SINDONE, "SPECCHIO DEL VANGELO"
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r v s 6 4 ( 2 0 1 0 ) 3 3 7 - 3 4 9 a rt i c o l i Sindone, “specchio del Vangelo” Rodolfo Girardello Una realtà controversa L a prima ostensione pubblica della Sindone di cui si abbia notizia avvenne nel 1357, quattro anni dopo che il cavalie- re francese Goffredo di Charny e sua moglie Giovanna di Vergy l’avevano donata ai canonici della collegiata di Lirey; ma già allora assieme ai molti consensi si espressero severi dubbi sulla sua autenticità. A noi fa bene sapere che già a quei tempi essa fu considerata di natura sospetta dalla stessa autorità ecclesiastica tanto che nel 1389 il vescovo di Troyes scrisse al papa che quel telo era «arti- ficiosamente dipinto in modo ingegnoso». Clemente VII rispose che, per far cessare ogni frode, si proclamasse chiaramente che si RVS_3_64_stampa.indd 337 23/10/14 12:30
articoli 337-349 trattava di una raffigurazione o imitazione. In un’epoca in cui imperversavano le false reliquie (e il Boccaccio ne approfittava per irridere un po’ tutto), la decisione era opportuna, anche se non infallibile. Fu poi un papa guerriero come Giulio II nel 1506 a permetterne il culto pubblico con ufficio e messa propria; e non si trattò, come afferma ancora oggi qualcuno, di un volta- faccia della Chiesa, ma di una scelta pastorale per aiutare i fedeli a pregare debitamente davanti a quella immagine, qualunque provenienza avesse. In epoca moderna l’attenzione a questo particolare lenzuolo, arrivato a Torino da Chambéry di Savoia nel 1578 (per favorire san Carlo Borromeo che desiderava venerarlo) e rimasto definitivamente nel capoluogo piemontese, divenne famoso più che mai nel 1898 in seguito alla sensazionale scoperta di Secon- do Pia. Era un avvocato che s’intendeva di fotografia e che si avvide che il negativo fotografico che aveva ottenuto risultava stranamente come un positivo e migliorava di molto la visione del volto dell’uomo della Sindone, l’uomo che per i devoti era senz’altro Cristo Gesù. Viene da chiedersi cosa avrebbe provato, sapendo di questa scoperta, una santa come Teresa di Lisieux (la cui sorella Celina era un’appassionata fotografa), tanto devota del volto di Cristo secondo la raffigurazione detta di Tour; ma ella morì l’anno prima, nel 1897. Le ostensioni più recenti della Sindone si sono avute nel 1931 (nozze di Umberto di Savoia), nel 1933 (Anno Santo della Redenzione), nel 1978 (quarto centenario della Sindone a Tori- no), nel 1998 (centenario della prima foto), nel 2000 (Giubileo) e quest’anno 2010. I papi della nostra epoca, da Pio X a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno tutti demandato alla ricerca scienti- fica e storica il compito di chiarire, se possibile, l’attendibilità della Sindone quale sudario della passione del Signore; però non hanno nascosto la loro personale simpatia e devozione verso questo misterioso lenzuolo. 338 RVS_3_64_stampa.indd 338 23/10/14 12:30
Rodolfo Girardello Sindone, “specchio del Vangelo” L’interesse per esso, proprio nel secolo della disaffezio- ne alle “cose” cristiane, è cresciuto enormemente sia presso i credenti che presso i non credenti: avviene, cioè, che ci sono credenti entusiasti e altri che si mostrano almeno scettici (soprat- tutto in ambito protestante), ma alcuni non credenti, spesso di buona cultura e magari ricercatori sull’argomento, ne difendono l’ autenticità. È chiaro che non c’è alcun obbligo per un cristiano di credere alla Sindone; ma anche che a una persona minimamen- te prudente non è permesso esprimere disprezzo o irrisione o sarcasmo su una questione così difficile da inquadrare e quindi anche così difficile da mettere da parte. Cos’è la Sindone? Siamo ormai abituati a usare in modo esclusivo il termi- ne “sindone”, che deriva dal greco sindon e significa lenzuolo e anche tunica, per questo telo di Torino che porta impressa la figura drammatica e solenne di un uomo che richiama in tutti i particolari il Cristo della passione e morte. Si tratta di un antico telo di lino, tessuto manualmente a spina di pesce. È lungo cm 442, largo 113, spesso 0.34 e senza il supporto su cui attualmente è fissato pesa 1,123 kg. Già la sua struttura