27 GENNAIO - UFFICIO STAMPA - Provincia Regionale di Ragusa
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27 GENNAIO 2019 Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA LA SICILIA
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27 GENNAIO 2019 Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA G.D.S.
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28/1/2019 Stampa Articolo POLITICA 27/1/2019 Il dossier Tonnare, castelli, società pezzi di Regione in vendita Palazzo d’Orleans cerca di fare cassa. Dalla Sanità al Territorio ecco cosa può finire sul mercato. All’asta anche alcune partecipate ANTONIO FRASCHILLA CLAUDIO REALE Regione vendesi. Immobili, ex ospedali, lidi, porti, e per chi è interessato ad investire, anche pezzi di aziende partecipate del grande sottobosco di Palazzo d’Orleans. Obiettivo, fare cassa disperatamente. E anche, magari, fare un po’ di clientele. Mai come in questi ultimi mesi i vari rami dell’amministrazione stanno mettendo sul mercato pezzi di Regione. Gli ospedali Nel cosiddetto "collegato", la legge che sarà votata dall’Ars dopo il bilancio, la giunta Musumeci ha inserito un comma voluto fortemente dall’assessore alla Sanità Ruggero Razza per dare un po’ di ossigeno alle casse di Asp e ospedali. Con questa norma si autorizzano le aziende sanitarie a vendere «beni non strettamente destinati alle attività» dei vari enti. La legge darebbe il via libera anche alla cessione a fondi immobiliari, un remake dell’operazione — fallimentare a onor del vero — fatta dal governo Cuffaro sui beni degli assessorati. Intanto si parte con qualche consulenza: l’assessorato è infatti autorizzato a spendere fino a un milione di euro per «avvalersi di soggetti in possesso di comprovata esperienza». Tonnare e ristoranti vista mare La Regione però punta anche a fare cassa con immobili che altrimenti rischiano di crollare perché necessitano di manutenzione che da anni non hanno. Così l’assessorato al Territorio ha appena pubblicato un bando per affidare in gestione 19 edifici in riva al mare: nell’elenco compaiono tonnare, castelli e ristoranti che i privati possono ottenere anche per 50 anni in cambio di un canone annuo molto economico, a patto però di investire per rimettere in sesto l’edificio. Così vanno sul mercato uno stabile di 100 metri quadrati a Sferracavallo, il castello della Falconara a Butera, un ristorante a Castellammare del Golfo e un bar- ristorante a Cannatello ad Agrigento, solo per fare degli esempi. Altri beni sono in vendita a Licata, Lampedusa e Sciacca, in tutti i casi nelle zone dei porti. Lidi e stabilimenti balneari Con un’altra norma inserita nel collegato la Regione prova a rimettere in moto anche la macchina delle concessioni delle spiagge. Non si tratta di vere e proprie vendite, ma di contratti che hanno sulla carta una durata limitata nel tempo, in attesa di fare delle gare con bandi pubblici per tutte le spiagge dell’Isola: bandi attesi da anni e rinviati sempre. Il governo nazionale ha rinviato le gare, in applicazione di una direttiva europea, al 2030. Insomma, ottenere una concessione oggi significa avere la gestione del lido garantita per chissà quanti anni. La norma che sarà votata all’Ars non prevede per l’assessorato al Territorio guidato da Toto Cordaro nessun obbligo di evidenza pubblica nell’assegnazione delle spiagge rimaste libere. Insomma, basterà presentare una domanda in assessorato per ottenere un pezzo di costa. Le società non strategiche https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 1/2
28/1/2019 Stampa Articolo Nei piani della Regione, poi, c’è anche un’accelerazione sulla cessione di alcune società considerate non strategiche da Palazzo d’Orléans: un percorso che a dire il vero era già stato avviato nell’era di Rosario Crocetta, ma al quale fra Natale e Capodanno la giunta Musumeci ha dato una scadenza certa, il 30 novembre. Entro quella data — almeno secondo le intenzioni del governo regionale — dovrebbero finire sul mercato ad esempio Ast Aeroservizi, l’azienda che gestisce lo scalo di Lampedusa e i servizi aeroportuali, o un vecchio totem dell’epoca della Regione imprenditrice, la Jonica Trasporti, controllata al 51 per cento dall’Ast e finita in varie occasioni nel mirino