TO FIGHT CLIMATIC CHANGE - Balouo Salo

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TO FIGHT CLIMATIC CHANGE

                                               PROGETTO
                  TO FIGHT CLIMATIC CHANGE
  Una nuova foresta per la lotta alla desertificazione e ai cambiamenti climatici
                                  By Balouo Salo

Località: Arrondissement de Simbandi Brassou
Inizio progetto: 2020
Il nostro supporto: Piantumazione di una nuova foresta di baobab, eucalipto e palme
Progetto ambientale: Raoul Vecchio
Donatori: 5x1000, Kaira looro
Collaborazioni internazionali: Jamm Senegal, Sottoprefettura di Simbandi Brassou

                                    Associazione Balouo Salo ONLUS
                              IL NOSTRO OBIETTIVO: RISOLVERE EMERGENZE UMANITARIE

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Legenda

Introduzione
Premessa
Area di intervento e problematiche dal globale al locale
       Sahel
       Senegal
       Sedhiou
       Tanaff Bolong
       Conseguenze locali dei cambiamenti climatici
Cambiamenti Climatici (ER Service)
       Earth’s Temperature is a Balancing Act
       The greenhouse effect causes the atmosphere to retain heat
       Alterations to the Natural Greenhouse Effect
       Birds, Mosquitoes, and Fire Ants
       Impacts of Change in the Arctic and the Antarctic
       The Oceans’ Response
       Global Impacts of Climate Change
       Climate change affects everyone
Distorted maps
       Carbon Dioxide Emissions 2015
       CO₂ Emissions per capita 2016
       Drought Deaths 2000-2017
       Forest lost
       Killed by Extreme Temperature

Agenda 2030 - Sustainable Development Goals e altri riferimenti internazionali
       Obiettivo 13. Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico*
       Obiettivo 14. Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine
       per uno sviluppo sostenibile
       Obiettivo 15. Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre,
       gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il
       degrado del terreno e fermare la perdita di diversità biologica
Protocollo di Kyoto
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
Specie Arboree da piantumare
Progetto del parco
Impatto ambientale
Impatto sociale e sensibilizzazione
Conclusioni
Bibliografia

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Introduzione

I cambiamenti climatici stanno lentamente distruggendo il nostro pianeta trasformandolo in un luogo
invivibile. L’umanità rischia la sopravvivenza in circa 100 anni se non vengono prese misure concrete
e urgenti. Le grandi orgnizzazione internazionali e i governi prendono accordi globali come il
protocollo di Kyoto, ma anche localmente le comunità devono adottarsi per attuare strategie di
rqualificazione e protezione dell’ambiente. Il progetto “To Fight Climate Change” nasce con l’idea
di creare una nuova foresta da destinare a parco, in una zona del sud del Senegal che soffre le
conseguenze dei cambiamenti climatici, con l’obiettivo di favorire un maggior assorbimento di CO2,
un miglior raffrescamento, una risalita della falda e la preservazione di un microclima essenziale per
la sopravvivenza. Il presente testo illustra scientificamente i cambiamenti climatici e le sue
conseguenze e entra nel dettaglio del progetto di piantumazione della nuova foresta analizzando le
sue ricadute ambientali e sociali. Il progetto prevede inoltre il coinvolgimento delle comunità per
creare una consapevolezza nei confronti dei cambiamenti climatici anche attraverso il coinvolgimento
delle scuole e dei bambini.

Premessa

Da oltre 50 anni si parla di cambiamenti climatici e di come questi siano direttamente e indirettamente
influenzati delle azioni dell’uomo. Effettivamente la principale causa di emissione di CO2 sono le
attività antropiche, tanto che la concentrazione è passata da 280 parti per milione nell’epoca
preindustriale alle 440 ppm del 2017 .
Secondo i dati del WMO (Organizzazione metereologica mondiale) la temperatura media del 2016 è
stata di 1,1° in più sempre rispetto all’epoca precedente alla rivoluzione industriale (1880); siamo
vicini a quei +2° che gli scienziati definiscono il punto di non ritorno, oltre i quali dobbiamo aspettarci
risvolti catastrofici.
Gli effetti più tangibili e devastanti dei cambiamenti climatici sono di seguito elencati e hanno già da
una ventina di anni iniziato a lasciare macchie indelebili nelle comunità, avvertendo la società sulla
gravità della situazione e sulla necessità di adottare misure globali di prevenzione.
Tra le più gravi conseguenze:

AUMENTO DELLE TEMPERATURE
Con la colonnina di mercurio spesso sopra i 40°, il 2017 ha battuto tutti i record, diventando l’anno
più torrido dal 1800 a oggi, come annunciato dal WMO. Sappiamo che si muore di freddo, ma anche
il caldo non scherza: la famosa ondata del 2003 causò, nella sola Europa, 70.000 decessi (dati OMS).
Un recente studio pubblicato su “Nature Climate change” analizza i rischi dovuti all’ipertermia,
evidenziando come siano aumentati dagli anni ’80: anche se riducessimo subito le emissioni di CO2,
entro il 2100 il 48% della popolazione mondiale sarebbe comunque in pericolo.

INNALZAMENTO DEI MARI
L’aumento delle temperature si fa sentire ancora di più ai poli, dove i ghiacci e le banchise si stanno
sciogliendo, con conseguenze sul livello degli oceani: aumentano a una velocità doppia rispetto agli

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anni ’90. Secondo gli esperti, nella migliore delle ipotesi dobbiamo aspettarci un metro in più entro
fine secolo.
.
ESTINZIONE DI SPECIE VEGETALI E ANIMALI
A cominciare dallo scioglimento dei ghiacci, che mette in pericolo orsi polari (si stima che ne
spariranno i due terzi entro il 2050) e pinguini (dalle 32.000 coppie riproduttive presenti 30 anni fa,
siamo passati alle 11.000 attuali), sono a rischio estinzione 1 specie su 6.
Secondo i ricercatori stiamo vivendo e causando la sesta estinzione di massa, la prima causata da una
specie vivente; la cosa preoccupante non è solo il numero delle specie estinte, ma il calo dei soggetti
che formano ogni specie: il numero di esemplari sul pianeta si è già dimezzato.

ACIDIFICAZIONE DEGLI OCEANI
Circa un quarto della CO2 emessa in atmosfera finisce negli oceani, contribuendo a modificarne il
PH: dall’inizio dell’era industriale, l’acidità è aumentata del 26%, con gravi conseguenze per
l’ecosistema marino. Le barriere coralline, ad esempio: già a forte rischio estinzione (il 35% dei
coralli sono morti o stanno morendo), secondo gli scienziati potremmo perderle entro il 2050. In
pericolo anche plancton, crostacei e molluschi, e poi a cascata l’intera catena alimentare; i danni sono
più prossimi di quanto crediamo: se una volta gli esperti parlavano di secoli, ora si sono corretti in
“decine di anni”.

