Tutti i colori del cielo profondo

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Tutti i colori del cielo profondo
Tutti i colori del cielo profondo
                                         Gimmi Ratto, Pisa.

                                            Introduzione

E’ una notte di luna piena talmente chiara che non c’è bisogno di alcuna luce per
raggiungere l’osservatorio ed aprire il tetto. In cielo si distingue a malapena la forma
familiare della croce disegnata dalle stelle principali del Cigno e la magnitudine limite
oltrepassa appena la terza. Eppure non è una notte inutilizzabile per la fotografia del cielo
profondo.

Figura 1. Immagine a grande campo della regione tra Altair e γ del Cigno. Mosaico di tre campi per un
totale di 52 esposizioni da 16 min mediante una camera digitale Canon 350D (utilizzata per tutte le
fotografie dell’articolo) a cui è stato rimosso il filtro passa alto. La ripresa è stata effettuata con un
teleobiettivo Canon 135 mm f2.0 chiuso a circa f3.1 dall’apertura utile del filtro Hα (Astronomik 6 nm da
2” di apertura) posto davanti all’obiettivo.

Questo cielo così luminoso è rischiarato da molte sorgenti di luce diverse. La Luna,
quando è presente come stanotte, contribuisce con una distribuzione spettrale grosso
modo simile alla sua sorgente, il Sole. L’inquinamento luminoso aggiunge il suo
contributo, formato principalmente dalle righe di emissione delle luci al sodio e al
mercurio e da un fondo continuo con un picco nella regione verde-gialla dello spettro. In
condizioni di elevato inquinamento luminoso, e magari in presenza della Luna, l’intensità
Tutti i colori del cielo profondo
del fondo è molto più alta del segnale proveniente dagli oggetti del profondo cielo.
   Questo fatto è dimostrato quantitativamente in figura 2, utilizzando delle immagini della
   regione centrale di NGC 7000 ottenute con una camera digitale Canon 350D al fuoco di
   un obiettivo da 135 mm. Le distribuzioni di intensità dei pixels (figura 2C) sono state
   misurate in corrispondenza della nebulosa e della regione del Golfo del Messico
   (rettangoli verdi e rossi rispettivamente in figura 2A). Il segnale raccolto nella regione
   oscura, che è sostanzialmente priva di sorgenti significative, stima il fondo del cielo. Le
   distribuzioni di intensità mostrano come una esposizione di soli 2 minuti spinga il segnale
   di fondo a oltre 1700 ADU. La mediana del segnale della nebulosa (1770 ADU) è più
   grande del fondo di solo il 5%.

L’idea alla base della fotografia in banda stretta è separare il segnale proveniente dalle
sorgenti astronomiche dal fondo sfruttando la loro “segnatura” spettrale. Infatti, mentre il
fondo contribuisce al segnale in tutta la banda di sensibilità del sensore, la sorgente
contribuisce solo alle lunghezze d’onda prodotte. Le caratteristiche spettrali della
sorgente dipendono strettamente dai meccanismi che producono la luce. Le stelle sono in
larga misura sorgenti continue dominate dalla emissione di corpo nero e quindi le
sorgenti illuminate dalle stelle (galassie e nebulose a riflessione) emettono in larga misura
uno spettro continuo. Invece le nebulose ad emissione (sia diffuse che planetarie)
emettono su un numero limitato di lunghezze d’onda, corrispondenti all’irradiamento
prodotto da un atomo ionizzato quando riconquista un elettrone e questo “cade” verso il
suo stato fondamentale. Le nebulose di emissione hanno “colori” caratteristici, che
dipendono dal grado di ionizzazione e dalla composizione della miscela di gas.
                                             Tipicamente, una nebulosa ad emissione come
                   Hα                 B
 A                                           la Nord America emette la maggior parte della
                                                           0.08
                                                                                                             Nebulosa
                                                                                                             Golfo del Messico
                                             energia (visibile) alla lunghezza d’onda della
                                                           0.06                                              Dark

        Hα                                   riga α della serie di Balmer dell’Idrogeno
                                                           0.04

                                Rosso
                                             (656.3 nm). Questa emissione, percepita come
                                             un profondissimo colore rosso, è prodotta dalla
                                                           0.02

        R
                                             ricaduta di un elettrone dal terzo al secondo
                                                           0.00

