RIFORMA DEL PRIMO CICLO: una proposta della CISL SCUOLA di Treviso

Pagina creata da Roberto Ferro
 
CONTINUA A LEGGERE
Pagina 1 di 11

RIFORMA DEL PRIMO CICLO: una proposta
della CISL SCUOLA di Treviso

Premessa al documento
Riteniamo che debbano essere ripresi alcuni punti fondamentali sulla “ funzione “ della Scuola-
oggi - nella società italiana.

Premesso che tutti i processi educativi e formativi sin dal loro avvio devono avere un progetto
unitario, evitando il più possibile azioni negative di rottura formativa, esamineremo in questo
documento il periodo dai 6 ai 14 anni, pur affermando con forza che è essenziale includere in questa
proposta di progetto unitario formativo anche il periodo della scuola d’infanzia.
Congiuntamente alla costruzione di curricoli verticali, già in atto in alcuni Istituti comprensivi, che
andrebbero realizzati non solo sui contenuti ma anche sui metodi, si deve lavorare su un’idea
condivisa di cittadino fondata su : 1

a) la Costituzione del 1948 (considerando in ispecie i primi 12 articoli);

b) una ricerca psico-pedagogica, la più avanzata e riconosciuta da un punto di vista scientifico-
   accademico e costantemente aggiornata;

c) una cultura professionale;

d) le domande/bisogni culturali, formativi, esistenziali provenienti dall’alunno come base di
   partenza per le necessarie problematizzazioni e rielaborazioni critiche indispensabili per offrire
   strumenti all’allievo di autoorientamento, di responsabilizzazione e di maturazione critica
   personale di fronte alle scelte di vita e professionali.

La richiesta di cambiamento relativa al modo di far scuola oggi più che mai viene rivolta agli
insegnanti, proprio perchè il positivo innalzamento dell'obbligo scolastico, non diminuisce
automaticamente (anzi può accrescere) il fenomeno della dispersione scolastica e della
disaffezione di molti allievi verso il processo di scolarizzazione.
 Si assiste, frequentemente, al fenomeno della dimissione mentale "da parte dei docenti nei
confronti – in particolare- degli alunni più fragili, già a partire dalla scuola secondaria di primo grado
e ancor più nel biennio del secondo ciclo.
L' alunno rimane in classe ma non è più nella mente dei suoi docenti che dicono "non so più cosa
fare per 1ui"e così smettono di pensarlo. Smettono in altri termini di provare ad escogitare una
qualche strategia metodologica diversa dal modello tradizionale espositivo, tralasciando qualsiasi
implicazione che possa dare spazio a dei saperi meno accademici ma che tenti di evidenziare e
riconoscere anche una intelligenza di tipo pratico.
Questo “ disimpegno mentale e metodologico” dell'insegnante provoca anche il corrispettivo
disimpegno mentale dell'alunno, il quale può sempre dire a se stesso che non riesce perché ha
deciso di non investire più nella scuola: ciò risulterà di per sè meno doloroso che collezionare
insuccessi continuando invece ad attivare aspettative dì riuscita.
Diventa perciò di cruciale importanza evitare la caduta della motivazione, e il disimpegno
successivo, rinforzando e predisponendo le occasioni di riuscita e di successo, garantendo così ad

1
         Si ribadisce che l’obbligo scolastico deve essere innalzato per tutti sino ai 18 anni. Ciò deve avvenire entro
una data certa (max 5 anni)

                                                                                                         -1-
Pagina 2 di 11

ogni alunno il senso di autoefficacia (A.Bandura ). Questo consiste proprio nella convinzione di
essere in grado di realizzare azioni necessarie a gestire adeguatamente le situazioni , in modo da
raggiungere i risultati prefissati. E' proprio a proposito di queste convinzioni che si ritiene
fondamentale che tutti i docenti conoscano ed imparino a praticare una 'tecnica metodologico-
didattica che va sotto il nome di "apprendistato cognitivo".

Questo si differenzia dall’apprendistato tradizionale, anche se si ispira ad esso, perché
quest’ultimo si applica all’ambito lavorativo mentre il primo riguarda aspetti mentali dati da
strategie cognitive e metacogntive insegnate in situazione, nel momento in cui vengono affrontati
compiti più o meno complessi. L’insegnante dovrebbe mettere a disposizione la sua competenza
“esperta” attraverso l’esplicitazione di tutti i passaggi intermedi cognitivi che rischiano di restare
nascosti e che costituiscono, invece, la chiave per affrontare con successo anche i compiti più
difficili. Si tratta allora di considerare tre fasi:

 l’appropriazione in cui l’allievo apprendista si appropria di saperi e procedure per mezzo
dell’osservazione della competenza esperta al lavoro, e anche attraverso il confronto con le
competenze emergenti dei pari che, un po’ alla volta, apprendono la pratica del dialogo riflessivo
con cui va diretta la propria attività;

 la pratica assistita e la verbalizzazione dei processi: fase in cui l’insegnante fornisce supporto
mediante facilitazioni procedurali al fine di alleggerire il compito cognitivo;

   le approssimazioni graduali alla competenza esperta ed esplorazioni di soluzioni nuove.