URAGANI E TEMPESTE
Gli ultimi anni sono stati tempestati da uragani di enorme intensità e frequenza
Secondo le previsioni, i cambiamenti climatici porteranno a fenomeni metereologici sempre più
estremi, sia in termini di frequenza che di intensità; nei prossimi anni dobbiamo aspettarci cicloni e
tempeste tropicali con un potenziale distruttivo maggiore.

DESERTIFICAZIONE
L’altra faccia della medaglia è la siccità. Nel mese di ottobre si sono registrare il 79% in meno di
precipitazioni rispetto alla media, che si va ad aggiungere alle crisi idriche di quest’estate.
Secondo i dati del WWF, entro il 2030 questo fenomeno costringerà a migrare 700 milioni di persone.

CALO DELLE RISORSE DI ACQUA DOLCE
Una delle conseguenze più sottovalutate è la minor disponibilità di acqua dolce, strettamente collegata
alla riduzione delle piogge. Sommata all’evaporazione per le alte temperature e i continui prelievi dai
bacini idrici, ha fatto sì che negli anni tra il 1948 e il 2004 si sia verificato un calo in almeno un terzo
dei fiumi più importanti del mondo. Se non smettiamo di sfruttare le risorse e le temperature
continuano ad aumentare, secondo l’ONU nel 2030 avremo già esaurito il 40% dell’acqua dolce sul
pianeta.

MIGRAZIONI DI MASSA
Le specie animali e le piante sono costrette a spostarsi, con delle vere e proprie migrazioni, in cerca
di climi adeguati; così sono costrette a fare anche le persone, se messe alle strette da disastri naturali
ed esaurimento delle risorse. I rifugiati climatici rappresentano il 10-15% di tutti i migranti, milioni
di persone (24,2 solo nel 2016) che lottano per la sopravvivenza con altre nelle medesime condizioni,
scatenando spesso conflitti e guerre.

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DIFFUSIONE DI MALATTIE
Anche batteri e virus imparano ad adattarsi, specie se trovano un clima favorevole. L’aumento delle
temperature ha permesso il diffondersi di malattie tipiche delle zone tropicali, come malaria, colera e
febbre dengue.

DANNI ECONOMICI
I fenomeni meteorologici estremi, tra il 1980 e il 2016, hanno causato perdite economiche pari a 433
miliardi, tra inondazioni, tempeste e siccità; tra i 28 stati della UE, quello che ha subito più danni è
l’Italia.

Tale breve introduzione sui cambiamenti climatici, che verrà più dettagliatamente discussa di seguito,
invita all’allarmismo, e tutto le componenti della società a prendere azioni concrete per la
salvaguardia del nostro pianeta nonché della vita dell’essere umano. Come brevemente suddetto un
mondo che si agginge a diventare invivibile non farà altro che divenire solo un immenso deserto senza
esseri viventi. Come verrà ampiamente indagato nel proseguo delle pagine di questo progetto esistono
misure globali come quelle definite dal protocollo di Kyoto, ma che tuttavia necessitano di un
supporto locale che parta dalle comunità rurali e specialmente quelle dei paesi in via di sviluppo che
contengono il più alto tasso di crescita demografica e di percentuale infantile. La sensibilizzazione e
la crescita delle comunità nel segno della sostenibilità è il secreto per la strutturazione di una
consapevolezza necessaria alla tutela del nostro pianeta.
Sulle basi di queste considerazione nasce il progetto in oggetto che punta alla piantumazione di una
foresta da destinare a parco in una zona del sud del Senegal toccata dai cambiamenti climatici che si
traducono in desertificazione, contaminazione della falda, aumento delle temperature, acidificazione
del suolo, salinizzazione delle acque.
Tale foresta permetterà di creare un modello esportabile in tutto il paese, e favorirà la nascita di un
microclima che può, seppur in minima parte, contribuire alla preservazione dell’ambiente attraverso
un maggiore assorbimento di CO2, una miglior raffrescamento del bacino, una risalita della falda e
depurazione del sottosuolo.
Il progetto prevedere pertanto la creazione di una nuova piccola foresta nella vallata di Tanaff, per
lottare contro i cambiamenti climatici e dare un segno positivo alla comunità locale, nazionale e
internazionale.

Area di intervento e problematiche locali: desertificazione e salinizzazione

Sahel
E’ descritto come “Sahel geografico” la zona a Sud del Sahara con una pluviometria compresa tra i
100 ed i 600 mm/anno. Questa zona è una fascia trasversale con andamento ondulato molto estesa:
essa ha circa 400-800 km di larghezza (attorno al 15° N di latitudine) e più di 5.000 km di lunghezza
(da 16° W a 35° E). Ha una larghezza media di 450 km da nord a sud, a partire dal limite meridionale
del Sahara. Si può indicare approssimativamente come zona a clima saheliano il territorio compreso
tra le linee che uniscono Nouakchott, Agadez e Karthoum a Nord e Dakar, Niamey, N’Djamena a
Sud. La maggior parte degli ecologisti e dei climatologi si accordano su questa definizione. L’area a
cui è stato circoscritto lo studio è quella parte di continente africano che rappresenta una zona
ecologica compresa tra l’Oceano Atlantico e la catena montuosa del Darfur, nel Ciad. Non è quindi