                                             livello eccitato. Se si isola con un filtro
                                                                   200         300     400
                                                                                     Intensità segnale (ADU)
                                                                                                             1600         1700     1800        1900

C                            600
                                      DHα
                                             opportuno una banda di lunghezze d’onda
                             500             centrata intorno al picco di emissione, il
                                            Nebulosa
                                            Golfo del Messico
                                                                                                             2500
                                                                                                                             Rosso
                                                                                                                             Hα
                                             segnale prodotto dalla nebulosa raggiungerà in
Mediana del segnale (ADU)

                             400
                                                                                                             2000
                             300

                                             larga misura il sensore, mentre il fondo,
                                                                                             Segnale (ADU)

                             200                                                                             1500
                                   0   60     120   180   240     300    360   420   480
                            4000
                                             distribuito su uno spettro molto più ampio, sarà
                                       RGB solo canale rosso
                                                                                                             1000

                                             ridotto in misura inversamente proporzionale
                            3000

                            2000
                                                                                                              500
                            1000             alla ampiezza di banda del filtro.
                               0                                                                                0
                                   0          60          120            180         240                            -20    -10     0      10     20

                                                         Figura 2. A) La regione intorno a NGC 7000 è stata
                                              Tempo di esposizione (s)                                                           Pixel

                                                         ripresa durante la Luna piena in luce bianca e in Hα
   ponendo un filtro a banda stretta di fronte all’obiettivo spiegato in figura 1. Sono mostrati solo i canali rossi
   delle due immagini. Esposizione di 4 min e nessuna calibrazione, gli istogrammi sono stati aggiustati in
   modo che il contrasto e la luminosità delle due immagini fossero simili. B) Distribuzione della luminanza
   dei pixels per il rumore di readout (curva blu) e per le due regioni dell’immagine indicate dai rettangoli
   colorati. Il fondo del cielo è stimato in corrispondenza del “golfo del Messico” (rettangolo rosso). C)
   Dipendenza del segnale misurato sulla nebulosa e sul fondo in funzione del tempo di esposizione; D)
   profilo di luminanza della stessa stella misurata con e senza filtro Hα.
L’aumento di contrasto è chiaramente illustrato dagli istogrammi ottenuti fotografando la
stessa regione di cielo attraverso un filtro a banda stretta centrato intorno alla riga Hα
dell’Idrogeno (Astronomik 6nm). La mediana del fondo si è ridotta da 1700 a solo 300
ADU, che è appena il 20% di più del segnale di dark (mediana 258, curva blu). In queste
condizioni, la mediana del segnale della nebulosa è 330. Una volta sottratto il dark, la
mediana del segnale è del 70% più alta del fondo. Quindi, in queste condizioni così
difficili, l’uso del filtro a banda stretta ha migliorato il rapporto segnale/fondo di un
fattore 12.

Se si misura la risposta in funzione della durata del tempo di esposizione, si scopre una
seconda importante proprietà della fotografia in banda stretta, molto rilevante soprattutto
in condizioni di elevata luminosità del cielo notturno. La figura 2C mostra come, nelle
condizioni presenti un’esposizione di 4 minuti senza filtro sia sufficiente per portare la
mediana del livello di background a 3445 ADU. Siccome la 350D converte il segnale di
luminanza in una grandezza digitale a 12 bit (4096 livelli di grigio), il range dinamico
rimasto disponibile per l'immagine vera e propria è ridotto a 600 ADU, ovvero circa 9 bit.
Il terzo grande vantaggio della fotografia in banda stretta è illustrato dal confronto del
profilo di luminanza di immagini stellari. Il confronto delle due fotografie in figura 2A
mostra come le immagini delle stelle siano molto ridotte in numero e dimensioni. Ciò è
dovuto al fatto che l'energia prodotta dalle stelle è distribuita su un continuo molto ampio
e l'emissione in una banda stretta è ridotta, anche in considerazione del fatto che
generalmente gli spettri stellari presentano linee di assorbimento proprio in
corrispondenza del massimo di trasmissione del filtro. Ciò è mostrato in figura 2D, dove
è riportato il profilo di luminanza della stessa stella misurato nel canale rosso della
immagine convenzionale e in Hα. Come si vede, il picco è molto ridotto in ampiezza ed il
profilo è apprezzabilmente più stretto.