materiale attentamente esaminata è molto interessante per se stessa, ma molto più per ciò che vi si vede impresso: e lo si vede subito in prima battuta, ma molto meglio con l’aiuto della tecnica moderna, a partire da quella fotografica. Non si sa bene cosa notassero nei secoli lontani (per esem- pio nel 1300 o nel 1500) i comuni fedeli e soprattutto gli esperti di allora, che probabilmente si aiutavano almeno con qualche lente. Ma è dal 1898, dal negativo fotografico di Secondo Pia, che in questo telo si presentano chiaramente due immagini di un corpo maschile nudo a grandezza naturale. Una prima immagi- 339 RVS_3_64_stampa.indd 339 23/10/14 12:30
articoli 337-349 ne è frontale e un’altra dorsale perfettamente corrispondente, a riprova che quel corpo fu adagiato sulla metà inferiore del telo (immagine dorsale) e fu ricoperto con l’altra metà ripiegata su di esso (immagine frontale). Stupisce immediatamente il volto armonioso e perfettamente delineato e non già sfocato e dilatato come si otterrebbe su un lenzuolo a contatto con il corpo. Si vedono nitidamente i lunghi capelli e la barba. Si rico- noscono le ferite ai polsi e agli avampiedi in corrispondenza di possibili chiodi di un crocifisso. Si notano al costato una larga ferita da taglio e attorno al capo molte altre ferite per un presun- to casco di spine. Sul dorso si evidenzia un’ampia ferita da sfre- gamento, compatibile con qualcosa di rozzo e pesante portato sulle spalle; inoltre si hanno i segni di molteplici e profonde ferite su tutta la schiena, riconducibili alla flagellazione. A questo primo sguardo risulta evidente che davvero, come diceva Giovanni Paolo II, la Sindone è «lo specchio del Vangelo», poiché ricalca con esattezza tutti i principali elementi della passio- ne di Cristo e quindi non può che riferirsi a Lui. Nella storia sono stati crocifissi moltissimi uomini, flagellati infiniti schiavi, sbeffeg- giati innumerevoli poveracci che poi sono morti atrocemente in croce. L’uomo della Sindone di Torino li rappresenta tutti, con la sua vicenda particolare narrata in maniera così precisa. Qualcuno nel passato affermava che questa lettura della Sindone era guidata e condizionata dai Vangeli e che si tenta- va un concordismo forzato tra questo lino pur misterioso e la narrazione biblica. Se, per ipotesi, non si conoscessero quei testi, si obiettava, nessuno vi vedrebbe o i fori dei chiodi o i segni dei flagelli. Ma ormai questa obiezione non la sostengono più nean- che gli studiosi laici (ma ancora abbastanza i non studiosi), che un tempo rimproveravano non solo i devoti, ma anche gli esperti cristiani di muoversi troppo secondo le loro reminiscenze religio- se: esagerazione da non escludere in assoluto, ma da verificare rispettosamente, come non va esclusa la esagerazione contraria di chi non legge certi particolari o li attribuisce a tutt’altre cause. 340 RVS_3_64_stampa.indd 340 23/10/14 12:30
Rodolfo Girardello Sindone, “specchio del Vangelo” Tutti gli specialisti oggi ripetono sinceramente a se stessi che non possono difendere “a tutti i costi” la autenticità o meno della Sindone e devono guardarsi dai fondamentalismi di ogni tipo, religiosi o laici o agnostici. La storia ha consegnato questo lenzuolo alle generazioni passate che lo hanno giudicato con gli occhi di allora; oggi lo conse- gna a uomini moderni che, dotati di strumenti e metodologie di altissima qualità, sono ben lontani dal liquidarlo in modo spiccio, come qualcuno immaginava, ma si sentono provocati in maniera ancor più seria che nel passato, trattandosi di una questione davvero seria. Vi vedono coincidere troppi elementi della passione di Gesù, in particolare la sua crocifissione, documentata anzi in modo diver- so da come la si pensava fino a poco tempo fa, poiché i chiodi perfo- rarono non le mani ma i polsi, i piedi non al centro ma verso il collo. È fuori discussione ormai che la Sindone di Torino «è un rimando chiaro, diretto, analitico alla passione di Cristo» (B. Barberis). Questa è una prima conclusione tranquilla per tutti o quasi gli studiosi, come il capolavoro di Michelangelo nella Sisti- na è un rimando inoppugnabile al giudizio universale. Con ciò, tuttavia, non è ancora provato che