RIDUZIONE DI "IL GRANDE RE DEL TIBET E LE DUE PRINCIPESSE"
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
RIDUZIONE DI "IL GRANDE RE DEL TIBET E LE DUE PRINCIPESSE" Il Tibet aveva finalmente trovato una sua unità sotto la guida del grande re Songtsen Gampo, il suo territorio si estendeva dalle grandi steppe dell'Altopiano alle pendici dei monti dell'Himalaya. Era un'area ricca di boschi in cui vivevano molte tribù di guerrieri, non troppo unificate, fino ad allora, da una cultura comune e da un'unica religione. Così il re del Tibet desiderò prendere in moglie due principesse che per la loro sapienza sarebbero state sicuramente in grado di trasmettere al popolo tibetano una grande ricchezza spirituale e l'avrebbero educato a credere e praticare le discipline della religione buddhista. Questi matrimoni potevano inoltre assicurare alla nazione tibetana una lunga pace e vantaggiose alleanze con le vicine nazioni del Nepal e della Cina. Il grande re Songtsen Gampo vide con il suo occhio spirituale le pricipesse lontane e ne ammirò le virtù. Desiderò come sposa la pricipessa nepalese Bhrikuti Devi, scorse che questa fanciulla aveva tutt'intorno una luminosa aura verde, capì così le sue doti spirituali che erano una grande compassione e lil desiderio di proteggere ogni creatura. Questa principessa, il re ne era certo, conosceva in profondità molte scienze e i commenti più belli alle dottrine della religione. Quando poi Wencheng, la figlia dell'imperatore cinese, raggiunse l'età da marito Songtsen Gampo desiderò anche questa principessa come sua sposa, con il suo occhio spirituale vide la sua aura bianca e luminescente, capì così che la principessa aveva una grande capacità nel prendersi cura e poteva trasmettere una profonda serenità. Seppe inoltre che era zelante nella fede e molto erudita nelle scienze. Prima di tutto il re del Tibet mandò il ministro Gar al re del Nepal e poichè prevedeva che questa missione non sarebbe stata facile gli consegnò tre lettere dorate. Sapeva infatti che il sovrano dei territori nepalesi era pieno di sè e si sarebbe indignato solo all'idea di mandare sua figlia nell'Altopiano popolato dai "barbari dalla faccia rossa", in una zona lontana dalle nazioni civilizzate. Quando Gar si presentò al re del Nepal con preziosi doni, tra cui lapislazzuli dai poteri magici, questi rifiutò tali omaggi e cominciò a porre delle domande. Dalle risposte dipendeva il futuro matrimonio della principessa nepalese. La prima fu: "Il re del Tibet conosce le Dieci Virtù?" Solo così avrebbe potuto regnare con saggezza. Gar allora aprì la prima busta dorata che conteneva l'elenco delle Dieci Virtù. Nella lettera era inoltre scritto che Songtsen Gampo avrebbe suscitato numerosi Tulpa, figure magiche, le quali, se la principessa fosse venuta in Tibet avrebbero diffuso le Virtù nella popolazione. Se però il re del Nepal non avesse acconsentito al matrimonio i Tulpa gli avrebbero mosso guerra per rapire la principessa. Allora il re del Nepal, cominciando a sentirsi inquieto, pose una seconda domanda, chiese se Songtsen Gampo avrebbe costruito dei monasteri nel suo territorio. Al ministro non fu necessario fare un viaggio per avere la risposta perchè era contenuta nella seconda busta dorata: vi era scritto che i Tulpa avrebbero costruito i templi se la principessa fosse andata
sposa al re del Tibet. In caso contrario i Tulpa avrebbero distrutto il Nepal. Il re del nepal spaventato da queste minacce pose un terzo quesito. Chiese se in Tibet vi fossero le cinque delizie: bella musica, lingua armoniosa, profumi gradevoli, buoni cibi e frutta. Di nuovo Gar tirò fuori una lettera dorata, la terza e ultima, in questa era scritto che i Tulpa avrebbero procurato tutte le ricchezze del mondo per rendere felice la principessa. Se però non fosse stata data in sposa al re del Tibet questo l'avrebbe fatta rapire con le armi. Il re del Nepal si arrese e nel congedarsi dalla figlia, per consolarla cantò le meraviglie del paese in cui sarebbe andata in sposa, disse: "Figlia del mio cuore, tra tutti i paesi il Tibet è un paese nobile. Alti sono i suoi monti, la sua terra è pura. Le catene delle colline innevate somigliano al collo delle capre selvatiche. Fresco, bello, simile alle spendide dimore degli dèi, questo mirabile paese è