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La dispersione scolastica: analisi e proposte di intervento sul campo The dropout school: analysis and proposals for action on the ground Valeria Verrastro1, Linda Millone2 Riassunto Nel presente contributo sarà analizzato il disagio scolastico con particolare attenzione alla relazione che esso possiede con i disturbi tipici dello sviluppo e alle modalità di in- tervento possibili per fronteggiarlo. Nello specifico, sarà posta l’attenzione ai momenti in cui questo disagio si rileva e alle modalità mediante le quali si manifesta. Saranno, dunque, analizzati i fattori che pos- sono determinare la dispersione scolastica e l’insuccesso scolastico e sarà indagata la relazione esistente fra motivazione ad apprendere e disagio scolastico. Parole chiave Scuola, intervento, sviluppo, rendimento. Abstract In this contribution, school discomfort will be analyzed with particular attention to the relation that it has with the typical problems of development, and the methods of possi- ble intervention to face it. Specifically, attention will be paid to the moments in which this discomfort is detected and the ways in which it manifests it is revealed. Therefore, factors that can determine the school dropout and school failure will be analyzed , and the relation between motivation to learn and school discomfort will be investigated. Keywords School, intervention, development, results. Con il termine "dispersione scolastica" si indicano una serie di fenomeni differenti tra loro, che determinano rallentamenti e talvolta l'interruzione dell'iter scolastico prima del conseguimento del titolo finale. Questo pone alcuni studenti in una condizione svantag- giata, aumentando la probabilità di confluire in aree sociali considerate "a rischio". La dispersione è dunque un fenomeno complesso, che può concretizzarsi in varie situa- zioni quali la mancata iscrizione, la ripetizione dell'anno, il ritardo, l'insuccesso, l'ab- bandono o anche il mancato sostegno nelle situazioni di disagio. Questi eventi assumo- no estrema importanza sia a livello personale che in termini economico-sociali. 41
Esistono due gruppi di fattori abitualmente correlati alla dispersione scolastica: i fattori sociali, economici e culturali, detti anche fattori esogeni, ed i fattori interni al mondo scolastico, detti anche fattori endogeni. Al primo gruppo possono essere ricondotti: la condizione lavorativa (o la sua assenza) degli adulti della famiglia, il loro grado di istruzione, il tipo di reddito, la necessità di lavoro minorile nell'economia familiare, la carenza di strumenti nell'ambito domestico e sociale, quali l'assenza di spazi per studiare, di sussidi e di supporti librari extra scola- stici, di strutture pubbliche di lettura e di incontro. Al secondo gruppo sono invece da ascrivere: l'inadeguatezza o l'insufficienza delle strutture scolastiche, i ritardi nelle no- mine degli insegnanti, gli avvicendamenti degli stessi, la scarsa funzionalità dell'inte- grazione scolastica, il carattere discriminatorio di alcuni insegnamenti nei confronti del- la cultura dei ceti svantaggiati. In un'ottica di promozione dello sviluppo collettivo è fondamentale conoscere il feno- meno, indagarne la natura e le caratteristiche, analizzarne le cause ed i meccanismi e collocarlo nella realtà in cui esso si svolge e sulla quale si vuole intervenire (Osservato- rio dispersione scolastica, 2003). Una definizione corretta di dispersione scolastica è preliminare ad ogni riflessione suc- cessiva sul tema. Il termine "dispersione" contiene in sé il concetto di perdita, di dissipazione delle risor- se, di scarsa produttività o, comunque, di varie difficoltà che hanno impedito o che im- pediscono la piena realizzazione dell'obiettivo prefissato. Pertanto, sintetizza una varietà di fenomeni che possono essere ricondotti a ritardi, bocciature, orientamento errato, ab- bandoni da parte degli allievi lungo il corso di studi (Provincia di Pisa e Assessorato Istruzione e Cultura, 1999). Con questo termine non s’intende solamente l'insieme dei dati numerici sugli abbando- ni, ma anche tutti quei disagi i cui livelli non sono misurabili. In questo senso, per le istituzioni scolastiche si può parlare di "occasioni perdute", perché, nonostante tutte le energie mobilitate per la formazione degli studenti, questi non riescono a seguire il rit- mo e i tempi dell'apprendimento e, dopo vari espedienti (non frequenza, scarso interesse per le attività scolastiche, ritiri ufficiali, bocciature, ecc.), devono lasciare la scuola (Maggiolini, 1994). Attraverso la lettura dei dati relativi alle bocciature, agli abbandoni, ai ritiri, alle fre- quenze irregolari, si può quantificare e conoscere il disagio scolastico (Pombeni, 1991). Più complessa è, invece, l'interpretazione dei comportamenti che sottendono l'abbando- no. Le cause sono molteplici ed appartengono ai diversi contesti in cui i ragazzi vivono. In questo senso, la