Project Work Social Media Marketing XVII edizione del Master in Marketing Management ISTUD Business School - Gruppo di lavoro: Chiara Abbate ...
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Project Work Social Media Marketing XVII edizione del Master in Marketing Management ISTUD Business School Gruppo di lavoro: Chiara Abbate Silvia Duca Giulia Manzo Floriana Zerbo
Indice Premessa ............................................................................................................................................................. I Capitolo 1 It’s a people driven economy ............................................................................................................................. 1 1.1 Gli strumenti del social media marketing................................................................................................... 2 1.2 Le aziende italiane e il social media marketing........................................................................................... 5 Capitolo 2 Il social media marketing nella fashion luxury industry ................................................................................... 6 2.1 #MFW – Milano Fashion Week goes social ............................................................................................... 7 2.2 Il caso Dolce & Gabbana ............................................................................................................................ 8 Capitolo 3 Il settore food and beverage e l’uso dei social media ...................................................................................... 9 3.1 Il caso Venchi: “Vinci tanto cioccolato quanto pesi” ................................................................................10 3.2 Social media e wine business ...................................................................................................................11 3.3 L’internazionalizzazione e le PMI .............................................................................................................11 3.4 I social tools nel wine business .................................................................................................................12 3.5 Le cantine vitivinicole e i social media ......................................................................................................13 3.6 Good case practise: Planeta .....................................................................................................................14 Capitolo 4 Il social media marketing nel turismo .............................................................................................................14 Capitolo 5 Social Media Analytics .....................................................................................................................................16 Capitolo 6 Scenari futuri - Il mobile social media marketing ...........................................................................................18 Conclusioni .......................................................................................................................................................19 Bibliografia e Sitografia
Introduzione Chi determina i trend del mercato? Per molto tempo i vertici dirigenziali delle imprese hanno pensato che le strategie di vendita potessero essere decise a porte chiuse all’interno dei loro uffici, ponendosi al di sopra dei loro clienti, ai quali venivano trasmesse poche informazioni, quelle di volta in volta scelte dall’ufficio marketing affinché la gente si interessasse al prodotto, ne sentisse la necessità e lo acquistasse. Una logica prettamente broadcast, un modello comunicativo di uno-a-molti, che a volte non produceva il risultato atteso. Un errore probabilmente attribuibile alla comunicazione che avrebbe portato all’ideazione di nuove campagne marketing. In questo mondo poco distante temporalmente le persone erano interpretate come clienti – dal latino cliens –nentis – termine che indica un rapporto di dipendenza, di subordinazione1 – e il marketing era visto come «l'insieme delle attività che mirano a influenzare una scelta del consumatore o cliente»2 o ancora un «processo di produzione, promozione, distribuzione (punto vendita) e determinazione del prezzo di beni, servizi o idee al fine di porre relazioni soddisfacenti con il cliente in un ambiente dinamico»3. Il fattore umano era dunque l’esclusivo destinatario di strategie pubblicitarie e commerciali con cui intrattenere relazioni soddisfacenti. Eppure oggi, così come in passato, a decidere del successo di un prodotto o servizio sono sempre state le persone. Esse compongono il mercato e lungi da essere una massa uniforme, lo animano, reperiscono e scambiano informazioni sui loro futuri acquisti e su quelli già effettuati, adorano raccontare l’uso che fanno del prodotto, come questo ha risposto ai loro bisogni, sono in cerca di nuove modalità di utilizzo, sbirciando come gli altri si rapportano allo stesso bene, e ancora ripensano i prodotti, li modificano e li rendono più efficienti. Molti dei prodotti che oggi conosciamo come innovativi sono nati dalla risoluzione di piccole necessità quotidiane, stando a contatto con ciò che veniva definita la massa. Il complesso delle azioni sopra elencate, che oggi prende il nome di socialità, è stato un elemento da sempre presente nel mercato, seppur poco percepito dalle aziende, le quali in una logica push, erano orientate ai prodotti ed essenzialmente concentrate sulle vendite4. Cosa ha determinato quindi un cambiamento di prospettiva? Il network mondiale di computer, che integra tutti i media precedenti in un ambiente di comunicazione interattivo e del tutto nuovo, ha determinato la nascita di un nuovo spazio pubblico, un éspace citoyen in cui si ribaltano le gerarchie e si rafforza l’eguaglianza attraverso un più facile accesso alle informazioni5. Il nuovo spazio pubblico costituito dalla rete, dal world wide web, si caratterizza per un più elevato livello di partecipazione, per l’introduzione di nuovi e radicali elementi di interconnessione universale, di intermediazione, di comunicazione interpersonale e ampi margini per la libertà d’espressione. Le informazioni rapide e spesso imprevedibili raggiungono i clienti che si documentano, scambiano notizie e si confrontano in continui processi di interconnessione e autoapprendimento che dall’individualità portano alla collettività. Una collettività che trasferisce all’individuo il ruolo di principale agente sociale, si fonda sul sapere umano condiviso e porta ad una nuova intelligenza, collettiva. Il web 2.06 risulta arricchito dalla democraticità degli strumenti a disposizione che sostituiscono la precedente comunicazione verticale e outbound con una comunicazione orizzontale e