fonte di ogni felicità, fonte dei quattro grandi fiumi, reso ancora più bello dagli alberi da frutto e dai folti boschi. Un paese in cui abbondano i cinque cereali, dove si trovano diverse pietre preziose e metalli pregiati. Gli animali dalle quattro zampe vi si trovano ovunque e, festanti, gli uomini preparano il burro. Il re è la reincarnazione di un dio. Illuminati sono coloro che lo circondano. Ancora non vi è religione in questo paese, ma il re ha una legge. Così come l'ho descritto, così è questo paese, e tu lì andrai, figlia mia..." I doni con cui la principessa partì per il Tibet furono una statua consacrata del Buddha, una di Tara, la dea della compassione, erbe e pietre preziose per alleviare ogni sofferenza e un ricco seguito con molti elefanti, cammelli e muli carichi d'oro, argento e seta, di ogni cosa che potesse servirle. Così Bhrikuti Devi raggiunse il paese dalle grandi nevi. Nell'impero di mezzo viveva una principessa di straodinaria bellezza e intelletto, si chiamava Wencheng, ogni principe e re dei regni vicini la desiderava in moglie, così i prentendenti erano molti. L'imperatore, padre della principessa, si sentiva veramente onorato nel ricevere tutti questi inviati che si presentavano nella capitale dell'impero per chiedere la mano di sua figlia, la scelta era ardua... Il re del Tibet, che proprio in quel tempo aveva radunato molte tribù di pastori ostili tra loro, era un sovrano ricco di grandi doti politiche e ottimi consiglieri. Inviò il più sagace consigliere tra tutti, Ludongtsen, per ottenere il consenso dell'imperatore al suo matrimonio con la principessa Wencheng. Al palazzo imperiale vi erano già sei messaggeri di altrettanti re, i quali erano venuti a chiedere la mano della principessa. Ognuno cercava di svolgere il proprio compito al meglio per non condividere la sorte di chi prima d'allora aveva tentato questa impresa e se n'era dovuto tornare a casa senza successo. Per l'imperatore era difficile prendere una decisione e certamente non lo sfiorava nemmeno l'idea di mandare sua figlia in un paese tanto lontano e rude come il Tibet. I ministri dell'imperatore gli diedero il consiglio di non respingere nessuno dei messaggeri, ma di metterli alla prova per vedere quale di loro era più sagace. Così il grande sovrano dell'impero di mezzo, disse: "Se avessi sette figlie stabilirei volentieri un legame con ognuno dei vostri sovrani, ma ho una sola figlia e la giustizia vuole che l'abbia in moglie quel re il cui inviato saprà risolvere correttamente i problemi
che vi porrò". Il grande sovrano cinese fece portare un certo numero di giumente e altrettanti puledri e disse agli inviati dei re: "Chi di voi è capace di individuare quale puledro sia nato da quale giumenta?" Il messaggero tibetano lasciò che gli altri andassero in mezzo al branco rischiando qualche pedata o lo spavento per dei nitriti improvvisi... Ma i suoi compagni non arrivarono a capo di nulla. L'inviato del Tibet conosceva bene le abitudini di questi animali belli e fieri, così, quando gli altri desistettero dall'impresa, diede ordine ai servi dell'imperatore di dar da mangiare alle giumente. Dopo essersi saziate, le cavalle chiamarono con sonori nitriti i loro piccoli per allattarli e l'arcano quesito fu risolto! Ogni piccolo raggiunse la madre, si fece da lei accarezzare, poi abbassò la testa e cominciò a poppare con voluttà. Ognuno potè vedere quale puledro apparteneva a quale giumenta senza che il messaggero del re del Tibet avesse mosso un dito. L'imperatore cinese, pur sorpreso di come l'inviato Tibetano era riuscito a risolvere questo enigma, non desiderava affatto affidare la sua amata figlia ad un uomo, che aveva sì un grande acume, ma veniva da un paese così barbaro. Perciò sottopose i contendenti ad una seconda prova. Mostrò ai messaggeri uno smeraldo lavorato con grande maestrìa da un artista che ne aveva creato all'interno un canaletto contorto, in cui però ancora nessuno era riuscito a far passare un filo. L'imperatore disse: "Chi tra voi avrà una mano tanto abile da far passare una cordicella sottilissima attraverso questo piccolo cunicolo, in modo che esca dall'altra estremità, avrà buone possibilità nelle trattative nunziali." Anche questa volta il Tibetano fu l'ultimo a mettersi in gioco: gli inviati che provarono