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rappresentata dal Sahel geografico: sono stati esclusi Sudan, Etiopia ed Eritrea. I paesi che ne fanno
parte sono Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad. A questi sono stati aggiunti anche
il Gambia e l’arcipelago di Capo Verde che, per motivi politico-economici, oltre che climatici, hanno
dato vita nel 1973 al Comitato Interstatale di Lotta contro la Siccità nel Sahel (CILSS), organismo
regionale di coordinamento degli sforzi di sviluppo e di difesa ecologica dei singoli Stati.
Recentemente si è aggiunta anche la Guinea Bissau. Lo studio è quindi stato circoscritto agli Stati
Saheliani dell’Africa dell’Ovest (SSAO).
Questi paesi saheliani si estendono su una superficie di 5.231.381 km2 (CILSS, 1999) (esclusa la
Guinea Bissau). Il Sahel che viene studiato in questa tesi è quindi una regione che comprende
variezone agro-ecologiche, una regione che è composta da “zone aride e semi-aride”.
Il territorio Saheliano consiste prevalentemente in deserto. Nel corso della sua storia è stata la terra
in cui si sono sviluppati alcuni dei più avanzati e potenti regni del continente africano, indicati
genericamente e superficialmente come regni saheliani.
Il Sahel è un’area ad altissimo tasso di desertificazione, e i cambiamenti climatici inesorabili fanno
sia che quest’area si estenda verso sud a discapito delle savane, cui ne conseguono mancanza di acqua,
ed erosione della terra che mossa dal vento si trasforma in sabbia. Le popolazioni che abitano il Sahel
fronteggiano emergenze alimentari connesse all’approvvigionamento idrico della zona, carente a
causa della siccità. È possibile, da un punto di vista tecnico, frenare l'avanzata del deserto: ciò, in
parte, è stato realizzato creando una zona verde. Interventi di questo genere, tuttavia, richiedono
mezzi, e quindi disponibilità economiche, che allo stato attuale non sono neanche in minima parte in
possesso degli stati del Sahel.
Tutta la geografia fisica si basa su una disposizione zonale Nord-Sud sia che si tratti dei rilievi, del
clima, della pedologia o della vegetazione. L’occupazione umana è anzitutto rurale e dipende
estremamente dalle condizioni fisiche geografiche. La pluviometria che gioca un forte ruolo nelle
possibilità di sfruttamento agricolo tradizionale, definisce i limiti tra la zona delle popolazioni
sedentarie e delle colture alimentari e quella dei pastori seminomadi. Un comune denominatore del
Sahel è il suo aspetto fisico: l’unità e l’evoluzione del clima in latitudine, infatti, si riflettono sulla
vegetazione e sui paesaggi che offrono, da est a ovest, un’omogeneità fuori del comune, determinata
anche dal fatto che questi paesi sono largamente interessati da una storia geologica tra le più antiche
del mondo (scudo cristallino africano). Ovunque la vegetazione segue un ritmo stagionale. I rilievi e
la conformazione dei suoli accentuano, con la loro uniformità, l’omogeneità dei paesaggi. Dappertutto
si ripetono le stesse caratteristiche geofisiche, accentuate dall’orizzontalità delle forme. Infine ad
accomunare i paesi del Sahel sono questioni di ordine economico, conseguenza diretta, almeno in
parte, delle difficilissime condizioni climatiche.
Le problematiche più grandi dell’area sono: autosufficienza alimentare, siccità, crescita demografica
e desertificazione, stabilità politica e processi di democratizzazione.
Clima e suoli (Francesco Valfrè)
Il Sahel è governato da un clima tropicale secco, arido e semi-arido con precipitazioni annuali da 200
a 600 mm, concentrate tra i mesi di giugno e ottobre, con precipitazioni massime nel mese di agosto.
I mesi più caldi sono aprile e maggio quando si registrano temperature oltre i 40°C. Le minime sono
a dicembre e gennaio con valori che raramente sfiorano i 10°C. L’umidità dell’aria varia da 40% a
70% in funziona della stagione.
I paesi saheliani si situano nella zona intertropicale, con il Tropico del Cancro che passa al Nord della
Mauritania e del Mali e all’estremità Nord del Niger e del Ciad. L’inclinazione della terra nel corso
dell’anno provoca lo spostamento apparente del Sole tra i due Tropici Nord e Sud. Questo determina
la disposizione in fasce parallele di zone climatiche: zona equatoriale, tropicale, umida, secca,
desertica.

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Lungo i Tropici le masse d’aria calda e secca sono interessate da movimenti discendenti, sono regioni
di alta pressione (anticiclone delle Azzorre e del Sahara). Da questa zona partono venti verso le
regioni di bassa pressione equatoriale; sono gli “alisei” che soffiano da Nord verso Sud, deviati
tuttavia verso Ovest dalla forza di Coriolis. Tra l’8° ed il 18° di latitudine Nord, il regime delle piogge
divide l’anno in due stagioni nettamente distinte: una stagione umida corta ed una stagione secca
prolungata. Questa alternanza di due stagioni a caratteri fortemente opposti condiziona tutta la vita
del Sahel. La stagione delle piogge in estate è conseguenza della posizione del fronte intertropicale
che risale di latitudine man mano che la Terra si inclina sulla sua orbita. In inverno, questo fronte
discende e trascina verso l’equatore, e poi nell’emisfero Sud, questa zona di turbolenza che
accompagna il fronte intertropicale. Sopra i 20° di latitudine comincia la zona desertica dove il regime
delle piogge è incostante. Tre grandi zone climatiche caratterizzano la
regione saheliana secondo una ripartizione Nord-Sud parallela all’equatore: il clima desertico, il clima
saheliano ed il clima tropicale a lunga stagione secca o clima sudanese.
Il clima desertico. Le piogge sono rare, possono passare più anni senza precipitazioni; queste cadono
sotto forma di acquazzoni violenti che riempiono gli oueds in maniera improvvisa. Le temperature
medie si situano tra i 20° e i 30° gradi. Se l’escursione termica annuale è relativamente debole,
l’escursione diurna all’opposto è considerevole. La terra sprovvista di vegetazione, sotto un cielo
senza nuvole, irradia e perde così tutto il calore immagazzinato durante il giorno.
Il clima saheliano. Chiamato anche clima subdesertico, è la transizione tra il clima tropicale ed il
clima desertico. Esso si situa esattamente tra il 14° ed il 18° grado di latitudine. Le piogge sono
irregolari e si concentrano in un periodo molto corto: esse raggiungono i 200-400 mm/anno. La
stagione secca è molto lunga e molto calda, essa può raggiungere temperature di 40° C. L’aliseo
continentale (harmattan), vento essiccante, accentua l’aridità del clima.
Il clima sudanese. Più si discende verso il Sud e più la stagione delle piogge si allunga. Le differenze
di temperatura seguono egualmente questo asse Nord-Sud. Le piogge hanno una media di 800-1000
mm/anno ripartite sulla metà dell’anno, durante l’estate. Nella stagione secca, l’aliseo
(harmattan) soffia per tre o quattro mesi. Vento caldo e secco di giorno, apporta durante la notte la
freschezza del deserto.
Le precipitazioni sono molto varie: possono essere abbondanti, ma anche molto scarse. E’importante
sottolineare che esse sono concentrate nel tempo e si alternano con periodi più o meno lunghi di
siccità con ovvie conseguenze sui processi pedogenetici, sull’erosione, sulla distribuzione della
vegetazione naturale e sui cicli colturali. I principali fattori climatici influenzanti la vita delle piante
e degli animali sono l’acqua e la temperatura. La disponibilità in acqua dipende dalla quantità e dalla
distribuzione della pioggia durante l’anno. Nel Sahel il modello di distribuzione delle precipitazioni
meteoriche è “monomodale”, cioè con una stagione unica di pioggia ed una stagione unica secca I
suoli sono prevalentemente sabbiosi con acidità tra i 5 e i 6 ph e una bassa ritenzione idrica.
L’erosione dei suoli dovuta alla siccità e al vento che trasporta la terra creano ulteriori aree sabbiose
che favoriscono la desertificazione.
Nelle zone depresse si riscontrano suoli argillosi. In generale, i suoli sono poveri di fosforo azoto e
sostanze organiche, ciò ne sfavorisce al coltivazione. Secondo il FAO (Organizzazione per
l’agricoltura e l’alimentazione), il 90% dei pascoli e l’80% dei terreni agricoli sarebbe degradato a
causa del disboscamento e del sovrappascolo.
Non esistono fiumi endogeni, ma solo esogeni fondamentali per l’agricoltura e l’allevamento e
l’agricoltura: il Senegal in Mali, Mauritania e in Senegal; il Niger in Mali e Niger, Burkina Faso e
Nigeria; il sistema Logone-Chari in Chad ed il Nilo ed i suolo affluenti in Sudan. L’acqua di falda
profonda è scarsa ed i pozzi hanno portate limitate.

