Dipartimento di Ingegneria Civile

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              Laurea Magistrale in Ingegneria Civile
               per la Protezione dai Rischi Naturali

                   Relazione di fine Tirocinio

   Tecnica di misurazione degli spostamenti senza contatto (DIC)
    applicata a prove di carico su volte rinforzate con materiale
                             composito.

Tutor Universitario: Gianmarco De Felice

Tirocinante: Giulio Conteduca
Dipartimento di Ingegneria Civile
Sommario
1. Correlazione digitale di immagini (DIC) ....................................... 3
    1.1 introduzione.............................................................................. 3
    1.2 Come funziona la dic................................................................ 5
    1.2 Subset ...................................................................................... 7
    1.3 Pattern ...................................................................................... 7
    1.4 Deformazione del subset ......................................................... 9
    1.5 Criteri di correlazione ............................................................. 10
2. Applicazione dic mediante Ncorr ................................................ 12
    2.1 premessa ............................................................................... 12
    2.2 Reference image .................................................................... 13
    2.3 Current images....................................................................... 14
    2.4 Regione di interesse .............................................................. 15
    2.5 DIC Parameters ..................................................................... 16
    2.6 Select Region ......................................................................... 17
    2.7 Risultati dell’analisi ................................................................. 20

1. Correlazione digitale di immagini (DIC)

1.1 introduzione

La digital image correlation (DIC) è una tecnica che permette di misurare senza contatto
spostamenti e deformazioni di superfici piane basata sull’analisi di immagini digitali
acquisite in diversi stati di deformazione.

La DIC è stata sviluppata a partire dagli anni 80’ da un gruppo di ricercatori della
“University of South Carolina” ma è negli ultimi anni, grazie anche alla maggiore qualità
delle immagini, che è comunemente utilizzata e accettata in diversi campi dell’ingegneria.
Il maggior impiego è stato per le prove di caratterizzazione meccanica dei materiali, ma la
DIC grazie alla sua versatilità viene usata, in diversi ambiti che vanno dal monitoraggio
strutturale fino ad applicazioni biomediche.

I vantaggi rispetto a metodi di misura tradizionali sono notevoli e sono costituiti dalla
facilità di acquisizione dei dati, dalla versatilità e dai costi contenuti. Gli strumenti di misura
tradizionali quali strain gauges e estensometri (meccanici, laser, ottici) forniscono delle
misure discrete solo in corrispondenza di dove gli strumenti sono stati posizionati; con la
dic si ottengono dati su tutta la superficie analizzata con la possibilità di eseguire l’analisi e
le misurazioni in tempi successivi a quelli di esecuzione della prova.

L’acquisizione delle immagini può essere effettuata semplicemente scattando delle
fotografie digitali a diversi istanti di tempo, oppure estrapolando le immagini da un filmato.
I limiti di precisione ed accuratezza della dic sono dati dalla qualità delle immagini da
analizzare. In generale, gli algoritmi della dic, attraverso l’interpolazione dei dati, sono in
grado di raggiungere precisione e accuratezza inferiori alla dimensione dei pixel costituenti
l’immagine.

Oggi esistono e vengono sviluppate tecniche di correlazione digitale di immagini più
avanzate, di cui qui verrà solo citata l’esistenza. Tra queste la dic 3d che con l’ausilio di
due fotocamere disposte ortogonalmente permette il calcolo di spostamenti e deformazioni
anche al di fuori del piano della superficie.

Passando dal pixel al voxel (volumic picture element) sono state sviluppate tecniche
basate sugli algoritmi della correlazione digitale di immagini, chiamate “digital volume
correlation” (DVC), che con l’ausilio di strumenti in grado di “vedere” all’interno di corpi
solidi ( raggi x ), sono in grado di calcolare spostamenti e deformazioni all’interno del
volume del solido.

                                 Figura 1 – Tipologie di DIC

Di seguito verrà fatto solo riferimento alla correlazione digitale di immagini nel piano (dic
2d).
1.2 Come funziona la dic

La correlazione digitale di immagini è una tecnica basata sull’analisi delle differenze tra
un’immagine di riferimento acquisita in un certo istante ed un’immagine “corrente”
acquisita successivamente.

Per fare ciò vengono prese come riferimento delle sotto sezioni della immagine di
riferimento chiamate subset.