Tutto questo favorirà l’apprendimento delle aree fondanti del sapere, come processo che aiuta il
soggetto ad acquisire metodi e competenze a partire dai contenuti e tenendo conto dei diversi stili
cognitivi, permetterà all’allievo di avere strumenti e abilità utili nella vita quotidiana e nella realtà
complessa del vivere. Acquisizione cioè di competenze trasferibili, applicabili nei contesti della
quotidianità che consentano all’allievo di avere dei criteri di autovalutazione non moralistici, ma
oggettivi che gli diano risposte adeguate e soluzioni pertinenti ai problemi che deve affrontare.
Per fare questo tipo di scuola diventa imprenscindibile , urgente e necessario inserire nel CCNL di
lavoro la formazione, l’aggiornamento ricorrenti e obbligatori per tutto il personale scolastico di
ogni ordine e grado. Tutti i docenti devono acquisire competenze per riuscire a realizzare efficaci
ed effettivi momenti di progettazione didattica, studio- ricerca e lavoro assieme. La logica
dovrebbe essere quella di un Collegio Docenti di Istituto Comprensivo che elabora e approva un
profilo dell'allievo culturale e formativo, concordato sui principi suesposti e su Livelli essenziali
di Prestazione stabiliti a livello nazionale, vincolanti e fissati dallo Stato.
Tale progetto di profilo culturale dell’allievo è realizzato mediante percorsi specifici ai vari livelli
della scuola del primo ciclo, con modalità organizzative adeguate all’età e ai ritmi apprendimento.
Da qui derivano, successivamente, il POF e tutti i momenti e i progetti didattici operativi,
all’interno della condivisione e di un’effettiva applicazione della contitolarità.

                                                                                          -2-
Pagina 3 di 11

CAP. 1 Finalita’ e Funzione
            Scenari e Atteggiamenti basilari, “fondamentali” come pre-condizioni
            per poter pensare a una riforma vera.

Finalità Generali

Con riferimento all'art.Art. 3 della Costituzione, lo Stato riconosce a tutti/e il diritto all’educazione,
all’istruzione e alla formazione garantendo a questo scopo l’accesso gratuito alle Scuole Statali di
Base e Superiori. Lo Stato garantisce le condizioni essenziali per l'applicazione sostanziale del
diritto allo studio: la gratuità dei libri di testo,della mensa e del trasporto scolastico per gli alunni e
le alunne delle Scuole Statali dell’obbligo, in base al reddito delle famiglie di appartenenza..
Lo Stato, mediante appositi finanziamenti,deve promuovere e facilitare l’accesso ai saperi ed al
mondo della cultura per tutti e per tutta la vita.
Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione di tutte le soggettività e delle diversità personali,
sociali e culturali, secondo i ritmi dell’età educativa e nella prospettiva della formazione di identità
aperte e flessibili, secondo i Principi sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, si definisce il sistema educativo di istruzione statale e di formazione nel rispetto
delle competenze costituzionali delle Regioni e dei Comuni e Province e dell’autonomia delle
Istituzioni scolastiche.

Il Sistema educativo di Istruzione promuove l’acquisizione consapevole di saperi (conoscenze,
linguaggi, abilità, atteggiamenti e competenze socio-affettive) visti come apprendimenti permanenti
e di aspetti di crescita con un’attenzione costante all’intenzione ed all’educazione interculturale, che
si caratterizza come riconoscimento e valorizzazione delle diversità di qualsiasi tipo ed è intesa
come metodo trasversale a tutte le discipline.
A tal fine la pratica scolastica si organizza in modo da privilegiare la co-costruzione della
conoscenza attraverso una progettazione reticolare e non solo una programmazione lineare, che
stimoli l’organizzazione dei saperi essenziali, utilizzando anche attività laboratoriali, lavoro
individuale e cooperativo, momenti ludico-educativi. Gli interventi educativi dovranno essere aperti
al territorio e dovranno essere organizzati scambi culturali tra istituti e scuole di altri Paesi.

Principi

La costituzione della Repubblica italiana in alcuni fondamentali articoli(artt.3,33,34,) sancisce il
ruolo fondamentale della scuola Statale nello sviluppo della società democratica in Italia.

