Lunedì 10 agosto 2020 - Unità Pastorale Vazzola San Polo

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Lunedì 10 agosto 2020 - Unità Pastorale Vazzola San Polo
Lunedì 10 agosto 2020
            Vieni, Santo Spirito,
            riempi i cuori dei tuoi fedeli
            e accendi in essi
            il fuoco del tuo amore.

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (12,24-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non
muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo,
la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio
servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».

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Festa di san Lorenzo, diacono e martire, che, desideroso, come riferisce san Leone
Magno, di condividere la sorte di papa Sisto anche nel martirio, avuto l'ordine di
consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, i poveri,
che aveva nutrito e sfamato con dei beni elemosinati.
Tre giorni dopo vinse le fiamme per la fede in Cristo e in onore del suo trionfo
migrarono in cielo anche gli strumenti del martirio.
Il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero del Verano, poi insignito del suo nome.
San Lorenzo in gloria
Maestro di San Lorenzo, ambito ligure - secolo XV (1475 - 1499) - tempera su tavola
                   Beni storici e artistici della Diocesi di Chiavari
San Giovanni Paolo II - Omelia, 18 agosto 1985

    “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece
muore produce molto frutto” (Gv 12,24).
    Queste parole furono pronunciate dal Signore Gesù mentre pensava
alla sua morte. È lui in primo luogo quel “chicco di grano” che “cade in terra
e muore” Il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce
da luce, fu fatto uomo. Egli entrò nella vita degli uomini e delle donne
comuni come il Figlio della Vergine Maria di Nazaret. E infine egli accettò
la morte sulla croce come sacrificio per i peccati del mondo. Precisamente
in questo modo il chicco di grano muore e produce molto frutto. È il frutto
della redenzione del mondo, il frutto della salvezza delle anime, la potenza
della verità e dell’amore come principio di vita eterna in Dio.
    In questo senso la parabola del chicco di grano ci aiuta a capire il vero
mistero di Cristo.
    Nello stesso tempo, il chicco di grano che “cade in terra e muore”
diventa la promessa del pane. Un uomo raccoglie dai suoi campi le spighe
di grano che sono cresciute dal semplice chicco e, trasformando il grano
raccolto in farina, con essa fa il pane che è nutrimento per il suo corpo. In
questo modo la parabola di Cristo sul chicco di grano ci aiuta a capire il
mistero dell’Eucaristia.
    Infatti, all’ultima cena, Cristo prese il pane nelle sue mani, lo benedisse
e pronunciò queste parole: “Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio
corpo offerto per voi”. Ed egli distribuì agli apostoli il pane spezzato che era
divenuto in modo sacramentale il suo proprio corpo.
    In modo simile egli compì la transustanziazione del vino nel proprio
sangue, e, distribuendolo agli apostoli, disse: “Prendete e bevete, questo
è il calice del mio sangue, il sangue della nuova ed eterna alleanza. Esso
sarà versato per voi e per tutti in remissione dei vostri peccati”. E aggiunse:
“Fate questo in memoria di me”.
    È così che il mistero di Cristo ci è stato tramandato per il tramite del
sacramento dell’Eucaristia.

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L’immagine del seme è usata molte volte nelle parabole dei vangeli
sinottici, Matteo, Marco e Luca: il seme che cade in diversi terreni (cfr. Mt
12,3-8; Mc 4,3-9; Lc 8,5-8), il grano di senapa (cf Mt 12,31-32; Mc 4,30-32;
Lc 13,18-21), il seme che spunta da solo (Mc 4,26-29). Per i tre evangelisti
il seme è la parola di Dio oppure il Regno di Dio, ma per il quarto vangelo
il seme è Gesù stesso. Con queste parole Gesù illustra la sua drammatica
morte e dà inizio all’ora dell’abbandono. Sarà abbandonato dal suo popolo
da lui tanto amato e beneficato (cfr. At 10,38); sarà abbandonato alla
nequizia dei capi del Sinedrio, ubriachi e travolti da una ferocia bestiale che
li rende incapaci di vedere nei segni compiuti da Gesù il dito di Dio (cfr. Lc
11,20). Sarà abbandonato dai suoi discepoli che lo lasceranno solo,
immerso in una mortale agonia, a lottare contro il terrore della morte (cfr.
Mt 26,36-46). Gesù si sentirà abbandonato anche dal Padre: «Adesso
l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora?» (Gv
12,27). È l’ora delle tenebre. Il mistero dell’iniquità (cfr. 2Ts 2,7) sembra
palesarsi in tutta la sua bruttura. Viscido, come un torrente di liquami,
sembra scivolare nelle coscienze degli uomini, violentandole, catturandole,
rendendole schiave di progetti infernali: Gesù «intinto il boccone, lo prese
e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone,
Satana entrò in lui (...]. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte»
(Gv 13,27-30). Gesù sa che il Sinedrio ha emesso già una sentenza di
morte, ma lui non cessa di amare. Anzi, parla della sua morte come “una
necessità”: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto. E la sua dolorosissima morte
porterà molto frutto. Questa è la lezione più bella che viene dall’intero brano
evangelico. La sua morte, la sua elevazione sulla Croce, sarà la prova
suprema del suo amore e della sua fedeltà al Padre e agli uomini. Egli
morirà crocifisso, elevato su una Croce si siederà su un trono di amore e
di là, dall’alto della Croce, epifania della misericordia della santissima
Trinità, Gesù riaccenderà l’amore là dove era spento e irradierà
misericordia, comunione e bontà dove c’era solo odio, inimicizia, peccato
e maledizione. Questo il frutto del seme caduto in terra!
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