inbound, la quale trasforma i clienti da fruitori passivi e silenziosi «passive voice of listeners»7 a interlocutori attivi delle aziende e protagonisti dei loro acquisti «active role of participants and decision makers»8. Il cliente si trasforma in consumatore – dal latino consúmere che comprende il significato di togliere, ridurre – una nuova figura che non è più alle dipendenze di qualcuno, ma che ha possibilità di scelta autonoma. Il termine inglese customer – facendo riferimento al costume, dunque, alle abitudini, sottolinea maggiormente tale evoluzione. Il consumatore è colui che sceglie di abituarsi a stare in rapporto con un dato prodotto/azienda, creando di volta in volta dei legami di fiducia. Iperinformati e preparati, i 1 Il significato latino del termine cliente indicava nell’antica Roma, chi, pur godendo dello stato di libertà, si trovava tuttavia in rapporto di dipendenza da un cittadino potente (il patrono), dal quale riceveva protezione. Con significato simile, anche nell’uso odierno, soprattutto spregiativo, chi per interesse o per altro obbligo si pone al servizio di persona potente e autorevole: dispongo io della mia volontà e non sono cliente di nessuno. Fonte: Treccani.it. 2 Winer Russel S., Marketing Management, Apogeo, Milano, 2002; p. 5. 3 Pride William M. Ferrel O. C., Marketing, Egea, 2005. 4 Kotler Philip, Michi I., Pfoertsch Waldemar, B2B Brand Management, Springer, 2006. 5 Lévy P., Verso la ciberdemocrazia, in De Kerckhove D., Tursi A. (a cura di), Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell’epoca delle reti, Apogeo, Milano, 2006, p. 3. 6 O'Reilly Tim, What Is Web 2.0 Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software, settembre 2005. 7 Cfr. Grossman L. K., The Electronic Republic. Reshaping Democracy in the Information Age, New York, Penguin Books, 1995, pp.165-172. 8 Ibidem. I
consumatori sono più sensibili alle politiche aziendali, di cui ne hanno maggiore coscienza. Essi trovano nella rete uno strumento per far sentire la propria voce e si aspettano che essa sia ascoltata, nei negozi così come online. Il nuovo spazio sociale rende l’individuo protagonista, gli restituisce il potere di essere socialmente rilevante attraverso una nuova spazialità che si manifesta contemporaneamente online e offline e che amplia le sue possibilità d’azione. “YOU” è la persona dell’anno nel 2006 secondo il Time, che intuisce la dirompente portata sociale, e naturalmente commerciale del fenomeno, fotografandolo nella famosa “copertina specchio”9. E-mail; newsletter; forum di discussione; chat; feedback; blog e reti di blog; social network diventati popolari e di uso comune come Facebook, Myspace, Google+, Linkedin, Foursquare; siti di micro-blogging come Twitter; e piattaforme di condivisione foto come Flickr e video come YouTube e Vimeo. Raggruppati sotto l’etichetta social, che ne sottolinea l’alto potenziale di interazione, tali strumenti permettono agli utenti di creare, condividere e scambiare informazioni e idee in comunità virtuali e network, il tutto attraverso la creazione di pagine personali che riportano il cyberspazio ad una dimensione umana e favoriscono l’instaurarsi fra gli utenti del senso di community attorno a prodotto, bene o servizio e contribuiscono a rendere le persone più impermeabili a messaggi puramente propagandistici, più accorti nella valutazione di beni e servizi e più consapevoli della propria forza. Le strategie di marketing tradizionale sono state etichettate come “interruzioni” e i consumatori sono abbastanza univoci nel rifiutare la pubblicità tradizionale alla quale viene preferita una pubblicità spontanea e chiara. Il bisogno di socialità o la volontà di essere intrattenuti spinge le persone a mettersi in evidenza sulle piattaforme di social media networking. Più raramente pianificano di comprare qualcosa. I modelli multimediali si sono adattati avvicinandosi sempre di più al modello di sviluppo Open Source che rende il consumatore parte integrante dello sviluppo e dell'evoluzione del prodotto/servizio. I siti internet perdono la loro staticità e diventano quindi qualcosa di dinamico e mutevole di fronte alle esigenze ed ai gusti di chi li frequenta, inglobando all’interno delle loro pagine i social media. 9 Time, volume 168, numero 26, dicembre, 2006. Cfr. Cosenza Vincenzo, Social Media ROI, Apogeo, Milano, 2012. II
Capitolo 1 It’s a people driven economy Il web 2.0 costituisce anzitutto un approccio filosofico alla rete che ne connota la dimensione sociale del consumo e della produzione rispetto alla mera fruizione. Sempre più spesso la notizia non segue il rigido percorso disegnato dai vertici aziendali, ma origina dall’esperienza dei consumatori, magari insoddisfatti. La connettività alimenta un complesso sistema non solo di fruizione (readable) ma anche di produzione dal basso (writable)1 in cui il passaparola, in inglese word of mouth, lega insieme la narrazione di esperienze di consumo che permangono in rete, duplicate in molteplici server, e sono facilmente rinvenibili grazie a semplici ricerche, tanto da far parlare di world of mouth. Viviamo nell’epoca della Socialnomics= Word of Mouth on Digital Steroids2. È evidente che s’impone alle aziende una più lungimirante e attenta gestione della propria reputazione che viene veicolata dai propri consumatori attraverso i nuovi canali che consentono la creazione di gruppi di opinione, di sostegno e di critica. L’azienda non vende più solo prodotti o servizi, ha un’immagine, una reputazione, una storia da comunicare che trasmetta valori, è un brand che cogenera valori insieme ai consumatori, aumentando in tal modo la brand experience. Oggi i marchi spostano la loro attenzione nei confronti del consumatore su tre variabili chiave che sono il feel, fantasy e fun, per avere un approccio il più possibile coinvolgente dal punto di vista emotivo, che crei un rapporto di fedeltà. Tuttavia, i social media non sono il cambiamento, essi abilitano al cambiamento dei comportamenti dei consumatori. Il grande mutamento insito nei nuovi strumenti è che i membri della vecchia audience ora possono anche essere produttori e non consumatori. Ogni qual volta un nuovo consumatore si affaccia a questo nuovo scenario mediatico vi si affaccia anche come produttore3. In una parola, un prosumer4. Più che in passato sono i prosumer a incidere sulle strategie di marketing e non viceversa. La presenza online si trasforma da accessoria a strategica nella comunicazione dell’immagine di marca. Non si sceglie più davanti agli scaffali dei supermercati, né nel camerino di un negozio. È online che si consuma la vera scelta del consumatore. Il “primo momento della verità” (FMOT)5, che determina la scelta del prodotto in presenza dello stesso, si trasforma nel “momento zero della