si tratti del vero e originale lenzuolo in cui fu avvolto Gesù nel sepolcro. La pista storica Se si vuole approfondire la storia della Sindone è impor- tante, anzi necessario partire dai Vangeli. San Marco (15,46), confermato da Matteo (27,59) e da Luca (23,53), narra che un certo Giuseppe di Arimatea chiese a Pilato il corpo di Gesù ormai morto e «comprata una sindone, lo calò dalla croce e, avvolto- lo nella sindone, lo depose nel sepolcro scavato nella roccia». Il lenzuolo faceva le veci di una bara, secondo una tradizione ancora viva in Medio Oriente e anche altrove. Il Signore fu sepolto in maniera molto svelta, ma anche accurata, dopo essere stato unto con oli abbondantissimi e 341 RVS_3_64_stampa.indd 341 23/10/14 12:30
articoli 337-349 composto con bende, come racconta Giovanni (19,40). Queste bende o fasce (othonia) sono quelle che lo stesso Giovanni osservò entrando con Pietro nel sepolcro il mattino della risurrezione: le vide posate a terra, mentre il sudario (un panno posto proba- bilmente sul viso anche per tener ferma la mandibola) stava in disparte (Gv 20,6-7). La tomba si presentava come se fosse tutta in ordine, ma il corpo di Gesù non c’era. L’evangelista non accenna però alla sindone, di cui non ha parlato neppure al momento della sepoltura. Egli tace e nessuno degli autori sacri ne parla più. Sorge spontanea la domanda: dov’era finita? Stava lì ma all’evangelista, che guardando le bende e il sudario «vide e credette» nella risurrezione, non interessava e non diceva nulla? O nel parlare di bende-fasce ve la includeva? O che altro anco- ra? Se forse provava la ripugnanza naturale degli ebrei verso ciò che riguardava un cadavere, sicuramente la seppe vincere quan- do esaminò le bende, che ormai portavano il sigillo della risurre- zione. E la sindone lo portava quasi di più. Alla nostra sensibilità moderna pare strano che i primi cristiani non si siano attivati a conservare i segni di avvenimenti così determinanti quali la passione e la risurrezione del Signore. Come gli evangelisti avevano raccolto con cura «le opere e le parole» del Signore, come mai nessuno si preoccupò di mette- re da parte qualche importante oggetto-ricordo di quei fatti? In verità questo non possiamo neppure escluderlo, anche se una presa di coscienza di tale genere sembra sia emersa piuttosto al termine delle persecuzioni, per esempio circa la santa croce. Il cosiddetto corredo funerario di Gesù non pare riducibile ai seco- li del primo medioevo o addirittura a più tardi. Una verità è certa: lungo tutto l’amplissimo periodo che si estende fino alle crociate dei secoli XII e XIII si sono verificati, soprattutto nelle regioni del primitivo cristianesimo, sconvolgi- menti così grandi da travolgere persone e cose di ogni tipo e da privarci di un importantissimo materiale documentario. Così 342 RVS_3_64_stampa.indd 342 23/10/14 12:30
Rodolfo Girardello Sindone, “specchio del Vangelo” mancano per molte questioni gli anelli storici di cui sentiremmo il bisogno. Mancano tali anelli anche per capire se la Sindone origi- naria, nell’ipotesi che non sia andata distrutta fin dall’inizio, sia davvero quella di Torino, l’unica che presenti le caratteristiche di quella dei Vangeli (perché se ne contano altre, ma non presen- tano caratteristiche degne di considerazione). Nessuno presume di avere quegli anelli mancanti e nessuno può pretenderli, date le gravi perdite cui si accennava. La ricerca storica comunque continua, ma alla fine bisogna fare come quando una statua anti- ca viene restituita insperatamente dal mare (i bronzi di Riace): se anche non si sa quale sia la sua esatta provenienza, è un reperto da valutare per i dati che presenta (criteri interni, come si dice). Si può affermare lo stesso della Sindone che possediamo? Chi dice sì e chi no. Per sé di una imprecisata sindone si trovano vaghi e labi- li cenni presso autori della prima epoca cristiana della Chiesa orientale. Si favoleggia in quel tempo anche di qualche dipinto su lino che rappresenterebbe il solo volto o l’intero corpo del Signore. Si nomina in particolare il mandylion di Edessa (nella regione della Persia), che non si sa esattamente se fosse un panno della grandezza di un asciugamano