Scrivere un racconto Mario Gineprini - Qui testo - Formazione Loescher
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Qui testo Scrivere un racconto Mario Gineprini
Le tappe della stesura • L’ideazione della trama • La scelta del narratore • La scrittura dell’incipit • La creazione dei personaggi • La caratterizzazione di luoghi e tempi • La scrittura dell’excipit
La trama
“Un personaggio vuole qualcosa, persegue il suo obiettivo malgrado le opposizioni (compresi forse i suoi stessi dubbi) e giunge a un denouement (scioglimento delle vicende)” • Obiettivo: ritorno a Itaca • Opposizioni: Polifemo, Circe, Calipso, ecc • Scioglimento delle vicende: arrivo a Itaca • Obiettivo: il matrimonio • Opposizioni: Don Rodrigo, la Monaca di Monza, la peste • Scioglimento delle vicende: ricongiungimento e matrimonio
Gli schemi narrativi • I rapporti sentimentali • I conflitti generazionali • Lo scontro tra bene e male • La creazione dei personaggi • Le divisioni sociali, economiche e razziali • La libertà di scegliere • La lotta contro il destino • La ricerca del mistero e dell’ignoto
La rottura dell’equilibrio • Il protagonista si innamora (o viceversa) • Il protagonista rivela un segreto(o viceversa) • Il protagonista viene minacciato o aggredito (o viceversa) • Il protagonista compie un’azione ignobile(o viceversa) • Il protagonista dice una bugia(o viceversa) • Il protagonista cerca di truffare qualcuno (o viceversa) • Il protagonista vive una situazione di isolamento • Il protagonista compie un errore • Il protagonista riceve una visita • Il protagonista fa un sogno
Il compito Elabora il soggetto sintetico, circa 300 parole (o 2000 battute) di una storia in cui delinei lo sviluppo degli avvenimenti principali e inizi ad abbozzare le figure dei personaggi. Non lasciarti attrarre dal desiderio di costruire un meccanismo narrativo troppo complesso e con molti personaggi, che in seguito potrà essere difficile gestire. Per ora, ciò che ci serve è un progetto schematico che nulla ci impedirà di integrare con fatti e personaggi che in un primo momento non sono previsti
Il narratore
La scelta del narratore (alcune domande) • Quale effetto produrrebbe la storia raccontata in terza persona? • A quale tipo di focalizzazione sarebbe più adatta? • Il narratore esterno è preferibile nascosto o palese? • In caso di narrazione in prima persona è più opportuno affidarla a un personaggio del racconto o a uno spettatore esterno alle vicende?
Il narratore onnisciente (focalizzazione zero) Ella non comparve a pranzo. La sera, venne un momento in salotto, ma non guardò Giuliano. Questa condotta gli parve strana. “Ma, – pensò, – non conosco i loro usi; avrò da lei una spiegazione”. Tuttavia, in preda alla più viva curiosità, studiava l’espressione del volto di Matilde. […] Mentre egli, con la testa piena dei pregiudizi attinti dai libri, inseguiva la chimera di un’amante tenera, che non pensi più alla sua propria esistenza dal momento che ha fatto la felicità dell’uomo amato, Matilde era furibonda contro di lui, per vanità. Poiché da due mesi aveva cessato di annoiarsi, non temeva più la noia; e così Giuliano, senza poterlo minimamente sospettare, aveva perduto il suo pregio maggiore. (Stendhal, Il rosso e il nero)
Il narratore onnisciente (palese) Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che parevano aggranchiate. Come stesse di dentro, s’intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale, e de’ tempi in cui gli era toccato di vivere. Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da’ primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d’esser divorato. […] Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull’animo del poveretto, quello che s’è raccontato. (A. Manzoni, Promessi sposi)
Il narratore esterno (focalizzazione esterna) Il salotto della signora de Beaumont è quasi completamente occupato da un grande pianoforte da concerto sul leggio del quale è appoggiata la partitura chiusa di un celebre ritornello americano, Gertrude of Wyoming, di Arthur Stanley Jefferson. Davanti al pianoforte è seduto un vecchio con la testa coperta da un foulard di nylon, e sta per accordarlo. Nell'angolo sinistro della stanza, c'è una grande poltrona moderna, fatta di una gigantesca semisfera di plexiglas cerchiata d'acciaio, che poggia su una crociera di metallo cromato. Di fianco, un blocco di marmo di sezione ottagonale funge da tavola bassa; sopra, è appoggiato un accendino d'acciaio insieme a un sottovaso cilindrico da cui spunta una quercia nana (G. Perec, La vita, istruzioni per l’uso)
Il narratore esterno (focalizzazione interna) Sarebbe andata alla stazione di polizia. Era troppo tardi, ormai - domani, allora: di mattina, come prima cosa. Sarebbe stata calma e logica e avrebbe spiegato perché le loro supposizioni erano sbagliate. Avrebbe fatto riaprire il caso. Scarlet passò il polso sotto lo scanner posto accanto al portellone della navicella e lo spalancò con più foga di quanta gli stantuffi potessero sopportare. Avrebbe detto al detective che doveva continuare a cercare. Si sarebbe fatta ascoltare. Gli avrebbe fatto capire che la nonna non se n'era andata di sua spontanea volontà, e che sicuramente non si era uccisa. (M. Meyer, Scarlet)