Pertanto il sistema educativo di istruzione statale:

   1) si ispira a principi di pluralismo e laicità;

   2) è finalizzato ad educare alla cittadinanza come etica pubblica e all’acquisizione di
      conoscenze e competenze, di cultura generale e specifiche di settore, coerenti con le
      attitudini e le scelte personali, costruite in cooperazione e adeguate all’inserimento nella vita
      sociale e nel mondo del lavoro, in vista della maturazione di identità aperte al dialogo e al
      confronto.

                                                                                            -3-
Pagina 4 di 11

    3) assicura a tutti/e Pari Opportunità per raggiungere elevati livelli culturali, rimovendo gli
       ostacoli di ordine economico, sociale, culturale e di genere che limitano, di fatto, le libertà e
       l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine;

    4 ) garantisce la partecipazione democratica al governo del sistema di istruzione statale e
        paritario da parte di dirigenti, docenti, educatori, personale A.T.A, genitori e studenti/esse.

Nodi concettuali
Si ritiene che alcuni nodi concettuali vadano ribaditi, affinché un’azione di riforma della scuola
attinga a situazioni aperte allo sviluppo ed alla probabilità di miglioramento del sistema rispetto a
variabili condivise: se la ricchezza di una nazione è innanzitutto il suo patrimonio umano (cioè la
sua qualità), si deve compiere il passo che abbandona la teoria dell’eccellenza (in linea di principio,
dei pochi rispetto ai molti) per una concezione seria e non velleitaria della qualità e della
formazione diffusa.
Per rendere più reale una struttura così proiettata, senza restare sul piano moralistico, crediamo che
sia importante indicare l’assunzione di alcuni punti di vista su diversi piani:

Piano degli Atteggiamenti

•    Parole d’ordine quali affidabilità, efficacia, efficienza, produttività, verificabilità e
     responsabilità debbono far parte del corredo mentale della scuola, non come “slogans” ma
     come direzioni da approfondire e confermare in relazione allo scopo generale della formazione
     del cittadino. Esse vanno in senso opposto al buonismo ma anche all’abbandono a se stesso del
     soggetto discente, rispetto a presunti meriti e responsabilità esclusive. Esse indicano un
     compito per ciascun docente, prima ancora che per il discente, che ovviamente non ne viene
     escluso. Le forme di garanzia per chi lavora nella scuola debbono essere ricondotte alla
     funzionalità del lavoro così concepito; la mobilità, ma anche la stabilità, i permessi,
     l’assegnazione alle classi, la continuità, l’organizzazione del lavoro in generale sono variabili
     che discendono dall’efficacia del servizio e non la condizionano.
 • L’efficacia richiede la concezione di un risultato rispetto cui definire il successo. Il concetto di
     ciò che è risultato nella scuola, cioè nel processo di insegnamento- apprendimento, è più
     delicato e difficile da individuare e definire di quanto lo sia in altri campi del lavoro, ma non
     meno necessario; si tratta di pensare ad una costellazione di determinazioni che insieme danno
     ciò che si conviene essere il risultato, e tale articolazione può bene essere rappresentata in
     modo appropriato da ciò che chiamiamo il profilo dell’alunno. Ciò non è frutto di una sola
     operazione né proviene da una cultura locale; ci riferiamo alle quattro radici ,di cui in
     Premessa, che mentre rimandano prescrittivamente a testi nazionali e alla ricerca, consentono
     un livello di riflessione locale sul quale vivere ed esercitare realmente una propria funzione di
     ricerca.
Tale lavoro implica un carattere professionale dell’attività di insegnamento meno verbale e
presupposto e più tecnico e verificabile. E’ necessario lavorare in modo esplicito e chiaro per la
ricostruzione della dignità della professione e della sua immagine sociale: in positivo,
aumentandone le condizioni di motivazione intrinseca ed estrinseca; in negativo, ponendo
condizioni di emarginazione di scelte opportunistiche o casuali. A ciò, ma strettamente in
contemporanea, deve accompagnarsi una politica retributiva, fondata sulla efficacia e
professionalità del servizio, con un orario più allargato e obbligatorio di lavoro comprensivo anche
della funzione docente,e svolto interamente a scuola.

