: creata in Lituania nel 2008 da Milda Mitkute e Justas Janauskas, oggi conta più di 37 milioni di iscritti, classificandosi come la prima piattaforma europea nella moda di seconda mano. L’idea fu di Justas per aiutare Milda a disfarsi di alcuni abiti durante un trasloco. L’app, che non è responsabile del pagamento che avviene tra i contraenti, non prevede costi di commissione per il venditore, la cui spedizione è a carico del compratore. Depop: fondata da Simon Beckerman a Londra, e rilevata nel 2021 da Etsy. Una delle app più pubblicizzate del periodo, al momento conta più di 26 milioni di utenti in 147 paesi, vi si possono caricare foto dei vestiti, per vendere o scambiare. Ha un’interfaccia simile ad Instagram e permette l’utilizzo di filtri per rendere le foto più interessanti. Wallapop: nata in Spagna nel 2013, arrivata in Italia nel 2021, ha spopolato tra gli utenti in pochi mesi, arrivando a circa 18 milioni di iscritti. “L’obiettivo è puntare alla sostenibilità, all’economia circolare” sottolinea Giuseppe Montana, Head of Internationalization dell’azienda, su un recente articolo del Corriere della Sera. Shpock: app di origine tedesca lanciata nel 2012, con un’impostazione grafica, anche in questo caso, simile a quella di Instagram, ha attirato più di 10 milioni di iscritti, risultando tra le più scaricate anche in Italia. Zalando second-hand: nata recentemente, nel settembre 2020, in due anni è passata da 20.000 articoli a 200.000. lo scambio non avviene in denaro ma in crediti, spendibili all’interno del sito. Greenchic by Armadioverde: ideato nel 2015 da David Erba ed Eleonora Dellera. Si occupa di tutto l’iter logistico della compravendita al posto dei clienti, effettuando il ritiro presso la propria abitazione e consegnandolo all’acquirente. Vestiarie Collective: app francese fondata nel 2009, utilizzata da oltre 5 milioni di utenti nel mondo, specializzata nella compravendita di brand famosi di cui certifica l’originalità. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email *
Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter La mobilità elettrica quale elemento strategico delle smart city per un mondo sostenibile Vacanze fatte di movimento quelle di quest’anno, dopo un lungo periodo di staticità, il desiderio comune è stato quello di uscire dalle proprie case che tanto a lungo ci hanno “catturati” per espandere orizzonti e curiosare oltre i “confini regionali”. Sono state per lo più vacanze #madeinitaly esplorando un Paese che offre tanto dalle montagne ai laghi, ai mari ai borghi, un bel Paese fatto di bellezze che riempie il cuore una volta che lo si conosce a fondo. Turisti e girovaghi, quest’anno, che gironzolando tra una giornata al mare e l’altra si saranno accorti di come, in molte città e non solo metropoli, siano comparse ai bordi delle strade le colonnine elettriche per caricare auto sempre più innovative. Al 30 giugno sono stati, infatti, superati i 23000 punti di ricarica di EV – Electric vehicle /auto elettriche) in 9.453 location italiane (fonte motus-e la prima associazione in Italia costituita per fare sistema e accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica) da nord a sud. È stata davvero una sorpresa, perché ci si è resi conto che davvero qualcosa nella nostra Italia, sta cambiando. Il futuro in effetti è sostenibilità e innovazione, ed è fantastico vedere che sul territorio italiano (ma anche e soprattutto a livello mondiale ormai il fenomeno è di gran lunga in crescita) si stia costruendo una rete di ricarica diffusa facilmente accessibile e ricercabile con un click, per poterne usufruire quando se ne ha la necessità e, presto, da ogni dove. Interessante e curioso è, infatti, programmare un viaggio per chi dispone di veicoli elettrici tenendo in considerazione i punti strategici di ricarica, consultando la mappa digitale di e-station sempre aggiornata. Vedendone l’utilizzo mi ha riportato alla mente di quando, tredici anni fa, dopo aver acquistato la mia prima auto a metano giravo con lo stradario cartaceo dove vi erano selezionate tutte le stazioni di metano, che non ancora capillari sul territorio, ti costringevano ad uscire spesso dall’autostrada per fare rifornimento. Davvero non “easy” ma al contempo avevi la consapevolezza di fare del bene all’ambiente e alla tasca :). Dal metano all’elettrico in un decennio il passo è stato fatto. Oggi a distanza di anni abbiamo una occasione nuova, ancora più innovativa ma soprattutto a portata di mano che presto sarà la scelta di molti e che entro il 2030 si stima sarà quella prevalente.