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La piovosità è debole e molto variabile da un anno all’altro: l’arrivo delle piogge nel Sahel avviene
di solito verso giugno, quando si chiude la stagione secca, caratterizzata dai venti caldi provenienti
dal Sahara, e inizia il periodo dominato invece da quelli umidi che vengono dal Sud, dal golfo di
Guinea. Le piogge sono generate proprio da questo scontro di masse d’aria diverse. Nel Sahel le
piogge estive sono dovute alla traslazione verso nord della zona di convergenza intertropicale, o
equatore meteorologico, e all’umidità trasportata dal monsone atlantico. Il loro volume e la loro
durata in un punto determinato dipendono quindi in primo luogo dalla latitudine.
La durata e l’intensità delle piogge sono inoltre soggette ad una variabilità considerevole (30-50 %)
sia localmente che nel tempo (variazioni annuali e/o sul lungo periodo).

Senegal
Il Senegal è un territorio dalle grandi risorse naturali e culturali. È difficile pensare che una regione
di territorio così eterogenea e con grandi capacità culturali soffra gravi problemi alimentari e sanitari.
Gli interventi statali, così come gli aiuti umanitari, purtroppo si concentrano in zone che sono più
sviluppate rispetto ad altre accrescendo un divario economico e produttivo già evidente.
Così Dakar è l’emblema della contraddizione, ove grossi imprenditori europei, americani o cinesi
passeggiano nei loro suv, e parlano al tablet dei loro investimenti, mentre al lato della strada la vera
risorsa del Senegal: la popolazione, muore di fame e sanità. Molti di questi imprenditori, peraltro non
riversano le loro ricchezze sul territorio, ma le reinvestono nel loro paese di origine dando vita a un
processo di sfruttamento della risorsa Senegal. Certamente Dakar e l’interland, con le sue imprese e
aziende, offre molto lavoro, e non è un caso che la sua densità nel corso degli ultimi anni si sia quasi
triplicata. Ma al tempo stesso questo aumento improvviso e smisurato della popolazione non riesce a
soddisfare i bisogni di tutti. Non solo, i lavoratori abbandonano le loro terre natali, i villaggi
dell’entroterra e del sud dimenticandosi delle tradizioni culturali e agevolando il degrado del territorio
che ha potenzialmente più risorse consone alla cultura: campi di coltivazione, pesca e allevamenti.
Molte famiglie soffrono la distanza dei figli, che talvolta oltrepassa il confine e giunge persino in altri
continenti.
Gli impatti devastanti della siccità hanno notevolmente turbato l’equilibrio originale, distruggendo
un ecosistema che sino agli anni 1970 era una fonde di guadagno e di sviluppo. Così a far fronte a
questa crisi agricola, sono state le industrie del Nord, con un conseguente aumento della disparità
economica.
Tuttavia nonostante i cambiamenti climatici, dopo gli anni 2000 si è avvertito un leggero senso di
inversione, sulla produttività agricola, dato anche dai molti aiuti umanitari che a differenza degli
investitori che mirano al solo guadagno, vertono su territori bisognosi, favorendo così lo sviluppo di
questi basato sulle proprie risorse e possibilità territoriali. Lo studio sulla produzione del riso risulta
difatti emblematica, sia sull’aspetto del consumo: è paradossale che un territorio che per pedologia
potrebbe non solo soddisfare autonomamente i propri bisogni ma addirittura esportargli, debba invece
importare l’80% del suo consumo. Ciò fa fronte anche alle carenti possibilità economiche della
popolazione media che spesso soffre quindi la fame, o per mancanza di denaro per importare il riso,
o per mancanza di campi di coltivazione. Le molte azioni locali volte a bonificare territori proprio per
il recupero delle culture, dell’ecosistema, delle risorse idriche e faunistiche sono la speranza del
territorio che in questo modo potrà con le sue secolari esperienze settoriali, per cultura, far fronte alla
crisi ambientale e soddisfare autonomamente i propri bisogni.

Casamance
Il Casamance è un cuore pulsante, scalpita di sviluppo. Le sue innumerevoli risorse la rendono una
delle regioni a carattere naturali più potenziali del Senegal. Nonostante la forte siccità che ha

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deturpato flora e fauna, distrutto equilibri ecologici e scombussolato le economie della popolazione,
resta tutt’ora un grandissima fonte di risorse nell’agricoltura, nel pescato e nella pastorizia. Seppur
fortemente diminuite, le precipitazioni sono maggiori che ne resto del Senegal, e se la dinamicità
culturale dei suoi abitanti ha fatto si che si avviasse un vero e proprio processo di rinnovo, atto alla
risposta pratica sia per quanto concerne i cambiamenti climatici e la crisi delle attività, sia per quanto
concerne i conflitti dalla quale la popolazione, seppur fortemente segnata, ne esce da vincente
pacifica.
I vincoli per lo sviluppo sono caratterizzati oltre che dalle condizioni climatiche, dall’emigrazione di
menti e lavoratori che potrebbero investire le loro risorse umane sul proprio territorio, evitando
l’abbandono e l’isolamento dei villaggi a favore dell’inurbamento al Nord. Le potenzialità per lo
sviluppo sono innumerevoli. Dalle potenzialità pedologiche del sottosuolo che consentono una vasta
gamma di agricoltura, dal riso al frumeto,dai frutti ai cereali, ed il fatto che solo il 15% delle terre
sono coltivate deve essere un motivo di speranza. Al tempo stesso per quanto concerne la coltivazione
del riso, solo il 30% suolo nella media delle regioni amministrative del Casamance, è sfruttato. Un
eventuale aumento del 20% con bonifiche operate dai locali o da terzi produrrebbe un grandissimo
aumento della presenza della risorsa e abbattimento dell’importazione del riso a favore dell’economia
dell’intero paese. Il pescato che qui è fiorente è un’altra grande risorsa che non può prescindere dalla
trasmissione della cultura ai giovani, ma il loro esodo limita lo sviluppo dell’attività. Anche il pescato
può essere notevolmente potenziato con interventi di bonifica a favore della mangrovie che
impediscano l’insabbiamento e l’erosione, mantenendo l’ecosistema che per lungo tempo ha resto il
pescato del Casamance uno dei piu importanti del nord africa occidentale.
La pastorizia può ben sperare in un rinnovo dell’ecosistema a seguito di interventi di bonifica della
vallate che una volta desalinizzate e de acidificate creeranno naturalmente un processo di vegetazione
e approvvigionamento idrico a favore del pascolo.
Le grandi culture che insediano il Casamance, sono ricche di tradizioni ed esperienze capaci di
adattarsi ai cambiamenti climatici e alle crisi alimentari e sanitarie, trovano una soluzione che
possa provvedere al loro sostentamento. È quello che hanno fatto molte comunità, che invece di
migrare in terre ove la siccità è meno influente hanno cercato di bonificare le aree escogitando
metodologie che sono state perfezionate nel tempo con le esperienze pratiche.