di potenziali acquirenti — incluso l’ex presidente di Sicindustria Antonello Montante, adesso agli arresti e sotto processo per corruzione — per la sua capacità, rara fra le aziende pubbliche, di fare utili (l’ultimo bilancio disponibile, quello del 2017, evidenzia ad esempio un segno più per 161mila euro). Entro novembre dovrebbero finire sul mercato anche due aziende minori attive nel mondo della ricerca, "Sicilia Agrobio e Pesca ecocompatibile" e "Sicilia Trasporti navali, commerciali e da diporto", imprese delle quali la Regione detiene quote minori ma che riescono ogni anno a fare utili. © RIPRODUZIONE RISERVATA https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 2/2
28/1/2019 Stampa Articolo POLITICA 27/1/2019 L’indagine Ars, consulenze col "copia e incolla": Lupo nel mirino dei giudici emanuele lauria La Corte dei conti ipotizza un danno erariale di 56 mila euro per gli incarichi affidati dal capogruppo del Pd quando era vicepresidente Quasi 56 mila euro spesi in consulenze illegittime, che hanno prodotto lavori copiati da Internet o semplicemente inutili, in quanto contenenti – più che analisi scientifiche – considerazioni«generiche » e « ascrivibili al buon senso » , per le quali « non risulterebbe necessario un esperto». La Procura della Corte dei conti demolisce gli incarichi assegnati nella scorsa legislatura dall’allora vicepresidente dell’Ars Giuseppe Lupo, oggi capogruppo del Pd. L’atto di citazione a giudizio, firmato dal pubblico ministero Licia Centro, allarga il campo dell’indagine sulle consulenze assegnate nella scorsa legislatura, cominciata con una denuncia a carico degli ex parlamentari Giuseppe Oddo e Paolo Ruggirello, che hanno deciso di pagare prima ancora di un giudizio, e che vede tuttora sotto processo contabile anche l’ex presidente dell’Assemblea Giovanni Ardizzone. Dopo aver acquisito una pesante mole di documenti dagli uffici dell’Ars, i magistrati della Corte dei conti hanno messo nel mirino 24 incarichi di consulenza assegnati da Lupo fra il 2015 e il 2017, per un esborso di 61.124 euro. Alla fine dell’esame delle carte, il pm ha "salvato" solo l’attività svolta dalle professioniste Agata Teresi e Lina Vizzini, per 5.170 euro in tutto di compensi. La restante cifra, secondo la Corte, costituisce danno erariale. Secondo l’accusa, Lupo, nel conferire gli incarichi, ha violato «prima ancora che le norme procedurali interne » i principi di « economicità, efficienza, ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa». Svariati gli esempi riportati nell’atto di citazione: l’attività di Roberto Anelli, social media manager si sarebbe limitata a due relazioni che riportano il risalto avuto su Facebook da eventi cui ha preso parte Lupo. Ma non c’è certezza che la relazione sia stata fatta prima della liquidazione del compenso. L’oggetto delle consulenze è sempre generico ( « materia di attualità » , « materia istituzionale », «materia tecnico- scientifica » e spesso le relazioni sono un copia-incolla di articoli pubblicati sul web: Cristoforo Bacchi, commercialista ed esperto di applicazioni economiche in materia agricola » , è stato pagato per alcune osservazioni che la Corte ritiene riassumibili in un assunto piuttosto generico sul carattere ingannevole dei marchi in commercio: « I consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente » . Il lavoro di Giuseppe Galletta è riassunto in due relazioni. Una, che riguarda il turismo, contiene osservazioni di carattere generico ( « per la cittadina non ci sono bagni pubblici e molti bar impongono una consumazione di almeno due euro, ridicolo!») e il consulente racconta di 1.500 interviste a turisti americani e canadesi fatte da non meglio specificate «guide accreditate » . « Insomma, una sorta di relata refero», riferisce il pm Centro. Ignazio Zuccaro, dottore in scienze agrarie, viene remunerato per uno « studio sulle potenzialità agricole dell’hinterland monrealese » ma lo scritto, si legge nell’atto di citazione, è « totalmente sovrapponibile » a quelli di alcuni siti web, in primis Wikipedia. Ecco la richiesta dell’accusa rivolta all’esponente del Pd: di rifondere le casse pubbliche con 56 mila euro, la spesa effettuata per queste discutibili consulenze. https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 1/2