verità” (ZMOT)6, online. Inoltre, l’esperienza d’uso, il “secondo momento della verità”, viene condivisa in rete per arricchire il momento zero della verità di altre persone che confrontano, analizzano, ricercano il servizio o prodotto che desiderano e soprattutto consultano i pareri che altri consumatori e cerchie di amici forniscono e raccontano sul web in post, tweet, check-in7. Secondo erik Qualman il 53% delle persone raccomanda prodotti nei propri tweet8. L’ottica di ricezione delle informazioni da push si trasforma in pull ed è adesso di tipo bottom-up9. Agli stakeholder tradizionali si affianca la molteplicità dei consumatori, nuovi influencer e opinion leader con cui aprire un dialogo trasparente e instaurare un rapporto di fiducia. Una rivoluzione che nasce dalla condivisione della conoscenza, si fonda sulla connettività e impone alle aziende di aprire le porte dei loro uffici. In questo contesto i manager, che hanno visto scemare il loro potere di decisione autonoma, devono adesso muoversi in sincronia con i desideri dei consumatori informati, attenti e attivi. I social media rivoluzionano il marketing, cambiandone le strategia comunicative e portando a un rapporto più diretto tra aziende e i consumatori. Lo ZMOT irrompe nel modello classico stimolo-scaffale-esperienza e determina un cambiamento della comunicazione che diventa da molti a molti mantenendo allo stesso tempo l’unicità e l’intimità della comunicazione da uno a uno. I consumatori scelgono quando e perché esporsi ai contenuti di tipo pubblicitario all’interno di un nuovo modello che abbatte i silos di dati e di operazioni presenti nelle aziende e, grazie alla tecnologia, consente un’interazione con i consumatori in tempo reale in cui i messaggi intermittenti vengono sostituiti dalle conversazioni continue e integrate su più canali tra aziende e individui presenti nel mercato10. Le 1 Cfr. Cosenza Vincenzo, Social Media ROI, Apogeo, Milano, 2012. 2 Qualman Erik, Socialnomics. How social media transforms the way we live and do business, John Wiley & Sons, 2012. 3 Shirky Clay, Come i social media fanno la storia, i TED.com, giugno 2009; http://www.ted.com/talks/clay_shirky_how_cellphones_twitter_facebook_can_make_history.html 4 Prosumer è una parola macedonia derivante dall’unione dei termini inglesi producer / professional con consumer. È stata coniata nel 1980 da Toffler Alvin, nel libro The thrid wave. 5 FMOT: First Moment Of Truth. Espressione coniata dalla Procter&Gamble nel 2005 per definire i secondi decisivi in cui, alla presenza del prodotto, il consumatore decide quale prodotto acquistare. 6 ZMOT: Zero Moment Of Truth. Espressione coniata da Google per descrivere la fase in cui il consumatore è ancora un semplice utente del web che si sta informando sui prodotti da acquistare. 7 Il 90% delle persone si fida delle raccomandazioni tra pari. Solo il 14% si fida della pubblicità. Cfr. Qualman Erik, Socialnomics. How social media transforms the way we live and do business, John Wiley & Sons, 2012. 8 Qualman Erik, Socialnomics. How social media transforms the way we live and do business, John Wiley & Sons, 2012. 9 Kotler Philip, Michi I., Pfoertsch Waldemar, B2B Brand Management, Springer, 2006. 10 DeVault Gigi, Social Media Research - There IS No OFF in Social Media Monitoring. Keep Up With Evolving Inbound Marketing, in About.com – Market Research, http://marketresearch.about.com/od/market.research.social.media/a/There-Is-No-Off-In-Social-Media.htm 1
conversazioni dilatano lo ZMOT rispetto al FMOT: il tempo passato a cercare sugli “scaffali digitali”11 prima di un acquisto è infinitamente superiore a quello trascorso davanti allo scaffale di un negozio. I motivi che spingono le persone a cercare online le informazioni sono diversi. Il più social è rappresentato dalla ricerca e condivisone di nuove idee e interessa soprattutto il settore della moda e del cibo: un esempio su tutti è dato dalle ricette di cucina, che rappresentano l’1% delle ricerche giornaliere su Google, ma anche dai tutorial. Un altro motivo spinge le persone alla ricerca online: prepararsi a un confronto alla pari con il venditore. È il caso di beni più costosi, come le automobili in cui oltre alle recensioni, si studiano le eventuali personalizzazioni direttamente sul sito dell’azienda avendone poi prova tangibile dalle testimonianze di altri appassionati. Tutto ciò al fine di prendere decisioni ottimali nel minor tempo possibile. In questa nuova ottica, l’azienda deve cedere parte del proprio controllo ai consumatori. L’importanza del social media marketing risiede nell’attivare questi ultimi in modo produttivo per il brand, chiedendo la loro collaborazione nella formulazione di idee, la condivisione della loro conoscenza e dei loro bisogni per la creazione di nuovi prodotti e del giusto design. Porre l’accento sulle conversazioni e sulle relazioni premia: Emblematico è il caso dei Radiohead che hanno dato maggiore controllo ai loro fan sui prezzi di vendita con il loro album online a offerta libera “In Raimbows”. I compratori potevano determinarne il prezzo, ma l’offerta era esclusiva e per un periodo limitato. L’album ha così venduto più copie dei suoi predecessori. Un altro caso è offerto da Microsoft che in occasione del lancio del Microsoft Kinect aveva attirato l’attenzione degli hacker. Dopo un tentativo mal riuscito di fermare il movimento, l’azienda ha capito che supportare attivamente la comunità aveva dei vantaggi. Il senso di proprietà, la libera pubblicità, il valore aggiunto, tutto ha contribuito alle vendite12. E ancora Danone che ha usato Facebook per decidere quale nuovo gusto di yogurt della linea Activia dovesse andare in produzione ottenendo un coinvolgimento online e una risposta positiva in store: i gusti scelti sul social network sono risultati i più venduti di sempre e nel giro di un mese. Il ultimo, in ordine di tempo, il caso del Winner Taco. Il celebre gelato prodotto della Algida, da tempo fuori mercato, è diventato oggetto di una vera e propria campagna di sensibilizzazione sui social media, in particolare Facebook, in cui i prosumer si sono aggregati in community alla voce di «Ridateci il Winner Taco»13 portando avanti una protesta che ha invaso i social media e ha imposto all’azienda una revisione della linea produttiva che soddisfasse i bisogni emersi, conclusasi con la vittoria dei prosumer e il ritorno del Winner Taco14 annunciato su Facebook e Twitter15. 