Il narratore interno Il professor Marin mi scruta da lontano, il sopracciglio inarcato,le mani appoggiate alla cattedra. Non avevo fatto i conti con il suo potentissimo radar. Speravo di cavarmela, invece vengo beccata. Venticinque paia di occhi girati verso di me aspettano la risposta. Il genio colto in fallo. Axelle Vernoux e Léa Germain sbottano a ridere in silenzio coprendosi la bocca, una decina di braccialetti tintinnano allegramente ai loro polsi. Se potessi sprofondare cento chilometri sottoterra, dalle parti della litosfera, non sarebbe male. Odio le relazioni, odio parlare davanti a tutti, una faglia sismica si apre sotto i miei piedi, ma tutto rimane immobile, nulla crolla, preferirei svenire qui, subito, fulminata, cadere a terra morta stecchita, le Converse a ventaglio, le braccia in croce, il professor Marin scriverebbe con il gesso alla lavagna: qui giace Lou Bertignac, la migliore della classe asociale e muta. (D. De Vigan, Gli effetti secondari dei sogni)
Il compito Riscrivi il soggetto precedentemente elaborato, utilizzando il tipo di narratore che hai scelto di adottare. Ciò ti permetterà di verificare l’opportunità della tua scelta e di eventualmente integrare e rivedere la tua trama.
L’incipit
I tipi di incipit • L’incipit descrittivo – La presentazione dei personaggi (Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone. G. Verga, Rosso Malpelo) – La presentazione dei luoghi (Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte. A. Manzoni, Promessi sposi) • L’incipit riflessivo (È un fatto universalmente noto che uno scapolo provvisto di un cospicuo patrimonio non possa fare a meno di prendere moglie. J. Austen, Orgoglio e pregiudizio; Le famiglie felici si somigliano tutte, le famiglie infelici lo sono ognuna a suo modo. L. Tolstoi, Anna Karenina) • L’incipit narrativo in medias res (Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena dura come una corazza, bastava che alzasse un po’ la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati. F. Kafka, La metamorfosi) • L’incipit narrativo con analessi (Mia moglie si è sparata ieri pomeriggio. O almeno questo è quanto ritiene la polizia. R. Mason, Anime alla deriva) • L’incipit narrativo con prolessi (Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. G. Garcia Marquez, Cent’anni di solitudine)
Il compito Valuta quale tipo di incipit è più funzionale allo sviluppo successivo del tuo racconto e scrivilo. Come hai visto negli esempi, può essere brevissimo, poche righe, o può dilungarsi maggiormente: in ogni caso ricorda che come ogni parte del racconto è sempre possibile rivederlo, per ora siamo soltanto nella fase in cui incominciamo a dare forma alla tua idea iniziale.
I personaggi
La caratterizzazione dei personaggi • Caratterizzazione fisica • Caratterizzazione psicologica • Caratterizzazione sociale • Caratterizzazione ideologica – culturale
La caratterizzazione dei personaggi Gli traversava il volto una cicatrice amara: un arco cinereo e quasi perfetto che lo sfregiava da una tempia fino all’altro zigomo. Il suo vero nome non importa; tutti a Tacuarembò lo chiamavano l’Inglese della Colorada. Il padrone di quei campi, Cardoso, non avrebbe voluto venderli; dicono che l’Inglese ricorse a un argomento impreveduto; gli raccontò la storia segreta della cicatrice. L’Inglese veniva dalla frontiera, da Rio Grande do Sul; alcuni assicuravano che in Brasile era stato contrabbandiere. I campi della Colorada erano pantanosi; le acque, amare; l’Inglese, per rimediare a queste deficienze, lavorò al pari dei suoi peoni. Dicono che fosse severo fino alla crudeltà, ma scrupolosamente giusto. Dicono anche che s’ubriacasse; un paio di volte all’anno si chiudeva in camera e ne emergeva dopo due o tre giorni come da una battaglia o da una vertigine, pallido, tremante, sgomento, e non meno autoritario di prima. Ricordo i suoi occhi glaciali, la sua energica magrezza i suoi baffi grigi. Non frequentava nessuno; vero è che il suo spagnolo era rudimentale, misto di brasiliano. A parte qualche lettera commerciale e qualche catalogo, non riceveva corrispondenza. (J.L. Borges, La forma della spada)
La caratterizzazione dei personaggi Visenya, la maggiore, si trovava a proprio agio in una cotta di maglia così come in una veste di seta. Portava lo spadone valyriano Sorella oscura e sapeva brandirlo con abilità, essendosi addestrata con suo fratello sin dall'infanzia. Sebbene sfoggiasse i capelli oro-argentati e gli occhi viola caratteristici di Valyria, la sua era una bellezza dura, austera. Persino coloro che l'amavano di più la trovavano severa, grave, implacabile; c'era persino chi sosteneva che Visenya si dilettasse con veleni e praticasse la magia nera. Rhaenys, la più giovane dei Targaryen, era il contrario della sorella: allegra, curiosa, impulsiva, incline alle fantasticherie. Per nulla una vera guerriera, Rhaenys amava piuttosto la musica, la danza e la poesia, offrendo il proprio sostegno a molti bardi, mimi e saltimbanchi. Eppure si diceva che trascorresse più tempo in groppa al suo drago del fratello e della sorella messi insieme, giacché, soprattutto, amava volare. Una volta la sentirono affermare che prima di morire intendeva attraversare il Mare del Tramonto per scoprire cosa giacesse al di là dei lidi occidentali. (G. R. R. Martin, Fuoco e sangue, trad. di E. Rialti, Mondadori, 2018)
Il compito Scrivi la presentazione dei personaggi che hai previsto per il tuo racconto e per ciascuno di essi scegli in quale modo connotarli. Tieni presente che di solito la caratterizzazione del protagonista è completa (fisica, psicologico e socio – culturale) mentre di solito gli altri personaggi si possono distinguere anche per solo uno di questi aspetti, quello che meglio sintetizza il loro ruolo e la loro personalità.