Sedhiou
Sedhiou è una delle quattordici regioni in cui è suddivisa la Repubblica del Senegal, e insieme alla
regione Kolda caratterizza l’area a contro-sud del Casamance. Nella regione di Sedhoiu sono presenti
circa 450.000 di cui il 90% musulmani e il restante principalmente cristiani.
Le principali etnie presenti nell’area sono: Mandinka, Balantes, Wolof, Diolas, Fula, Creol,
Diahankey, Mancangne. La lingua nazionale è il Francese ma come in tutta la repubblica ci sono
lingue minori legate alle tradizioni delle varie etnie, la lingua Wolof è la più parlata (43% della
popolazione) le altre, nella regione di Sedhiou sono: Mandinka, Jola-Fonyi, Jola-Kasa, Pulaar, Pular
e Mandjak. Nelle aree limitrofe a Tanaf si parlano i seguenti dialetti, ufficialmente riconosciuti dalla
repubblica: Baniouk-Samik, Badyara, Baniouk-Guniaamolo, Balanta-Ganja, Bandial, Jola- Fonyi,
Mankanya. Come il resto del Senegal e del Casamance, anche Sedhiou risente della particolarità
ambientale caratterizzata da due stagioni: la stagione secca tra Novembre e Maggio e la stagione delle
piogge tra Giugno e Ottobre. Con conseguenze devastanti sulla produzione agricole a sull’ambiente
causate da incendi o da forti alluvioni. Nel periodo di siccità le temperature oscillano tra i 30° e i 48°,
durante la stagione delle piogge invece tra 20° e 35° con un’altissima percentuale di umidità, anche
al 90%.

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Nella regione di Sedhiou sono presenti molte varietà di specie arboree. Molti alberi vengono utilizzati
per la produzione di materiale da costruzione, tra questi il Caïlcedrat, Dimb vert, Santan, Linke e il
Kapokier. La loro caratteristica fondamentale è che hanno un tronco con minimo 45 cm di diametro,
favorendone il taglio per l’utilizzo in infrastrutture. Altri alberi invece hanno un tronco con un
diametro inferiore a 45 cm il cui utilizzo verte su sculture, strumenti musicali e altre forme d’arte o
oggetti di dimensione ridotta. Esempi sono il Dimb, la Palma, il Caïlcedrat, ilFromager, il Tomboiro
Noir e il Linke per la creazione di canoe. Il Bambù molto utilizzato a Sedhiou è caratterizzato dalla
forte resistenza alle termiti. Poi vi è il Baobab per la produzione di olio, e il Terminaliat utilizzato per
l’igiene orale.
Il settore economico più sviluppato in Sédhiou è l'agricoltura. Durante la stagione delle piogge molte
persone lavorano nei campi per aumentare la produzione. Ecco un elenco dei principali prodotti
agricoli: Mill, sorgo, mais, riso, Fonio, sesamo, patate dolci, manioca, fagiolo dall'occhio (fagioli),
anguria, arachidi, ibisco, Sorrel, cavolo, mango, arancia, anacardi, Papaya, Djaralou, (melanzana
africana), Djabere, cotone, tutte le varietà di peperoni, lattuga, carote, pomodoro, rapa, Kaba.
La mancanza di infrastrutture impedisce ai produttori di espandere il loro mercato in tutto il Paese.
La precarietà delle infrastrutture è una preoccupazione per l'economia della regione.
L'ecosistema animale sta vivendo un cambiamento radicale a causa dell'irregolarità del clima
causando la scomparsa di alcune specie animali e la fuga di altri. Molti turisti si recano a Sedhiou
esclusivamente per cacciare.
Il sistema sanitario in Senegal è costituito da una struttura a piramide dove ai vertici ci sono i centri
di ricerca universitari, gli ospedali che dovrebbero essere presenti in ogni regione, non nel caso di
Sedhiou, e i distretti sanitari che si occupano di cure primarie: vaccinazione HIV e parto.
Questi distretti sono gestiti da volontari, che talvolta cooperano con la comunità per l’acquisizione di
medicinali. Come già detto Sedhiou non ha un ospedale, ma ha un blocco chirurgico che può ospitare
circa 30 persone, ove operano solo 3 medici, cioè 1 ogni 49.293 persone. Non ci sono ginecologi,
cardiologi e ortopedici. Esistono però dei rifugi di sanità che offrono volontariamente assistenza
primaria.
La scarsa organizzazione del sistema sanitario incide fortemente sulla mortalità infantile (82%) e
sull’aspettativa di vita (59 anni). La scarsa igiene è una della causa primarie di malattia, la presenza
di animali infetti nelle strade e la mancanza di collegamenti tra le varie zone del paese incidono
ulteriormente a peggiorare una situazione drammatica. La maggior parte della popolazione beve
l’acqua da pozzi d’acqua non potabile con conseguenti problemi di dissenteria e malattie correlate.
La malaria è particolarmente prolifera nel Sedhiou, come nelle altre aree a sud del Gambia. Il tasso
di soggetti infetti è superiore alla media nazionale, anche se dal 2010, campagne di sensibilizzazione
attraverso la musica e donazioni di zanzariere, hanno ridotto i casi. Nel periodo tra gennaio e maggio
del 2011, si registrano 355 casi di cui 0 morti. Sempre nel 2010 a Sedhiou sono state donate 57.900
zanzariere. I distretti di salute distribuiscono dei test per la malaria e una cura preventiva.
Il tasso di HIV è del 2% (quello nazionale del 0,7%). Nel 2009 nella regione Sedhiou- Kolda si sono
registrati 7066 casi (il 7,35% di quelli nazionali). Il trattamento HIV si fa solo negli ospedali ed è
gratuito. Non è raro che i pazienti abbandonano il programma di trattamento. Spesso, i pazienti non
capiscono le caratteristiche di questo virus, che scarsa informazione e visti i rari casi di morte avviene
spesso che il paziente neghi l’esistenza della malattia nonostante il parere medico. I trattamenti per le
donne in gravidanza costa quasi di 10000 CFA.
La tubercolosi è un’altra malattia che incide nell’area di Sedhiou. Nella città di Sedhiou è presente
una farmacia nei pressi del mercato.
Nella comunità senegalese la medicina tradizionale ha la precedenza su quella tradizionale.