1.1 Gli strumenti del social media marketing Dall’apparizione dei primi social media network, l’evoluzione di questi strumenti non si è mai arrestata, offrendo ai consumatori nuovi e significativi modi di interagire con persone, eventi e brand. Negli ultimi anni, tali canali sono cresciuti rapidamente, così da diventare parte integrante delle nostre vite. Un fenomeno globale che vede in Italia Facebook tra i social network più popolari, seguito da Google +, Linkedin, Twitter e dall’emergente Pinterest che in un solo anno ha battuto i volumi di crescita dei canali social già esistenti16. L’esperto di tecnologia Robert Scoble fu il primo che con la pubblicazione “Startfish” del 2007 fornì una classificazione dei social media più importanti a seconda della loro tipologia.17 Ne deriva il diagramma Startfish che ha una rappresentazione a stella e che comprende dodici categorie di social network differenti (video, photo, blog, events, collaborative tools, wikis, audio, email, sms, microblogs, personal social networks) in cui, per ogni classe, vengono identificati i principali attori. A distanza di un anno, Fred Cavazza presentò il suo primo “Social Media Landscape”, una fotografia delle social platforms più emblematiche. Nel 2012 creò un denso ecosistema in cui i servizi online permettevano conversazioni e interazioni dai computer ma anche da mobile device (i.e. tablet, smartphone). Divise poi i vari social in una ruota che racchiudeva sei diverse categorie definite dai servizi offerti agli utenti (publishing, sharing, buying, localization, networking, playing) e un quadrante centrale contenente Facebook, Google+ e Twitter poiché permettono agli user un grande numero di funzioni.18 L’ultima versione di “Social Media Landscape”, risalente al 2013, è stata semplificata 11 Lecinski Jim in Stahlberg Markus e Maila Ville, Multichannel Marketing Ecosystems: Creating Connected Customer Experiences, Kogan Page Publishers, 2013. 12 Leberecht Tim, 3 modi per perdere il controllo (a proprio vantaggio) del proprio marchio, TED Talk, giugno 2012, http://www.ted.com/talks/tim_leberecht_3_ways_to_usefully_lose_control_of_your_reputation.html 13 Ridati il Winner Taco è la pagina Facebook creata da alcuni prosumer che conta più di 10.000 iscritti ed è riuscita a sviluppare un senso di community in cui i prosumer hanno portato avanti la protesta con slogan, parodie e fotomontaggi, https://www.facebook.com/pages/Ridateci-il-Winner-Taco/204841769536569 14 Rossitto Rocco, Il ritorno del Winner Taco: la vittoria dei troll (buoni), in Wired.it, gennaio 2014, http://www.wired.it/internet/social-network/2014/01/16/il- ritorno-di-winner-taco-grazie-alla-rete/, Gavatorta Francesco, Ritorna il Winer Taco? Se i prosumer cambiano la strategia di Algida, in Ninjamarketing.it, gennaio 2014, http://www.ninjamarketing.it/2014/01/15/winner-taco-prosumer-strategia-algida/. 15 Account Twitter @ilWinnerTaco, https://twitter.com/IlWinnerTaco 16 Dati rilevati da Nielsen, State of Social Media: the Social Media Report 2012, http://womseo.com/wp-content/uploads/2012/12/The-Social-Media-Marketing- Report-2012.pdf. 17 Scoble Robert, Social Media Startfish, 2007, scobleizer.com/2007/11/02/social-media-starfish/ 18 Cavazza Fred, Social Media Landscape, 2012, www.fredcavazza.net/2012/02/22/social-media-landscape-2012/ 2
in quattro categorie19 (sharing, discussing, networking e publishing) e arricchita da nuovi player stranieri, provenienti maggiormente dall’Asia. La riduzione delle categorie è dovuta alla complessa e costante evoluzione delle piattaforme: nell’arco di un anno infatti sono stati creati nuovi servizi, alcuni sono scomparsi e altri si sono evoluti.20 Si presentano di seguito le macro categorie di social media con un focus sugli strumenti più utilizzati. Blog - Il termine blog è una contrazione di “web log” ovvero un sito web di facile pubblicazione e gestione in quanto non necessità di particolari competenze tecniche e in cui i contenuti vengono visualizzati in forma cronologica. La sua semplicità di utilizzo ha contribuito notevolmente alla sua diffusione come “luogo di condivisione” e ha permesso una forma di socializzazione “one-to-many”, quindi uno dei modi più diretti per comunicare. Per blog aziendale (definito anche corporate blog) si intende l’utilizzo del blog come strumento di propaganda e promozione degli obiettivi aziendali, di un prodotto o del brand ed è utile per creare una sede virtuale in cui i consumatori possono ritrovarsi per commentare o esprimere le proprie opinioni. Creare un blog consente di ricevere feedback, permette di sviluppare un dialogo con gli utenti e di migliorare la percezione del brand.21 WordPress e Blogger sono tra i più famosi blogging software. Social Network - “Con l’espressione social network si identifica un servizio informatico online che permette la realizzazione di reti sociali virtuali. Si tratta di siti internet o tecnologie che consentono agli utenti di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro.”22 Questi servizi permettono agli utenti di connettersi con persone che hanno interessi simili o lo stesso background. Consistono generalmente in un profilo, nell’interazione con altri user e nell’abilità di costruire gruppi.23 Facebook: è sicuramente tra tutti il più conosciuto, comprende più di un miliardo di iscritti e il numero è in costante crescita. Inserzionisti, grandi aziende così come piccole e medie imprese, hanno compreso l’importanza di questo social network tanto che dalle statistiche rivelate dal “Social Media Marketing Industry Report 2012” risulta che il 90% dei marketers utilizza Facebook, il 72% pianifica di aumentare la propria attività sulla piattaforma e che solo il 4% del campione non aveva in programma tale utilizzo 24. Se ad esempio la fan page di un’azienda detiene più di 1000 fan interessati a un determinato argomento e che a loro volta possiedono circa 250 amici a testa, il messaggio o aggiornamento di stato, grazie al peer-to-peer, potrebbe ipoteticamente arrivare a 250.000 persone nel giro di qualche ora. L’azienda che più potrebbe sfruttare le potenzialità di questo tool è sicuramente quella che vive con il B2C. Google+: è uno degli ultimi social network lanciati in rete ed è caratterizzato da un sistema di contatti organizzato e suddiviso in "cerchie" (“circles”), liberamente creabili e modificabili dall'utente. Nato a fine giugno 2011, dopo solo un anno ha raggiunto i 400 milioni di iscritti. In un report del 2012, è stato riscontrato che il 40% dei social media marketers aveva iniziato ad utilizzare le pagine di Google+ create appositamente per le aziende, inoltre nel 67% dei business plan si manifestava la volontà di aumentare le attività su questa piattaforma25. Google+ permette di far visualizzare i contenuti della pagina aziendale agli utenti che effettuano ricerche utilizzando il motore di ricerca Google. Offre inoltre la possibilità di riunire tutti i follower ovunque si trovino, permettendo all’azienda di interagire anche attraverso videochiamate fino a un massimo di dieci persone negli hangout26.27 Linkedin: si tratta di una social platform gratuita, con servizi opzionali a pagamento, impiegata principalmente per lo sviluppo di contatti professionali. Linkedin offre un insieme di strumenti le cui informazioni, se integrate, possono agevolare processi come, ad esempio, la definizione del target di una campagna o di una specifica azione di marketing.28 Microblogging - È una forma di blogging che consente agli utenti di scrivere brevi aggiornamenti testuali (generalmente inferiori ai 200 caratteri). Il micro-blog può essere considerato una sorta di incrocio tra un blog e un servizio di messaggistica, sia per la frequenza di aggiornamento ed eterogeneità dei contenuti che per la sinteticità dei messaggi e la possibilità di archiviazione.29 Twitter, secondo solo a Facebook, è un social network appartenente alla categoria del microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo della lunghezza massima di 140 19 Il quadrante centrale contenente Facebook, Google+ e Twitter è rimasto invariato. 