letteratura parla di dispersione occulta, sommersa, legata a quel "mal di scuola" proprio dei giovani adolescenti (Maggiolini, 1994). Quotidianamente, i docenti si trovano a dover fronteggiare le numerose difficoltà dei propri studenti: la scarsa motivazione allo studio, le carenze organizzative, gli ostacoli nella relazione con i coetanei o con gli adulti e le lacune che si accumulano di giorno in giorno nelle diverse discipline. Il disagio scolastico, come indicano i dati statistici (Censis, 1990), è vissuto maggior- mente nel passaggio dalla classe della terza media al primo anno della scuola superiore, protraendosi, talvolta, per tutto il primo biennio. Il primo anno del biennio superiore as- sume la funzione di filtro tra i due cicli di scolarità. Negli ultimi anni si registra una tendenziale diminuzione degli abbandoni, anche se molto lenta, cui si accompagna, pe- rò, un incremento delle ripetizioni di anno e dei cambiamenti d’indirizzo. Le maggiori difficoltà per gli studenti si verificano nel passaggio tra la scuola dell'ob- bligo e la scuola superiore. La scuola media di primo grado è vissuta dai ragazzi preado- lescenti come il luogo familiare e conosciuto dove spesso l'insegnante diventa il natura- le sostituto genitoriale. La scuola superiore rappresenta, invece, il banco di prova cioè 42
l’iniziazione al mondo degli adulti. Come per ogni esperienza della vita, il passaggio ad un altro ordine scolastico, racchiude in sé l'attrazione verso il nuovo e più "esigente" ambiente, unito alla paura di non riuscire o di non essere all'altezza della situazione. Inoltre, nel corso del primo anno, abbandonano in percentuale maggiore i maschi rispet- to alle femmine, anche se gli istituti femminili presentano percentuali di dispersione net- tamente superiori a quelle di pari livello culturale maschili. Ne deriva che la dispersione è più diffusa tra i maschi ma è più selettiva ed incisiva tra le femmine. Nel secondo an- no si osserva, nel complesso, un sostanziale riavvicinamento tra femmine e maschi. I dati mostrano inoltre, come ci sia una diversa e differenziata distribuzione geografica degli abbandoni, concentrata in forma più accentuata nel Meridione e più critica nelle Isole, con andamenti omogenei nei vari indirizzi considerati, nel senso che i tipi di scuo- la più problematici dal punto di vista della dispersione sono gli stessi sia a livello nazio- nale, sia a livello del Mezzogiorno (istituti professionali, istituti tecnici, magistrali). L'Osservatorio del Ministero della Pubblica Istruzione ha da tempo preso consapevolez- za che la scuola superiore è l'ambito per le attività di recupero delle difficoltà cognitive e metodologiche, dove si possono intraprendere dei percorsi personalizzati, come, ad esempio, i "crediti formativi". La scuola superiore si propone, dunque, come una scuola flessibile per rispondere alle diverse esigenze dei propri studenti, ma rimane il luogo dove si tirano le somme delle conseguenze dei danni precedenti. É necessario quindi che la lotta alla dispersione sco- lastica inizi dalla scuola dell’infanzia: asili nido e scuola materna sono gli ambiti educa- tivi in cui è possibile intervenire per colmare i deficit familiari e sociali, stimolando la creatività e tutte le capacità cognitive dei bambini più sprovveduti, coinvolgendo le fa- miglie e il contesto territoriale (Guido, 1995). La difficoltà di fornire un quadro esaustivo sulle cause della dispersione scolastica deri- va dal fatto che si tratta di un fenomeno complesso, in cui interagiscono insieme più problematiche. Nel corso degli anni l’Anagrafe Nazionale degli Studenti è andata via via affinandosi, in un processo di continuo miglioramento delle modalità di acquisizione delle informazio- ni e della qualità delle informazioni stesse (aggiornate, congruenti ed esatte). Nell’anno 2013 (Servizio statistico MIUR), in particolare, l’attenzione per il migliora- mento dell’Anagrafe si è concentrata sulle diverse tipologie di “trasferimento” e di “in- terruzione di frequenza”, associabili agli alunni in movimento anche fuori dal sistema scolastico. A tal fine, sono state introdotte modifiche che hanno permesso di classificare lo “stato” degli studenti in modo più preciso individuando ogni singola tipologia in rela- zione al trasferimento e alla interruzione di frequenza. Un altro intervento in Anagrafe, realizzato per l’approfondimento del fenomeno della dispersione, è stato quello di raccogliere le informazioni anche sulle interruzioni di fre- quenza nel passaggio da un anno di corso a quello successivo: è stato richiesto alle scuole di comunicare al sistema SIDI la motivazione della mancata presenza a scuola degli alunni frequentanti l’anno scolastico precedente. L’elaborazione dei nuovi dati raccolti permetterà di quantificare anche quest’altra importante quota di dispersione sco- lastica, fin’ora non rilevata, relativa in particolare all’abbandono alla fine della scuola secondaria di I ciclo. In linea generale, il percorso che esita nell’abbandono è costituito da un misto di ragio- ni, in cui si cumulano carenze del sistema scolastico, ambienti socio-familiari svantag- giati, una debole capacità d’intervento educativo, con dimensioni territoriali quali l’insufficienza, l’inadeguatezza dei servizi e delle strutture, con fattori soggettivi e l’influenza del gruppo dei pari. Nell’eziologia del disagio scolastico convergono e agiscono, quindi, tanto cause struttu- rali che dinamiche soggettive (Besozzi, 1990). I primi hanno un ruolo cruciale soprattut- 43
