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Favole
sotto l'albero

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Indice

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Pag.08/10-La piuma- Veronica Campana

Pag 11/13- Un regalo di Natale speciale-
Roy Grande

Pag. 14/17- Il senso vero nel Natale-
Valeria Checchi

Pag. 18/21- Il fiore più bello- Marco Messina

Pag. 22/25- La luce del mondo- Chiara Cianci

Pag. 26/29- Babbo natale e il mistero svelato-
Angy C. Argent

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La piuma
Veronica Campana

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Dirvi non so in quale casa siamo, in quale via o epoca ci
troviamo. Immaginatelo voi, volate con la vostra fantasia...
Bastava poco a Clarissa per divertirsi: un cappello e una piuma.
Il grande cappello color arancio era un regalo della zia che
abitava lontano e aveva delle margherite blu cucite sul davanti,
insolite da trovare in natura – pensava tra sé la bambina mentre le
osservava – che le andavano a finire proprio sulla fronte; la stoffa
in seta lo impreziosiva ancora di più e quando lo indossava si
sentiva una vera principessa! Entrava nella sua camera, che per
l'occasione diventava il sontuoso salotto di sua madre, la Regina,
e lì parlava, rideva, stringeva mani di persone importanti e
insieme a loro beveva il tè. Ma ciò a cui teneva di più era la
piuma, la bianca e leggiadra piuma, che le solleticava la mente.
Non era un dono, la trovò lei stessa in un giorno di pioggia
mentre ritornava a casa dopo aver salutato i compagni di scuola
per le vacanze di Natale. La prese in mano e si diffuse in lei un
senso di tranquillità mai provato prima, poi la mise in tasca e con
essa fantasticava di volteggiare in aria come la neve che adesso
scendeva lenta sui decori appena appesi. Come non notare quella
sua gioia in volto. L'indomani sarebbe stato Natale; Clarissa
rimase sveglia per quasi tutta la notte e prima di addormentarsi
vide, alta nel cielo, una stella cadere all’improvviso e capì ciò
che voleva diventare: una ballerina che volteggiava sui migliori
palcoscenici danzando le più famose canzoni di sempre. Quello
era il suo sogno!
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Tutti sappiamo che Natale è la notte delle magie, quella in cui i
cuori si aprono e i sorrisi affiorano stupefatti sulle labbra dei
grandi. I più piccoli sanno anche che i desideri vengono ascoltati
da un uomo grande e grosso, ma buono, che veste di rosso, porta
stivali neri e fa il solletico con la sua bianca barba.
Forse, quella notte, anche quell'uomo stava osservando le stelle
brillare proprio nel momento in cui la bambina della nostra storia
apriva il suo cuore guardando l'infinito.

Chissà se il sogno di Clarissa si sarebbe avverato nel tempo...

Cari lettori, grandi e piccini, quando vedrete una ballerina esile
volare come una piuma ricordatevi che i sogni non invecchiano
mai.

                                  10
Un regalo di Natale speciale
         Roy Grande

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«Forza pelandroni, datevi da fare», urlò scherzosamente Babbo
Natale, «la tecnologia e la vita comoda vi hanno reso delle
pappemolli! Dobbiamo ancora caricare tutti quei pacchi sulle
slitte e distribuirli prima che sorga il sole.»
Era la vigilia di Natale e quell’anno c’erano più bambini del
solito a cui portare regali; tutti gli elfi erano allegramente
indaffarati ad aiutare l’anziano signore con la barba bianca
vestito di rosso, mentre un manto di candidi fiocchi scendeva giù
dal cielo.
Avevano preparato i doni mettendo, insieme ai giocattoli, anche
del cibo, vestiti e medicinali. Quell’idea originale era venuta a
uno degli elfi e aveva subito contagiato tutti: «Un bimbo che ha
fame o freddo oppure è malato non ha certo voglia di giocare»
diceva agli altri. Così, di comune accordo, avevano deciso di
preparare quei regali speciali che avrebbero distribuito ai meno
fortunati.
Intanto le operazioni di carico erano terminate e una miriade di
slitte, schierata in bell’ordine come il più glorioso degli eserciti,
era pronta a partire. Le renne scalpitavano e il loro respiro, a
contatto con l’aria fredda e frizzantina, si trasformava in sbuffi di
fumo bianco, come quelli di una vecchia locomotiva a vapore.
«Siete pronti?» chiese Babbo Natale dalla prima linea.
«Sì, siamo pronti!» risposero tutti all’unisono.