28/1/2019 Stampa Articolo La difesa di Lupo, contenuta nelle memorie presentate alla Corte, fa leva sul fatto che l’Ars non è assimilabile a un organo amministrativo ma è fornita di " autodichia", ovvero sfuggirebbe alla censura di tribunali esterni. I consulenti, fa notare il parlamentare, non avevano neppure l’obbligo nella scorsa legislatura di presentare relazioni finali sulla loro attività, che invece sono state richieste per prudenza dallo stesso Lupo. L’attività degli esperti, ritiene il deputato del Pd, si è risolta in un supporto quotidiano all’attività a Palazzo dei Normanni e, trattandosi di un lavoro più politico che scientifico, il giudizio è soggettivo. Deciderà, fra qualche mese, la sezione giurisdizionale della Corte dei conti. © RIPRODUZIONE RISERVATA https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 2/2
Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA 27 GENNAIO 2019 LA SICILIA
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28/1/2019 Stampa Articolo CRONACA 27/1/2019 Via all’anno giudiziario "Migranti, la pietà è morta" L’offensiva dei magistrati Da Torino a Palermo, critiche al governo. Il pg di Roma: legalità non è solo repressione Salvini: dai giudici di sinistra invasione di campo, se vado a San Vittore portate le arance liana milella, roma Una poesia con le firme di 60 magistrati a Bologna. L’ha scritta un collega di Santa Maria Capua Vetere e racconta il dramma dei migranti in mare che aspettano di essere salvati. Un opuscolo con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo distribuito dalle toghe rosse di Area, e a Firenze consegnato pure al Guardasigilli Alfonso Bonafede. A Torino le parole del procuratore generale Francesco Saluzzo: « Potrei dire che la pietà, declinata nel suo senso laico, è morta». A Roma quelle del pg Giovanni Salvi, «la legalità non è solo repressione». E l’ex procuratore di Catania aggiunge: «Nessuna politica di sicurezza degna di questo nome può fondarsi sulla marginalizzazione, sulla spinta alla clandestinità e al lavoro nero, quando non all’illegalità quale mezzo di sostentamento ». Sotto accusa c’è ovviamente il decreto sicurezza che la presidente della Corte di Appello di Salerno Iside Russo boccia cosi: « Provocherà un consistente incremento dei ricorsi». Nei 26 distretti si apre l’anno giudiziario 2019. Ma come venerdì in Cassazione a Roma, anche in periferia in primo piano c’è lui, il ministro dell’Interno Salvini, la sua legge, la sua reazione alla richiesta di autorizzazione a procedere che l’Anm di Catania definisce «irridente e irriguardosa » , i suoi continui sfottò contro la magistratura. Ancora ieri eccolo comiziare in piazza Oberdan a Milano di fronte ai fan leghisti: «Portatemi le arance a San Vittore...». Sfida le toghe: «Sceglierà il Senato sull’evidente invasione di campo di qualche giudice di sinistra che vuol fare politica, io non mollo di un centimetro». Ma il vice presidente del Csm David Ermini ad Ancona ricorda i colpi di pistola di Luca Traini contro sette persone di colore e mette in guardia dal rischio di veder «risorgere germi razzisti e antisemiti» e, senza mai citarlo, indirizza a Salvini una frase chiarissima: «Il potere giudiziario è tutelato dal pericolo, sempre incombente, di essere osservato e valutato secondo fuorvianti e inesistenti legami con idee di popolo dal significato emotivamente ambiguo, più vicine all’immagine della piazza o della folla, che si collocano radicalmente all’opposto della struttura democratica della giustizia». Sì, la fotografia della magistratura 2019 testimonia una rivolta effettiva contro parole ed atti del ministro dell’Interno. Che coinvolge tutti i giudici, senza distinzioni ideologiche o di corrente. In una parola, le toghe stanno con i migranti contro il ministro, perché dalla parte dei primi ci sono la Costituzione con la garanzia del diritto di asilo, le leggi del mare e quelle della terra, sia italiane che internazionali. Sorprende che il Guardasigilli Bonafede non difenda i magistrati. Da Torino se lo chiede Saluzzo ( « Vi è forse la consegna di non nominarli per ristabilire equilibri costituzionali e istituzionali? » ), ma il ministro a Firenze svicola e sulla Diciotti ribadisce «che è stata un’azione condivisa da tutto il governo ». In ballo però non c’è solo la Diciotti e l’atto di accusa di Catania. C’è il suo decreto sicurezza. La presidente della Corte di appello di Milano Marina Tavassi documenta che il boom delle richieste di asilo, dalle 291 del 2016 è passata alle 2.509 del 2017. La collega Margherita Cassano da Firenze parla di 5.577 richieste di protezione internazionale. Da Reggio Calabria https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 1/2