to nella fascia dell'obbligo, nella scuola secondaria prevalgono invece elementi legati alla personalità dello studente. I fattori che determinano la dispersione scolastica sono rintracciabili sia in ambito extra- scolastico, che in quello scolastico. Nell’ambito extrascolastico sono distinguibili fattori socio-culturali e fattori socio- economici (posizione sociale della famiglia d'origine, condizioni economiche della stes- sa, contesto territoriale in cui i ragazzi vivono). L’ambiente familiare riveste un ruolo primario tra le cause extrascolastiche. Questo è fondamentale non tanto e non solo per il condizionamento determinato dallo status socio-economico, bensì per l’influenza eser- citata da un maggior reddito e da un buon livello culturale posseduto dai familiari che stimolano l'adolescente verso la conquista del titolo di studio e lo incoraggiano verso il successo personale e, di conseguenza, verso il successo scolastico. Nell’ambito scolastico sono distinguibili fattori strutturali e socio-culturali. Gli uni con- cernono la collocazione geografica e le carenze di natura organizzativa. Elementi speci- fici di questa problematica sono la netta differenziazione tra le regioni centro- settentrionali da una parte e le regioni meridionali dall’altra; scuole ubicate in edifici precariamente utilizzati ad uso scolastico in cui mancano spazi e locali accessori (pale- stre, laboratori ecc.), caratteristiche e dimensioni dei locali inferiori a standard adeguati. Gli altri riguardano la strutturazione del sistema formativo (l'Italia è in ritardo rispetto all'Europa nella riforma degli insegnamenti e dei programmi di scolarizzazione), il comportamento dei docenti (non sempre disponibile ad accogliere e contenere le sogget- tività degli allievi), l’incapacità dell’insegnante d’istituire corrette modalità comunicati- ve e un clima emotivo adeguato per fare dello studente l'effettivo protagonista del pro- cesso di apprendimento. Le cause dell'abbandono scolastico, pertanto, sono da rintracciarsi, in parte, nello stesso soggetto in apprendimento (problematiche inerenti al livello di autostima, debole volon- tà, scarsità d’interessi, carenze organizzative, ecc.), ma sono altresì da ricercarsi nel contesto sociale e scolastico a cui i ragazzi appartengono. Se la scuola è il contesto in cui si manifesta il problema è opportuno che essa s’interroghi e individui, nelle sedi opportune, le strategie adeguate per fronteggiare, o quantomeno arginare, la disaffezione scolastica dei propri allievi. Quattro ragioni rendono rilevante la dispersione e/o gli insuccessi scolastici: l) i risultati degli studenti nelle scuole dell’obbligo: gli studenti che hanno una votazione sufficiente nella scuola dell’obbligo tendono a proseguire gli studi in scuole tecniche o professionali dove il tasso d’insuccesso è molto alto; infatti il 71% degli studenti con una votazione sufficiente proseguono gli studi in scuole tecniche o professionali dove il tasso di insuccesso nel primo anno è del 20%; 2) il titolo di studio dei genitori, specialmente quello della madre: se i genitori hanno un livello di studio basso, gli studenti sono più soggetti all'insuccesso, il 45% degli studenti la cui madre ha conseguito solo la licenza di scuola elementare ha una votazione suffi- ciente nella scuola dell'obbligo, mentre il 45% degli studenti la cui madre ha conseguito una laurea ha una votazione eccellente; 3) la variabile "sesso": le studentesse hanno più successo (esattamente il doppio) degli studenti; 4) il ritardo scolastico: gli studenti che nella scuola secondaria frequentano una classe inferiore a quella che dovrebbero frequentare, sono più soggetti all’insuccesso (Provin- cia di Pisa e Assessorato Istruzione e Cultura, 1999). Allo stato attuale, ai fini dell’insuccesso scolastico non sembra avere alcuna rilevanza il fatto che gli studenti impieghino più o meno tempo per raggiungere la scuola e neppure la situazione economica della famiglia d'appartenenza. 44