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Il tasso di alfabetizzazione è quasi del 50%. Il sistema formativo è quello francese: 3 anni di scuola
primaria, 5 anni di elementare, 7 anni di scuola secondaria, e 3 di università. La scarsa distribuzione
di scuole e di collegamenti incide sull’alfabetizzazione, inoltre le scuole spesso forniscono riparo e
acqua potabile ai bambini che vedono così aumentare la propria prospettiva di vita.
Quadro geo-climatico
La regione amministrativa di Sedhiou è stata creata nel 2008 dalla lette 2008-14 del 18 marzo 2008,
cui corrisponde il dipertimento di Sedhiou che compone il medio Casamance. La regione si estende
su una superficie di 7.330km2, rappresentanti il 3,7% del territorio nazionale, che confina a nord con
la Repubblica del Gambia, a sud con la Repubblica del Guinea Bissau e ad est e ovest con le regioni
di Kolda e Ziguinchor. Questa posizione centrale nel Casamance, gli conferisce un potenziale
geografico strategico nelle dinamiche economiche, sociali e culturali.
La popolazione della regione è stimata in 434.242 abitanti nel 2007 con una densità media di 58,96
abitanti al km2. Nel 2012 si stimano 455.773 abitanti con una media di 62/ km2. ab La popolazione
si caratterizza per una composizione di varie etnie: mandinga, peul, balante, diola, manjak, mancagne,
wolof e serer.
La regione disponde di più migliaia di ettari di terre coltivabili senza attuali limiti, alla quale si
aggiunge una pluviometria relativamente buona di 1000mm/annui e un clima favorevole per le attività
agro-silvo-pastorali. I suoli sono caratterizzati da una buona attitudine all’agricoltura pluviale e
arboricultura, al giardinarrio e alla risicoltura.
La rete idrografica è abbastanza densa, composta dal fiume Casamance e da uno dei suoi principali
affluenti: il Soungrougrou. A questi si aggiunge la disponibilità della falda sotterranea di buona
qualità che fornisce un serio supporto alle attività dello sviluppo rurale.
La ponentialità faunistica è costituita da molte specie da selvaggina, pelli e piume. Le risorse fanistica
incoraggiano sempre più lo sviluppo della caccia e dell’ecoturismo.
Il clima è dominato dalla circolazione di masse d’aria in uscita del fronte atmosferico del Sahara e
dell’Atlantico Sud. La regione di Sedhiou gode di pluviometrie variabili tra i 700 e i 1300mm/annui,
tra i valori nazionali più alti che fanno ben sperare in uno sviluppo legato ad esso come l’agricoltura
e la forestazione, per poter controbattere il periodo di siccità che negli ultimi decenni ha determinato
un processo di desertificazione riscontrato nei terrazzamenti e nelle vallate a seguito dell’intrusione
salina. Quest’ultimo processo natural, già ampliamente descritto, invade molte vallate potenzialmente
coltivabili della regione, limitando fortemente la cultura del riso tradizionale.
Come tutto il Casamance il territorio non ha punti ad elevata altitudine, che in casi estremi può
raggiungere i 40mentri verso il confine con il Guinea Bissau. Il resto della regione ha quote massime
che oscillano intorno ai 20 metri. I terreni sono principalmente sabbiosi con deboli strati lateritici. Le
vallate incece sono caratterizzati da terreni idromorfi, argillo-limosi o argillo-sabbiosi, entrambi
ottimi per la risicoltura grazie anche alla grande quantità di fertilizzante naturale che posseggono,
queste potenzialità sono però contrastate dalla presenza del sale.
Il clima legato alle caratteristiche generali del Casamance ha temperature medie più basse tra
dicembre e gennaio comprese tra 25° e 30°C. Le piogge come noto, si concentrano tra marzo e
settembre con alti valori di temperatura tra i 30° e i 40°C e umidità che può raggiungere l’80-90%.
La pluviometria media può valutarsi in 1200mm/annui anche se gli ultimi hanno hanno mostrato
valori ben più bassi, si può adottare questo valore in via cautelativa e ottimistica. La regione è
annaffiata dal Casamance che separa i dipartimenti di Sedhiou con quello di Goudomp, e dal
Soungrougrou che separa i dipartimenti di Boukling e Sedhiou.

Tanaff

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E’ stato effettuato un sopralluogo conoscitivo che ha permesso di inquadrare l’ambito territoriale che
beneficerà direttamente e indirettamente dell’opera. Partendo dal villaggio di Tanaff ove si insedia il
dipartimento, che fa capo all’intera area, estendendosi in un raggio di 30km (lunghezza della vallata)
si è potuto constatare che saranno 65 i villaggi e decine le comunità direttamente interessate dall’opera
e il bacino di utenza si estende su tutto il bacino e nei dipartimenti limitrofi in centinaia di villaggi
oltre che a livello regionale interessando, nei primi due anni circa 40.000 persone. Con un successivo
riscontro a lungo termine dovuto all’aumento di produttività della vallata e decontaminazione dei suoi
che potrebbe sfiorare anche 100.000 persone. Tra i villaggi più importanti che si affacciano
direttamente sulla vallata possiamo menzionare Tanaff, Baghere, Sanoufily, Bissar, Sambacounda
Santo, Simbandy, Kegnimacounda, Boukarkounda; nella fascia posteriore (a 500 metri dalle sponde
della vallata) ci sono altrettanti villaggi che potranno beneficiare della produzione agricola derivante
dal processo di desalinizzazione della vallata.
Sono state studiate in loco le relazioni che intercorrono tra i vari villaggi in un ampio palcoscenico
territoriale, tenendo in considerazione, essendo predominante l’occupazione nel settore agricolo
agricola (circa il 77% della distribuzione occupazionale per settore produttivo, stimata nel 2008, dati
ANFI), le presenze di aree produttive e le relazioni che queste hanno con i consumatori diretti e
indiretti, e i commercianti limitrofi e non. Sono state studiate le vie di accesso alla risorsa primaria di
vita: l’acqua, ed è apparsa evidente come la mancanza di bacini di redenzione idrica rende difficoltosi
gli approvvigionamenti di acqua potabile, e dato che i pozzi realizzati nei villaggi non sono
sufficientemente profondi questi non hanno la portata necessaria per soddisfare le esigenze della
popolazione, anche a fronte del processo di sommersione della falda causata dalla siccità,
desertificazione e diminuzione pluviometrica.
Il fiume Casamance è l’emblema territoriale del sud del Senegal, domina le regioni di Ziguinchor e
di Sedhiou e se da un lato è una grande risorsa naturalistica e favorisce il mercato ittico, dall’altro è
la causa primaria della mancanza di produttività agricola, in quanto a causa delle maree o delle
escursioni invernali invade le vallate e potenziali campi di coltivazione bruciandoli con la sua acqua
acida. Il Casamance scorre in direzione est-ovest nel Senegal del sud, su un paesaggio prettamente
pianeggiante, paludoso e dal clima tropicale che permette lo sviluppo di una folta vegetazione
(fornitrice di alimenti ed erbe medicanti), sfocia nell’oceano Atlantico e a 120 km dalla foce nasce
l’Estuario del Casamance: zona influenzata dalla salinità oceanica e delle oscillazione delle maree
che danno vita a un ecosistema rarissimo in cui coesistono piante e animali dell’oceano con specie
d’acqua dolce, di contro c’è l’effetto di risalita delle acque salata su campi di coltivazione. Il Fiume
ha periodi di massima portata tra giugno-ottobre, verso aprile, invece, si raggiungono valori minimi.
Tuttavia il fiume resta una canale navigabile rappresentando quindi un’importantissima via di
comunicazione, trasporto e commercio. Sono presenti una serie di affluenti, tra cui uno dei più grandi
è il Songrougrou e diverse vallate che offrono un importante apporto di acqua piovana, tra queste la
vallata di Tanaf Bolong è una delle più importanti della regione di Sedhiou, con il suo bacino di
450km2, qui si insedia il progetto. Le vallate vengono deturpate dalla risalita salina producendo effetti
devastanti sull’ecosistema naturale, biochimico e produttivo. I suoli delle vallate argillo-limosi o
argillo-sabbiosi si prestano alla coltivazione di riso e cereali, ed essendo rari nell’entroterra (ove vi è
una prevalenza di terreno arido e sabbioso) rappresentano un potenziale di inestimabile per la
produzione agricola, con particolare riferimento alle filiere di riso, che nel Casamance è la fonte
primaria di vita.