28/1/2019 Stampa Articolo Luciano Gerardis vede «migranti che non hanno mai rappresentato un problema di ordine pubblico » . Mentre da Palermo il collega Matteo Frasca dà notizia di «un vertiginoso aumento di sbarchi fantasma » , e il pg Roberto Scarpinato critica « l’illusione repressiva che problemi di tale complessità e portata possano essere risolti mediante la facile e semplicistica scorciatoia di nuove forme di criminalizzazione e inasprimenti sanzionatori » . Ma, come dice da Genova il pg Valeria Fazio,«l’articolo 10 della Costituzione riconosce il diritto di asilo e quindi andrà verificata la sua compatibilità con la norma che riduce i permessi». giovanni salvi, pg di roma marcello Viola, pg di firenze francesco saluzzo, pg di torino La protesta Manifestanti a Siracusa. Sullo sfondo, la Sea Watch ormeggiata al largo https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 2/2
28/1/2019 Stampa Articolo ECONOMIA 27/1/2019 La riforma Autonomia regionale La secessione dei ricchi costerà agli altri fino a 20 miliardi Entro febbraio via del governo ai vantaggi fiscali per Veneto Lombardia ed Emilia. Ma ci sono sospetti di incostituzionalità MARCO RUFFOLO, ROMA Sarà vero che dietro l’autonomia regionale che il governo si appresta a riconoscere a Veneto, Lombardia e in tono minore all’Emilia Romagna, si nasconde la "secessione dei ricchi" denunciata dalla petizione di quindicimila cittadini, tra cui molti economisti e giuristi? Si pongono davvero le basi per una divisione istituzionalizzata tra italiani di serie A e di serie B? Stando alle dichiarazioni dell’esecutivo, non sembrerebbe: ci viene promesso infatti che i valori della solidarietà nazionale non saranno intaccati, che in quelle regioni non vi saranno aggravi di spese da finanziare a scapito del resto d’Italia. In altre parole, sembra che il passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni, consentito dalla Costituzione (Veneto e Lombardia ne chiedono 23, l’Emilia Romagna 15) possa avvenire semplicemente trasformando spese dello Stato in spese regionali, senza pagare un euro in più. In realtà le cose non sono così semplici. Il progetto che vedrà la luce a metà febbraio, a cominciare da quello per il Veneto, prevede infatti che dopo il primo anno (ed entro i successivi cinque) i fabbisogni di spesa per le nuove competenze regionali vengano legati al gettito fiscale. E quindi saranno tanto più alti quanto più elevato è il gettito di quella regione. In altre parole, il principio che sta per passare è questo: se sei un cittadino abbiente e quindi paghi più tasse, hai diritto a più spesa pubblica. Da finanziare come? Non con un aumento fiscale a carico della Regione, ma con una maggiore "compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali". Ossia si consente a quella Regione di ritagliarsi una fetta più grande della torta complessiva. A scapito quindi del resto del Paese. Si creano così due distorsioni che i firmatari della petizione ritengono incostituzionali. La prima è che si riconoscono ai cittadini più ricchi più diritti al welfare. La seconda è che queste spese aggiuntive per le regioni più ricche peseranno sul resto del Paese. Per di più, tutto questo si verificherà senza che siano definiti i livelli essenziali delle prestazioni sociali (i Lep) da assicurare omogeneamente in tutta Italia, come prescrive una vecchia legge mai rispettata. Come questi criteri autonomistici saranno concretamente applicati, possiamo capirlo fin d’ora dal modo in cui viene affrontato il tema dell’istruzione nelle trattative con Veneto e Lombardia. Il governo sembra infatti orientato ad accettare, sia pure gradualmente, la "regionalizzazione" della scuola, a cominciare dal personale, con contratti collettivi regionali. Altrettanto