TERRA PROJECT PHOTOGRAPHERS: INTERVISTA A PIETRO PAOLINI

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TERRA PROJECT PHOTOGRAPHERS: INTERVISTA A PIETRO PAOLINI
TERRA PROJECT PHOTOGRAPHERS: INTERVISTA A PIETRO PAOLINI

Pietro Paolini è un giovane fotografo fiorentino che nel 2012 ha vinto il secondo
premio del World Press Photo. Nel 2006 insieme ad altri 3 amici ha dato vita a
Terra Project Photographers, collettivo di fotografi presenti al Cortona On The Move
2014 con una mostra intitolata Land Inc.
Cortona On The Move 2014 – Intervista a Pietro Paolini, membro di Terra Project Photographers, collettivo
di fotografi

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TERRA PROJECT PHOTOGRAPHERS: INTERVISTA A PIETRO PAOLINI
Pietro Paolini, come inizia la tua carriera di fotografo?

N     asce subito dopo il liceo. Durante il primo anno di università ero assistente di un fotografo e l’anno

seguente decisi di abbandonare la carriera universitaria ed iscrivermi ad un scuola di fotografia: la scuola
Marangoni di Firenze. Da quel momento ho sempre lavorato con la fotografia, facendo un po’ di tutto,
sebbene quello che mi interessava fossero i reportage di viaggio. Piano piano ho finanziato dei progetti per
crearmi un portfolio e lentamente mi sono inserito nel mercato editoriale per lavorare con riviste e mag-
azine.

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Tempo fa ho intervistato una pittrice (Anna Capolupo, ndr), la quale sostiene che la
fotografia, al contrario della pittura, non riesca a trascendere, ad andare al di là del reale.
Come commenteresti questa affermazione?
No, direi che non mi trovo d’accordo….anzi il fatto che riesca a trascendere la realtà è proprio l’aspetto più
interessante della fotografia. Quando si scatta si ha davanti una realtà e la cosa più importante non è solo
la riproduzione di ciò che si ha davanti, ma la ricerca di altri piani di significato e di suggestione. Partendo
da una referenza strettamente reale, la fotografia permette di entrare in mondi che sono al di là della sem-
plice realtà, aprendo nuovi panorami completamente soggettivi.

Cos’è che ti fa scegliere un soggetto piuttosto che un altro? Quali sono gli elementi che ti
conducono allo scatto?
Penso che sia una sorta di atto di riconoscimento. Le fotografie me le immagino sempre prima, c’è un la-
voro di pre-visualizzazione ed immaginazione costante e quando, camminando, riconosco qualcosa, che ho
già elaborato e pre-visualizzato dentro di me, nasce lo scatto. Penso che il fotografo cerca la fotografia che
era già lì e lui, semplicemente, ad un certo punto, la trova. Mi piace molto, quando viaggio per lavoro, las-
ciarmi libero di andare in giro e farmi coinvolgere dalle situazioni cercando le fotografie.

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Nel 2012 hai vinto il secondo premio del World Press Photo nella sezione “Daily Life”, con
quale progetto?
Era un reportage sulla Bolivia che ho sviluppato in tre anni, dal 2009 al 2011. E’ stato un lavoro di esplo-
razione del Paese con dei riferimenti giornalistici, le immagini portano sempre in sé un carico di infor-
mazione. Ovviamente, essendo un lavoro personale, mi sono lasciato andare, tentando di cogliere il surreal-
ismo della Bolivia, la sua magia…mi interessa trovare delle immagini che suscitino curiosità e passione.

Insieme ad altri tre fotografi: Simone Donati, Rocco Rorandelli e Michele Borzoni, fai parte di
un collettivo che si chiama Terra Project. Come nasce questo progetto e perché avete deciso

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di creare un collettivo?
Terra Project nasce nel 2006 e siamo cresciuti insieme, sia come amici che come professionisti. Abbiamo
pensato che lavorando in gruppo avremmo avuto più possibilità di promuoverci e confrontarci tra di noi. E
così è stato.

Abbiamo sviluppato un piano di progettualità comune realizzando progetti su un tema solo. La parte collet-
tiva non sta tanto nel momento dello scatto, ma nell’editing e nella scelta delle foto, che vanno a creare un
corpo unico ed omogeneo: negli anni abbiamo creato uno stile collettivo.

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Siete presenti al Cortona On The Move 2014 con una mostra che si chiama Land Inc., di cosa
tratta?
E’ un lavoro molto giornalistico che parla dalla corsa all’accaparramento delle terre fertili nel mondo, che
negli ultimi 5 anni ha avuto un’espansione forte. La popolazione cresce, molti paesi non hanno sovranità al-
imentare, paesi che però hanno una popolazione enorme come la Cina o l’Arabia Saudita, dove non si può

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coltivare.

Nel 2008, anno del food crisis, ci siamo resi conto che il cibo è una comodity, come il petrolio e tutti gli altri
prodotti che seguono gli andamenti dei mercati, pur avendo un valore per la vita completamente diverso.
Seguire l’andamento dei mercati, inoltre, può creare grossi problemi: l’Arabia Saudita, nel 2008, si ritrovò
con le importazioni bloccate e i prezzi dei generi alimentari alle stelle.

Gli Stati dunque, per arginare questi fenomeni, direttamente o tramite grosse corporation, hanno iniziato
ad affittare terreni in paesi in via di sviluppo per coltivare e importare direttamente i prodotti nel loro mer-
cato.

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E’ un fenomeno complesso, con molte sfaccettature, tra cui il land grabbing, ovvero le corporation occu-
pano e fanno propri terreni appartenenti a privati e comunità che vengono scacciate e, non avendo più la
loro terra da coltivare, entrano in fasce di povertà. Altro fenomeno può essere la deforestazione per far
spazio alle coltivazioni.

Il tema ci è interessato molto e lo abbiamo sviluppato in 7 paesi: Indonesia, Filippine, Etiopia, Madagascar,
Brasile e Dubai. In ogni paese ovviamente il fenomeno si è sviluppato in maniere differenti e a noi non in-

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teressava individuare i buoni e i cattivi, ma comprendere cosa stesse succedendo.

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