Ad oggi, infatti, la mobilità elettrica in Italia rappresenta soltanto lo 0,2% del parco circolante e si posiziona indietro rispetto i principali paesi europei. Tuttavia, sta crescendo molto rapidamente (+118% CAGR 2018-2020F1) spinta anche da incentivi nazionali e regionali. L’offerta di vetture elettriche è ancora in fase di sviluppo e si concentra su fasce alte di prezzo. L’81% dei veicoli elettrici offerti sul mercato costano tra i €20.000-80.000. Ma d’altronde anche il primissimo modello di smartphone all’epoca fu per pochi eletti per poi diventare a portata di tutte le tasche. E’ quanto si evince dal recentissimo report sul futuro della mobilità elettrica in Italia 2030 di e- Motus, che ha analizzato lo status attuale ipotizzandone l’immediato futuro e ragionando su scenari che saranno sempre più “Customer Experience Focused” cercando di rispondere maggiormente alle esigenze primarie di un cliente di veicolo elettrico; per arrivare a definire una proposta di scenario al 2030 che si pone l’obiettivo di identificare una infrastruttura di ricarica capace di aumentare il valore di un servizio universale per il cittadino, nel rispetto di alcuni criteri di efficienza e redditività minima degli investimenti. Le auto elettriche sono l’elemento di mobilità di quelle che sempre di più saranno smart city, le città intelligenti che si pongono l’obiettivo di migliorare la vivibilità dei cittadini e diminuire l’inquinamento e le emissioni di CO2, o almeno questa la promessa della tecnologia che dovrebbe far diventare presto un ricordo, l’aria inquinata e le lunghe code nei centri urbani di tutto il mondo. Il mondo si sta evolvendo sempre più rapidamente e la mobilità è uno dei settori simbolo del cambiamento, che ne mostra il progresso e la tecnologia. Sono diversi gli investimenti dedicati al futuro delle smart cities, aree urbane che puntano sulla Digital Transformation per ottimizzare le infrastrutture e i servizi di cui possono usufruire i cittadini. Il settore dei trasporti si sta rivoluzionando per diventare più digital e per ridurre l’impatto ambientale; nascono nuovi mezzi di traporto e nuove forme di mobilità e si vedono affermare nuove tendenze, come la mobilità condivisa del car sharing e del monopattino elettrico che spuntano ormai come funghi ovunque. Nelle città del futuro, la mobilità sarà più flessibile, sicura, rispettosa dell’ambiente e integrata, in modo da rispondere in modo efficace alle nuove esigenze delle persone e della città stessa. Scopri il nuovo numero: “Orizzonte elettrico” Al pari di quella digitale, la rivoluzione elettrica è arrivata quasi sottovoce e sta prendendo letteralmente piede molto velocemente. E quando si parla di rivoluzione elettrica, tra le altre cose, non si può non parlare di mobilità. Nasce tutto dalla volontà di migliorare l’esperienza urbana e la qualità della vita come si evince dal report di Capgmenini “Street Smart: Putting the citizen at the center of smart city initiatives”, che evidenzia che più della metà dei cittadini (58%) ritiene che le smart city siano sostenibili e che assicurino una migliore qualità dei servizi (57%). Questo è dimostrato dal fatto che più di un terzo degli intervistati (36%) sia disposto a pagare di più per ottenere una migliore esperienza
urbana ed una migliore qualità della vita nella sua città. I cittadini, infatti, ritengono che minacce come l’inquinamento (42%) e la mancanza di iniziative di sostenibilità (36%) siano tra le principali preoccupazioni che potrebbero spingerli a trasferirsi altrove. A fare della mobilità elettrica un “oggetto” dell’IoT (Internet of Thing) contribuiscono senza dubbio il 5G e l’edge computing. Il veicolo connesso diventa parte integrante di un ecosistema digitale dove si ha la possibilità di conoscere se c’è un parcheggio libero a destinazione e, magari, prenotarlo ancor prima di partire risparmiando tempo per il singolo e per la collettività, riducendo emissioni inquinanti per la ricerca prolungata del posto. La città Smart mette in comunicazione cittadini e pubblica amministrazione per prenotare online un servizio come il ritiro dei rifiuti ingombranti o, quando possibile, per effettuare una diagnosi a