                                                                                         -4-
Pagina 5 di 11

Sul piano dell’Utenza

 •   L’utente, cioè il soggetto-alunno, è lo scopo dell’istituzione scolastica; lo è sotto il profilo
     della sua crescita culturale e personale.
 •   L’utilità degli strumenti professionali va essenzialmente collegata al soggetto (alunno) e solo
     secondariamente o in subordine al professionista, ovvero è necessario che l’utente rimanga lo
     scopo esplicito del servizio e l’organizzazione del lavoro sia finalizzata ai suoi interessi di
     persona in crescita (identità del servizio).
 •   E' importante rivedere il concetto di orientamento, inteso come sviluppo di tutte le potenzialità
     del soggetto sin dalla scuola dell'infanzia, a prescindere dagli stereotipi di genere e tenendo
     conto delle più avanzate ricerche in materia. Gli esiti di queste ultime poi non sono da
     intendersi come dati definitivi ad esclusione di altri, ma come approssimazioni e risposte via
     via più adeguate allo sviluppo dell’individuo e della sua società.

Sul piano della Professionalità’

 •   La professionalità che stiamo delineando sa rispondere con argomentazioni tecniche e culturali
     alle domande dell’utenza in merito alle scelte che si fanno: tali argomentazioni hanno a che
     fare con la trasformazione delle condizioni date. La rilevanza di questo aspetto chiede una
     rappresentanza sindacale che sviluppi e privilegi gli aspetti di attenzione alle finalità del lavoro
     che essa opportunamente deve difendere.
 •   Una organizzazione del lavoro, sia come fenomeno articolato in strutture, sia come tipologia di
     risorse personali messe in gioco, sa rendersi credibile in quanto riesce nei fatti a gestire le varie
     diversità dei soggetti, non solo rispettandole, ma anche valorizzandole, attraverso l'etica della
     cura e della responsabilità.

Sul piano delle Condizioni

 •   Per essere all’altezza di questo compito, la formazione è lo strumento più adeguato; essa sarà
     dunque continua, obbligatoria e solo parzialmente locale e libera. Chi lavora deve avere
     strumenti adeguati al proprio compito. Programmi e prescrizioni non servono quanto un piano
     di selezione in ingresso e di formazione finalizzato al successo formativo, cioè alle tematiche
     della diversità, del lavoro di gruppo, del cambiamento, della scelta e della ricerca. Benché nei
     nostri auspici ciò sia da considerarsi transeunte, non si può trascurare una strumentalità che
     ponga distinzioni di qualità fra chi lavora nella direzione del successo formativo e chi non lo
     fa, anche sapientemente: ciò che si cerca è la diffusione dell’apprendimento assieme alla
     crescita del senso del sé (non di una cosa soltanto). Si ravvisa l’opportunità, ribadita dal
     concetto di garante dell’alunno (vedi pag. 6, organico funzionale), di dare codici di garanzia ai
     destinatari del servizio.
 •   Nella scuola e fuori di essa è molto diffusa l’idea di programma come piano
     quantitativamente determinato di informazioni e temi. Vi si è reagito permettendo un
     esemplarismo improduttivo (per esempio lo studio esemplare di una sola regione; la
     costruzione di poche mappe concettuali), postulando la sua trasferibilità, senza mai verificarla.
     L’esercizio di questa osservazione, del tutto conseguente alla verifica autentica, impedisce la
     fuga nella quantità così come quella nel modello impoverito ed assoluto.

                                                                                           -5-
Pagina 6 di 11

CAP. 2 L’organizzazione del lavoro nel primo ciclo: proposte di
       modalità operative (criteri, risorse umane, reclutamento e
       formazione del personale).

    Scuola primaria

Orario e organizzazione del lavoro
E' assodato che il team-gruppo docente corresponsabile, fondato sulla assunzione condivisa di
responsabilità e sulla collaborazione didattica reciproca, è un modello di organizzazione didattica
che garantisce arricchimento e qualificazione nei vari ambiti disciplinari e, al tempo stesso,
unitarietà nel percorso formativo. A tale scopo occorre strutturare un’organizzazione del lavoro così
articolata:
Va riproposto il modello orario, positivamente sperimentato della legge 148, che prevede tre
docenti utilizzati in due classi, a ciascuno dei quali viene affidato un preciso e vincolante ambito
disciplinare, con criteri di competenza e turnazione, evitando rischi di secondarizzazione ( va
escluso il modello orario quattro docenti utilizzati in tre classi.). I docenti di :sostegno, lingua
straniera e religione/ora alternativa sono insegnanti contitolari che intervengono nelle diverse classi
secondo un orario stabilito.
Qualora il plesso non sia fornito di doppio corso e sia necessario lo “scavalco” di docenza tra
plesso e plesso, esso va attuato come risposta adeguata sia da un punto di vista didattico, sia come
offerta alle necessità dell’utenza, mantenendo comunque il modello organizzativo didattico 3
docenti su due classi che può essere una risposta anche ai nuovi problemi della complessità
scolastica(vedasi l’integrazione culturale degli allievi extracomunitari). Coerentemente a tale
organizzazione va definito ineludibilmente il numero minimo e massimo di allievi per classe ( da
un minimo di 15 a un max di 20, innalzabile a 22 per comprendere eventuali resti, nel 1 ciclo). In
mancanza di un numero sufficiente di allievi iscritti e frequentanti (15) si effettuano , concertando,
chiusure di plessi e/o di circoli didattici, scuole medie e istituti comprensivi, per evitare inutili
sprechi di risorse.