In conclusione, questa analisi mostra tre grandi vantaggi associati all’uso di filtri in banda
stretta per fotografare sorgenti a spettro discreto: 1) grande aumento del rapporto segnale-
rumore; 2) migliore utilizzo del range dinamico del sensore; 3) grande riduzione del
segnale proveniente dalle stelle.

                                                                       Figura 3. Matrice di Bayer e
                                                                       sensibilità spettrale di una
                                                                       camera digitale reflex (Canon
                                                                       350D). A) La matrice è
                                                                       costruita in modo tale che per
                                                                       ogni pixel blu e rosso vi sono
                                                                       due pixel verdi. L’immagine a
                                                                       colori finale è ottenuta
                                                                       interpolando i piani RGB alla
                                                                       risoluzione finale del sensore.
                                                                       Al di sopra della matrice
                                                                       colorata è disposto un filtro
                                                                       spaziale che causa una leggera
                                                                       sfocatura dell’im-magine. In
questo modo i pixel colorati anche se sono disposti in punti diversi del piano focale, campionano i
medesimi punti dell’immagine. Questo è il motivo principale per cui sensori monocromatici presentano
risoluzione migliore. B) Le curve continue rappresentano la sensibilità dei canali RGB dopo la rimozione
del filtro passa-alto. Le linee tratteggiate indicano la sensibilità originale della camera. Il grafico mostra
come la modifica sia necessaria per acquisire le righe dello Zolfo e dell’Hα. L’Idrogeno β e il doppietto
dell’Ossigeno sono invece alla portata di una DSRL normale. La curva in arancione indica il tipico spettro
del cielo notturno in presenza di inquinamento luminoso, dominato dallo spettro di emissione del Sodio.
Sono pure presenti righe del Mercurio e la luminescenza dell’ossigeno (in corrispondenza delle barrette
verticali). I dati spettrali sono adattati dal sito di Christian Buil (http://www.astrosurf.com/buil/index.htm e
da un testo disponibile su web.; http://www.ceg.ncl.ac.uk/ rspsoc2007/papers/163.pdf).

                                 Banda stretta e camere digitali

L’imaging a banda stretta è abitualmente eseguito con sensori CCD dotati di una risposta
spettrale molto ampia estesa, su tutto il visibile e l’infrarosso. La selezione spettrale è
operata mediante filtri interferenziali opportuni piazzati davanti al sensore ed ogni pixel
del sensore restituisce un valore utile per costruire l’immagine finale. La situazione è
molto diversa usando una camera digitale o una camera CCD con sensore a colori. Infatti
in questo caso ogni elemento della matrice sensibile è provvisto di un filtro che limita la
sua risposta spettrale. I vari colori sono sistemati secondo una particolare matrice, dalla
quale viene poi ricavata l’immagine a colori finale (figura 3A). La risposta spettrale
dipende quindi dalla combinazione del filtro interferenziale seguito dal filtro del sensore.
E’ molto utile analizzare la risposta spettrale dei pixel rossi, verdi e blu della Canon 350D
(figura 3B). Le curve piene si riferiscono alla camera modificata mediante la rimozione
del filtro taglia-basso presente negli esemplari commerciali. E’ chiaro come l’imaging
dell’idrogeno ionizzato (Ha, 656 nm) o dello Zolfo (SII, uno stretto doppietto intorno a
672 nm) richiedano una camera modificata. Viceversa l’imaging delle righe proibite
dell’ossigeno (OIII, 496-501 nm) è alla portata delle camere commerciali. E’ interessante
notare come la riga β della serie di Balmer dell’idrogeno (487 nm) possa costituire una
alternativa all’Hα nel caso di camere non modificate, a patto di avere un filtro
sufficientemente stretto da poterlo separare dall’OIII.

Questo grafico permette di capire come sarà distribuito sui vari canali il segnale in banda
stretta. E’ chiaro che nella banda dell’Hα o dello SII il segnale sarà catturato
esclusivamente dai pixel rossi della matrice di Bayer. Se si lavora invece con un filtro
OIII, il segnale sarà distribuito sui canali blu e verde, e quindi il segnale OIII può essere
ricostruito sommando entrambi i canali.