viene previsto per i "fondi statali all’università". L’obiettivo non è tanto e non è solo quello di introdurre istanze regionalistiche nell’organizzazione e nella stessa didattica, ma soprattutto quello di aumentare lo stipendio dei propri insegnanti. "Chi insegna in una scuola al centro di Milano o di Treviso – spiega l’economista Gianfranco Viesti, promotore della petizione – potrebbe essere pagato di più di chi lavora, con difficoltà molto maggiori, nelle periferie di Roma o di Napoli, in base al principio che i suoi studenti sono più ricchi". E inoltre chi https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 1/2
28/1/2019 Stampa Articolo impedirà che si introduca il criterio della residenza per accedere ai ruoli, o che vengano imposti limiti e condizioni alla mobilità tra una regione e l’altra? E’ evidente che lo scenario non è più quello di un semplice trasferimento di spese dallo Stato alle Regioni, nel segno di una maggiore efficienza e vicinanza alle esigenze della popolazione. Se fosse così, non sarebbe un dramma. Due economisti del Cnr, Andrea Filippetti e Fabrizio Tuzi, hanno stimato che per le prime cinque competenze chieste dalle tre Regioni (salute, lavoro, ambiente, attività internazionale e istruzione senza il trasferimento del personale) il costo sarebbe di soli 1,2 miliardi. Certo, se si includesse il personale scolastico, il costo salirebbe di altri 10 miliardi. E forse raddoppierebbe considerando il totale delle competenze da trasferire. Ma si potrebbe obiettare che sono pur sempre spese che lo Stato non pagherebbe più perché le accollerebbe alle Regioni. In tal caso sarebbe giusto che queste spese fossero finanziate trattenendo una quota maggiore di entrate fiscali. Si è visto tuttavia che gli autonomisti non si accontentano affatto di questo travaso finanziario. E in nome di una capacità fiscale maggiore, pretendono che quelle spese aumentino e siano finanziate trattenendo sul territorio una fetta maggiore di tasse nazionali. Rientra così dalla finestra un discorso che sembrava accantonato: quello del residuo fiscale. Tutto nasce dal fatto che le tre regioni pagano di tasse più di quanto ricevono come spesa pubblica, e questo avanzo viene di fatto trasferito alle regioni che presentano invece la situazione inversa, a cominciare dal Sud. E’ il frutto delle politiche che seguono il principio della solidarietà. Fino a qualche mese fa Veneto e Lombardia avevano sfidato apertamente questo principio (che a loro giudizio nasconde non di rado l’inefficienza di altre Regioni) battendosi per trattenere sul proprio territorio il grosso del gettito fiscale. Il Veneto aveva addirittura chiesto lo stesso statuto speciale del Trentino Alto Adige e quindi la possibilità di spendere al suo interno il 90% delle tasse. Ma ben presto ci si è resi conto che era una battaglia impercorribile: avrebbe, secondo la Consulta, scardinato "i legami di solidarietà tra popolazione regionale e resto della Repubblica" e pregiudicato "l’unità giuridica ed economica di quest’ultima". Ecco allora il cambio di strategia degli autonomisti: ufficialmente rinunciano alla battaglia per una radicale autonomia fiscale e chiedono solo di trasferire le competenze. Ma poi nelle trattative con il governo cercano di strappare, attraverso la nuova stima dei fabbisogni, una spesa maggiore da finanziare trattenendo tasse sul territorio. Questo disegno "sotto traccia" è agevolato da una procedura decisionale a dir poco inquietante. Tutta la discussione sull’autonomia sta avvenendo non in Parlamento ma nel segreto delle trattative tra governo e Regioni. L’intesa diventerà poi un disegno di legge che a quel punto le Camere potranno solo approvare o respingere senza alcuna possibilità emendativa. Una volta approvata, la legge non potrà essere cambiata per almeno 10 anni senza l’assenso della Regione. Insomma, la procedura sembra fatta apposta per raggiungere nel più assoluto silenzio gli stessi obiettivi di radicale autonomia che prima venivano sbandierati alla luce del sole. © RIPRODUZIONE RISERVATA Al vertice Luca Zaia è il governatore del Veneto ed è stato fra i promotori dei referendum per la secessione https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 2/2