Organico funzionale
L’organico funzionale di istituto va costruito principalmente nell’ottica dell’apprendimento e del
benessere degli alunni. Occorrono risorse umane preparate ma anche sufficienti per mirare ad un
buon risultato.
Si può ipotizzare un organico in rapporto soprattutto alla qualità della scuola e alla complessità dei
problemi: presenza di alunni stranieri , alunni con certificazione e/o diversamente abili. Altro
organico può essere dato per progetti specifici documentati e concorrenti. E in ogni caso l’organico
funzionale va acquisito e utilizzato, a seconda delle decisioni del collegio che ha prioritariamente il
compito di agevolare e garantire i buoni esiti di apprendimento. Va evitata l’organizzazione di task
force, come ad esempio succede in qualche istituto, per intervenire su difficoltà specifiche.
L’esperienza insegna che le competenze diffuse producono maggiori risultati.
In tal modo si superano le figure di sistema, che tendono ad assumere una configurazione
cristallizzata poco utile per il sistema formativo nel 1 ciclo. E’ fondamentale che tutti gli incarichi,
sempre e comunque in tutti gli ordini e gradi di scuola, siano deliberati e monitorati dal Collegio
Docenti, seguano la regola della rotazione e di un limite temporale, sino ad un massimo di tre anni.

                                                                                         -6-
Pagina 7 di 11

Ciò al fine di garantire che ogni docente che svolge questi incarichi assegnati dal Collegio,
mantenga sempre un forte e costante rapporto con la realtà d'aula e di insegnamento, onde evitare
costituzione “de facto” di nuove carriere e/o la rincorsa a forme più o meno mimetizzate di uscita
dal lavoro della classe. Stabilizzare figure spinge ad ambizioni personali non sempre giustificate e a
forme di gerarchizzazione. Meglio puntare al conseguimento di competenze alte diffuse.
Tra le figure di cui sopra, si potrebbe pensare ad una funzione di “garante dell’alunno”,
obbligatoria ma non fissa, che verifichi i percorsi attuati dagli insegnanti nei confronti di tutti gli
alunni e, in particolare, di quelli che presentano difficoltà. Qualcuno che con adeguata formazione,
anche in itinere, ponga ai colleghi costantemente il tema della dispersione scolastica e chieda
soluzioni più ancora che trovarle. Qualcuno che in tappe successive chieda quali alunni sono in
difficoltà, quali strategie si decide di applicare, quali soggetti individuali e sociali provocare, quali
strategie vengono attuate e quali verifiche fatte. Una sorta di stimolo e di specchio per i colleghi al
fine di evitare forme di deresponsabilizzazione che sono sempre presenti anche se a volte
involontarie.

    Scuola secondaria di primo grado
Orario e organizzazione del lavoro
L’organizzazione del lavoro non può avere condizionamenti nella differenziazione dei diritti
soggettivi più o meno di fatto consolidati: l’orario di lavoro dovrà essere unico ed
onnicomprensivo(orario di insegnamento e funzionale all’insegnamento) durante il periodo delle
lezioni; dovrà essere esteso nell’arco dell’anno(come previsto dal CCNL) con finalità
programmatorie e organizzative.
L’orario di cattedra sarà di 18 ore per tutti più 2 ore per un totale di 20 ore settimanali; le due ore
saranno dedicate alla programmazione, alla verifica e al lavoro di dipartimento. Tali ore aggiuntive
saranno poste in una fascia terminale, rispetto l’orario di insegnamento dell’istituzione scolastica,
per garantire la contemporanea presenza a scuola e disponibilità di tutti i docenti. Queste due ore
dovranno essere dedicate a costruire una comunità professionale di docenti e una cultura di gruppo,
attraverso il confronto su tematiche trasversali come l’apprendimento, la motivazione, la
valutazione formativa, l’unitarietà dell’insegnamento…, dimensione necessaria e indispensabile
anche per la scuola secondaria di primo grado.

Ore di programmazione (2 settimanali x 33 settimane = 66 ore annuali)
Le due ore di programmazione servono a:
   • comunicare problemi diagnosticandoli, non descrivendoli cioè facendo ipotesi su possibili
   dinamiche a immediata disposizione della scuola (le cause “profonde” vengono ipotizzate e
   rinviate a chi di competenza, senza indulgervi);
   • fare proposte ai colleghi di interventi comuni o particolari;
   • fare proposte di verifiche su obiettivi comuni;
   • programmare insegnamenti; progettare attività;
   • fare auto consulenza sulla gestione delle classi.
Nel settimana in cui c’è il consiglio di classe le ore di programmazione non vengono attuate.