Attraverso delle operazioni di correlazione i subset vengono riconosciuti nelle diverse
configurazioni deformate ed è così possibile determinare le posizioni che i centri di ogni
singolo subset assumono nelle varie immagini correnti (Figura 2); note quindi le posizioni
per ogni immagine è possibile determinare il campo di spostamenti e da questo derivare il
campo di deformazioni.

              Figura 2 – Reference Subsets; Current Subsets; Vettori spostamento.

I subset possono essere di forma qualsiasi e nella pratica non sono semplicemente
affiancati ma si sovrappongono l’uno a l’altro.

Alla base del funzionamento della DIC vi è quindi la necessità di riconoscere i punti della
superficie della configurazione indeformata in tutte le altre configurazioni. Per fare ciò
vengono sfruttate le informazioni date dalle immagini digitali.
Un’immagine digitale in formato “raster” è composta da una matrice di pixels, a ognuno dei
quali corrisponde un valore numerico che rappresenta il livello di luminosità per un
immagini a scala di grigi o il colore per un’immagine a colori.

Nell’applicazione della DIC solitamente vengono usate immagini in scale di grigi, in questo
modo si ottiene un miglior contrasto che facilità le operazioni computazionali. Nei sistemi a
8 bit a 256 colori ogni pixel può quindi assumere un valore da 0 a 255 a seconda del livello
dell’intensità luminosa riflessa (Figura 3).

                                               Figura 3

Ogni sotto-regione racchiude al suo interno un determinato numero di pixels (a seconda
delle dimensioni del subset impostate), ognuno dei quali con il proprio valore numerico. La
DIC sfrutta queste proprietà per riconoscere le singole sotto regioni e le loro posizioni nelle
diverse immagini.
1.2 Subset

I subsets sono tante porzioni con le quali l’immagine di riferimento viene suddivisa e che il
software dovrà riconoscere in ogni immagine corrente, per poterne calcolare gli
spostamenti e derivare quindi il campo di deformazione.

Uno dei parametri fondamentali della DIC è la dimensione del subset. Al crescere della
dimensione si ha una porzione di immagine caratterizzata da un numero maggiore di
pixels; ciò permette di avere una migliore accuratezza e dettaglio della misura, minori
tempi di calcolo a scapito però di una peggior visualizzazione degli effetti locali. Al
contrario il decrescere delle dimensioni subset porterà a un’analisi in generale più
soggetta a errori, ma con la capacità di poter cogliere maggiormente gli effetti locali.
Quindi la scelta di un subset piccolo sarebbe opportuna solo se sono previsti dei grandi
gradienti di spostamento.

Un secondo parametro importante della DIC è il subset spacing; questo rappresenta la
distanza tra i punti di calcolo (centri dei subset) dell’analisi e va quindi a influire sulla
precisione della analisi e sui tempi di calcolo computazionali. Come accennato in
precedenza i subset si sovrappongono poiché in genere il subset spacing è minore della
dimensione del subset.

1.3 Pattern

Sulla superficie da analizzare con la DIC viene applicata una “speakle pattern”, ossia una
trama stocastica formata da elementi bianchi e neri le cui dimensioni sono fondamentale
importanza per una corretta analisi.

Uno speakle, ossia la parte nera della trama, di dimensioni eccessivamente ridotte
(inferiori al pixel) non permette di cogliere movimenti minori del pixel come illustrato in
Figura 4.

                       Figura 4 – Speckle di dimiensioni inferiori al pixel
Al contrario una speckle troppo grande, di dimensioni maggiori del subset, porta a
decorrelazioni. Nella Figura 5 è riportata la stessa speckle pattern con due dimensioni di
subset differenti; si può osservare come nell’immagine a sinistra la speckle pattern sia
inadeguata con le dimensioni del sub-set poiché questo comprende solo parti nere; al
contrario nell’immagine a destra la stessa speakle pattern risulti funzionare bene con un
sub-set più grande.

In linea generale non esiste una regola precisa per la scelta della speckle pattern, ma
dalle esperienze passate è emerso che si ottengono buoni risultati con un pattern di
dimensioni di circa 5x5 pixels e una copertura totale della superficie compresa tra il 40 e il
70 %.