Sul piano strettamente scolastico, i fattori predittivi riguardano le assenze, i ritardi sco- lastici, le classi ghetto, quelle affollate e la scarsa qualità dell’offerta educativa che vie- ne definita come evento predittivo maggiore di abbandono della scuola. Rilevante è anche il rapporto tra i fattori "motivazione e autostima" e “rendimento sco- lastico”, nel passaggio dalla scuola elementare alla media. I cambiamenti relativi alle relazioni sociali e all’ambiente in cui è inserito l’alunno, infatti, coincidono con un in- nalzamento delle richieste di apprendimento. In particolare, per quanto riguarda i costrutti multidimensionali dell'autostima e della motivazione, calano rispettivamente la percezione del proprio successo scolastico e la motivazione intrinseca. Da una parte devono essere considerate le modificazioni nel modo in cui gli studenti elaborano i giudizi sulla propria competenza, dall’altra devono essere considerati i fattori legati al tipo di ambiente scolastico in cui gli alunni vivono, i quali possono influenzare le credenze riguardo alle proprie competenze e la motivazione allo studio. L'autostima può variare in concomitanza di cambiamenti ambientali e scolastici, proprio perché è un costrutto all’interno del quale interagiscono sia l’ambiente che i fattori indi- viduali, pur rimanendo generalmente stabile nel tempo e senza essere influenzata dall’età. La motivazione, invece, può essere considerata e valutata come un costrutto non unitario, ma differenziato in base alla dimensione esterno/interno. Il necessario in- nalzamento delle richieste poste dalla scuola dovrebbe corrispondere ad una maggiore enfasi sulla possibilità di autodeterminazione dei ragazzi e sugli obiettivi di apprendi- mento rispetto a quelli di prestazione. Il successo di un intervento a sfondo socio-educativo dipende prevalentemente dalla "competenza" delle risorse e dalla loro distribuzione più che dalla complessità ed entità del problema (Rutter, 1998). Queste considerazioni possono costituire i riferimenti teo- rici di sfondo per qualsiasi piano di prevenzione alla dispersione e al disagio scolastico. Un ipotetico piano di prevenzione potrebbe infatti prevedere, per esempio: l) l’innalzamento della qualità dell’offerta educativa attraverso l'ammodernamento me- todologico e organizzativo della didattica ordinaria; 2) la sperimentazione di un modello operativo esportabile, flessibile, comunicabile e ve- rificabile per recuperare e prevenire, in via primaria la dispersione scolastica; 3) un contingente di risorse umane (presidi referenti di area, insegnanti, operatori terri- toriali) opportunamente selezionate, da qualificare professionalmente per questo nuovo compito con un’apposita formazione. In sintesi, la prevenzione consiste nel trasferire ai soggetti in formazione dei concetti, delle competenze, dei modelli e degli strumenti per ricostruire un nuovo modello di di- dattica ordinaria diversa, per metodo ed impianto organizzativo, dalla didattica tradizio- nale. Nella nuova didattica l'apprendimento dell’alunno diventa centrale, prioritario rispetto al compito di insegnamento della scuola che, in posizione di assoluta egemonia nella didattica tradizionale, aveva portato il sistema scolastico verso una sorta di ripiegamento su se stesso, di auto-isolamento e auto-referenzialità. In questa nuova ottica, il motore dell’apprendimento deriva dalla logica di lavorare per progetti e per compiti reali che intercettano i bisogni reali dell’alunno (d’identità, di so- cializzazione, vocazionali e professionali), lo motivano ad apprendere, a trasformarsi, richiedendo competenze e abilità; non è quindi più avviato da manovre accattivanti dell’insegnante, né da un sistema di sanzioni disciplinari. Utilizzando questo tipo di logica, l’alunno diventa l’attore-protagonista del suo iter formativo, legittimando l’azione educativa della scuola, perché tutto il lavoro è basato su condizioni di trasparenza e di assunzione di responsabilità, in ordine a risultati visibi- li e significativi. 45
Questa logica inoltre, adottata in modo longitudinale dalle scuole elementari alle supe- riori, realizza continuità educativa e recupera unitarietà tra i diversi saperi. Promuovere una formazione in cui l’alunno è protagonista significa eliminare o ridurre la componente di stress che si accompagna ai momenti di transizione da un grado di scuola ad un altro, poiché questo momento di passaggio può costituire un fattore con- corrente di rischio per l'autostima e la sicurezza a causa della quantità di compiti evolu- tivi che l'adolescente deve affrontare. Si riconsegna in tale modo a tutti gli alunni prota- gonismo e nuove opportunità attraverso cui attingere autostima, vissuti di partecipazio- ne e appartenenza, motivazioni a realizzarsi responsabilmente nella vita di gruppo e nel- la comunità scolastica (Quaglino e Carrozzi, 1998). Motivazione all’apprendimento Recenti teorie psicologiche dimostrano che la motivazione ad apprendere è intrinseca come capacità naturale, esistente in tutti coloro che si trovano in una condizione mentale positiva e in un ambiente educativo di sostegno. Ne consegue che anche coloro che hanno perso tale motivazione naturale possono riac- quistarla. É necessario perciò aiutare gli alunni a raggiungere quest'intrinseca dimensio- ne di salute attraverso lo sviluppo dell'autovalorizzazione e la comprensione di un'im- portante relazione