prima di lui faticarono e sudarono molto, ma non ottennero alcun risultato. Quando giunse il suo turno, Ludotseng mise in atto un trucco ingegnoso: legò ad una formichina il filo e pose l'insetto davanti al buco della pietra preziosa, poi spalmò del miele intorno all'uscita del canaletto in modo che, attratta dal dolce profumo, la formica attraversasse l'incavo facendo passare il filo all'interno. Una volta uscita, il messaggero Tibetano annodò le due estremità della cordicella e consegnò lo smeraldo all'Imperatore. Di nuovo, il sovrano rimase colpito dall'acume di Ludotseng, ma non si diede per vinto e, per garantire agli ospiti che la scelta del pretendente si sarebbe svolta con severo rigore, organizzò una terza gara. Chiamò perciò un carpentiere che pose davanti ai messaggeri un rullo di legno perfettamente liscio e levigato e disse: "Chi di voi saprà dire quale estremità di questo pezzo di legno era diretta verso la radice e quale verso la cima dell'albero, avrà ottime speranze di ottenere una risposta positiva nella questione del matrimonio." I sei messaggeri con grande zelo si prodigarono a misurare, paragonare, contare, fare calcoli, osservare nei più piccoli dettagli il pezzo di legno, ma non arrivarono ad alcun risultato. Il messo Tibetano li guardava trafficare, conosceva bene le proprietà del legno perchè veniva da un paese pieno di boschi, così, quando fu il suo turno, gettò il tronco nel fossato del palazzo la cui acqua scorreva tanto lentamente da non far rumore. Il pezzo di legno, quasi una mano magica lo muovesse, prese subito una precisa direzione, la parte più pesante in avanti e quella più leggera indietro.
Nel cuore dell'imperatore combattevano la stima crecente per Ludotseng e la paura per la sorte della principessa, cercò allora nuovi ostacoli. Accogliendo il suggerimento dei suoi ministri, fece vestire e truccare in modo uguale un numero notevole di fanciulle tra le quali v'era sua figlia e disse: "Per dimostrare la mia ricerca della perfetta giustizia, chiedo agli invitati di sottoporsi ad un'ultima prova. Nel palazzo sono radunate molte vergini. Chi tra gli invitati riesce a scoprire quale sia la principessa, costui è in definitiva più degno di tutti di trattare con me sulla questione del matrimonio." I sei messaggeri dei regni vicini cercarono erroneamente la più bella tra le fanciulle e non indovinarono quale fosse la principessa. Ludotseng capì che questa impresa era tutt'altro che facile e così passò il tempo, dalla mattina presto alla sera, cercando notizie sulla figlia dell'Imperatore. Chiedeva ai venditori che giravano per la città, ma nessuno sapeva dirgli nulla, infine si imbattè in una vecchia lavandaia che gli sussurrò: "Nobile signore, che singolari sono le vostre domande! Nessuno oserebbe svelare queste cose perchè subito dopo l'indovino imperiale scoprirebbe il traditore." Ludotseng intuì che questa anziana avrebbe forse potuto dargli le notizie desiderate, se solo fosse stata libera dalla paura dell'indovino. Così le disse: "Cara nonnina, conosco un rimedio provato che confonde perfino il veggente più esperto!". Prese tre lastre di pietra bianca, le mise una sopra l'altra, vi appoggiò un paiolo di ferro e lo riempì d'acqua, vi mise dentro uno sgabello di legno e diede alla vecchia una moneta di rame. Le disse che se si sarebbe seduta sullo sgabello con il soldo in bocca l'indovino avrebbe pronunciato queste parole: "La notizia della principessa fu diffusa da qualcuno che sta su un alto monte; il monte galleggia in un mare di ferro circondato da tre monti argentei. Egli parla con una lingua di rame e con denti d'argento. O, semmai, penseranno tu sia una donna beata, protetta dagli dèi! Perchè dunque non dovresti raccontarmi tutto ciò che sai sulla principessa?" Allora la vecchia lavandaia diede dei preziosi consigli, disse che non doveva scegliere la più bella delle fanciulle perchè la principessa era bella, ma si esageravano le sue doti estetiche per far piacere all'Imperatore, non la doveva cercare agli estremi del gruppo delle fanciulle, bensì verso il centro. Gli disse poi che la principessa fin da bambina si era splamata i capelli con un profumo che piaceva molto alle farfalle, amava infatti tantissimo questi piccoli giullari che le svolazzavano sempre intorno. Il Tibetano