                                           Figura 5

La spakle pattern può essere applicata tramite vernici o applicando pellicole adesive alla
superficie di analizzare. Di fondamentale importanza per una corretta analisi è assicurarsi,
soprattutto nel caso di deformazioni non piccole, che la speckle pattern sia perfettamente
aderente alla superficie e possa effettivamente deformarsi come la superficie sulla quale è
applicata.
1.4 Deformazione del subset

Negli algoritmi delle DIC basati sulla suddivisione in subset, viene assunta l’ipotesi che la
deformazione sia omogena all’interno di ogni subset. La trasformazione delle coordinate
dei punti del subset dalla configurazione di riferimento a quella corrente può essere
espressa da una trasformazione lineare del primo ordine:

                                                                 

Dove (       ,       ) e (        ,        ) sono rispettivamente le coordinate di un punto
generico e del centro del reference subset iniziale, mentre (                      indicano le
coordinate di un punto del subset corrente. La deformazione è quindi ottenuta dagli
spostamenti u e v e dalle loro derivate, che per ipotesi sono costanti all’interno del singolo
subset.

Il vettore p rappresenta il generico vettore di deformazione. Gli indici i e j sono usati per
indicare la generica posizione di un punto rispetto al centro del subset. “S” è l’insieme al
quale appartengono tutti i punti del subset; il pedice rc sta a significare che la
trasformazione è dal sistema di coordinate di riferimento a quello corrente.

                  Figura 6 – Trasformazioni lineari applicate ai punti di subset
1.5 Criteri di correlazione

È necessario stabilire un criterio per valutare la corrispondenza tra il reference subset
finale e il current subset finale. Per fare ciò vengono utilizzati dei criteri di correlazione. Di
seguito vengono elencati i due criteri più comunemente utilizzati negli algoritmi delle DIC,
ovvero il criterio di correlazione incrociata (cross correlation) e il criterio dei minimi quadrati
(least squares):

Dove f e g sono due funzioni rispettivamente dell’immagine di riferimento e della immagine
corrente, che forniscono un valore in scala di grigio corrispondente per ogni punto di
coordinate (x y). fm e gm sono i valori medi di grigio dell’immagine di riferimento e
dell’immagine corrente. Sono definiti dalle seguenti espressioni:

Nelle quali n(S) è il numero totale dei punti appartenenti al subset.

Il criterio di correlazione incrociata indica una buona corrispondenza quando il suo valore
è prossimo all’unità; il criterio dei minimi quadrati invece indica una buona corrispondenza
per valori vicini allo zero. Le sottrazioni dei termini fm e gm nelle equazioni permettono ai
criteri di correlazione di essere invarianti rispetto a variazioni della scala di grigio.

Operativamente tutto ciò si traduce nella ricerca delle componenti del vettore p che
minimizzino Cls o facciano tendere a 1 Ccc attraverso dei metodi iterativi,
Figura 7 – Esempio applicazione criteri di correlazione

Generalmente negli algoritmi implementati nelle DIC la ricerca del vettore spostamento
viene eseguito assumendo come ipotesi iniziale che il subset subisca una sola traslazione
rigida (pg = {u(g), v(g),0,0,0,0}T); successivamente attraverso un processo iterativo di

ottimizzane viene ricerca la soluzione finale (pr = {u, v,   ,   ,   ,   }T) (Figura 8) .

                         Figura 8 – Schematizzazione processo iterativo
2. Applicazione dic mediante Ncorr

2.1 premessa

Per apprendere l’utilizzo della DIC ho utilizzato il software open source Ncorr, sviluppato in
ambiente Matlab dal Georgia Institute of Technology. Ho utilizzato le immagini acquisite
durante una campagna di sperimentazione eseguita nei laboratori di Roma 3 riguardanti
una prova di carico su volte rinforzate con materiali compositi.

Per poter applicare la dic è stato utilizzato per il riempimento del materiale granulare
composto da elementi di colore bianco e nero in modo da creare una speckle pattern; il
riempimento è stato quindi confinato sulla superficie frontale da pannelli trasparenti
realizzati in plexiglas.

Sulla superficie laterale della volta è stata applica una speckle pattern tramite verniciatura,
composta da puntini neri su uno sfondo bianco di dimensioni simili alle dimensione dei
grani del riempimento.

In aggiunta sono stati posizionati dei “markers”, ossia dei piatti metallici sulla quali è stata
applicata la speckle pattern, sulla trave attraverso la quale è stato applicato il carico.

La fotocamera è stata posizionata a 3 metri di distanza dalla volta.
Per il mio tirocinio, sono andato a misurare lo spostamento dei due markers. E’ stata
omessa quindi la misura delle deformazioni in quanto questi i due markers sono soggetti
solo a moti rigidi senza alcuna deformazione.