Verifiche
Dovranno essere previste delle verifiche con scadenza periodica; la tipologia delle verifiche è varia;
la funzionalità delle verifiche è stabilita dalla loro relazione al controllo degli apprendimenti cioè
della comprensione; le verifiche debbono avere il carattere previsto dalla valutazione autentica. I
docenti elaborano tali verifiche in gruppo in sede di ore di programmazione per materia e in sede di
consiglio; le prime hanno carattere disciplinare, le seconde trasversale e complesso.

                                                                                          -7-
Pagina 8 di 11

Formazione
Aree assicurate:
   1. conduzione dei gruppi di apprendimento (finalizzate alla classe)
   2. lavoro in gruppo (finalizzate al lavoro con i colleghi)
   3. tecniche di valutazione (finalizzate all’insegnamento)
   4. diversificazione dei materiali didattici (finalizzate all’insegnamento)
   5. rapporto fra discipline ed orientamento

    La valutazione
La valutazione è rivolta alla comprensione da parte del discente, pertanto non può essere
semplicemente sommativa (ineliminabile in uscita e con valore certificativo) ma formativa, come
già benissimo detto dalla legge 517, 1977, superando in modo propositivo la “querelle” selezione
sì, selezione no.
La valutazione formativa consiste, in poche parole, in una doverosa autointerrogazione da parte dei
docenti che, di fronte al mancato successo degli allievi dovrebbero, prima di procedere ad una
valutazione, avviare l'autovalutazione del proprio repertorio di strategie di insegnamento e della
propria competenza professionale a leggere il processo di apprendimento dei soggetti in difficoltà.A
questi verrà offerta una possibilità immediata di aiuto che favorisca il superamento di difficoltà in
itinere, modificando o riformulando gli stimoli didattici, diversificandoli e intervenendo pure nel
contesto. La causa del successo/insuccesso dell'alunno non doveva e non deve, perciò essere
attribuita soltanto alle sue capacità/incapacità, al suo elevato/scarso impegno.

       E' necessario ritornare sul dettato costituzionale, dimenticato dalla prassi didattica, che
       impone, non consiglia, la rimozione degli ostacoli personali all'apprendimento, e non di
       qualcuno, ma di tutti i soggetti.

Ma anche i materiali, le modalità e la logica della valutazione debbono cambiare in favore di ciò
che si indica come valutazione autentica. Essa, per non essere illusoria, deve riprodurre situazioni di
probabile alta vicinanza alla realtà. Le verifiche devono diventare sempre più situazioni
sperimentali di trasferimento degli apprendimenti, perché in questo si concretizza la comprensione.
Da ciò deriva un obbligo per la formazione del docente per la formazione di una mentalità docente e
scolastica, per l’esercizio della professione.

    Reclutamento e formazione del personale Docente e Dirigente
Tenuto fermo lo scopo della scuola, il reclutamento deve essere finalizzato ad assicurare un valore
statisticamente elevato di idoneità alla situazione; ciò avviene quando la formazione di tutto il
personale è pensata in relazione allo scopo. Gli insegnanti dovranno essere riconosciuti come gli
agenti principali non dell’intero processo di formazione ma della sua attivazione e del suo
mantenimento in funzione dell’apprendimento, poiché fanno parte attivamente di questo processo
gli alunni, che appunto apprendono, e in misura determinata le loro famiglie. La scuola infatti
esiste per “produrre” (consentire, elicitare, facilitare…) apprendimenti e non insegnamenti o
valutazioni soltanto; in questa ottica i docenti debbono essere attrezzati per facilitare tali
apprendimenti (ma appunto il loro accadimento, non la loro speranza) in un numero sempre più
largo di situazioni; la vecchia logica di valutare lo stato di A (alunno) in base al suo rapporto con B
(programma svolto da altri) non sta più in piedi; i docenti debbono essere reclutati in base a criteri
che identifichino il loro orientamento e capacità (espressa in termini critici di probabilità) di
                                                                                        -8-
Pagina 9 di 11

supportare diversificazioni facilitanti l’apprendimento, ivi compresa la capacità e l’orientamento al
lavoro di gruppo (equipe o team educativo).
Ma se l’apprendimento risulta essere il centro della scuola, allora esso deve essere anche al centro
delle documentazioni e dei processi di valutazione; la ricerca ha mostrato come sia poco
significativo un apprendimento centrato soltanto sulla riproduzione di saperi esposti.
A sua volta, al centro di questa concezione dell’insegnamento-apprendimento deve essere posto il
fenomeno della comprensione e non della riproduzione, questa affermazione non implica la
sconfessione dei livelli addestrativi e riproduttivi, che sono parte del processo di insegnamento-
apprendimento. Si deve però aver presente se si sta lavorando a livello di addestramento
strumentale o a livello superiore e adeguato alla formazione degli alunni.