tra le proprie convinzioni, i propri interessi e i propri sentimenti e motivazioni. La riuscita scolastica è dunque fortemente influenzata dalla motivazione ad apprendere (Mc Combs e Pope, 1999). Le strategie e le attività utilizzabili per motivare gli alunni possono essere diverse (Adelman, Taylor, 1992): • aiutare gli alunni a capire e valorizzare se stessi per ridurre i pensieri ne- gativi e il senso di sfiducia e di insicurezza, • incoraggiare l’assunzione dei rischi e l’attribuzione di un significato im- portante per se stessi all’apprendimento, • creare un buon clima di classe. Di primaria importanza nell' ambito della motivazione all’apprendimento risulta essere la dinamica ricca e complessa dell'aula. Per prevenire i fallimenti scolastici utilizzando una buona dinamica dei gruppi bisogna lavorare sui seguenti obiettivi: 1) comprendere le conseguenze negative dell'insegnamento in cui gli alunni sono motivati da un gioco competitivo a superare gli altri piuttosto che ad impa- rare; 2) comprendere come i voti e gli altri incentivi tangibili possano essere uti- lizzati in modo da incoraggiare le ragioni positive di apprendimento all'interno di un gioco di equità; 3) riconoscere quali ostacoli possono sovrapporsi al cambiamento delle re- gole del gioco dell'apprendimento e proporre un modo per affrontarli. Nella nostra società si tende a far coincidere la capacità di ottenere risultati superiori a quelli degli altri con il valore personale. Ottenere un buon voto equivale ad "essere" di valore, di successo, all'altezza della situazione. Viceversa, prendere un voto negativo coincide con un giudizio negativo anche sul proprio "essere", sulle proprie competenze socio-relazionali e sulla percezione di sé come persona efficace. Per cambiare quest'ottica è necessario promuovere delle ragioni positive di apprendi- mento. 46
Per raggiungere il secondo obiettivo è necessario assicurare un equo accesso alle ricom- pense, ossia fornire agli alunni le stesse possibilità di riuscita trovando dei canali di va- lutazione alternativi; è altresì importante premiare l'impegno e la curiosità. Questa può essere stimolata in vari modi, per esempio, incoraggiando la classe a rivolgere domande, ad indagare, approfondire e riflettere su un dato argomento, oppure individuando le dif- ficoltà che impediscono l'apprendimento. Un'altra leva necessaria al raggiungimento dell'obiettivo "ragioni positive di apprendimento" consiste nel dare agli alunni la possi- bilità di esprimersi attraverso diversi canali di comunicazione (linguistico, logico- matematico, spaziale, gestuale-cinestesico, musicale, interpersonale, intrapersonale). L'utilizzo di più canali costituisce un forte arricchimento dell'apprendimento poiché sprona gli studenti a cercare nuove metodologie comunicative e a scoprire nuove poten- zialità. Infine, risulta di fondamentale importanza rendere coinvolgenti i compiti assegnati, al fine di spronare la ricerca personale e la creatività. Da ultimo, rispetto al lavoro cognitivo ed emotivo sulle resistenze al cambiamento, la competizione non motiva gli studenti anzi, al contrario distrugge il desiderio di appren- dimento; infatti, quando gli studenti sono impegnati ad evitare il fallimento o, peggio ancora, a tentare il fallimento degli altri, non rimane molto spazio per un vero coinvol- gimento nello studio. La competizione porta alla sfiducia in se stessi, accresce il risentimento e danneggia le persone timide, indecise e poco sicure di sé. Varie ipotesi di intervento Gli interventi contro il disagio scolastico dovrebbero porsi come obiettivo di ottenere il coinvolgimento attivo di tutta la popolazione scolastica, docenti e studenti, con lo scopo di responsabilizzare gli utenti nella costruzione attiva di un rapporto formativo basato sulla logica dello scambio e del confronto. Inoltre, è necessario effettuare un intervento di sensibilizzazione e formazione del corpo docente secondo il modello del mentoring e del tutoring, in modo tale che siano in gra- do di gestire in prima persona il rapporto formativo con gli studenti. Lo scopo dovrebbe consistere nella costruzione di un modello di formazione sull'esperienza già fatta dai docenti assumendola come punto di partenza, come co-variabile della fase intermedia e del percorso complessivo che si andrà costruendo tra studenti, professori ed istituzioni educative (scuola, università, famiglia, istituzioni, ecc.). Inoltre, sarebbe di estrema uti- lità, per sviluppare nuove strategie di intervento, riuscire ad individuare le ragioni del successo scolastico, come alternativa al filone di ricerche che cercano di individuare le ragioni dell'abbandono e dell'insuccesso. Sarebbe opportuno, infatti, riuscire a capire che cosa potenziare, correggere e modificare, quali capacità e competenze influenzano il successo nel percorso formativo nei diversi aspetti della vita dello studente, ma anche quali sono i rapporti tra l'identità presente e quella futura, le