Il tempo e lo spazio
Il tempo e lo spazio • Il tempo – Il passato – Il presente – Il futuro • Lo spazio – Luoghi reali – Luoghi fantastici
Il compito Riprendi dall’inizio il percorso del tuo racconto e inserisci in ogni passaggio in cui lo ritieni funzionale degli elementi che possano fornire indicazioni sulla collocazione temporale e spaziale che hai scelto.
L’excipit
L’excipit riflessivo Ma via, guardate un po' più attentamente! Ma se non sappiamo nemmeno più dove vive, adesso, quel che vive, e che cos'è, e come si chiama! E se ci lasciassero soli, senza i libri, noi ci confonderemmo subito, ci smarriremmo – non sapremmo da che parte stare, dove aggrapparci; cosa amare e cosa odiare, cosa rispettare e cosa disprezzare! Persino esser uomini è un peso, per noi, - uomini con un corpo vero, nostro, di carne e sangue; ce ne vergogniamo, noialtri, lo consideriamo un'onta e c'incaponiamo di essere chissà quali «uomini in generale», che in realtà non sono mai esistiti. Siamo dei nati morti, noialtri, ed è già da tanto tempo che nasciamo da padri che non san più vivi, il che d'altronde continua a piacerci sempre di più. Ci stiamo prendendo gusto. Presto escogiteremo un modo di nascere addirittura da un'idea. Ma basta; non ho più voglia di scrivere «dal Sottosuolo» ... (F. Dostoevskij, Memorie del sottosuolo)
L’excipit con analessi Basta ricordare quel che mi accadde in questo senso sette mesi fa, prima della mia perdita definitiva! Oh, quello sì che fu un bel caso di risolutezza: avevo perduto tutto allora, tutto … Esco dal casinò, guardo, nella tasca del panciotto mi balla ancora un fiorino: “Ah, dunque ci sarà di che desinare!” pensai; ma, fatti un centinaio di passi, cambiai idea e tornai indietro. Quella volta puntai sul manque: e davvero c’è qualcosa di speciale nella tua sensazione, allorché solo, in terra straniera, lontano dalla patria, dagli amici e senza sapere quel che oggi mangerai punti l’ultimo fiorino, proprio l’ultimo! Vinsi, e dopo venti minuti uscii dal casinò con centosettanta fiorini in tasca. Questo è un fatto! Ecco quel che può significare, a volte, l’ultimo fiorino! E se io allora mi fossi perduto d’animo, se non avessi osato risolvermi?… Domani, domani tutto finirà!”. (F. Dostoevskij, Il giocatore)
L’excipit aperto «Non domandare, a noi non è dato sapere ... » Si fermò, mordicchiando la matita; poi concluse il pensiero con un brivido di soddisfazione: « ... che cosa il destino abbia in serbo per me, che cosa per te » (A. Munro, Nemico, amico, amante, trad. di S. Basso, Einaudi, Torino 2003) Con il cuore che gli batteva forte e l'animo che volava mentre la notizia penetrava a poco a poco nella sua coscienza stanca e confusa, Benjamin alzò le braccia verso la macchina che si allontanava e cominciò ad agitarle con movimenti rapidi e frenetici. Ma sua nipote stava guardando avanti. Teneva gli occhi fissi sulla strada davanti a sé mentre accelerava, una mano sul volante e l'altra appoggiata sul ventre ingrossato, sede di quell'incerta dichiarazione di fede in un futuro ambiguo e ignoto. (J. Coe, Middle England)
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