non avrebbe dovuto far altro che osservare quale tra le ragazze sarebbe stata circondata da questi graziosi insetti. Ludotseng ringraziò la vecchia donna e proprio per i suoi suggerimenti gli fu facile riuscire ad individuare tra le numerose fanciulle quale fosse la figlia dell'Imperatore. Tra i cortigiani e gli altri sei inviati si sollevarono mormorii di stupore e perplessità. Anche il sovrano pareva diffidente e sospettoso, di conseguenza chiamò a rapporto l'indovino che però non riuscì a far altro che un discorso sconnesso e privo di logica... Nessuno comprese mai dove il messaggero Tibetano avesse attinto le sue conoscenze. All'imperatore non rimase che dare udienza a Ludotseng, dal momento che il Re Tibetano si era dimostrato l'indiscusso vincitore della competizione. Il messaggero, al vedere la principessa, esordì con queste parole: "Nobile fanciulla, non sbaglierò supponendo che Vostra Maestà Imperiale vi consegnerà molti doni nunziali. Vi pregherei ad ogni modo di non portare con voi gioielli e oggetti ornamentali; il tesoro del Tibet abbonda infatti di queste cose. Più utili sarebbero invece i semi dei cinque cereali
coltivati dai contadini dell'Impero di Mezzo, nonchè aratri e artigiani esperti. Allora noi tibetani potremmo coltivare i campi come i contadini del popolo han, e condurre il nostro paese ad una vita migliore. Per noi tibetani doni nunziali di tal genere sarebbero infinitamente più preziosi di altissime montagne d'oro e d'argento." Nonostante le richieste di Ludotseng si presentassero un po' stravaganti, la principessa, che era di animo comprensivo, acconsentì a soddisfarle e si preparò a diventare la moglie di un sovrano a lei ancora sconosciuto. Quando il corteo nunziale partì alla volta del Tibet, al seguito di Wencheng e dell'inviato i cittadini videro passare con grande stupore carri colmi dei cinque ceraeli, di aratri e numerosi maestri artigiani... insomma, un corteo davvero particolare, ma molto sontuoso! Si narra che da quel giorno in avanti, in Tibet sia fiorita anche l'agricoltura, accanto all'allevamento del bestiame che già era praticato. Cominciò a svilupparsi inoltre l'artigianato e si costruirono mulini a vento lungo i corsi d'acqua. E' così che ora ogni cittadino conosce il messaggero Ludotseng e la moglie del re del Tibet, la principessa Wencheng. La strada che conduceva dalla capitale del regno cinese al Tibet era difficile da percorrere. Si incontravano passi ghiacciati e gelidi, si dovevano salire i monti più alti del mondo, attraversare fiumi impetuosi. Infine la principessa giunse al passo del Sole e della Luna che segnava il confine tra i due regni. Da una parte vide i prati di un verde vivissimo bagnati da una leggera pioggia, dall'altra un altopiano con sterpaglie selvatiche agitate vorticosamente dal vento, lì perfino il sole e la luna sembravano poco lucenti e parevano riscaldare meno che in patria. La principessa quella notte non dormì per l'irruenza dei sentimenti che la agitavano, nel suo cervello si affollava una miriade di pensieri tristi, pianse e fu presa da una tremenda nostalgia. Le sue lacrime erano tanto copiose da formare un piccolo fiume che andava da est verso ovest, verso il paese che aveva lasciato, in senso contrario a tutti gli altri fiumi. L'imperatore cinese venne a sapere che la principessa non voleva proseguire il viaggio e che sentiva la mancanza della famiglia, così pensò di inviarle uno specchio, con le forme del sole e della luna, prezioso e miracoloso. Quando fosse stata tormentata dalla nostalgia avrebbe potuto vedere nello specchio i suoi genitori e la patria lontana. Il ministro tibetano che l'accompagnava e la proteggeva aveva paura che potendo vedere i suoi cari nello specchio Wencheng fosse vinta dalla nostalgia e continuasse a non voler proseguire il viaggio. Per questo sostituì lo specchio magico con uno uguale, ma comune. Quando la principessa prese in mano lo specchio vide soltanto la propria immagine riflessa, pensò che il padre fosse senza amore e volesse prendersi beffe di lei. Dopo un momento di esitazione, scagliò lo specchio verso oriente e si diresse con fermezza sulla via occidentale in direzione del Tibet. Da quel momento gli abitanti di quelle montagne chiamarono quel luogo Passo del Sole e della Luna.
Puoi anche leggere