aspirazioni, le mete e i tra- guardi. Per un'efficace lavoro per la prevenzione e l'intervento sulla dispersione scolastica, è necessario promuovere l'attivazione e la creazione di un lavoro integrato di rete di servi- zi e di organizzazioni competenti, specializzate, motivate e attive sul territorio. Per combattere la dispersione scolastica risulta di primaria importanza l'incentivazione di una "strategia delle connessioni" che consideri come protagonisti il sistema scolastico e le istituzioni locali, con lo scopo di creare una metodologia di lavoro comune. Per pre- venire è necessario quindi utilizzare un approccio sistemico al disagio giovanile che par- ta da una concezione di unità della persona ed arrivi ad una concezione di unità del terri- 47
torio; è necessario integrare gli sforzi educativi: connettere le scuole al territorio, le as- sociazioni alle scuole, ecc. Sarà necessario utilizzare un modello di intervento integrato a rete, con l'apporto di tutti i soggetti istituzionali operanti nel territorio; inoltre, sperimentare a livello locale, in un'ottica di integrazione territoriale, azioni concrete di recupero e prevenzione di giova- ni a forte rischio di abbandono scolastico" attraverso una logica di recupero e reinseri- mento scolastico attivo; e, infine, cercare di creare una rete tra le diverse. realtà sul terri- torio (formali e informali). La metodologia utilizzata negli interventi di questo tipo deve avere continuità di azione con i contenuti dell'esperienza degli utenti in modo tale da realizzarsi come intervento accessibile e comprensibile per loro, per consentire di associare la dimensione esperien- ziale all'impegno cognitivo e teorico della didattica tradizionale, per raggiungere in tempi brevi gli obiettivi prefissati. Risulta di primaria importanza riuscire ad attivare le dimensioni della partecipazione e della responsabilizzazione dei singoli e del lavoro di squadra. Il lavoro del team, che deve coinvolgere il gruppo docenti e, più in generale, le diverse istituzioni coinvolte a livello territoriale, deve essere contrassegnato da quattro caratteri- stiche: l) impegno verso il gruppo; 2) decisioni prese per consenso; 3) processo di gestione del conflitto e della creatività; 4) prassi di discussione efficace. In particolare, per prevenire il disagio scolastico, il consiglio dei docenti di classe deve ricreare spazi e tempi educativi in grado di accogliere quanti presentino delle difficoltà di adattamento alle richieste del sistema scolastico ed intervenire correttamente sui di- sturbi dell'apprendimento, favorendo e promuovendo lo sviluppo di dimensioni fonda- mentali del processo di apprendimento. Le dimensioni da considerare e da promuovere nel processo di apprendimento sono: l) la dimensione cognitiva: occorre stimolare cioè le capacità di attenzione, indirizzando questa verso gli aspetti rilevanti del compito, le capacità di collegamento tra quanto è da apprendere e quanto è stato appreso, le abilità di organizzazione delle conoscenze sup- portate da processi di memorizzazione a lungo termine; 2) la dimensione affettiva: bisogna sostenere la motivazione intesa come la capacità di. sviluppare la volontà di apprendere e la fiducia in sé stessi, ma anche come attitudine a controllare emozioni negative; 3) la dimensione meta-cognitiva: è necessario invogliare il discente ad esercitare un controllo ed una guida adeguati sia dei processi cognitivi che di quelli affettivi. Tra i processi meta-cognitivi vanno incoraggiate le attitudini all'orientamento, intese come capacità di riconoscere gli obiettivi da raggiungere e i percorsi da seguire per il conse- guimento degli stessi, nonché la verifica e il controllo dei risultati. L'organizzazione del servizi deve basarsi sul funzionamento e coordinamento di quelli interni ed esterni. I servizi interni devono assicurare l'orientamento, la consulenza socio- psicologica e l'assistenza sociale per gli studenti, nonché l'assistenza psicopedagogica e didattica per gli operatori scolastici. I servizi esterni devono assicurare l'intervento inte- grato delle diverse agenzie (famiglie, scuola, associazioni, enti locali, aziende sanitarie locali), nonché la realizzazione di politiche sociali volte alla riduzione del disagio gio- vanile come istituzione di biblioteche, tutela del diritto allo studio, costruzione di infra- strutture sportive, dibattiti sui problemi giovanili, campagne di informazione sulla dro- ga, sull'Aids e sulle malattie endemiche, corsi culturali, attività di alternanza scuola- lavoro, spettacoli e animazione (Guido, 1995). 48