In figura è anche mostrato lo spettro di una lampada al Sodio, che rappresenta una delle
sorgenti principali dell’inquinamento luminoso, a cui sono sommate le righe principali
dei vapori di Mercurio. Come si vede, gran parte del fondo è escluso dai filtri a banda
stretta, con l’unica eccezione di una riga del Sodio che cade proprio in corrispondenza del
doppietto del’OIII.
Figura 4. Immagine dell’ammasso nebulare NGC2244 (Rosetta) in Hα e in OIII (Astronomik 12 nm).
L’immagine Hα è una singola esposizione di 16 min, mentre per l’ossigeno è mostrata la somma di 4
esposizioni da 16’. Le immagini mostrano chiaramente come il segnale della banda Hα sia contenuto
esclusivamente nel canale rosso, mentre entrambi i canali blu e verde rispondano all’OIII.

                               Acquisizione e calibrazione

Abbiamo visto come i filtri interferenziali riducano enormemente la luminosità del fondo.
Un’importante conseguenza di questo fatto è che diventa possibile allungare molto i
tempi di esposizione prima che l’intensità del fondo diventi inaccettabile. Allungare
l’integrazione delle singole sottoesposizioni ha la conseguenza di ridurre il numero di
esposizioni a parità di esposizione totale, riducendo notevolmente una componente del
rumore dell’immagine. Infatti il rumore totale dell’immagine è dato da:

                                   δI = δS 2 + δD 2 + δR 2

dove δS è il rumore intrinseco della sorgente determinato dalla statistica di Poisson, δD è
la variabilità del segnale di dark e δR è la variabilità del segnale di readout. Supponiamo
che si ottenga la medesima integrazione totale mediante n sottoesposizioni oppure
mediante una singola esposizione. Se il dark scala linearmente con la durata della
integrazione, i primi due contributi al rumore totale sono identici. Invece il rumore di
readout comparirà una sola volta nel caso della singola esposizione, e n volte nel caso di
esposizioni multiple. Ciò è molto importante, soprattutto in considerazione del fatto che
le camere digitali hanno un rumore di readout non trascurabile. L’importanza della durata
della singola sottoesposizione è illustrato in figura 5. Le due immagini permettono di
confrontare una singola esposizione di 16 min di NGC 7000 con la somma di 16
sottoesposizioni di 1 min ciascuna. La differenza è evidente: a parità di segnale
complessivo, il rumore della singola esposizione è molto ridotto cosa evidenziata anche
dalla migliore resa tonale.
                                                                    600
                                                                                                    Sl16x1mn
                                                                    500
                                                                                                    Sl1x16mn
                                                                    400

                                                                    300

                                                    Segnale (ADU)
                                                                    200

                                                                    100
                                                                    200

                                                                    100

                                                                      0

                                                                    -100
                                                                           0   200   400      600     800
                                                                                      Pixel

Figura 5. Confronto tra la somma di 16 esposizioni da 1 min con una singola esposizione da 16 min. Le
immagini sono state acquisite la medesima sera in immediata successione ad una temperatura di circa 18°C.
Le immagini sono state corrette per bias, dark e flat. Il profilo della intensità del segnale lungo la linea
tratteggiata in rosso dimostra che se le fluttuazioni a larga scala, causata dalla distribuzione delle varie
sorgenti, vengono sottratte dai segnali si vede come il rumore della traccia verde (16 sottoesposizioni) sia
considerevolmente più grande (deviazione standard =19.8 per la singola esposizione, =30.4 per la somma).

Naturalmente è necessario calibrare accuratamente le sottoesposizioni anche a causa del
rumore termico, che per sottoesposizioni di 16 min non è certamente trascurabile. E’
essenziale avere una libreria di dark prodotta ad intervalli di temperatura di almeno 4
gradi, in modo tale da utilizzare dei dark che distanzino al massimo 2 gradi dalla
temperatura di lavoro. Una precisione maggiore sarebbe desiderabile, ma non è
raggiungibile a causa delle inevitabili fluttuazioni di temperatura che avvengono anche
all’interno della singola sottoesposizione. E quindi necessario fare in modo che la
statistica dei dark sia allineata quanto più possibile con la statistica delle immagini. Molti
programmi di calibrazione (vedi, per esempio, Iris) permettono l’ottimizzazione dei dark,
un processo estremamente utile ed efficace che dovrebbe essere sempre applicato se reso
disponibile dal software. Se non lo è, cambiate il programma di calibrazione! Un ultimo
punto importante relativo all’acquisizione è che se nel vostro treno ottico è presente
anche solo un piccolo pezzetto di vetro, il piano ottimale di messa a fuoco dell’Hα e dei
canali RGB non saranno uguali, indipendentemente dalle promesse delle ottiche Apo o
super Apo. La messa a fuoco deve essere eseguita con grande accuratezza ed utilizzando
solo i piano colore utili (rosso per Hα o SII e verde per OIII). Se si combineranno
assieme immagini in banda stretta ottenute con filtri diversi, ricordatevi che non sarà mai
sufficiente registrare le immagini per semplice rotazione e traslazione ma sarà anche
necessario applicare una trasformazione di scala per compensare la piccola differenza di
focale associata alle diverse lunghezze d’onda.