Sulla base di tali considerazioni occorre pensare a un nuovo e più efficace sistema di
reclutamento sia per i Dirigenti, sia per i Docenti.

DOCENTI
E’ necessario pensare ad una forma di reclutamento dei docenti fortemente collegata alla
formazione, alla motivazione, all’attitudine. Per questo, il reclutamento dei docenti deve avvenire
all’interno e come conseguenza di un percorso di formazione universitario.
Ottenuto il primo livello di laurea nelle diverse discipline (triennale), tutti i neolaureati che non
intendono proseguire nel secondo livello (altri due anni) e che vogliono accedere al mercato del
lavoro, hanno la possibilità di rivolgersi a dei Centri di Orientamento e Accompagnamento al lavoro
istituiti presso due o tre poli principali della Regione d’appartenenza (ad es. per il Veneto: Padova,
Venezia, Verona). Tali Poli di Orientamento – sotto la guida della Regione, dell’Università e della
Direzione regionale del Ministero del Lavoro – mettono a disposizione delle èquipe composte da
esperti di Orientamento e di Mercato del Lavoro, riconosciute e accreditate per l’alto livello
scientifico e di competenze; presso tali esperti i giovani neolaureati (laurea triennale) di qualsiasi
disciplina possono recarsi per discutere sul loro futuro professionale e tutti (in base a varie prove:
test attitudinali, colloqui, eventuali brevi esperienze di stages presso aziende, scuole, uffici
pubblici…) vengono inviati a un percorso specifico di inserimento al lavoro che neolaureato e
Commissione ritengono il più adatto. In pratica, chi accede liberamente a tale servizio di
orientamento viene aiutato nella scelta e avviato in un preciso corso di preparazione e avviamento
reale alla professione di durata biennale. In tale biennio alternato tra formazione aggiuntiva
“teoricolaboratoriale” presso Centri Universitari o analoghi Istituti scientifici o di Ricerca e lavoro
reale (mediamente su un biennio di 2000 ore, 1000 di area teorica e 1000 di pratica lavorativa-
professionale), il futuro lavoratore/professionista (area istruzione: docente scuola d’nfanzia, di 1°
ciclo, di 2° ciclo per le varie aree linguistica, matematica, ecc.; studia sia la materia della laurea di
provenienza, sia fa esperienza pratica nel settore scuola dove con alta probabilità (obbligo per
l’amministrazione scolastica di assumere almeno il 90% a tempo indeterminato di tali stagisti
biennali..) sarà assunto. Parimenti gli altri laureati effettueranno analoghi percorsi – in altri settori
del mondo del lavoro – con assunzione. E’ logico che le 1000 ore di “studio-laboratorio” avranno
contenuti, metodologie, didattiche, strumentazioni... rapportati alla tipologia del settore scolastico
presso il quale i vari studenti saranno indirizzati e dovranno essere coerenti con il profilo
professionale che si va a costruire. Tutti gli stagisti in tale biennio hanno diritto a una borsa di
studio pari alla media europea2. Chi non supera tale biennio formativo, ha diritto ad altre mille ore
di stage pagate (che nel caso della scuola potrebbe essere attuato anche in supplenze dirette, dopo
aver effettuato il 1° stage affiancando un docente).
Chi frequenta questi bienni di inserimento lavorativo e viene assunto ha l’obbligo per quanto
riguarda la scuola, di effettuare almeno 30 ore onnicomprensive di presenza nella sede di
2
          Indicativamente sui 5 € netti per ogni ora di studio e/o di lavoro effettuata da registro presenze (più rimborso
pasti).

                                                                                                           -9-
Pagina 10 di 11

servizio/Istituto scolastico, di cui almeno 18 di insegnamento. Per tutti i neoassunti con tale orario
di servizio sarà previsto un livello stipendiale superiore. Tutti inoltre hanno l’obbligo di frequenza
di corsi di aggiornamento formazione/lavoro – gratuiti – predisposti dalla D. Regionale MPI di
almeno 50 ore in un biennio. Ogni corso deve avere la durata di almeno 16 ore. Chi non frequenta i
corsi, viene bloccato nella sua progressione di carriera economica e giuridica e dopo 4 anni di
rifiuto, senza motivazione, può essere rimosso dall’incarico.