La verifica degli interventi attuati si presenta come momento delicato, ma anche fonda- mentale per la rilevazione dell'utilità del lavoro svolto e per scoprire spunti per l'orien- tamento degli interventi futuri. La valutazione si pone, dunque, come momento finale di un progetto d'intervento e può essere articolata in due livelli: valutazione esterna e valu- tazione interna o autovalutazione. L'autovalutazione consiste in un processo valutativo realizzato dalle stesse persone che attuano e che partecipano alle azioni e all'intervento progettuali; in questo modo i parte- cipanti si interrogano sui cambiamenti attuati. La verifica può collocarsi su diverse dimensioni: - verifica del percorso, effettuata da partecipanti e formatori; - verifica di sé nel percorso, i partecipanti si chiedono qual è stato il pro- prio percorso e in che modo lo hanno utilizzato sia all'interno che all'esterno, cioè sia in aula che fuori da essa; - verifica delegata o feedback, consiste nella metodologia di verifica più classica e a carico del formatore-organizzatore il quale, attraversando i metodi e il percorso, restituisce i feedback ai partecipanti. Importante è stimolare l'impegno dei partecipanti all'autoverifica o autovalutazione per assumersi la responsabilità del cambiamento. Per la realizzazione adeguata ed efficace di un progetto è necessario valutare gli elementi che consentono il perseguimento degli obiettivi e l'incidenza degli interventi attuati. La valutazione iniziale, attraverso l'analisi territoriale, l'analisi dei bisogni e l'individua- zione di utenti "a rischio", dovrebbe avere lo scopo di fissare gli obiettivi effettivamente corrispondenti ai bisogni della popolazione interessata, di individuare le risorse disponi- bili, nonché i limiti e i problemi eventuali da affrontare. Grazie al monitoraggio o valutazione in itinere si verifica lo stato di avanzamento e l'andamento della gestione di un progetto e gli eventuali problemi connessi; quindi, la valutazione dovrebbe accompagnare l'intero ciclo di vita di un progetto di intervento. La valutazione in itinere consiste nel costante monitoraggio, da parte di esperti e superviso- ri, del modello d'intervento e della metodologia attuati nel progetto e verifica l'effettivo avanzamento del progetto stesso, secondo gli scopi prefissati, al fine di apportare even- tuali correzioni mirate. La valutazione finale si propone come momento di verifica degli effettivi risultati raggiunti dal progetto rispetto agli obiettivi iniziali; nonché di prevede- re soluzioni adeguate per ulteriori interventi futuri. Attraverso l'esame dei diversi aspetti e cause del disagio e della dispersione scolastica si è potuta analizzare la complessità del fenomeno, ma anche la sua "circolarità". Può essere individuata una incapacità di indipendenza e di autonomia da parte dello stu- dente che può imboccare sentieri, di fuga dalla scuola e/o di dipendenza, come ad esem- pio la droga o la devianza. Questa dipendenza rappresenta l'impossibilità e l'incapacità del soggetto, causate in un'ottica circolare, nella gestione di mezzi e fini all'interno della collettività per il raggiungimento della propria identità (Testoni, 1999). Azioni di intervento a livello europeo La dispersione scolastica, con la prematura uscita degli studenti dal sistema scolastico, è un fenomeno che, se non efficacemente contrastato, potrebbe avere, nel medio-lungo periodo, conseguenze nello sviluppo del sistema Paese determinando un impoverimento del capitale umano. In ambito europeo il raggiungimento di specifici obiettivi formativi da parte dei Paesi membri va da tempo assumendo un rilievo sempre maggiore, tanto che il Consiglio eu- ropeo ha individuato come prioritari gli interventi da realizzare nel settore educativo. 49
Il processo attraverso il quale si è giunti alla odierna determinazione degli obiettivi edu- cativi comuni ai Paesi membri è segnato da una serie di importanti passaggi storici che è utile ricordare: • il Trattato di Maastricht, firmato nel 1992, contiene due articoli dedicati all’istruzione e alla formazione negli Stati dell’Unione: gli articoli 149 e 150 del Tratta- to “attribuiscono alla Comunità Europea il compito di contribuire allo sviluppo di un'i- struzione di qualità incentivando la cooperazione fra gli Stati membri e, se necessario, sostenendo e integrando la loro azione, in particolare per sviluppare la dimensione eu- ropea dell'istruzione, favorire la mobilità e promuovere la cooperazione europea fra gli istituti scolastici e universitari”. • Nel 2000 viene approvato a Lisbona, dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea, un programma di riforme economiche (la cosiddetta Strategia di Lisbona). L'obiettivo espressamente dichiarato è quello “di fare dell'Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010”. E’ da sottolineare come, pur trat- tandosi di accordi che spaziano in tutti i campi della politica economica, il settore dell’istruzione e della formazione è individuato come portante per lo sviluppo di un’economia maggiormente competitiva. • Nel 2008, sempre nell’ambito della Strategia di Lisbona, la Commissione Euro- pea ha definito “cinque livelli di riferimento (benchmark) del rendimento medio euro- peo” che l’Unione avrebbe dovuto raggiungere entro il 2010. Tali obiettivi sono così esemplificabili: 1. ridurre la percentuale di abbandoni