20 Cavazza Fred, Social Media Landscape 2013, aprile 2013, www.fredcavazza.net/2013/04/17/social-media-landscape-2013/ 21 Blog in azienda, Il blog aziendale, http://www.bloginazienda.com/blog-aziendale/ 22 Enciclopedia Treccani, definizione di social network, http://www.treccani.it/enciclopedia/social-network/ 23 Walker Leslie, Social Media Marketing: Using Social Sites to Engage Users, Customers, About.com Social Media, http://personalweb.about.com/od/social- marketing/a/Social-Media-Marketing.htm 24 Stelzner Michael, Social Media Marketing Industry Report, How marketers are using social media to grow their business, Aprile 2012 25 Google+ Business, Rendi la tua attività veramente social, su tutto il Web, http://www.google.com/intl/it/+/business/ 26 Gli hangout, o "videoritrovi", sono stanze virtuali in cui è possibile avviare sessioni audio e video con tutti i componenti presenti al loro interno. 27 Google, Bring your conversations to life with Hangouts, maggio 2013, http://www.youtube.com/watch?v=XkpjZ7oA_Qg 28 Favaro Simone, Linkedin per la pianificazione di marketing, Forging Future, ottobre 2012, http://www.simonefavaro.it/2012/10/02/linkedin-per-la- pianificazione-di-marketing/ 29 Sangiorgi Michele, Micro-blog, Laboratorio di analisi sui blog, 2007/2008, bloglab07.files.wordpress.com/2008/01/micro-blog.doc 3
caratteri. Grazie alla sua popolarità e alla sua semplicità d’uso, molte aziende hanno scelto di creare il proprio profilo su Twitter e utilizzarlo come strumento di web marketing per incrementare le vendite attraverso il contatto diretto con i propri clienti, per informarli di eventuali promozioni o per effettuare ricerche di mercato. Con 500 milioni di tweet al giorno e 230 milioni di utenti attivi, le persone si rivolgono a Twitter per raccogliere notizie o avvicinarsi alle aziende di loro interesse30. L’interazione in tempo reale può aiutare le aziende a influire sulle conversazioni in modo da sviluppare o difendere la reputazione del brand. Il social ha anche creato una pagina Business in cui, nella sezione #Successo, sono riportati alcuni casi aziendali e un video realizzato ad hoc dal titolo “What can your business do...in just 140 characters?”31 che mettono in luce i punti di forza e le opportunità che il microblog offre alle aziende. Media Sharing - Servizi che permettono di caricare e condividere diversi media come fotografie e video. La maggior parte di queste piattaforme ha ulteriori funzioni di socializzazione quali la possibilità di creare un profilo e di commentare gli upload degli altri user. I tool più popolari di questa categoria sono YouTube, Instagram e Flickr. YouTube: oltre ad essere un sito web che permette la visualizzazione e la condivisione di video, è anche un motore di ricerca molto utilizzato, secondo solo a Google.32 Se usata in maniera corretta, questa piattaforma può rivelarsi uno strumento efficace per migliorare la conoscenza dell’azienda, del brand e per acquisire nuovi consumatori33. Informazione, intrattenimento e istruzione sono i tre tipi di contenuto che riscuotono più successo su YouTube. Sempre più spesso i brand associano un hastag ad una campagna lanciata sulla piattaforma poiché, l’utilizzo sinergico di questo social con altri, può rendere più affascinante l’intera strategia pubblicitaria. Instagram: piattaforma social in forte crescita, nata per smartphone e in seguito adattata anche per il web, è un’applicazione gratuita di photo-sharing che solo nel 2012 vantava circa 80 milioni di utenti. Molte grandi aziende, soprattutto appartenenti al mondo della moda, usano Instagram per campagne pubblicitarie atte a coinvolgere l’utente non soltanto promuovendo prodotti specifici ma cercando di trasmettere uno stile di vita, passioni ed emozioni con le quali il consumatore possa identificarsi. Condividere le foto dei fan che parlano del loro prodotto o brand, senza limitarsi a commentarle, può rivelarsi un ulteriore strumento per amplificare la brand loyalty34. Offre infine la possibilità di interagire con gli altri social network permettendo un migliore posizionamento sul mercato35. Bookmarking Site - Piattaforme che permettono di salvare, organizzare e gestire i link derivanti da vari siti e risorse del web. La maggior parte di essi permette di taggare i collegamenti per renderli più semplici da ricercare o condividere. Tra i più popolari si ricordano Pinterest, Delicious e StumbleUpon. Pinterest: è un social che racconta gli interessi degli iscritti in prevalenza tramite immagini. Grazie alla sua funzionalità, è possibile sfruttare Pinterest come una vetrina online. Alcuni esempi di utilizzo intelligente, possiamo riscontrarli in aziende come Peugeot che ha adottato un sistema per esporre le proprie automobili coinvolgendo gli utenti nella realizzazione di puzzle per completare l'immagine dei diversi veicoli. Kotex, azienda di prodotti per l'igiene femminile, insieme all'agenzia israeliana Smoyz, ha proposto un contest su Pinterest da cui è nato un video che ha fatto il giro del mondo: il “Women inspiration day”36. La campagna di “Pinterest marketing” ha selezionato cinquanta donne analizzando i loro gusti tramite le loro board (cartelle tematiche), in base a questi sono stati creati cinquanta pacchi regalo da consegnare alle fortunate concorrenti che in cambio non dovevano fare altro che pinnare e condividere l’invito. Tale gradita sorpresa riuscì a creare un ottimo buzz attorno al brand che con cinquanta pacchi spediti ricavò 2.284 interazioni e quasi 695 mila impression37.38 Servizi di geolocalizzazione - Con il termine di geo social network o location‐based service (LBS) si identificano quei servizi che, attraverso l’individuazione della localizzazione geografica di un utente mobile, offrono dinamicamente risposte appropriate alle sue esigenze. Generalmente questi servizi permettono agli