                                  12
«Allora via!» e scoccando in aria un colpo di frusta il nonnetto
dalla lunga barba diede inizio alla gioiosa marcia del convoglio,
tra campanelle tintinnanti e un allegro vocio.
Salirono in alto, fin sopra le nubi, dove splende sempre il sole.
Le slitte scivolavano festosamente sulle soffici nuvole mentre gli
elfi lanciavano le strenne su tutto il mondo.
Nel giro di poche ore ogni pargolo ricevette il suo speciale regalo
di Natale: venne vestito, sfamato e curato e finalmente poté
giocare con tanti balocchi. «Missione compiuta», esclamò Babbo
Natale aggiungendo: «forza, in posa per la foto di gruppo.»
I piccoli aiutanti sorrisero soddisfatti, le renne bramirono e uno
scatto immortalò quel magico momento.
Intanto nasceva un Bambino.
Il Natale era arrivato.

                                13
Il senso vero del Natale
     Valeria Checchi

           14
Correva l'anno zero, nel mese del Signore.
Tutta la città di Betlemme si preparava ad accogliere con gioia la
venuta del Messia, addobbando le case di lanterne e ingrassando
le bestie in vista del grande banchetto che si sarebbe tenuto in
segno di gratitudine a Dio.
In mezzo a questo clima di festa, un giovane pastore se ne andava
in giro con le sue greggi volgendo ogni notte lo sguardo alle
stelle e chiedendo pietà perché era solo un povero pastorello
senza famiglia e senza quattrini, e non aveva davvero nulla da
regalare al Nostro Signore.
Ogni giorno all'alba si destava per recarsi alla fonte, cogliere i
fiori più belli e darli in omaggio al nascituro.
Ma le anziane del villaggio lo ammonivano, dicevano che quei
fiorellini, seppur bellissimi, non erano un dono adeguato per il
figlio di Dio: Egli aveva creato la Terra, poteva ornare suo figlio
di mille e mille fiori anche più belli, se solo avesse voluto.
Il pastorello cominciò allora a ingrassare le pecore magre per
sacrificarle a Gesù nascituro. I ragazzi del villaggio lo derisero
perché il figlio di Davide avrebbe potuto sfamarsi con ogni bestia
della Giudea e dell'intero creato.
Il giovane pastore, sentendosi scoraggiato, si rivolse un'ennesima
volta al cielo domandando un aiuto a Dio Onnipotente.

                                 15
Una sera, mentre rientrava dai pascoli, un vecchio zoppicante gli
si avvicinò stringendo fra le mani callose uno straccio imbrattato
di sangue: era il suo scialle, una fiera feroce lo aveva aggredito
ferendolo e distruggendo la sua capanna.
«Aiutami, ti prego», disse, «sono un povero vagabondo rimasto
senza un riparo e ora che cala la notte certamente morirò di
freddo e stenti.» Senza pensarci su il giovane offrì all'uomo per
quella notte il suo rifugio al villaggio, la casetta di legno e pietra
che gli aveva lasciato la nonna prima di morire. Rimasto ormai
senza più un posto dove dormire, il pastorello ricavò un angolino
per sé nella stalla di un mercante e si addormentò. Quando tornò
a casa, verso l’alba, l'uomo era sparito, al suo posto vi era un
sacchetto di denari. Sorpreso e felice il ragazzo si preparò per
un'altra giornata sui monti, con le sue pecore.
Lungo il tragitto nei boschi improvvisamente vide un cerbiatto
ferito disteso accanto al corpo della sua mamma, in mezzo ai
cespugli. Impietosito si avvicinò e pensò che se non lo avesse
salvato sicuramente sarebbe stato ucciso da un cacciatore; allora
lo caricò sulle sue spalle e proseguì fino ai pascoli dove, sfinito,
si accasciò addormentandosi.
Al risveglio era già quasi ora di pranzo e il ragazzo cercò una
pecora per succhiare del latte, ma volgendo lo sguardo lì dove
qualche momento prima aveva lasciato il cerbiatto ferito, con sua
grandissima meraviglia trovò invece un sacchetto colmo di
viveri.
                                 16
Il pastorello mangiò avidamente e proseguì la giornata
ringraziando Dio.
Venne la notte Santa: il giovane pastore ancora non aveva con sé
l'omaggio da offrire al bambino Gesù e per questo soffriva e si
disperava.
Un Angelo del Signore udì i suoi lamenti e mandò una cometa
per indicargli la strada verso la mangiatoia, rassicurandolo.
Il pastorello seguì fiducioso la luce della stella e quando giunse
alla mangiatoia e vide il bambino esultò e ringraziò Dio, poiché
aveva accolto le sue preghiere!
Ed ecco, infine, il Messia: Egli non chiede alcun dono se non la
nostra pace, il nostro perdono, la compassione per il più debole e
la misericordia.
Egli venne al mondo nella carne come quel vecchio vagabondo e
quel piccolo cerbiatto ferito: sì, Egli venne esattamente per
questo, per il nostro eterno Amore.