e con il volto di Cristo o magari un foulard oppure un panno di misure maggiori. Auten- tico o meno, certamente fu venerato anche a Costantinopoli nel VII secolo e poi sparì, ma secondo alcuni studiosi si può identifi- care con la nostra Sindone riemersa in seguito. È documentato che soprattutto in Oriente, ma anche in Occidente si moltiplicano le immagini del volto di Cristo e alcuni ricercatori le ritengono collegate alla presenza o al ricordo della stessa Sindone. Specialmente nei secoli VI e VII si diffondono quelle che riguardano Gesù risorto, il Cristo Pantocrator: sono una consuetudine tutta cristiana, respinta dalla mentalità ebraica e anche da quella dell’Islam che sta invadendo il Medio Oriente. A un certo punto però, date pure certe esagerazioni, esse vengo- 343 RVS_3_64_stampa.indd 343 23/10/14 12:30
articoli 337-349 no contestate in seno alla Chiesa stessa così che, con l’ingerenza inopportuna e pesantissima degli imperatori di Costantinopoli, scoppia la furia iconoclasta (distruzione delle icone) e si arriva a una persecuzione sanguinosa verso quelli che le promuovono e conservano. In questo clima, che dura un secolo e mezzo, a una Sindone per quanto preziosa resterebbe poco spazio e anzi converrebbe un silenzio ancor più fitto. È solo nel 1203/1204, durante la quarta crociata, che si ha un’interessante testimonianza da parte di un cavaliere francese, Robert de Clari, che in una chiesa di Costantinopoli vede onora- ta una Sindone con l’impronta del corpo di Gesù. Subito dopo segue un terribile saccheggio in cui spariscono tanti tesori e tante reliquie, tra le quali forse anche quella Sindone. Esiste pure qualche documento che parla di Sindone in certe regioni della Grecia, dove i crociati francesi hanno impian- tato i loro feudi; e qualche altro documento, sfruttato dalla fanta- sia dei novellieri medievali e dei romanzieri moderni, accenna ai Templari, cavalieri dell’ordine religioso militare del tempio (di Gerusalemme), che avrebbero avuto in mano il sudario di Cristo. Ma di colpo nel 1353 ecco in Francia, nella regione della Champagne, apparire la nostra attuale Sindone, ritenuta vera, ma anche contestata dalle autorità religiose. Con una certa probabilità apparteneva, prima che al cavaliere Goffredo, al suo prozio e omonimo Goffredo di Charney ed era considerata un bene di famiglia, ottenuto chissà come, forse al tempo delle crociate. In ogni caso è da allora che si può seguirne in modo coerente la storia. Passata nel 1453 in mano ai Savoia, resta fino al 1578 a Chambéry, quindi arriva a Torino. Dal 1983 viene destinata per testamento di Umberto II di Savoia alla Santa Sede, che ne diviene proprietaria. 344 RVS_3_64_stampa.indd 344 23/10/14 12:30
Rodolfo Girardello Sindone, “specchio del Vangelo” La scienza e la Sindone In soccorso della storia che risulta molto incerta si sono mossi, nei tempi moderni, gli specialisti di varie discipline, che si sono dedicati ad analizzare sia il tessuto di Torino, sia le impron- te o immagini che vi si trovano. Quanto al tessuto di lino si è accertato che le sue fibre hanno una torcitura insolita rispetto ad analoghe sindoni dell’epoca di Gesù, ma non si può per questo escludere che sia di quel tempo e di quelle regioni. Infatti i pollini accumulati su di esso risultano tipici sia della Terra Santa che dell’Asia Minore; tuttavia si è obiettato che non si può determinare la loro vera specie e inoltre che appare difficile che si siano conservati così a lungo, anche se quelli delle antiche tombe egiziane sono stati invece accettati come autentici. L’esame al radiocarbonio 14, eseguito contemporane- amente e indipendentemente nel 1989 nei tre laboratori di Oxford, Zurigo e Tucson (USA), daterebbe il lenzuolo torinese tra il 1260 e il 1390. Il card. Anastasio Ballestrero, allora arcive- scovo di Torino, non contestò ma neppure accettò supinamente quella sentenza («la ricerca continua», commentò), ma la impu- gnarono con forza vari studiosi, compresi alcuni degli stessi labo- ratori interessati, perché il prelievo delle piccole parti del tessuto non sarebbe stato eseguito nel modo corretto e perché non si sarebbe tenuto conto di altro C 14 che poteva essersi aggiunto a quello originale e, soprattutto, perché l’esame non sarebbe stato eseguito secondo il protocollo circa la segretezza e l’indipenden- za. La questione è ancora aperta. Se una luce si spegne, un’altra si accende a favore dell’au- tenticità della Sindone di Torino per opera di scienziati che usano strumentazioni sempre più avanzate. L’immagine della Sindone, sottoposta a elaborazione elettronica, ha rivelato caratteristiche tridimensionali del tutto estranee a dipinti e foto. L’analisi medi- co-legale, poi, ha confermato che le ferite e i grumi di sangue 345 RVS_3_64_stampa.indd 345 23/10/14 12:30