scolastici almeno del 10%; 2. aumentare almeno del 15% il totale dei laureati in matematica, scienze e tecnologie, diminuendo nel contempo la disparità di genere; 3. arrivare almeno all’85% di ventiduenni che abbiano completato il ciclo di istruzione secondaria superiore; 4. ridurre la percentuale dei quindicenni con scarse capacità di lettura alme- no del 20% rispetto all’anno 2000; 5. innalzare almeno al 12,5% la partecipazione degli adulti in età lavorativa, ossia tra i 25 e i 64 anni, all’apprendimento permanente, lifelong learning. • Nel 2010 la Commissione Europea ha presentato una nuova strategia – Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva – che consentirà all'Unione Europea di raggiungere una crescita intelligente (attraverso lo sviluppo delle conoscenze e dell'innovazione), sostenibile (basata su un'economia più verde, più effi- ciente nella gestione delle risorse e più competitiva) e inclusiva (volta a promuovere l'occupazione, la coesione sociale e territoriale). La Commissione Europea ha inoltre proposto una serie di obiettivi precisi da raggiungere entro il 2020 e, relativamente all’inclusione sociale, è richiesto che il tasso di abbandono scolastico diminuisca a me- no del 10% e che il tasso dei giovani laureati salga sopra il 40%. La Commissione Europea ha proposto cinque precisi obiettivi, misurabili quantitativa- mente, da raggiungere entro il 2020 (occupazione, innovazione, cambiamenti climatici, istruzione e povertà). Sulla base delle tendenze del passato, si può ipotizzare che, se gli Stati membri continueranno ad attribuire a tali obiettivi una priorità elevata e ad investi- re in modo efficiente nell'istruzione e nella formazione, gli obiettivi potranno senz’altro essere realizzati. Ciò vale in particolare per i due grandi obiettivi in tema di educazione, cioè quelli relativi all’abbandono scolastico e all’abbandono universitario. Per garantire che ciascuno Stato membro metta in atto la Strategia Europa 2020, la Commissione ha proposto che gli obiettivi dell'UE siano tradotti in obiettivi e percorsi nazionali, adattandoli alle specifiche situazioni. Per tale ragione, ogni Stato membro, presentando annualmente alla Commissione il proprio Programma Nazionale di Rifor- 50
me, ha fissato i traguardi nazionali, prospettando anche un livello a medio termine per ciascun obiettivo. Sul tema dell’abbandono scolastico, in particolare, l’indicatore utilizzato per l’analisi del fenomeno in ambito europeo è quello degli Early School Leavers (ESL) con cui si prende a riferimento la quota dei giovani dai 18 ai 24 anni d’età in possesso della sola licenza media e che sono fuori dal sistema nazionale di istruzione e da quello regionale di istruzione e formazione professionale. Secondo i dati più recenti, relativi alla media del 2012, i giovani 18-24enni che hanno abbandonano prematuramente gli studi o qualsiasi altro tipo di formazione sono scesi a 758 mila (29 mila in meno rispetto al 2011), di cui il 59,6% maschi. Nella fascia di età considerata, l’incidenza dei giovani in possesso della sola licenza media e non più in formazione è pari al 17,6% (18,2% nel 2011) contro una media UE5 del 12,8% (13,5% nel 2011). Potremmo dunque sostenere che siamo sulla strada giusta per correggere il fenomeno e tentare di arginarlo con la conseguenza che i giovani verranno tutelati nella loro crescita individuale non solo dalle persone che gli sono accanto nella vita ma anche dalle istitu- zioni scolastiche. Bibliografia Adelman H.S., Taylor L., 1992, "Motivazione intrinseca e comportamenti problema nel- la classe". In Folgharaiter F., (a cura di), Problemi di comportamento e relazione di aiu- to nella scuola, Erickson, Trento. Besozzi E., 1990, "Le cause dell'insuccesso e dell'abbandono scolastico", Scuola demo- cratica, l. Guido C., 1995, Dispersione scolastica, Franco Milella, Bari. Maggiolini A, 1994, Mal di scuola, ragioni affettive dell'insuccesso scolastico, Uni- copli,Milano. Mc Combs B.L., Pope I.E., 1999, Come motivare gli alunni difficili, Erickson, Trento. MIUR, Servizio statistico: “La dispersione scolastica”, giugno 2013. Osservatorio Dispersione Scolastica, Comune di Napoli, Assessorato all'Educazione, Servizio Dipartimentale Educazione, 2003, http://www.comune.napoli.it Pombeni M.L., 1991, "La scuola: strumento di sostegno o fonte di disagio", Montagna Oggi, p. 4. Provincia di Pisa e Assessorato Istruzione e Cultura, 1999, Progetto Eucon, www.tdnet.it/provpisa/eucoh/default.htm. Quaglino G.P., Carrozzi G.P., 1998, Il processo di formazione, Franco-Angeli, Milano. Rutter, M., 1998, Studies of Psycological Risk, Cambridge University Press, Cambridge. Testoni L., 1999, "La costruzione sociale della devianza". In Masoni M.V., (a cura di), Ragazzi si cambia, Unicopli, Milano. 1 Ricercatore in psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. 2 Psicologa, psicoterapeuta, Istituto per lo studio delle psicoterapie. 51
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