Infrastrutture e collegamenti
La regione di Sedhiou è già carente di infrastrutture viarie e fluviali, a queste si aggiunge la mancanza
di infrastrutture idrauliche, in territorio che nonostante l’apparente facilità di mobilitazione per

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altimetrie praticamente nulle, si sviluppa a ridosso di un bacino molto articolato, che presenta valli e
insenature che rendono difficile la realizzazione delle strade. Non a caso molti percorsi vengono
allungati anche di diversi chilometri per aggirare questi ostacoli naturali, invece di affrontarli
accorciando un percorso già tortuoso perché degradato che produce isolamento delle comunità e
mancanza di commerci.
La vallata che consideriamo avere l’ipocentro nel villaggio di Tanaf può essere raggiunta da
Ziguinchor, Kolda e Sandiniere Quest’ultimo è un passaggio dovuto all’attraversamento del
Casamance nella rotta Sedhiou-Sandiniere effettuato oggi con delle pirogue di 10metri che
trasportano 8-10 persone comprese il conduttore. È chiaro che questa traversata non permette il
trasporto di quantità importanti di materiale, ad esempio destinato al commercio. Il collegamento
con Sedhiou è quindi un collegamento di carattere sociale, non commerciale. In passato esisteva un
traghetto che permetteva il passaggio di macchine anche di grossa taglia, oggi però questo non è in
funzione e ciò limita fortemente la vallata e i suoi villaggi che si trovano collegati ai grossi centri
urbani da strade in pessime condizioni.
Ziguinchor e Tanaf sono collegati dai 120km della nazionale 6 che presenta oggi una interruzione di
50km dopo Adeane. Il resto della strada, se non in prossimità di Ziguinchor, è una successione di
fossi profondi anche 1,5metri, frane ai bordi, crepe di 50cm e radici che affiorano improvvisamente.
La strada è di recente fattura ma si presenta in un tale stato di degrado imputabile solamente alla
cattiva realizzazione dovuta da carenze progettuali. Le foto sotto mostrano la nazionale 6 al passaggio
da Tanaf, in direzione Guinea-Bissau, un bordo strada franato, la pirogue per l’attraversamento del
Casamance Sedhiou-Sandiniere, la strada Sandiniere-Tanaf, la nazionale sei a Simbandi Brassou e
una strada urbana di Sedhiou.
Queste condizioni viarie rendono difficile lo sviluppo delle comunità nell’intorno della vallata, che a
causa dell’intrusione salina sui terreni coltivabili sono costretti a dover importare riso, per soddisfare
i propri bisogni alimentari. I prodotti fruttiferi vengono commerciati con difficoltà al di fuori della
vallata, così il mercato resta chiuso all’interno della stessa vallata o nelle prossime vicinanze. Da
Tanaf è possibile raggiungere la frontiera del Guinea Bissau attraverso una strada molto isolate e in
precarie condizione, peraltro raramente la popolazione la percorre per evitare di essere facile prede
di banditi, che spesso si aggirano in prossimità della frontiera stessa.
Per raggiungere Kolda, che da Tanaf dista circa 100km si percorre la nazionale 6, attraversando il
ponte Tanaf-Baghere in discrete condizioni sotto il profilo stradale ma in pessime condizioni sotto il
profilo idrologico e degli assestamenti. La struttura è anche oggetto di studio nel capito riguardante
opere similari in Casamance. Essa era stata concepita negli anni 85 per ridurre la risalita del sale, solo
successivamente si è resi conto che il risultato era inesistente perché il sale riusciva a comunque a
penetrare la vallata avendo ugualmente un accesso attraverso l’apertura della diga e le condotte
metalliche. Queste ultime oggi sono totalmente intasate, e la struttura del ponte, ben realizzata in
calcestruzzo con resistenza cubica medi di 40 N/mm2 , ma a questa opera è dedicato un capito a parte.
Le uniche infrastrutture sono quelle sopra elencate, le altre vie di comunicazioni dei villaggi sono in
sabbia e laterite, il più delle volte non superano i 2 metri di larghezza.
Il collegamento tra le sponde della vallata è assicurato dalla sola struttura tra Tanaf e Baghere, questa
però non è sufficiente a garantire ed ampliare la domanda di commercio e di socialità sempre
crescente, così i villaggi di Sanoufily o di Djihaba sono totalmente isolati dalle altre comunità della
vallata perché i 10km da percorrere lungo il fiume in una strada tortuosa non sono convenienti, dato
che comunque la popolazione non dispone di auto e i percorsi vengono effettuati camminando.
Le donne, alle quali è affidato un ruolo essenziale nel sostentamento delle famiglie, si trovano spesso
costrette a impiegare giorni di cammino per cercare di commerciare qualcosa nei villaggi che offrono
mercati, come quello di Tanaf o Simbandi.

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Nondimeno la mancanza di infrastrutture, oltre a influire sugli aspetti sociali e commerciali, influisce
negativamente anche sulla formazione sanità. La scuola primaria ed elementare di Tanaf è l’unica in
un raggio di 15km, e anche quando c’è la disponibilità economica per iscrivere i figli a scuola, non
sempre le distanze lo permettono. Altresì anche le case di sanità, ma soprattutto l’ospedale di Sedhiou,
l’unico in tutta la regione, ha una distanza notevole. Il villaggio di Sambacounda santo ha una distanza
notevole, e sarebbe impossibile poter raggiungere l’ospedale a piedi per un malato.
Nel programma di sviluppo è prevista la realizzazione di una importantissimi strada che colleghi
Bissar, Sanoufily, Dijhaba con la strada Sandiniere-Tanaf, collegando tutti i villaggi della sponda
nord.ovest della vallata.