                        Figura 9 – Set up Prova con markers evidenziati

2.2 Reference image

La prima operazione da eseguire è la scelta dell’immagine di riferimento, rispetto alla
quale il software calcolerà gli spostamenti; questa corrisponde generalmente alla
fotografia precedente all’inizio della prova, e può essere caricata o attraverso l’interfaccia
di Ncorr o tramite il terminale di Matlab. L’immagine di riferimento una volta caricata
appare nella finestra sinistra dell’interfaccia di Ncorr come mostrato in figura.
Figura 10 – Scelta Reference Image

2.3 Current images

Nel passaggio successivo vengono caricate le immagini correnti. Queste possono essere
più di una e devono essere rinominate in modo tale che il programma possa ordinarle in
sequenza. La sintassi da utilizzare è “nome_#.ext”, dove # è il numero associato
all’immagine e ext è l’estensione del file. Le immagini correnti caricate appariranno sulla
finestra destra dell’interfaccia di Ncorr, ed è possibile scorrerle attraverso dei pulsanti per
assicurarsi il corretto ordine di inserimento.

                                   Figura 11 – Current images
2.4 Regione di interesse

La regione di interesse (ROI) definisce la porzione dell’immagine che viene analizzata dal
software. Questa è un’immagine che deve avere le stesse dimensioni delle immagini
utilizzate per le analisi ed è composta da parti bianche (incluse nella roi) e parti nere
(escluse dalla roi). La Regione di interesse può essere disegnata direttamente tramite
l’interfaccia Ncorr che permette sulla base di immagine di aggiungere o sottrarre figure
geometriche elementari. Alternativamente si possono utilizzare software esterni per creare
la roi con maggior precisione e dettaglio che potrà poi essere caricata su Ncorr.

Nella definizione della Roi è necessario prestare attenzione che i punti che ne sono
compresi nella reference image continuino a esserlo in tutte le current images. Per
rispettare questa condizione nella pratica è utile sovrapporre la roi a tutte le immagini
correnti. Nel caso in esame è stata scelta una roi composta da una regione rettangolare
comprendente i due markers in ognuna delle current images.

                          Figura 12 – Selezione Regione di Interesse
Figura 13 – Disegno Regione di interesse

Sono stati effettuate anche delle analisi utilizzando due regioni di interesse separate: una
comprendente soli il marker di sinistra e una comprendente solo il marker di destre. I
risultati dell’analisi sono risultati coincidenti con quelli ottenuti con un'unica roi, con tempi
computazionali però più elevati.

2.5 DIC Parameters

In questa fase bisogna impostare i parametri relativi al subset. Ncorr permette di
modificare il “Subset Radius” ed il “Subset Spacing”.

All’aumentare del raggio vengono compresi un numero più alto di pixels all’interno del
subset che quindi è caratterizzato da maggiori informazioni per la sua identificazione.
Quindi tanto più grande sarà lo spacing, tanto minore sarà il numero dei punti per quali
vengono effettuati i calcoli a vantaggio dell’onere computazionale ma a svantaggio della
precisone dei risultati.

Durante il settaggio Ncorr permette di visualizzare interattivamente il subset. Un punto di
riferimento verde viene posizionato nella finestra denominata “subset location”. Questo
punto verde rappresenta il centro del sub-set mostrato nella finestra a destra, nella quale
viene visualizzato il subset spacing.
Figura 14 – Settaggio parametri DIC

Il multithreading options permette la possibilità di aumentare la velocità computazionale
aumentando il numero dei cores dedicati al calcolo.

In questa fase viene selezionata le regioni da analizzare nel caso la regione di interesse
sia composta da più regioni non contigue.

Selezionando l’opzione “High Strain Analysis”, il software aggiornerà l’immagine di
refirmento che non rimarrà la stessa per tutta la durata dell’analisi, ma verrà aggiornata
con delle immagini correnti.

2.6 Select Region

In questa fase vengono selezionate le regioni da analizzare nel caso la roi sia formata da
più regioni distinte. Nel caso della mia applicazione la roi è costituita da una sola regione.
Figura 15 – Selezione Regione

                                  Figura 16 – Selezione Seeds

I seeds sono dei punti da posizinare all’interno di ciascuna regione da analizzare. Questi
hanno principalmene 3 funzioni:

   1. Forniscono le ipotesi iniziali per l’analisi; è necessario che il seed sia posizionato in
      modo tale che, nel caso di spostamento, non vada al di fuori della Roi. Nel caso
contrario, se va fuori dal campo di vista, l’analisi non va a buon fine e l’errore
       risultante è nella figura seguente.