utenti di segnalare i luoghi in cui si trovano e aggiungere suggerimenti per i futuri avventori. Lo stimolo a popolare il database di luoghi di interesse deriva da un sistema di premi virtuali, i cosiddetti badge, che si possono collezionare sul proprio profilo.39 30 Twitter Business, Vantaggi di Twitter per le aziende, https://business.twitter.com/it/how-twitter-can-help-your-business 31 Twitter Business, What can your business do...in just 140 characters?, Success stories, https://business.twitter.com/success-stories 32 Scarascia Riccardo, 20 cose che potresti non sapere su YouTube, NowMedia, ottobre 2013, http://www.nowmedia.it/2012/10/15/20-cose-che-potresti-non- sapere-su-youtube/ 33 De Alberti Marco, Youtube per l'immagine ed il business aziendale, Mercato Globale, www.mercatoglobale.com/web-marketing/youtube-perlimmagine-ed-il- business-aziendale 34 Wishpond Italia, Guida completa per aziende al marketing su Instagram, 2013, http://blog.wishpond.it/post/41743503016/guida-completa-per-aziende-al- marketing-su-instagram 35 Ciracì Dario, Come sfruttare Instagram per il Social Media Marketing: case histories, Web in fermento, luglio 2012, http://networkedblogs.com/zGV3b 36 Smoyz, Inspiration day by Kotex, Youtube, marzo 2012, http://www.youtube.com/watch?v=UVCoM4ao2Tw 37 Impression è il numero di volte che una pagina web o un banner viene visualizzato dagli utenti internet. 38 Farinella Mattia, Pinterest per le aziende: Come utilizzarlo per creare Engagement, Marketing Arena, aprile 2012, http://marketingarena.it/2012/04/02/pinterest-per-le-aziende-come-utilizzarlo-per-creare-engagement/ 39 Prof. Vari Marco, Strumenti di marketing digitale e guida al processo di introduzione in azienda, Camera di commercio di Ancora, novembre 2013, http://www.an.camcom.gov.it/sites/default/files/strumenti%20di%20web%20marketing%202_Jesi.pdf 4
Foursquare: è una rete sociale ibrida che si definisce dall’incrocio tra una guida turistica user-generated e i locative social game40. Consiste nella registrazione della posizione degli utenti, i cosiddetti check-in, tramite la versione browser del sito o attraverso applicazioni su dispositivi mobile che utilizzano il GPS. Oltre 45 milioni di utenti utilizzano questa applicazione per trovare luoghi da visitare o per spargere la voce sui loro posti preferiti41. Tramite Foursquare è possibile connettere le persone alle aziende. Il requisito fondamentale per iniziare a creare una pagina è il possesso di un account Twitter, l'invio di un banner che faccia da testata per la pagina e l'inserimento di almeno cinque consigli che permettono al marchio di apparire nella galleria pubblica delle pagine ed essere quindi visibile agli user. L'azienda può poi collegare la sua pagina Foursquare a Facebook o a Twitter e può effettuare, proprio come un normale utente, check-in in luoghi ed eventi in cui il marchio è presente con lo scopo di fidelizzare i propri clienti. Il 93% delle vetrine con canali locali sono su Foursquare e le aziende possono assumere il controllo delle liste sulle loro attività create spontaneamente dagli utenti.42 I consumatori, effettuando il check-in, comunicano ai loro contatti quali sono i luoghi di loro interesse, con la possibilità di lasciare anche brevi consigli e foto. Al tempo stesso le aziende possono unirsi alle conversazioni e sviluppare ulteriormente la brand loyalty. Questo social media è interessante poiché quasi tutti i possessori di smartphone (95%) si affidano ai loro dispositivi per effettuare una ricerca in zona e il 90% di quelle effettuate su cellulari produce un acquisto o una visita.43 Più in generale, erroneamente considerati uno strumento per dialogare con i più giovani, i social media sono rilevanti per tutte le fasce d’età. Anche se gli utenti nella fascia compresa tra i 40 e i 55 anni tendono a usare i computer fissi più dei dispositivi mobili, partecipano alle medesime attività dei più giovani, con maggiore frequenza e facilità. I consumatori cercano online e usufruiscono delle molteplici funzioni che queste piattaforme integrano, in primo luogo l’aggregazione dei contenuti generati dagli user e l’interazione frequente44. Il IX rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione e l’indagine condotta in occasione di State of the Net mostrano un crescente aumento dell’uso di internet e dei social media. I volumi di ricerca su questi canali rivelano l’interesse degli italiani verso il food, la moda, i viaggi e trasmissioni radio/tv45. 1.2 Le aziende italiane e il social media marketing La rilevanza dei social media come strumenti di supporto al business è condivisa dalla maggior parte delle aziende italiane. L’indagine SocialMediAbility delle aziende italiane nel 2013, promossa dall’Osservatorio sui Social Media dell’Università IULM di Milano mette in evidenza una lenta crescita dell’uso dei social media all’interno delle aziende italiane rispetto al 201146. La gestione dei nuovi canali online è ancora caratterizzata da poca consapevolezza. Dalla rilevazione emerge che la percentuale delle aziende che usa almeno un social network per attività di comunicazione e marketing passa dal 49,9% del 2011 al 63,8% nel 2013; ad attivarsi maggiormente sui social media sono soprattutto le aziende grandi: se nella precedente edizione il 57,3% di esse gestiva almeno un social media, nel 2013 tale percentuale è salita all’81,1%. Nelle piccole e medie imprese, al contrario, la crescita è stata solo del 7% dal 2013. Ad un aumento dell’uso dei social non corrisponde però una adeguata valorizzazione: lo dimostra il fatto che solo il 41% delle aziende analizzate li segnala chiaramente nella home page dei siti aziendali. Facebook è il social preferito dal 75% delle aziende attive ma aumenta anche l’uso di Twitter, LinkedIn e YouTube (utilizzati rispettivamente dal 45,1%, dal 44,1% e dal 51,2% delle aziende presenti sui social media, rispetto al 39,8%, al 35,7% e al 32% del 2011) e di Google Plus (17,2%) e Pinterest (18,1%), non monitorati nelle rilevazioni precedenti. Non migliora, però, la capacità delle aziende di gestire gli account attivati. Mediamente, al crescere delle dimensioni aziendali aumenta anche la “qualità” dell’uso dei canali social. La maggiore consapevolezza della necessità strategica di essere presenti sui social, quindi, non sempre si accompagna un’effettiva padronanza delle competenze specifiche sulle logiche e i linguaggi di questi canali47. In generale, due sono le possibili strategie di comunicazione sui social media adottate dalle aziende italiane: 40 “Per social game si intende l’attività di gioco all’interno di una rete con finalità non solo ludiche ma anche di interazione sociale.”, Clicklavoro, Social Gaming: quando il business è un gioco, maggio 2011, http://www.blogcliclavoro.it/2011/05/social-gaming-quando-il-business-e-un-gioco/ 41 Foursquare, http://it.business.foursquare.com/overview 42 Venuelabs, 2013, http://venuelabs.com/, 43 Nielsen, 2010, http://nielsen.com/content/corporate/it/it.html 44 DeVault Gigi, The New Voice of the Customer. The Case of the Shrinking Luddite Community, in About.com Market Research, http://marketresearch.about.com/od/market.research.social.media/a/The-New-Voice-Of-The-Customer.htm. 45 Dati rilevati da Blogmeter. 