Studio del plant layout - Impianti industriali - Università degli Studi di Trieste - a.a. 2009-2010
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Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Studio del plant layout Impianti industriali Studio del plant layout 1
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Definizioni • Lo studio del plant layout è il processo che porta alla progettazione della sistemazione plano- altimetrica di un impianto industriale. • Tale progetto riguarda quindi la disposizione delle macchine, degli impianti, degli operatori e dei materiali. • Questo studio si richiede, ad esempio: – all’inizio della produzione di un nuovo prodotto; – se la variazione di domanda è significativa; – in caso di obsolescenza degli impianti esistenti; – per migliorare la sicurezza e/o le condizioni di lavoro. Studio del plant layout 2
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • In tali casi si può ricorrere a diverse soluzioni: – progettare uno stabilimento nuovo; – modificare la disposizione delle macchine esistenti nell’area disponibile; – introdurre miglioramenti localizzati in corrispondenza di certe operazioni. • Gli obiettivi di uno studio del plant layout comprendono: – utilizzare al meglio lo spazio a disposizione; – ridurre al minimo i costi dovuti ai trasporti interni di materiali; – rendere possibili ampliamenti futuri attraverso un piano organico e razionale; Studio del plant layout 3
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali – assicurare condizioni di lavoro soddisfacenti e in sicurezza; – contenere il più possibile gli investimenti capitali. • Lo studio può essere svolto seguendo tre fasi: 1. raccolta e analisi dei dati di partenza; 2. ricerca delle possibili soluzioni; 3. scelta della soluzione migliore. • Rimandando al seguito per l’approfondimento di alcuni aspetti, si possono delineare i contenuti, generalmente applicabili, di ogni fase. Studio del plant layout 4
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali 1. Fase di raccolta e analisi dei dati di partenza: – stabilire cosa sarà prodotto; – stabilire le quantità da produrre; – stabilire quali componenti saranno realizzati internamente e quali approvvigionati esternamente; – determinare le operazioni necessarie; – determinare le sequenze di operazioni (cicli); – fissare i tempi standard per le operazioni. • In questa fase momenti centrali saranno – l’analisi del processo produttivo; – l’analisi del layout attuale dello stabilimento (se esistente). Studio del plant layout 5
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali 2. Fase di ricerca delle possibili soluzioni, si ricercano soluzioni fattibili tenuto conto: – dei tipi di lavorazioni; – dei possibili sistemi di movimentazione interna; – del posto di lavoro. 3. Fase di scelta della soluzione migliore con l’impiego di strumenti di tipo qualitativo e quantitativo: – secondo la dimensione tecnica (ad esempio, quella che minimizza i trasporti interni); – secondo l’aspetto economico, tenuto conto dei costi di investimento e di esercizio. Studio del plant layout 6
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Analisi del processo produttivo • In tutti gli impianti industriali si può sempre individuare una schematizzazione ideale dello svolgersi ordinato delle successive operazioni o fasi, che nel loro complesso realizzano lo scopo cui l’impianto stesso è destinato. • Lavorazione: procedimento che, partendo da un certo materiale, ne modifica successivamente la forma, con o senza variazioni di volume, e ne altera talvolta la sostanza fino a ottenere il prodotto finito. Studio del plant layout 7
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • Nel nostro caso intenderemo, per estensione, anche quelle operazioni consistenti in semplici movimentazioni, che non alterano il materiale di partenza, come, per esempio, in un silo per immagazzinamento di grano, in un frigorifero per la conservazione di derrate alimentari ecc. Studio del plant layout 8
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • Stabilito cosa produrre (progetto del prodotto), occorre definire come produrre, esaminando innanzitutto i procedimenti possibili per la produzione che si vuole attuare. • Nella maggioranza dei casi ci si riferirà a procedimenti già noti e codificati, almeno nelle loro fasi essenziali, che potranno essere adottati integralmente o adattati al caso che si studia • Non può tuttavia escludersi che il procedimento debba essere, per così dire, inventato, come certamente accadrà per prodotti nuovi Studio del plant layout 9
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • Per i prodotti nuovi occorrerà verificare sperimentalmente l’idoneità del ciclo produttivo, realizzando piccole produzioni sperimentali e ricorrendo, eventualmente, alla costruzione di appositi impianti pilota, tenendo conto poi dei mutamenti che potranno verificarsi passando alla produzione su scala industriale. • Anche in presenza di tecnologie già sperimentate, occorre innanzitutto esaminare se il procedimento sia l’unico possibile o se ve ne siano altri, che possano considerarsi varianti totali, o anche solo parziali, e che possano risultare più convenienti Studio del plant layout 10
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Diagramma qualitativo • La rappresentazione grafica schematizzata di una lavorazione è chiamata diagramma qualitativo di lavorazione o schema tecnologico. • Si può usare una rappresentazione puramente indicativa delle successive operazioni (tipo schemi a blocchi) o una forma grafica in cui si riporta ordinatamente la rappresentazione schematica dei mezzi che realizzano l’operazione. • Il diagramma qualitativo può essere completato con altre indicazioni, come temperature, pressioni, note sul movimento dei materiali ecc. Studio del plant layout 11