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi»

(dal Vangelo secondo Giovanni, I, 14).
                                  17
Il fiore più bello
  Marco Messina

        18
Adorava giugno. Nella terra dove era cresciuto era il periodo in
cui lui e i suoi fratelli soffioni si ergevano alti nei campi e
vedevano gli uomini affaticarsi nel raccogliere le spighe di grano,
dorate e mature, mentre le donne portavano via in fastelli gli steli
legati tra loro. Ma quello che Lino amava profondamente erano i
bambini. Li sentiva arrivare da lontano, con le loro grida di gioia,
mentre passavano con entusiasmo da un gioco all’altro, correndo
a perdifiato per le colline e gettandosi esausti sull’erba, con
sorrisi indimenticabili.
Ogni tanto si fermavano e, lo si capiva dal fatto che chiudevano
gli occhi e muovevano le labbra in un sussurro, esprimevano un
desiderio. Poi strappavano un soffione e ne spargevano i semi
ovunque. Questo era, curiosamente, una tragedia e una speranza
al tempo stesso. Il fiore reciso era condannato a morire, ma era
felice di aver raggiunto i suoi traguardi, cioè far contenti i bimbi
e spargere i propri semi al vento, sperando in un domani che non
avrebbe mai visto.
Lino pensava: “Chissà come mi sentirò quando arriverà il mio
momento...”
Anche lui aveva un desiderio: vedere il fiore più bello del mondo
prima di morire. Sentiva misteriosamente che solo così sarebbe
stato davvero felice e pronto a passare a un’altra vita, magari
diventando humus per altri fiori, mentre si fondeva con la terra
da cui era nato.
Ma un giorno la situazione precipitò in modo inaspettato.
                                19
L’ultima parte dei campi di grano da mietere era proprio vicino a
Lino e un contadino un po’ inesperto con la falce diede un colpo
troppo ampio, recidendo lui e altri suoi amici fiori.
Non se lo aspettava, non così almeno. Senza poter dare gioia a un
piccolo fanciullo, senza vedere i propri semi librarsi avventurosi
verso il sole per portare nuova vita e bellezza alla terra.
Era triste e sentiva venir meno lentamente le sue forze.
Tuttavia si alzò una brezza leggera che lo sollevò pian piano in
alto e lo fece atterrare su una strana collina di tessuto, dove si
impigliò abbastanza saldamente. Capì dopo poco che era il
grembo di una donna incinta. Era bellissima, di uno splendore
che non aveva mai visto in nessuna creatura umana.
Il suo viso sembrava emanare luce, anche se si piegava ogni tanto
su se stessa e faceva una smorfia di dolore quasi soffocata in un
meraviglioso sorriso. La sua pancia era grossa e si capiva che era
prossima a partorire. Era già iniziato il suo travaglio e, di tanto in
tanto, lanciava un gemito.
Lino non capiva come mai, ma si sentiva incredibilmente meglio.
Pensò fosse dovuto al suo ultimo sforzo di restare attaccato alla
vita o al desiderio di rimanere ancora un po’ con quella signora.
L’uomo che l’accompagnava era robusto e di bell’aspetto, si
intuiva che fosse un gran lavoratore dalle sue mani forti e segnate
da calli. Aveva uno sguardo puro e semplice, che trasmetteva
bontà.