46 Le indagini prese in esame e a cui si fa riferimento sono le seguenti: IULM – Social Media Marketing Executive Master, L’uso dei Social Media da parte delle aziende italiane, gennaio 2011 e Osservatorio Business Intelligence – SDA Bocconi, Customer Experience & Social NetworkQuali strumenti offre l’ICT per gestire le conversazioni con i clienti B2B e B2C, Milano, 2011. 47 IULM – Social Media Marketing & Web Communication Executive Master,Il SocialMediaAbility delle aziende italiane:III edeizione, 2013, in Osservatoriosocialmedia.com e mastersocialmediamarketing.it. 5
- strategia monopiattaforma: utilizzano un solo social media, in generale Facebook o Youtube; - strategia multipiattaforma: al social network più famoso vengono affiancano altre piattaforme. Questa strategia è soprattutto impiegata in fase di lancio di campagne di prodotto, producendo picchi d’interazione elevati. In questo caso non tutte le aziende privilegiano Facebook. La scelta viene operata in accordo con il settore merceologico e le necessità del brand. Capitolo 2 Il social media marketing nella fashion luxury industry Il rapporto tra brand e social media è in continua evoluzione e rispecchia i cambiamenti che avvengono sia nei comportamenti dei consumatori che, di conseguenza, nel marketing in sé. Questo rapporto si differenzia, a seconda del settore, in diverse forme di strategie di comunicazione e di coinvolgimento dei brand nell’utilizzo dei mezzi di socializzazione. È nata una nuova generazione di consumatori che è cresciuta sul web e con le reti sociali virtuali. Questi si aspettano che i brand usino i social network proprio come fanno loro, sulle stesse piattaforme, rispondendo in tempo reale e apportando contenuti interessanti. Le più grandi case di moda, che sono caratterizzate da uno spirito sperimentale, hanno iniziato a comunicare anche attraverso i social media più innovativi o comunque di più recente diffusione all’interno del mercato italiano. Per questa ragione, osservare le loro mosse permette di analizzare un trend e di dimostrare l’ormai indiscussa necessità di presidiare i canali social costruendo una precisa strategia. Se dapprima solo i brand con maggiori risorse e visibilità internazionale si sono cimentati nell’utilizzo delle piattaforme, ormai anche gli emergenti e i piccoli atelier si stanno muovendo per farne un uso più consapevole al fine di presidiare il mercato in modo più efficiente. Esistono però delle aziende che interpretano ancora i social come una minaccia o come media broadcast48 tanto da stroncare o evitare l’interazione con gli user. Sono mossi dal timore di perdere il controllo della comunicazione, della propria aura di esclusività e quindi di incorrere in una distorsione dei valori che il brand intende trasmettere. In realtà, entrare in un social network significa accettare che la propria immagine, la propria identità siano costruite in collaborazione e in condivisione con altri.49 Come già accennato, il cliente è profondamente cambiato, si è trasformato da consumer in user, così come si è passati dalla communication alla conversation, ovvero dal monologo al dialogo50. Appare evidente che, nella fashion luxury industry, non tutti gli utenti possano essere potenziali consumatori. Dopo tutto un brand non sarebbe luxury se non includesse l’aspetto esclusivo di chi può realmente permettersi tale bene. Ricoprono però un ruolo importante i cosiddetti brand advocates51, i quali hanno un forte impatto sulla brand awareness e sulla sua reputation, ma che, soprattutto, possono diventare determinanti in concomitanza di campagne pubblicitarie o lanci di nuovi prodotti.52 Questo significa che la comunicazione attraverso i social media esige un costante controllo, intervento, partecipazione e negoziazione anche nel caso in cui ci si trovi di fronte a situazioni di crisi. Se questi momenti vengono gestiti adeguatamente, possono addirittura diventare una risorsa da incorporare nella comunicazione del brand.53 Infatti, un’azienda che risponde personalmente, in tempo reale e pubblicamente, guadagna punti agli occhi di tutti. Molte case di moda hanno una forma di socialità che è definibile come “verticale” ovvero caratterizzata da elevatissimi tassi di risposta da parte degli utenti che esprimono in modo emotivo l’attaccamento al marchio con like 48 Simona Melani, Social Media Fashion, 40k Unofficial, 2012 49 Ricerca “Fashion – Luxury & Haute Couture“, ad opera dell’Osservatorio Brands & Social Media, realizzato da Digital PR e OssCom – Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica, Business Community, aprile 2013 http://www.businesscommunity.it/m/_Aprile2013/cover/Brands_e_social_media_un_rapporto_in_continua_evoluzione.php 50 Secondo quanto affermato da Paolo Iabichino, direttore creativo di Ogilvy, e tratto da Social Media Fashion, ebook di Simona Melani pubblicato nel 2012 51 Secondo una ricerca di BzzAgent avvenuta tra dicembre 2010 e gennaio 2011, I brand advocates sono molto prolifici nel creare e distribuire informazione in rete, possiedono opinioni forti in materia di acquisto, guidano e dominano discussioni con facilità, intendono i social media come mezzi per aiutare gli altri e raggiungono una più vasta cerchia di utenti. Essi vogliono soprattutto essere riconosciuti come buone fonti di informazioni e vogliono parlare di prodotti che realmente usano tutti i giorni. (cfr. Francesco Gavello, Brand Advocates: Chi Sono, Come Agiscono e Come Renderli Felici, Francesco Gavello – Blog Marketing Tips, Web & Blogosfera, http://francescogavello.it/brand-advocates). Secondo uno studio condotto da Social@Ogilvy nel 2013, i brand advocates si possono poi suddividere in due categorie: casual e passionate. Un casual advocate mette “like” e ritwitta i contenuti senza commentarli, mentre un passionate advocate fornisce una risposta sia attraverso il passaparola che tramite commenti online. (Jen King, Social@Ogilvy exec claims disconnect between research and marketing teams, Luxury Daily, http://www.luxurydaily.com/5-tips-to-close-the-advocacy-gap-between-brand-and-consumer-study/) 52 Maria Pia De Marzo, Brand advocacy: come si genera nei social [infografica], web in fermento, febbraio 2012, http://www.webinfermento.it/brand-advocacy- come-si-genera-nei-social-infografica/ 53 Ricerca “Fashion – Luxury & Haute Couture“, ad opera dell’Osservatorio Brands & Social Media, realizzato da Digital PR e OssCom – Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica, Business Community, aprile 2013 http://www.businesscommunity.it/m/_Aprile2013/cover/Brands_e_social_media_un_rapporto_in_continua_evoluzione.php 6