distanza o un consulto grazie alla telemedicina. È una città sempre più innovativa con la tecnologia a servizio del cittadino che però non dovrebbe mai dimenticare la relazione umana sia nel contatto medico/paziente che cittadino con il cittadino (ma qui si aprirebbero scenari da approfondire soprattutto post pandemia che un articolo non basterebbe). Molto, infatti, davvero molto è in mano nostra ed è nelle nostre scelte. Personalmente devo dire che quando ebbi la possibilità di scegliere tra le auto disponibili nella flotta aziendale un veicolo ibrido mi fece un effetto davvero strano. Cinque anni fa si parlava certamente di sostenibilità, ma davvero un veicolo elettrico per girare in città, era ancora un film fantascientifico. Devo ammettere che, camminare senza emettere un rumore rendeva quasi magico il percorso, una delle tante opportunità in una grande metropoli come Roma, se si pensa alle domeniche ecologiche, le targhe alterne, ai parcheggi gratuiti e alla possibilità di circolare liberamente e fruirne, solo alcuni esempi concreti e tangibili che ovviamente si vanno ad aggiungere a tutto quanto discusso sopra che l’hanno resa ancora oggi una scelta SMART che con il senno di poi, anticipò i tempi. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Il podcast che ti fa scoprire l’A.I. – La sfida è un futuro sostenibile, e con l'AI si può vincere. Con Michela Milano La sostenibilità è uno degli argomenti che più tiene banco nel dibattito politico ed economico mondiale. Come sappiamo, la sostenibilità tratta ambiti molto complessi e variegati e presenta tre principali aree particolarmente problematiche strettamente connesse tra loro che sono: la società, l’economia e l’ambiente. Gestire una smart city, una crisi pandemica come quella che stiamo vivendo, un’emergenza migratoria oppure ambientale legata ai cambiamenti climatici, come gli incendi di vaste aree o le grandinate ed i temporali particolarmente violenti, sono tutti ambiti nei quali i “decisori”, siano essi politici, economici o di pubblica sicurezza, si trovano a gestire una grandissima quantità di dati. E quando si parla di dati, l’Intelligenza Artificiale può sicuramente venirci in aiuto. Come sappiamo, una delle migliori capacità delle A.I. è quella di estrapolare “modelli” da una grande quantità di dati grezzi. Questi modelli sono principalmente di tre tipi: descrittivi, predittivi e decisionali. È facile capire le caratteristiche di ciascun modello. Quelli descrittivi sono quei modelli che “descrivono” la realtà sulla quale si vuole riflettere. Quelli predittivi sono invece quei modelli che cercano, dagli stessi dati, di estrapolare delle ipotesi e degli scenari futuri quanto più accurati possibile. Infine quelli decisionali sono quelli che in base ai dati forniti dai modelli predittivi cercano di orientare e “supportare” le decisioni degli operatori umani. Decisioni che grazie all’A.I. saranno “informate” e quindi con molta probabilità quelle più sicure. I sistemi maggiormente utilizzati in questi specifici ambiti e che si sono dimostrati i più adatti e con le performance migliori sono quelli di Machine Learning.
I sistemi di A.I. si sono rivelati particolarmente utili nel gestire al meglio situazioni di crisi, proprio in virtù del fatto che le decisioni che prendono sono sempre le più razionali possibile, mentre gli esseri umani, quando si trovano a gestire situazioni al limite, spesso assumono comportamenti irrazionali o, peggio, si fanno prendere dal panico. Ci sono alcuni ambiti però dove le A.I. sono ancora indietro, una su tutte è la questione “etica”, anche se in questo campo si sta lavorando molto per superare il gap. La questione etica per le A.I. è di stringente attualità, vista, ad esempio, la sempre maggior diffusione delle auto a guida autonoma. L a p r o t a g o n i s t a d e l 1 2 ° p o d c a s t , M i chela Milano, docente all’Università di Bologna e Direttrice Centro Interdipartimentale Alma Mater Research Institute for Human-Centered Artificial Intelligence. Le domande in questo campo di studi sono molteplici: Se una macchina a guida autonoma investe una persona e ne causa il ferimento o peggio la morte chi è responsabile?