28/1/2019 Stampa Articolo POLITICA 27/1/2019 Bufera sul servizio di "Povera Patria" La "lezione" di signoraggio sulla nuova Rai2 sovranista Sdoganate le tesi dell’ultradestra sulla moneta. Gli economisti: falsità. Freccero: l’azienda non mi difende giovanna vitale, roma Non bastava il controverso ritorno di Beppe Grillo in tv sotto forma di speciale che il direttore Freccero ha deciso di trasmettere domani, in prime time, sulla rete cadetta: seconda puntata del mega- blob da lui stesso ideato per celebrare — dopo Celentano e prossimamente Benigni — i 40 anni di carriera del comico genovese, diventato nel frattempo fondatore e garante dei Cinquestelle. « Uno spot che umilia il servizio pubblico», secondo il Pd. A mettere benzina sul fuoco della Rai nazional-populista voluta da Di Maio e Salvini, con tanto di scoppi polemici e appelli alla Vigilanza, è un altro fiore all’occhiello della new age sovranista rivendicata da Freccero: il talk Povera Patria, che ha debuttato venerdì sera. A far discutere, la video-scheda di uno dei conduttori, Alessandro Giuli, editorialista di Libero e Il Tempo, incentrata sul signoraggio bancario. Tema caro all’ultradestra, le cui tesi vengono oggi utilizzate per sostenere svariate teorie del complotto. Ebbene, dopo aver premesso che «l’Italia è una delle nazioni più ricche al mondo eppure ha un debito pubblico di oltre 2.300 miliardi » , Giuli individua fra le cause primigenie proprio il signoraggio, ovvero « il guadagno del signore che stampa la nostra moneta » . Applicando il concetto alla storia tricolore, l’editorialista racconta la perdita della nostra sovranità valutaria e il conseguente impoverimento del Paese. Sostiene infatti che fino al 1981 andava tutto bene perché lo Stato, attraverso la Banca d’Italia di sua proprietà, poteva stampare quanta moneta voleva e prestarla a se stessa per finanziare servizi e grandi opere: la strada tuttora prediletta dai sovranisti per ripianare il disavanzo pubblico. Nel 1981 Ciampi e Andreatta decidono però il «divorzio» della Banca centrale — prosegue Giuli — che non è più obbligata ad acquistare i titoli invenduti: diventa così «un istituto privato » che continua a prestare soldi allo Stato con tanto di interessi. «Una fake news» insorgono subito gli economisti Puglisi e Seminerio: Bankitalia è un istituto di diritto pubblico e proprio quel «divorzio» abbatté l’inflazione, argomento nel video neppure accennato. «Il signoraggio diventa così un lievito del nostro debito pubblico » , concludeva invece Giuli: « L’adozione dell’euro e la nascita della Bce completano l’espropriazione». Parole che subito scatenano un putiferio social, fra esperti indignati per le « troppe inesattezze e falsità », le opposizioni per le «bufale di regime » , gli spettatori perché « questo non è servizio pubblico, è disinformazione » . Una valanga che mortifica Giuli: « Sono stato trattato come un no- vax. L’avevo detto che avrei maneggiato materiale incendiario, forse l’ho fatto con troppa disinvoltura, ma era un mio punto di vista, la prossima volta ospiteremo altre voci». Chi è davvero arrabbiato è Freccero: « La censura non muore mai, chi vuole cacciarmi faccia una petizione » , tuona il direttore di Rai2. « Io mi occupo di audience, porto risultati, altro che politica. Povera Patria ha fatto il 6%, il doppio del predecessore ». E non è finita: «Vedrete cosa succederà con L’Ottavo Blog, il nuovo programma su web, notizie invisibili e fake news » . I vertici Rai — sul piede di guerra https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 1/2
28/1/2019 Stampa Articolo per le sue esternazioni non autorizzate — sono avvertiti: « L’azienda non mi aiuta, non mi difende come dovrebbe. In fondo sono l’unico che sta innovando la tv pubblica. Ma io vado avanti, contro ogni censura». Appuntamento alla prossima puntata. © RIPRODUZIONE RISERVATA ANSA Il fiore all’occhiello Il direttore di Rai2 Carlo Freccero alla presentazione di "Povera Patria", il talk che va in onda ogni venerdì in seconda serata, nato sulle ceneri di "Night Tabloid". Insieme a lui, da sinistra, i tre conduttori: Alessandro Giuli, Annalisa Bruchi e Aldo Cazzullo https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 2/2
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