articoli 337-349 e le macchie ematiche sono sicuramente di sangue umano del gruppo AB-O. Le striature di sangue sulla fronte corrispondono perfettamente ai vasi capillari come li ha individuati l’anatomia moderna. Un ricercatore obiettava, tra ferme contestazioni di colleghi, che si tratta non di sangue ma di qualcosa di dipinto: ma è un dato sicuro che nella Sindone non ci sono né coloranti né pigmenti e l’immagine è frutto di ossidazione e disidratazione delle fibre superficiali del lino, per un processo luminoso inspie- gabile. Con uno straordinario microscopio a scansione si sono individuate anche tracce di aloe e di mirra, sostanze usate nel rito di sepoltura di Gesù. Commenta il famoso sindologo Pierluigi Baima Bollone: Se questo fosse il sudario attribuito a Giulio Cesare non ci sarebbe nessuno che oserebbe dubitarne. Il fatto è che arrivare alla conclusione che quel volto, quel corpo sono del Cristo trascina con sé delle conse- guenze enormi, che qualcuno è interessato a evitare. A questo punto dell’indagine, l’onere della prova si è rovesciato: non più i fautori della autenticità di questo reperto, ma i negatori devono darci spiegazioni convincenti del loro rifiuto, di fronte alla mole di dati convincenti otte- nuti da noi scienziati. Una delle considerazioni dopo gli stupefacenti risultati della scienza messa a servizio della Sindone è la seguente: se la Sindone non è autentica ma presenta tutte quelle particolarità importantissime, il falsario che l’ha fatta, mostrandosi munito di abilità e di conoscenze inverosimili nel tempo passato, era senz’altro un personaggio prodigioso, un geniaccio che ha mira- colosamente anticipato i tempi; è lui, più che il lenzuolo, il prodi- gio inspiegabile. «La scienza si occupi in modo serio e onesto di scoprire la verità della Sindone», esortava una volta di più Giovanni Paolo II. Ovviamente i sostenitori della autenticità del Sacro Lino, come essi lo chiamano, insistono sulle argomentazioni e prove positive di carattere scientifico; gli oppositori invece ritornano 346 RVS_3_64_stampa.indd 346 23/10/14 12:30
Rodolfo Girardello Sindone, “specchio del Vangelo” sui punti dubbi o deboli. Oggi si osserva che la grande pubbli- cistica sbandiera più facilmente le prove contrarie o comunque quelle che mettono in discussione l’autenticità. Anche ultima- mente si sono lette sui giornali o sentite alla radio e alla televi- sione piuttosto affermazioni sfavorevoli e a volte anche penosa- mente banalizzanti. Una studiosa americana ha ipotizzato che sia stato il genio dei geni, Leonardo da Vinci, a fissare il proprio volto sulla Sindone, mentre è sicuro che essa è anteriore a lui di almeno un secolo, poiché appare nel 1353, mentre Leonardo nasce nel 1452. In ogni caso la gente semplice sembra seguire una propria convinzione che collima con la ricerca cauta e insie- me aperta. Dopo la pesante sentenza dei tre laboratori del 1989 non è diminuito, anzi è cresciuto l’afflusso a Torino per l’osten- sione del 1998. Uno dei due milioni di pellegrini L’ostensione di quest’anno, durata dal 10 aprile al 23 maggio, ha mosso più di due milioni di pellegrini, uno dei quali è stato Benedetto XVI. Ancora una volta anche chi s’è recato a Torino per semplice curiosità ha confessato che un po’ del fasci- no della Sindone l’ha provato. Chi non ha potuto permettersi questa esperienza se ne può rammaricare con ragione. Chi ha pensato che piuttosto di correre a vedere un lenzuolo di natura incerta è meglio andare davanti al santissimo Sacramento senza dubbio sa che è proprio all’Eucarestia, al Crocifisso e al Vangelo che la Sindone rimanda, qualunque sia la sua vera identità. La Sindone rimanda direttamente alla Persona di Cristo e a nient’altro. La si consideri come una «reliquia» (Giovanni Paolo II) o come una «icona» (Benedetto XVI), essa ha questa umile funzione, che è quella ordinaria delle reliquie e delle icone, ma espressa qui in forma straordinaria. Oggi siamo assai più fortunati di un tempo: sappiamo che la Sindone – sulla quale si sono scritti innumerevoli libri e 347 RVS_3_64_stampa.indd 347 23/10/14 12:30