   2. Permettono il calcolo in parallelo ogni partizione della ROI per thread diversi da
       uno. In funzione di come vengono posizionati i seeds si delimitano le aree di
       suddivisione della ROI, è opportuno per ottenere dei buoni risultati posizionarli in
       modo tale da eguagliare le aree di suddivisione, facendo riferimento al precedente
       punto.

   3. Nel caso di abilitazione di High Strain Analysis, ossia analisi su zone ad alta
       deformazione, il seed deve essere posizionato sulla zona ad alta deformazione in
       quanto l’immagine di riferimento si aggiorna in base al coefficiente di correlazione,
       ed in base al numero di iterazioni per la convergenza dei punti seed tra l’immagine
       di riferimento e le immagini con il corpo deformato.

Definiti i seeds nell’immagine di riferimento inizia il processing di questi in tutte le altre
immagini per poi proseguire con il confronto, l’analisi e valutazione delle deformazioni.

Il processo di correlazione delle immagini viene eseguito sui pixel; per ottenere un valore
estensivo degli spostamenti è necessario indicare il legame tra pixels e millimetri. Questa
operazione si può effettuare inserendo direttamente il coefficiente di trasformazione se
noto, oppure tramite l’interfaccia del software è possibile disegnare su un immagine una
linea in corrispondenza di un oggetto di cui si conoscono le reali dimensioni. Nel caso in
esame è stata adoperata la seconda metodologia, conoscendo lo spessore della volta
(55mm) è stato utilizzato questo come riferimento (Figura 17).

                                            Figura 17

2.7 Risultati dell’analisi

Una volta terminata l’analisi e formattati gli spostamenti è possibile visualizzare a video gli
spostamenti orizzontali e verticali per ogni immagine analizzata. Di seguito sono riportati
gli spostamenti orizzontali e verticali relativi all’ultima immagine (fine prova).
Figura 18 – Plot Spostamenti verticali

Figura 19 – Plot Spostamenti orizzontali
Si può osservare graficamente come i due markers abbiano subito quasi gli stessi
spostamenti (stessa colorazione) che alla fine della prova sono risultati di circa 13 cm
verso il basso e di pochi millimetri verso sinistra.

Spostandosi con il cursore sulla porzione di immagine analizzata è possibile visualizzare a
video le coordinate del punto di calcolo e lo spostamento che ha subito nell’immagine
corrente(Figura 20).

                                            Figura 20

Terminata l’analisi viene prodotto un file matlab con tutte le informazioni e i risultati
dell’analisi. All’interno del file sono presenti diverse sottomatrici che riportano i dati relativi
a spostamenti e deformazioni per ognuna delle immagini correnti analizzate.

La dimensione delle matrici dipendono dal numero di punti di calcolo utilizzati nell’analisi,
che a loro volta sono funzione delle dimensioni della roi e dal subspacing utilizzato.

Nel caso analizzato ogni matrice ha dimensioni 192x287. Nelle matrici i valori di
spostamenti e deformazioni sono riportati sia sulle coordinate dell’immagine di riferimento,
sia sulle coordinate delle varie immagini correnti.
Per la mia applicazione sono andato ad estrarre gli spostamenti orizzontali e verticali (u
and v displacement formatte reference image), per ognuna delle 139 immagini utilizzate, di
due punti, uno interno al markers di sinistra (coordinate 67-177) e un altro interno al
markers di destra (coordinate 66-196). Essendo i markers rigidi e soggetti a soli moti
traslatori è stata indifferente la scelta dei punti, purché interna ai markers.

Una volta estratti i dati sono andato a riportare graficamente con l’ausilio del software
matlab i risultati riportando in ascissa lo spostamento e in ordinata il numero dell’immagine
corrente.

Dai grafici è possibile notare i cicli di applicazione del carico.

                      12
                                                                            udispdx
                                                                            udispsx
                      10

                      8

                      6
             u (mm)

                      4

                      2

                      0

                      -2

                      -4
                           0   20       40       60       80      100     120         140
                                                   #image

                                    Figura 21 - Spostamenti Orizzontali
140
                                                                  vdispdx
                                                                  vdispsx
             120

             100

              80
    v (mm)

              60

              40

              20

               0
                   0   20      40       60       80       100   120         140
                                          #image

                            Figura 22 - Spostamenti Verticali


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