                                 20
Nonostante si desse un gran da fare, e con sempre maggior
concitazione, per trovare un posto dove far nascere suo figlio,
non riuscì a ottenere che una stalla: con un po’ di fieno asciutto
fece un giaciglio per la moglie, che ormai era in preda alle doglie
e gridava di dolore.
E allora il fiorellino scivolò e finì in mezzo alla paglia.
All’improvviso il silenzio della notte fu rotto dal pianto di un
bimbo. Lino lo guardò: era il fiore più bello che avesse mai visto.
Si sentì immensamente felice e sorridendo chiuse gli occhi.
Davanti a quella grotta, ogni estate, compaiono tantissimi
soffioni. Sono tutti bellissimi e rivolti verso l’interno di quella
cavità naturale, come se cercassero qualcosa. O ricordassero
Qualcuno.
Auguri, Gesù!

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La luce del mondo
   Chiara Cianci

        22
«Manca molto, mamma?»
Milly, un piccolo agnello di due mesi, non era abituata a
camminare così tanto; solitamente il padrone conduceva il gregge
in grandi spazi verdi recintati, non era mai capitato che lo
portasse altrove.
«No, piccola mia, abbi un altro po' di pazienza», le rispose
mamma pecora, «dobbiamo fidarci del nostro padrone e
seguirlo.»
Milly abbassò la testa, le zampine iniziavano a farle male;
nonostante tutto, però, decise di obbedire e di non lamentarsi più.
Il sole intanto stava ormai per tramontare, ma nessuno sapeva che
di lì a poco ne sarebbe sorto uno nuovo.
Calate le prime luci della sera, e dopo quasi un'ora di cammino, il
pastore incitò le pecore a fermarsi vicino a una vecchia stalla. Era
buia e fredda, eppure una luce molto forte filtrava dal suo
interno; mossa dalla curiosità, Milly si diresse verso quel
bagliore.
«Dove stai andando?», urlò mamma pecora, «Non possiamo
allontanarci da qui! Il padrone non sarà contento se disubbidisci
ai suoi ordini! Torna subito indietro e rimani vicino a me!»
Verso mezzanotte, un improvviso vagito destò la piccola Milly
dal suo sonno; non sapendo di cosa si trattasse iniziò a guardarsi
intorno intimorita: sua madre dormiva profondamente e così
anche il resto del gregge.

                                23
Guardando poi verso la stalla notò che il raggio di luce visto
poco prima si era fatto più intenso, sembrava quasi un invito a
entrare. La curiosità, stavolta, prese il sopravvento. «Basta,
voglio capire che cosa c’è lì dentro!»
Così, quatta quatta e senza farsi scoprire, la piccola si allontanò
dal gregge.
All'interno della stalla c'era del fieno sparso ovunque, due piccole
lanterne e un uomo e una donna con in braccio un pargoletto.
“… ma da dove proviene quella luce accecante?” si chiese Milly,
alquanto confusa. Avvolti nell'ombra vi erano anche un bue e un
asinello intenti a riscaldare una culla fatta di paglia ed erba.
«Scusa il disturbo», disse Milly rivolgendosi al bue, «ero fuori
col mio gregge quando ho notato una fortissima luce provenire
da qui; eppure non vi sono che due misere lanterne! Com'è
possibile?»
«Piccola», le rispose il bue, «la luce che hai visto non proviene
da una candela, né da un grande falò e neppure dal sole o dalla
luna. Vedi il bambino che quella donna stringe al seno? Egli è la
luce del mondo1, e quel raggio di sole proviene proprio da lui.»
«Parli sul serio? Non ho mai visto una cosa del genere!»
«Infatti», aggiunse il vecchio bue, «non esistono e mai
esisteranno altri bambini così: lui è l'Emmanuele, il 'Dio con
noi'2, il Sole di giustizia3 che non tramonta mai.»

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1Riferimento al Vangelo di Giovanni (1,9), (8,12), (9,5), (12,35), (12,36), (12,46).
2Riferimento al Vangelo di Matteo (1,23).
3Riferimento al profeta Malachia (3,20).
Mentre la piccola Milly cercava di dare un senso a quelle parole
così misteriose, con la coda dell'occhio vide entrare nella stalla il
padrone con la sua famiglia; temendo fossero venuti per lei,
iniziò a tremare dalla paura. Questi però inaspettatamente si
inginocchiarono al cospetto di quel bambino radioso, in segno di
riverenza.
Improvvisamente qualcuno gridò stupito: «Guardate lassù!»,
indicando nel cielo una stella maestosa che, per incanto, era
apparsa sopra di loro come a indicare l’avvento di un grande
prodigio.
I pastori, alla vista di quello spettacolo, furono investiti da una
gioia immensa e iniziarono a cantare lodi e ringraziamenti al loro
Dio.
Intanto, in lontananza, tre uomini dall'Oriente si avvicinavano in
groppa ai loro cammelli stringendo al petto i doni destinati a quel
Re divino, che per il mondo si era fatto bambino.