                                  Le elaborazioni successive.
Apparentemente, grazie all’elevato rapporto segnale rumore e al fondo cielo
relativamente poco intenso, sembrerebbe che l’elaborazione delle immagini a banda
stretta sia più semplice rispetto ad una immagine RGB. Tuttavia proprio l’elevato
contrasto nelle basse luci di queste riprese offre un range dinamico che richiede molte
attenzione per poter essere sfruttato adeguatamente. Effettivamente, nonostante il ridotto
diametro delle immagini stellari, anche in banda stretta è ben presente il problema di
riuscire a sollevare sufficientemente le parti più deboli del soggetto, senza rendere troppo
luminose ed allargate le immagini stellari. Quindi, anche in banda stretta, è necessario
utilizzare le tecniche di mascheramento delle stelle che sono così utili con le immagini
RGB. Nel box sono riportati alcuni elementi utili ad introdurre queste potentissime
tecniche di elaborazione.

Figura 6. Nebulosa Rosetta composta utilizzando esclusivamente i dati a banda stretta in Hα (41x16 min) e
OIII (30x16 min). Esposizione totale quasi 19 ore in 5 notti. Canon 350D; Tripletto Megrez 80 SuperApo, f
4.8.

Una tecnica molto utilizzata è la combinazione di riprese in banda stretta per ottenere
rappresentazioni a colori. Un esempio molto familiare è quello dato dalla gran parte delle
immagini prodotte dallo Space Telescope, dove le emissioni di SII, Hα e OIII sono
solitamente rappresentate nei canali RGB. Queste immagini, spesso bellissime, soffrono
di una resa a volte bizzarra dei colori delle stelle e la resa cromatica finale è molto
distante da una rappresentazione “naturalistica” del panorama celeste, anche perché
l’implementazione abituale prevede di rappresentare in verde l’Hα, per lasciare il rosso al
SII. Inoltre, questa tecnica richiede tre esposizioni separate, inclusa una laboriosa
esposizione dell’SII che è solitamente più debole sia di Hα che di OIII. Una alternativa
interessante è quella di combinare le immagini Hα e OIII in modo da produrre un terzo
canale sintetico da utilizzare per costruire l’immagine RGB. In figura 6 è mostrata la
combinazione dei dati mostrati in figura 3 uniti seguendo la seguente ricetta:

                       R = Hα            G = OIII         B = OIII+0.15 Hα

L’immagine delle sorgenti estese in Hα forma non solo il piano rosso dell’immagine
RGB, ma influisce anche sulla composizione del piano blu. Ciò perché la emissione Hα è
sempre accompagnata ad emissione Hβ, in un rapporto teorico di 2 a 1 in favore della
emissione Hα. Questa è la ragione per cui l’emissione dell’Idrogeno non appare come un
rosso puro, ma come un colore virato verso il magenta. La proporzione esatta tra rosso e
blu dipende dalle condizioni di estinzione presenti nella nebulosa ed in assenza di dati
precisi questa scelta è affidabile al gusto personale. Più complesso è il trattamento delle
immagini stellari, perché spesso hanno diametro leggermente diverso nei due canali. Ciò
richiede elaborazioni specifiche per controllare i diametri delle stelle, basate sull’uso
delle maschere spaziali mostrate nel box. Il risultato finale è una immagine RGB che
mostra abbastanza bene la diversa distribuzione dei segnali OIII e Hα, pur mantenendo
un aspetto relativamente “naturale”. Se le sorgenti estese includono nebulose a
riflessione, è necessario fondere i dati in banda stretta ad immagini RGB per ottenere una
resa accettabile delle sorgenti continue. Anche in questo caso la combinazione dei piani

RGB con i piani a banda stretta deve rendere correttamente le stelle e le sorgenti estese.
La pratica più diretta di questa tecnica prevede l’uso del dato in Hα per aumentare il
contrasto del piano rosso dell’immagine, come illustrato in figura 7.