articoli 337-349 si tengono convegni internazionali e simposi di grande impegno ed è sorta una specifica disciplina specializzata, la sindonologia – non è un oggetto “curioso”, ma un vero mistero storico che mette in crisi il credente e il non credente serio. La Sindone non sarà mai la prova della passione e tanto meno della risurrezione di Cristo, ma un segno e un vigoroso richiamo nient’affatto devozionale ai grandi avvenimenti del cristianesimo, un invito a prenderli più sul serio. Il film La passio- ne di Mel Gibson, per quanto contestabile e contestato, ha avuto il merito di far dire ai cristiani: “Ma noi abbiamo come dogma tutta quella sofferenza!”; e ai non cristiani: “Ecco che tragedia i cristiani tengono cara: come faranno?”. Orbene, la Sindone supera, in un modo più silenzioso e insieme più potente, qual- siasi film basato sull’artificio. Molto più favoriti della gente del 1300 o del 1500 (S. Carlo Borromeo) o anche di soli cent’anni fa, possiamo facilmente approfondire quanto riguarda questo misterioso lenzuolo ricorrendo a un libro o a un cd che ce lo illu- stri, trovandoci subito immersi in un’atmosfera che può favorire grandemente la meditazione. Dalla Sindone si impara a pregare. Della Sindone colpisce forse più di tutto il volto che vi appare e che richiama il Santo Volto di Cristo. Il papa Paolo VI, ricordando il desiderio e la gioia che la gente provava di vedere Gesù, come nel caso di Zaccheo, nella prima ostensione televisi- va della Sindone nel 1973 si augurava: Codesta sorprendente e misteriosa reliquia valga a condurre i visi- tatori non solo ad una assorta osservazione sensibile dei lineamenti esteriori e mortali della meravigliosa figura del Salvatore, ma possa altresì introdurli in una più penetrante visione del suo recondito e affa- scinante mistero. Giovanni Paolo II nel suo pellegrinaggio a Torino il 24 maggio 1998 sviluppava una profonda meditazione in sei punti: La Sindone è provocazione all’intelligenza. – La Sindone è spec- chio del Vangelo. – Nella Sindone si riflette l’immagine della 348 RVS_3_64_stampa.indd 348 23/10/14 12:30
Rodolfo Girardello Sindone, “specchio del Vangelo” sofferenza umana. – La Sindone è immagine dell’amore di Dio, oltre che del peccato dell’uomo. – La Sindone è anche imma- gine di impotenza. – La Sindone è immagine del silenzio. E su quest’ultimo punto diceva: La Sindone esprime non solo il silenzio della morte, ma anche il silen- zio coraggioso e fecondo del superamento dell’effimero, grazie all’im- mersione totale nell’eterno presente. Essa offre così la commovente conferma del fatto che l’onnipotenza misericordiosa del nostro Dio non è arrestata da nessuna forza del male, ma sa anzi far concorrere al bene la stessa forza del male. Il nostro tempo ha bisogno di riscoprire la fecondità del silenzio, per superare la dissipazione dei suoni, delle immagini, delle chiacchiere che troppo spesso impediscono di sentire la voce di Dio. Il 2 maggio scorso Benedetto XVI, dopo la venerazione della Sindone, che ha definito «icona» del mistero del Sabato Santo, commentava: Nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità. E tuttavia la morte del Figlio di Dio ha un aspetto opposto, totalmente positivo, di consolazione e di speranza. Il Sabato Santo è la ‘terra di nessuno’ tra la morte e la resurrezione, ma in questa terra di nessuno è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo: ‘Passio Christi, passio hominis’. E la Sindone ci parla esattamente di quel momento; sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile della storia dell’uma- nità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale. 349 RVS_3_64_stampa.indd 349 23/10/14 12:30
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