DIRIGENTI
Nella attuale crisi di fiducia nella conoscenza professionale, per cui la competenza tecnico-razionale
specifica non è più sufficiente a governare la complessità o a sostenere l’innovazione e il
cambiamento, si sta affermando la richiesta di formazione del cosiddetto professionista riflessivo
(Schon).
Al giorno d’oggi infatti la complessità sottopone costantemente i professionisti, tra cui i dirigenti
scolastici, ad incertezze, instabilità, conflitti di valore che non possono essere affrontati, e
tantomeno risolti, applicando una conoscenza specialistica. Stabilito che i docenti debbano
sviluppare e attuare un lavoro di èquipe che si basa su condivisione di valori, cooperazione tra di
loro, autovalutazione del loro operato, riflessione sull’attività didattica singola e collegiale, occorre
che il nuovo dirigente/leader abbia le seguenti competenze, da acquisire specialmente in un corso di
formazione ad hoc.
Innanzitutto deve possedere una “vision/ispirazione” (scopi, finalità fondamentali sulla scuola) da
condividere con i docenti e il territorio.

Pertanto il nuovo dirigente scolastico deve essere in grado di:

   -    provvedere ad un forte senso degli scopi da condividere, coinvolgendo lo Staff nella vision,
        senza però trascurare il confronto sulle vision differenti, creando in questo modo il collante
        della comunità senza sottovalutare la dimensione democratica.
    - entusiasmare rispetto alla raggiungibilità delle mete, sostenendo la trasformazione delle
        pratiche educative e didattiche anche attraverso la mediazione tra vision della scuola e
        richieste dell’ambiente esterno.
    - rassicurare che la vision della scuola si inserisca in una più ampia mission sociale di
        giustizia ed uguaglianza di opportunità.
    - avere molta cura per la comunicazione e la documentazione in modo da coinvolgere tutta la
        comunità scolastica.
        Sono altrettanto fondamentali per tale profilo professionale:
        il livello di motivazione espresso dal leader;
    - la considerazione individualizzta delle persone che lavorano nella comunità, dotate di
        sentimenti, emozioni e bisogno di valorizzazione.
    Per quanto attiene “la costruzione della cultura”, che realizza l’identità della scuola, diventano
    fondamentali per tale incarrico dirigenziale:
      la dimensione carismatica della stimolazione intellettuale che aiuta a superare posizioni
        ripetitive e sttereotipate, a rivedere idee implicite e credenze
      l’attivazione di una forma collaborativa e partecipativa utile a diffondere la leadership.
     Questa leadership diffusa, che R. Serpieri definisce “senza gerarchia” (2002), dovrebbe
     distribuire l’empowerment tra tutti, in modo che ogni competenza professionale risulti avvalersi
     di potere decisionale.
La cultura dell’autonomia, che ancora non ha impregnato di sé le istituzioni scolastiche, richiede
rispetto alla responsabilità e quiondi anche all’iniziativa che ne consegue e all’empowerment, un
cambiamento notevole di prospettiva: da una responsabilità gerarchica ad una responsabilità

                                                                                         - 10 -
Pagina 11 di 11

circolare. In altri termini: dall’aspettare ordini ad assumere iniziative, dal far le cose bene a far le
cose giuste e per poter decidere quali sono queste ultime necessitano pensieri e riflessioni.

Sulla base di tali considerazioni proponiamo operativamente un reclutamento dirigenti basato su
un percorso di formazione universitario biennale.
A tale scopo potranno accedere i docenti a tempo indeterminato che abbiano effettuato:
dieci anni effettivi di insegnamento;
almeno tre anni di collaborazione con il Dirigente scolastico.
Devono inoltre aver superato un esame – a livello regionale – con prova scritta e orale (simulazione
di gestione e conduzione di attività collegiali come: collegio docenti e/o consiglio di classe…) per
accedere al corso biennale universitario aperto a un numero di candidati rapportato alle necessità
previsionali di organico maggiorato di un 10%3.
Il corso – basato sulle tematiche sopraenunciate, dovrà essere per il 60% di ordine teorico presso
l’Università, e il restante 40% di sperimentazione e ricerca all’interno degli Istituti scolastici,
diversi da quello di servizio, con il tutoraggio dei DS in un rapporto virtuoso tra scuola e università.

Commissione di Lavoro

Furlanetto Luigi
Galimberti Elena
Mion Cinzia
Pasqualon Paola
Pellizzato Gabriele
Sartori Giorgio

Coordinatore Franco Ferin

3
       Gli ammessi saranno esonerati dal servizio, con mantenimento dello stipendio di docente.

                                                                                                   - 11 -
Puoi anche leggere