Figura 7. NGC 1499 nel Perseo. L’immagine è stata ottenuta fondendo il campo stellare che proviene da 4
ore di esposizione in RGB con 6 ore di integrazione in Hα. Tripletto Megrez 80 SuperApo, f 4.8.
Ovviamente è possibile combinare più piani a banda stretta con il piano RGB.
Nell’esempio seguente, un’immagine a grande campo della regione che circonda M42, le
sorgenti estese sono state ottenute combinando i piani Hα e OIII come visto in
precedenza, mentre le immagini stellari sono state prelevate dall’immagine RGB.

                                                      A     causa    dell’enorme     range
                                                      dinamico del soggetto, ogni piano
                                                      dell’immagine è composto da
                                                      diversi gruppi di esposizioni
                                                      (necessari per rappresentare le zone
                                                      più luminose, che sarebbero
                                                      altrimenti     saturate).     Questa
                                                      immagine è quindi ottenuta
                                                      combinando molti diversi insiemi di
                                                      dati: RGB (35x4 min; 20x1 min;
                                                      10x8 sec); Hα (58x8 min; 16x1 min
                                                      16x14 sec) e infine OIII (26x8 min;
                                                      32x1 min; 19x8 sec) totalizzando
                                                      quasi 15 ore di esposizione in 7
                                                      notti diverse. La componente a
                                                      riflessione di NGC 1977 è stata
                                                      rinforzata da un’ulteriore immagine
                                                      RGB (42x4 min).

                                                      Figura 8. La spada di Orione in una
                                                      immagine ibrida Hα, OIII e RGB. Il fondo
                                                      del cielo è quasi interamente occupato da
                                                      delicatissimi   veli    di    fluorescenza
                                                      dell’Idrogeno.

                                                                  Conclusioni
Le eccellenti caratteristiche dei sensori montati sulle macchine digitali reflex di ultima
generazione permettono di ottenere ottimi risultati quando sono utilizzati insieme a filtri
interferenziali a banda stretta. Questa è una combinazione ricca di bellissime prospettive
future, specialmente considerando le grandi dimensioni dei sensori montati su queste
camere e l’ottima resa di questa tecnica anche in condizioni di elevato inquinamento
luminoso. Siamo solo all’inizio di un percorso ricco di opportunità e di colori.
Box: maschere di luminanza

Esempio dell’uso delle maschere di luminanza nel trattamento delle immagini a banda stretta. Dopo il
primo stretch non lineare la nebulosa ha valori tonali ancora relativamente bassi, nonostante le stelle più
luminose abbiano già raggiunto la saturazione. In questa fase è desiderabile sollevare la nebulosa ed allo
stesso tempo aumentare il contrasto nella parte inferiore dell’istogramma per staccare maggiormente le
nebulose oscure. A questo scopo, si usa una trasformazione non lineare come quella indicata in A, che però
non può essere applicata indiscriminatamente a tutta l’immagine per non rinforzare troppo la luminanza e
dimensioni delle stelle. Per escludere le stelle dalla applicazione della trasformazione si utilizza una
maschera ottenuta filtrando l’immagine mediante un filtro passa-alto che mantiene i piccoli particolari della
immagine, quindi le stelle, ma elimina gli oggetti estesi. La maschera è visibile in B. Questo è lo stesso
campo rappresentato in D: la stella indicata dalla freccia rossa è la supergigante ξ del Cigno. Come si può
apprezzare bene in C, la maschera contiene solo stelle e la nebulosa è totalmente sparita, tranne alcuni
piccoli dettagli (eventualmente eliminabili in Photoshop) in corrispondenza di fronti nella nebulosa dove vi
sono dei bruschi cambiamenti di luminosità (freccia verde nel dettaglio C). Questa maschera è ottenuta
filtrando l’immagine originale mediante wavelet a simmetria radiale di dimensioni opportune. Questa
maschera è “trasparente” in corrispondenza del bianco, permettendo l’applicazione della trasformazione, e
opaca in corrispondenza del nero. I dettagli dell’utilizzo della maschera dipendono dal software che viene
utilizzato; in questo caso ho usato il freeware PixInsight LE, che offre una implementazione molto
semplice della procedura.
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