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Il diagramma qualitativo Studio del plant layout 12
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Il diagramma qualitativo SCARTI SFRIDI SFRIDI TRATTAMENTO SFRIDI ACQUISTATI (MACINAZIONE) TAGLIO IN FORMATI RICICLO MONORIENTAZIONE IMBALLAGGIO PRODOTTO PVC CALANDRATURA TAGLIO MISCELAZIONE FINALE FINITO ADDITIVI METALLIZZAZIONE ALLUMINIO PET + PE ACCOPPIAMENTO Studio del plant layout 13
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Il diagramma quantitativo • Il diagramma quantitativo si ottiene dal precedente diagramma qualitativo sovrapponendo a ciascuna operazione le corrispondenti quantità di materiali occorrenti o comunque inerenti all’operazione stessa. • Il diagramma quantitativo può venir tracciato con riferimento alla potenzialità dell’impianto che si studia o in percentuale, riferendo tutte le quantità a una, scelta opportunamente, posta uguale a 100 per esempio la più importante delle materie prime o parte di esse, il complesso delle materie di partenza, il prodotto più importante ecc. Studio del plant layout 14
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • Tale diagramma deve non solo indicare le quantità iniziali delle materie e finali dei prodotti, ma anche, fase per fase, le quantità di materie, scarti, sfridi, cali, aggiunte e tutto quanto possa comunque modificare le quantità in evoluzione. • I dati necessari saranno dedotti, nella maniera più conveniente, dalla letteratura tecnica e/o dall’esperienza, anche se, almeno in un primo momento, ci si dovrà accontentare di valori medi o approssimati. Studio del plant layout 15
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • Il diagramma quantitativo può essere rappresentato in vari modi. • Il più semplice consiste nel sovrapporre alle singole fasi del diagramma qualitativo le corrispondenti quantità riferite a un’opportuna unità di tempo, ottenendosi il così detto diagramma quali-quantitativo. Studio del plant layout 16
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Linea pasta a nido per un pastificio AE = 148 Kg/h AI = 138 Kg/h USCITA INGRESSO PRODOTTO MATERIE P UII = 698 Kg/h P UI = P I = 698 Kg/h ESSICCATO PRIM E LINEA DI PRESSA NIDIATRICE ESSICCAZIONE SI = 560 Kg/h P U = 550 Kg/h Studio del plant layout 17
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • Una delle rappresentazioni più adatte in molti casi è quella suggerita da Sankey, largamente usata per impianti termici, fonderie, cartiere, tessitorie e simili. • Risultano particolarmente evidenti il flusso delle materie principali e secondarie, le perdite che si verificano durante il ciclo, i mescolamenti ecc.. • Le quantità finali vengono perfettamente individuate in prodotto, perdite, cali, scarti e sfridi più o meno riciclabili, cascami, anche suscettibili di ulteriore lavorazione nello stesso o in altro stabilimento o direttamente utilizzabili come sottoprodotti ecc.. Studio del plant layout 18
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Il diagramma quantitativo Studio del plant layout 19
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Il diagramma di lavorazione • Un altro tipo di rappresentazione grafica, che ben si presta per alcune applicazioni, è il diagramma di lavorazione (flow process chart), tracciato in figura Studio del plant layout 20
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Caratteristiche delle macchine e fabbisogno di servomezzi Studio del plant layout 21
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali Ricerca delle soluzioni possibili • Una prima indicazione sulla disposizione dei centri di lavoro (Cdl) è fornita dalla scelta tra: – lavorazioni in serie (o in linea); – lavorazioni a lotti. • Spesso in un impianto si presentano entrambe le situazioni: non è infrequente che il ciclo completo sia frazionato in fasi che vedono lavorazioni in linea e altre a lotti con interposti buffer di disaccoppiamento. • La disposizione in linea riproduce la successione delle operazioni produttive del ciclo. Studio del plant layout 22
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • Le movimentazioni tra i Cdl sono ridotte, ma la sequenza degli stessi è rigida. • Le macchine utensili sono spesso specializzate e i mezzi di movimentazione automatici. • Questi aspetti rendono questa disposizione efficace se i volumi di output sono elevati. • La disposizione nelle lavorazioni a lotti attua una concentrazione delle lavorazioni specializzate in reparti (stampaggio, tornitura, taglio ecc.). • Questa disposizione offre una maggiore flessibilità allo stabilimento produttivo. Studio del plant layout 23
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • La maggiore flessibilità riguarda il mix e le quantità di prodotti, ma anche la minor vulnerabilità a fermate. • Le macchine possono lavorare prodotti di dimensioni e caratteristiche variabili (general purpouse) e i sistemi di trasporto sono discontinui e spesso semiautomatici. • I sistemi di movimentazione interna (material handling) comprendono: – i mezzi di contenimento (pallet, ceste, casse ecc.); – i mezzi di trasporto interno. • I mezzi di contenimento (pallet, ceste ecc.) influenzano sia i sistemi di trasporto che la sistemazione delle macchine. Studio del plant layout 24
Università degli Studi di Trieste – a.a. 2009-2010 Impianti industriali • I sistemi di movimentazione hanno poi diretta influenza sia sulle modalità di carico e scarico per la spedizione che sull’immagazzinamento. • Per quanto riguarda il posto di lavoro, si deve tenere conto, nella progettazione della soluzione di layout, dei principi di economia dei movimenti per: – semplificare al massimo i collegamenti operatore- macchina; – ridurre lo sforzo fisico necessario per il lavoro manuale. • Ciascun Cdl sarà dimensionato tenendo conto dei criteri di sicurezza ed ergonomia necessari. Studio del plant layout 25
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