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Babbo Natale e il mistero svelato
          Angy C. Argent

                26
Per Sofia le vacanze di Natale sono il periodo più bello dell'anno:
addobba l'albero con i suoi genitori; la mamma prepara i suoi
dolci preferiti e la notte della vigilia le è permesso di rimanere
sveglia fino alle dieci di sera!
Il salone di casa è illuminato da file di lucine che corrono lungo i
muri, attraversano porte, incorniciano quadri e rendono il camino
simile a un'astronave pronta alla partenza. Invece, è proprio da
quello stretto pertugio che arriverà Babbo Natale. Forse.
Sofia, dall'alto dei suoi otto anni, si domanda come farà quel
piccolo e grasso omino, insieme a un grosso sacco di regali, a
passare attraverso la canna fumaria.
Lei e alcune compagne di scuola lo domandano alla maestra che
risponde: «Non tutte le case, nei tempi moderni, hanno un
camino. Quindi, credo che Babbo Natale abbia cambiato metodo
di consegna.»
Sofia rimane sbalordita da questa informazione. Perché non ci ha
pensato da sola che ai tempi di oggi poche case hanno il camino?
Eppure lo aveva anche studiato. Anche a casa sua non ha mai
trovato il tappeto sporco di fuliggine o un segno che l'anziano
barbuto fosse passato da lì. Babbo Natale aveva davvero trovato
un modo alternativo per consegnare i regali? Quale poteva
essere? Dalla porta no, dovrebbe avere le chiavi e lei sa che non
si devono dare a nessuno; da una finestra, è possibile ma solo con
la complicità di un familiare che la lasci aperta prima di coricarsi
però i genitori, come i bambini, non conoscono Babbo Natale.
                                   27
Sofia decide che la notte della vigilia avrebbe pattugliato la casa
e si prepara al grande evento: calzettoni di lana spessa per stare al
caldo e non fare rumore; la pila da campeggio che le ha regalato
il nonno.
Finalmente arriva il 24 sera. Sofia fa finta di andare a letto.
Reprime uno sbadiglio e poi va alla finestra, dalla quale si vede
la neve cadere in grossi fiocchi. Sofia pensa che se qualcuno
arrivasse dalla strada principale ed entrasse in giardino lei lo
vedrebbe di certo. E se passasse dal retro? Non può rischiare.
Apre piano la porta. Dalla stanza dei suoi non esce nessuna luce
né alcun rumore. Scende le scale di legno che portano nel salone.
I rami degli alberi mossi dal vento creano strane ombre riflesse
dalle finestre. Sofia deglutisce e trattiene il respiro. Non deve
farsi prendere dal panico. Il pavimento scricchiola così forte,
come mai non se ne era mai accorta? Ecco! Un rumore... la porta
sul retro, quella che conduce in cucina si è aperta. Sofia corre a
nascondersi dietro al divano, spegne la pila e si mette una mano
davanti alla bocca per non urlare. Per fortuna le luci delle
decorazioni e il bagliore della neve riflesso sui vetri le
permettono di riuscire a vedere qualcosa. Stando attenta a non
farsi scorgere sporge il viso oltre lo schienale del divano per
vedere chi è entrato: una figura indistinta avanza dall'ingresso
con un grosso sacco sulle spalle. È Babbo Natale! Ma la figura è
più alta e snella. L'uomo si toglie i guanti e il berretto e Sofia
nota che ha i capelli sale e pepe come quelli del nonno.
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Lo scruta con più interesse, la paura ha lasciato il posto alla
curiosità: ha le gambe arcuate, un po' di gobba sulla schiena, le
mani grandi. Non è possibile che assomigli così tanto a suo
nonno. L'uomo ha finito di disporre i regali sotto l'albero e veloce
se ne va.
Sofia, perplessa, rimane tutta la notte a pensare e la mattina dopo
è raggiante: ha capito tutto! Babbo natale entra dal retro delle
case perché ha sempre avuto le chiavi. Lui visita le stesse case,
anno dopo anno, secolo dopo secolo. Assume perfino l'aspetto dei
nonni dei bambini che va a trovare così se venisse scoperto
nessuno potrebbe risalire alla sua vera identità.

                                29
FINE
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