o brevi commenti, senza però instaurare un reale flusso di conversazione.54 Dando uno sguardo a Twitter per esempio, viene spesso utilizzato semplicemente per trasferire informazioni, senza dare risposta alle persone e ignorando l’importanza dello storytelling. Il maggior numero di notizie riguardanti questi marchi deriva così dai blog. Fashion e luxury blogger sono strumentali per i brand ed è per questo motivo che si cerca di creare relazioni strette con alcuni di essi. Vengono così introdotti nei cosiddetti “brand ambassador program” che sfruttano la loro forte identificazione con i valori della marca, rendendoli ambasciatori della stessa. Si tratta ad esempio di fornire loro inviti esclusivi, invitarli nel backstage di un evento, farli accedere a privilegi speciali e dar loro materiali o prodotti a serie limitata che li possano aiutare a promuovere la marca.55 Questa strategia è utile anche nel lungo termine perché può garantire un solido gruppo da contattare per future comunicazioni, promozioni e concorsi, generando oltretutto pubblicità gratuita e fedeltà alla marca.56 Un esempio è dato da Coach, brand americano di handbag e accessori, che nel 2010 ha creato il "Poppy Project", col quale ha raggiunto oltre 400 blogger di moda chiedendo loro di inserire un widget all’interno del proprio blog, atto a presentare la nuova linea di borse e offrendo premi ai blogger più attivi. Tale iniziativa ha permesso a Coach di raggiungere comunità online di nicchia e di mantenere i rapporti con i propri advocates; al tempo stesso ha creato anche un buzz che ha contribuito a introdurre il brand a un nuovo pubblico.57 I luxury brand più intelligenti hanno quindi compreso il valore della conversazione e hanno costruito strategie di diversificazione della comunicazione social su più piattaforme, ponendo l’attenzione alla circolazione cross-platform dei contenuti. La continua innovazione delle social platform implica anche un costante lavoro sui linguaggi comunicativi: ogni piattaforma ha caratteristiche diverse, va selezionata in base alla relazione già esistente con i propri clienti e, pur diversificando linguaggi e contenuti, deve essere coerente con l’ essenza del brand. Lo storytelling è il cuore dell’universo del lusso e della moda: scrivendo la propria storia attraverso l’uso di più social media e creando un mix di esperienze virtuali e “reali” si costruisce una comunicazione integrata in cui ogni piattaforma fa un “pezzettino” della relazione con il cliente.58 I fashion brand hanno un margine aspirazionale molto elevato e la loro comunicazione agisce su diversi livelli: il primo è la centralità del prodotto (la nuova collezione, il lancio effettuato durante un particolare periodo dell’anno). Il secondo intreccia la comunicazione legata al prodotto con l’attenzione alla costruzione del mito, utilizzata soprattutto dalle maison che hanno una storia fortemente legata al proprio fondatore e con una filosofia molto riconoscibile. Nel terzo livello rientrano i brand che puntano sul lifestyle, cercando di inserirsi nel contesto, nel tessuto quotidiano degli utenti attraverso i loro prodotti.59 Ad ogni modo incentrare la strategia comunicativa sia sul prodotto che sui contenuti è senza dubbio un’arma vincente: i fan vogliono sapere di più e sentirsi “insider”. Per questo è necessario stabilire un contatto diretto tra pubblico e marchio investendo sulla capacità di engagement propria della fashion luxury industry e rivolgendosi ai fan come membri di un mondo piuttosto che come clienti.60 2.1 #MFW – Milano Fashion Week goes social L’era digitale ha democratizzato anche gli eventi più attesi dell’anno, in primo luogo la Milano Fashion Week, da sempre considerata un evento ultra-esclusivo riservato solamente all’élite della fashion industry. In passato il pubblico doveva aspettare che le più importanti testate giornalistiche pubblicassero immagini e descrizioni delle ultime novità, talvolta anche a distanza di parecchio tempo dallo svolgimento dell’evento. Oggi i fashion blogger hanno un posto in prima fila durante le sfilate e tutti gli appassionati possono seguire ogni momento della Milano Fashion Week da casa o dal proprio smartphone grazie ai live in streaming, Facebook, Twitter, blog, Instagram, Pinterest e molti altri strumenti social. “La vera fashion victim non segue la moda ma ne è follower, non commenta ma twitta ma soprattutto non parla di Milano Fashion Week ma di #mfw. L’evento di moda più atteso dell’anno è diventato Social tanto che Twitter, Instagram, Facebook e Pinterest sono le nuove passerelle più seguite dalle fashion 54 Ricerca “Fashion – Luxury & Haute Couture“, ad opera dell’Osservatorio Brands & Social Media, realizzato da Digital PR e OssCom – Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica, Business Community, aprile 2013 http://www.businesscommunity.it/m/_Aprile2013/cover/Brands_e_social_media_un_rapporto_in_continua_evoluzione.php 55 Barbara Trotta, Il nuovo potere del passaparola, Viral, buzz e word-of-mouth marketing, BrandForum, gennaio 2008, http://www.brandforum.it/files/pdf/papers/Passaparola.pdf 56 Shelby Catino, Come i fashion brand utilizzano i social media per incrementare la brand value, Les Cahiers Fashion Marketing, giugno 2012, http://www.lescahiersfm.com/it/articoli/191-come-i-fashion-brands-utilizzano-i-social-media-per-incrementare-la-brand-value.html 57 Meghan McCormick, Coach’s Poppy Project, JWT Intelligence, maggio 2011, http://www.jwtintelligence.com/author/anxietymeghan/#axzz2qroYtCCw 58 Ricerca “Fashion – Luxury & Haute Couture“, ad opera dell’Osservatorio Brands & Social Media, realizzato da Digital PR e OssCom – Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica, Business Community, aprile 2013 http://www.businesscommunity.it/m/_Aprile2013/cover/Brands_e_social_media_un_rapporto_in_continua_evoluzione.php 59 Ricerca “Fashion – Luxury & Haute Couture“, ad opera dell’Osservatorio Brands & Social Media, realizzato da Digital PR e OssCom – Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica, Business Community, aprile 2013 http://www.businesscommunity.it/m/_Aprile2013/cover/Brands_e_social_media_un_rapporto_in_continua_evoluzione.php 60 Si ricorda che l’engagement online è diverso per i fashion luxury brand perché non si comunica solo con i clienti ma in gran parte con i potenziali brand advocates. Più questi creano rumore (buzz) attorno a un prodotto o al brand, più lo rendono desiderabile. 7
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