L’Intelligenza artificiale, l’azienda costruttrice di quella tecnologia, o il conducente che si è fidato della sua auto a guida autonoma? In caso di un pericolo su strada noi umani, con i nostri tempi di reazione, ci affidiamo all’istinto, ma le A.I., con la loro mostruosa capacità di elaborare migliaia di dati in pochi secondi, nelle stesse condizioni, sono in grado di prendere una decisione “ragionata”, che però potrebbe essere carente proprio dal punto di vista etico. Interessante a questo proposito è l’esperimento della “Moral Machine”, messo a punto dai ricercatori dello Scalable Cooperation Group del MIT Media Lab, una piattaforma online per la raccolta di dati su larga scala, che nell’arco di 2 anni ha raccolto quasi 40 milioni di risposte di tipo etico in tutto il mondo per provare a rispondere alla domanda: Le auto intelligenti sanno compiere delle scelte morali? La prima sorprendente risposta a questo esperimento è stata quella che ha messo in evidenza che non esistono “principi” morali ed “etici” condivisi in tutto il mondo e che le A.I. che vengono create, programmate e addestrate in particolari contesti geografici e culturali risentono appunto di queste variabili. Di questo e di molto altro si parla nell’ultimo episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, ideato e promosso dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e Radio IT (il primo podcast network italiano sull’information technology) che vede il solito Igor Principe, giornalista di Radio IT, dialogare con Michela Milano, docente all’Università di Bologna e Direttrice Centro Interdipartimentale Alma Mater Research Institute for Human-Centered Artificial Intelligence. Sostenibilità, etica ed intelligenza artificiale al centro del 12° ed ultimo episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, che nell’ultimo anno ci ha permesso di approfondire molti ambiti dell’A.I, che sembrano riguardare il nostro futuro ed invece sono già il nostro presente. Buon Ascolto! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email *
Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Le 4 virtù cardinali del Marketing - L'editoriale di Ivan Zorico Nell’era della tecnica, degli automatismi e della velocità, c’è sempre meno spazio per il pensiero, il metodo e la strategia. Siamo affascinati dal tutto e subito, dalle incredibili potenzialità dell’ultimo tool, dai progressi dell’intelligenza artificiale nel campo del marketing, dal raggiungere velocemente migliaia di persone, dal contare il numero di follower, dal nuovo video virale, e così via. Tutta questa disponibilità di strumenti, e la voglia di arrivare per primi (o anche solo di bruciare le tappe), spesso ci fa dimenticare una regola abbastanza semplice, ed anche per questo molto sottovalutata: senza una vera conoscenza della materia, difficilmente riusciremo a raggiungere quello che ci siamo prefissati (e soprattutto confermarlo nel tempo). Uno strumento, per quanto performante che sia, agisce sempre secondo le indicazioni che riceve. La mano fa quello che le dice il cervello, non viceversa. Per dirla in altri termini, “La potenza è nulla senza il controllo”. Prendendo in prestito un’espressione calcistica, potremmo dire che bisogna (ri)partire dai fondamentali. Se guardiamo i casi di successo, se li analizziamo in profondità e non ci facciamo abbagliare da quello che fa più luce – il successo stesso –, ci accorgeremo che dietro c’è sempre uno studio, un
disegno, un lavoro. Poi certo, oggi disponiamo di strumenti in grado di amplificare (se usati correttamente) in tempi abbastanza brevi la portata delle nostre azioni, ma non dobbiamo commettere l’errore di scambiare l’effetto con la causa. Scopri il nuovo numero: “Le 4 Virtù cardinali del Marketing” Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le 4 virtù cardinali del marketing che vi proponiamo. In un mondo dominato dalla tecnica e dalla velocità, queste virtù ci permettono di non sbagliare la rotta (o magari di ritrovarla se smarrita) e di indirizzare correttamente le nostre azioni. Mi rendo conto che, nel tempo in cui viviamo, c’è sempre meno spazio per la preparazione e l’attesa. Proprio per questo motivo credo sia giusto prendersi del tempo per ritracciare le coordinate e individuare dei punti – o virtù – cardinali in grado di guidarci in questo mare magnum informativo e di stimoli continui. I punti cardinali sono principalmente quattro, e al pari delle più alte virtù, sono direzioni e pilastri da tenere sempre a mente per non sbagliare la rotta (o magari per ritrovarla se smarrita) e per indirizzare correttamente le nostre azioni. Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le nostre 4 virtù cardinali del marketing. Pazienza La pazienza viene spesso confusa con l’attesa inattiva dell’ineluttabile. Ossia una virtù all’apparenza non proprio positiva perché in qualche modo riconduce ad un altro concetto, quello della passività. Se fosse così, o se la intendessi così, di certo non l’avrei inserita tra le virtù a cui tendere. Ben altro è il senso da cogliere. Affinché un progetto cresca, sia esso di natura personale o professionale, ha bisogno di tempo. Questo aspetto dobbiamo averlo sempre presente. Sviluppare la virtù della pazienza, ci permetterà di fissare degli obiettivi e di avere la capacità di portarli avanti nel tempo. Quante volte hai lasciato perdere troppo in fretta un progetto perché quello che volevi richiedeva più tempo di quanto pensavi o, meglio, di quanto eri disposto a sopportare? Come vedi la pazienza non è sinonimo di passività, ma di azione ponderata. Perseveranza Agganciata alla pazienza, c’è un’altra virtù troppo spesso bistratta: la perseveranza. Perseverare non è affascinante (come la pazienza) e non crea titoli di giornale. Hai mai visto un titolo del genere: “Grande successo ottenuto dopo dieci anni di lavoro costante”? Molto più facilmente avrai visto questo: “Grande successo ottenuto in soli sei mesi”. È proprio nella perseveranza che si trova invece la chiave per raggiungere i propri obiettivi. Poniamo il caso che vuoi scrivere un libro per poi magari pubblicarlo in self-publishing e promuoverlo sulle varie piattaforme social. Scrivere 200/300 pagine non è cosa semplice: come puoi riuscirci? Ecco, perseverare significa mettersi ogni giorno a scrivere un certo quantitativo di pagine. Anche se non ne hai voglia, anche se quel giorno non sei ispirato. Se l’obiettivo è chiaro – scrivere un libro – è con la perseveranza che sarai in grado
di farlo. Sostenibilità Se c’è un tema che ci porteremo avanti a lungo, certamente sarà quello della sostenibilità. Una sostenibilità non solo legata alla cura dell’ambiente, ma ampliabile a tutta una serie di altre situazioni. La nostra società sta cambiando e le spinte di rinnovamento arrivano da più parti. Oggi le persone pretendono prese di posizioni forti da parte delle aziende. Il marketing e la comunicazione sono chiamati ad un cambio di passo vero. I maggiori brand lo hanno capito, e sembrerebbe anche le istituzioni. Non si può più pensare di continuare a perpetrare logiche passate: dalla realizzazione del prodotto allo scaffale, passando per la sua promozione. Tutto deve essere rivisto secondo un approccio sostenibile (e aggiungerei anche etico). Se vuoi fare la differenza nei prossimi anni, non puoi prescindere da tutto questo. Gentilezza Al pari della pazienza, anche la gentilezza non sempre ha goduto di ottimi favori. Diciamoci la verità: preferiamo essere considerati forti piuttosto che gentili. Una persona gentile spesso viene definita buona, se non addirittura buonista (nel suo senso più negativo). Nulla di più sbagliato. Dal mio punto di vista, una persona gentile è una persona sicura di sé, che non ha bisogno di alzare la voce perché crede in quel che dice ed è anche una persona capace di creare un clima disteso e collaborativo intorno a sé. E, tra parentesi, se anche fosse buona, o buonista, non ci vedrei nulla di male, anzi. In un ambiente dove viene promosso questo approccio (che per essere efficace deve essere vero e non soltanto fintamente riprodotto), le idee affiorano ed il confronto attivo diventa di uso comune. In un mondo sempre più inondato dai dati, sarà proprio la capacità di discernerli a fare la differenza. La componente umana quindi risulterà, quasi contro intuitivamente, oltremodo centrale. Se poi riportiamo la gentilezza più propriamente al marketing e alla comunicazione, ti chiedo… cosa preferisci: una azienda/professionista che strilla e che cerca di convincerti a tutti i costi, o una azienda/professionista capace di parlarti e che cerca di persuaderti della bontà della sua soluzione? Credo già di conoscere la risposta… Prima di salutarci, permettetemi una piccola nota: se non ve ne siete accorti questo è il nostro 84simo numero in pubblicazione: abbiamo terminato il settimo anno di pubblicazione e Smart Marketing sta per entrare nel suo ottavo anno di vita. Per restare in tema con l’argomento del mese, essere arrivati sin qui è un reale piccolo segno di pazienza e perseveranza. Ma anche di sostenibilità ed etica: abbiamo sempre lavorato applicando rigorosamente le regole giornalistiche, anche in un periodo in cui le fake news e il clickbait sono ampiamente utilizzati per fare “numeri”, a tutti i livelli. E, infine, è un esempio di gentilezza: non alziamo mai i toni nei nostri contenuti e cerchiamo di spiegare ed approfondire con un linguaggio semplice (ma non banale) temi anche complessi. Spero che tutto questo sia visibile, ma soprattutto apprezzato da ognuno di voi. In tal caso, lasciami un commento…te ne sarei grato. Buona lettura, Ivan Zorico
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