Relazioni infrastrutturali
Come ampiamente comprensibile in base alle delucidazioni suddette sulle infrastruttura e
collegamenti viari tra le comunità e tra i centri importanti, e come si mostra nello schema sotto, i
villaggi sono tra loro molto isolati. E appare evidente la mancanza di una via nel fronte nord ovest
della vallate dove un villaggio di importanza come Sanoufily è totalmente isolato. La strada
Sandiniere-Tanaf prende le distanze dagli altri villaggi sulla vallata, così questi sono molto isolati. Il
fronte sud sembra ben collegato sino a Tanaf, ma si ricorda che la strada 6 è quasi impraticabile,
dunque questo apparente collegamento non è fonte di sicurezza. Oltre Tanaf il fronte presenta una
successione di villaggi molto isolati se non da vie realizzate dalle comunità, e ciò si trasmuta in un
evidente difficoltà di approvvigionamento. Questi villaggi isolati, dalle reti principali sono quelli che
più soffrono i problemi sulla vallata perché per soddisfare i propri bisogno devono percorre 15-20km
a piedi ogni giorno, con un dispendio di energie non sempre compensato per via della malnutrizione.
In totale si possono contare 65 villaggi con una comunità maggiore di 200 unità, che sono
direttamente collegati alla vallata e che potranno beneficiare in maniera diretta della bonifica della
stessa attraverso l’attività agricola, la decontaminazione e la raccolta della acque. Distribuiti
abbastanza omogeneamente sul territorio vi sono poi piccole comunità con meno di 200 unità che si
affacciano sulla vallata o nei territori limitrofi, che sono spesso mal connesse con i villaggi più grossi.
Di seguito si riporta un elenco dei villaggi presenti sulla vallata con almeno 200 unità:
Villaggi con più di 1000 abitanti:
Tanaf, Simbandi Brassou, Sanoufily, Baghere
Villaggi con meno di 1000 abitanti:
Kerel, Malandiankounda, Djihaba, Bissar, Bambali, Tamiataba, Tambandian, Diarfa, Bissar,
Sambokouda,        Boukarkounda,Darsileme,           Kegnimanounda,       Badinading,      Dioudioriondè,
Farankounda, Niordo, Kandienoug, Fandiaounkur, Diamaye, Dungal, Samodji, Kafaulou,
Santandian, Salikò, Malifara Brassou, Bonbadala, Sarè Digo, Vinsako, Uensaco, Quebaco, Kahal,
Sincha Coli, Sare Demba, Bantaniel, Sibindianto, Mambounkou, Koutadata, Niango, Sarè Diaè, Sarè
Malinkandè.
Sono poi presenti circa una centinaia di villaggi appartenenti ai 3 bacini che circondano la vallate, e
che beneficeranno indirettamente grazie al processo di inurbamento economico progressivo nei
villaggi del Tanaf Bolon, e grazie al processo di riforestazione che pian piano interesserà anche i
bacini limitrofi.
Come mostrato nello schema successivo, dove si mostrano le previsioni temporali di rimboschimento
e potenziamento vegetativo della zona circostante alla vallata, che assorbendo acqua dolce,
ricaricando la falda superficiale, influirà la vegetazione di questa porzione di territorio. In tal caso i
villaggi beneficiari diverrebbero in 5 anni 128, e i metri quadri rimboscati 600km2.

Economia e attività legate all’uso del suolo

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TO FIGHT CLIMATIC CHANGE

Il bacino di Tanaf è caratterizzato da una vasta zone che copre circa 10.000 ettari, continuamente
inondata dalle maree e quindi soggetta all’intrusione salina che depositatasi nel suolo comporta gravi
problemi alimentari e sanitari alla popolazione, queste terre sono composte da banchi di argilla
colluviale con alternanze di strati argillo-sabbiosi. La loro natura pedologica li rende appropriati alla
coltivazione delle risaie ma a causa della salinità e acidità dei suoli questi oggi sono incolti.
Ad una quota di circa 5-10 metri inizia a svilupparsi il continente terminale con materiale
principalmente sabbioso e relativamente distante dalle sponde soggette all’intrusione marina. Ma la
loro natura drenante influisce l’acidità e consente ugualmente alle acqua salate accumulate nel bacino
di influire negativamente le coltivazioni. Questa è una delle poche zone coltivabili, e che fornisce un
buon supporto alimentare ed economico alla popolazione. In queste aree possono coltivarsi alcuni
cereali come il miglio, e svilupparsi l’arboricoltura con particolare predisposizione per manghi,
banane, limoni e arance.
Il miglio è un buon supporto alimentare ricco di nutrienti, ma non può soddisfare i bisogni della
popolazione che si trova costretta ad importare, nonostante le difficoltà infrastrutturali, il riso. Questo
è l’alimento fondamentale, e prima degli anni 1965 la vallata era una distesa di risaie ricca e fiorente
che consentiva alla popolazione di vivere degnamente e di poter commerciare qualche surplus
produttivo. Le attività legate all’agricoltura influenzano poi tutti i parametri sociali ed economici
della zone, che è povera di pescatori e che tuttavia cerca di tamponare i deficit potenziando l’attività
forestiera con diverse scierie intorno alla foresta di Balmado. Quest’ultima ha subito un processo di
deforestazione a causa della siccità che ha ridotto la produttività delle segherie e delle produzioni
artigianali lignee, nondimeno la deforestazione gioca a sfavore dell’attività pascolare che viene
sempre più abbandonata e destinata ai greggi nomadi alla ricerca di aree ricche di vegetazione e
risorse idriche per alimentare il pascolo. La carne è un alimento poco diffuso nella zona, è presente
una macelleria a Tanaf ad apertura saltuaria e di rado il mercato di Tanaf offre prodotti freschi, ciò
influisce anche sulla sanità.
La pesca al contrario,pur essendo poco sviluppata, in quanto il Tanaf bolong, navigabile solo di
inverno fino a Bissar, non è un habitat prediletto dai gamberi e pesci che soffrono l’eccessiva salinità,
così le attività vengono effettuate dai villaggi in prossimità del Casamance, che poi si occupano anche
della commercializzazione.
L’uso del suolo è davvero carente, non per mancanza di potenzialità che al contrario sono ricchi di
fertilizzanti naturali, ma per la presenza del sale e della siccità che ha devastato l’ecosistema
convertendo suoli produttivi in suoli incolti, degradati e desertificati.
Il dato più rassicurante è che in tutta la regione di Sedhiou, solo il 27% dei suoli potenzialmente
coltivabili sono coltivati, per quanto riguarda il bacino di Tanaf, il dato è leggermente inferiore, pari
a circa il 22%, occupato interamente da palmarie e filiere fruttifere. Le risaie, che costituiscono una
risorsa fondamentale strettamente legata all’uso e alla qualità del suolo,potrebbero costituire il 35%
e oltre, dell’intero bacino, per un area di 105 km2 che con la produttività media dei suoli della regione
di Sedhiou, di 2500 t/ha (in condizioni di buona bonifica della vallata) corrispondono a 25milioni di
tonnellate annui. Gli aspetti alimentari verranno curati nel successivo capitolo, che distribuiti in
40.000 beneficiari, corrispondono a 625kg/annui ad abitante. Secondo i dati nazionali, ogni abitante
consuma 175 kg all’anno, questo vuol dire che ci sarà un surplus di 477 kg ad abitante, che
commerciato in sacchi di 20kg a 10.000 FCA, potrebbero corrispondere a 238.500 FCFA sufficienti
alle cure mediche, alla formazione dei bambini e alla compravendita di altri prodotti alimentari o di
servizio.
Volendo sottostimare la produttività della vallata in 1000 t/ha di riso, si avrebbe comunque un surplus
produttivo di 75 kg annui a favore dell’alimentazione e dei piccoli scambi commerciali.

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